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Vita in breve:
Andrea di Pietro della Gondola, detto Andrea Palladio (da “pallade” cioè “giovane” per indicarne
l’orientamento classicista) fu architetto di successo in Veneto e in particolare a Vicenza e Venezia. Nel 1570
pubblica un trattato: “I quattro libri dell’architettura”, che prende in esame edifici antichi e moderni e li
classifica, oltre a sviluppare una teoria sulle proporzioni ispirata dai precetti vitruviani. Tuttavia, nonostante
avesse una formazione classicista, Palladio diede ampio spazio anche a una continua sperimentazione,
come dimostra ad esempio la rielaborazione della tipologia del “tempio” cristiano.
Il teatro Olimpico di Vicenza venne inaugurato il 3 marzo del 1585, circa cinque anni dopo la morte di
Andrea Palladio. Difatti, il grande architetto fece in tempo a disegnarne la struttura generale prima di
morire (per tale ragione i disegni del teatro vennero completati dal figlio).
L’opera venne commissionata dall’Accademia Olimpica, un’aggregazione di nobili che, tra le varie passioni,
condividevano anche quella per l’arte teatrale classica. Non è un caso, infatti, che Palladio si ispiri proprio ai
canoni Vitruviani (che riprese nel trattato i “I quattro libri dell’architettura”) per la realizzazione del teatro.
Tuttavia, l’architetto dovette adattarsi alle esigenze dello spazio a disposizione, che era estremamente
ristretto, in quanto il teatro venne costruito sui resti delle antiche carceri comunali. La pianta circolare di
Vitruviano risulta quindi abbandonata in favore di una pianta ellittica.
La Chiesa di San Giorgio si trova sull’Isola di San Giorgio, che è collocata a largo di San Marco. Vi era già un
edificio preesistente e a Palladio venne dato il compito di ricostruire la chiesa.
Subito l’architetto venne messo di fronte a un dilemma: come accordare la facciata del tempio antico con le
tre navate? Palladio immaginò allora di ottenere una facciata dall’intersezione di due pronai classici. La
prima facciata è delimitata da quattro colonne composite e da un timpano dentellato, elementi che
individuano la navata centrale e richiamano a un tempio tetrastilo (per via delle 4 colonne in facciata). La
seconda facciata del tempio, sostenuta da lesene, risulta leggermente più arretrata e quindi anche
visivamente più piccola.
I due livelli di facciata presentano inoltre altezze differenti.
La pianta della chiesa ha uno sviluppo longitudinale, tuttavia se si è sotto la cupola si ha l’idea di essere in
uno spazio a croce greca, che nel 500 veniva prediletta perché era una migliore rappresentazione di Dio.
L’effetto è dato dai due transetti che terminano con due absidi profonde, oltre alla presenza di un
diaframma di colonne che separa l’abside dal coro, zona destinata ai monaci.
Infine, è importante notare non solo la luminosità dell’edificio, donata dal colore bianco, ma anche
l’illusione che Palladio creò nello scegliere i materiali; difatti, le colonne che sembrano fatte di marmo sono
in realtà costituite da terracotta.
La Chiesa del Redentore venne commissionata a Palladio nel 1576, per uno scopo puramente civico; difatti,
essa serviva come voto di ringraziamento per lo scongiuramento della peste che negli anni aveva provocato
numerosi morti. La chiesa doveva quindi fare da sfondo alla festa organizzata ogni anno e, per tale motivo,
presentare anche i giusti elementi che rispondessero alla richiesta scenografica.
La facciata è di nuovo articolata su due tempi sovrapposti. La facciata del tempio centrale (che rimanda a
un tempio in antis) è provvista di due muri che chiudono lo spazio laterale ed emerge maggiormente
rispetto allo schema templare sottostante.
È presente anche un chiaro riferimento al Pantheon, dato dal timpano triangolare accompagnato da un
muro piatto dietro e la cupola a completare il tutto.
La pianta longitudinale si interseca con la pianta centrale, dando vita a due absidi laterali chiuse e il
diaframma a separare il coro. Un ulteriore richiamo all’antichità è dato dalla presenza di finestre dette
“termali”.
Il Palazzo della Ragione subì a fine Quattrocento un crollo parziale e a Palladio venne affidato il progetto di
ricostruzione. Giocando sulle strutture laterali l’architetto riuscì ad accordare il palazzo alla struttura
preesistente, mantenendo però costante la larghezza degli archi. L’edificio venne rivestito con una
superficie di trifore serliane (aperture a tre luci, di cui quella centrale architravata). Palladio applica le
trifore su due livelli, concependo il palazzo come l’evoluzione della basilica romana.
Palazzo Chiricati: