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Venezia 2.

ARTE E ARCHITETTURA

Sviluppo monumentale e artistico

Il complesso di S. Marco

La basilica di S. Marco è il centro del complesso urbanistico-monumentale costituito dalla piazza e


dalla contigua piazzetta di S. Marco, sulle quali sorgono inoltre il campanile, il Palazzo Ducale, le
Procuratie Vecchie e Nuove, la Torre dell’Orologio, la Libreria, la Zecca. La basilica (829, ricostruita
976-78) si presenta nella riedificazione voluta (1063) dal doge D. Contarini, e con numerosi
interventi dei secoli successivi. Lo schema, simile a quello dei SS. Apostoli a Costantinopoli, è a croce
greca, con cinque cupole sui bracci e sulla crociera. Un atrio di ingresso circonda su tre lati il braccio
occidentale. Numerose le opere riportate dall’Oriente: i Tetrarchi in porfido (4° sec.), i Cavalli per la
facciata (sostituiti da copie; 4°-3° sec. a.C., Museo di S. Marco), la Madonna Nicopea (10° sec.). La
facciata è conclusa da cinque archi con coronamento gotico di edicole, pinnacoli, trafori e sculture
(N. e P. Lamberti). Sui portali sono rilievi romanici con figurazioni dei Mesi, delle Virtù. Delle porte
di bronzo, sono bizantine quella di S. Clemente (11° sec.) e quella centrale (1112-38). Di grande
interesse è il rivestimento musivo dell’atrio e della basilica (soprattutto sec. 11°-13°) di scuola locale
di cultura bizantina, anche nel ricco programma iconografico (proseguito nei secoli successivi anche
su disegno di artisti come Paolo Uccello, Andrea del Castagno, M. Giambono). Il
campanile romanico, rinnovato all’inizio del 16° sec. e crollato nel 1902, fu ricostruito (1903-12).
Sulla Piazzetta sono le enormi colonne di granito orientale con le statue di S. Teodoro e
del Leone (capitelli e basi 12° sec.).

Altre chiese medievali

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Le prime chiese degli ordini mendicanti (S. Maria Gloriosa dei Frari, SS. Giovanni e Paolo), fondate
alla metà del 13° sec., furono rinnovate tra fine 14° sec. e inizio 15°: a pianta basilicale, hanno volte
a crociera su piloni cilindrici collegati da catene lignee. S. Zaccaria, ricostruita dal 1458 in forme
gotiche, con alte volte a crociera e deambulatorio con quattro cappelle radiali, fu proseguita in
forme rinascimentali da M. Codussi, autore anche della facciata, dal tipico coronamento a frontoni
e spioventi curvilinei o lobati, comune a molte chiese veneziane (S. Aponal, S. Giovanni in Bragora
ecc.). I monumenti sepolcrali conservati nelle chiese testimoniano l’evoluzione del genere, in cui
influssi toscani o emiliani incidono sulla tipologia locale, con sarcofago sospeso a parete, sovrastato
da rilievi e statue entro nicchie o su mensole.

Edilizia civile

Tra le più antiche costruzioni civili sono le case (sec. 12°-13°, rimaneggiate) nel
cosiddetto stile veneto-bizantino (palazzo Falier, Ca’ Businello, Ca’ Lion, Ca’ Da Mosto), con portico
nella parte centrale e loggia sovrastante, paramento esterno riccamente decorato e merlature. Lo
stile gotico perdura nella seconda metà del 15° sec. (Ca’ d’Oro, case dei Foscari, dei Pisani,
dei Pesaro a S. Benedetto, dei Soranzo Van Axel a S. Canciano, casa Contarini Fasan, casa di Dario).
Al 9° sec. risale la fondazione del Palazzo Ducale, ricostruito tra 14° e 15° sec., con una
contaminazione di elementi gotici e orientali; sopra i portici, ad archi acuti su robuste colonne, è un
loggiato sormontato da paramento a losanghe in marmi bianchi e rosa, coronato da merlature; al
centro delle due facciate sono due balconi (verso il molo: 1404, P. e I. Dalle Masegne; sulla piazzetta,
1536). Vi lavorarono scultori lombardi e veneziani, tra cui G. e B. Buon (Porta della Carta, 1438-42).

Pittura e architettura del Rinascimento

La commissione dei teleri per la Sala del Maggior Consiglio a Gentile Bellini (1474), in sostituzione
degli affreschi del Guariento, dà l’avvio alla grande impresa decorativa nel Palazzo Ducale, che
proseguirà nei sec. 15°-16° con Giovanni Bellini, Carpaccio, Tiziano, Pordenone, Veronese,
Tintoretto ecc. (molte tele furono distrutte nell’incendio del 1577). L’uso della tela diviene consueto
anche come supporto per la pittura a olio, perfezionata dai pittori veneziani (Carpaccio, teleri delle
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scuole di S. Orsola, Gallerie dell’Accademia, e di S. Giorgio degli Schiavoni). Accanto ai Vivarini e a
Cima da Conegliano, Giovanni Bellini è figura dominante tra la seconda metà del 15° e l’inizio del
16° sec., con la sua fiorente bottega. Fondamentale per lo sviluppo della pittura è inoltre la presenza
nella città di Antonello da Messina (1475-76).

Il Rinascimento in architettura si afferma attraverso compromessi con la precedente tradizione


(portale dei SS. Giovanni e Paolo, 1458; arco Foscari del Palazzo Ducale, attribuito ad A. Rizzo, autore
anche della Scala dei Giganti e della facciata sul Rio di Palazzo Ducale, completata da P. Lombardo,
1510 circa). Del 1460 circa è la Porta dell’Arsenale, primo coerente riferimento al linguaggio
architettonico umanistico. Dopo il 1470 all’opera dei Lombardo e di M. Codussi vanno ascritte
alcune tra le maggiori realizzazioni della città. Di Verrocchio è il monumento equestre a B. Colleoni
in Campo SS. Giovanni e Paolo (terminato da A. Leopardi, 1496).

I sec. 16° e 17°

Dell’inizio del 16° sec. sono il Fondaco dei Tedeschi, il Palazzo dei Dieci Savi (ambedue dello
Scarpagnino), il Palazzo dei Camerlenghi di Guglielmo Bergamasco. Una parentesi in senso
classicista, cui contribuì la pubblicazione a Venezia del trattato di S. Serlio (1537), si deve all’opera
architettonica e scultorea di I. Sansovino, venuto da Roma nel 1527 (Loggetta del Campanile,
Libreria, Zecca, Ca’ Grande Corner ecc.) e alle opere di A. Palladio (S. Giorgio Maggiore, il Redentore,
facciata di S. Francesco della Vigna ecc.). L’architettura del 16° sec. è caratterizzata inoltre dall’opera
di M. Sanmicheli (palazzi Grimani, Corner Mocenigo, forte di S. Andrea), V. Scamozzi (Procuratie
Nuove, terminate da B. Longhena; S. Lazzaro dei Mendicanti; palazzo Contarini degli Scrigni), G.A.
Rusconi, A. Da Ponte (autori delle Prigioni). Dalla fine del secolo lavora A. Vittoria (progetto della
cappella del Rosario in SS. Giovanni e Paolo), del quale va ricordata la notevole attività di scultore.

La breve ma intensa attività artistica di Giorgione, legata ai nuovi circoli umanistici, segna la pittura
del primo Cinquecento. In pittura è Tiziano che raccoglie l’eredità di Giovanni Bellini. Il grandioso
linguaggio decorativo di P. Veronese emerge nelle tele per Palazzo Ducale, mentre la pittura
drammatica di I. Tintoretto trova espressione nei grandi cicli narrativi (Scuola di S. Marco; Scuola
Grande di S. Rocco).
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La particolare configurazione dell’architettura barocca veneziana è rappresentata soprattutto da B.
Longhena, che innesta una vena vitale e fantasiosa sulla tradizione palladiana (S. Maria della Salute;
palazzi Rezzonico e Pesaro). Da ricordare la Dogana (G. Benoni), la facciata di S. Moisè (A.
Tremignon), di S. Maria del Giglio, degli Scalzi, di S. Salvador (tutte di G. Sardi). La scultura decorativa
è rappresentata da J. de Corte, F. Caprioli, T. Ruer, M. Ungaro (attivi in S. Maria della Salute); allo
scorcio del secolo lavora H. Meyring (S. Moisè).

Dal 18° secolo

Una memoria palladiana informa l’architettura del 18° sec.; dai riferimenti presenti in soluzioni
ancora barocche di inizio secolo (chiesa dei Gesuiti e di S. Stae, D. Rossi), attraverso l’opera di G.
Massari (palazzo Grassi, chiesa della Pietà) e G.A. Scalfarotto (S. Simeone Piccolo) si giunge al
rigoroso classicismo di T. Temanza (chiesa della Maddalena) e di G.A. Selva (teatro della Fenice). Tra
i rappresentanti della scultura rococò figurano G.P. Marchiori e G.M. Morlaiter; nella scultura in
legno emerge A. Brustolon. Alla fine del secolo, di grande importanza nella scultura veneziana è
l’attività di A. Canova.

A differenza del secolo precedente, in pittura nel 18° sec. la scuola veneziana torna ad affermarsi,
con S. Ricci, con G. Piazzetta e soprattutto con G.B. Tiepolo, che rinnova la grande tradizione
decorativa veronesiana. La pittura del 18° sec. è caratterizzata inoltre dall’attività dei vedutisti L.
Carlevariis, Canaletto, B. Bellotto e, in una diversa interpretazione del genere, F. Guardi; di grande
successo la ritrattistica di R. Carriera e di A. Longhi, e le scene di genere di P. Longhi. Durante il
governo francese Selva realizzò i giardini nel sestiere di Castello; G.A. Antolini e G.M. Soli eressero
la Fabbrica Nuova di piazza S. Marco.

Nel 19° sec. esigenze di razionalizzazione dei sistemi viari portarono alla realizzazione dei ponti sul
Canal Grande e di numerosi ponticelli metallici per l’attraversamento dei rii; alla costruzione della
stazione ferroviaria (1861-66, rifatta nel 1955) e della Stazione marittima (dal 1880); all’apertura di
grandi vie (Strada Nuova, da S. Fosca a SS. Apostoli, 1867-71), con alterazioni del tessuto urbano. Le
stesse esigenze portarono alla stesura (1886-91) del piano regolatore e di risanamento: zone
centrali con, tra le varie funzioni, abitazioni alto borghesi in un linguaggio eclettico; edilizia popolare
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nelle zone più marginali di Castello, Cannaregio, Dorsoduro; il quartiere di S. Elena (dopo il 1924)
con interventi non unicamente destinati all’edilizia popolare.

Tra 20° e 21° secolo

Al volgere del secolo anche il Lido, sotto la spinta di interessi turistico-balneari, ebbe una
rapida urbanizzazione: case rurali a Malamocco, i complessi del Grand Hotel des Bains (1900, F.
Marsich) e del Grand Hotel Excelsior (1908, G. Sardi) in stile moresco, e le numerose ville, in
particolare quelle di G. Sullam (autore anche dell’ingresso al nuovo cimitero israelitico, 1911,
sempre al Lido), vicine al linguaggio modernista.

Gli anni 1930 furono caratterizzati da numerosi interventi urbanistici che segnarono in modo
significativo la geografia della città. Figura centrale in questo periodo fu E. Miozzi (capo dell’Ufficio
tecnico del Comune dal 1931 al 1954); suo fu il progetto di affiancare al ponte ferroviario un viadotto
autostradale (realizzato tra 1931 e il 1933), che collegò definitivamente Venezia alla terraferma,
confermando la nuova direttrice di sviluppo della parte occidentale della città, divenuta poi
stabilmente l’area di accesso al centro storico lagunare; al termine del viadotto venne creato
piazzale Roma, con il Garage INA (1934), costruito in un linguaggio d’ispirazione razionalista. Ancora
a Miozzi si devono il ponte dell’Accademia (1932-33), il ponte degli Scalzi (1932-34), il Casinò
municipale (1938) e la sistemazione urbanistica dell’intera area del Lido comprendente il Casinò e il
vicino Palazzo del Cinema, lo scavo del Rio Nuovo che collega piazzale Roma con il Canal Grande
all’altezza di Ca’ Foscari. L’ultimo progetto di Miozzi per Venezia sarà nel 1956 quello relativo alla
realizzazione dell’Isola Nuova del Tronchetto.

Risparmiata dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, per tacito accordo tra le parti
(duramente colpiti invece il porto di Marghera e Mestre), la città storica si ritrovò comunque nel
dopoguerra con una situazione abitativa molto difficile: moltissime erano le abitazioni sovraffollate
e in condizioni igienico-sanitarie precarie, soprattutto quelle a piano terra. Tra gli interventi nel
settore dell’edilizia popolare, va ricordato il quartiere INA-casa di S. Giuliano (1949-56) a Mestre –
che a partire dagli anni 1950 crebbe in maniera esponenziale e spesso in modo disordinata – e

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l’urbanizzazione di Sacca Fisola (1956) un'area di oltre 100.000 metri quadrati ai margini della
Giudecca.

I tentativi di introdurre nel contesto del centro storico realizzazioni architettoniche di linguaggio
contemporaneo si sono sempre scontrati nel corso del Novecento con la tendenza
‘conservazionista’ (la stessa che, per esempio, aveva sostenuto la necessità di ricostruire il
campanile di S. Marco, crollato nel 1902, esattamente come era). Famose sono rimaste alcune
bocciature illustri: il progetto del Masieri Memorial, nel Canal Grande, firmato da Frank Lloyd Wright
nel 1954, il nuovo ospedale (Le Corbusier, 1964-65), il Palazzo dei Congressi ai Giardini della
Biennale (L.I. Kahn, 1969). Alcune realizzazioni suscitarono reazioni contrastanti, per esempio il
cosiddetto Danielino (1946-1948), ampliamento dello storico Hotel Danieli, in riva degli Schiavoni,
su progetto di V. Vallot, oppure il nuovo corpo dell’Hotel Bauer (1945-49, M. Meo), di tipo
razionalista. Tra gli altri progetti realizzati a partire dagli anni 1950 il colossale edificio della stazione
ferroviaria (1954), uffici INAIL a S. Simeone Piccolo (G. Samonà, 1952-56), il negozio Olivetti in
piazza S. Marco di C. Scarpa (1958), casa alle Zattere (I. Gardella, 1954-57), l’albergo Cipriani alla
Giudecca (1958), la sistemazione della Fondazione Querini Stampalia (C. Scarpa, 1961-63), la
ristrutturazione dell’ospedale civile (L. Semerani e G. Tamaro, 1978-89).

Nuovi padiglioni sorsero ai Giardini della Biennale, l'unico territorio della città dove vi fosse spazio
per la sperimentazione, tanto che divennero sempre più una sorta di antologia dell'architettura
moderna: tra i più rilevanti i padiglioni dell'Olanda (G. T. Rietveld), della Finlandia (A. Aalto), dei
Paesi scandinavi (S. Fehn), del Venezuela (C. Scarpa), del Giappone (Takamasa Yoshizaka).

Complessi di case popolari furono edificati anche nei decenni successivi sull’isola del Mulino Stucky
alla Giudecca (G. Valle, 1980-86), nell’isola di Mazzorbo (G. De Carlo, 1985) e a Cannaregio (V.
Gregotti, 1981-89), accanto alla trasformazione a uso residenziale delle ex Birrerie Veneziane Dreher
(G. Gambirasio, 1988).

Tra gli intereventi dei primi anni 2000 si ricordano la ristrutturazione del Mulino Stucky (2007), il
Ponte della Costituzione (S. Calatrava, 2008), l’intervento di ristrutturazione dell’edificio di Punta
della Dogana condotto da Tadao Ando (2009), che ospita il nuovo Centro d’arte contemporanea -
Fondazione Pinault.

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Istituti di cultura, biblioteche e musei

Tra gli istituti di cultura si ricordano la Fondazione Querini Stampalia, la Fondazione Bevilacqua La
Masa, la Fondazione Giorgio Cini, e Palazzo Grassi, sede espositiva dal 1986. La Biblioteca Nazionale
Marciana è di antica fondazione (‘Libreria vecchia’ e Palazzo della Zecca). Altre notevoli biblioteche,
quelle della Casa del Goldoni, della Fondazione Cini, Querini Stampalia; di S. Michele in Isola della
Congregazione dei mechitaristi (manoscritti in lingua armena dei sec. 7°-13°) ecc.

I principali musei e gallerie sono: Gallerie dell’Accademia, negli ambienti della chiesa e Scuola della
Carità e del convento dei Canonici Lateranensi; Galleria G. Franchetti alla Ca’ d’Oro; Galleria
internazionale d’arte moderna, a Ca’ Pesaro (opere acquistate alle Biennali d’Arte); Museo
archeologico alle Procuratie Nuove; Museo d’arte orientale a Ca’ Pesaro; Civico Museo Correr;
Museo Fortuny nell’omonimo palazzo; Museo del Settecento veneziano a Ca’ Rezzonico; Peggy
Guggenheim Collection a palazzo Venier dei Leoni; Pinacoteca Querini Stampalia ecc.

MUSICA

La vita musicale veneziana, le cui prime testimonianze, legate alla musica bizantina, risalgono al 6°
sec., fu particolarmente attiva tra il 15° e il 19° sec., quando Venezia divenne un centro musicale di
importanza europea. La cosiddetta scuola veneziana si espresse in due direzioni: la polifonia vocale
e strumentale della cappella di S. Marco e l’opera teatrale seicentesca.

La cappella di S. Marco giunse ad avere propria organizzazione nel 1491, con la nomina di P. de
Fossis a ‘maestro di cappella’. Con il suo successore, A. Willaert, nel 1527, ebbe inizio la scuola
polifonica veneziana. La massima ascesa e purificazione dello stile veneziano, caratterizzato dal
cromatismo, dalla spezzatura dei cori (cioè l’antifonia tra una metà e l’altra della massa corale,
ognuna appoggiata a uno dei due organi grandi), oltre che da stilemi interni diversi, si avrà con G. e
A. Gabrieli, i quali inoltre risollevarono, insieme con L.A. Cavazzoni, le sorti della musica strumentale,
per troppo tempo subordinata alle esigenze della musica vocale. In questo periodo operarono a
Venezia musicisti di fama europea come C. De Rore, G. Zarlino e C. Monteverdi. Tra gli organisti di
S. Marco il maggior contributo allo sviluppo della musica per tastiera è da attribuirsi ad A. Padovano,
C. Merulo e ai Gabrieli. Alla fine del 16° sec. Venezia rappresentava un punto di irradiazione di
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importanza capitale. Alla sua scuola vennero musicisti di ogni paese, tra i quali H.L. Hassler e H.
Schütz, ‘il padre della musica tedesca’.

Gli stilemi della polifonia veneziana vennero poi trasfusi all’interno del nascente stile concertante
elaborato da Monteverdi, e in tale solco la tradizione del melodramma veneziano venne
sviluppandosi secondo direttrici proprie, anche dal punto di vista strettamente spettacolare (per es.,
accogliendo figure comiche vicino alle eroiche e passando ben presto dagli argomenti mitologici agli
argomenti storici e cavallereschi). È da ricordare, inoltre, che proprio a Venezia si deve l’apertura
del primo teatro pubblico, il celebre San Cassiano inaugurato nel 1637. Numerosi altri teatri furono
aperti in seguito e nel solo 17° sec. (cioè nel primo secolo di esistenza dell’opera) furono allestite
356 opere di 72 compositori.

Nel 18° sec. lo stile veneziano puro si contaminò accogliendo influenze esterne. Venezia si distinse
nell’opera comica, il cui maggiore esponente fu B. Galuppi, e nell’opera seria, influenzata però dai
napoletani. La passione per il teatro musicale favorì la nascita di una serie di importanti istituzioni,
quali i conservatori (‘Ospedali’) della Pietà, dei Mendicanti, degli Incurabili, dell’Ospedaletto. La
grande corrente strumentale seicentesca, sfociata nel 18° sec. nel trionfo vivaldiano, trovò ancora
a Venezia nuovi impulsi stilistici nel genere clavicembalistico, di cui massimi esponenti furono tra gli
altri G. Platti, D. Alberti, B. Galuppi. Nella musica d’insieme (concerto grosso, concerto per violino e
orchestra), ad A. Vivaldi si affiancano i nomi di T. Albinoni e di G. Tartini. Al 19° sec. Venezia non offrì
un contributo artistico autonomo, anche se nel corso dell’Ottocento venne sviluppandosi la
tradizione gloriosa del teatro La Fenice, fondato nel 1729. Per tutto il 20° sec. il rinnovamento della
vita musicale veneziana si è basato sul ripreso studio, anche archivistico, delle grandi tradizioni dei
sec. 16°-18°, sul Civico liceo musicale B. Marcello fondato nel 1877, sulle sue associazioni culturali,
sui suoi teatri. Dal 1930 ha luogo a Venezia un Festival internazionale di musica contemporanea,
inizialmente in forma biennale (perché nell’ambito della Biennale d’arte), poi annuale: la
manifestazione, che ha ottenuto subito una grande notorietà internazionale, comprende concerti,
opere e balletti.

BIENNALE DI VENEZIA

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Esposizione internazionale di arti figurative e applicate, ideata nel 1893 da R. Selvatico e da A.
Fradeletto: la prima edizione (1895) fu allestita nel padiglione (poi padiglione Italia) nei Giardini di
Castello, intorno al quale sorsero, dal 1907, i padiglioni delle nazioni partecipanti su progetti di
numerosi noti architetti delle rispettive nazioni; la sistemazione dell’ingresso (1952) si deve a C.
Scarpa; di J. Stirling & M. Wilford è il padiglione del Libro (1991). In seguito ha acquisito altri spazi
espositivi: Tese e Corderie dell’Arsenale, Magazzini del sale, antichi Granai alla Giudecca ecc. Dal
1980 l’architettura è presente in forma autonoma con la Mostra internazionale di architettura. Nel
2004 la Biennale di Venezia è stata costituita in fondazione.

Organizzato dall’Ente autonomo della Biennale di Venezia è anche il Festival internazionale del
teatro di Venezia che deriva dalle manifestazioni teatrali che, sempre in seno alla Biennale d’arte, si
svolsero a Venezia dal 1934 al 1941. Il primo festival ebbe luogo nel 1948 e si chiamò IX festival, per
sottolineare la continuità con le manifestazioni precedenti; ai festival sono invitate compagnie
italiane e straniere.

LAGUNA DI VENEZIA

Vasta zona umida compresa tra l’antica foce del Piave (ora occupata dal fiume Sile), a N, e la foce
del Brenta, a S, che si estende parallelamente alla costa per circa 52 km, con una larghezza compresa
tra gli 8 e i 14 km, per una superficie complessiva di 552 km2. La sua formazione è probabilmente da
connettersi con la scarsa profondità marina in prossimità della costa, fatto che ha permesso il
deposito dei sedimenti fluviali in scanni, successivamente evolutisi in lidi. L’effetto combinato di
fenomeni di eustatismo e subsidenza ha permesso, successivamente, il completamento della
caratteristica morfologia lagunare, che, nel caso specifico, appare profondamente modificata
dall’intervento antropico. La sequenza dei cordoni litoranei (da nord a sud: Penisola del Cavallino,
isole del Lido e di Pellestrina, Lido di Chioggia) è interrotta da tre `bocche di porto’ (rispettivamente
del Lido, di Malamocco e di Chioggia), aperture che permettono l’ingressione della marea e, quindi,
il ricambio e la riossigenazione delle acque interne lagunari. La morfologia di questo ambito è stata
profondamente modificata dall’intervento dell’uomo, non solo con la progressiva colonizzazione,
ma anche con l’approfondimento delle bocche di porto (per permettere l’accesso delle moderne
grandi navi alle zone portuali di Venezia e Porto Marghera) e l’approntamento di difese a mare

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(come i murazzi ideati da V.M. Coronelli, realizzati a metà del 18° sec., e rifatti dopo la catastrofica
alluvione del 4 novembre 1966). Il paesaggio delle acque interne non è caratterizzato solo dagli
storici interventi sulle isole, ma soprattutto dall’azione di erosione/deposito che porta alla
formazione di quelle che sono chiamate velme, vere e proprie isole di fango sommerse durante l’alta
marea ed emerse durante la bassa. Le barene invece, pur avendo la stessa origine, si presentano
colonizzate dalla vegetazione, che comincia a stabilizzare la massa fangosa.

Nel corso dei secoli, la Repubblica di Venezia compì grandiose opere idrauliche di diversione dei
fiumi dal bacino scolante lagunare (quella del Brenta, per es., fu iniziata nel 13° sec., mentre quella
del Piave risale al 17°), al fine di evitare l’interrimento e l’impaludamento dell’intero sistema. Anche
sfruttando i paleoalvei fluviali, il flusso delle maree ha escavato i fondali della laguna viva (la parte
dove intenso è l’effetto della marea, contrapposta alla laguna morta), costruendo la rete dei canali
utilizzati per la navigazione interna a causa della loro maggiore profondità rispetto ai 50 cm del
valore medio. Proprio le vie d’acqua ben rappresentano le contraddizioni del sistema lagunare. Se
da una parte vi è la necessità di garantirne la profondità, al fine di permettere il necessario ricambio
d’acqua (l’escavazione dei rii del centro storico di Venezia è stata ripresa nel 1995, dopo oltre 50
anni di abbandono), e l’accessibilità alle zone portuali, dall’altra proprio l’approfondimento dei
canali è una fra le cause delle cosiddette acque alte (quella del 4 novembre 1966, giunse a quasi 2
m sul livello medio del mare, ma basta la metà per allagare le parti più basse della città). Questo
effetto di sommersione di gran parte del centro abitato è causato sì da fenomeni naturali, quale la
concomitanza dell’alta marea con lo spirare di vento di scirocco, ma anche da fenomeni di origine
antropica, quali la subsidenza, legata all’emungimento delle falde sotterranee avvenuto in passato
per scopi industriali, e la progressiva riduzione della superficie lagunare, dovuta soprattutto
all’imbonimento per scopi produttivi.

La risoluzione del problema delle acque alte è oggi affidata al progetto MOSE (Modulo Sperimentale
Elettromeccanico), gestito dal Consorzio Venezia Nuova. Si tratta di un sistema integrato di opere di
difesa con barriere costituite da paratoie mobili e tra loro indipendenti, in grado di separare
temporaneamente la laguna dal mare, proteggendo così la città dalle maree. Le barriere sono
collocate alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia, cioè nei tre varchi del cordone
litoraneo attraverso i quali la marea si propaga dal mare alla laguna. In condizioni normali le paratoie

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sono piene d’acqua e sono alloggiate nel fondale, completamente invisibili. In caso di pericolo di
maree che possano provocare un allagamento, nelle paratoie viene immessa aria compressa, grazie
alla quale, svuotate dell’acqua, esse si sollevano fino a emergere e a bloccare il flusso della marea
in ingresso in laguna. Quando la marea cala, e in laguna e mare si raggiunge lo stesso livello, le
paratoie vengono di nuovo riempite d’acqua e rientrano nel proprio alloggiamento. Il controverso
progetto, la cui realizzazione è iniziata nel 2003, ha avuto un iter complesso, che ha visto tra l’altro
nel 2014 anche il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, e la sua conclusione è prevista
per il 2018.

CITTÀ METROPOLITANA DI VENEZIA

(2.472 km2 con 846.962 ab. al censimento del 2011, divenuti 848.829 secondo rilevamenti ISTAT del
2020, ripartiti in 44 comuni). Nel 2014, con la legge 7 aprile n. 56, entrata in vigore il 1°gennaio 2015,
la città metropolitana di Venezia è subentrata all'omonima provincia, mantenendo la medesima
estensione geografica. L’area si configura come una stretta fascia occupante (a esclusione del delta
del Po) tutta la costiera veneta. Alla base dell’attuale città metropolitana è il Dogado (il territorio
delle lagune storicamente sotto il dominio diretto della Serenissima), cui è stata annessa la Riviera
del Brenta, quella del Miranese e altri territori nelle zone di San Donà di Piave e di Portogruaro. Da
un punto di vista fisico, la città metropolitana di Venezia si presenta conformata dal tratto terminale
dei fiumi Tagliamento, Livenza, Piave, Sile, Bacchiglione-Brenta e Adige. Infatti i terreni della zona
sono costituiti soprattutto dai loro depositi alluvionali, alternati a terreni di origine lagunare e
palustre, con relitti di paleodune, testimonianza del progressivo avanzamento della linea di costa.
La popolazione della città metropolitana, dopo un periodo di diminuzione negli ultimi due decenni
del Novecento, ha mostrato complessivamente al principio del nuovo secolo una lieve tendenza
all’aumento. Alcuni fra i maggiori comuni del territorio (Chioggia, Caorle ecc.), oltre al capoluogo
che ha segnato una significativa diminuzione della popolazione, hanno subito una contrazione,
mentre le aree situate lungo le principali direttrici di comunicazione, in particolare verso Padova,
Treviso e in direzione del confine friulano, hanno registrato incrementi demografici legati all’intensa
diffusione di attività imprenditoriali e produttive. La struttura economica appare, nel suo complesso,
piuttosto articolata. Diffuse sono la coltura del mais e le coltivazioni industriali (in particolare soia e
barbabietole). L’area di Jesolo è specializzata nella frutticoltura (melo, pero, pesco), quella
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di Pramaggiore nella viticoltura DOC e quella di Chioggia nell’orticoltura. Altra attività tradizionale è
rappresentata dall’itticoltura e dalla pesca, sia d’altura sia di valle, concentrata nei porti di Chioggia,
Venezia e Caorle. Se si esclude l’area industriale di Porto Marghera, il tessuto produttivo della
provincia è composto da imprese medio-piccole e da attività artigiane, la cui caratteristica
fondamentale è la grande specializzazione e dispersione sul territorio. Tali imprese (spesso di
importanza nazionale e internazionale) talvolta si organizzano in distretti industriali omogenei,
come nel caso del vetro a Venezia, delle calzature lungo la Riviera del Brenta, del mobilio nella
sezione orientale. La grande maggioranza degli attivi opera nel terziario: attività direzionali,
commercio, pubblica amministrazione rappresentano storicamente i settori di maggiore
occupazione, cui va aggiunto quello importantissimo del turismo. Le risorse turistiche sono
rappresentate dalle città d’arte (soprattutto Venezia) e dalle spiagge, articolate nel cordone
litoraneo della laguna (Sottomarina, Pellestrina, Lido di Venezia e Cavallino, per un totale di circa 45
km di arenile) e nel sistema orientale (Lido di Jesolo, Eraclea, Caorle e Bibione, 47 km).

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