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Contesto storico, sociale e politico

La società greca sperimentò un grande cambiamento, conseguentemente all’annessione del loro territorio nel
progetto di espansionismo Macedone. Il grande condottiero dei macedoni fu Alessandro Magno, cresciuto ed
educato da Aristotele, i cui insegnamenti fecero sviluppare nel giovane Alessandro un amore per la Grecia e
per la democrazia. Successivamente però, entrando in contatto con il sovranismo orientale, e tutto ciò che
esso comportava, il condottiero macedone adottò una politica nettamente dittatoriale, sopprimendo
l’autonomia delle polis greche (licenziamento di Aristotele e apertura del liceo).
Il fatto di aver perso una centralità politica e statale, generò nei cittadini una serie di turbamenti che, uniti
alla grave crisi sociale ed economica in corso, generarono un malcontento e un’insoddisfazione generale, i
cui risultati sono visibili nella filosofia di allora. Difatti, se Aristotele era stato un filosofo di transizione, in
quanto aveva cambiato l’oggetto di studio nel “qui e nell’ora”, i filosofi ellenisti preferirono occuparsi invece
di una cosa sola: lenire i turbamenti dell’animo delle persone. Perciò la filosofia ellenista si configura come
indirizzata verso il raggiungimento della felicità, condizione equivalente all’avere un’anima priva di
turbamenti.

Epicureismo
Questo movimento prende il nome dal suo fondatore, Epicuro, il quale aprì la sua scuola (“Kepos”->
“giardino”) in campagna, fuori da Atene. Come già visto precedentemente, la ricerca della filosofia di
Epicuro si concentra nel raggiungimento della felicità (“Eudamonia”). Per Epicuro, la felicità consiste nella
liberazione dell’anima dalle passioni (deriva da “pathos”), intese come sofferenze e turbamenti. Per riuscire
nell’intento, Epicuro introduce il concetto di quadrifarmaco/tetrafarmaco, ovvero quattro obiettivi per
sconfiggere le quattro cause di infelicità. Nello specifico, il tetrafarmaco adempie ai seguenti compiti:

 Libera l’uomo dalla paura degli dei


 Libera l’uomo dalla paura della morte
 Svela all’uomo la vicinanza del piacere
 Svela all’uomo la lontananza del dolore

La felicità coincide con il piacere, inteso come assenza di dolore, la quale assume due caratterizzazioni:
-A’tarassia -> assenza del turbamento interiore
-A’ponia -> assenza del dolore fisico
Successivamente, Epicuro aggiunge che una volta in cui abbiamo raggiunto il piacere “in quantità” tale che
non vi sia dolore, dobbiamo fermare la nostra ricerca, altrimenti rischiamo che il nostro piacere soverchi il
dolore. L’uomo deve quindi concentrarsi in un calcolo attento dei bisogni e dei piaceri, in quanto, come
scrive il filosofo nella sua lettera a Meneceo, “il limite del bene ha facile compimento e agevole
abbondanza”. In altre parole, Epicuro ci dice che non dobbiamo accontentarci del poco, ma in assenza del
molto il poco ci deve bastare.
Questo inseguire il piacere finché non si fugge il dolore, che coincide il perseguimento della virtù -in quanto
virtù= felicità-, si dirama in due differenti tipi di piacere. Un piacere in movimento, di passaggio, esprimibile
attraverso temporanee sensazioni di gioia, allegrezza, e un piacere stabile corrispondente alla privazione del
dolore ecc..
Infine, Epicuro esprime la necessità dell’uomo di limitare i propri bisogni. Quest’ultimi si dividono in
naturali e vani; i primi si diramano ulteriormente in necessari (es.mangiare) e non necessari (es. mangiare
troppo). Logicamente, l’uomo deve perseguire soltanto i bisogni naturali necessari (questo concetto
evidenzia la forte differenza tra l’epicureismo e l’edonismo, in quanto il secondo coincide con il cedere a
piaceri smodati come via per giungere alla felicità).
La misura e il calcolo attento della soddisfazione dei bisogni sono di fondamentale importanza, in quanto è
necessario
 Evitare un piacere se porta a un più grande dolore
 Sopportare un dolore se porta a un più grande piacere

Stoicismo
Il termine “stoicismo”, movimento fondato da Zenone di Cizio, deriva da “stoà” ovvero “portico”, in quanto
questi filosofi solevano trovarsi sotto i portici delle città in grandi gruppi per discorrere di filosofia.
Per gli stoici, la filosofia si configura come una virtù, il cui fine è quello di raggiungere la felicità attraverso
la sapienza, cioè la conoscenza delle cose umane e divine. La virtù presenta tre configurazioni, che sono:

 Virtù naturale-> fisica


 Virtù morale-> etica -> l’unione delle tre coincide con la filosofia
 Virtù razionale -> logica
La prima virtù si concentra in particolar modo sullo studio dell’universo propriamente detto. Gli stoici
credevano infatti nell’Apocatastasi, ovvero nel continuo morire e rinascere dell’universo in modo sempre
identico (questo concetto verrà ripreso e approfondito da Nietzsche con l’eterno ritorno dell’identico).
L’apocatastasi è formata da “ekpirosi”- immenso incendio che distrugge l’universo- + “palingenesi” –nuova
generazione dell’universo-.

Apocatastasi=Ekpirosi+ Palingenesi

Discorrendo sulla seconda virtù, gli stoici affrontano il tema dell’etica. Secondo loro, ogni essere tende a
conservare l’ordine perfetto del mondo attraverso l’istinto e la ragione. L’istinto coincide con la
conservazione dal punto di vista animale (= sopravvivenza), mentre la ragione garantisce l’accordo
dell’uomo con sé stesso e con la natura. Ed è per questo che gli stoici parlano di “Oikeiosis” ovvero di
“vivere secondo natura”, garantendo un ordine perfetto, razionale e necessario.
L’azione conforme al suddetto ordine, si riconosce nel dovere, ovvero il comando morale ad agire in
conformità all’ordine naturale. Gli stoici saranno i primi a inserire questo concetto in ambito etico/morale
poiché il dovere coincide con ciò che la ragione consiglia.
Da ciò, deriverà anche l’accettazione stoica riguardo all’atto del suicidio, difatti esso è ammissibile se
considerato come una forma di libertà, in quanto rappresenta il gesto estremo che l’uomo compie quando non
è più in grado di adempire ai suoi doveri. La libertà si configura quindi come una pura accettazione del
destino/fato. A questo proposito è di fondamentale importanza ricordare la frase pronunciata da Seneca:
“Ducunt volentem fata, nulentem trahunt”, ovvero “Chi è consenziente il fato lo conduce, chi non lo è da
esso viene trascinato”
Tuttavia, è importante notare come il dovere non equivalga al bene o alla felicità, bensì tali condizioni si
realizzino quando l’obbedienza al dovere diviene una disposizione personale, un’abitudine, una pratica
consolidata propria del saggio/sapiente (virtù = conoscenza).

Un altro elemento importante della filosofia stoica, è la parte riguardante le emozioni; difatti, le emozioni
sono un ostacolo per lo stoico, in quanto sono dettate da leggerezza e ignoranza (e sono quindi contrarie alla
virtù). Sono vere e proprie malattie e non hanno alcun valore né alcuna funzione nel raggiungimento del
bene. Scopo dello stoico è l’apatia (a-pàtheia), l’assenza di dolore, di patimento, l’indifferenza più totale.
A tal proposito, gli stoici individuano quattro emozioni principali:

 La brama dei beni futuri -> nasce da beni presunti


 La letizia dei beni presenti -> nasce da beni presunti
 Il timore dei mali futuri-> nasce da mali presunti
 L’afflizione dei mali presenti -> nasce da mali presunti

La brama, la letizia e il timore sono emozioni sperimentate dagli stolti, che si contrappongono invece alla
volontà, alla gioia e alla precauzione, volontà d’animo proprie dei sapienti. La differenza tra brama e
volontà, è che la prima irrazionalmente vorace, mentre la seconda si configura come razionalmente
determinata. La differenza tra letizia e gioia, è che la prima è una condizione passeggera, mentre la seconda
costituisce un qualcosa di duraturo. Il timore impedisce all’uomo di agire secondo ragione, mentre la
precauzione è la razionale soluzione a una difficoltà.
L’afflizione non ha corrispettivo poiché il sapiente non prova dolore, in quanto conosce la perfezione
dell’universo.

Scetticismo
Il fondatore dello scetticismo fu Pirrone di Elide. Per gli scettici, la filosofia corrisponde alla risposta ai
problemi della vita per condurre un’esistenza felice. Quella scettica è una posizione diversa rispetto alle altre
scuole ellenistiche, in quanto si fonda sulla skepsis, sulla ricerca. Difatti, questa filosofia viene spesso anche
chiamata filosofia del dubbio, in quanto si fonda sul concetto che non è possibile per l’uomo raggiungere
alcuna verità, è impossibile arrivare ad avere una conoscenza effettiva e oggettiva delle cose. Ragion per cui,
ogni forma di conoscenza risulta essere relativa (analogia con i sofisti).
Gli scettici ritengono che la cosa migliore per l’uomo sia l’epochè, la totale sospensione del giudizio.
Addirittura, gli scettici parlano anche dell’importanza di raggiungere la totale sospensione del linguaggio
(pensiero opposto rispetto ai sofisti) o afasia. Questo ragionamento viene condotto in quanto essi ritenevano
che il linguaggio fosse qualcosa di ingannevole poiché le parole non sono altro che giudizi.
La filosofia scettica si configura quindi come l’unione di ricerca, sospensione del giudizio e della parola,
come strumenti per il raggiungimento dell’imperturbabilità dell’animo ->indifferenza e consapevole distacco
dalla realtà.
skèpsis+epochè +àfasia=a ' tarassia

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