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R.

XV ESQUILINO |· 1

VIAS CONSULARES QUE SALEN DE TODOS LOS


RIONE DEL LIBRITO: xv AL xxi; solo si son interesantes.

5.4 La Via Salaria.

La strada, uno dei più antichi collegamenti tra Roma e


l'entroterra, deriva il toponimo dal commercio del sale con la
Sabina, verso la quale si dirigeva, dopo essere uscita
dall'omonima porta delle mura Aureliane e aver scavalcato il
fiume Aniene con il ponte Salario distrutto dai Francesi nel
1867, correndo lungo la valle del Tevere. Nel tratto urbano sono
documentati due tracciati: la "Salaria Vetus", che percorreva la
zona dei Parioli, e la "Salaria Nova" (la strada moderna la
riprende in parte), che attraversava una vasta area funeraria.
Lungo la via, su una collina alla sinistra dell'Aniene, sorgeva
"Antemnae", antica città laziale nota per l'episodio del ratto delle
Sabine.
L'area, legata a un paesaggio e a un uso del suolo
essenzialmente agricoli, mutò morfologia secondo i ritmi serrati
della speculazione fondiaria di inizio Novecento (a quella data la
zona abitata era delimitata da corso d'Italia, via Po e Via
Salaria). Il piano regolatore del 1909, oltre alla salvaguardia del
polmone verde verso la Via Flaminia, previde le espansioni
intorno a via Paisiello ("quartiere Sebastiani") e piazza Verbano,
che assunsero connotati morfologici e ambientali diversi: la
prima, articolata su un sistema di piazze radiali, è di minore
densità e possiede un'atmosfera più signorile, laddove la
seconda, a maglia ortogonale, presenta una maggiore
compattezza e un carattere più popolare.
I piani e le varianti successivi, pur rispettando la
destinazione d'uso, aumentarono l'indice di edificabilità delle
aree non ancora costruite (l'ampliamento tra il quartiere Verbano
e l'Aniene, previsto dal piano del 1931, fu completato negli anni
sessanta); attualmente la Salaria, soprattutto nel tratto iniziale,
va perdendo le originarie caratteristiche residenziali: la
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posizione strategica nella maglia urbana e la vicinanza al centro


storico hanno infatti determinato una forte terziarizzazione di
tutta l'area.
Il numero e l'importanza delle emergenze architettoniche
(villa Albani; quartiere Dora) e soprattutto il tracciato assai
articolato che segue in parte gli assi dell'urbanizzazione di inizio
Novecento (corso d'Italia, via Po, piazza Buenos Aires, via
Tagliamento) intersecando in più punti la Salaria - tratto urbano
della statale 4 -consigliano la visita a piedi (la carta è alla pagina
successiva); la breve deviazione che segue le catacombe di
Priscilla - momento fondamentale dell'itinerario - è invece da
effettuarsi in automobile.
La visita ha inizio da piazza Fiume, la cui conformazione
definitiva risale al 1921 in seguito alla demolizione della porta
Salaria (v. pag. 652).
Vi prospetta il volume del palazzo della Rinascente
(Franco Albini e Franca Helg, 1957-61), ancora oggi uno degli
inserimenti più riusciti nel tessuto storico della città;
l'articolazione del rivestimento di facciata, la struttura in acciaio
che riprende il disegno e gli allineamenti degli edifici
circostanti, la severità d'impianto ne fanno una delle più
interessanti realizzazioni di architettura contemporanea in Roma.
Nel segmento di Via Salaria tra piazza Fiume e via Po due
sono gli edifici di rilievo. La *villa Albani (N. 92), oggi
proprietà dei Torlonia (la visita è concessa per motivi di studio
dietro richiesta scritta all'amministrazione Torlonia, via della
Conciliazione 30), è una delle più alte testimonianze del gusto
per l'antico e degli interessi antiquari del sec. XVIII. Fu eretta
nel 1747-67 per il cardinale Alessandro da Carlo Marchionni,
che la concepì per ospitare le sculture antiche del prelato;
passata nel 1817 ai Castelbarco e acquistata nel 1866 da
Alessandro Torlonia che ne modificò in parte l'aspetto, ospitò
nel 1870 la firma della capitolazione di Roma. L'impianto della
villa, che riprende schemi già collaudati in altre residenze
rinascimentali, distribuisce edifici e padiglioni nello spazio
scenograficamente modellato del giardino. In posizione
dominante il CASINO (restauro 1992), aperto in facciata da un
loggiato (serie di statue imperiali) e fiancheggiato da due ali
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porticate (gallerie di erme-ritratto di filosofi e uomini politici);


all'interno, il fastoso salone del Parnaso prende nome
dall'affresco realizzato sulla volta da Anton Raphael Mengs
(1756). Sulla d. è il cosiddetto APPARTAMENTO DELLA
LEDA, riproduzione di un complesso termale antico, cui segue il
BILIARDO; opposto al casino è il CAFFEEHAUS, con fronte a
emiciclo, che imita un Canopo.
Nel novero dei dipinti, sculture e rilievi esposti nella villa
e appartenenti sia alla collezione Albani (pesantemente mutilata
nel 1798) sia a quella Torlonia, si segnalano: il *rilievo con
Antinoo dalla villa Adriana, splendido esempio di arte classicista
romana; il *rilievo con cavaliere che atterra un nemico, originale
attico di stile partenonico; il cosiddetto busto di Esopo (età
antonina); il cosiddetto Eutidemo di Battriana (sec. II a. C.); la
*fanciulla Torlonia, finissimo ritratto di gusto alessandrino
(metà sec. I a. C.); il sarcofago con nozze di Peleo e Teti (età
adrianca); il busto di Cristina di Svezia; l'Hestia Giustiniani,
copia adrianea da originale di scuola argiva del 460 a. C.;
affreschi di fine sec. IV a. C. staccati dalla tomba Francois di
Vulci con scene mitologiche greche e della storia etrusco-
romana (Imprese dei fratelli Aula e Celio Vibenna e di
Mastarna). La collezione di dipinti comprende opere di Nìccolò
di Liberatore (Madonna e santi, 1475), Perugino (polittico,
1491), Francesco Zaganelli (Pietà, 1509), Giovanni Paolo
Pannini, Gherardo delle Notti, Pompeo Batoni, Antonie Van
Dyck, Tintoretto, Taddeo Zuccari, Jusepe Ribera, Jacopino del
Conte, Carlo Maratta, Guercino, Giulio Romano, Rosa da Tivoli,
Borgognone, Luca Giordano, Jacques-Louis David, Gaspare
Vanvitelli.
Avanti sulla sin. è il mausoleo di Lucilio Peto (N. 125A;
per la visita rivolgersi alla X ripartizione del comune), tomba a
tumulo risalente alla fine del sec. I a. C.: nel basamento
cementizio rivestito di travertino, con cornice a dentelli, è
inserita l'iscrizione funeraria in marmo; un
corridoio sulla parte posteriore dà accesso alla piccola
camera sepolcrale
coperta a crociera.
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Costeggiato il fronte della Rinascente, si percorre corso


d'Italia, viale
alberato parallelo alle mura Aureliane (v. pag. 652) che fu
aperto intorno
al 1885. Potenziato e attrezzato a seguito dei piani del
1909 e 1931, è
stato profondamente modificato con il completamento dei
sottopassi
veicolari (1963-65); tale ristrutturazione urbanistica ha
favorito la
terziarizzazione dell'area, determinando numerose
sostituzioni nel tessuto
residenziale umbertino. Sul viale affacciano: al N. 45 la
palazzina
Calderai (1902-03), segnata dalla torre d'angolo e dai
delicati motivi
ornamentali; ai numeri 40-43 due palazzi per uffici
(Antonio Antonelli e
Manfredi Greco, 1968) connessi da un ponte vetrato; al N.
38 la casa
generalizia dei Carmelitani Scalzi (Mario Paniconi e
Giulio Pediconi,
1969), a due piani con negozi; la chiesa di S. Teresa,
realizzata in
mattoni da Tullio Passarelli nel 1901-02 utilizzando il
linguaggio
dell'architettura romanica. Conclude questo tratto di
strada, in angolo con
via Po, il villino Marignoli (N. 35A; 1907-10), l'opera
forse più riuscita
di Giulio Magni: articolato in un volume principale e in
alcuni corpi
secondari, è interamente risolto dal disegno degli elementi
in marmo posti
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all'interno della superficie in mattoni; il linguaggio si


ispira
all'edilizia nordica medievale.
Ancora avanti è l'hotel Jolly (Vincenzo ed Edoardo
Monaco e Amedeo
Luccichenti, 1968-71) che, analogamente al palazzo della
Rinascente in
piazza Fiume, affida la propria espressività alla struttura
metallica
approdando a risultati linguistici affatto diversi: la
scomposizione del
volume, l'elaborata struttura, i pannelli grigliati e le
vetrate
riflettenti color bronzo ne fanno un edificio 'altro' dal
contesto in cui è
inserito.
Si imbocca a d. via Po, il cui tracciato viario si andò
definendo nei primi
decenni del sec. XX con la costruzione degli edifici
umbertini che in
alcuni tratti ancora si vedono; negli anni '60 ha preso vita
un processo di
sostituzione edilizia che, pur mantenendo le sagome e i
volumi dei
fabbricati originari, ne ha mutato profondamente la
morfologia: ne sono
esempi la palazzina di Vincenzo Monaco e Amedeo
Luccichenti (N. 10; 1951-
52) e il palazzo per uffici di Leo Calini ed Eugenio
Montuori (N. 19;
196064). Oltrepassata via Livenza (nell'area oggi
occupata dai palazzi è
stato rinvenuto nel 1923 un ipogeo, databile al sec. IV,
con pitture e
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mosaici), si incontra al N. 25C l'ambasciata di Germania


(Clemente Busiri
Vici, 1912), dal massiccio avancorpo che scarica su
quattro grandi archi
pensili; la fronteggia (numeri 2832) il complesso per
abitazioni, uffici e
studi professionali realizzato nel 1972-77 a sostituzione di
due
costruzioni d'inizio sec. XX.
Si volta a sin. per via Allegri (a d. è villa Georgina, opera
di Clemente
Busiri Vici del 1920 c.) per proseguire diagonalmente in
via Paisiello
(asse del "quartiere Sebastiani" previsto dal piano del
1909) sino a largo
Spinelli: al N. 5 sorge una palazzina di Ugo Luccichenti
(1954), composta
da un edificio principale e da un avancorpo basso, il cui
prospetto è
caratterizzato dal contrasto tra il basamento marmoreo e la
parte
superiore, interamente rivestita di tesserine di mosaico
color salmone; il
villino al N. 3 è di Giuseppe Mariani (1918).
Continuando per via Paisiello si incontrano il villino Rossi
di Giuseppe
Mariani (N. 33; 1914) e a d. la chiesa di S. Teresa del
Bambin Gesù (1928-
32), detta in Panfilo perché costruita sopra le catacombe
di S. Panfilo
(accesso al N. 24B; per la visita, limitata agli studiosi,
rivolgersi alla
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra), le più
importanti della via
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"Salaria Vetus", le cui pareti conservano graffiti di


pellegrini e
iscrizioni funerarie spesso dipinte sull'intonaco dei loculi.
Seguono a
sin. (numeri 39 e 43) due case di Clemente Busiri Vici
(1912 e 1928), la
seconda delle quali esemplifica il linguaggio
"Novecento", e la palazzina
di Giuseppe Mariani (N. 45; 1928), risolta secondo i
dettami classici; a d.
(N. 38) è invece il coevo villino A latri, costruito secondo
un progetto in
stile di Vittorio Ballio Morpurgo, la cui sopraelevazione
(Mario Ridolfi,
Volfango Frankl e Mario Fiorentino, 1949) si contrappone
decisamente
all'edificio originario evitando qualsiasi rimando.
La via Bellini, che si prende a d., si apre a d. in piazza
Verdi, cuore del
"quartiere Sebastiani". Vi domina l'imponente mole del
palazzo del
Poligrafico dello Stato (Garibaldi Burba, 191318), il cui
linguaggio
magniloquente ed eclettico è in funzione rappresentativa
delle istituzioni.
Sul fronte opposto della piazza sorgono due costruzioni di
Marcello
Piacentini (numeri 8 e 9; 1923) con elementi bugnati,
statue e nicchie.
Dalla piazza, per via Scarlatti si attraversa la Salaria
imboccando via
Simeto dove, al N. 2, è l'ingresso alle catacombe di S.
Felicita (visite
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con permesso della Pontificia Commissione di


Archeologia Sacra), denominate
di Massimo dalle fonti; nella basilichetta sotterranea
ricavata nel sec. V
sul sepolcro di un figlio della santa, interessanti i resti di
un affresco
(Cristo porge le corone a Felicita e ai sette figli martiri)
del sec. VII.
Proseguendo per via Bellini si arriva in viale Liegi dove,
al N. 42, si
trova un interessante palazzo (Marcello Piacentini,
191622) di impianto
volumetrico assai compatto, appena stemperato dai
volumi curvilinei dei
"bow window". Risalendo a d. il viale si giunge
all'incrocio con la Via
Salaria e, più avanti, in piazza Buenos Aires, meglio
conosciuta come
"piazza Quadrata", che fu aperta a inizi '900. La
configurazione attuale
deriva dalla costruzione delle case IRBS (1919) e della
chiesa nazionale
argentina della SS. Addolorata (Giuseppe Astorri, 1910-
30): in stile
romanico-bizantino e interamente in mattoni, presenta
nella parte centrale
una decorazione a mosaico.
A sin. della chiesa si prende via Tagliamento, disegnata
dal piano del
1909, costeggiando ai numeri 5-9 un palazzo di Ugo
Luccichenti (1956-59)
con piano attico a becco d'uccello.
Sul lato opposto, attraverso un arcone riccamente
decorato, si raggiunge il
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quartiere Dora, costruito nel 1919-26 da Gino Coppedè


(da qui l'altro nome
con cui è noto), incredibile "pastiche" di linguaggi
architettonici che
immergono il visitatore nell'atmosfera sfarzosa e un po'
fittizia d'inizio
secolo. L'intervento si articola sulla raccolta piazza
Mincio, al cui
centro è la fontana delle Rane (1920-24), dalle grandi
conchiglie sorrette
da coppie di figure inginocchiate. Fabbricati diversi per
forma e
dimensione la cingono; i due edifici più importanti (1916-
26), dalla
decorazione fantastica e sovrabbondante, si iscrivono
all'interno
dell'eclettismo: quello al N. 2 è caratterizzato da un
portale d'ingresso a
sesto ribassato a forte strombatura, mentre possenti
pilastri con mensoloni
sostengono due ordini di balconi; quello al N. 4, detto del
Ragno,
differisce per l'arco con mascherone e per l'avancorpo
d'angolo interamente
in aggetto. Le altre emergenze smorzano il tono della
figurazione e
raccordano la piazza agli allineamenti stradali: l'edificio al
N. 1
riprende gli elementi dei fabbricati maggiori, quello al N.
3, detto delle
Fate, sviluppa un linguaggio neomedievale tutto giocato
sulla torretta
d'angolo scalare e sugli affreschi.
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La via Tagliamento, superata via Adige, entra


nell'intervento di edilizia
pubblica INCIS attuato a partire dal 1920 secondo il piano
del 1909. Il
progetto urbanistico utilizza l'area di villa Lancellotti ed è
impostato su
un asse principale (via Tagliamento-via Sebino-via
Nemorense) che si
conclude nel parco Virgiliano, sistemato da Raffaele De
Vico nel 1930;
punto di 'coagulo' è la ottagonale piazza Verbano, cinta di
edifici che,
nella disposizione a "C" molto aperta, sottolineano la
continuità della
quinta urbana. L'architettura del quartiere è piuttosto
sobria; unica
eccezione è il tratto di via Tagliamento, in cui i complessi
progettati da
Quadrio Pirani (1920-26) si caratterizzano per l'uso dei
materiali e per
gli affreschi sottostanti al cornicione.
Da piazza Verbano si raggiunge, per via di Villa Ada, la
Via Salaria, che
si percorre verso d. incontrando in angolo con via Arbia
palazzo Filomarino
(N. 3; metà sec. XVII); antistante all'ingresso principale
(N. 273) a villa
Ada (v. sotto) è il villino Visconti di Gino Franzi (N. 366;
1942). Segue
l'ingresso alle catacombe di Priscilla (N. 430; visita: ore
8.30-12 e
14.30-17; lunedì chiuse), fra le più antiche e importanti di
Roma.
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Il complesso cemeteriale (pianta) prende nome da una


matrona Priscilla
discendente dalla gens Acilia (gli scavi effettuati nel
1888-89 ne hanno
rimesso in luce l'ipogeo) e si compone di due piani, con
un livello
intermedio identificabile per alcuni con il cimitero di
Novella. Fra le
pitture, particolarmente interessante la cosiddetta
CAPPELLA GRECA
(l'appellativo deriva dalla presenza di due iscrizioni
dipinte in greco),
vano pressoché quadrato con scene dei due Testamenti e,
in fondo, la
"fractio panis" (prima metà sec. III?). Nella vicina
REGIONE DELL'ARENARIO,
Madonna col Bambino e profeta che addita la stella,
ritenuta la più antica
(inizi sec. III) raffigurazione del genere delle catacombe;
nel CUBICOLO
DELLA VELATA (seconda metà sec. III), Matrimonio
alla presenza del vescovo,
Maternità e Orante in paradiso, momenti della vita di una
fedele. Dopo la
pace costantiniana sorse nel sopratterra la basilica di S.
Silvestro, il
cui aspetto attuale risale alla ricostruzione dei 1904-07.
Le catacombe di Priscilla sono la testimonianza meglio
conservatasi della
vasta arca funeraria che la via "Salaria Vetus"
attraversava. Altri
complessi cemeteriali individuati sono le catacombe
anonime di via Anapo
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(accesso al N, 211 dell'omonima via; per la visita


rivolgersi alla
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra), datate alla
fine III-inizi
sec. IV, e le catacombe dei Giordani all'angolo con via
Taro (visita
limitata, con permesso della Pontificia Commissione di
Archeologia Sacra),
che conservano affreschi biblici di fine III-inizi sec. IV.
Fronteggia le catacombe di Priscilla il muro di cinta di
villa Ada già
Savoia, residenza privata di Vittorio Emanuele II e in
parte ora aperta al
pubblico.
L'ausilio di un'autovettura permette di raggiungere il forte
Antenne
(ancora oggi area militare) percorrendo un breve tratto in
discesa della
Via Salaria e piegando a sin. in via di Ponte Salario. Il
complesso, uno
dei 15 costruiti a difesa di Roma tra il 1878 e il 1884, fu
eretto
distruggendo in gran parte i resti di "Antemnae", città
latina, ben presto
assorbita nel territorio di Roma, della quale sono state di
recente
rinvenute tracce (non visibili) delle mura difensive e di
una villa che in
età imperiale ne occupò il sito.
Discendendo per via di Ponte Salario il monte Antenne si
giunge alla
*Moschea (1984-92), progettata con l'annesso centro
culturale islamico da
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Paolo Portoghesi e Vittorio Gigliotti: interessante la


grande sala, dove un
sistema di pilastri e archi (entrambi prefabbricati) sostiene
le cupole a
gradoni.

5.5 La Via Nomentana.

La strada, di origine arcaica, usciva dalla porta Collina


delle mura
Serviane e, scavalcato il fiume Aniene, risaliva le colline
a nord-est
giungendo a "Nomentum" (Mentana), da cui deriva il
toponimo; il tracciato
originario coincide con il percorso moderno solo dopo
villa Torlonia,
perché la porta Nomentana delle mura Aureliane era posta
assai più a
sinistra dell'attuale porta Pia.
Lungo la strada sorsero fondi e complessi cemeteriali, di
cui alcuni (S.
Agnese, Nicomede, catacombe ebraiche di villa Torlonia,
Cimitero Maggiore)
ancora superstiti; nel Settecento e nell'Ottocento si
formarono le ville
nobiliari (Torlonia, Paganini, Massimo). All'inizio del XX
secolo l'area
era ancora in larga parte riedificata, tranne piazza
Alessandria con lo
stabilimento della Birra Peroni. Il piano regolatore del
1909 ne mutò la
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morfologia suburbana con la consistente espansione alle


spalle di villa
Torlonia e intorno a piazza Bologna; negli anni venti
prese corpo, al di
fuori dei confini del piano, l'esperimento urbanistico di
Città Giardino
Aniene: posta su un'altura lungo la via, al di là del fiume,
si ispirava
alle "Garden Cities" inglesi di cui riprendeva la densità, i
tipi edilizi e
i tracciati stradali. I piani e le varianti anteriori alla
seconda guerra
mondiale confermarono l'utilizzazione intensiva di piazza
Bologna e
saturarono le aree ancora libere tra l'abitato e il fiume;
sotto la spinta
dell'espansione edilizia, negli anni cinquanta e sessanta
l'area raggiunse
la configurazione attuale.
La visita, da effettuarsi a piedi (la carta è alla pagina
seguente) fino
alla basilica di S. Agnese fuori le Mura - momento
centrale dell'itinerario
abbandona in più punti il tracciato della Via Nomentana
per addentrarsi nel
fitto tessuto urbano adiacente e raggiungere significative
testimonianze
architettoniche del Novecento (villino Ximenes; Ufficio
postale di piazza
Bologna); l'ausilio di un'automobile o l'utilizzo di mezzi
pubblici
permette di proseguire verso il ponte Nomentano (uno dei
pochi di età
romana a essersi conservato) e la Città Giardino Aniene.
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L'itinerario prende avvio da piazzale di Porta Pia, chiuso a


SO
dall'omonima porta (v. pag. 653) e occupato al centro dal
monumento al
Bersagliere (Italo Mancini e Publio Morbiducci, 1932); vi
prospetta a E il
palazzo del Ministero dei Lavori Pubblici (Pompeo
Passerini, 1911-25),
interamente in mattoni con motivi architettonici in
marmo, alle spalle del
quale è il coevo palazzo del Ministero dei Trasporti,
anch'esso di
Passerini. Sulla retrostante piazza della Croce Rossa sorge
il villino
Durante (Giulio Podesti, 1889), caratterizzato dal severo
portico
d'ingresso ornato con colonne doriche.
La via Ancona, che si stacca dal lato N del piazzale di
Porta Pia, conduce
in piazza Alessandria, sede di un mercato rionale (1929)
impostato su una
galleria centrale. Sull'area insiste l'ex stabilimento della
Birra Peroni,
una delle poche testimonianze di architettura industriale
romana di inizio
'900, in attività sino al 1971 e dal 1988 oggetto di
interventi di
ristrutturazione e restauro; diversamente dalla Pantanella
(v. pag. 748),
se ne sta riutilizzando il volume salvaguardando le
originarie
caratteristiche tipologiche e morfologiche. Il complesso
(Gustavo
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Giovannoni e Alfredo Palopoli, 1908-22) è il risultato di


diverse fasi
costruttive e si suddivide in tre lotti legati ai differenti
cieli
produttivi: gli EDIFICI PER LA LAVORAZIONE
DELLA BIRRA delimitati da via
Bergamo, piazza Alessandria, via Mantova e via Nizza; la
FABBRICA DEL
GHIACCIO tra le vie Alessandria, Mantova e Nizza; il
PALAZZO DEGLI UFFICI
tra le vie Reggio Emilia, Nizza e Cagliari. L'edificio sulla
piazza è
segnato dalla torretta con altana e da una serie di volumi
coperti a tetto,
mentre la facciata su via Bergamo è caratterizzata dalla
reiterazione dello
stesso modulo compositivo, con i lievi aggetti degli
elementi e la sapiente
tessitura dei materiali.
Dal piazzale di Porta Pia si imbocca la Via Nomentana,
larga e ombreggiata
dai platani. A d. è la chiesa del Corpus Domini, costruita
Del 1888-93
rivisitando con compostezza il patrimonio storico.
L'esterno, in mattoni,
presenta un grande arco ogivale che incornicia tre alte
bifore; una bassa
torre campanaria si leva sulla sinistra. L'interno è a tre
navate coperte
da capriate lignee: nel coro e nell'arco trionfale, affreschi
di Virginio
Monti, laterali di Eugenio Cisterna (c. 1910).
A sin. della chiesa si percorre via dei Villini che incrocia
via Malpighi:
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nel tratto di d. è, riconoscibile per la torretta loggiata, il


villino
Aletti, ora sede della Scuola Svizzera (ingresso al N. 14),
di Giuseppe
Sommaruga (1900-02). Proseguendo per via dei Villini si
giunge alla casa
studentesca già convento di Notre-Dame des Oiseaux
(Carlo Busiri Vici,
1900); il cancello al N. 32 dà accesso alle catacombe di
Nicomede (per la
visita rivolgersi alla Pontificia Commissione di
Archeologia Sacra), in
realtà ipogeo privato che riutilizzò in parte preesistenti
cunicoli idrici,
che sono l'unica testimonianza della vasta necropoli
distrutta per la
costruzione dei villini. Al termine della via si è in piazza
Galeno avendo
di fronte il villino Ximenes, appartenuto allo scultore che
lo progettò con
Leonardo Paterna Baldizzi ed Ernesto Basile nel 1900: di
ispirazione
liberty, è caratterizzato dalla ricca e fantasiosa
decorazione che
raggiunge il punto più alto nel balcone di copertura,
riccamente traforato,
e nella loggia centrale, con balcone nel mezzo e fascia in
bassorilievo,
lungo la facciata, recante una doppia teoria di artisti ai lati
di una "ara
Artium".
La Nomentana incrocia viale Regina Margherita
incontrando poi a d. la
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chiesa di S. Giuseppe (Carlo Busiri Vici, 1902-05), che


reinterpreta il
linguaggio romanico attraverso l'uso del portico, la
riproposizione del
rosone e della cornice ad archetti pensili. Nell'interno,
l'altare maggiore
e la decorazione absidale in stile cosmatesco furono
eseguiti a Venezia (c.
1920); la statua di S. Giuseppe è di Francesco Nagni.
Dopo via Spallanzani si costeggia il muro di cinta di
*villa Torlonia,
complesso neoclassico iniziato da Giuseppe Valadier nel
1802 e continuato
da G.B. Caretti dal 1832. Adibito a parco pubblico dal
1978, è oggi in un
disperante stato di degrado a causa dell'incuria e degli atti
di vandalismo
che, in breve tempo, sono riusciti a deteriorare un
eccezionale patrimonio
artistico e naturalistico.
Si entra nel parco attraverso i PROPILEI ionici (1910),
avendo di fronte
uno degli obelischi di granito fatti scolpire e trasportare da
Baveno nel
1842. Alle spalle è il PALAZZO NOBILIARE, opera del
Caretti (1832-40), con
grande scalinata d'accesso e avancorpo con colonne
ioniche e timpano
decorato (Ritorno di Bacco dalle Indie di Rinaldo
Rinaldi); nell'interno
(non visitabile), le 12 stanze e il salone da ballo
racchiudono
un'antologia della pittura purista della prima metà del sec.
XIX.
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Lungo il viale che costeggia a d. il palazzo Sono il


VILLINO Rosso (1920),
il VILLINO MEDIEVALE (1906-08) e il TEATRO
(Quintiliano Raimondi, 1841-74)
con l'ampia esedra porticata. Lungo il viale di sin. si
raggiungono invece
l'ANFITEATRO opera del Caretti, la pittoresca ma forse
irrimediabilmente
danneggiata CASA DELLE CIVETTE - trasformazione
operata nel 1916-19 da
Vincenzo Fasolo della precedente Capanna svizzera ideata
da Giuseppe
Jappelli - e la SERRA MORESCA, pure dello Jappelli (c.
1840), di cui resta
la facciata sommersa dalla vegetazione.
Il parco, progettato alla maniera romantica con ruderi e
vegetazione
esotica, conserva nel sottosuolo le Catacombe ebraiche
(per la visita
rivolgersi alla Soprintendenza archeologica di Roma),
scoperte nel 1918: si
tratta di due cimiteri distinti, utilizzati nei secoli III-IV,
che
conservano iscrizioni di cariche della comunità giudaica e
pitture con
simboli ebraici.
Opposto a villa Torlonia, su Via Nomentana, è il parco di
Villa Paganini,
sistemato da Raffaele De Vico nel 1934; un monumento
ai Caduti dei
quartieri Nomentano e Salario (1925) ne segna l'ingresso.
Sulla sin. di villa Torlonia si segue via Alessandro
Torlonia e, ancora a
20 | R. XV ESQUILINO

sin., via De Rossi, prevista dal piano del 1909 e


configuratasi
definitivamente dopo lo smembramento di villa Massimo.
Vi si incontrano: al
N. 12 la palazzina Zaccardi (Mario Ridolfi e Volfango
Frankl, 1950-51),
riuscita rivisitazione del linguaggio razionalista; al N. 9
l'edificio
dell'Ordine dei Medici, progettato da Piero Sartogo, Carlo
Fegiz e Domenico
Gimigliano nel 1966-72: l'immagine estremamente
articolata (abolizione del
piano di facciata, sfalsamento dei volumi e riduzione dei
materiali
costruttivi) denuncia all'esterno le diverse destinazioni
d'uso degli spazi
interni. Più avanti la via si apre a d. nel largo che prende
nome da villa
Massimo, originariamente confinante con villa Torlonia e
divisa nel 1910 in
due parti: la più ampia ha mantenuto il nome ed è sede
dell'Accademia
Tedesca.
Il tratto successivo di via De Rossi costeggia la chiesa dei
Ss. Martiri
Canadesi, costruita da Bruno Apollonj Ghetti nel 1955; la
facciata cieca
nasconde una serie di archi ogivali binati connessi da
volte a crociera.
Nell'interno, imponente ciborio dell'Apollonj Ghetti con
rivestimenti in
ceramica di Angelo Biancini (al culmine, Crocifissione);
organi con
R. XV ESQUILINO |· 21

sculture e rilievi di Francesco Nagni; vetrate di Jànos


Hajnal e Marcello
Avenali.
Si sbocca in largo XXI Aprile, che è ornato nello spazio
verde dal
monumento ai Caduti della Guardia di Finanza (Amleto
Cataldi, 1930) e su
cui prospetta uno dei corpi principali, connessi da edifici
più bassi,
della caserma della Guardia di Finanza, costruita su
progetto di Arnaldo
Foschini nel 1913-15; sulla retrostante piazza Armellini
(la si raggiunge
percorrendo, a sin * dell'area militare, la via Nardini) è il
Museo della
Guardia di Finanza (ingresso al N. 20; visita: ore 9-13,
domenica chiuso),
che testimonia con reperti e documenti l'opera del corpo.
Il tratto di d. di viale XXI Aprile scende in piazza
Bologna, dove sorge
l'Ufficio postale (Mario Ridolfi, 1933-35) che, insieme ai
fabbricati
similari di via Taranto (v. pag. 751) e di via Marmorata
(v. pag. 468), ha
costituito un importante momento di verifica del lessico
del primo moderno.
L'edificio unisce una forte connotazione morfologica a
una spiccata valenza
urbana: composto di un unico volume sinuoso, presenta
una lunga pensilina
curvilinea che recupera l'allineamento con la piazza.
Il tratto di sin. di viale XXI Aprile sale verso la Via
Nomentana
22 | R. XV ESQUILINO

costeggiando a d. (numeri 21-29) la casa convenzionata


(Mario De Renzi,
1931-37) che comprende negozi, alloggi e un
cinematografo poi adibito a
supermercato. Più avanti si stacca a sin. via Marchi dove
(N. 1) è il
villino Papanice ora ambasciata di Giordania, che Paolo
Portoghesi e
Vittorio Gigliotti progettarono nel 1969 utilizzando una
complessa
geometria curvilinea.
Di nuovo sulla Nomentana, la si percorre in direzione
della periferia
incontrando al N. 349 la canonica con protiro (Andrea
Busiri Vici, 1856)
della *basilica di S. Agnese fuori le Mura, al cui interno
sono le omonime
catacombe e il mausoleo di S. Costanza. Eretta nel 342 da
Costanza, figlia
o nipote di Costantino, sopra l'area cemeteriale che
accoglieva le spoglie
della santa, è uno degli esempi più integri e insigni di
basilica cristiana
di influenza bizantina (matronei e mosaico absidale).
Riedificata da Onorio
I e più volte restaurata, rivolge verso la Nomentana
l'abside, affiancata
dal campanile quattrocentesco a due piani di bifore
rinascimentali.
L'androne al N. 349 dà accesso al cortile del convento
dove a il., dietro
un'invetriata, è la cappella (non visitabile) detta stanza di
Pio IX,
R. XV ESQUILINO |· 23

dall'affresco di Domenico Toietti (1858) che rappresenta


il papa uscire
incolume con la sua corte dallo sprofondamento del
pavimento della
canonica; nell'ambiente sono anche resti di affreschi
(Adorazione dei Magi
e santi) del sec. XIII, una Madonna in trono con S.
Ansano e
un'*Annunciazione gotico-rinascimentale (1454).
Dal cortile si esce in un piazzaletto ornato a d. da un
portale
rinascimentale con stemma di Giulio II e soprastante
bifora. Una larga
scalinata marmorea del 1590 (alle pareti, frammenti
lapidei e reperti
architettonici dalle catacombe, nonché lastre marmoree
dell'antico recinto
presbiteriale) scende nella chiesa. L'interno, preceduto da
nartece, è a
tre navate con colonne antiche dai bellissimi capitelli
corinzi; sopra le
navi laterali corrono i matronei, pure con belle colonne
del sec. VII; il
soffitto a cassettoni, di legno intagliato e dorato, risale al
1606 ed è
stato restaurato nel 1855. L'affresco (Martirio di S.
Agnese) sopra
l'arcone dell'abside è di Pietro Gagliardi; le sante sulle
pareti laterali
e sul nartece sono del Toietti con l'aiuto di Giuseppe
Sereni (1856). Nel
semicatino dell'abside, *mosaico (al centro, su fondo oro,
figura
24 | R. XV ESQUILINO

stilizzata di S. Agnese, con ai piedi le fiamme e la spada


del martirio e
sulla veste la fenice simbolo dell'immortalità) dal tempo
di Onorio I, uno
dei più alti esempi di arte bizantina in Roma; ai lati i papi
Simmaco e
Onorio, quest'ultimo col modello della chiesa. La curva
dell'abside,
rivestita di cipollino, è scompartita da paraste di porfido.
Sotto il
ciborio (1614), con quattro colonne di porfido, l'altare
copre i resti
delle Ss. Agnese ed Emerenziana. Sull'altare, statua della
santa di Nicolas
Cordier (1605), che aggiunse a un torso di scultura antica,
di alabastro
orientale agatizzato, la testa, le mani e la veste di bronzo
dorato; a
sin., candelabro marmoreo romano. In fondo all'abside,
antica cattedra.
Nella 2a cappella d., dittico marmoreo per altare (Ss.
Stefano e Lorenzo)
voluto da Guillermus De Pereriis (1490) e di bottega di
Andrea Bregno;
busto di Gesù, già attribuito a Michelangelo ma piuttosto
del Cordier.
Dal nartece, a sin., si scende alle catacombe di S. Agnese
(visita: ore 912
e 16-18; chiuse la mattina dei festivi e il martedì
pomeriggio), anteriori
alla deposizione della martire avvenuta sotto la
persecuzione di Valeriano
o Diocleziano; il complesso cemeteriale, privo di pitture,
si stende su tre
R. XV ESQUILINO |· 25

livelli in quattro regioni: la più antica a sin. della basilica,


la quarta
(seconda metà sec. IV) sotto l'atrio della chiesa
costantiniana.
Dalla porta mediana della basilica si esce in un cortile su
cui prospetta
la semplicissima facciata in cotto, in gran parte di
restauro.
Di nuovo nel piazzaletto, si segue il selciato che, voltando
a il., scende
a un secondo piazzale dove sorge il *mausoleo di S.
Costanza, eretto agli
inizi del sec. IV per Costanza ed Elena, figlie di
Costantino, e
trasformato dapprima in battistero e nel 1254 in chiesa.
L'edificio, singolare e magnifico esempio di struttura a
pianta centrale, è
preceduto dai resti del NARTECE (pianta, 1), absidato ai
lati e con due
nicchie rettangolari fiancheggianti l'ingresso. L'interno è
impressionante
per lo stupendo ritmo strutturale, ancora legato ai modi
dell'architettura
romana, e per l'effetto della luce proveniente dai 12
finestroni centinati
(le transenne sono di restauro) che si aprono sotto la
CUPOLA (diametro m
22.50); questa è sorretta da 12 coppie di colonne di
granito poste
radialmente, con capitelli marmorei di ordine composito
(ogni coppia è
riunita da una complessa trabeazione su cui sono
impostate le arcate) ed è
26 | R. XV ESQUILINO

ornata di affreschi guasti (Cristo tra cori angelici) del


1620 circa.
L'AMBULACRO che gira all'intorno è coperto da una
volta a botte rivestita
da magnifici *mosaici, tra i più antichi (sec. IV) murali
giunti fino a
noi, che conservano i caratteri dell'arte musiva romana
(fondo bianco;
composizione geometrica di alcuni scomparti; motivi
ornamentali, tra cui
quelli vendemmiali); le figure centrali, nelle campate a d.
e a sin.
dell'ingresso, sono Costanza e Annibaliano, suo marito.
Nell'absidiola d.
(2), Cristo barbato sul globo che consegna a S. Pietro un
rotolo
(originariamente le chiavi), mosaico di fine sec. IV
restaurato nel 1843;
nell'absidiola sin. (3), coeva "Traditio legis", con Cristo
giovanile e bei
paesaggi di fondo, entro cornice a foglie e frutta. Nella
nicchia (4)
opposta all'ingresso, decorata con un cielo stellato, calco
del sarcofago
di Costantina (l'originale è ai Musei Vaticani); nelle altre
nicchie
laterali, semicircolari e quadrate, resti di affreschi dei
secoli XV e
XVII.
Disponendo di un'autovettura o valendosi dei frequenti
autobus pubblici che
percorrono la Nomentana, si può proseguire incontrando
al N. 355 villa
R. XV ESQUILINO |· 27

Nomentana, quasi interamente ricostruita da Giuseppe


Mariani nel 1906
secondo un disegno medievaleggiante; il sepolcro in
laterizio e marmo
ubicato nello spartitraffico, proveniente da Tor di Quinto
e qui ricomposto
da Giacomo Boni, nasconde villa Blane (N. 216;
Francesco Mora e Giacomo
Boni, 1896-97), complesso liberty di straordinaria
omogeneità oggi in stato
di grave abbandono - con decorazioni di Adolfo De
Carolis e Alessandro
Morani (c. 1900).
Si lascia a sin. via Asmara - dove, da una porta nella
recinzione del parco
di villa Leopardi, si accede al Cimitero Maggiore (visita
limitata, con
permesso della Pontificia Commissione di Archeologia
Sacra), sorto nel sec.
III e interessante per le pitture e per le cattedre intagliate
nel tufo
simboleggianti la presenza ideale dei defunti ai banchetti
rituali - e
sullo stesso lato si costeggia, in angolo con via Tembien
(N. 3), un
palazzo costruito da Angelo Di Castro (1949-54) e
segnato da ampie fasce
orizzontali e dalle finestre a nastro, poste in facciata o
arretrate
rispetto ai balconi. Percorrendo per breve tratto via Tripoli
e voltando
poi a d. in via Chisimaio si raggiunge, in piazza Elio
Callisto, la
28 | R. XV ESQUILINO

cosiddetta sedia del Diavolo, in realtà mausoleo di Elio


Callisto liberto
di Adriano (metà sec. II). Si tratta di una tomba a
tempietto su podio in
laterizi con nicchie per deposizioni nella cella inferiore ed
edicola in
quella superiore; in corrispondenza di quest'ultima
l'esterno presenta, sul
lato posteriore, una partizione architettonica a lesene
corinzie e
finestre.
La Nomentana oltrepassa il cavalcavia ferroviario da
dove, a sin., si vede
O sottostante viale Etiopia caratterizzato dalle case a torre
di Mario
Ridolfi e Volfango Frankl (d.; 1951-54) e di Mario
Fiorentino (sin.; 1957-
62). Lasciato a d. l'originario tracciato della strada
romana, che scende
all'Aniene scavalcandolo con il *ponte Nomentano (della
struttura del sec.
i resta l'arcata centrale, mentre la parte superiore,
sopraelevata e
fortificata nel Medioevo, appartiene al restauro di Narsete
del 552), si
percorre il ponte Tazio che Gustavo Giovannoni realizzò
nel 1927
nell'ambito del progetto urbanistico della Città Giardino
Aniene e in asse
con piazza Sempione, 'porta' dell'intervento per chi giunga
dalla città. Vi
prospettano la chiesa dei Ss. Angeli Custodi di
Giovannoni (1922-24) e il
R. XV ESQUILINO |· 29

Palazzo pubblico di Innocenzo Sabbatini (quello porticato


sulla piazza,
1921-23; quello in angolo con via Gargano, 1922-25),
segnato dalla torre
dell'orologio e raccordato da un basso portico agli edifici
adiacenti. Il
piano della Città Giardino Aniene (1920), redatto da
Giovannoni con Quadrio
Pirani ed Edmondo Del Bufalo, presta grande attenzione
al rispetto della
morfologia della collina; l'intervento si sviluppa lungo
viale Gottardo a
SO e i viali Carnaro e Adriatico a NE, destinando a verde
un'ampia area a
ridosso del fiume.

Si piega a sin. per imboccare il tratto di d. del viale di


Porta Tiburtina, dove, in un caratteristico tratto di mura, si apre
la porta Tiburtina, abbassata dall'interrimento del suolo.
Su questo lato prospetta il fornice addossato da Aureliano
all'arco monumentale - con fronte sulla parallela via di Porta S.
Lorenzo – eretto da Augusto (5 a. C.) per permettere lo
scavalcamento dell'antica Via Tiburtina a un gruppo di
acquedotti: l'Acqua Marcia, captata dall'Aniene nella valle di
Arsoli, su iniziativa di Quintus Marcius Rex (144 a. C.); l'Acqua
Teputa, condotta da Cneo Servilio Cepione e Lucio Cassio
Longino nel 125 a. C., dalla zona dei Colli Albani, presso
Marino; l'Acqua Iulia, imbrigliata da una sorgente nel territorio
di Tùscolo, per volontà di Agrippa (33 a. C.). L'arco augusteo ha
pilastri tuscanici, chiave di volta con bucrani e triplice attico,
attraversato dagli spechi degli acquedotti, con iscrizioni: una di
Augusto e una di Tito del 79 d. Cristo.
30 | R. XV ESQUILINO

Dal piazzale Tiburtino si prende a sin. la Via Tiburtina (v.


pag. 734), seguendola per un breve tratto. Attraverso il quartiere
S. Lorenzo. Di antichissima origine, la via, che prende nome da
"Ubur" (Tivoli), fu per millenni il percorso più diretto per la
transumanza dai monti dell'Abruzzo alle pianure tirreniche. In
epoca repubblicana iniziava dalla porta Esquilina (l'odierno arco
di Gallieno) delle mura Serviane, dopo l'erezione di quelle
aureliane dalla porta Tiburtina; al 307 a. C. risale il suo
prolungamento, attuato dal console Marco Valerio Massimo (da
qui il nome di Tiburtina Valeria), fino a "Corfinium" (Corfinio).
In età imperiale sorsero lungo la strada sepolcri e ville a
destinazione agricola, nei primi tempi del Cristianesimo
catacombe e la basilica costantiniana presso la tomba di S.
Lorenzo, mentre nell'alto Medioevo iniziò il recupero della
campagna sotto l'amministrazione ecclesiastica e, tra l'XI e il
XIV secolo, sorsero torri di vedetta e nuclei fortificati, molti dei
quali successivamente trasformati o inglobati in casali (di
Pratolungo, di S. Eusebio) o castelli.
La scelta dell'area dei Verano per il cimitero pubblico
orientale da parte dell'amministrazione francese e, sotto Pio IX,
la creazione della ferrovia furono le premesse per la
concentrazione nell'area dei servizi pubblici a scala urbana
realizzati dopo l'Unità (policlinico Umberto I, scalo merci di S.
Lorenzo, Ministero dell'Aeronautica, Città Universitaria), che
hanno condizionato la crescita e il carattere degli insediamenti
abitativi: a fine Ottocento nacque il quartiere di S. Lorenzo, a
destinazione operaia e proletaria e a carattere sia abitativo sia
produttivo (officine e piccole industrie), negli anni venti il
Tiburtino II, qualificato esempio delle teorie urbanistiche della
"città giardino", mentre nelle zone più lontane sorsero le
"borgate rurali" (Settecamini) e, nel ventennio, quelle per
immigrati e sfrattati dal centro storico (S. Basilio, Pietralata,
Tiburtino III), che saranno i poli della saldatura urbana a
intensivi già prevista dal piano regolatore del 1931 ma realizzata
soprattutto nel dopoguerra (interventi INA-Casa al Tiburtino e a
Ponte Mammolo; UNRRA-CASAS a S. Basilio); con la
costruzione, a partire dagli anni trenta, di fabbriche e
R. XV ESQUILINO |· 31

stabilimenti cominciò a delinearsi uno degli assi


industriali della città,
particolarmente denso di insediamenti tra ponte Mammolo
e Settecamini.
L'itinerario automobilistico, di complessivi 14.3 km (carta
alla pagina
seguente), ha motivi di grande interesse soprattutto nella
prima parte,
dove, oltre alla basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, si
visita la Città
Universitaria, notevole per valore architettonico e
urbanistico.
Da piazzale Tiburtino (v. pag. 654), punto di partenza
della visita, si
imbocca la Via Tiburtina moderna, allargata e rettificata
intorno al 1880
come 'passeggiata' verso il Verano, incrociando a sin. la
via Tiburtina
antica, originario tratto iniziale della strada romana che il
percorso
attuale ricalca solo in pochissimi punti, e attraversando il
quartiere di
S. Lorenzo, sorto come intervento di speculazione privata
con destinazione
popolare.
L'urbanizzazione dell'area, iniziata nel 1878 a S della
Tiburtina e
continuata nel primo dopoguerra nella zona N, si concluse
negli anni '30;
con la ricostruzione a seguito del bombardamento del 19
luglio 1943, furono
edificate le ultime aree libere e cominciarono la
sostituzione degli
32 | R. XV ESQUILINO

inquilini e la terziarizzazione, cui si è accompagnata di


recente la
cessazione di svariate attività industriali e artigianali. La
toponomastica, tipicamente post-unitaria, ricorda gli
antichi popoli
italici; l'edilizia tardo-ottocentesca - visibile soprattutto a
d. della
via in un'arca edificata riprendendo il piano a scacchiera
umbertino - è
prevalentemente a blocco chiuso e ripropone all'esterno,
in tono più
dimesso, l'eclettismo che caratterizza i coevi quartieri
borghesi
(Esquilino, Castro Pretorio, Prati), mentre all'interno le
esigenze di
sfruttamento intensivo imposero in alcuni casi l'adozione
della tipologia a
ballatoio rara per Roma. 'Emergenza monumentale' è la
parrocchiale
neoromanica dell'Immacolata e S. Giovanni Berchmans
(1906-09).
La Tiburtina lascia a sin., oltre l'area a verde, la via dei
Luceri che,
divenuta via dei Liburni e costeggiato il fianco del
palazzo del Consiglio
Nazionale delle Ricerche (la biblioteca, scientifico-
tecnica, riunisce c.
600000 volumi e c. 10000 testate di periodi Sorta nel
1933-35 in
sostituzione della sede storica nel palazzo della Sapienza
(v. pag. 383) su
un'area di 22 ettari a essa destinata dalla variante del
1925, rappresenta
R. XV ESQUILINO |· 33

una delle più importanti realizzazioni architettoniche del


fascismo.
Marcello Piacentini ne predispose lo schema generale,
d'impianto
dichiaratamente classico, con due assi principali
ortogonali e piazza
centrale dominata dal Rettorato, attorno al quale si
disposero
simmetricamente, in subordinazione gerarchica, gli edifici
delle facoltà,
articolati liberamente nelle planimetrie e nei volumi; per
la progettazione
di questi ultimi Piacentini chiamò e coordinò alcuni dei
migliori
architetti sia della corrente razionalista sia della tradizione
accademica.
L'incremento delle iscrizioni ha comportato sin dagli anni
'50 adeguamenti
funzionali degli istituti con ampliamenti, sopraelevazioni,
sostituzioni e
costruzioni nelle aree libere, che hanno alterato sia le
singole
architetture sia il rapporto tra zone verdi ed edificato.
L'ingresso al complesso, visitabile a piedi, è enfatizzato
dall'altissimo
portico a pilastri tra due propilei con fontane collegati agli
edifici
della Clinica Ortopedica (d.) e degli Istituti di Igiene,
Microbatteriologia e Parassitotogia (sin.), il tutto opera di
Arnaldo
Foschini; sempre sul fronte esterno, all'angolo dei viali
delle Scienze e
dell'Università, è il Dopolavoro universitario con il teatro
Ateneo di
34 | R. XV ESQUILINO

Gaetano Minnucci. Si percorre l'alberato viale centrale


lasciando a sin., a
fondale della prima trasversale, la cappella della Divina
Sapienza, offerta
da Pio XII e realizzata da Piacentini nel 1950-51 a pianta
ellittica con
rivestimento in laterizio e travertino e cupola ribassata: sul
portale,
lunetta (Cristo maestro) di Romano Romanelli, su quello
verso viale delle
Scienze, statua delta Madonna col Bambino di Arturo
Dazzi; all'altare
Crocifisso in bronzo di Venanzo Crocetti (il retrostante
affresco è di
Giovanni Brancaccio); nella cripta, con struttura in
cemento armato a
travature incrociate e pilastri a colonna, Pietà di Giovanni
Prini.
E viale centrale, che costeggia a d. l'Istituto di Chimica
(Pietro
Aschieri) e a sin. l'Istituto di Fisica (Giuseppe Pagano),
sbocca nella
piazza ornata al centro dalla Minerva in bronzo di Arturo
Martini. Dietro
si erge il palazzo del Rettorato, opera di Piacentini,
rivestito di
travertino e con monumentale pronao a pilastri su alta
scalea: all'interno
sono l'Aula Magna, decorata da un affresco (l'Italia tra le
Arti e le
Scienze) di Mario Sironi, e la Biblioteca Universitaria
Alessandrina,
fondata da Alessandro VII nel 1670 nel palazzo della
Sapienza e ricca di
R. XV ESQUILINO |· 35

oltre 1000000 di volumi (numerosi i fondi) e di c. 16 000


periodici.
L'edificio è collegato a d. con la facoltà di Lettere e
Filosofia (Gaetano
Rapisardi), che ospita il Museo dei Gessi (visite a
richiesta), fondato nel
1892 da Emanuele Loewy e che riunisce calchi di sculture
greche e greco-
romane dall'età arcaica al tardo ellenismo, il Museo delle
Antichità
Etrusche e Italiche (per la visita telefonare al 4452239) e
il Museo delle
Origini (per la visita telefonare al 4957988), dedicato alle
culture
preistoriche in Italia comparate con quelle europee,
africane e asiatiche;
a sin. invece è la facoltà di Giurisprudenza e Scienze
Politiche pure del
Rapisardi (i Dioscuri in bassorilievo sono di Corrado
Vigni). I lati brevi
della piazza sono definiti dall'Istituto di Matematica (d.;
Gio Ponti) e
dal palazzo dette Scienze Geologiche (sin.; Giovanni
Michelucci), dove
hanno sede l'Istituto di Mineralogia (l'annesso museo è
visitabile il
venerdì, ore 9-12) e l'Istituto di Geologia e Paleontologia
Cl museo è
aperto dal lunedì al venerdì, ore 9.30-13.30); a d.
dell'istituto è il
monumento agli Studenti caduti nella guerra 1915-18 con
gruppo bronzeo di
Amleto Cataldi (1920).
36 | R. XV ESQUILINO

Due passaggi a fianco del Rettorato portano al retrostante


piazzale su cui
prospetta a d. l'Istituto di Botanica (Giuseppe Capponi),
sede di uno dei
maggiori erbari d Europa, alle cui spalle sono stati
costruiti gli
ampliamenti per Chimica e Fisica (1977) e l'Istituto di
Chimica
Farmaceutica e Tossicologia (Massimo Boschetti,
Luciano Giovannini, Massimo
Battaglini e Marino Lombardi, 1956-62). Su via De
Lollis, opposti ai
moderni ampliamenti, sono la sede dell'Opera
universitaria (Enrico
Mandolesi, 1967) e la casa dello Studente (Giorgio Calza
Bini, Francesco
Fariello e Saverio Muratori). Sul lato di fondo del piazzale
sono il Centro
dei Servizi Generali (Stanislao Chiapponi e Alberto
Clementi, 1970-80) e,
arretrato, l'Istituto di Farmacologia (Claudio Dall'Olio e
Alfredo
Lambertucci, 1958-62), alle cui spalle è l'Istituto di
Medicina legale
(Massimo Castellazzi, 1967). Sul lato sin. del piazzale si
allineano la
facoltà di Scienze Statistiche, Demografiche e Attuariali
(alle spalle di
quella di Giurisprudenza e gli Istituti di Fisiologia
Generale, Psicologia
e Antropologia, opera del Michelucci, alle cui spalle, con
facciata su
viale dell'Università sono tre edifici realizzati entro gli
anni '20 in
R. XV ESQUILINO |· 37

funzione dell'antistante policlinico: in quello al N. 32 è


l'Istituto di
Zoologia con biblioteca specializzata; in quello al N. 34A
ha sede il Museo
di Storia della Medicina (visita: nei feriali, su richiesta,
ore 9-13),
istituito nel 1938.
L'area attraversata dai viali delle Scienze, del Policlinico e
dell'Università accoglie altre due interessanti strutture. A
NO della Città
Universitaria si stende il policlinico Umberto I, realizzato
su progetto di
Giulio Podesti nel 1889-1903 e più volte integrato : il
complesso, cui si
accede da viale del Policlinico N. 157 e che ospita una
biblioteca
specializzata con oltre 150000 volumi, è costituito da una
sequenza di
padiglioni di architettura classicheggiante inframmezzati
da giardini e
collegati da percorsi aerei su colonne di ghisa.
Parallelo a viale delle Scienze è viale Pretoriano, con
l'austero blocco
rivestito di laterizio e travertino del palazzo del Ministero
dell'Aeronautica (Roberto Marino, 1929-31), uno dei
primi edifici pubblici
concepiti nello spirito del "Novecento".
La Via Tiburtina, lasciati a d. in angolo con via degli
Ausoni l'ex
pastificio Cerere (1911) - il più interessante esempio di
archeologia
industriale del quartiere - e (N. 207) una palazzina dal
curioso gruppo
38 | R. XV ESQUILINO

plastico in maiolica policroma con tre personaggi in


costume affacciati
alla finestra, sbocca nell'ampio piazzale del Verano: i
giardini, nei quali
è il monumento a Pio XII (Antonio Berti, 1967), hanno
come fondale i
prospetti del cimitero del Verano (v. pag. 740) e di *S.
Lorenzo fuori le
Mura (o S. Lorenzo al Verano), una delle cinque
basiliche patriarcali, il
cui organismo è l'eccezionale risultato della fusione delle
due chiese
sorte alla fine del sec. VI e agli inizi del XIII intorno al
veneratissimo
sepolcro dell'omonimo diacono spagnolo martire sotto
Valeriano.
Verso il 330 Costantino sistemò la cripta che custodiva le
reliquie e
costruì una basilica a destinazione prevalentemente
cemeteriale (secondo
altri essa venne eretta nel sec. v sotto Sisto III) di cui nel
1950 e
durante gli scavi del 1957 sono stati rinvenuti resti
("basilica maior");
Pelagio II (sec. VI) eresse invece, come ampliamento del
sacello contenente
la tomba di S. Lorenzo, la "basilica minor", parallela e
con il medesimo
orientamento di quella costantiniana. Andata distrutta tra
il sec. IX e il
XII la basilica funeraria, Clemente III costruì il chiostro e
iniziò la
fortificazione della cittadella sacra ("Laurendopolis"),
mentre Onorio III
R. XV ESQUILINO |· 39

conferì alla chiesa l'aspetto che tuttora conserva erigendo


una seconda
basilica (sec. XIII), con ingresso sul lato opposto, in
prosecuzione di
quella pelagiana che venne parzialmente interrata. Dei
numerosi restauri,
il più radicale fu quello operato in forme puriste da
Virginio Vespignani
(1855-64) in parallelo alla sistemazione del vicino
cimitero e cancellato
in buona parte dal lungo intervento successivo al
bombardamento del
quartiere di S. Lorenzo (19 luglio 1943), che ha riportato
l'edificio a un
aspetto assai vicino a quello duecentesco.
Preceduta da una colonna di granito sormontata dalla
statua bronzea di S.
Lorenzo (Stefano Galletti, 1865), è la facciata in laterizio,
del tipo a
terminazione orizzontale a sguscio e con tre finestre ad
arco, che fu
ricostruita dopo il bombardamento; le è anteposto un
PORTICO (pianta, 1),
opera probabilmente dei Vassalletto (c. 1220): le sei
colonne di spoglio a
capitelli ionici di imitazione e i pilastri angolari
sorreggono la
trabeazione, ornata di un fregio a dischi di porfido e
serpentino, di
mosaici frammentari e di una cornice intagliata a fiorami
(le protomi
leonine fungono da doccioni). A d. della chiesa, arretrato,
è il monastero,
40 | R. XV ESQUILINO

la cui facciata ha un portico a quattro arcate ribassate su


colonne antiche
cui corrispondono altrettante eleganti esafore; lo precede
il campanile in
laterizio, di fine sec. XII ma restaurato, Delle forme
tipiche del romanico
laziale.
Sotto il portico, ai lati del portale mediano, leoni romanici
dall'antico
protiro; alle pareti, affreschi (su quella di fondo, storie dei
Ss.
Lorenzo, a d. dell'ingresso, e Stefano a sin.; su quella d.
storia del
conte Enrico devoto di S. Lorenzo; su quella sin. storia
della messa
miracolosa di S. Pietro nel 1061, rifatta nell'800) di fine
sec. XIII e
restaurati dopo il bombardamento; lungo la parete d.,
monumento funebre a
tegurio su colonnine e, accanto, sarcofago con ritratto
delta defunta
(entro clipeo) e storie del Vecchio e Nuovo Testamento
(fine sec. IV); a d.
del portale, stele marmorea a ricordo della visita di Pio
XII il 19 luglio
1943; a sin. *sarcofago a forma di letto con rilievi di
vendemmia (sec.
VI); alla parete sin. monumento ad Alcide De Gasperi di
Giacomo Manzù.
Nell'interno è subito percepibile l'aspetto non omogeneo
del complesso, con
le due basiliche contigue ma non coassiali: quella di
Onorio III (B) e
R. XV ESQUILINO |· 41

quella di Pelagio II (A), adattata a presbiterio. La basilica


onoriana è a
tre navate divise da 22 colonne, di dimensioni e marmi
diversi,
provenienti, al pari di alcune basi e di parte della
trabeazione, da un
edificio antico ("basilica maior4); i capitelli ionici sono di
fattura
medievale; il soffitto è a capriate lignee. Addossata alla
controfacciata,
tomba del cardinale Guglielmo Fieschi (m. 1256; 2) con
*sarcofago
raffigurante il rito nuziale (sec. III) e baldacchino
cosmatesco. Il
pavimento, i due *amboni (3 e 4) e il candelabro pasquale
sono cosmateschi
(prima metà sec. XIII). Della decorazione sulle pareti
della NAVATA
CENTRALE, realizzata sotto Pio IX, si sono conservati
solo l'affresco
dell'arco trionfale e quello ora in controfacciata, opere di
Cesare
Fracassini. Alla parete della NAVATA DESTRA sono
frammenti di affreschi
(quattro santi e Madonna con Bambino e santi)
provenienti dall'area
retrostante alla basilica e opera del pittore Crescentius; in
fondo alla
navata è la cappella di S. Tarcisio (5) del Vespignani, con
S. Ciriaca che
seppellisce S. Lorenzo di Emilio Savonanzi (1619) e, a
sin., la
*Decollazione del Battista di Giovanni Serodine (1619).
In fondo alla
42 | R. XV ESQUILINO

NAVATA SINISTRA, ai lati dell'ingresso alla sotterranea


cappella di S.
Ciriaca (6) ridecorata nel 1676, sono le tombe di
Gerolamo Aleandri e di
Bernardo Guglielmi su disegno di Pietro da Cortona (i
busti sono di
Franicois Duquesnoy).
La piattaforma che regge l'altare maggiore segna
l'andamento dell'abside
della basilica pelagiana, ritrovata durante gli scavi del
1947-49; la tomba
di S. Lorenzo si vede nella confessione, sistemata dal
Vespignani e nel più
recente restauro, tra quattro colonne antiche di breccia
bianca e nera.
Per due scalette si sale al PRESBITERIO, eretto sopra la
navata centrale
della basilica pelagiana. Lo inquadrano le colonne
scanalate di
pavonazzetto con basi ioniche e capitelli corinzi,
appartenenti alle navate
laterali della sottostante basilica pelagiana, su cui poggia
la superba
trabeazione (sec. IV; di spoglio) con trofei di armi e
fogliami che
sorregge il matroneo, scandito da colonnine a capitelli
compositi. Il
magnifico *pavimento musivo cosmatesco risale ai lavori
di Onorio III al
pari dell'attuale collocazione del *ciborio (7), la più antica
(1148) opera
firmata da marmorari romani (Giovanni, Pietro, Angelo e
Sasso, figli di
R. XV ESQUILINO |· 43

Paolo), composto da quattro colonne di porfido trabeate e


copertura
piramidale (in parte di restauro ottocentesco) su doppia
galleria di
colonnine e lanternino. Sul fondo è la *cattedra episcopale
(1254; 8) con
dossale trilobato, decorata di dischi e riquadri in porfida e
serpentino e
incrostata di mosaici. Sulla fronte dell'arco trionfale che in
origine era
volta ai fedeli, *mosaico (Gesù tra i Ss. Paolo, Stefano e
Ippolito a d. e
Pietro, Lorenzo e papa Pelagio a sin.; nel sottarco,
*fascione di fiori e
frutti) della fine del sec. VI.
Dalle estremità delle navate laterali della basilica si
scende al livello
della basilica pelagiana (A) che, secondo un'architettura di
stretta
derivazione bizantina, era a tre navate con matronei
precedute da
endonartece (l'attuale parete di fondo); tale vano è stato
trasformato
(Raffaele Cattaneo, 1882-95) nella ricchissima cappella
funeraria di Pio IX
(9; i mosaici sono su disegno di Ludovico Seitz).
Il *chiostro (fine sec. XII), cui si accede dalla cappella di
S. Tarcisio
attraverso la sagrestia, è ad arcatelle con colonnine
singole e binate e
piano superiore con polifore Ge finestre risalgono al sec.
XV), e conserva
sulle pareti iscrizioni e resti di sculture classiche e
medievali; da esso
44 | R. XV ESQUILINO

si accede alle catacombe di Ciriaca (visita: il pomeriggio,


tranne martedì
e venerdì, ore 15-17), dove sono alcune interessanti
pitture (Cristo tra
due santi, Giona, Mosè, Buon Pastore).
A d. e dietro la basilica si sviluppa il cimitero
monumentale del Verano,
istituito sotto l'amministrazione francese in ottemperanza
alle
disposizioni dell'editto di St-Cloud (1804) che vietava la
sepoltura entro
i centri abitati. Il primo nucleo, progettato da Giuseppe
Valadier nel
1807-12, fu continuato sotto Gregorio XVI e Pio IX a
opera di Virginio
Vespignani, cui si devono la chiesa, il quadriportico e
l'avvio della
sistemazione del "Pincetto" (l'ingresso fu compiuto nel
1880); ampliamenti
si sono poi succeduti fino agli anni '60, quando è stato
aperto il cimitero
Flaminio (v. pag. 713).
Il monumentale ingresso a tre fornici tra due massicci
corpi di fabbrica
ornato di quattro colossali statue della Meditazione
(Francesco Fabj-
Altini), della Speranza (Stefano Galletti), della Carità
(Fabj-Altini) e
del Silenzio (Giuseppe Blasetti), risalenti al 1874-78 - dà
accesso al
vasto quadriportico, opera del Vespignani al pari della
cappella di S.
Maria della Misericordia posta in fondo al viale (1859;
nell'interno, Le
R. XV ESQUILINO |· 45

anime purganti, pala di Tomaso Minardi). Tra i


monumenti spiccano quelli
del pittore Tomaso Minardi (Luigi Fontana, 1876), del
generale Giacomo
Medici (Giulio Monteverde, 1884) e di Erminia Fuà
Fusinato del Galletti
(1876). Sul "Pincetto", monumento ai Caduti pontifici
della battaglia di
Mentana di Vincenzo Luccardi; inoltre, monumento ai
Marinai del
sommergibile Sebastiano Veniero (Publio Morbiducci,
1930) e, verso la
ferrovia, monumento-ossario dei Caduti romani nella
guerra 1915-18
(Raffaele De Vico, 1922-31).
Dal fondo del piazzale si stacca verso NO viale Regina
Elena, tratto
dell'arteria -iniziata intorno al 1880 - che costituì la
circonvallazione E
della prima periferia romana: lungo il lato d. si
susseguono l'Istituto
superiore di Sanità e l'Istituto Regina Elena, edificati in
parte sulle
catacombe di Novaziano (secoli III-IV; per la visita,
limitata agli
studiosi, rivolgersi alla Pontificia Commissione di
Archeologia Sacra)
scoperte nel 1926.
Si prosegue lungo la Via Tiburtina lasciando a sin. la via
del Castro
Laurenziano, dove (N. 9) è la sede della facoltà di Scienze
Economiche e
Commerciali di Gaetano Minnucci (1961-65; l'annesso
Museo di Merceologia è
46 | R. XV ESQUILINO

visitabile su richiesta), e sboccando in piazzale Valerio


Massimo dal quale
si diparte a sin. il viale delle Provincie.
Percorrendolo verso N e oltrepassando l'omonimo
piazzale si raggiunge la
chiesa di S. Ippolito (Clemente Busiri Vici, 1934), una
delle prime
'moderne' della città per la chiarezza volumetrica e la
semplificazione
formale, il cui nome richiama le vicine catacombe (visite
limitate, con
permesso della Pontificia Commissione di Archeologia
Sacra). Il retrostante
quartiere Tiburtino II, costruito nel 1926-27 e incentrato
su piazza
Pontida, è una delle più gradevoli realizzazioni dell'ICP,
concepita con
criteri estensivi e con architetture tra il classico e il
vernacolare.
La Tiburtina, sovrapassate la tangenziale est (arteria di
collegamento tra
le Vie Salaria e Appia Nuova prevista dal piano regolatore
del 1962 e
completata nel 1990) e la ferrovia Roma-Milano,
costeggia a sin.
l'infinita' teoria di intensivi del quartiere di Pietralata, il
cui
toponimo allude alle tenute ("Prata Lata") esistenti fino ai
primi del '900
tra questa via e la Nomentana; l'urbanizzazione del
comprensorio, già
prevista dal piano del 1931 e iniziata nel 1935-36
dall'ICP, fu attuata
soprattutto nel secondo dopoguerra.
R. XV ESQUILINO |· 47

A d. della strada, tra le perpendicolari vie Facchinetti e


Lucatelli, è il
complesso residenziale Tiburtino, dovuto a un gruppo di
architetti diretto
da Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni. Articolato lungo
l'asse di via dei
Crispolti (1a traversa a sin. di via Facchinetti), è una delle
prime
realizzazioni romane del piano INA-Casa e uno dei più
interessanti
esperimenti di edilizia economica e popolare del
dopoguerra (1950-54), che,
in reazione al razionalismo impoverito delle borgate
ufficiali del
fascismo, si qualifica per un'articolazione più libera dei
lotti e dei
singoli edifici (case a schiera, in linea e a torre); la chiesa
di S. Maria
della Visitazione (Saverio Busiri Vici, 1965-66) ha una
vistosa copertura a
pagoda in cemento armato.
Proseguendo lungo la Tiburtina in direzione di Tivoli si
raggiunge la
piazza che prende nome dalla borgata S. Maria del
Soccarso (già Tiburtino
III), costruita dall'ICP nel 1936-37 nelle vicinanze del
forte Tiburtino ed
'esplosa' a partire dal 1952; dopo la confluenza a d. di
viale Togliatti,
arteria di scorrimento prevista dal piano del 1962 e dalla
variante del
1967 per unire la Tuscolana alla Nomentana (nel 1992 è
aperta dalla
48 | R. XV ESQUILINO

Tiburtina alla Tuscolana e interseca la Collatina, la


Prenestina e la
Casilina), si varca il fiume Aniene col nuovo ponte
Mammolo, eretto da Pio
IX nel 1853-57 in sostituzione dell'antico (che resta, in
gran parte
rifatto, più a S) e ricostruito nel 1871.
Lasciata a sin. la via del Casal de' Pazzi lungo la quale si è
sviluppata
dagli inizi del sec. XX la borgata di Ponte Mammolo, la
Tiburtina costeggia
a sin. il Carcere giudiziario di Rebibbia (Sergio Lenci,
1961-70) e
sottopassa il Grande Raccordo Anulare; subito dopo lo
svincolo si diparte a
sin. la via di S. Alessandro lungo la quale sulla d. è il
pittoresco e ben
conservato casale di Pratolungo, piccolo fortilizio con
torre del sec.
XIII.
Ha qui inizio quella che recentemente è stata definita
"Tiburtina Valley",
il maggior agglomerato manifatturiero della capitale con
una notevole
presenza di industrie elettroniche.
Voltando a d. in via Affile e proseguendo in
corrispondenza di una curva a
gomito per la sterrata via Torre S. Eusebio, si giunge al
casale di S.
Eusebio, altro piccolo fortilizio - tra i meglio conservati
della Campagna
romana - dominante l'Aniene e oggi inglobato in
un'azienda privata: la
R. XV ESQUILINO |· 49

struttura (sec. XIII) comprende un casale con torre mozza


e un'altra torre
a tufelli regolari.
Si è quindi, km 14.3, a Settecamini m 48, "borgata rurale"
sorta a partire
dal 1916. Il caratteristico bivio con la via di Settecamini
che si diparte
a sin. è inquadrato da due massicci casali: quello a d. è
l'osteria del
Fornaccio (seconda metà sec. XVI), quello a sin. è di
origine
quattrocentesca; al centro è l'ex chiesetta di S. Francesco,
oggi in
abbandono, con vivace facciata settecentesca; alle spalle
di questa un
recinto racchiude un tratto della Via Tiburtina romana con
resti di un
singolare edificio di servizio attraversato da un percorso
basolato
semianulare e dotato di abbeveratoi e pozzi (scavo e
restauro 1986).

5.7 La Via Prenestina e la Via Collatina.

Percorso già attivo in età protostorica, la Via Prenestina,


che prende nome
da "Praeneste" (Palestrina), riutilizzò nel primo tratto la
più antica via
Gabina, sistemata e prolungata fino a quella città a seguito
della sua
conquista da parte di Roma (338 a. C.); in età
repubblicana l'inizio si
50 | R. XV ESQUILINO

trovava in corrispondenza della porta Esquilina (l'odierno


arco di
Gallieno), mentre con l'erezione della cinta aureliana
venne spostato
presso porta Maggiore. In direzione di "Gabii" il percorso
procedeva su tre
rettilinei (il primo fino al moderno piazzale Prenestino, il
secondo fino
ai Gordiani, il terzo fino al fosso dell'Osa) e si
caratterizzava per la
mancanza di forti pendenze, anche grazie a imponenti
opere artificiali tese
a facilitare il trasporto del tufo dalle locali cave. Ai ponti e
agli
acquedotti, alle ville e ai sepolcri di età romana si
affiancarono,
soprattutto tra il XII e il XIV secolo, torri, castelli e casali
fortificati, fondati spesso su preesistenze romane e
dislocati lungo gli
antichi tracciati stradali o fra essi in posizione strategica;
tali
fabbriche furono successivamente adattate alle
trasformazioni del
territorio, fino a segnare la complessa vicenda storica del
suburbio al
volgere del XVIII e XIX secolo.
Dai primi decenni del Novecento la Via Prenestina è
divenuta una delle
direttrici di maggiore, irregolare e caotica espansione
della città,
delineandosi come uno degli esempi più tipici di periferia
popolare romana:
oltre lo snodo ferroviario e le aree industriali non lontane
dalle mura
R. XV ESQUILINO |· 51

furono costruite nel 1928-30 le borgate Prenestina e


Gordiani, le prime
'ufficiali', destinate agli sfollati del centro storico, e nel
1942 quella
del Quarticciolo, attorno alle quali si addensarono nuclei
spontanei di
baracche ed estesi insediamenti abusivi. Una tendenza
confermata dalla
variante del 1942 e dal piano regolatore del 1962, che
precisò gli
interventi attraverso comprensori unitari di edilizia
pubblica e
convenzionata, e in fine dalle varianti degli anni settanta,
che
introdussero la perimetrazione delle borgate e il recupero
urbanistico dei
nuclei edilizi (insediamenti fuori piano).
L'itinerario automobilistico, che si svolge per 27.7 km
lungo le Vie
Prenestina e per Poli (carta alle pagine successive) e che
termina a San
Vittorino, borgo di aspetto medievale, ha nell'area
archeologica di "Gabii"
il suo momento più importante; la deviazione per la Via
Collatina conduce
invece al castello di Lunghezza.
La visita prende avvio da piazzale Labicano fuori porta
Maggiore (v. pag.
654), dal quale si dipartono verso SE la Via Casilina (v.
pag. 748) e verso
E la Via Prenestina: nel muro di sostegno della ferrovia è
l'ingresso alla
*basilica sotterranea di Porta Maggiore, detta anche
Basilica Neopitagorica
52 | R. XV ESQUILINO

per la presunta appartenenza all'omonima setta, le cui


decorazioni a stucco
costituiscono uno degli esempi più straordinari e
relativamente ben
conservati di età imperiale (per la visita rivolgersi alla
Soprintendenza
archeologica di Roma).
Il monumento, già in origine ipogeo, venne scoperto nel
1917 sotto uno dei
binari della ferrovia Roma-Napoli. La scala moderna
immette in un
corridoio, oggi chiuso, da dove, per il vestibolo sulla d., si
accede
all'AULA, di impianto simile al modello delle prime
chiese cristiane, a tre
navate con volte a botte su sei pilastri quadrangolari e
conclusa da abside
in corrispondenza della nave centrale: le irregolarità
geometriche evidenti
nell'edificio derivano dal sistema costruttivo impiegato,
che utilizzò
pozzi e trincee scavati nel tufo come casseformi per il
getto delle
murature. La pavimentazione dell'aula, come dell'atrio, è a
mosaico bianco
con fasce perimetrali a tessere nere che contornano i
pilastri e i profili
di basi (asportate in antico) per l'appoggio di statue o
urne.
L'eccezionale cielo figurativo a stucchi bianchi (prima
metà sec. I),
simili a quelli della casa della Farnesina, è costituito da
soggetti
R. XV ESQUILINO |· 53

mitologici e scene di genere di cui non è ancora chiara


l'interpretazione
unitaria, e si svolge al di sopra di un'alta fascia di intonaco
rosso.
Nella NAVATA CENTRALE, le decorazioni sono divise
in tre settori: al
centro, Ratto di Ganimede; verso l'ingresso, Dioscuro che
rapisce una
leucippide; intorno, scene mitiche e realistiche e, agli
angoli dei
riquadri principali, episodi mitologici greci. Anche le
navate minori sono
riccamente ornate, cosi come i pilastri e i sottarchi, ma la
rappresentazione principale è nell'ABSIDE, ove Saffo che
si getta in mare
dalla rupe di Leucade - mito raramente presente
nell'iconografia classica -
simboleggia la liberazione dell'anima dal peso della
materia attraverso il
processo di purificazione.
Sottopassati il cavalcavia ferroviario (qui cadeva il primo
miliario della
strada antica) e quello della tangenziale est, la via si
allarga nel
piazzale Prenestino: a d. è la chiesa neoromanica di S.
Leone I (Giuseppe
Zander, 1950-52), al cui interno sono mosaici e vetrate di
Jànos Hajnal.
Sul lato opposto, parzialmente tagliati negli anni '40
dall'allargamento
del tracciato, si alzano i resti del cosiddetto Torrione (per
la visita
rivolgersi al custode del parco dei Gordiani, v. sotto),
sepolcro circolare
54 | R. XV ESQUILINO

a tumulo di età augustea appartenuto alla fine del '400 ai


Rufini: il
monumento consta di un tamburo cilindrico (diametro m
42) in calcestruzzo
di selce, originariamente rivestito in marmo; gli ambienti
ipogei, in opus
quadratum di peperino, erano costituiti da un corridoio
voltato a botte e
da una cella sepolcrale con pianta a croce e tre nicchie
rettangolari.
Costeggiata a d. l'arca urbanizzata secondo il piano del
1931, si è in
largo Preneste dove, in un giardinetto sulla d., è un
sepolcro a tempietto
in laterizio (metà sec. II). Avanti, le quinte di intensivi si
interrompono
in corrispondenza del *parco dei Gordiani, area
archeologica e a verde
pubblico, disposta sui due lati della via, con resti
imponenti di una delle
più grandi ville del suburbio, attribuita all'omonima
famiglia imperiale e
situata presso il III miglio della strada romana.
Ricordata dalle fonti antiche, la villa, che comprendeva
edifici databili
tra il sec. II e il IV, venne acquistata nel 1422 dai
Colonna; adibita a
parco pubblico in attuazione del piano dei 1931, ha avuto
una sistemazione
definitiva, anche a seguito di nuovi rinvenimenti, agli inizi
degli anni
'60.
Il nucleo più consistente della villa è sul lato sin. della
strada.
R. XV ESQUILINO |· 55

Imponenti i resti dell'AULA OTTAGONALE (Sec. III),


forse sala termale o
ninfeo: sull'ottagono si imposta il tamburo circolare con
oculi, mentre
all'interno si susseguono nicchioni curvi e retti; in età
medievale l'aula
venne trasformata in torre (tracce di muratura al di sopra
del tamburo e,
all'interno, pilastro cilindrico aggiunto a sostegno della
cupola). Alle
spalle è una CISTERNA (sec. II) a due piani con
contrafforti, divisa in due
serbatoi coperti a volta. Il MAUSOLEO ROTONDO
(inizi sec. IV), detto Tor
de' Schiavi dal proprietario della tenuta nel 1571, fu
modello per
l'evoluzione degli organismi a pianta centrale soprattutto
nel
Rinascimento: presenta forma circolare (diametro interno
m 13.20) ed è
coperto da una cupola emisferica con finestre circolari alla
quale
corrisponde all'esterno un tamburo delimitato da cornici
laterizie su
mensole di marmo; all'interno del piano superiore si
alternano sulle pareti
nicchie rette e curve che fungono da contrafforti alla
spinta della cupola,
e la stessa alternanza è anche nel piano inferiore (per
l'accesso
rivolgersi al custode del parco), dove un ambulacro
anulare coperto a botte
gira intorno al pilastro di sostegno. Presso il mausoleo
emergono i resti
56 | R. XV ESQUILINO

di una BASILICA di tipo costantiniano (m 67 x 33), a tre


navate divise da
pilastri e rivolta a est.
Si prosegue lungo la Prenestina, dalla quale, in
corrispondenza del parco
Grandi, si diparte a sin. la Via Collatina, cui dà nome
"Collatia", città
latina fondata come colonia da "Alba Longa" (Castel
Gandolfo) e
tradizionalmente identificata con il castello di Lunghezza,
anche se
recenti scavi hanno individuato presso la borgata La
Rustica un esteso
abitato fortificato protostorico e una ricca necropoli
databili dal sec.
VIII al IV-III a. Cristo.
L'antico tracciato, sistemato nel sec. IV-III a. C. dai
Romani, usciva
dalla porta Tiburtina del recinto aureliano e volgeva
diritto verso la
Prenestina. L'attuale, che fino a Tor Sapienza corre
parallelo al percorso
romano, si snoda in un'area di espansione urbana
'spontanea' (borgate Tor
Sapienza e La Rustica) punteggiata di insediamenti
industriali, che solo
vicino a Lunghezza si apre in squarci di campagna. Uno
di questi si può
godere percorrendo, a sin. della Collatina, la via di
Salone, lungo la
quale si incontrano il casale di Salone (oggi proprietà
privata), sontuosa
villa rinascimentale eretta per Agostino Trivulzio forse da
Baldassarre
R. XV ESQUILINO |· 57

Peruzzi (1523-25), e, in corrispondenza del sovrappasso


dell'autostrada A24
Roma-L'Aquila, le latomie di Salone, le più grandiose
cave di tufo
dell'antichità, che si sviluppano per 1700 m sul fronte
collinare alla d.
del fiume Aniene.
Principale meta della via è (a km 12.2 dal parco Grandi) il
castello di
Lunghezza, oggi sede della Fondazione Hilda Munthe e in
parte adibito ad
abitazione, che fu eretto su uno sperone tufaceo a dominio
dell'Aniene nel
sec. X. Al 960 risale infatti la menzione di un "castellum
Longueza",
monastero fortificato sorto forse sul sito dell'antica
"Collatia" (i
reperti archeologici rinvenuti risalgono alla seconda età
del Ferro e
sembrano riferirsi, più che a un abitato, a un luogo di
culto collegato al
fiume); dopo alterne vicende e svariati passaggi di
proprietà venne
acquistato nel 1527 dagli Strozzi, che gli conferirono
l'aspetto attuale, a
fine '800 dai Grazioli e infine da Axel Munthe, medico e
scrittore svedese.
Accessibili al pubblico (visite guidate il sabato: ore 11,
12, 15 e 16)
sono gli ambienti più monumentali del castello, restaurato
nel dopoguerra
mantenendo gli arredi degli Strozzi: spiccano
l'APPARTAMENTINO DI CATERINA
58 | R. XV ESQUILINO

DE' MEDICI, con letto a colonne tortili (sec. XVI) e, in


un angolo, una
piccola grotta artificiale con conchiglia come lavabo e
altre come mensole,
e la SALA DEI CAVALIERI, imponente nell'aspetto
medievale risalente alla
famiglia Conti che fu proprietaria del complesso per c. un
secolo a partire
dal 1297 (il trono è composto da elementi cosmateschi del
sec. XII-XIII).
La Via Prenestina lascia a d. l'area militare che racchiude
il forte
Prenestino e, oltre viale Togliatti, costeggia ancora a d. la
borgata del
Quarticciolo, l'ultima 'ufficiale' del fascismo, realizzata
fuori piano
dall'ICT a partire dal 1942 e completata nel 1949:
presenta strade
ortogonali che suddividono i lotti nei quali sono disposti i
blocchi
paralleli separati da spazi a verde. Lo IACP ha realizzato
(1975-79),
sull'altro lato della Prenestina, il complesso Tor Sapienza,
insediamento
modulare autosufficiente per 2700 abitanti, dove i blocchi
di appartamenti
si articolano intorno a una piazza (m 80 x 400) sul cui
asse longitudinale
sono accentrati i servizi collettivi, di forme più
movimentate.
Si continua tra capannoni industriali e depositi fino a
sovrappassare il
Grande Raccordo Anulare, cui seguono Colle Prenestino e
Colle Monfortani,
R. XV ESQUILINO |· 59

borgate delineatesi nell'ultimo ventennio; attraversata la


località Ponte
di Nona, dall'omonima struttura (fine sec. II a. C.) sita al
IX miglio
della via antica - da qui il nome - e riutilizzata dalla
moderna viabilità,
si perviene al bivio con la via Polense.
Seguendo le indicazioni per Palestrina si continua per la
Prenestina lungo
la rettifica eseguita intorno al 1960 (il tracciato antico è a
c. 100-150 m
a sin.) raggiungendo, a d. di un distributore, l'area
archeologica, non
ancora attrezzata per la visita, di *"Gabii", città latina - e
colonia di
"Alba Longa" (Castel Gandolfo) - che fu fiorente nel sec.
VII-VI a. C. per
la posizione strategica lungo i percorsi commerciali tra
l'Etruria e la
Campania e tra i versanti tirreno e adriatico. Posta a metà
strada tra Roma
e "Praeneste" (Palestrina), la città, che si sviluppò per
sinecismo di
insediamenti sorti presso il lago vulcanico di Castiglione
prosciugato nel
1889-90 ma ancora chiaramente riconoscibile (alla fase
più antica
dell'abitato sono riferibili le necropoli dell'Osteria dell'Osa
e della
valle del fosso S. Giuliano, datate ai secoli IX-VII a. C.),
raggiunse
l'apogeo in età arcaica, quando fu centro di culto aperto
all'influenza
60 | R. XV ESQUILINO

greca, ma perse importanza come abitato dopo la


conquista da parte di Roma;
al sec. ~III risale lo sfruttamento sistematico delle cave di
"lapis
gabinus", il peperino locale. Nel sec. XII-XIII nacque il
villaggio
fortificato sulla collina di Castiglione, rimasto in vita
almeno fino agli
inizi del XV. Nel 1986 una parte dell'area archeologica,
inserita in un
ambiente naturale rimasto miracolosamente intatto, è stata
acquisita dallo
Stato ed è tuttora oggetto di scavi.
Il più famoso monumento della città è il santuario di
Giunone Gabina,
ricostruito verso la metà del sec. II a. C.: il tempio (m
17.70 x 23.70)
era al centro di un'area sacra delimitata su tre lati da un
portico con
botteghe, mentre verso la strada erano l'ingresso
monumentale e, forse, una
gradinata semicircolare adibita a teatro; la cella del
tempio, in opus
quadratum di pietra gabina e ora priva delle colonne che
cingevano la
fronte e i lati, è rimasta pressoché integra fino all'imposta
del tetto.
Nella zona attorno al cratere sono i resti della torre di S.
Prigno, eretta
nel sec. XIII sugli avanzi del campanile dell'omonima
chiesa risalente al
sec. XI, e della torre di Castiglione (metà sec. XIII), parte
del "castrum
R. XV ESQUILINO |· 61

Castilionis" posto a controllo delle vie per San Vittorino e


Palestrina e
costituito da una cinta fortificata munita di quattro torri
angolari.
Seguendo le indicazioni per Poli, si rasenta la località
Osteria dell'Osa,
famosa per il rinvenimento (1899) di un sarcofago in
quercia del sec. VII
a. C. -ora al Museo etrusco di Villa Giulia e dove recenti
scavi hanno
rimesso in luce un sepolcreto dell'età del Ferro riferibile
alla vicina
"Gabii"; la via prosegue in un paesaggio ormai agricolo e,
oltre il
collegamento tra le autostrade Milano-Roma e Roma-
Napoli Q1 tratto tra
Fiano Romano e Lunghezza è stato aperto nel 1987, il
segmento da Lunghezza
a San Cesàreo nel 1988), corre in un'antica "tagliata" nel
tufo,
incrociando poco oltre la strada per Zagarolo.
Questa corre ai piedi di un'altura tufacea sulla quale è il
castello di
Corcolle, oggi proprietà privata, sorto sul sito di un
"oppidum" latino
("Querquetula"?; "Pedum"?) e appartenuto alla basilica di
S. Paolo fuori le
Mura, nel '400 ai Colonna e nel '600 ai Barberini.
Si abbandona la via Polense (dalla quale più avanti, presso
il cippo del km
30, si può raggiungere, per un ripido sentiero sulla d., il
*ponte Lupo,
colossale diga curva costruita nel 144 a. C., rifatta da
Agrippa e
62 | R. XV ESQUILINO

restaurata da Settimio Severo) sottopassando la porta


Nèola, antico arco
scavato nel tufo, e proseguendo a sin. per la via cui dà
nome San Vittorino
m 147, borgo medievale a economia curtense incluso in
un castello e posto
-km 27.7 da piazzale Labicano - su un'altura tufacea
abitata probabilmente
già in età preromana; ricordato sin dal sec. X, appartenne
anch'esso alla
basilica di S. Paolo fuori le Mura, ai Colonna (sec. XV) e
dal 1630 ai
Barberini. L'ingresso ad arco (stemma Barberini) è difeso
a d. dal
pittoresco complesso di torri merlate molto restaurate
(quelle a blocchetti
di tufo risalgono al '200) del castello; il borgo, a pianta
fusiforme, è
cinto da basse case, alterate in tempi recenti. Presso
l'abitato è il
santuario di Nostra Signora di Fatima (1970-79), dalla
gigantesca mole
conica rivestita di lastre d'acciaio.

5.8 La Via Casilina.

Il nome della via deriva da "Casilinum" (Capua), stazione


terminale verso
cui si dirigeva seguendo il tracciato dell'antica via
Labicana e poi quello
della Via Latina.
Nel corso del XX secolo la Casilina ha associato la
propria immagine a
R. XV ESQUILINO |· 63

fenomeni di forte immigrazione e abusivismo edilizio,


rimanendone
morfologicamente segnata al punto da rendere assai
problematico qualsiasi
intervento di riqualificazione urbana. Al di fuori del piano
regolatore del
1909, venne inclusa nel perimetro urbano nel 1931, e se
ne previde
l'edificazione sino all'aeroporto di Centocelle con
fabbricati intensivi e
casette a schiera; la presenza di orti-giardini confermò il
ruolo
subalterno assegnato a questo settore di città. Già all'inizio
del
Novecento sorsero le prime borgate abusive (quella
intorno a piazza Tolomeo
e quella, più consistente ma più tarda, di villa Gordiani),
ma fu dopo la
seconda guerra mondiale che tutta l'area si sviluppò in
maniera caotica e
disordinata, assumendo i caratteri di un'immensa
conurbazione priva di un
disegno complessivo.
L'itinerario automobilistico, di 5.5 km (carta alla pagina
seguente),
attraversa un'area che, nonostante alcuni rilevanti
interventi pubblici
(quartiere del Casilino), è a tutt'oggi morfologicamente
assai degradata
(complesso della Pantanella) e caratterizzata da un'edilizia
frammentaria e
disomogenea; l'incessante teoria degli intensivi, tra i quali
spicca per
64 | R. XV ESQUILINO

'anomalia' il Casilino I, non ha però completamente


distrutto le vestigia
del passato, di cui resta testimonianza nel mausoleo di S.
Elena e nel
complesso cemeteriale dei Ss. Marcellino e Pietro.
L'itinerario muove da piazzale Labicano (v. pag. 743), da
dove, in
direzione SE, si imbocca la Via Casilina, tratto urbano
della statale 6,
costeggiando a sin. alcuni complessi che delimitano una
quinta edilizia
assai varia per tipologia e dimensione. Il primo (numeri 1-
3) è il palazzo
degli uffici del Ministero del Tesoro, eretto su progetto di
Piero Maria
Lugli con Alessandra Montenero nel 1967-70: costituito
di due corpi su
"pilotis" sfalsati e raccordati dalla torre cilindrica delle
scale,
esibisce all'esterno la struttura metallica di supporto ai
pannelli di
chiusura e alle superfici vetrate. Segue (N. 5) il complesso
dell'ex
stabilimento Pantanella, insieme di edifici manifatturieri
in completo
stato d'abbandono che testimonia l'incidenza delle aree
dismesse nel
tessuto cittadino e l'importanza di dare vita a processi di
riqualificazione (di cui è interessante esempio l'ex
stabilimento della
Birra Peroni: v. pag. 727) che prendano avvio da questi
luoghi, posti
sovente in posizione strategica nella maglia urbana.
R. XV ESQUILINO |· 65

Dei quattro corpi che prospettano sulla strada, emerge per


primo il volume
del PASTIFICIO (Pietro Aschieri, 1929-31), la cui unica
articolazione è
costituita dai rilievi dei pilastri e degli archi di
collegamento;
un'imponente torre, sagomata secondo la linea di
spiovenza dei tetti,
conclude il disegno. Oltre il BISCOTTIVICIO, costruito
su progetto di
Silvano Ricci nel 1954 e scarsamente visibile a causa del
muro di
recinzione, è il CORPO DEGLI UFFICI, pure del Ricci
(1960), bipartito in
due volumi: quello basso ruota verso la strada emergendo
con un profilo
inclinato, mentre quello soprastante declina il linguaggio
moderno in
maniera sicura e controllata. Più avanti è un'altra TORRE,
caratterizzata
da volumi vetrati che aggettano rispetto alla superficie
muraria.
Lasciate sulla d. le mura Aureliane (in questo tratto sono
descritte a pag.
655) e superato il sottopasso veicolare, si scorgono a sin.
(N. 59) le case
d'abitazione per i dipendenti FF. SS. di Pietro Aschieri
(1932); l'aggetto
dei balconi semicircolari sottolinea, in un gioco di masse,
il 'peso' dato
al volume principale. Sul lato opposto è l'intervento ICP
Casilino III
(1930). L'edificio al N. 102 (Mario Mosca e Mario De
Renzi), a forma di
66 | R. XV ESQUILINO

"C", è arretrato dal filo stradale in corrispondenza


dell'ingresso; agli
angoli sono poste le torrette dei corpi scala, mentre i
prospetti sono
risolti attraverso il differente trattamento dell'intonaco. Il
complesso al
N. 108 (Tito Bruner) si compone di due edifici collegati
da un arcone con
soprastanti abitazioni; presenta un apparato decorativo più
ricco, con gli
angoli bugnati che rimandano al retrostante acquedotto
romano.
Poco avanti la Casilina abbandona l'antico tracciato e
compie una brusca
deviazione a sin. per scavalcare le linee ferroviarie.
Proprio all'incrocio, sulla d., si apre via Gallarate che,
subito oltre le
arcate romane, conduce in piazza Lodi; qui, ancora a d., si
scorge
l'imponente volume della Scuola elementare "Armando
Diaz" di Vincenzo
Fasolo (1928-30): interamente in mattoni, affida il
disegno complessivo
all'articolazione delle masse e ad alcuni motivi decorativi
(i tre ordini
di finestre trifore e le cornici sottotetto).
Sulla Casilina, si percorre un breve tratto fiancheggiato da
un lungo
fabbricato industriale e dalla ferrovia, fino a giungere alla
chiesa di S.
Elena fuori Porta Maggiore (N. 205; 1913-16). Avanti, si
individua sulla
d., in angolo con largo Alessi, il Casilino I, più noto come
villa Certosa
R. XV ESQUILINO |· 67

(N. 216), intervento di edilizia economica compiuto


dall'ICI? nel 1925 in
prossimità della congiunzione tra il tracciato antico della
Casilina e
quello moderno.
Il lotto, stretto tra la via e la linea ferroviaria, si compone
di sei
edifici di cui cinque semieconomici e uno popolare; posto
su un crinale più
alto della via, mima nell'impostazione planimetrica e nel
linguaggio
architettonico l'impianto tipico del casale romano.
Subito avanti, sul medesimo crinale ma con accesso da un
viottolo sterrato,
è l'ingresso a villa La Favorita (N. 222; 1740): il
complesso, circondato
da un ampio parco, si compone di un edificio a tre piani e
di altre
costruzioni più basse.
Tra una prospettiva continua di intensivi si supera
l'incrocio a d. con via
di Torpignattara, sino ad arrivare alla chiesa dei Ss.
Marcellino e Pietro
ad Duas Lauros, realizzata nel 1922 sulla basilica
paleocristiana di cui si
conservano i muri di fondazione. La chiesa antica era
preceduta da un
nartece che la collegava al mausoleo di S. Elena (oggi nel
cortile
adiacente), sepolcro ottagonale, coperto a cupola e alto c.
18 m, detto Tor
Pignattara dalle anfore (pignatte) inserite nella muratura
della volta per
68 | R. XV ESQUILINO

alleggerirla; risale al 330 circa.


Sempre dal cortile si accede (con permesso della
Pontificia Commissione di
Archeologia Sacra) alle catacombe dei Ss. Marcellino e
Pietro, sorte nel
sec. III e ricche di pitture (notevole la tarda Maiestas
Domini)
raffiguranti temi biblici, scene di convito e atleti. Nella
prima metà del
sec. VII, intorno alle due tombe venne scavata la
basilichetta absidata.
La Via Casilina prosegue costeggiando a d. l'area
dell'aeroporto di
Centocelle. Aperto nel 1926 nel luogo dove sorgevano i
ruderi della villa
ad Duas Lauros - una delle maggiori del suburbio ne
distrusse le tracce
unitamente al forte Casilino (1878-84). Il nome della
località deriva dalle
numerose stanze ("cellae") voltate a botte della residenza.
Sul lato opposto si apre viale della Primavera, dove sorge
il quartiere del
Casilino (progetto urbanistico di Ludovico Quaroni, 1964-
65). Sorto come
intervento di edilizia pubblica su un'area compresa tra il
viale e le vie
Lombardi e Balzani, si compone di 29 edifici disposti
secondo un disegno a
ventaglio che fa perno su quattro centri; il prospetto degli
edifici ha una
sagoma continua inclinata che cresce progressivamente al
variare della
distanza dai centri generatori. L'insediamento volge le
spalle alla
R. XV ESQUILINO |· 69

Casilina, in questo punto strada di scorrimento, per aprirsi


invece su
viale della Primavera, dove una grande cavea destinata a
verde pubblico ed
edifici scolastici segna il centro della composizione.
Più avanti sulla Casilina è la torre di Centocelle,
costruzione del sec.
XII ben conservata e visibile a d. dall'incrocio con viale
Palmiro
Togliatti.

5.9 La Via Tuscolana.

La strada, di origine arcaica tuttora discussa, usciva dalle


mura Aureliane
per la porta Asinaria e si dirigeva a "Tusculum"
(Tùscolo), da cui trae
nome; a fine Cinquecento Gregorio XIII ne trasferì l'inizio
da porta S.
Giovanni al sito in cui, all'incirca, si trova ancora oggi.
La zona da essa attraversata mantenne l'originaria
morfologia sino al
Novecento, quando il tratto iniziale, strutturato su un
sistema di piazze
radiali, venne inserito dal piano del 1909 tra le aree
edificabili. La
variante del 1925-26 incrementò la densità abitativa,
ulteriormente
potenziata con il piano del 1931; il limite urbano venne
fissato poco oltre
l'attuale Cinecittà, dove prima della guerra sorsero gli
stabilimenti
70 | R. XV ESQUILINO

cinematografici che costituirono una delle principali


industrie della
capitale. Fu solo con gli interventi pubblici degli anni
cinquanta e lo
sviluppo dell'edilizia privata nel decennio successivo che
l'area raggiunse
una conformazione definitiva.
Di complessivi 7 km (carta alla pagina seguente), la visita,
effettuabile
sia in automobile sia - nel tratto tra porta Furba e piazza di
Cinecittà
utilizzando la linea metropolitana A, attraversa nella
prima parte le aree
di più antica urbanizzazione (piazza Lugo), addentrandosi
poi nel quartiere
Tuscolano sino a concludersi al complesso di Cinecittà.
Da piazzale Appio (v. pag. 655) si percorre per breve
tratto la Via Appia
Nuova (v. pag. 756) fino a raggiungere, sulla sin., piazza
Sulmona, dove ha
inizio la Via Tuscolana, tratto urbano della statale 215. La
via Cesena
conduce in via Taranto sulla quale, nel tratto di sin. (N.
19), è l'Ufficio
postale (Giuseppe Samonà, 1933-35) che, unitamente a
quelli di via
Marmorata (v. pag. 468) e piazza Bologna (v. pag. 730),
costituisce
un'importante testimonianza del movimento razionalista
degli anni '30.
Le facciate, . bipartite dall'uso del travertino e del granito
grigio
scuro, denunciano nei prospetti l'articolazione funzionale
della tipologia.
R. XV ESQUILINO |· 71

Il volume degli uffici, ritmato dalle aperture seriali


regolari scende a
terra in due punti: qui vengono sistemate le scale,
enfatizzate
compositamente dal taglio delle finestre; al piano terra, la
zona riservata
al pubblico è interamente vetrata e 'vertebrata' da pilastri.
Gli altri
prospetti, meno elaborati, sono risolti con un rivestimento
in cortina.
Si percorre il tratto di d. di via Taranto in direzione della
periferia e,
lasciata a sin., in angolo con via Monza, la chiesa di
impianto
neobizantino dell'Immacolata e S. Benedetto Giuseppe
Labre (Gino Benigni,
1928-31), si giunge in piazza Lugo, dove gli edifici ICP
sulla sin.
(Innocenzo Sabbatini, 1927-29) costituiscono la sola
testimonianza dello
spiazzo radiale previsto dal piano del 1909.
La configurazione dei fabbricati, digradante verso la
piazza, appare
evidente percorrendo l'alberata via che prende nome dalla
chiesa dei Ss.
Fabiano e Venanzio (Clemente Busiri Vici, 1934), posta
nella parte
terminale del lotto di sin. e affacciata su piazza di Villa
Fiorelli.
L'edificio sacro presenta una facciata inconsueta: H
volume della navata
centrale assume nel prospetto principale una sagoma
slanciata, mentre le
72 | R. XV ESQUILINO

navi laterali, più basse, sono coperte da tetti in lieve


pendenza.
Antistante alla chiesa è il parco di Villa Fiorelli, sistemato
da Raffaele
De Vico nel 1931 sull'area dell'omonima dimora nobiliare
distrutta negli
anni '20.
Dalla piazza, scendendo per via Enna, si incrocia via
Pescara, nel cui
tratto di d. (N. 2) sono stati scoperti nel 1932 due piccoli
colombari, con
decorazione pittorica a motivi ornamentali e figurati,
risalenti all'inizio
del sec. II e perfettamente conservati (per la visita
rivolgersi alla X
ripartizione del comune).
Da piazza Lugo si piega a d. in via Biella sboccando in
piazza Asti dove
sorge la chiesa di S. Antonio da Padova, costruita su
progetto di Raffaele
Boccuni e inaugurata nel 1965: la facciata, tutta in marmo
e con un
caratteristico portale, è conclusa dal timpano; l'adiacente
torre
campanaria, punto di cerniera tra la piazza e la Via
Tuscolana, segna il
passaggio nel rivestimento murale e costituisce un
importante segnale
urbano.
Dalla piazza, percorrendo la Tuscolana verso la periferia,
si costeggia il
deposito dell'ATAC (N. 179; anni '20), il cui fronte è
caratterizzato dal
R. XV ESQUILINO |· 73

basso timpano e dall'aggetto della pensilina d'ingresso.


Più avanti,
sottopassato il ponte ferroviario che costituiva il limite
dell'abitato nel
piano del 1909, tra alte quinte di intensivi si arriva nella
piazza che
prende nome dalla chiesa di S. Maria Ausiliatrice (1931-
36): presenta un
corpo centrale serrato tra due torri campanarie, mentre
l'interno, a metà
tra la croce greca e la latina, accoglie vistosi affreschi
(1957-65)
ispirati all'arte barocca. Sul fianco sin. della chiesa, la via
Don Rua
conduce in piazza Cagliero dove, sulla d., è l'ingresso a
villa Lais,
residenza di campagna costituita da un palazzetto di fine
'800 e di edifici
di servizio (1901-09).
Si prosegue sulla Tuscolana sino a largo Volumnia dove,
a d., è la Scuola
elementare "Giovanni Cagliero", dall'interessante
soluzione d'angolo: il
volume dei due corpi, di vago sapore espressionista, è
esaltato dalla
facciata concava, mentre la pensilina d'ingresso recupera
la continuità
della quinta stradale. Più avanti, sulla sin. (N. 417), è
l'edificio per la
fabbricazione delle carte valori della Banca d'Italia,
progettato da Pier
Luigi Nervi (1966-67): il semplice volume, dalle grandi
superfici
74 | R. XV ESQUILINO

schermate, presenta eleganti pilastri rastremati che, esterni


alla
superficie vetrata, sorreggono l'aggetto della copertura.
Poco oltre si giunge a porta Furba (il nome è una
corruzione di "formae" =
acquedotto), fornice, fatto realizzare da Sisto V nel 1585,
con il quale
l'acquedotto Felice (v. pag. 654) sovrappassa la
Tuscolana; la precede a
sin. la fontana di Porta Furba (1733), dal grande
mascherone alato che
versa acqua dentro una conchiglia. La viabilità devia a d.
per via Frascati
che costeggia il tracciato degli acquedotti di Claudio (più
alto; v. pag.
654) e Felice, qui ben conservati.
Due piccole strade si dipartono a d. all'altezza del
sottopasso veicolare:
quella che lo precede è il vicolo dell'Acquedotto Felice,
segnato per lungo
tratto dalle arcate dell'omonimo condotto. La successiva è
via
dell'Acquedotto Felice, al fondo della quale svetta la torre
del Fiscale:
alta c. 30 m, fu costruita forse nel sec. XIII, in blocchetti
di tufo con
ricorsi di mattoni, nelle vicinanze del cosiddetto Campo
Barbarico, dove si
accamparono (546) i Goti di Totila.
La discesa, segnata nello spartitraffico dalla più lunga
fontana d'Europa,
conduce alla chiesa di S. Maria del Buon Consiglio,
costruita nel 1916 e
R. XV ESQUILINO |· 75

ampliata nel 1955 con l'innesto di una crociera; la


facciata, tripartita
dai volumi delle navate e segnata dalla cornice ad archetti
pensili, è di
ispirazione romanica, come pure l'interno (matronei e
soffitto a
cassettoni). Lungo il fianco sin. della chiesa si arriva in
piazza dei
Tribuni, dove si alza a sin. il cosiddetto Monte del Grano
("Modius Grani";
c. metà sec. III), forse il più grande mausoleo del
suburbio; formato da un
tumulo di terra alto ancora c. 20 m, è stato completamente
spogliato del
rivestimento esterno.
Più avanti la Tuscolana incrocia a d. la via del Quadraro.
Percorrendola si entra nel cuore del quartiere Tuscolano,
il più esteso
degli interventi realizzati a Roma dall'INA-Casa e
articolato in tre
settori. Lasciato a sin. un sottopasso aperto in un
fabbricato (varcandolo,
lungo la via Marco Valerio Corvo si incontra ai numeri
45-73 un intensivo,
realizzato da Julio Lafuente e Gaetano Rebecchini nel
1963, nel quale la
soluzione progettuale dispone gli edifici intorno a un
giardino interno e
proietta sulla strada due corpi alti e stretti che, di scorcio,
mimano la
sagoma di una torre; le pareti, rivestite in mattoni,
presentano varietà di
soluzioni), si raggiunge largo Spartaco, dove è l'ingresso
del Tuscolano
76 | R. XV ESQUILINO

II, realizzato su disegno urbanistico di Mario De Renzi e


Saverio Muratori
nel 1950-55; l'edificio sulla piazza è a forma di "V" molto
aperta e,
caratterizzato dai pilastri rastremati e dall'aggetto delle
travi, è
concluso da una copertura a tetto. Un portico d'ingresso,
parzialmente
nascosto dall'antistante mercato rionale, segna l'inizio di
via Sagunto (la
si raggiunge, a sin. del complesso, per via Paestum e a d.
in via Erminio),
asse dell'insediamento su cui si innestano le case in linea
e, ai margini
del lotto, quelle a torre, che termina in via Selinunte
proprio di fronte
alla pensilina d'ingresso del Tuscolano III, progettato da
Adalberto Libera
nel 1950-54. La grande varietà tipologica
dell'insediamento si articola
così di una nuova soluzione: margini dell'intervento sono
un muro continuo
e l'edificio commerciale d'ingresso, che delimitano un
tessuto di case
basse organizzate attorno a un patio. L'unica emergenza è
un fabbricato a
ballatoio, alto tre piani, in origine destinato alle coppie e
alle persone
sole.
Da via Selinunte si prosegue sino all'incrocio con via del
Quadraro; si
gira a sin. e successivamente a d. per via Lemonia dove,
entro un parco
R. XV ESQUILINO |· 77

pubblico, si scorgono i resti della villa delle Vignacce,


grandioso
complesso del sec. II che si stendeva per c. m 270 x 260
su un
terrazzamento artificiale, Avanti, domina la piazza
Aruleno Celio Sabino la
chiesa di S. Poli carpo (Giuseppe Nicolosi, 1960-67),
interamente rivestita
in peperino con ricorsi di mattoni; nell'interno, a pianta
centrale,
l'articolata copertura è sorretta da pilastri pentagonali a
vista.
La Via Tuscolana lascia a sin. viale Marco Fulvio
Nobiliore, che si allarga
nella retorica piazza di S. Giovanni Bosco, progettata da
Gaetano Rapisardi
recuperando alcune indicazioni del piano del 1931.
Vi domina la chiesa di S. Giovanni Bosco, pure del
Rapisardi (1953-58), con
una grandiosa cupola - e un'altra di minori dimensioni -
coronata da statue
in bronzo di Alessandro Monteleone. Nella facciata si
apre un PORTICO a tre
fornici: quello mediano è sormontato da un grande
altorilievo (il Santo
titolare tra angeli e giovinetti) di Arturo Dazzi, mentre
quelli laterali
incorniciano le statue degli arcangeli Gabriele e Michele
di Ercole Drei;
nelle nicchie, statue di S. Francesco di Sales (Giovanni
Amoroso), di
Giuseppe Cafasso (Antonio Venditti), di Pio IX e di Pio
XI di Francesco
78 | R. XV ESQUILINO

Nagni. Sotto il portico si aprono cinque porte bronzee, di


cui quella
mediana è ornata di bassorilievi di Federico Papi e quelle
estreme sono
sormontate dalle statue bronzee del Redentore e di S.
Giovanni Battista di
Attilio Selva.
Lo spazioso interno è notevole per la ricchezza dei
materiali. La cupola
(diametro m 31) è sostenuta da pilastri marmorei di roso
orobico, contro
cui sono le stazioni delta Via Crucis, bronzi di Venanzo
Crocetti. NAVATA
DESTRA. Crocifisso bronzeo del Crocetti e Deposizione
di Michele Guerrisi;
S. Carlo Borromeo di Silvio Consadori e Sogno di Don
Bosco sulla gloria del
savio di Attilio Torresini; Sacro Cuore di Gesù di Primo
Conti. Grandioso
PRESBITERIO sormontato da cupola e chiuso da
transenna bronzea di Luigi
Venturini. L'altare maggiore ospita un paliotto di
lapislazzuli e un
tabernacolo di ametista; il Crocifisso in argento fuso, la
raggiera, gli
angeli e i candelabri bronzei sono di Pericle Fazzini. Nel
fondo, S.
Giovanni Bosco in gloria, mosaico di Giovanni
Brancaccio; i rilievi (scene
della vita del santo) ai lati del mosaico sono del
Monteleone, del
Venturini, del Nagni e di Ludovico Consorti. NAVATA
SINISTRA. Madonna
R. XV ESQUILINO |· 79

ausiliatrice e santi di Gisberto Ceracchini, S. Francesco di


Sales di
Baccio Maria Bacci e Predica del santo del Torresini. Nel
BATTISTERO in
porfido, angeli in bronzo di Emilio Greco (suo il
Battesimo dell'eunuco).
Proseguendo sulla Tuscolana si giunge in piazza di
Cinecittà, che prende
nome dal complesso cinematografico sorto alla fine degli
anni '30 (fu
all'epoca il più moderno e attrezzato d'Europa). L'Istituto
nazionale Luce
(1937-38) è il luogo dove si produssero i cinegiornali
d'epoca; dietro le
chiome degli alberi si percepisce l'avancorpo d'ingresso e,
più oltre,
l'esedra circolare in tufo e intonaco.
Attrezzata per il traffico veloce, la Tuscolana supera sulla
sin. il
complesso polifunzionale di Cinecittà 2 (Nicola Di
Cagno, Cinzia Savoino,
Carlo Costantini e Studio Transit Design, 1982-88),
lasciando a d., poco
oltre, il centro sperimentale di Cinematografia (N. 1524;
1939), al cui
interno sono la Cineteca nazionale (l'archivio raccoglie c.
50000 pellicole
italiane e straniere) e una biblioteca specializzata di c.
31000 volumi, e
a sin. (N. 1055) gli stabilimenti cinematografici di
Cinecittà di Enrico
Peressutti, inaugurati nel 1937: ospitano dieci teatri di
posa, un teatro
80 | R. XV ESQUILINO

per le miniature e gli studi per la sonorizzazione. Nella


successiva area
sulla d. sono i resti monumentali della cosiddetta villa dei
Sette Bassi
(metà sec. II), tra le maggiori del suburbio, articolata in
tre nuclei
principali e servita da un acquedotto di cui rimangono vari
tronconi.
R. XV ESQUILINO |· 81

5.10 La Via Appia Nuova.

Delineatasi nel corso del XIV-XV secolo, in seguito al


declino dell'Appia
Antica, tramite il collegamento di tracciati preesistenti, fu
ripristinata
da Gregorio XIII e sistemata da Pio VI alla fine del
Settecento.
Il settore della città compreso tra le mura Aureliane, la
linea degli
acquedotti e il parco dell'Appia Antica e aperto verso i
Castelli Romani ha
conservato per millenni invariata la struttura agricola a
orti, vigne e
tenute punteggiate di ville-casali, svolgendo nel contempo
il ruolo di
supporto agli assi viari e, dal 1856, ferroviari di
collegamento con il
meridione d'Italia. Anche se i primi nuclei abitativi
risalgono all'inizio
del Novecento (tra porta S. Giovanni e porta Metronia
sorsero allora
baraccamenti per gli sfollati dalle aree destinate alla
mostra per il
cinquantenario dell'unità d'Italia), un vero e proprio
sviluppo urbanistico
si ebbe con il piano regolatore del 1909, che caratterizzò
la zona come
settore urbano definito dove fabbricati e villini con i
relativi servizi
82 | R. XV ESQUILINO

integrati erano disposti secondo un disegno radiale di


ispirazione
francese. Il piano del 1931, oltre a promuovere la
definitiva sostituzione
dei tipi edilizi, legittimò l'espansione oltre la linea
ferroviaria Roma-
Pisa, mentre con la bonifica dell'Agro romano e, dal 1935
in poi, con
l'individuazione dei "nuclei edilizi" cominciò
l'urbanizzazione delle aree
non comprese nel piano; nacquero cosi le borgate intorno
a Ciampino Quarto
Miglio e Statuario, che si aggiunsero ai preesistenti nuclei
spontanei del
Mandrione (c. 1870) e del Quadraro (c. 1920), e, nel
secondo dopoguerra, i
"borghetti" e le file di baracche lungo le vie consolari, gli
acquedotti e
le linee ferroviarie. Nell'azione di bonifica intrapresa dal
1937 tali
insediamenti vennero sostituiti con intensivi che
composero un denso
tessuto edilizio interrotto solo dalle trincee ferroviarie.
La visita, che si svolge lungo il tratto urbano della statale
7 Appia per
complessivi 3.5 km (carta alla pagina successiva) e che ha
nel parco delle
Tombe della Via Latina ('oasi archeologica' a stento
rispettata dalla
moderna viabilità) l'elemento di maggiore interesse, può
essere effettuata
sia valendosi della linea metropolitana A (tratto S.
Giovanni-Arco di
R. XV ESQUILINO |· 83

Travertino) sia in automobile, indispensabile per


raggiungere l'aeroporto
di Ciampino.
L'itinerario muove da piazzale Appio fuori porta S.
Giovanni (v. pag. 655),
dalla quale la Via Appia Nuova si diparte delimitando il
confine NE
dell'area urbanizzata con il piano del 1909: uno dei centri
radiali del
quartiere è piazza Tuscolo (la si raggiunge per via Magna
Grecia che si
stacca a SO del piazzale e che si caratterizza sul lato sin.
per il
complesso ICP Appio III, eretto nel 1927 con gradevoli
soluzioni
barocchetto romano, e, sul lato opposto, per l'edificio con
autorimessa e
mercato che Riccardo Morandi concepì nel 1956-57 in
schietto linguaggio
"anni '50", con la spirale a doppia rampa e la scansione a
denti delle
facciate), dove al N. 5 è il 'pittoresco' complesso ICP
Appio I (Camillo
Palmerini, 1926) in cui gli edifici, dall'aspetto
medievaleggiante, sono
impostati su una corte chiusa utilizzata come giardino;
uno degli assi del
piano del 1909 è via Gallia, che dalla piazza si dirige
verso NO, dove a
sin. si erge la chiesa delta Natività (Tullio Rossi, 1986),
che nella
forzata semplicità d'ispirazione neoromanica è una delle
opere di maggiore
impegno dell'architetto.
84 | R. XV ESQUILINO

Prendendo via Saturnia (21 traversa a sin. di via Gallia) e


continuando
oltre piazza Epiro in via Lusitania, si possono osservare le
palazzine
Mancioli di Mario Ridolfi e Volfango Frankl (quella al N.
29 è del 1952-53,
quella al N. 9 della perpendicolare via Vulci del 1959-60)
e la Scuola
"Alessandro Manzoni" di Ignazio Guidi (1932).
L'Appia Nuova, lasciata sulla sin. piazza Sulmona (inizio
della Via
Tuscolana: v. pag. 751) e oltrepassata piazza dei Re di
Roma (uno degli
spazi stellari del piano del 1909), raggiunge piazza
dell'Alberone: i due
blocchi di case ICP Ponte Lungo (al N. 15 dello slargo e
al N. 359 di Via
Appia Nuova), iniziati da Camillo Palmerini nel 1927-29
e completati
intorno al 1953, presentano, su tre lotti, edifici impostati
su un sistema
di corti che articolano gli spazi interni pubblici e privati;
sul lato
opposto (N. 418) è il cinema Maestoso di Riccardo
Morandi (1956), mentre ai
numeri 450-452 è il deposito delle vetture Stefer,
interessante reperto di
archeologia industriale legato alla "Tranvia dei Castelli
Romani". Si
prosegue sino al largo dei Colli Albani.
Dallo spiazzo a sin. dell'Appia Nuova diverge la via dei
Colli Albani che
sbocca nell'ampio piazzale dei Castelli Romani. Sul fondo
si individua la
R. XV ESQUILINO |· 85

chiesa di *S. Gaspare del Bufalo (Pier Luigi e Antonio


Nervi, Mario
Desideri e Francesco Vacchini, 1975-79), il cui interno, a
pianta quadrata
digradante verso l'altare collocato come i tre ingressi in
corrispondenza
di un vertice, si ispira a una grande tenda dove
l'espressività
architettonica è affidata alla struttura in cemento armato a
vista,
costituita da due telai triangolari - separati da un'asola a
vetri
multicolori - ai quali si appoggiano le travi sagomate.
Continuando per breve tratto lungo l'Appia Nuova e
voltando a sin. in via
dell'Arco di Travertino si raggiunge, al N. 151, il
suggestivo *parco delle
Tombe della Via Latina, uno dei rari brani di Campagna
romana risparmiati
dall'espansione edilizia, che accoglie notevolissimi
monumenti scoperti
durante gli scavi del sec. XIX (visita: d'inverno 9-un'ora
prima del
tramonto, d'estate 9-19; per la visita degli interni
rivolgersi alla
Soprintendenza archeologica di Roma).
L'antica Via Latina, di origini remote Ga rotta naturale,
già seguita in
età preistorica, venne utilizzata dagli Etruschi per
colonizzare la
Campania nei secoli VIII-VI a. C.), fu tracciata
definitivamente tra i
secoli IV e III a. C.; in età repubblicana si diramava
dall'Appia, di cui
86 | R. XV ESQUILINO

costituiva l'alternativa, poco oltre porta Capena mentre in


epoca imperiale
iniziava da porta Latina, dirigendosi attraverso le valli dei
fiumi Sacco e
Liri alla volta di "Casilinum" (Capua) dove si
congiungeva con la consolare
Appia. Restata in uso fino al sec. XIV (nel Medioevo
sostituì l'Appia),
vide abbandonato il segmento iniziale fino ad Anagni a
favore dell'antica
via Labicana, mentre quello successivo è stato ricalcato
dalla Casilina;
riscoperta nel sec. XVII-XVIII, venne parzialmente
scavata nel corso
dell'800.
Il parco archeologico fu istituito a seguito
dell'acquisizione da parte
dello Stato (1879) di una vasta area oggetto di indagini,
promosse da
Lorenzo Fortunati nel 1857-58, che avevano portato alla
luce un notevole
numero di tombe e la basilica di S. Stefano. Il complesso
include parte
della vasta necropoli sita in corrispondenza del III miglio;
l'area
demaniale segue il percorso della via, scandita da alti pini,
e comprende
le tombe che vi affacciano.
L'ingresso (a d., sepolcro con iscrizione ricordante la
visita di Pio IX
nel 1858) è posto proprio sulla direttrice del tracciato
romano (pianta,
1), che al colmo della salita costeggia a d. il sepolcro
Barberini (2; sec.
R. XV ESQUILINO |· 87

II), interamente conservatosi nell'alzato originale e


riconoscibile per il
paramento esterno in opus latericium a due colori (rosso
per le pareti,
giallo per i capitelli e gli architravi decorati). Il
complesso, il cui
ingresso è sul lato opposto alla strada, era disposto su tre
piani: una
camera ipogea ora inaccessibile, nella quale fu rinvenuto
il cosiddetto
sarcofago Barberini attualmente ai Musei Vaticani, un
ambiente a piano
terra e uno al primo (nella muratura in opus mixtum di
tufelli e laterizio,
tracce della scala), le cui pareti e la cui volta a crociera
erano
rivestite di intonaco dipinto e stucco.
Oltrepassati un tratto di basolato della strada, risalente
probabilmente a
un rifacimento del sec. II a. C., e altri resti di tumulazioni,
si giunge
alla *tomba dei Valeri (3; la denominazione
convenzionale non ha alcun
fondamento storico), datata intorno al 160 ma la cui parte
sopratterra è un
restauro di fantasia della seconda metà dell'800. Nella
cella funeraria,
cui si accede dal recinto sepolcrale tramite due rampe
parallele di scale,
raffinatissima è la decorazione dell'arcosolio e della volta,
in stucco
bianco diviso a medaglioni con scene del mondo funerario
(thiasos marino e
88 | R. XV ESQUILINO

bacchico): al centro grifo con l'anima del defunto, nella


lunetta di fondo
le Grazie (o Ore); al di sotto degli stucchi era un
rivestimento a lastre
di marmo, di cui resta traccia nella malta di appoggio e
nei fori per i
perni.
Sul lato sin. della via è la tomba dei Pancrazi (4; metà sec.
II),
conservatasi nelle strutture originarie solo nella parte
ipogea. Dal
livello del terreno (*mosaico bianco e nero con pesci), una
scala dà
accesso al piano inferiore dove un vestibolo, con volta a
botte recante
tracce di pittura, è circondato su tre lati da un alto bancone
in
laterizio, sostenuto da archetti sotto cui sono scene dipinte
di carattere
funerario, sul quale appoggiavano i sarcofagi (l'unico
ancora in situi reca
un'iscrizione menzionante la corporazione dei Pancratii).
Nella camera
sepolcrale, con pavimento a motivi geometrici bianchi e
neri, la volta a
crociera è decorata da stucchi colorati e pitture di soggetto
mitologico
che la suddividono in lunette (Apollo e Dioniso, Achille,
Ulisse e
Filottete, Nozze di Alcesti) e quadretti (Giudizio di
Paride, Priamo e
Achille, Admeto e Pelias, Ercole con Atena e Apollo).
Un altro sepolcro in laterizio (5) - detto tomba Baccelli
dalla lapide
R. XV ESQUILINO |· 89

fatta apporre dall'allora ministro della Pubblica Istruzione


nel 1899 per
la visita della regina Margherita - è visibile poco oltre la
tomba dei
Valeri; la tecnica edilizia di tale complesso, di cui rimane
solo la
facciata rinforzata da speroni moderni, è simile a quella
del sepolcro
Barberini e presenta cornici decorative scolpite in cotto
colorato. Del
sepolcro dei Calpurni (6), sul lato opposto della strada, si
conserva
invece solo la parte ipogea, costituita da un vano con alti
arconi dove
erano disposti i sarcofagi.
La zona E del parco, a ridosso di via Demetriade, è
interessata dalla
presenza nel sottosuolo di una grande villa, scavata dal
Fortunati e poi
interrata, che appartenne forse alla famiglia degli Anici.
Su un ambiente
di questo complesso si impiantò la basilica di S. Stefano
(7), eretta sotto
il pontificato di Leone Magno intorno alla metà del sec. v
(un'iscrizione
qui rinvenuta ricorda il contributo di Demetriade, è
interessata dalla
presenza nel sottosuolo di una grande villa), restaurata da
Leone III e
ancora in uso nel sec. XIII; i muri perime trali, in gran
parte rifatti,
racchiudono un semplice impianto paleocristiano a tre
navate con abside di
fondo e battistero.
90 | R. XV ESQUILINO

Volendo ritornare verso il centro si può percorrere la


moderna Via Latina,
che si svolge a SO dell'Appia Nuova in una zona
caoticamente edificata a
partire dal 1909. Essa ricalca l'antico tracciato romano,
lungo il quale si
disponevano sepolcri, ville e catacombe quasi
completamente cancellati
dalle costruzioni erette nel secondo dopoguerra e a stento
contenute
dall'area di rispetto della vicina Appia Antica; ne restano
tracce, in
alcuni casi di notevole valore (spicca il piccolo ipogeo,
scoperto
casualmente in angolo con via Compagni nel 1955 e
datato al 315-360, le cui
pitture testimoniano la compresenza di motivi biblici e
profani), nelle
cantine dei palazzi, alle quali si accede solo dietro
permesso della
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
Proseguendo invece lungo la Via Appia Nuova, nel tratto
successivo più
mossa e verde, si scorgono a sin. imponenti ruderi romani
e si lascia a d.
via Annia Regilla, asse della borgata di Quarto Miglio
(dal miliario della
Via Appia) sorta in occasione della bonifica dell'Agro
(1928) intorno ad
alcuni casali e sviluppatasi nel dopoguerra perdendo
l'originaria funzione
agricola e aggregando la borgata di S. Maria Nuova.
Il paesaggio che si attraversa fino alla congiunzione con la
Via Appia
R. XV ESQUILINO |· 91

Pignatelli (v. pag. 765) è dominato a d. dai grandiosi resti


della villa
dei Quintili (v. pag. 771); subito oltre, sulla sin., si attesta
la borgata
Statuario, lottizzata in seguito a una convenzione del
1940, il cui nome
deriva dalle numerose statue della summenzionata villa
che in copia ancora
ornano i caratteristici edifici del nucleo originario.
Superato all'altezza
di via Bisignano un sepolcro a tempietto in laterizio (metà
sec. II), la
via costeggia a sin. un fianco della Scuola centrale
antincendi (c. 1940),
sede del Museo del Corpo dei Vigili del Fuoco con
ingresso da piazza Scilla
N. 2 (a sin. per via delle Capannelle; visite da
concordare). Segue, sempre
a sin., l'ippodromo delle Capannelle, il cui primo
impianto, risalente al
1881, fu ampliato nel 1926 da Paolo Vietti Violi che ideò
quattro
monumentali ed eleganti tribune; una nuova
ristrutturazione del complesso è
stata realizzata nel 1981 da Dario Tomellini Garzia.
Avanti si scorge sulla d. la spettacolare fuga di arcate
dell'acquedotto
dei Quintili, in calcestruzzo con paramento in laterizio,
diramazione verso
la villa sull'Appia Antica di quello dell'"Anio Novus" (v.
pag. 654); al N.
1267 è il pittoresco casale di Tor di Mezzavia di Albano,
di origine
92 | R. XV ESQUILINO

medievale ma di aspetto prevalentemente sei-


settecentesco.
Oltre il Grande Raccordo Anulare e l'incrocio con la via
di Ciampino si
costeggiano (km 9.1) le strutture dell'aeroporto di
Ciampino Ovest "G.B.
Pastine", aerostazione militare sorta nel 1916 e aperta dal
1919 al
traffico civile nazionale e internazionale, da dove
Umberto Nobile partì
per l'Alaska (1926) con il dirigibile Norge e per la
spedizione al Polo
Nord (1928) con il dirigibile Italia. Attorno all'aeroporto
si è andato
formando dal 1910 il centro di Ciampino m 124, ab.
31981, che, ampliatosi
tra il 1930 e il 1960 come frazione di Marino, è divenuto
comune autonomo
nel 1974.
R. XV ESQUILINO |· 93

5.11 La Via Appia Antica.

"Regina viarum", cioè la più famosa dei percorsi consolari


che uscivano da
Roma, anche per gli splendidi monumenti funerari e
residenziali che la
fiancheggiavano, la Via Appia fu aperta nel 312 a. C. dal
censore Appio
Claudio Cieco, che rettificò il preesistente tracciato che
univa Roma ai
Colli Albani prolungandolo fino a "Capua" (Santa Maria
Capua Vètere)
attraverso "Aricia" (Ariccia), "Tarracina" (Terracina),
"Fundi" (Fondi),
"Formiae" (Formia), "Minturnae" (Minturno) e "Sinuessa"
(Mondragone); larga
m 4.10 (corrispondenti a 14 piedi romani) e fiancheggiata
sui lati da
"crepidines" (marciapiedi) in terra battuta delimitate da
cigli in lava
basaltina, venne in seguito lastricata in selci e raggiunse
verso il 190 a.
C. Brindisi attraverso Benevento e Venosa, si da costituire
l'asse viario
di comunicazione con l'Oriente, anche se il tratto
Benevento-
TarantoBrindisi perse importanza quando fu sostituito
dalla Via Appia
Traiana che passava attraverso "Aecae" (Troia),
"Camisium" (Canosa) e
"Barium" (Bari).
94 | R. XV ESQUILINO

Conservatasi fino al VI secolo (era ancora utilizzata nel


Medioevo) ma
caduta poi in abbandono, fu riaperta da Pio VI solo a fine
Settecento (al
1809 risale la prima proposta per la realizzazione di un
parco
archeologico) e sistemata sotto Pio IX a opera di Luigi
Canina. Dopo essere
stata solo in parte sfiorata dal progetto della Passeggiata
Archeologica
tra il Palatino e il Celio (1887), fu con il piano regolatore
del 1931 che
si auspicò "la creazione di un grandissimo parco
comprendente tutta la zona
cosparsa di antichità situata tra la Via Ardeatina e la Via
Appia Nuova ed
H cui asse sia costituito dalla Via Appia Antica", anche se
contemporaneamente si dette il via libera all'edificazione
di ville secondo
'particolari accorgimenti'. Nel 1962 la maggior parte dei
2517 ettari
dell'Appia Antica fu destinata a parco pubblico; nel 1976
venne da un lato
elaborato un piano di esproprio di parte della vicina valle
della
Caffarella e dall'altro installato il guardrail lungo il
Grande Raccordo
Anulare, che sancì la separazione definitiva (e il
conseguente abbandono)
del tratto più esterno della consolare; nel 1988 la regione
Lazio ha
approvato la legge che istituisce il Parco regionale
suburbano dell'Appia
Antica.
R. XV ESQUILINO |· 95

Inserita nell'ordinaria viabilità, la Via Appia Antica sta


andando incontro
a un crescente degrado che ne sta gravemente
compromettendo il fascino e la
suggestione (recenti interventi della Soprintendenza
archeologica di Roma
hanno scoperto, sotto l'asfalto e il lastricato sistemato
nell'Ottocento,
tracce di quello originale di epoca romana); nonostante
ciò, l'itinerario
(di 9 km; carte alle pagine 762, 769, 771, 772 e 773) resta
del massimo
interesse, in quanto costituisce una delle poche
testimonianze superstiti -
e unica per continuità di percorso - di quello che era, fino
ai primi
decenni del Novecento, il paesaggio della Campagna
romana, caratterizzato
dalla presenza di innumerevoli resti antichi spesso
monumentali (villa di
Massenzio, tomba di Cecilia Metella, villa dei Quintili), e
di come era
strutturata una via romana.
La *Via Appia Antica, prosecuzione 'extraurbana' del
percorso consolare
segnato, entro le mura, dal viale delle Terme di Caracalla
e dalla via di
Porta S. Sebastiano (v. pag. 472 e 484), inizia fuori porta
S. Sebastiano
(v. pag. 656) e segue nella prima parte il "clivus Martis",
così detto dal
tempio del dio che sorgeva nei pressi, incontrando sulla
d., serrata al
96 | R. XV ESQUILINO

muro, la copia della prima colonna miliare (l'originale è al


Campidoglio);-
scavalcata la marrana della Caffarella - l'antico fiume
Almone dove i
sacerdoti della Magna Mater lavavano la statua della dea -
oltrepassa la
cosiddetta tomba di Geta (a sin.; N. 41), di cui rimane
l'alto nucleo
cementizio sormontato da una casetta cinquecentesca,
quindi, nascosta
parzialmente dagli edifici sulla d., la cosiddetta tomba di
Priscilla (per
la visita rivolgersi alla X ripartizione del comune),
mausoleo costituito
da un basamento sormontato da due corpi cilindrici su cui
sono i resti di
una torre circolare eretta dai Caetani nel sec. XIII.
In corrispondenza del bivio con la Via Ardeatina (v. pag.
774) è la chiesa
del Domine qua vadis?, propriamente di S. Maria in
Palmis, risalente al
sec. IX ma riedificata nel XVI-XVII e con facciata,
dovuta al cardinale
Francesco Barberini, del 1637.
Si vuole sorta sul luogo ove Gesù sarebbe apparso a S.
Pietro che fuggiva
da Roma per scampare alla persecuzione di Nerone.
All'apostolo che gli
chiedeva: "Domine, quo vadis?" (Signore, dove vai?),
Gesù avrebbe risposto:
"Eo Romam iterum crucifigi" (Vado a Roma a farmi
crocifiggere di nuovo);
Pietro, pentito, sarebbe tornato indietro verso il martirio.
La
R. XV ESQUILINO |· 97

denominazione "in palmis" o "del passo" deriva dalla


tradizione medievale
di venerare una pietra votiva, qui in copia (l'originale è
nella basilica
di S. Sebastiano), su cui sono due orme di piedi ritenute di
Cristo.
Al bivio, dove è l'accesso al parcheggio per le catacombe
di S. Callisto
(v. oltre), l'Appia Antica prosegue a sin. allargandosi in
corrispondenza
dell'imbocco, di nuovo a sin., di via della Caffarella: qui,
quasi
addossata al fianco di un casale, si trova la cappella di
Reginald Pole,
edicola rotonda a cupola fatta costruire come ex voto
dall'omonimo
cardinale inglese che, contrario alla riforma anglicana,
sfuggì nel 1539 in
questo punto a un agguato dei sicari di Enrico VIII;
l'elegante costruzione
richiama, nell'uso del cotto policromo, la tradizione
classica delle tombe
romane a tempietto e in particolare il vicino tempio del
dio Redicolo (v.
sotto).
Percorrendo via della Caffarella, che all'inizio procede
stretta fra muri
di cinta e poi sterrata fra siepi e campi, si raggiunge, oltre
una casa
colonica e inglobato in una proprietà privata, il cosiddetto
tempio del Dio
Redicolo (del Ritorno), dedicato alla divinità che avrebbe
costretto
98 | R. XV ESQUILINO

Annibale a tornare indietro; in realtà monumento


sepolcrale a forma di
tempietto tradizionalmente attribuito ad Annia Regilla
moglie di Erode
Attico (sec. II), è un'interessante costruzione in laterizi, di
due
tonalità, a pianta rettangolare, con basso podio e facce
esterne tripartite
da lesene, con finestre incorniciate, trabeazione a mensole
e timpano. Più
avanti, la strada piega a sin. e conduce al casale della
Caffarella,
edificato dalla famiglia Caffarelli intorno al 1547 sui resti
di una
fortificazione dei secoli XIII-XIV (è ancora visibile parte
della torre,
rimaneggiata) posta a controllo della valle dell'Almone.
La consolare costeggia a sin. la seicentesca villa Casali, al
cui interno è
l'ipogeo di Vibia (per la visita, limitata agli studiosi,
rivolgersi alla
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra) datato al
sec, IV; il
complesso, in cui furono seppelliti insieme Cristiani e
Pagani aderenti
alla setta di Bacco-Sabazio, consta di tre gallerie, di un
cubicolo con
colonne e di un arcosolio con pitture (Introduzione della
defunta Vibia nel
"paradiso" sabazianista, Fibia sul carro di Plutone e
Mercurio e il
Banchetto sacro dei sette sacerdoti di Sabazio). Al N. 105
è l'accesso alle
R. XV ESQUILINO |· 99

piccole catacombe dette della Santa Croce (sec. IV; per la


visita v.
l'ipogeo di Vibia) dalla pittura con una croce greca posta
sotto il
lucernario.
Seguono le *catacombe di S. Callisto che, sorte verso la
fine del sec. II
da ipogei cristiani privati e da un'area funeraria
direttamente dipendente
dalla Chiesa di Roma, prendono nome dal diacono
Callisto, preposto da papa
S. Zefirino all'amministrazione del cimitero stesso; salito
a sua volta al
soglio pontificio, egli ingrandì il complesso funerario, che
ben presto
divenne quello ufficiale della Chiesa romana. Le gallerie,
dove trovarono
sepoltura più di 50 martiri e 16 pontefici, fanno parte di
un complesso
cemeteriale che occupa 15 ettari di terreno e raggiungono
una lunghezza di
quasi 20 chilometri; i nuclei più antichi sono le cripte di
Lucina e la
regione detta dei Papi e di S. Cecilia, dove si conservano
alcune tra le
memorie più sacre del luogo (le cripte dei Papi e di S.
Cecilia, e i
cubicoli dei Sacramenti); le altre regioni sono denominate
di S. Gaio e di
S. Eusebio (fine sec. III), Occidentale (prima metà sec.
IV) e Liberiana
(seconda metà sec. IV), con grandiose architetture
sotterranee. Visita: ore
100 | R. XV ESQUILINO

8.30-12 e 14.30-17 in inverno, ore 14,30-17.30 in estate;


chiuse il
mercoledì.
Nella zona centrale del sopratterra, percorso da un viale
fiancheggiato da
cipressi, sono visibili due basilichette con tre absidi, dette
TRICORE:
quella O ospitava un sepolcro di martire, mentre quella E,
già all'interno
del percorso di visita, custodiva soltanto tombe e
sarcofagi; in questa si
trovano il busto di G.B. De Rossi (1822-94), fondatore
dell'archeologia
cristiana e loro scopritore nel 1849, che proprio qui iniziò
gli studi e le
esplorazioni delle catacombe romane, e, lungo le pareti,
frammenti di
sarcofagi e iscrizioni del cimitero subdiale.
Una scala moderna, sul posto dell'antica fatta costruire da
papa Damaso, dà
accesso alla REGIONE DEI PAPI, in cui si visita
l'omonima cripta, dove
furono sepolti nove pontefici e, forse, otto esponenti della
gerarchia
ecclesiastica: lungo le pareti sono le iscrizioni originali in
greco dei
pontefici S. Ponziano martire, S. Anterote, S. Fabiano
martire, S. Lucio e
S. Eutichiano. Nella parete di fondo fu deposto anche
papa S. Sisto II,
ucciso durante la persecuzione di Valeriano; dinanzi al
suo sepolcro papa
Damaso fece incidere un'iscrizione metrica nei caratteri
ideati dal
R. XV ESQUILINO |· 101

calligrafo Furio Dionisio Filocalo. Nella cripta contigua è


la tomba di S.
Cecilia, le cui reliquie furono rimosse da Pasquale I
nell'821: gli
affreschi (inizi sec. IX) sulle pareti, in discreto stato di
conservazione,
raffigurano S. Cecilia orante, il busto del Redentore e
papa S. Urbano
martire.
Poco lontano, una galleria di fine sec. II dà accesso ai
CUBICOLI DEI
SACRAMENTI, che ospitano una serie di affreschi della
prima metà del sec.
III alludenti al Battesimo, all'Eucarestia e alla
Risurrezione della carne;
nella contermine REGIONE detta DI S. MILZIADE, il
sarcofago del Bambino ha
la fronte scolpita con episodi biblici.
Si passa quindi nella REGIONE DEI Ss. GAIO ED
EUSEBIO, in cui cripte
distinte, una opposta all'altra, accolgono i sepolcri dei
papi Gaio
(iscrizione) ed Eusebio, deceduto in Sicilia dove era stato
esiliato da
Massenzio e traslato a Roma durante il pontificato di S.
Milziade; su una
copia in marmo di fine sec. IV (sul lato opposto, i
frammenti originali) si
legge un'iscrizione damasiana con il ricordo dello scisma
suscitato da tale
Eraclio per la questione dei "lapsi" (apostati dal
Cristianesimo).
Percorrendo la galleria si incontrano, in successione, la
cripta dei
102 | R. XV ESQUILINO

martiri Calocero e Partenio e il doppio cubicolo di Severo,


che contiene
un'iscrizione ritmica (non posteriore al 304) dove il
vescovo di Roma
Marcellino viene chiamato per la prima volta papa e viene
professata la
fede nella risurrezione finale.
In una regione più remota è la deposizione del papa
martire S. Cornelio, il
cui sepolcro conserva l'iscrizione originale contenente il
titolo di
"martyr" e, ai lati, splendide pitture, con caratteri stilistici
bizantini
(sec. VII-VIII), raffiguranti i papi S. Sisto e S. Cornelio e
i vescovi
africani S. Cipriano e S. Ottato. In un vicino cubicolo
sono alcuni tra i
più antichi affreschi delle catacombe romane (fine II-inizi
sec. III): nel
soffitto, Buon Pastore e oranti, sulla parete di fondo due
pesci con un
cestino di pani sul dorso, simbolo dell'Eucarestia.
All'interno del complesso callistiano sono altre vastissime
regioni
cemeteriali, alle quali corrispondono sopra terra antichi
edifici. Le
catacombe dei Ss. Marco e Marcelliano (visita limitata a
studiosi, con
permesso della Pontificia Commissione di Archeologia
Sacra) accolgono nelle
gallerie, sviluppatesi nel sec. IV dopo la deposizione dei
martiri, alcune
pitture di soggetto biblico e sarcofagi a fregio continuo.
Più incerte le
R. XV ESQUILINO |· 103

notizie sulle catacombe dette di Balbina, associate alla


memoria dei
martiri Marco e Marcelliano, che ospitano il santuario di
papa Marco e di
Basileo.
Un percorso pedonale segnalato conduce alla basilica di
S. Sebastiano (v.
oltre).
Presso il portale della vigna S. Sebastiano si diparte
dall'Appia Antica,
sulla sin., la Via Appia Pignatelli, aperta su tracciato
antico da
Innocenzo XII alla fine del sec. XVII per congiungere la
consolare con
l'Appia Nuova.
La strada attraversa una zona dove sono state individuate
altre aree
cemeteriali. Tra queste spiccano le catacombe di
Pretestato (visita
limitata agli studiosi, con permesso della Pontificia
Commissione di
Archeologia Sacra), sorte già alla fine del sec. li, che
comprendevano nel
sopratterra una vasta area funeraria prima pagana poi
cristiana e che
ospitavano diverse tombe di martiri (nelle regioni più
antiche si segnalano
il cubicolo della "coronatio", con rarissima raffigurazione
dell'incoronazione di spine, e la pittura del sec. IV con
Susanna e i
vecchioni nelle allegoriche vesti di agnello e lupi), e le
*catacombe
104 | R. XV ESQUILINO

ebraiche di Vigna Randanini, scoperte da Raffaele


Garrucci nel 1897 (per la
visita rivolgersi alla Soprintendenza archeologica di
Roma), uno dei sette
cimiteri conosciuti della comunità ebraica romana e
l'unico, con i due di
villa Torlonia (v. pag. 729), attualmente agibile: utilizzato
nel sec. III-
IV, ha un aspetto simile a una catacomba cristiana
(gallerie, lucernari,
loculi e cubicoli), salvo che per la presenza di tombe a
forno ("kolcini")
di origine orientale; quattro vani funerari sono dipinti con
motivi ebraici
o di repertorio classico (questi ultimi riferibili per alcuni a
un'iniziale
fase pagana di parte dell'ipogeo), molte le iscrizioni
greche e latine
(nessuna in ebraico) ancora in situ, con simboli ebraici e
acclamazioni
simili al formulario cristiano.
A sin. dell'Appia Pignatelli si stacca il vicolo S. Urbano
che conduce
all'omonima villa (oggi ristorante) nel cui parco è la
chiesa di *S.
Urbano, adattamento di un tempio costruito
probabilmente da Erode Attico
nel Pago Triopio, la sua proprietà tra l'Appia Antica e
l'Appia Pignatelli;
il tempio, preceduto da un pronao con quattro colonne di
marmo pentelico,
aveva le murature e la decorazione architettonica in
finissimo cotto. La
R. XV ESQUILINO |· 105

chiesa, risalente al sec. x e alla quale nel 1634 vennero


murati gli
intercolumni della facciata, ospita nell'interno, con volta a
botte e
lacunari, fra paraste corinzie un cielo di affreschi di
Bonizzo
(iscrizione, datata 1011, sulla Crocifissione sopra la porta)
interamente
ridipinti nel 1643: nel muro di fondo, Cristo in trono; sulle
pareti,
storie di Gesù e dei Ss. Urbano, Cecilia, Valeriano e
Tiburzio; nella
cripta, altare dedicato a Bacco con iscrizione greca.
Nelle vicinanze sono la cosiddetta grotta di Egeria, in
realtà ninfeo del
sec. II, e il sito ritenuto nel '700 il Bosco Sacro, dove la
ninfa Egeria
secondo la leggenda ispirava Numa Pompilio.
La Via Appia Antica, lasciato sulla d. il vicolo delle Sette
Chiese, forma
a sin. uno slargo, con al centro la colonna commemorativa
del restauro
dell'Appia compiuto nel 1852 da Pio IX da qui fino a
"Bovillae". A d. è la
basilica di S. Sebastiano, eretta nel luogo ove, secondo la
tradizione,
erano custoditi i corpi degli apostoli Pietro e Paolo, qui
trasferiti nel
258 dalle Vie Cornelia e Ostiense in epoca di
persecuzione e ritornati nei
siti originari quando furono edificate le basiliche a loro
dedicate; tra il
297 e il 305, con la deposizione del corpo di S. Sebastiano
vittima delle
106 | R. XV ESQUILINO

persecuzioni di Diocleziano, si sviluppò il cimitero


cristiano sul quale
sorse nella prima metà del sec. IV la "basilica
Apostolorium", oggi
ricordata con il nome del santo narbonese. Volendo
visitare sia la chiesa
sia l'area cemeteriale, si consiglia di iniziare dalle
catacombe (ore 8.30-
12 e 14.30-17 in inverno, prolungato alle 17.30 in estate;
chiuse il
giovedì) per accedere poi al tempio.
La basilica, in origine a tre navate, venne fatta ricostruire
nel sec. XVII
dal cardinale Scipione Borghese: i lavori, affidati a
Flaminio Ponzio,
iniziarono nel 1608 e furono portati a termine da Giovanni
Vasanzio. La
facciata, compiuta da quest'ultimo nel 1613, è costituita
da un portico a
tre archi su colonne ioniche binate di granito (provenienti
dall'edificio
originario), la cui partitura è ripresa dalle paraste laterizie
dell'ordine
superiore inquadranti tre finestre a timpano curvilineo, e
dal timpano di
coronamento.
Un disegno semplice e rigoroso caratterizza anche
l'interno, solenne navata
unica scandita sui lati da tre arcate inquadrate da coppie di
paraste. Il
*soffitto ligneo, su disegno del Vasanzio, conserva la
figura di S.
Sebastiano e gli stemmi del cardinale Scipione e di
Gregorio XVI che lo
R. XV ESQUILINO |· 107

restaurò. La cappella delle Reliquie (1625; pianta, 1)


accoglie le impronte
ritenute dei piedi di Cristo relative all'episodio del
"Domine quo vadis?"
(v. pag. 762), una delle frecce che colpirono S. Sebastiano
e la colonna
cui fu legato. Cappella Albani (2), costruita nel 1706-12,
su disegno di
Carlo Maratta, da Alessandro Specchi, Filippo Barigioni e
Carlo Fontana per
ordine di Clemente XI e dedicata a S. Fabiano papa:
cancellata in bronzo e
ferro battuto (1714); sull'altare, S. Fabiano con angeli,
statua di
Francesco Papaleo (1712; suoi i putti); a d. il Santo
battezza Filippo
l'Arabo di Pier Leone Ghezzi; a sin. il Santo eletto papa di
Giuseppe
Passeri. All'altare maggiore (3), nell'edicola con quattro
colonne di verde
antico del Ponzio (1610-12), Crocifissione, affresco di
Innocenzo Tacconi
(1609-14); ai lati, busti dei Ss. Pietro e Paolo di Nicolas
Cordier. 3a
cappella sin. (4): S. Francesco attribuito a Girolamo
Muziano. 1a (di S.
Sebastiano; 5), progettata da Ciro Ferri (1672), su modello
di quella delle
Reliquie, in asse con la sepoltura del santo nella
catacomba: sotto
l'altare, *statua giacente del santo, capolavoro di Antonio
Giorgetti
(1671-72) su disegno di Gian Lorenzo Bernini. Lapide
(6), proveniente dalla
108 | R. XV ESQUILINO

catacomba, con elogio del martire Eutichio scritto da papa


Damaso.
Le *catacombe di S. Sebastiano sono uno dei pochissimi
cimiteri cristiani
rimasti sempre accessibili e perciò molto devastato (dei
quattro piani
originari il primo è quasi completamente distrutto);
abitualmente è
visitabile parte del secondo piano.
Nella navata d. (A) della basilica primitiva, ricostruita nel
1933 su resti
antichi, sono visibili a sin. le arcate di comunicazione con
la nave
mediana della chiesa attuale, murate nel sec. XIII, e
l'esterno dell'abside
della cappella delle Reliquie; vi sono raccolti sarcofagi
interi e
frammentari (per lo più del sec. IV) ritrovati negli scavi.
Per una scala
(B) si scende nelle gallerie dove sono vari cubicoli (si
segnalano le
pitture di fine sec. IV del CUBICOLO Di GIONA, il cui
cielo è raffigurato
in quattro scene). Si giunge alla ripristinata CRIPTA DI S.
SEBASTIANO, con
altare a mensa sul luogo dell'antico (restano tracce del
basamento) e busto
di S. Sebastiano attribuito a Bernini. Di qui si arriva alla
PIAZZUOLA (C),
sotto la quale si sviluppa una cavità arenaria cui si deve
forse il nome di
"ad catacumbas" (da "katà" =presso e "kymbas" =cavità)
che ebbe questo
R. XV ESQUILINO |· 109

cimitero e che si estese poi agli altri. Sulla Piazzuola si


aprono tre
mausolei della seconda metà del sec. II utilizzati
successivamente da
Cristiani. Il primo a d. (D), decorato esternamente con
pitture (banchetti
funebri, Miracolo dell'indemoniato di Gerasa), conserva
l'iscrizione col
nome del proprietario, Marcus Clodius Hermes; l'interno,
con sepolture a
inumazione e pitture, è decorato sulla volta da una testa di
gorgone. Il
secondo (E), detto degli "Innocentiores" in quanto
proprietà di un collegio
funeraticio, presenta un descenso con volta decorata da
stucchi raffinati;
in alcuni vani sono iscrizioni greche nei caratteri ma in
lingua latina e
un graffito con la sigla IXOYE (=pesce), iniziali delle
parole greche
significanti "Gesù Cristo figlio di Dio, Salvatore". A sin.,
il MAUSOLEO
DELL'ASCIA (F), dall'arnese raffigurato all'esterno, fa
cui decorazione è
formata da tralci di vite nascenti da kàntharoi posti su finti
pilastri.
Dalla Piazzuola si sale a un ambiente (G), posto circa
metà della basilica
e tagliato in alto dalla costruzione della stessa: la
cosiddetta "TRICLIA"
luogo coperto da una tettoia dove si celebravano banchetti
funebri; le
pareti intonacate del vano mostrano centinaia di graffiti di
devoti, incisi
110 | R. XV ESQUILINO

dalla seconda metà del sec. ~III agli inizi del IV, con
invocazioni agli
apostoli Pietro e Paolo.
Dalla "Triclia" si passa, per un vano di disimpegno,
nell'antico AMBULACRO
(H), che gira attorno all'abside: qui è ordinata una raccolta
di epigrafi
trovate nei recenti scavi e un plastico completo dei
mausolei, della
"Triclia" e della basilica costantiniana; si scende poi nella
"PLATONIA"
(L), costruzione posteriore alla basilica che si credeva
luogo della
sepoltura temporanea dei due apostoli e che invece, come
hanno provato gli
scavi del 1892, fu il mausoleo del martire Quirino,
vescovo di Siscia in
Pannonia, qui trasportato nel sec. V. A d. della "platonia"
la CAPPELLA DI
ONORIO III (M), adattata nel vestibolo delmausoleo, con
interessanti
pitture del sec. XIII (fra di esse Pietro e Paolo, il
Crocifisso, santi,
Strage degli Innocenti, Maria col bambino); a sin.,
MAUSOLEO absidato (N)
con altare murato contro l'abside: nella parete sin. il
graffito "domus
Petri", che si ritiene alluda a una dimora sepolcrale
dell'apostolo.
Sotto la navata d. della basilica, in un vano con resti di
tombe medievali
e un busto di Clemente XI, si trova un bel sarcofago con
scene bibliche
R. XV ESQUILINO |· 111

(prima metà sec. IV), riutilizzato dal cardinale Orazio


Albani (m. 1711);
in questa zona si trova l'ingresso di una ricca VILLA
suburbana (P) nel cui
ambiente principale una pittura raffigura un porto di mare.
Verso N sono
altri due vani (botteghe?) e la cosiddetta VILLA
PICCOLA (R), a due piani,
con affreschi (gorgoni, ippogrifi, pesci, uccelli, vasi)
databili tra la
fine del II e gli inizi dei sec. III; potrebbe essere stata la
residenza
dei Custodi del sepolcreto, di cui faceva parte un
COLOMBARIO, allineato
come gli altri lungo un antico diverticolo dell'Appia e
anteriore
all'utilizzazione cristiana del sito.
Intorno alla basilica è stata individuata inoltre una serie di
CELLE
SEPOLCRALI e di grandiosi MAUSOLEI, alcuni ancora
visibili; sotto uno di
essi è il bel sarcofago di Lot (c. 340), con resti di
coloritura.
Continuando lungo l'Appia Antica si incontra, sulla sin.,
la *villa di
Massenzio (ingresso al N. 153; visita: ore 9-13.30,
domenica 9-13, d'estate
anche 16-19; lunedì chiusa), uno dei più estesi e
importanti complessi
monumentali della strada, che l'imperatore costruì nel
Pago Triopio di
Erode Attico passato alla morte di questi al demanio
imperiale; i
112 | R. XV ESQUILINO

principali edifici che lo compongono sono il mausoleo di


Romolo, il circo e
il Palazzo imperiale, ancora in gran parte da scavare.
In un avvallamento si dispongono le gigantesche strutture
del *circo di
Massenzio, l'esemplare romano meglio conservato di
questo tipo di impianto.
Costruito in opus listatum lunghezza m 513, larghezza c.
m 90), presentava
sul lato O, fiancheggiato da torri (quella di d. in gran parte
conservata),
gli stalli ("carceres"), ora quasi rasi al suolo, da cui
partivano i carri;
la spina centrale, lunga m 296, era un tempo ornata da un
canale, da
sculture, edicole e dall'obelisco di Domiziano alzato da
Gian Lorenzo
Bernini in piazza Navona. Al centro del lato curvo a E si
apre un arco
attraverso cui transitavano le processioni. Le gradinate per
il pubblico Ca
capienza complessiva dell'impianto è stata calcolata in c.
10000 persone)
poggiavano su una volta, in gran parte crollata; il palco
imperiale, sul
lato sin., era collegato con una galleria al Palazzo
imperiale, costruito
su impianti di età repubblicana, di cui si intravedono le
parti absidali di
tre grandi ambienti.
Preceduto sulla sin. da un sepolcro forse di età augustea,
un ampio
quadriportico (c. m 107 x 120), con pilastri di laterizio e
pareti in opus
R. XV ESQUILINO |· 113

listatum, cinge il mausoleo di Romolo, eretto da


Massenzio per il figlio
morto giovanetto ma usato anche per altri membri della
famiglia imperiale.
Al centro è la tomba circolare (diametro c. m 33),
preceduta da un
avancorpo rettangolare (su cui si è impostato nell'800 un
casale dei
Torlonia) costituito da due ambienti, il primo dei quali
sottostante alla
scalinata frontale; nel vano circolare interno, un corridoio
anulare
circonda un pilastro rotondo, in cui si aprono, come nelle
pareti
perimetrali, nicchie destinate alle deposizioni, mentre al di
sopra un
ambiente, destinato al culto funerario e quasi del tutto
scomparso, era
coperto da una volta a cupola con occhialone centrale.
La strada sale alla *tomba di Cecilia Metella (visita:
domenica e lunedì
ore 9-13, da martedì a sabato 9-un'ora prima del
tramonto), monumento tra i
più famosi di Roma e simbolo dell'Appia Antica: il
mausoleo (c. 50 a. C.) è
costituito da un basamento quadrato, già rivestito di
travertino, su cui
poggia un corpo cilindrico (diametro m 29.5, altezza m
11) ornato alla
sommità di un fregio a rilievo, su marmo pentelico, con
scudi gallici,
festoni e bucrani (da questi ultimi deriva il nome di Capo
di Bove alla
114 | R. XV ESQUILINO

zona), e coperto da una struttura di forma conica. Una


lapide di marmo
ricorda Cecilia, figlia di Metello Cretico (conquistatore di
Creta) e
moglie di Crasso, figlio del triuniviro e generale di Cesare
in Gallia.
Gli attuali merli ghibellini si ricollegano alla
sopraelevazione eseguita
nel 1302 dai Caetani, che fecero della tomba il mastio
dell'adiacente
castello, già dei conti di Tùscolo (sec. XI), posto a cavallo
della via.
Del complesso, distrutto in parte da Sisto V, rimangono
resti pittoreschi
con torri, bifore trilobate, merlature d'interno racchiude la
cella
sepolcrale, a forma di cilindro assai rastremato verso
l'alto, le cui
pareti sono uno dei più antichi esempi di questo tipo di
tecnica) e, sul
lato opposto della strada, la chiesetta scoperchiata di S.
Nicola a Capo di
Bove, unica superstite delle numerose della zona, che
costituisce un raro
esempio di architettura gotica romana.
Oltrepassato il III miglio, si entra nella sezione antica
dell'Appia,
estesa fino al IX miglio e liberata nel 1850-59 da Luigi
Canina, un tempo
il tratto più pittoresco della via e oggi in uno stato di
preoccupante
abbandono. Oltre il bivio con via di Cecilia Metella si
lascia a sin. la
R. XV ESQUILINO |· 115

torre di Capo di Bove, alto nucleo di sepolcro presso il


quale l'astronomo
Angelo Secchi costituì nel 1870 una nuova base per la
verifica della rete
geodetica italiana (targa). La strada, fra cipressi e pini
secolari, è
tutta un susseguirsi di sepolcri, dei quali rimangono
generalmente solo i
nuclei murari interni, spesso conservati fino a notevole
altezza ma
spogliati dall'incuria; ai mausolei, cui talora si sono
sovrapposte nel
Medioevo torri di vedetta e di difesa, si alternano tombe
più modeste, come
sarcofagi su podio, cippi isolati e sepolcri a camera. Sulla
sin., opposti
alla recinzione militare al cui interno è il forte Appio,
sono murati in un
alto blocco laterizio i frammenti della tomba di Marco
Servilio, ivi
rinvenuti nel 1808 da Antonio Canova che, contro l'uso
allora in voga,
volle lasciare sul posto i reperti archeologici; per impedire
ulteriori
spoliazioni, svariati frammenti sono stati trasportati al
Museo Nazionale
Romano.
Superato a sin. il cosiddetto sepolcro di Seneca, si
lasciano a d., nell'ex
proprietà Lugari (N. 286), i resti della tomba, a forma di
edicola in
laterizio, di S. Urbano (età antonina), su cui nel Medioevo
si impostò la
116 | R. XV ESQUILINO

torre dei Borgiani; sul lato opposto, nascosto dal ciglio


della strada, è
quanto resta di un monumento in laterizio databile al sec.
II e
tradizionalmente identificato con il tempio di Giove. La
via prosegue tra
una serie pressoché ininterrotta di sepolcri, quasi del tutto
distrutti,
fino a un mausoleo a forma di tempietto su alto podio, con
pareti e
decorazione in cotto (visibile sul fronte posteriore), tipico
dell'età
degli Antonini; subito avanti, sempre a d., è il ricostruito
sepolcro dei
Rabirii (sec. I), con tre ritratti in rilievo tra cui quello di
Usia con
gli attributi del culto di Iside (l'originale è al Museo
Nazionale Romano).
Si continua, oltre l'incrocio con via Erode Attico e via di
Tor Carbone,
fino al V miliario dove la strada, finora perfettamente
rettilinea,
presenta una leggera deviazione a sin. riprendendo poi il
primitivo
orientamento; tale cambio di direzione è dovuto
probabilmente alla
necessità di rispettare un luogo sacro, forse sorto in
relazione al
primitivo confine tra i territori di Roma e "Alba Longa"
(Castel Gandolfo).
Tra questo punto e il IV miglio della Via Latina correvano
le "fossae
Cluiliae", così chiamate dal re albano che vi aveva posto il
suo
R. XV ESQUILINO |· 117

accampamento. Qui sarebbe avvenuto il famoso duello tra


Orazi e Curiazi, in
seguito al quale è stato dato il nome di tomba dei Curiazi
ai resti del
tumulo sulla d., in realtà di epoca tardo-repubblicana; il
grande recinto
in blocchi di peperino visto in passato nella zona
retrostante al tumulo e
interpretato dagli eruditi come campo degli Orazi era più
probabilmente un
ustrinum dove si bruciavano i defunti.
Lasciata a sin. (N. 251) una stradina verso il casate di S.
Maria Nova che
si impostò nel Medioevo su una cisterna pertinente alla
prossima villa dei
Quintili, si superano sullo stesso lato i resti imponenti di
un mausoleo a
piramide e a d. due ondulazioni del terreno che segnalano
altrettanti
sepolcri a tumulo, detti tradizionalmente degli Orazi ma in
realtà
risalenti alla fine della Repubblica. Subito oltre si
scorgono, sulla sin.,
i primi resti appartenenti alla *villa dei Quintili, la più
grande tra
quelle dei dintorni di Roma (talmente estesa che il luogo
fu chiamato Roma
vecchia), che ha restituito negli scavi eseguiti fin dal '500
innumerevoli
opere d'arte.
Il complesso (per la visita rivolgersi alla Soprintendenza
archeologica di
Roma) consta di vari nuclei edilizi eretti a partire dall'età
adrianea e
118 | R. XV ESQUILINO

prende nome da due ricchissimi fratelli che, divenutine


proprietari sotto
Commodo, furono giustiziati da questo imperatore che
confiscò la villa,
rimasta in seguito al demanio imperiale. Dal lato
dell'Appia Antica sono i
resti di un NINFEO, inglobato nel Medioevo in un
castello poi diruto, e di
un vastissimo PERISTILIO-GIARDINO, mentre sul lato
prospiciente l'Appia
Nuova è il nucleo edilizio più monumentale e meglio
conservato, nel quale
spiccano due AULE, alte c. 14 m e caratterizzate da ampie
finestre (a
giudicare dalla vasca al centro, una era un ambiente
termale). Nei pressi
sono un edificio circolare e una serie di stanze, forse
corrispondenti alla
zona propriamente residenziale, oltre le quali si stendeva
un ippodromo di
c. m 90 x 300.
In uno stato di crescente dissesto, la consolare raggiunge,
nelle vicinanze
del VI miglio, il sepolcro detto Casal Rotondo (età
augustea), il più
grande (c. m 35 di lato) dell'Appia, sorto su sepolture più
antiche e
costituito da un corpo cilindrico un tempo rivestito di
travertino e
sormontato da un tumulo; tra i frammenti decorativi
inseriti nel vicino
muro e attribuiti all'edificio, un'iscrizione frammentaria
col nome di
R. XV ESQUILINO |· 119

Cotta fece ritenere a Luigi Canina che questo fosse il


monumento eretto da
Marco Valerio Massimo (poi Messalino Cotta), avvocato
e letterato del tempo
di Augusto, al padre Messalla Corvino.
Subito dopo l'incrocio con le vie di Torricola (d.) e di
Casal Rotondo
(sin.), resti di sepolcri per lo più anonimi e malamente
conservati
fiancheggiano la via, che lambisce a sin. la torre in Selce,
cosiddetta
dalle vicine cave e costruita nel sec. XII sopra un sepolcro
antico. Tracce
e resti di sepolcri frammenti architettonici e iscrizioni
continuano nel
tratto successivo della strada, che prima del VII miglio
presenta una
seconda deviazione, forse dovuta anche in questo caso
alla necessità di
rispettare un luogo sacro preesistente; al termine della
deviazione si può
scorgere, affacciandosi a sin., un lungo tratto delle arcate
dell'acquedotto (v. pag. 760) che riforniva la villa dei
Quintili.
Poco oltre, km 9, la Via Appia Antica è violentemente
tagliata dal Grande
Raccordo Anulare.
Oltre la moderna arteria la consolare prosegue in uno stato
di totale
degrado; volendola percorrere, si imbocca il raccordo
abbandonandolo alla
prima uscita (N. 24 Ardeatina) e, sottopassatolo,
riprendendolo in senso
120 | R. XV ESQUILINO

contrario fino al bivio segnalato della Via Appia Antica.


In corrispondenza dell'VIII miglio, sulla d., sono i resti,
sommersi dalla
vegetazione, del cosiddetto tempio di Ercole, in realtà
porticato di età
tardo-repubblicana pertinente forse a un luogo di ristoro;
avanti, sempre
sulla sin. e preceduta da una tomba a edicola (sec. IV), la
cosiddetta
Berretta del Prete, imponente mausoleo di età imperiale di
cui rimane la
rotonda centrale coperta a cupola e nel quale fu adattata
nel Medioevo una
chiesetta dedicata a Maria Madre di Dio. Oltre l'incrocio
con via
dell'Aeroscalo, presso il IX miliario, un mausoleo rotondo
in laterizio,
originariamente coperto a cupola e circondato da un
colonnato, è stato
interpretato come la tomba dell'imperatore Gallieno.
R. XV ESQUILINO |· 121

5.12 La Via Ardeatina.

La strada, il cui nome deriva da Ardea (l'attuale omonima


cittadina)
capitale dei Rutuli, usciva dalle mura Serviane per la porta
Nevia,
attraversava il recinto aureliano presso la posterula
Ardeatina e
proseguiva parallela o coincidente con il tracciato della
Via Appia fino
alla chiesa del Domine quo vadis?; il percorso moderno
ricalca fino a via
di Tor Carbone quello antico, ripreso in parte nel tratto
successivo
dall'attuale via della Cecchignola, e segue poi la romana
via Satricana (da
"Satricum", centro volsco), ritenuta erroneamente dal
Cinquecento la Via
Ardeatina.
L'itinerario automobilistico, che si svolge per 12 km (carta
a pag. 775)
nel territorio a sud di Roma alle pendici dei Colli Albani,
si inoltra in
un paesaggio collinare quasi completamente agricolo,
preservato dai vincoli
del piano regolatore del 1962 e successivamente
dall'inserimento al limite
del parco dell'Appia Antica. Alle testimonianze di età
romana e cristiana
(catacombe di Domitilla) si alternano torri e casali
fortificati, posti
122 | R. XV ESQUILINO

quasi sempre in posizione strategica, che documentano la


fase medievale di
urbanizzazione del territorio; alcuni sono stati riutilizzati
come centri
agricoli e risultano inseriti in un'ambientazione originaria,
che i
complessi residenziali edificati lungo il lato destro della
via negli anni
settanta-ottanta e lo sviluppo della zona industriale di
Santa Palomba,
tuttora in espansione, non hanno gravemente intaccato.
L'itinerario ha inizio fuori porta S. Sebastiano (v. pag.
656) e ricalca il
tracciato della Via Appia Antica (v. pag. 761) fino alla
chiesa del Domine
quo vadis?; qui si stacca a d. della consolare la Via
Ardeatina, che
prosegue tra alberi e muri delimitanti campi coltivati fino
a incrociare a
d. la via delle Sette Chiese, la medievale "via Paradisi",
ultimo tratto
del percorso devozionale di visita alle Sette Chiese (le
quattro basiliche
patriarcali, S. Lorenzo fuori le Mura, S. Croce in
Gerusalemme e S.
Sebastiano) istituito da S. Filippo Neri nel 1552 e al quale
vennero
aggiunte a fine sec. XVI l'abbazia delle Tre Fontane e la
chiesa
dell'Annunziatella.
Al N. 280 è l'ingresso alle *catacombe di Domitilla
(visita: ore 8.30-12 e
14.30-17; chiuse il martedì; per le sezioni non visitabili
rivolgersi alla
R. XV ESQUILINO |· 123

Pontificia Commissione di Archeologia Sacra), le più


estese di Roma - le
gallerie sotterranee hanno uno sviluppo di c. 15 km - con
quelle di S.
Callisto, formatesi nel sec. III nella tenuta che era stata
proprietà di
Flavia Domitilla, nipote di Vespasiano, e sviluppatesi nei
secoli IV-V su
tre piani a partire da sette ipogei primitivi pagani e
cristiani.
Per una scala rifatta in età moderna (alle pareti,
bassorilievi e fregi
architettonici) si accede alla basilica dei Ss. Nereo e
Achilleo, eretta a
fine sec. IV sulla tomba dei martiri omonimi - soldati
vittime
verosimilmente della persecuzione di Diocleziano -
abbandonata alla metà
del sec. IX (il terremoto dell'897 la demolì) e riscoperta
nel 1874.
L'edificio di culto, preceduto da un nartece, è a tre navate
divise da
quattro colonne con capitelli di spoglio; sono visibili resti
della schola
cantorum pertinente a un restauro altomedievale,
frammenti scultorei
relativi a un ciborio costruito sulla tomba dei martiri a fine
sec. IV (una
delle colonnine presenta la scena, unica per formulazione,
della
Decapitazione di un martire, identificato con Achilleo) e,
dietro l'abside,
un cubicolo affrescato con la defunta Veneranda
introdotta in cielo dalla
124 | R. XV ESQUILINO

martire Petronilla. Gallerie sepolcrali dei secoli IV-V


conducono
all'IPOGEO detto DEI FLAVI, in realtà piccolo
sepolcreto pagano (inizi sec,
III) destinato in origine ad accogliere quattro sarcofagi e
divenuto
successivamente cristiano.
Nell'area normalmente non visitabile si sviluppa la
REGIONE detta DEI FLAVI
AURELI, consistente in due ipogei del sec. III che
originarono lo sviluppo
di questo settore cemeteriale nel sec. IV-V. Al centro
della catacomba si
dispone, su tre piani sovrapposti, la REGIONE detta
DELLO SCALONE DEL 1897:
tra le pitture presenti al primo piano e datate al sec. IV,
notevoli quelle
del cubicolo detto dei Fornai e l'affresco della Madonna
col Bambino e
quattro Magi. Il settore N è occupato dalla regione nata
dagli IPOGEI Di
AMPLIATO (pitture di soggetto non cristiano degli inizi
del sec. III) e DEL
BUON PASTORE (raffinati affreschi degli anni 230-
240).
Proseguendo sulla Via Ardeatina si incontrano poco oltre,
a d., le Cave o
Fosse Ardeatine (visita: ore 8.30-18.30), assurte a triste
notorietà nel
corso della seconda guerra mondiale per il massacro,
perpetrato dalle forze
d'occupazione tedesche il 24 marzo 1944 per rappresaglia
contro l'attentato
R. XV ESQUILINO |· 125

di via Rasella (v. pag. 307), di 335 civili scelti a caso fra
detenuti
politici, Ebrei e persone senza precedenti penali.
Si entra da un cancello in bronzo, a traforo di spine
simboleggianti il
martirio, opera di Mirko Basaldella: a sin. i Martiri
(Francesco Coccia,
1950), gruppo di tre figure in travertino che sintetizzano e
idealizzano
quelle dei caduti. Nella parete di tufo dell'antica cava di
pozzolana è
l'imbocco della galleria che conduce al luogo dell'eccidio;
un braccio
della stessa, a sin., porta fin sotto l'enorme masso di
cemento armato che,
sostenuto da sei pilastri, ricopre il Sacrario (Nello Aprile,
Gino
Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino, Giuseppe
Perugini, 1944-51),
dove sono allineate le sepolture.
Alle spalle del mausoleo si trova il Museo delle Fosse
Ardeatine
(visitabile negli stessi orari) che raccoglie documenti,
cimeli e
fotografie illustranti le tragiche giornate vissute nella
capitale
dall'occupazione tedesca del lo settembre 1943 alla
liberazione del 4
giugno 1944.
L'Ardeatina si snoda con curve e saliscendi fino
all'incrocio col vicolo
dell'Annunziatella, al termine del quale, oltre complessi
residenziali
126 | R. XV ESQUILINO

degli anni '70-'80, è l'Annunziatella, la più antica chiesa


romana dedicata
all'Annunciazione; fondata o, meglio, rifondata da Onorio
III nel 1220,
dopo gli interventi di Paolo V e del cardinale Francesco
Barberini
(interno) decadde a fine '600, venendo nuovamente
consacrata nel 1935.
L'interno barocco, a navata unica e con volta a botte
lunettata, conserva
alcuni elementi medievali (parte del pavimento
cosmatesco, una custodia
degli oli santi dei secoli IX-X a sin. dell'altare, il dipinto
absidale del
sec. XIII e il campanile).
Oltre l'incrocio con le vie di Vigna Murata e di Tor
Carbone che ricalcano
un antico collegamento trasversale tra le Vie Laurentina e,
forse, Appia,
la moderna Ardeatina lascia a d. il tracciato romano, oggi
ricalcato dalla
via della Cecchignola.
Da questa si diparte a d., al termine di una discesa, lo
stretto sterrato
di via della Cecchignoletta, in fondo al quale, appartato, è
il casale
della Cecchignola, nel Medioevo importante centro di
controllo della zona
collegato a torri di vedetta; il fortilizio, circondato da un
recinto che
ingloba una torre in blocchetti di tufo del sec. XIII (la
parte superiore
in laterizio è una ricostruzione), fu riedificato nel 1611-18
da Paolo V,
R. XV ESQUILINO |· 127

che bonificò la zona trasformandola in luogo di delizie


(famosi il parco e
il laghetto-peschiera, ora prosciugato e quasi sommerso
dalla vegetazione,
a valle del fortilizio), e restaurato da Leone XII (1825-30)
che vi
soggiornò a lungo.
Il tratto successivo dell'Ardeatina ricalca l'antica via
Satricana in un
paesaggio agricolo già in parte urbanizzato e, sottopassato
il Grande
Raccordo Anulare, raggiunge, km 12, il santuario della
Madonna del Divino
Amore, la protettrice di Roma festeggiata il lunedì di
Pentecoste.
La modesta architettura della chiesa, attribuita con scarso
fondamento a
Filippo Raguzzini, sorse nel 1744 per accogliere
un'immagine della Madonna,
ritenuta miracolosa, che era stata affrescata nel sec. XIV
sulla torre
centrale del Castel di Leva (la si raggiunge costeggiando
il fianco sin.
della chiesa), edificato su resti romani forse dai Savelli
(sec. XIII?) e
così detto probabilmente dall'antico Castel Leone
("castrum Leonis").
Sotto il santuario è stata realizzata nel 1947, riutilizzando
la cisterna
del castello, la CRIPTA DELL'ADDOLORATA, mentre
gli altri edifici di culto
datano agli anni '30 e '60-'70.
Passata la frazione Falcognana (nascosti a d. dalla
massicciata della
128 | R. XV ESQUILINO

ferrovia e a sin. dalla vegetazione, sono i casali di


Falcognana di Sotto,
sorto su resti romani e ora abbandonato, e di Falcognana
di Sopra,
ricostruito nel sec. XVIII, che controllavano nel
Medioevo la via verso
Conca, centro medievale nei pressi di "Satricum"),
l'Ardeatina, che corre
ormai tra le tipiche ondulazioni della Campagna romana,
incrocia a sin. la
via della Stazione di Pavona, che unisce i Colli Albani
alla costa
ricalcando un antico tracciato tra "Alba Longa" (Castel
Gandolfo) e
"Lavinium" (Pratica di Mare).
Avanti si attraversa la zona industriale di Santa Palomba,
sviluppatasi in
epoca recente sull'area di un insediamento
tardorepubblicano-augusteo che
ha restituito ville rustiche con relative tombe, tracciati
stradali e resti
di un acquedotto (i materiali sono al Museo Nazionale
Romano), e di alcuni
santuari frequentati dal sec. v a. C. all'età imperiale (i
reperti ceramici
sono raccolti nello stabilimento IBM Italia eretto da
Marco Zanuso e Pietro
Crescini nel 1979-82). Sulla d., alle spalle delle antenne-
tralicci del
Centro RAI di Santa Palomba, si scorge in lontananza Tor
Maggiore, una
delle più belle e alte (m 34) della Campagna romana,
costruita in
R. XV ESQUILINO |· 129

blocchetti di tufo (sec. XII-XIII), che con la torre


quadrata, eretta nel
sec. XII, del casale di Cerqueto (le si vedono, accoppiate,
proseguendo e
deviando a d. in via di Valle Caia), controllava un
percorso, ora non più
esistente, di collegamento tra Albano e Ardea.
130 | R. XV ESQUILINO

5.13 La Via Cristoforo Colombo: la


Garbatella e l'EUR.

La Via Cristoforo Colombo corrisponde alla via Imperiale


di età fascista,
che univa Roma al nuovo quartiere dove il regime aveva
stabilito di
celebrare il proprio ventennale (1942) con un'Esposizione
universale;
collegata con il centro attraverso le vie dei Fori Imperiali
e di S.
Gregorio e il viale delle Terme di Caracalla, la strada,
dopo aver
attraversato la pineta di Castel Fusano, raggiunge la costa
tirrenica alla
periferia sud-orientale della frazione Lido di Ostia.
Molteplici sono i motivi di interesse per il turista,
principalmente per
l'opportunità di compiere un emblematico viaggio
all'interno della cultura
urbanistica e architettonica romana dagli anni venti fino al
momento
contemporaneo; nell'itinerario infatti, oltre ad alcune
testimonianze più
antiche (catacombe di Commodilla), sono facilmente
individuabili due fasi
storiche distinte, dotate ciascuna di un proprio linguaggio
figurativo e
architettonico. La borgata-giardino Garbatella, con il suo
stile definito
R. XV ESQUILINO |· 131

barocchetto, esprime con efficacia il "populismo,


romantico" ancora
persistente all'indomani della prima guerra mondiale. Il
quartiere
dell'EUR, con i moderni monumenti marmorei e la
magniloquenza dell'impianto
urbanistico, testimonia il sogno della costruzione di una
'nuova Roma'
voluta dal fascismo (il nome originario è E42) come luogo
della grande
esposizione e, successivamente, come polo per
l'espansione della città
verso il mare; la fase che va dal dopoguerra a oggi, pur
venendo meno le
originarie motivazioni ideologiche, ha tuttavia confermato
l'importanza
dell'EUR come elemento urbanisticamente valido nella
crescita di Roma e
come centro direzionale: il quartiere è stato perciò
completato aggiungendo
al nucleo centrale, classicista e 'metafisico', edifici con
caratteristiche
proprie dello "stile internazionale", come lo sviluppo
verticale delle
costruzioni, le ampie superfici vetrate, il rifiuto di
impianti simmetrici.
L'itinerario, di complessivi 5 km (carta alla pagina
seguente), si svolge
lungo la Cristoforo Colombo che, divenuta uno dei
principali arsi di
collegamento verso il mare, è oggi fiancheggiata da aree
direzionali
(l'EUR, nato come insediamento separato da Roma, è
stato quasi
132 | R. XV ESQUILINO

completamente saldato al resto della città) e percorsa da


un incessante
flusso di autovetture; qualora lo si voglia seguire in
automobile (al
quartiere dell'E42 - la cui visita è pensata a piedi - fa
capolinea la
metropolitana B, stazioni EUR Fermi ed EUR Marconi),
si consiglia di tenere
sempre il controviale.
Fuori della nuova porta Ardeatina (v. pag. 657) si
imbocca il controviale
della Via Cristoforo Colombo, attrezzata per lo
scorrimento veloce;
scavalcati l'asse viale Marco Polo-via Cilicia e la ferrovia,
si incontra a
d., presso largo Fochetti, la circonvallazione Ostiense
dove (N. 197) è la
chiesa di S. Galla, costruita nel 1940 da Tullio Rossi in
sostituzione
dell'omonimo edificio demolito nel 1935 per la
costruzione del palazzo
dell'Anagrafe e l'apertura della via del Mare: nell'interno a
tre navate,
di non felici proporzioni, l'altare maggiore poggia su un
cippo d'età
flavia (rilievi), già nell'antica S. Galla, consacrato da
Gregorio VII nel
1073 e qui trasferito nel 1988 dalla chiesa di S. Giorgio in
Velabro,
mentre in fondo alla navata d. è una tela (Visione di S.
Galla) di fine
'600 pure proveniente dall'antico edificio. Sul lato opposto
della
R. XV ESQUILINO |· 133

circonvallazione si apre piazza Eugenio Biffi, uno dei


principali accessi
al quartiere della Garbatella. La borgata-giardino
Garbatella fu realizzata
dall'ICP a partire dal 1920, in un'area nelle immediate
vicinanze del polo
industriale della Via Ostiense, con la finalità di creare per
il ceto
operaio alloggi a bassa densità edilizia e circondati dal
verde secondo il
modello inglese delle "Garden Cities"; il piano urbanistico
subì nel tempo
numerose varianti, che ne ridussero sensibilmente il
carattere estensivo
iniziale. Il primo intervento, opera tra gli altri di Gustavo
Giovannoni, è
costituito dai villini isolati o aggregati in serie attorno a
piazza
Benedetto Brin: il linguaggio architettonico adottato è in
genere il
barocchetto con la riscoperta di elementi dell'architettura
minore romana
dal '500 al '700, ma nel quartiere si riscontrano anche
spunti pittoreschi,
vernacolari e medievaleggianti che concorrono a creare un
ambiente
architettonico vario e articolato.
Su piazza Biffi prospettano due dei quattro alberghi
suburbani (notevole
l'albergo Rosso al N. 1) con servizi comuni (Innocenzo
Sabbatini, 192729),
destinati alle famiglie sfrattate dalle demolizioni di largo
di Torre
134 | R. XV ESQUILINO

Argentina e del teatro di Marcello: l'articolazione


planimetrica a "Y"
supera la logica del blocco e utilizza echi futuristi ed
espressionisti.
Per via Lasagna, a d. in via Persico e subito a sin. in via
Magnaghi -
lungo la quale si dispongono i villini tipici del quartiere -
si sale a
piazza Sauli, sulla quale prospettano ai numeri 1-3 la
scuola "Cesare
Battisti" (1930), riconoscibile dal monumentale corpo
centrale con alti
pilastri sormontati da aquile, e la chiesa di S. Francesco
Saverio (Alberto
Calza Biai, 1931-33), a cortina di mattoni ed elementi in
travertino
secondo gli schemi tipici del "Novecento" romano e con
interno di classica
solennità, a tre navate con colonne ioniche di travertino a
fusto liscio,
volta a botte a lacunari sulla navata centrale e cupola (nel
transetto
sin., Sacro Cuore, affresco di Gisberto Ceracchini).
Dalla piazza, scendendo verso O per via Passino si
perviene in piazza
Bartolomeo Romano, una delle più interessanti del
quartiere, su cui
affacciano i due edifici polifunzionali (uno per bagni
pubblici, abitazioni
e studi per artisti, 1926-29; l'altro con il cinema-teatro e
abitazioni,
192729) del Sabbatini, che presentano riferimenti formali
e compositivi
R. XV ESQUILINO |· 135

alle insulae di Ostia Antica oggetto in quegli anni di


attenti studi;
scendendo invece verso E si sbocca in piazza Giovanni da
Triora, sulla
quale si dispone l'edificio di testata del lotto di case
modello costruite
per l'ICP (1929) tra le vie De Jacobis, Borri e delle Sette
Chiese da Mario
De Renzi, Pietro Aschieri, Gino Cancellotti, Mario
Marchi e Luigi Vietti.
La Via Cristoforo Colombo, lasciate a d. due cisterne
addossate a pianta
circolare (una in laterizio e l'altra in opus reticulatum)
avanzi di una
villa romana del sec. I-II, sbocca in piazza dei Navigatori,
chiusa a NE
dal prospetto con ampi portici di uno degli alberghi di
massa costruiti nel
1947 come alloggi per l'Anno Santo 1950 e adibiti poi a
case popolari. Si
attraversa piazza Elio Rufino dove al N. 287, nei recinti
della Fiera di
Roma (v. oltre), è il Museo dell'Energia Elettrica (visita:
tutti i giorni
ore 9-13 e 16-20). Costituito dall'ENEL nel 1988 per il 25'
anniversario
dell'ente, illustra, con un allestimento didatticamente
esemplare e anche
attraverso reperti originali, 2500 anni di storia dell'energia
elettrica,
da Talete alle ultime innovazioni; in corso di realizzazione
è l'archivio
storico, che raccoglierà tutti ì materiali relativi alle
vicende del
136 | R. XV ESQUILINO

settore elettrico in Italia prima e dopo la


nazionalizzazione.
Dalla piazza, prendendo a d. via Genocchi si raggiunge
piazza Oderico da
Pordenone, attraversata da via delle Sette Chiese (v. pag.
774). Al N. 101
di questa è la chiesa dei Ss. Isidoro ed Eurosia (detta
anche la
Chiesoletta), eretta nel 1818 e con pronao attribuito a
Giuseppe Valadier:
sulla parete verso la strada, affiancano la targa "via
Paradisi" due
medaglioni di marmo con i Ss. Carlo Borromeo e Filippo
Neri (ideatore del
percorso devozionale), che ricordano il foro incontro nella
visita alle
Sette Chiese.
Attraversati piazza di S. Eurosia e largo delle Sette
Chiese, quasi al
termine dell'omonima via si apre a sin,, nell'ex vigna
Serafini ora
giardino pubblico, l'ingresso alle *catacombe di
Commodilla (visite
limitate agli studiosi, con permesso speciale della
Pontificia Commissione
di Archeologia Sacra), sviluppatesi soprattutto dopo gli
interventi di papa
Damaso volti a valorizzare le memorie dei Ss. martiri
Felice e Adautto
effigiati nelle pitture. Nella basilichetta ipogea (fine sec.
IV ma con
rimaneggiamenti successivi), sulla sin. Cristo sul globo
consegna le chiavi
R. XV ESQUILINO |· 137

a S. Pietro, che ha accanto S. Adautto e S. Merita, pure


venerata in queste
catacombe; dalla parte opposta, S. Paolo, S. Felice e S.
Stefano orante.
Alla metà c. del sec. vi risale anche il bel pannello vicino
(la vedova
Tùrtura presentata alla Madonna col Bambino in trono dai
Ss. Felice e
Adautto), dove indubbi influssi bizantini sono stemperati
in modi ancora
romani. Iconograficamente simile a S. Felice ma di circa
un secolo
posteriore (668-683) l'affresco di S. Luca sulla parete di
fondo, per la
prima volta con gli strumenti medici in una borsetta di
cuoio. Nel 1953 è
stata scoperta una nuova re ione cemeteriale con un
cubicolo, completamente
dipinto con scene bibliche, di proprietà di Leone
funzionario dell'annona
(380-390).
Da Via Cristoforo Colombo, superati a sin. il complesso
dei padiglioni
della Fiera campionaria di Roma ancora in attesa di una
sistemazione
definitiva e, sul lato opposto, il secondo massiccio
fabbricato degli
alberghi di massa, si scorge, di nuovo a sin., il vasto
Centro direzionale
(Pietro Barucci, 1963-68), composto da quattro edifici per
attività
terziarie rivestiti in "curtain-wall" e serviti da strade
pensili e piastre
138 | R. XV ESQUILINO

pedonali, che costituisce finora l'unica attuazione del


progettato Sistema
Direzionale Orientale (SDO).
Previsto dal piano regolatore del 1962 con il nome di
"Asse Attrezzato", è
stato inserito nel 1990 nell'ambito degli interventi per
Roma capitale e
contemplato in un'apposita legge: si tratta di una vera e
Tropria "città
amministrativa", disposta alla periferia E tra le borgate i
Pietralata e
Torre Spaccata su un'area di c. 800 ettari, che dovrebbe
raccogliere la
maggior parte degli uffici pubblici e degli impiegati oggi
sparpagliati in
mt.1 di sedi ministeriali nel centro. L'opera è volta a
rendere più
vivibile la parte di città all'interno delle mura Aureliane
attraverso la
diminuzione del traffico automobilistico e la
riconversione a uso
residenziale privato dei palazzi oggi occupati da uffici
amministrativi,
che hanno causato l'allontanamento dei vecchi abitanti.
Oltrepassato l'incrocio con la Via Laurentina (v. pag.
814), la strada
piega, in corrispondenza dell'ex Forte Ostiense che
occupa l'altura a d.,
in direzione dell'EUR (a d. in basso, su viale del
Pattinaggio, spicca il
bianco e articolato volume dell'hotel Sheraton, costruito
nel 1975 da
Vincenzo, Fausto e Lucio Passarelli e Michele Valori) e
scavalca in
R. XV ESQUILINO |· 139

sopraelevata il centro sportivo delle Tre Fontane,


realizzato in occasione
delle Olimpiadi da Maurizio Clerici (1957-60), alle cui
spalle è il profilo
inconfondibile del palazzo della Civiltà del Lavoro (v.
pag. 783); due
palazzi per uffici gemelli, raffinati parallelepipedi di Luigi
Moretti e
Vittorio Ballio Morpurgo (1963-65) delimitanti
rispettivamente i piazzali
dell'Agricoltura e dell'Industria, segnano, in sostituzione
della "porta
Imperiale" pensata da Marcello Piacentini, l'ingresso al
*quartiere
dell'EUR.
L'insediamento trae origine dalla volontà del regime
fascista, espressa già
all'indomani della guerra etiopica (1936), di celebrare
tanto la nuova
condizione imperiale del paese quanto il 20' anniversario
della rivoluzione
fascista attraverso un'esposizione universale definita
"Olimpiade delle
Civiltà"; tra gli scopi principali dell'impegnativa
operazione era la
creazione di costruzioni stabili, infrastrutture urbane,
servizi pubblici e
aree verdi in grado di costituirsi, a esposizione conclusa,
come il nucleo
centrale dell'espansione di Roma verso il mare secondo le
direttive e gli
intenti del regime: la stessa sigla iniziale E42 (poi EUR,
Esposizione
140 | R. XV ESQUILINO

universale di Roma) indica la ragione per cui fu costruito


il quartiere,
che non accolse mai l'esposizione (programmata per il
1942) a causa del
sopraggiungere della guerra.
Il progetto di massima, elaborato nel 1937 da Giuseppe
Pagano, Marcello
Piacentini, Luigi Piccinato, Ettore Rossi e Luigi Vietti,
tentava la
fusione di un impianto ispirato all'urbanistica classica
romana con
elementi naturalistici e suggestioni tecnologiche proprie
del razionalismo
internazionale; nel secondo progetto, redatto nel 1938
sotto la direzione
di Piacentini e in collaborazione con il Servizio
Architettura dell'Ente
diretto da Gaetano Minnucci, fu notevolmente accentuato
il carattere
classico e monumentale dell'impianto, formato da assi
viari ortogonali e da
grandiosi fondali architettonici. Tale progetto, messo a
punto nel 1939, fu
poi attuato sino all'interruzione dei cantieri avvenuta tra il
1942 e il
1943; in tale data erano ultimati il palazzo degli Uffici
dell'Ente e il
villaggio operaio sulla Via Laurentina, mentre erano in
costruzione i
palazzi dei Congressi, della Civiltà Italiana e quelli a
esedra dell'INA e
della Previdenza Sociale, i musei della piazza Imperiale,
la chiesa, il
Museo Forestale e le fondazioni del teatro.
R. XV ESQUILINO |· 141

Gli edifici, danneggiati nel corso del conflitto e occupati


da sfollati,
furono restaurati e completati, a eccezione del Museo
Forestale, a partire
dal 1951; il quartiere, godendo di autonomia rispetto
all'amministrazione
comunale, ha accolto da tale data le sedi di istituzioni e
uffici pubblici,
un insediamento residenziale a bassa densità, musei e
considerevoli opere
di sistemazione delle aree verdi, confermando cosi la sua
importanza di
centro direzionale. In occasione delle Olimpiadi del 1960
furono realizzate
alcune attrezzature sportive: il velodromo, il palazzo dello
Sport, la
piscina delle Rose, il complesso delle Tre Fontane e il
lago artificiale
(quest'ultimo previsto nel progetto originario).
Il quartiere dell'EUR, che appare a chi provenga da Roma
circondato da
parchi, occupa un'area complessiva di c. 420 ettari: al
visitatore risulta
subito con marcata evidenza la differenza di stile e di
linguaggio tra gli
edifici dell'impianto originario, di impronta classica e
monumentale nel
rivestimento di marmi e di travertino, e quelli costruiti a
partire dal
dopoguerra, caratterizzati da geometrie elementari e da
grandi superfici
vetrate tipiche dell'"international style"; ambedue questi
caratteri
142 | R. XV ESQUILINO

riescono tuttavia a fondersi sufficientemente, trovando


anche momenti di
alta qualità urbana.
Il piazzale delle Nazioni Unite è uno spazio racchiuso
dalle ampie esedre
formate dai prospetti dei palazzi (Giovanni Muzio, Mario
Paniconi e Giulio
Pediconi) dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
(d.) e
dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni (sin.). Iniziati
nel 1940, gli
edifici, ispirati al modello dei Mercati Traianei, sono a
due ordini di
gallerie con colonne di marmo arabescato e un piano
terreno a pilastri, e
si caratterizzano per i dettagli architettonici e per i
materiali pregiati
impiegati (nel palazzo dell'INA, il cortile è rivestito in
marmo cipollino
e ornato da 36 colonne di granito rosa di Baveno); le
quattro testate degli
edifici sono decorate da bassorilievi con Glorie marinare
di Roma (Mirko
Basaldella).
Segna il limite S del piazzale il viale della Civiltà del
Lavoro, asse
trasversale che ha come fondali a d. il palazzo della
Civiltà del Lavoro e
a sin. quello dei Congressi (per entrambi, v. oltre), episodi
architettonici tra i più rilevanti e caratterizzanti
dell'insediamento.
Procedendo a d. si incontra, dopo via Ciro il Grande, il
palazzo degli
R. XV ESQUILINO |· 143

uffici dell'Ente autonomo EUR (Gaetano Minnucci, 1937-


39), il primo del
progetto E42 a essere realizzato; composto di due corpi,
uno articolato
intorno a un cortile e l'altro contenente una sala a doppia
altezza per il
pubblico rivelata all'esterno da un alto portico sormontato
da
un'iscrizione, unisce materiali e tecniche di avanguardia a
elementi
decorativi tradizionali. Il monumentale androne è
decorato dal bassorilievo
(storia di Roma attraverso le opere edilizie) di Publio
Morbiducci;
notevoli sono lo scalone d'onore, l'affresco di Giorgio
Quaroni con la
Fondazione di Roma (recentemente restaurato) e un
plastico del quartiere.
All'esterno, sul lato E, statua in bronzo del Genio dello
Sport
(originariamente Genio del Fascismo) di Italo Griselli; di
fronte al
portico sono tre bacini d'acqua decorati da 18 riquadri a
mosaico su
disegno di Gino Severini, Giulio Rosso e Giovanni
Guerrini.
Il successivo edificio con porticato a doppia altezza su tre
lati,
notevolmente alterato nel dopoguerra e attualmente
occupato da uffici e da
un piccolo bar, è l'ex Ristorante ufficiale dell'Esposizione
(Ettore Rossi,
1939-42): al piano terreno, tempera (scena allegorico) di
Franco Gentilini,
144 | R. XV ESQUILINO

da poco restaurata.
In fondo al viale, nel centro del Quadrato della Concordia,
si staglia il
blocco squadrato e imponente del *palazzo della Civiltà
del Lavoro, già
della Civiltà Italiana (Giovanni Guerrini, Ernesto Bruno
La Padula e Mario
Romano, 1938-43), definito anche il Colosseo quadrato e
assurto a simbolo
del quartiere; il motivo architettonico dell'arco, ripetuto
ben 216 volte
sui quattro prospetti uguali, celebra l'elemento costruttivo
e decorativo
tipico della civiltà italiana. La struttura, coerentemente
pensata dagli
autori in muratura, fu realizzata per ragioni di economia e
di tempo in
cemento armato e rivestita con lastre di travertino; ai lati
delle due
scalee sono collocati i quattro gruppi dei Dioscuri di
Publio Morbiducci,
mentre sotto le arcate del primo ordine sono statue
raffiguranti arti e
attività umane.
Il segmento di sin. di viale della Civiltà del Lavoro
conduce in piazza
Kennedy cui fa da fondale il *palazzo dei Congressi
(Adalberto Libera,
1938-54), opera notevole per la limpida forma, la
chiarezza compositiva e
l'equilibrio raggiunto fra tecnica moderna e ispirazione
classica. Il
complesso è preceduto da un grande atrio con 14 colonne
di granito alte m
R. XV ESQUILINO |· 145

12 e affreschi di Achille Funi ora ricoperti da pannelli di


Gino Severini;
un monumentale volume cubico (m 40 per lato),
sormontato da una volta a
crociera, costituisce il corpo centrale e accoglie il salone
dei
Ricevimenti, circondato da gallerie ricoperte di marmi;
completa la
costruzione una sala per congressi, al di sopra della quale
è un teatro
all'aperto.
La Via Cristoforo Colombo sbocca in piazza Guglielmo
Marconi, progettata da
Francesco Fariello, Saverio Muratori, Ludovico Quaroni e
Luigi Moretti come
nucleo centrale dell'esposizione e del quartiere secondo i
modelli del
classicismo nordico; al centro si leva, alta 45 m, la stele a
Guglielmo
Marconi (Arturo Dazzi), iniziata nel 1939 ma ultimata
solo nel 1959, che
celebra con 92 altorilievi in blocchi di marmo di Carrara
l'invenzione
della radio. I due palazzi che si fronteggiano sulla d.
(Muratori, Quaroni
e Fariello, 1941-43) hanno prospetti formati da un'alta
galleria con
colonne di cipollino verde sorrette da un portico a pilastri
di marmo
bianco; tra gli edifici, al posto del "teatro Imperiale" di
Luigi Moretti
inizialmente previsto, si innalza (N. 1) il grattacielo Italia
(1959-60).
146 | R. XV ESQUILINO

Una breve deviazione a sin. del grattacielo per via Liszt


conduce al
piazzale Sturzo, dove prospetta sul lato O il palazzo della
sede centrale
della Democrazia Cristiana (Saverio Muratori, 1955-58)
che, elaborando
elementi tratti dal tipo del palazzo rinascimentale (cortile
centrale,
piano nobile, ammezzati, loggiato), sembra collegarsi al
linguaggio e ai
terni adottati nel quartiere prima del conflitto. Lungo il
viale
dell'Astronomia (proseguimento di via Liszt) si incontra,
al N. 30, il
palazzo della sede centrate della Confindustria (Vincenzo
ed Edoardo Monaco
e Pier Luigi Spadolini, 1958-73), suggestivo blocco scuro
in "curtain-wall"
sulle cui superfici vetrate si riflettono gli archi del vicino
palazzo
della Civiltà del Lavoro.
Un alto portico collega i due edifici simmetrici e uguali
del fianco E di
piazza Marconi: a sin., il palazzo delle Tradizioni Popolari
(Massimo
Castellazzi, Pietro Morresi e Annibale Vitellozzi, 1939-
42) ospita il Museo
nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari; a d., il palazzo
delle Scienze
(Luigi Brusa, Gino Cancellotti, Eugenio Montuori e
Alfredo Scalpelli, 1939-
43) il Museo nazionale preistorico-etnografico "Luigi
Pigorini" e il Museo
dell'Alto Medioevo.
R. XV ESQUILINO |· 147

Il Museo nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari


(ingresso al N. 8;
visita: ore 9-14, festivi 9-13) trae origine dalla Mostra di
Etnografia
italiana tenutasi a Roma nel 1911 per celebrare il
cinquantenario
dell'unità d'Italia e organizzata da Lamberto Loria, che nel
1906 aveva
istituito a Firenze un museo etnografico con circa 2000
oggetti relativi
soprattutto alla Sicilia, Campania, Toscana e Valle
d'Aosta. L'insieme dei
materiali raccolti nel 1911 costituisce il vecchio fondo
dell'attuale
istituzione, che dovette attendere 45 anni per avere la sede
definitiva,
inaugurata nel 1956; dopo una chiusura decennale, è stato
riaperto nel
1986: attualmente (1992) si stanno riallestendo le ultime
sale di
esposizione.
Unico museo statale con competenze scientifiche nel
campo delle materie
demoantropologiche, testimonia nella loro globalità e
integralità le
tradizioni popolari (notevoli, nel vasto patrimonio di oltre
100000
documenti, i c. 750 costumi e i c. 3000 pezzi di oreficeria)
di tutte le
regioni italiane e, per la sua specificità e unicità nel
territorio
nazionale, esplica un'importante funzione culturale come
centro di raccolta
148 | R. XV ESQUILINO

dati, di ricerca e di documentazione. L'esposizione


museale è divisa in 14
settori, individuati seguendo una divisione tipologica del
materiale e
raggruppando le varie tematiche: i sistemi di trasporto nel
mondo rurale e
nelle attività di scambio, il lavoro agricoto-pastorale, le
marinerie
tradizionali, l'artigianato, i venditori ambulanti; seguono
la sezione
dedicata all'abitazione, nella quale si concentrano H
lavoro e la
trasmissione culturale e religiosa, e il tema della
cerimonialità religiosa
e sociale nei suoi aspetti ritualizzati domestici (ciclo della
vita umana)
e pubblici (&lo dell'anno), collegati con il gioco, lo
spettacolo (teatro),
la musica, i costumi e la religiosità.
Parte del patrimonio è anche conservato nell'archivio
storico (manoscritti
e documenti relativi all'acquisizione dei reperti
etnografici),
nell'archivio storico fotografico (materiale raccolto
prevalentemente prima
del 1911), nella fototeca (fotografie degli oggetti del
museo e documenti
sul campo), nella disconastroteca (registrazioni di
interviste e
testimonianze di tradizione orale), nell'archivio
audiovisivo (produzione e
archiviazione di film, documentari e videotape) e nella
biblioteca
R. XV ESQUILINO |· 149

specializzata, che riunisce 24 700 volumi, 570 periodici e


3716 libretti a
stampa di letteratura popolare.
Il *Museo nazionale preistorico-etnografico "Luigi
Pigorini", dal nome del
fondatore, possiede la più importante raccolta italiana di
materiali
preistorici ed è uno tra i maggiori nel mondo per le
collezioni di
etnografia extraeuropea. Visita: ore 9-14, festivi 9-13;
chiuso il lunedì.
Istituito nel 1875 nell'ambito della nascente scienza
paleontologica
italiana e inaugurato l'anno successivo nel palazzo del
Collegio Romano, fu
tra i primi musei europei di scienze dell'uomo,
raccogliendo i reperti di
età preistorica (su cui si andava sviluppando la ricerca) e
le spoglie di
quelle culture extraeuropee cui si rivolgeva la politica di
espansione
coloniale di fine '800. Nucleo originario furono le
importantissime
collezioni radunate da padre Athanasius Kìrcher tra il
1635 e il 1680 e
composte di materiali provenienti dalle missioni
gesuitiche in Cina,
Brasile, Canada e dai Cappuccini sulle coste del Congo e
dell'Angola, che
vennero arricchite da Pigorini mediante acquisti e scambi
con lo scopo di
"testimoniare la vita dei selvaggi attuali per intendere
quella dei
150 | R. XV ESQUILINO

preistorici". Tale attività, a cavallo tra '800 e '900, fu


capillare
soprattutto nel campo della preistoria: tra i materiali che
confluirono nel
museo dalle maggiori campagne di scavo del tempo si
segnalano gli oggetti
raccolti in alcune stazioni dell'età del Bronzo (terremare
emiliane e
abitati perilacustri) e le collezioni donate o acquistate dai
più attivi
ricercatori dell'epoca; a queste si aggiunsero consistenti
nuclei da
campagne nel Mediterraneo orientale, a Troia (scavi
Schliemann), Rodi,
Creta, Sesklo, Dimini e in Iran, Egitto e Sudan. Per quanto
riguarda
l'etnografia, la politica di acquisizioni di Pigorini
inizialmente assicurò
al museo buona parte delle curiosità esotiche giunte in
Europa poco dopo la
scoperta dell'America e appartenute alle più illustri
collezioni
rinascimentali e barocche (alle raccolte di Cosimo I
Medici si fanno
risalire due cucchiai afro-portoghesi e una maschera
messicana in legno
incrostato di mosaico di turchese, giadeite e conchiglia;
dalla collezione
Cospi proviene il cosiddetto idolo dei Taino delle Antille,
eccezionale
documento della prima influenza spagnola sulla
produzione artistica del
Nuovo Continente), cui si sommarono, anche in questo
caso, le raccolte di
R. XV ESQUILINO |· 151

viaggiatori ed esploratori sia italiani sia stranieri (per


l'Oceania,
Lamberto Loria e Otto Finsch; per l'Amazzonia, padre
Illuminato Coppi e
Guido Roggiani; dal Perù la collezione Mazzei; dalla
Società Geografica
Italiana un importante insieme di oggetti etiopici) e, nel
1913, i 17 000
pezzi della collezione Giglioli, fra i più rari e preziosi
dell'epoca.
Nel 1962, in occasione del VI congresso internazionale di
scienze
preistoriche e protostoriche, fu inaugurata, nel palazzo
delle Scienze
all'EUR, la Mostra della Preistoria e Protostoria Laziale,
in cui trovarono
posto, oltre a contesti protostorici appartenenti a
collezioni
ottocentesche da tempo al Pigorini, anche i materiali
frutto di ricerche
più recenti condotte dal museo stesso. Creata
originariamente come
struttura periferica permanente dell'ormai sovraffollato
museo del Collegio
Romano, l'esposizione, che illustrava l'intera sequenza
culturale nel Lazio
dalle iniziali presenze umane fino alla prima età del Ferro
(sec. IX-VIII
a. C.), fu il pretesto, completamente estraneo a una
corretta politica
museale, per trasferire tutte le collezioni nella sede
dell'EUR; il
passaggio da un edificio antico - che aveva assicurato un
soddisfacente
152 | R. XV ESQUILINO

microclima ambientale - alla sede attuale, con mura sottili


e immense
vetrate, ebbe sulle collezioni, in particolare su quelle
etnografìche (più
fragili e deperibili), un effetto traumatico, presto segnalato
dai
gravissimi sintomi di degrado che hanno reso necessari i
recenti interventi
sulle strutture dei depositi.
Per ragioni di spazio le collezioni non sono più visibili
nella loro
interezza. Per quanto riguarda la PREISTORIA E LA
PROTOSTORIA ITALIANA,
l'esposizione è restata circoscritta al Lazio e il percorso
museale del
1962 è rimasto sino a oggi sostanzialmente invariato,
limitando il numero
dei pezzi in mostra a poco meno di 6000. I materiali più
antichi, relativi
alla prima fase del popolamento della regione,
provengono da giacimenti del
Paleolitico inferiore e medio concentrati soprattutto nel
territorio di
Roma (Torrimpietra, Castel di Guido, Monte delle Gioie e
Sedia del
Diavolo); di particolare rilevanza sono poi i resti umani da
Sedia del
Diavolo (parte di un femore d. e secondo metatarsale di d.
di
preneandertaliano datati a c. 150000-200000 anni fa) e da
Grotta Guattari
al Circeo (cranio maschile, rinvenuto nel 1939 all'interno
di un circolo di
R. XV ESQUILINO |· 153

pietre, riferibile a un individuo adulto di tipo


neandertaliano vissuto c.
50000 anni fa), Scarna è invece la documentazione sul
Neolitico,
testimoniato negli insediamenti di Palidoro e Valle Ottara
(Cittaducale)
frequentati sia in fasi precedenti sia nel corso dell'antica e
media età
del Bronzo, e nel deposito della Grotta Patrizi (Sasso di
Furbara),
utilizzato nel corso del IV millennio a. C. come luogo di
sepoltura. Di
provenienza esclusivamente funeraria è la
documentazione archeologica
relativa ai primi secoli del II millennio a. C., alla fase
finale
dell'Eneolitico e all'antica età del Bronzo: si tratta di
corredi di
sepolture in grotticelle artificiali, concentrate nel territorio
di Viterbo
(Rinaldone, Sgùrgola, Ponte S. Pietro), caratterizzati dalla
costante
presenza di armi (asce, alabarde, pugnali, teste di mazza
in pietra e
metallo); da Ponte S. Pietro, una sepoltura di guerriero
adulto e di
giovane individuo di sesso femminile con lesioni
traumatiche sul cranio
documenta la pratica del sacrificio umano.
I fondi di gran lunga più consistenti tra quelli oggi esposti
sono
inquadrabili tra l'età del Bronzo finale e la prima età del
Ferro:
154 | R. XV ESQUILINO

l'abbondante produzione di oggetti ènei è illustrata da


ripostigli - alcuni
con spiccate caratteristiche premonetali - la cui
composizione ha un ampio
campo di variabilità (Coste del Marano: utensili,
ornamenti, vasellame con
esemplari di notevole fattura, veri e propri oggetti di
prestigio; Monte
Rovello: solo asce intere o frammentarie, panelle e resti di
fusione;
Tolfa: solo asce; Ardea, di gran lunga il ripostiglio più
consistente: asce
e fibule), e da necropoli, caratterizzate dal rito
incineratorio nel Bronzo
finale e da quello inumatorio o da ambedue nella
successiva età del Ferro.
La facies protovillanoviana è testimoniata da corredi di
incinerazioni
delle necropoli di Poggio La Pozza, Poggio Ombricolo,
Forchetta di Palano,
Valle del Campaccio, Sasso di Furbara; a incinerazione
sono anche le tombe
della prima fase della cultura laziale (sec. X a. C.),
provenienti da
piccoli nuclei sepolcrali concentrati sui Colli Albani
(Villa Cavalletti,
Boschetto, Riserva del Truglio, Campofattore, S. Lorenzo
Vecchio) e da
Palombara Sabina e Anzio: in alcune è testimoniata l'urna
fittile a
capanna, relativamente comune, sempre nelle sepolture
maschili, nella fase
successiva, mentre i corredi sono composti solo da oggetti
miniaturizzati.
R. XV ESQUILINO |· 155

Con la prima età del Ferro, a fianco delle tombe a


incinerazione compaiono,
nelle medesime necropoli, le tombe a inumazione, con
corredi non più
miniaturizzati e via via più ricchi: vicino ai nuclei dei
Colli Albani
(oltre ai già citati, anche località Pascolare, Vigna
D'Andrea, Vigna
Delsette, Monte Crescenzio, Castel Gandolfo, Vigna
Giusti), spesso
costituiti da un numero ben più consistente di sepolture,
sono presenti le
necropoli di Osteria dell'Osa, Sermoneta (Caracupa e
Valvisciolo) e
Bisenzio (località Polledrara). Alcuni corredi da tombe a
incinerazione
delle necropoli di Cerveteri (Sorbo), Tarquinia (Le Rose)
e Narce (I Tufi)
illustrano la cultura villanoviana nei territori dell'Etruria
meridionale.
La ricca COLLEZIONE ETNOGRAFICA è visibile solo
in parte. Al piano terra è
presentata una canoa cerimoniale delle Isole Trobriand; al
primo piano è la
sala degli Indios del Brasile, articolata in sezioni
monografiche che
comprendono l'archeologia, l'etnostoria, la cultura
materiale e il rito.
Nel 1989 è iniziato lo studio di un nuovo allestimento
delle raccolte
etnografiche dell'Africa, dell'America e dell'Oceania (fino
ad allora
esposte secondo il gusto e la cultura dell'800 e degli anni
del
156 | R. XV ESQUILINO

colonialismo) teso a contestualizzare i singoli oggetti


nella realtà da cui
provengono; per ciò che riguarda la preistoria, le
caratteristiche stesse
delle collezioni, in grado da una parte di illuminare alcune
delle
principali tappe della p reistoria italiana e dall'altra di
tratteggiare le
linee della storia delle ricerche in questo campo, offrono
lo spunto per la
costruzione di un nuovo percorso espositivo: un primo
passo in tale
direzione è costituito dall'apertura della sezione dedicata
alla civiltà
minoico-micenea nelle isole di Creta e Rodi.
Fanno parte dell'istituzione museale un archivio di
migliaia di lastre e
stampe fotografiche (fra cui il fondo Giglioli) impresse in
varie parti del
mondo nella seconda metà dell'800, un archivio storico
con oltre 60000
fogli e documenti e una biblioteca specializzata di quasi
50000 volumi.
Il Museo dell'Alto Medioevo (ingresso in viale Lincoln N.
3; visita: ore 9-
14, festivi 9-13) fu istituito nel 1967 con l'obiettivo di
raccogliere i
principali reperti archeologici dal sec. IV al X (dai
materiali di piena
tradizione classica alle necropoli longobarde, ai marmi e
alle ceramiche di
età carolingia, ai reperti di due insediamenti altomedievali
della Campagna
R. XV ESQUILINO |· 157

romana) e promuovere ricerche in un settore che


conosceva in quegli anni
uno straordinario sviluppo. L'esposizione attuale risale al
1981, ma ha
subito numerose revisioni in relazione ai risultati della
ricerca
archeologica postclassica.
I materiali tardo-antichi (secoli IV-VI) esposti nella
SALA I provengono
per lo più da Roma e illustrano aspetti della vita ufficiale
(ritratti
imperiali, fibula aurea del Palatino), del costume funerario
e delle
manifestazioni di culto (iscrizioni sepolcrali e votive) in
un'epoca
caratterizzata da profondi mutamenti politici e culturali.
La successiva età delle migrazioni dei popoli è
documentata, nelle SALE II
e III, dalle necropoli longobarde di Nocera Umbra
(Perugia) e Castel
Trosino (Ascoli Piceno), costituite di 166 e 237 tombe
quasi integralmente
esposte; i corredi, distribuiti per fasi cronologiche in
modo da
sottolineare il graduale processo di assimilazione da parte
del gruppo
longobardo di elementi di tradizione tardo-romana e
bizantina fino alla
completa integrazione con il sostrato locale, sono databili
tra la fine del
VI e la metà circa del sec. VII: nelle sepolture femminili
prevalgono
ornamenti dell'abito e personali (fibule, collane, orecchini
ecc.), amuleti
158 | R. XV ESQUILINO

(conchiglie, denti di cinghiale, sfere di cristallo di rocca) e


oggetti
d'uso quotidiano (coltelli, fuseruole, spade da telaio),
mentre le tombe
maschili sono caratterizzate da armi (scudo, lancia, frecce,
talora elmo e
corazza) e da accessori per cavalcare (speroni, morsi,
selle, bardatura del
cavallo).
Le SALE IV e V sono dedicate a oggetti di età carolingia
(secoli VIII-X),
soprattutto marmi e ceramiche provenienti da Roma e dal
Lazio: si tratta di
rilievi pertinenti a recinzioni presbiteriali, amboni, altari,
cibori
decorati con motivi paleocristiani (pavoni, calici, croci,
grappoli) con
semplici intrecci e girali che formano serie continue di
cerchi e quadrati;
fa eccezione un rilievo con la raffigurazione di un
personaggio maschile in
atto di afferrare due grifi, interpretato, in base a un'ampia
documentazione iconografica su stoffe, mosaici e
miniature, come l'ascesa
al cielo di Alessandro Magno, tema della letteratura antica
recuperato in
chiave simbolica nell'arte medievale.
Nella SALA VI sono esposti i materiali dello scavo della
domusculta di S.
Cornelia presso Veio, un centro agricolo di fondazione
papale, sorto sul
sito di una villa romana e utilizzato fino al sec. XIII,
notevole esempio
R. XV ESQUILINO |· 159

di continuità insediativa nella Campagna romana.


Dalla sede episcopale di S . Rufina, sorta sull'antica via
Cornelia nel
luogo dove secondo la tradizione sarebbe avvenuto il
martirio delle Ss.
Rufina e Seconda, provengono i materiali della SALA
VII; gli scavi hanno
evidenziato una continuità di occupazione del sito, con
resti di un centro
agricolo romano, di un'area cemeteriale cristiana e di un
insediamento
altomedievale da cui proviene il mosaico pavimentale.
La SALA VIII accoglie una collezione di stoffe e rilievi
copti acquistati
negli anni '70 sul mercato antiquario: consta di 74
esemplari (secoli V-X)
appartenenti ad abiti, arredi liturgici e tappezzerie in lino e
lana con
motivi ornamentali tratti dalla mitologia classica, dà
mondo cristiano e
dal repertorio decorativo orientale; particolarmente
notevole per
dimensioni, grandiosità di impianto e tecnica di
esecuzione è un frammento
di cortina policroma con figure di oranti.
Al piano superiore è l'aerofototeca, sezione dell'Istituto
centrale per il
Catalogo e la Documentazione, fondata nel 1959 con il
compito di
raccogliere e catalogare il materiale aerofotografico
relativo alle diverse
zone del territorio nazionale di interesse archeologico,
monumentale e
160 | R. XV ESQUILINO

paesaggistico.
Oltrepassato l'alto porticato di piazza Marconi (a d. Le
Professioni e le
Arti di Fortunato Depero, a sin. Le Corporazioni di Enrico
Prampolini,
mosaici realizzati nel 1942), si continua per viale della
Civiltà Romana
sino a piazza Agnelli, racchiusa dal severo complesso dei
due edifici
simmetrici (Pietro Aschieri, Domenico Bernardini, Cesare
Pascoletti e Gino
Peressutti, 1939-52), oggi sede del Museo della Civiltà
Romana, eretto per
conto della FIAT e donato alla città dall'allora presidente
della società
Giovanni Agnelli. Le costruzioni, prive di aperture eccetto
i due
monumentali accessi, sono collegate da un colonnato a
tutta altezza posto a
fondale del viale e della piazza e rivestite con bugnato di
tufo scuro
sormontato da una cornice di travertino; esse
costituiscono la
realizzazione più espressiva e forse più compiuta di quella
rievocazione di
Roma imperiale voluta dal fascismo e perseguita nella
prima fase di
edificazione dei quartiere.
Il Museo della Civiltà Romana (visita: ore 9-13.30,
martedì e giovedì anche
16-19, festivi 9-13, lunedì chiuso), ideato da Giulio
Quirino Giglioli e
inaugurato nel 1955, è costituito esclusivamente di
riproduzioni destinate
R. XV ESQUILINO |· 161

a documentare la storia di Roma, i vari aspetti della civiltà


romana
(architettura, topografia, costume, religione, vita
quotidiana, attività
bellica ecc.) e le tracce da essa lasciate nel mondo; inoltre
raccoglie,
opportunamente integrato, il materiale che figurava nella
Mostra
archeologica alle terme di Diocleziano del 1911 e nella
Mostra augustea
della Romanità del 1937. Del museo, attualmente in
ristrutturazione, si
prevede a breve di riaprire con un allestimento
provvisorio tutto il lato
d. (sale I-XVI e LI-LVI), il grande plastico di Roma e le
sale adiacenti
(XXXVI-XXXIX, XLIV-L).
Di notevole interesse la sezione introduttiva "Dalla mostra
al museo",
illustrante la storia della collezione di calchi e plastici
dalla Mostra
archeologica del 1911 al Museo dell'Impero (1927-29)
fino all'attuale
istituzione.
Nel ricchissimo complesso delle riproduzioni esposte
spiccano: nelle SALE
IV-VI, il guerriero di Capestrano, una capanna del
villaggio romuleo sul
Palatino, il tempio di Giove sul Campidoglio e gli
affreschi della tomba
Francois di Vulci; nella SALA VII, la *colonna rostrata di
Caio Duilio,
eretta nel Foro Romano per la vittoria navale sui
Cartaginesi a Milazzo
162 | R. XV ESQUILINO

(260 a. C.); nella SALA VIII, ritratti di Cesare, plastici


degli assedi di
"Avaricum" (Bourges), di "Alesia" (Alise-Saint-Reine) e
del ponte sul Reno;
modelli di macchine belliche; nella SALA IX, il *pronao
del tempio di
"Ancyra" (Ankara), con la porta ai lati della quale è scritto
il testamento
di Augusto ("Monumentum Ancyranum"); nella SALA
XI, il plastico della
cittadella di Masada, ultimo baluardo della resistenza
giudaica dopo la
conquista di Gerusalemme (72-73) e la riproduzione della
*statua della
Vittoria di Brescia; nella SALA XIII, il *calco di un
fianco dell'arco di
Marco Aurelio a Tripoli (163); nella SALA XIVI il
*pilone dell'arco di
Galerio a Salonicco (297-305), il plastico e il rilievo
dell'arco di
Costantino a Roma con la battaglia di Ponte Milvio, e la
carta della
frontiera fortificata ("limes") dell'Impero nei secoli in e
IV; nella SALA
XV, il Calco dell'iscrizione metrica dogmatica di
Atbercio,
ricostruita dai frammenti da Ierapoli in Frigia e dagli Atti
del Santo,
detta "regina delle iscrizioni cristiane"; nella SALA
XXVII, i Fasti
Ostiensi e Amiternini, e la "tabula Hebana"; nella SALA
XXXVII, il
*plastico di Roma in scala 1: 250, il più grandioso (m
266) e aggiornato
R. XV ESQUILINO |· 163

esistente, che riproduce la città quale doveva essere al


tempo di
Costantino, ricostruita sulla base dei risultati degli ultimi
scavi e delle
più recenti ricerche di topografia romana: iniziato per la
Mostra augustea
della Romanità nel 1937, è stato recentemente aggiornato
(manca la "regio
XIV-Trans Tiberim"); nella SALA XL, i plastici della
casa del Poeta Tragico
a Pompei, del palazzo di Diocleziano a Spalato, della villa
dei Sette Bassi
lungo la Via Tuscolana, di una casa ad appartamenti di
Ostia Antica e di
una a cinque piani ai piedi del Campidoglio; nella SALA
XLV, i *tesori di
argenteria di Hildesheim (Berlino), di Attila (Vienna),
dell'Esquilino
(Londra); nella SALA LI, la serie completa dei *calchi
(fatti eseguire nel
1860 da Napoleone III) della Colonna Traiana, i cui rilievi
illustrano le
due campagne di Traiano contro i Daci (101-102; 105-
106); nella SALA LIII,
ricostruzione di una groma, di torchi vinari e oleari, di un
"trapetum" e
il *plastico della villa rustica di Boscoreale.
Si prende verso S il viale dell'Arte sul quale affacciano,
fronteggiandosi,
al N. 16 il palazzo del Ministero della Marina Mercantile
(Gaetano
Minnucci, 1958-59) e al N. 25 la sede dell'Istituto
Mobiliare Italiano di
164 | R. XV ESQUILINO

Attilio La Padula e Alfio Marchini (corpo centrale, 1966);


la plastica
struttura della sala congressi è stata aggiunta nel 1971 da
Lucio, Vincenzo
e Fausto Passarelli. Il grattacielo dell'Alitalia (Fabio
Dinelli, 1968-70),
ora dell'IBM Italia, che domina piazzale Giulio Pastore è
un
parallelepipedo ottagonale (alto c. 71 m) composto di un
nucleo centrale in
cemento armato e di una struttura in acciaio: il
rivestimento esterno è in
pannelli di alluminio, vetro e acciaio.
Il viale dell'Arte incrocia viale Europa, asse di rilievo del
quartiere,
che ha come fondali architettonici da un capo la chiesa dei
Ss. Pietro e
Paolo (v. oltre) e dall'altro il complesso dell'Archivio
centrale dello
Stato (Mario De Renzi, Gino Pollini e Luigi Figini, 1938-
42), formato da
tre palazzi circondati da colonnati e racchiudenti una
piazza; destinati
inizialmente a mostra delle Forze Armate, poi delle
Comunicazioni e
Trasporti, successivamente a mostra del Corporativismo,
dell'Autarchia e
della Previdenza e Assicurazione, gli edifici, che traggono
ispirazione
dalle agorà ellenistiche, ospitano l'Archivio centrale dello
Stato,
distaccato nel 1953 dall'Archivio di Stato di Roma e qui
trasferito nel
R. XV ESQUILINO |· 165

1960, istituzione di importanza nazionale che raccoglie i


documenti dei
Ministeri e gli originali delle leggi e dei decreti dello Stato
italiano
dalla sua formazione.
Seguendo a d. viale Europa si incontrano sul lato sin. il
palazzo del
Ministero del Commercio con l'Estero (Guido Marinucci e
Renato Venturi,
1956-58), fedele al linguaggio internazionale, e il
complesso del Ministero
delle Finanze (Guido Marinucci, Renato Venturi, Vittorio
Cafiero e Cesare
Ligini, 1957-62), che con i tre grattacieli alti 60 m e i due
corpi bassi
si pone come elemento caratterizzante dell'EUR
direzionale contrapposto a
quello monumentale. Subito dopo l'incrocio con Via
Cristoforo Colombo
(sullo sfondo a sin., oltre il lago, il palazzo dello Sport, v.
pag. 793),
l'edificio del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni,
progettato da
Giorgio Biuso, Pietro Ferri, Leonardo Foderà, Mario
Paniconi, Giulio
Pediconi e Luigi Vagnetti (1969-76) secondo i canoni
dell'"international
style", ospita il Museo storico delle Poste e delle
Telecomunicazioni,
unico nel genere in Italia e tra i più importanti del mondo,
che contiene
una ricca documentazione e numerosi cimeli relativi alla
storia delle
166 | R. XV ESQUILINO

comunicazioni in Italia fino ai nostri giorni (visita: ore 9-


13; chiuso i
festivi).
Il museo, originato da una raccolta iniziata nel 1878 con
sede a Firenze e
trasferita a Roma nel 1907, fu aperto al pubblico nel 1959
presso l'ufficio
postale di viale Mazzini e spostato nella sede attuale nel
1982. La prima
parte è dedicata alla POSTA: notevoli una raccolta di
buche per
impostazione, dalle più antiche in pietra (una risale al
1633) alle
cassette metalliche dell'800 e '900; la ricostruzione con
arredi originali
di un ufficio postale di fine '800 (accanto è un "fornetto di
disinfezione"
delle lettere usato nel sec. XVIII-XIX); un forziere di
legno intarsiato
del sec. XIV proveniente da Urbino; stereotipi e punzoni
per la stampa dei
primi francobolli degli Stati italiani; il *calcolatore
elettronico
automatico ELEA 9003, realizzato nel 1956 su progetto di
Enrico Fermi.
Segue la parte delle TELECOMUNICAZIONI, suddivisa
in telegrafia ottica,
telegrafia elettrica (interessante il "Pantelegrafo",
inventato nel 1825
dall'abate Giovanni Caselli per la trasmissione di
immagini),
fototelegrafia (collezione di macchine da scrivere dal
1892 in poi),
R. XV ESQUILINO |· 167

telefonia (modelli ricostruttivi del telefono ideato da


Antonio Meucci nel
1841; collezione di apparecchi telefonici; il primo
centralino automatico a
10 linee di G.B. Marzi, 1886), telegrafia senza fili
(ricostruzione del
primo apparato trasmittente realizzato da Marconi a
Pontecchio nel 1895;
ricostruzione, con gli strumenti originali scampati alla
distruzione del
1943, della cabina radiotelegrafica di Marconi sul panfilo
Elettra;
collezione di apparecchi radio d'epoca) e televisione
(apparecchi
utilizzati per i primi esperimenti in Italia in bianco e nero
e a colori
nel 1940 e 1959). Completano la visita le sezioni della
MARCOFILIA
(raccolta di bolli, annulli e suggelli) e FILATELIA
(preziosa collezione di
francobolli italiani ed esteri; raccolta dei bozzetti originali
di quelli
italiani dal 1911 a oggi, alcuni dei quali opera di noti
artisti).
Da viale Europa, deviando a d. per viale Beethoven, si
giunge in piazzale
Asia chiuso a O dall'Ufficio postale (Gian Luigi Banfi,
Ludovico
Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers,
1939-42): la
costruzione, composta da due volumi distinti (uno per il
pubblico, l'altro
per gli uffici) collegati da un passaggio, si differenzia
dalle opere
168 | R. XV ESQUILINO

realizzate nel quartiere prima della guerra per l'impianto e


il linguaggio
rigorosamente razionalisti.
Il viale Europa, qui vivacizzato da negozi, sale con
un'ampia cordonata,
fiancheggiata da siepi geometrizzate e al cui termine sono
le statue in
travertino di S. Pietro (Domenico Ponzi) e S. Paolo
(Francesco Nagni), alla
chiesa dei Ss. Pietro e Paolo (Arnaldo Foschini con la
collaborazione di
Tullio Rossi, Costantino Vetriani e Alfredo Energici),
iniziata nel 1938 ma
inaugurata solo nel 1955; l'edificio, concepito come punto
di riferimento
visivo per il quartiere, oltre che per le notevoli dimensioni
(altezza m
72; diametro della cupola m 28) si caratterizza per
l'armoniosa
composizione e per la purezza dei volumi stereometrici.
La pianta a croce
greca presenta bracci, scavati ognuno da un alto
nicchione, che sporgono
dal volume sorreggente la cupola; quest'ultima, di forma
emisferica e
realizzata in cemento armato, posa su un tamburo con
aperture circolari ed
è ricoperta da un rivestimento a squame di ardesia. Nei
nicchioni esterni
sono scolpiti episodi della vita dei due santi tra motivi
allegorici di
Francesco Coccia: Consegna delle chiavi di Giovanni
Prini (in facciata),
R. XV ESQUILINO |· 169

Crocifissione di S. Pietro di Alessandro Monteleone (lato


d.), Conversione
di Saulo di Venanzo Crocetti (fronte absidale) e
Decollazione di S. Paolo
di Carlo Pini (lato sin.); il portone di bronzo è opera del
Prini.
L'interno si impone per l'equilibrio degli spazi, culminanti
nella cupola
decorata a croci e riquadri di fine rilievo; sul candore delle
superfici
spiccano le poche ma belle opere d'arte. Nei pennacchi
sono scolpiti gli
evangelisti Matteo e Jànos di Enrico Castelli, Marco e
Luca del Coccia,
autore anche dei rilievi simbolici sulle pareti delle
cappelle. La Cappella
maggiore è affiancata da due amboni in bronzo di Duilio
Cambellotti con
Predicazione di S. Pietro (a sin.) e di S. Paolo (a d.);
sull'altare,
Crocifisso in bronzo di Giuseppe Graziosi; sulla parete di
fondo, Cristo
trionfante scolpito da Attilio Selva. Nel braccio d.,
cappella di S.
Francesco, con mosaico di Jànos Hajnal; in quello sin.,
cappella
dell'Immacolata, con mosaico di Bruno Saetti.
In sagrestia, Martirio di S. Pietro riferibile a Jusepe
Ribera, e Battesimo
di Gesù di scuola dei Bassano.
Due edifici di Arnaldo Foschini (1941) formati da quattro
padiglioni
destinati a mostre e uniti fra loro da porticati panoramici
chiudono il
170 | R. XV ESQUILINO

piazzale dei Ss. Pietro e Paolo. Al 1959-60 risale l'edificio


del Collegio
"Massimiliano Massimo" (sull'omonima via al termine di
via Eufrate, a sin.
della piazza), collegio dei Gesuiti qui trasferito
dall'ottocentesco
palazzo presso la stazione di Termini: frutto della
collaborazione tra più
progettisti (Julio Lafuente, Enrico Lenti, Vincenzo, Lucio
e Fausto
Passarelli, Salvatore e Gaetano Rebecchini, Giulio
Sterbini), accoglie
nell'atrio lo stemma ligneo di Sisto V (Gaspare Guerra) e
nella cappella 12
scene ad affresco (Imprese edilizie del pontificato sistino)
attribuite a
Giovanni Guerra e Cesare Nebbia e provenienti dal
demolito palazzo di
Termini della villa Montalto Peretti.
Nel viale America (da viale dei Ss. Pietro e Paolo in via
del Giordano),
sul lato d., è la piscina delle Rose (Giorgio Biuso, Sergio
Bonamico e
Guido Gigli, 1958-59), realizzata in occasione delle
Olimpiadi, che
affaccia sul lago artificiale, lungo c. 1 km e largo nel
punto massimo e.
130 m; la passeggiata del Giappone (dai mille ciliegi dono
della città di
Tokyo) che in parte lo costeggia conduce in largo Pella,
dove la Via
Cristoforo Colombo si divide in due bracci per scavalcare
il lago con
R. XV ESQUILINO |· 171

altrettanti ponti: sulla riva opposta, su un piano


lievemente inclinato, è
la sistemazione arborea, arricchita da giochi d'acqua, del
giardino della
Cascata opera di Raffaele De Vico (1961), autore di gran
parte dei parchi e
dei giardini dell'EUR.
Sulle acque E del lago si specchia il palazzo dell'ENI
(Marco Bacigalupo,
1960-62), limpido prisma di 21 piani che attraverso il
linguaggio
dell'"international style" (struttura in acciaio, serramenti
in alluminio e
vetri di colore verde-azzurro nei due fronti) trasmette
l'immagine di una
società moderna che utilizza elementi dell'architettura
industrializzata
senza rinunciare a eleganze formali; davanti alla facciata
che prospetta su
viale dell'Arte, belle fontana in bronzo di Pericle Fazzini
(1961-65).
Sulla sommità della collina alle spalle del lago, conclude
la parte
monumentale dell'EUR il palazzo dello Sport (Pier Luigi
Nervi e Marcello
Piacentini, 1958-60), felice sintesi tra un'opera notevole di
ingegneria e
una scelta architettonica coerente con l'impianto
urbanistico del
quartiere: l'edificio, a pianta circolare con una sala per 16
000
spettatori e cupola di 100 m di diametro con 144
nervature, ha preso il
172 | R. XV ESQUILINO

posto del grande arco di duralluminio (m 330 di luce),


progettato da
Adalberto Libera ma mai realizzato, che avrebbe dovuto
costituire
l'elemento simbolico sicuramente più spettacolare
dell'esposizione.
Sul retrostante piazzale dello Sport (a d. svetta il
Serbatoio idrico, noto
come "il Fungo", innalzato da Roberto Colosimo e Aldo
Capozza nel 1957-59)
convergono i due rami di Via Cristoforo Colombo:
discendendo per breve
tratto quello O si può vedere il vascello della Rivoluzione
(Ugo Attardi,
1989), monumento celebrativo del bicentenario della
Rivoluzione francese.
Dal piazzale, percorrendo il segmento 0 di viale
dell'Umanesimo e quindi i
viali del Ciclismo e della Tecnica si raggiunge il
*Velodromo olimpico
(Cesare Ligini, Dagoberto Ortensi e Silvano Ricci, 1958-
60), opera notevole
per la complessità del tema e la risposta ottimale offerta
dalle soluzioni
architettoniche e tecnico-strutturali, oggi purtroppo in
abbandono. Il
disegno delle gradinate, che possono ospitare 17660
spettatori, consente
una perfetta visibilità da tutti gli ordini di posti grazie
all'andamento
variabile non solo in senso trasversale ma anche
longitudinale; assai
felici sono il rapporto con il terreno e la forma
complessiva della
R. XV ESQUILINO |· 173

struttura che presenta un coronamento curvilineo a


differenti altezze.
Nell'area a S dell'EUR sono stati realizzati, a partire dagli
anni '60, due
comprensori residenziali nuovi per concezione e
impostazione: Mostacciano,
insediamento a bassa densità edilizia e immerso nel verde
sorto dal 1973, e
Spinaceto, il primo fra i nuovi quartieri previsti dal piano
per l'Edilizia
economica e popolare del 1964, iniziato nel 1965 su
progetto di Lucio
Barbera, Nico Di Cagno, Dino Di Virgilio Francione e
Pietro Moroni su
un'area di c. 187 ettari di proprietà comunale; quest'ultimo
si sviluppa
secondo il modello urbanistico del "centro lineare", dove
un'ampia fascia
centrale, costituita da una "spina" di servizi fiancheggiata
da due sedi
viarie unidirezionali, divide gli edifici residenziali che si
levano su
molti piani, lasciando intorno spazi di verde.
174 | R. XV ESQUILINO

5.14 La Via Ostiense: Ostia Antica e Lido


di Ostia.

Un tracciato viario tra Roma e il mare lungo la riva


sinistra del Tevere,
forse in rapporto con lo sfruttamento delle saline presso la
foce del
fiume, si delineò sin da età antica (ne è indizio l'esistenza
della città
laziale di "Ficana", rinvenuta di recente presso Acìlia),
anche se una vera
e propria sistemazione dell'antico tracciato risale al in
secolo a. C.; la
decadenza del porto di Ostia, in relazione al quale il
collegamento si era
sviluppato, ne causò nel VI secolo l'abbandono a favore
della Via Portuense
che correva sulla riva opposta del fiume.
La visita, su un percorso automobilistico di complessivi
31 km e con carta
alle pagine 796-797, interessa il quartiere Ostiense, che si
caratterizza
per l'alta concentrazione di manufatti di archeologia
industriale e per
l'importante episodio della basilica di S. Paolo fuori le
Mura, lambisce
gli agglomerati di Vitìnia e Acìlia, delineatisi
rispettivamente nel
dopoguerra e in età fascista, e si conclude, dopo la visita
degli
spettacolari scavi di Ostia Antica, nella frazione Lido di
Ostia, moderno
R. XV ESQUILINO |· 175

insediamento nato come luogo di villeggiatura ma


letteralmente 'esploso'
nel dopoguerra (vi risiedono circa 300000 abitanti).
L'itinerario attraversa l'area meridionale del Consorzio di
bonifica di
Ostia e Maccarese e dell'Agro romano, che riunisce circa
500000 ettari. I
terreni compresi tra Acìlia e Ostia e tra gli insediamenti di
Fiumicino e
Fregene e la Via Aurelia si caratterizzano per la diversità
di fenomeni: le
grandi aziende agricole, l'ampia fascia balneare, gli
agglomerati urbani,
le zone artigianali e industriali che hanno prodotto la
polverizzazione di
parte dei lotti di bonifica in piccole e piccolissime
proprietà, la
presenza dell'aeroporto intercontinentale "Leonardo da
Vinci" e di
importanti arterie stradali e ferroviarie. La complessità del
contesto ha
determinato, accanto alla manutenzione di una rete di
canali di circa 366
km e all'esercizio di 20 impianti tra idrovore e stazioni di
sollevamento a
uso irriguo, la promozione di varie iniziative di tutela
ambientale e di
analisi e prevenzione dell'inquinamento.
Il territorio dell'Agro romano si identifica con quello
dell'antico "ager
Romanus", entrato nella Comarca pontificia e passato,
dopo l'Unità, allo
Stato italiano. La bonifica dell'attuale comprensorio
consortile (che
176 | R. XV ESQUILINO

comprende gran parte della Comarca pontificia e di cui


circa 80000 ettari,
pari al 70% della superficie, ricadono nel comune di
Roma) prese avvio nel
1878, quando fu dichiarata di pubblica utilità per il
miglioramento
igienico della città e della campagna e ne furono fissati gli
obiettivi nel
prosciugamento delle paludi e degli stagni,
nell'allacciamento delle
sorgive, nella sistemazione degli scoli e nel risanamento
agrario.
La pianura fortemente ondulata, digradante verso la costa
ma continuamente
interrotta da valli che si intersecano dando luogo a una
giacitura assai
difforme e tormentata, vede come attività principale
quella agricola
(passata dopo la seconda guerra mondiale da un regime
fondiario
prevalentemente latifondista a dimensioni più idonee per
imprese attive),
cui segue quella turistica, di rapido e recente sviluppo
lungo il litorale.
La visita prende avvio da piazzale Ostiense, sul quale
prospettano a O la
piramide di Caio Cestio e a N la porta S. Paolo (per
entrambe, v. pag.
657), mentre a SE sono le stazioni della metropolitana e
per Lido di Ostia
(Marcello Piacentini, 1921-24), testata della ferrovia
iniziata nel 1916 e
inaugurata nel 1924.
R. XV ESQUILINO |· 177

Una breve deviazione a SE per viale delle Cave Ardeatine


conduce al
piazzale dei Partigiani avendo di fronte la stazione Roma
Ostiense,
costruita nel 1938 da Roberto Narducci per la visita di
Hitler in Italia;
rivestita in travertino con a d. un rilievo (Pegaso) di
Francesco Nagni
(1940), è ornata nel portico di pavimenti a mosaico. Una
struttura tubolare
pensile la unisce all'Air terminal e al Centro commerciate
(Julio Lafuente
e Michele Pirrello, 1989-90), complesso coperto da una
grande volta
metallica ispirata alle forme degli antichi edifici romani.
Da piazzale Ostiense si imbocca in direzione S la Via
Ostiense, tratto
dell'omonima statale 8bis, che, sottopassata la ferrovia,
costeggia a d.
l'area industriale delineatasi dopo l'unità d'Italia grazie
alla vicinanza
al fiume, allora navigabile, e alla lontananza dai quartieri
residenziali,
e sviluppatasi soprattutto dopo la costruzione della nuova
stazione di
Trastevere e del porto fluviale, nonché in seguito
all'allargamento (1908-
11) della via stessa; per ragioni economiche, e per la
volontà politica di
evitare concentrazioni operaie vicino alle sedi di governo,
il processo
insediativo, peraltro ribadito dal piano regolatore del
1909, durò pochi
178 | R. XV ESQUILINO

decenni e già nel 1931 l'area venne destinata a


insediamenti residenziali a
carattere popolare.
Il primo slargo è piazza del Gazometro da dove si
imbocca a d. via del
Commercio: al N. 12 è il complesso ICP Ostiense (1909,
sopraelevato da
Innocenzo Sabbatini nel 1923), fronteggiato dai gazometri
(c. 1908). Al
termine della via si volta a sin. in via del Porto Fluviale e,
subito oltre
l'ex Consorzio agrario cooperativo di Tullio Passarelli (N.
69; 1918), si
tiene a sin. sulla riva Ostiense, area del porto fluviale
utilizzato fino
al 1930 per lo scarico del carbone della vicina Officina del
Gas; vi
insistono anche i Magazzini generati, cui si accede dai
numeri 13-15 di via
del Commercio, progettati da Passarelli nel 1909 con due
coppie di edifici
collegati da una galleria in ferro che raggiunge il Tevere
mediante
trasportatori aerei. Sulla riva opposta del fiume si
scorgono gli edifici
dei primi nuclei produttivi insediatisi nell'area Portuense
(v. pag. 820).
La Via Ostiense, lasciati a sin. i Mercati generali (1913-
22) e a d. le
strutture della centrale termoelettrica "Giovanni
Montemartini" (1911-13),
incontra il sepolcreto Ostiense (per la visita rivolgersi alla
X
R. XV ESQUILINO |· 179

ripartizione del comune), vasta necropoli dei secoli I a.


C.-IV d. C.
visibile in parte da una tettoia al centro della strada e a
ridosso dello
strapiombo tufaceo detto Roccia di S. Paolo,
raggiungendo quindi la
basilica di S. Paolo fuori le Mura, la più ampia di Roma
dopo S. Pietro.
Sul luogo dove, secondo la leggenda, fu sepolto il santo
venne eretta una
"cella memoriae" che Costantino trasformò in piccola
basilica, consacrata
da Silvestro I nel 324; ricostruita da Valentiniano II,
Teodosio e Arcadio
nelle dimensioni attuali, venne riconsacrata da Siricio
(390) e terminata
nel 395 sotto l'imperatore Onorio (iscrizione nell'arco
trionfale). A
partire dal sec. VIII divenne un piccolo stato monastico-
feudale, con un
borgo addossato all'abbazia che, fortificato da Giovanni
VIII, prese il
nome di Giovannopoli e venne abitato fino al terremoto
del 1348 (in tale
circostanza crollò il campanile); la chiesa, che si arricchì
di opere
d'arte nei secoli XIII (vi lavorarono i Vassalletto, Pietro
Cavallini e
Arnolfo di Cambio) e XV (Benozzo Gozzoli e Antoniazzo
Romano), vide rifatti
i soffitti lignei delle navate e demolito il presbiterio al
tempo di Sisto
V, ebbe nuove decorazioni nel sec. XVII (Onorio Longhi
e Carlo Maderno) e
180 | R. XV ESQUILINO

un ulteriore restauro sotto Benedetto XIII. In seguito


all'incendio che il
15 e 16 luglio 1823 distrusse la basilica (rimasero il
transetto, l'arco
santo e parte dell'antica facciata, poi demolita) venne
nominata per volere
di Leone XII una commissione che, scartato il progetto di
Giuseppe
Valadier, decise di riedificarla seguendo le dimensioni e
la pianta del
tempio precedente; nel 1840 Gregorio XVI consacrò il
transetto e nel 1854
Pio IX l'intera fabbrica. Autore del piano definitivo fu
Pasquale Belli
(1825-33), coadiuvato da Pietro Bosio, Pietro Camporese
il Giovane e Andrea
Alippi; a Luigi Poletti (1833-69) si deve la facciata, il
campanile e il
fianco sin. della chiesa con il portico; a Virginio
Vespignani risale il
portico principale (1890-92) modificato da Guglielmo
Calderini (1892-1928),
mentre Francesco Podesti realizzò la cappella di S.
Stefano e Arnaldo
Foschini il battistero (1926).
Sulla via si erge il CAMPANILE (pianta a pag. 799; 1),
simile a un faro: i
primi tre piani sono a pianta quadrata, il quarto è
ottagonale e l'ultimo a
forma di tempietto circolare con colonne corinzie.
Costeggiando il fianco
sin. della chiesa (all'inizio - 2 - è il PRONAO ottastilo del
Poletti, che
R. XV ESQUILINO |· 181

reimpiegò 12 colonne di marmo greco dell'Imetto già


nelle navate laterali
dell'antica basilica) si raggiunge il viale di S. Paolo dove
prospetta la
FACCIATA, preceduta dal QUADRIPORTICO (3)
formato dal nartece, con 10
colonne monolitiche di granito rosa di Baveno alte 10 m,
e, negli altri
lati, da colonne di granito bianco di Montòrfano (in
triplice fila sul lato
verso il Tevere); nel mezzo statua di S. Paolo di Giuseppe
Obici; a d.,
statua di S. Luca di Francesco Fabj-Altini. Nella parte
superiore della
facciata, mosaico (Cristo benedicente tra i Ss. Pietro e
Paolo; Agnus Dei;
quattro profeti) su disegno di Filippo Agricola e Nicola
Consoni (1854-74;
restauro 1988). Sotto il portico della facciata, statue dei
Ss. Pietro e
Paolo di Gregorio Zappalà; la porta mediana ha battenti in
bronzo con
bassorilievi (Antonio Maraini, 1930).
L'interno (lunghezza m 131.66, larghezza m 65, altezza m
29.70), con 80
colonne monolitiche di granito di Montòrfano, è diviso in
cinque navate, di
cui la mediana si impone per la maestosa ampiezza (m
24.60), e presenta un
transetto continuo poco sporgente e quattro cappelle ai lati
dell'abside;
il soffitto a lacunari della nave centrale fu rifatto in stile
cinquecentesco da Pio IX (stemma al centro). Alle pareti:
in alto, tra le
182 | R. XV ESQUILINO

finestre chiuse da lastre di alabastro, storie della vita di S.


Paolo, 36
affreschi di Pietro Gagliardi, del Podesti, di Guglielmo De
Sanctis,
Francesco Coghetti e Cesare Mariani; sotto, fregio, che
corre anche nelle
navate laterali, con ritratti di pontefici (da S. Pietro a
Giovanni Paolo
II) in mosaico entro tondi. Lungo le pareti laterali, entro
nicchie, statue
degli apostoli del Fabj-Altini, di Antonio Allegretti,
Giuseppe Trabacchi,
Emilio Gallori, Eugenio Maccagnani e Filippo Cifariello
(1884). Sopra la
porta maggiore, angeli di Ignazio Jacometti (d.) e di
Salvatore Revelli
(sin.) reggenti lo stemma di Pio IX; a sin. è la Porta Santa,
i cui
*battenti bronzei furono cesellati e damaschinati in
argento (i riquadri
rappresentano le storie del Vecchio e Nuovo Testamento)
da Staurachios da
Scio nel 1070.
In fondo alla NAVATA MEDIANA è il maestoso *arco
di trionfo, detto di Galla
Placidia per erronea interpretazione del distico che si
legge sull'orlo
dell'arcata, impostato su due colonne di granito di
Montòrfano con
capitelli ionici: presso la base, statue di S. Pietro (4) dello
Jacometti e
di S. Paolo (5) del Revelli. La decorazione musiva,
ritrasportata dall'arco
R. XV ESQUILINO |· 183

originario del tempo di S. Leone Magno e assai restaurata,


raffigura nel
mezzo il Salvatore benedicente tra due angeli adoranti, i
simboli degli
evangelisti e i 24 Seniori dell'Apocalisse, e nei mistilinei i
Ss. Pietro e
Paolo; nel rovescio dell'arco, Cristo benedicente tra i
simboli dei Ss.
Luca e Marco e i Ss. Pietro e Paolo, resti di mosaici del
Cavallini già
nell'antica facciata.
Al di sopra dell'ALTARE MAGGIORE, il celebre
*ciborio (6), eretto nel 1285
da Arnolfo di Cambio probabilmente in collaborazione
con il Cavallini, è
una splendida scultura gotica: sopra le quattro colonne di
porfido con
capitelli in marmo dorato, all'interno di altrettante nicchie
angolari, i
Ss. Pietro, Paolo, Luca e Benedetto, e, nei mistilinei
all'esterno delle
ogive, otto bassorilievi raffiguranti l'abate Bartolomeo,
seguito da un
assistente con le insegne vescovili, che offre il
tabernacolo a S. Paolo,
dietro al quale è S. Luca; Abele e Caino offrenti sacrifici
all'Eterno, che
benedice con la mano il primo e non accetta l'offerta del
secondo;
Costantino e Teodosio; Adamo ed Evo dopo il Peccato
originale; nei quattro
timpani, coppie di angeli reggenti i rosoni a traforo; nei
peducci della
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volta a crociera, quattro angeli incensano la sottostante


tomba
dell'apostolo, mentre altrettanti sostengono la chiave di
volta. Sotto
l'altare, preceduto dalla confessione (7), tomba
dell'apostolo (sec. IV).
Sulla d. dell'altare, *candelabro per il cero pasquale (8),
opera di Nicolò
di Angelo e Pietro Vassalletto (firma; sec. XII): la base è
formata da
quattro coppie di animali mostruosi fra cui siedono
altrettante donne che
ne stringono il collo; il fusto, diviso in sei parti, accoglie
nel mezzo le
storie della Passione.
L'ABSIDE (9) è dominata dal grande *mosaico del tempo
di Onorio III: nel
mezzo, Cristo benedicente con il minuscolo Onorio III (ai
suoi piedi) tra i
Ss. Pietro e Andrea (d.) e Paolo e Luca (sin.); al di sotto,
altare con
Croce gemmata e simboli della Passione, angeli e, tra
palmizi, teoria di
apostoli e santi; nei mistilinei fuori dell'arco dell'abside, a
d. S.
Giovanni evangelista benedice Giovanni XXII e simbolo
dell'apostolo, a sin.
Madonna in trono con Bambino e simbolo di S. Matteo,
mosaici del Cavallini
già sulla facciata. Al centro dell'abside, tra quattro
colonne scanalate
corinzie, sedia papale con bassorilievo dorato (Cristo dà le
chiavi a S.
R. XV ESQUILINO |· 185

Pietro) di Pietro Tenerani; nella lunetta, S. Paolo sollevato


al terzo
cielo di Vincenzo Camuccini (1840).
TRANSETTO. Ricco soffitto con stemmi di Pio VII,
Leone XII, Pio IX,
Gregorio XVI e della basilica (il braccio con la spada); le
lesene corinzie
che ripartiscono le pareti sono ricavate dai resti delle
colonne in
pavonazzetto dell'antica basilica; alle testate dei due
bracci, altari
rivestiti di malachite e lapislazzuli, dono dello zar Nicola
I. All'altare
del braccio sin. (10), Conversione di S. Paolo del
Camuccini, tra le statue
di S. Romualdo (11; Achille Stocchi) e di S. Gregorio
Magno (12; Francesco
Massimiliano Laboureur). A d., verso l'abside, la cappella
di S. Stefano
(13) accoglie sull'altare una statua del santo di Rinaldo
Rinaldi, a d. la
Lapidazione del santo del Podesti, a sin. S. Stefano
cacciato dal sinedrio
del Coghetti. Nell'adiacente cappella del Santissimo (14;
Carlo Maderno)
sono un Crocefisso del sec. XIV, attribuito al Cavallini,
qui sepolto, e a
sin. una Madonna in mosaico del sec. XII; nella nicchia d.
statua lignea di
S. Paolo (sec. XIV-XV), in quella sin. statua di S. Brigida
di Stefano
Maderno. Al di là dell'abside, la cappella del Coro o di S.
Lorenzo (15;
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Carlo Maderno, 1629) ha sull'altare un trittico marmoreo


della scuola di
Andrea Bregno (1494). Segue la cappella di S. Benedetto
(16), in cui il
Poletti riprodusse la cella di un tempio pagano (le 12
colonne sfaccettate
di marmo provengono da Veio): statua del santo del
Tenerani. Fuori della
cappella, singolare acquasantiera di Pietro Galli (17;
1860). All'altare
dei braccio d. (18), copia in mosaico dell'Incoronazione di
Maria di Giulio
Romano e Francesco Penni; la fiancheggiano le statue di
S. Scolastica (19;
Felice Baini) e di S. Benedetto (20; Filippo Gnaccarini,
1837).
A d. dell'altare si accede alla SALA DEL
MARTIROLOGIO (oratorio di S.
Giuliano; 21), con affreschi deteriorati del sec. XII-XIII, a
sin. al
BATTISTERO (22), a croce greca con quattro colonne
antiche dai capitelli
ionici, e, per un andito (nella nicchia, S. Paolo attribuito
ad Antoniazzo
Romano), alla SALA GREGORIANA (23), con colossale
statua di Gregorio XVI
del Rinaldi e, alle pareti, affreschi (Cristo adorato dagli
angeli, Madonna
con Bambino tra santi) del sec. XV e mosaici provenienti
dalla decorazione
musiva dell'abside (sec. XIII). Subito a d. si passa nel
*CHIOSTRO (24),
opera in parte dei Vassalletto, iniziato nel sec. XII e
terminato prima del
R. XV ESQUILINO |· 187

1214. Le colonnine binate (lisce, ottagone, a spirale,


talune con intarsi a
mosaico) sostengono gli archetti a pieno centro, sopra i
quali corre una
trabeazione ornata di splendidi intarsi marmorei policromi
e di mosaici;
un'iscrizione in lettere azzurre su fondo oro, su tre lati,
illustra
l'opera. Vi sono conservati frammenti architettonici
provenienti
dall'antica basilica e reperti archeologici dal vicino
sepolcreto Ostiense:
notevoli il sarcofago di Pietro di Leone (sec. XII), la
statua di Bonifacio
IX e, sulla parete prima dell'accesso alla pinacoteca, il
frammento di
sarcofago con Cristo tra gli apostoli.
La PINACOTECA (25) accoglie sulla parete d. quattro
ritratti di papi ad
affresco dal distrutto cielo che ornava la basilica, e una
Madonna con
Bambino e santi nei modi di Antoniazzo Romano; sulla
parete lunga
d'ingresso un trittico a sportelli (Annunciazione e, sul
retro degli
sportelli, Martirio di S. Sebastiano e i Ss. Pietro e Paolo)
di scuola
umbra del sec. XVI, una Madonna col Bambino di
Benvenuto di Giovanni, una
Flagellazione del Bramantino e Crocifisso e S. Brigida del
Cigoli; sulla
parete di fondo Assunzione di Maria di Filippo Agricola.
L'adiacente
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CAPPELLA DELLE RELIQUIE (26) ospita una croce


d'argento dorato nello stile
di Nicola da Guardiagrele.
Nel MONASTERO, restaurato nel.1908-14, è sistemato
un museo (ingresso al N.
186; per la visita telefonare al 5410341) con
un'importantissima collezione
di epigrafi cristiane e lapidi sepolcrali dell'antica basilica,
e 42
medaglioni ad affresco appartenenti alla preziosa serie
medievale dei
ritratti papali (secoli V-IX).
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