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Lezione #08.

18-03-22

MILANO NAPOLEONICA (parte 3)

PIAZZA DEL DUOMO

Incisione di Domenico Aspari, 1791, “Veduta del Duomo di


Milano” dalla serie “Vedute di Milano”

Veduta della Piazza del Duomo con un’impostazione non


convenzionale in quanto vediamo la parte absidale dell’edificio.
Non è ancora compiuto perché mancano i 4 gugliotti e la parte
superiore del Duomo. La rappresentazione cambia un po’ le
dimensioni della realtà per permettere di mettere in mostra il
soggetto principale.

Incisione dalla serie di vedute di Gaspare Galliari, Vista dalla


piazzetta reale, 1808

Vediamo il Palazzo Reale con la configurazione di Giuseppe


Piermarini per Ferdinando I d’Asburgo con la facciata
riformulata in stile “classico sobrio”, tipico della sua
architettura. Il palazzo era il vecchio palazzo sforzesco, poi
usato come sede del Broletto, poi come sede dei governatori
prima spagnoli e poi austriaci. Quando Napoleone divenne Re
d’Italia, diventa il Palazzo Reale per lui e vengono fatte alcune
modifiche interne per ottenere una sala del trono. Sul fondo si
vede la piazza del Duomo.

Al tempo, Milano non aveva ancora una piazza monumentale secondo i parametri classicisti dell’epoca,
inoltre aveva una facciata del Duomo incompiuta. Pellegrino Tibaldi, architetto del tardo classicismo
milanese, aveva iniziato una facciata in stile “alla romana” su un edificio che era gotico durante la seconda
metà del ‘500. I lavori si erano poi fermati, quindi questa facciata rimane un problema per un lungo
periodo. Sarà solo negli anni napoleonici che verrà finalmente realizzata la facciata che vediamo tutt’oggi.

Per quanto riguarda Piazza del Duomo, ci sono stati progetti per regolarizzarla e darle una nuova funzione
politica fin dagli anni repubblicani. Tra gli architetti milanesi, Giuseppe Pistocchi (architetto giacobino) fu
la figura di rilevanza. Si pone come antagonista a Giovanni Antolini. Infatti, abbiamo un libro del 1801
dove Pistocchi offre osservazioni sul progetto di Foro Bonaparte, affermando come fosse sbagliato pensare
al foro in una situazione periferica come l’aveva proposta Antolini perché, guardando al modello romano, il
foro doveva essere al centro della città. Inoltre, a differenza della forma circolare proposta da Antolini,
Pistocchi sottolinea che i fori dovessero avere forma quadrangolare.
Pistocchi realizza diverse idee di piazza-foro tra il 1797 e il 1812 che mutano nel tempo a seconda del
diverso clima sociopolitico in cui si trova Milano ma non sono sempre di facile interpretazione. I disegni non
sono datati e spesso l’architetto vi tornava sopra per modificarli, il che rende difficile metterli nell’esatta
sequenza temporale. Mantengono come elemento permanente l’idea di regolarizzare la piazza, dandole un
impianto ad “U” di fronte al Duomo.
Una delle prime ipotesi risalente agli anni repubblicani. La legenda
mostra una sala per il gran consiglio da un lato e una sala per seniori
dall’altro, tipico sistema della Costituzione Cisalpina. Usa un nuovo
corpo di fabbrica ad U per delimitare la piazza con 3 lati porticati.
Questo edificio aveva funzioni politiche e civili.
In sezione mostra come concepiva una delle sale del parlamento,
adottando il modello del teatro greco (scalinata). Nello spazio di
intervallo tra l’edificio e il duomo ci sono due strutture e un
monumento.

Intorno agli anni 1800-01 (seconda Repubblica Cisalpina).


Si pensa ancora ad una destinazione pubblica per le grandi strutture di
governo dello stato, pensato però per il senato e per 6 degli 8
ministeri della repubblica (i magistrati, ministero dell’interno, della
finanza, della giustizia, della guerra e della polizia).
Ripropone due strutture e un monumento.

Pianta secondo piano


Mostra il rapporto dell’edificio con il Duomo in quanto possiamo notare
che la piazza si presenta come uno spazio vuoto delle dimensioni della
chiesa.

Prospetto dell’edificio
Lo immagina in stile classico, ispirato ad un miscuglio tra il modello del
tempio greco e la stoà. Si presenta come una loggia a due piani,
dorica al piano terra e ionica al primo, di chiara impronta neoclassica.
Davanti al centro dell’edificio c’è una colonna monumentale che è la
riproposizione dell’idea per la colonna di Marengo, fatta da infusto di
palma (albero della rigenerazione) con scala esterna spiraliforme che
ricorda la colonna Traiana.

Prospetto delle strutture


Mette in risalto le strutture monumentali che fungono da ingresso
laterale alla piazza. Deduciamo che si tratta di archi trionfali a tre
fornici, immaginario che confluirà poi nell’arco del Sempione.
A destra: un’ipotesi di completamento della facciata del Duomo
elaborata da Pistocchi.
La didascalia la definisce come la pianta per una piazza nazionale, ma
la destinazione d’uso di questo progetto era diversa da quelle
precedenti. Si rinuncia a mettere organi di governo nell’edificio ad U;
invece, il piano terra viene destinato a negozi e botteghe, mentre i
piani superiori sono adibiti a scopi residenziali.
Rimane comunque un progetto alimentato da forme uniformi e
geometriche molto delineate.

Prospetto dell’ala destra


Elevazione dell’ala destra fatta con un’architettura molto semplice che
viene nascosta da un porticato dalle colonne in stile ionico-

Sezione
Evidenzia il passaggio che si vede in pianta, il quale si configura come
un arco trionfale che funge da ingresso alla piazza.

Simile la progetto precedente, con la presenza di un porticato corinzio


al posto di un porticato ionico.

Ultimi progetti di Pistocchi, riprende idea dei ministeri ma la dedica è


rivolta verso Napoleone il Grande. Il corpo diventa più spesso e
profondo.
Disposizione ad emiciclo.

Il corpo di fabbrica consiste in botteghe + residenze. Pistocchi


rinuncia al neoclassicismo all’antica e guarda i modelli del
rinascimento del “palazzo urbano”.
LA CATTEDRALE

Disegno di uno degli apparati che venivano fatti in occasione di esequie,


perché Piazza del Duomo era anche il luogo delle grandi cerimonie civili
e religiose degli apparati funebri.

Il tema del completamento della facciata del Duomo era già stato
affrontato nel ‘700, non sapendo se demolire la parte già costruita di
Tibaldi o continuarne lo stile per tutta la facciata. Quando c’è il
passaggio tra la Repubblica e il Regno d’Italia, la cattedrale assume un
ruolo importante dal punto di vista simbolico e politico perché è il luogo
dove Napoleone si fa incoronare il 26 maggio 1805.

Incisione di come era stato addobbato il Duomo di Luigi Canonica


il giorno dell’incoronazione. Osserviamo la vista dall’abside verso la
controfacciata, dove era stata realizzata questa scalinata su cui si
ergeva il trono sotto un alto baldacchino. Sullo sfondo abbiamo una
sorta di emiciclo monumentale con lo stemma del Regno d’Italia al
centro e una serie di allegorie di virtù sui lati. C’è tutta una serie di
seggi per le persone invitate, disposti in gerarchia di importanza. Ai
lati vi sono anche delle strutture di palchetti e gradinate.

Dettaglio del baldacchino creato con vari simboli di vittoria come le


aquile. Il trono reale ha due leoni in corrispondenza dei poggioli.
L’emiciclo con un tendaggio con stemmi, trofei d’armi e figure della
fama che contribuiscono alla gloria dell’evento.

Immagine (non è nelle slide) in cui si vede uno dei transetti dove Napoleone si cinge il capo con la corona
ferrea che fece venire da Monza per tradizione alto-medievale risalente ai Re longobardi. Napoleone
possedeva quindi una corona d’alloro (imperatore), una corona ad otto braccia (Regno d’Italia) e ora anche
la corona ferrea. Si chiama ferrea perché la tradizione vuole che il cerchio di ferro su cui sono applicate le
lastre metalliche con pietre preziose fosse ricavato da un chiodo della corona di Cristo. Ha quindi una sorta
di investitura “divina” e alto valore simbolico. Da notare che in quest’occasione Napoleone non viene
incoronato dal Papa, ma bensì si poggia la corona in testa da solo. La Rivoluzione francese, infatti, aveva
avuto un fortissimo carattere anticlericale, ma nel 1802 Napoleone aveva firmato dei concordati con la
Chiesa. Ci teneva quindi a presentarsi come “restauratore” tra Stato e Chiesa. In Italia si fa garante del
fatto che il Paese aderiva alla religione cattolica, dando ancora più importanza al Duomo che diventa un
simbolo della riappacificazione con la Chiesa.

Decreto 1805: Napoleone impone la conclusione della facciata del Duomo. Assegna dei fondi che non
sono sufficienti e quindi costringe la fabbrica del Duomo a vendere i propri beni per investire questi soldi
nella facciata del Duomo.
1811: conclusione della facciata del Duomo. Il secondo registro delle finestre, il finestrone delle
omelie e i tre finestroni ad archi acuti sono stati realizzati negli anni napoleonici.

Siamo in anni neoclassici, per cui il gotico è ancora considerato uno stile di “serie B”, ma molti degli
architetti del periodo dicono che la conformità allo stile dell’edificio giustifica l’utilizzo di uno stile più
“barbaro” come il gotico. Si giunge a una situazione di compromesso, elemento di mediazione tra il
romanico della parte inferiore della chiesa e il resto. C’erano stati una serie di progetti nel ‘700 che avevano
cercato soluzioni in gotico-misto.

Il primo progetto del 1805 viene realizzato da


Leopoldo Pollack, architetto della fabbrica del
Duomo. Mantiene la partitura di Pellegrini e
aggiunge finestre alla romana inserite in una
struttura che ricorda il gotico + 2 grandi campanili.
Il progetto viene inizialmente approvato, ma
Pollack muore nel 1806.

Viene chiamato a sostituirlo Giuseppe Zanoia,


che era professore di architettura a Brera, il quale
declina in favore del suo giovane collaboratore
Carlo Amati. Alla fine, Amati e Zanoia redigono il
progetto che vediamo oggi. La soluzione consiste
in una soluzione di gotico misto, tenendo le
finestre alla romana anche al secondo registro,
mentre le finestre al terzo registro sono ogivali e in
stile gotico. C’è quindi una progressione dal
romanico al gotico. Il primo disegno che vediamo è
un’immagine di cantiere. Amati aveva pensato ad
un sistema di ponteggi pensili che si poggiava solo
sulle estremità della struttura, permettendo così di
continuare le funzioni della chiesa.

Monumento di Paolo Bargigli che non è stato


realizzato. Si tratta di una statua di Napoleone su
una colonna coclide che richiama la colonna di
Traiano a Roma. 1806, Regno D’Italia.
PALAZZO CARMAGNOLA

Edificio del Broletto nuovo in corrispondenza del Palazzo Carmagnola,


facciata degli anni della restaurazione

Cortile Palazzo Carmagnola, architettura che era già stata adibita come sede
della municipalità di Milano durante gli anni dell’Ancient Regime. Durante la
Repubblica Cisalpina diventa anche la sede del dipartimento dell’Olona.
Durante il Regno di Italia rimane sia come sede dell’Olona che della
municipalità con a capo il podestà.

Pianta degli anni napoleonici. Il palazzo era organizzato intorno a due cortili:
un cortile nobile con attorno le varie magistrature cittadine, mentre il cortile
superiore, che non esiste più, aveva anche la funzione di luogo del mercato e
dava su corso del Broletto.

A partire dal 1807, Palazzo Carmagnola è il luogo dove si riunisce la Commissione di Ornato: ente che
porta a maturazione l’idea che debbano esserci organismi pubblici che controllino l’attività edilizia privata.
Questo processo a Milano era nato in forma embrionale negli anni dell’Ancient Regime. Quelli di Ferdinando
I, infatti, sono per Milano anni di avanguardia e riformismo illuminato. In quel periodo si era deciso che i
privati, se volevano costruire o ricostruire un edificio, dovevano sottoporre i documenti al professore di
Brera (al tempo Piermarini). Questa cosa viene rafforzata durante gli anni francesi quando iniziano ad
esserci molti decreti per regolamentare l’architettura dello spazio urbano.

Decreto 9 gennaio 1807, che riguardo tutto il Regno d’Italia. Ha 2 fini:


1) Controllare e regolamentare l’edilizia privata. Chiunque volesse edificare in spazi pubblici, doveva
presentarne i documenti di progetto in due copie presso la Commissione di Ornato, che assume
quindi un ruolo di censura e consulenza;
2) La commissione deve ipotizzare un piano delle strade per l’amministrazione.

La commissione era presieduta dal podestà di Milano ed era composta da 5 membri da scegliersi tra i
membri del consiglio accademico, ovvero personaggi conoscitori delle arti affini. A Milano furono scelti:
Luigi Canonica, Luigi Cagnola, Giuseppe Zanoia, Giocondo Albertoldi e Paolo Landriani (formazione
architetto, ma era scenografo).
Le Commissioni di Ornato vengono create a Milano e Venezia. Le altre città avevano delle deputazioni di
Ornato. I poteri della Commissione di Ornato erano nati per regolare l’architettura privata, ma col tempo
ottengono il potere di intervenire sui progetti di edifici pubblici e nella cerchia di pochi chilometri fuori dalle
mura urbane. I progetti dovevano essere presentati in due copie, quindi il materiale si è conservato in un
archivio storico civico che nasce in questi anni. La commissione accettava solo fabbriche in linguaggio
classico con un classicismo sobrio molto utilitario.

1) Progetto per il nuovo deposito giudiziario. Giallo per le demolizioni e rosso per le ricostruzioni.
Molto sobrio con un piano bugnato e un avancorpo con timpano.
2) Progetto di Pietro Pestagalli per la Corte dei Conti. Sobrio, a due piani e con cantonali bugnati.
3) Progetto della fabbrica del tabacco di Pietro Gilardoni, architetto di fiducia del ministero
dell’interno.

La funzione progettuale della Commissione di Ornato (secondo fine del decreto del 1807). Non era solo per
la circolazione ma anche in senso di decoro. In questo momento la municipalità non ha la forza di imporre
un piano regolatore, però l’idea era di un piano che servisse da strumento regolatore dell’edilizia privata.

Piano dei progetti dei nuovi rettifili, novembre 1807

Ne esiste un unico documento e sono appunti tracciati ad


acquarello e penna su una stampa preesistente della pianta di
Milano che era stata fatta dal geografo Gaetano Pinchetti. La
mostra come se fosse realizzato il foro Bonaparte di Antolini
perché quando era stata lanciata l’idea di fare questo piano, il
Viceré Eugène de Beauharnais, aveva commissionato gli
astronomi di Brera di fare una nuova pianta di Milano che però
sarà pronta solo nel 1814, per questo intanto viene utilizzata la
pianta di Pinchetti.
L’idea fondamentale è quella di realizzare una serie di assi
rettilinei al centro. Il principale asse rettilineo era chiamato corso
Napoleone che continuava la direttrice che entrava dall’arco del
Sempione e univa la nuova zona di foro Bonaparte con
l’ospedale Maggiore, andando a formare una grande piazza
triangolare. Si ramificano una serie di assi rettilinei che portano
verso le porte della città. La creazione di nuove piazze regolari in
quanto mancavano a Milano. Una maglia di strade regolare che
dovevano collegare diverse parti della città che dovevano creare
nuovi poli e nuove piazze. Considerato come il primo “piano
regolatore” della città, anche se non era un vero e proprio piano
regolatore come lo intendiamo oggi e non è mai stato realizzato
propriamente.

Alcuni esempi di case realizzate negli anni napoleonici approvate dalla commissione di ornato:
Palazzo Melzi
Casa che ha fatto da modello agli edifici del periodo per la sua
semplicità.
Basamento bugnato, due piani residenziali, nessuna cornice per le
finestre dei piani superiori, niente paraste e niente colonne. L’unica
parte che viene evidenziata è l’ingresso con colonne e una
trabeazione sormontata da un balcone.

Progetto d’Adda
Uso limitato degli ordini architettonici.

Disegno di Carlo Speranza per una casa modesta.


Decoro limitato ai balconi.

Progetto di Giuseppe Pollack, case in affitto.


Botteghe al piano terra e residenze ai piani superiori.

Disegno di Luigi Canonica per una casa con abbaini.

Progetto di Luigi Canonica, per il pittore Appiani. Nella parte


superiore vuole realizzare uno studio di pittura.

Progetto di Pietro Pestagalli, casa modesta.

Palazzo Arese, progetto di Cagnola.


Palazzo Rocca Saporiti, 1811-12
Grande loggia con colonne doriche realizzato per
Gaetano Belloni, impresario teatrale molto ricco. Il
progetto era di Giovanni Perego, uno scenografo,
ma la legge prevedeva che per presentare i
progetti bisognava essere accreditati presso la
Commissione di Ornato, quindi è firmato
dall’ingegnere Domenico Giusti.

Progetto per un torrione del muro del giardino in


stile pseudo-gotico, che viene approvato
nonostante non sia in stile classico in quanto non
era parte dell’edificio principale.

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