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L’epicureismo e lo

stoicismo.
Due correnti filosofiche a confronto
Indice
01 02 03
L’epicureismo Tetrafararmaco epicureo Lo stoicismo
Fondatore, periodo di Analisi e caratteristiche Fondatore, periodo di
diffusione, seguaci ed diffusione, seguaci ed
esponenti esponenti

04 05
Temi chiave stoicismo Il tema della morte
Analisi e caratteristiche L’epicureismo e lo
stoicismo a confronto
01
L’epicureismo
Epicuro: il filosofo del piacere
L’epicureismo
Tra il quarto e terzo secolo a.C. si impongono ad Atene tre nuove scuole filosofiche:
-la scuola degli scettici
-la scuola degli stoici
- la scuola degli epicurei.
Queste tre scuole entrano profondamente in polemica con il platonismo e l’aristotelismo ed elaborano tre visioni originali del
mondo, visioni soprattutto di carattere etico; le tre scuole in questione, quella degli scettici, degli stoici e degli epicurei si
caratterizzano infatti per la centralità della dimensione etica.
Le domande alle quali cercheranno di portare avanti, di offrire risposta sono:
«Quando un uomo è felice?»
«Che cos’è la felicità?
«Che cos’è la virtù e come può raggiungerla ed esercitarla l’uomo?»

L’epicureismo è una dottrina filosofica formulata dal filosofo Epicuro, egli nasce a Samo nel 342 a.C., poi si trasferirà ad Atene e
morirà all’incirca nel 270, proprio a cavallo fra i due secoli. La scuola di Epicuro è anche detta «scuola del giardino» perché Epicuro,
già da qui si può notare la grande polemica con Platone, rifiuta la città e la dimensione politica della città.
Epicuro sostiene che nella città la felicità sia difficilmente realizzabile, perché luogo di corruzione, un luogo in cui la libertà a
disposizione degli uomini è inferiore a causa delle pressioni politiche, delle tensioni, dell’invidia, dell’inimicizia.
Per questo decide di formare una scuola fuori dalla città, che prenderà appunto il nome «del giardino», perché situata in spazi aperti,
in natura. Questa è una scuola fondata su un principio base, un principio fondamentale; l’amicizia.
La regola della scuola della scuola di Epicuro è la «filia», è l’amicizia; per entrare a far parte di questa scuola è fondamentale un
legame di amicizia, intesa come rispetto reciproco. Inoltre, una novità per l’epoca, questa è una scuola aperta anche alle donne, non
è una scuola ad esclusività maschile come invece lo erano il Liceo e l’Accademia di Aristotele e Platone.
Epicuro ha un destino tra l’altro molto fortunato nella Grecia, perché appunto la scuola si diffonde, si radica, è molto molto amato, a
Roma avrà un recupero soprattutto per quanto riguarda gli scritti e la letteratura di Lucrezio. Cadrà però poi in disgrazia quando
l’egemonia culturale sarà per millennio del Cristianesimo, il quale lo boicotta e lo censura; arrivando a farne un nemico pubblico.
02
Il tetrafarmaco epicureo
Un rimedio per l’infelicità umana
Il Tetrafarmaco epicureo
La parte della filosofia di Epicuro che ne ha fatto il filosofo della felicità e delle cosiddette «piccole cose», dove si
deduce il celebre «tetrafarmaco», è contenuta nella lettera a Meneceo. L’edonismo, cioè la ricerca del piacere di
Epicuro, la ricerca della felicità di Epicuro, si fonda su una negazione; quando un uomo è felice?
Quando non prova dolore, quindi la felicità per Epicuro non è una lista da riempire di azioni che rendono felice l’uomo,
ma è piuttosto una lista da svuotare, eliminare le cose che rendono la vita dell’uomo infelice. La felicità consiste
nell’eliminare tutte le cose che producono e provocano dolore.
La teoria del tetrafarmaco, è la teoria dei 4 farmaci, dei 4 rimedi contro i dolori che impediscono all’uomo la felicità.
Quali sono i 4 mali da cui bisogna liberarsi per essere felici?

1. La paura degli Dei


Risulta essere il male che deriva dal timore degli Dei. L’uomo spesso vive male perché timorato di Dio.
Farmaco: Gli dei non si curano degli uomini, essi vivono negli intermondi, lontani dalle vicende umane.

2. La paura della morte.


Farmaco: quando c’è la morte non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c’è la morte. Inoltre questa risulta essere una
semplice disgregazione di atomi. Diceva testualmente Epicuro: «Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla
per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più. Non è nulla dunque, né per
i vivi né per i morti, perchè per i vivi non c’è, e i morti non sono più»

3. La paura di non realizzare i nostri desideri e, quindi, non conseguire il piacere.


Farmaco: si supera questa paura, imparando ad accontentarsi, perché il piacere inteso rettamente è a disposizione di
tutti; si tratta del piacere naturale e necessario.

4. Paura del dolore fisico.


Farmaco: i dolori se sono leggeri risultano sopportabili, se acuti passano presto e possono diventare leggeri (dunque
sopportabili) oppure acutissimi da condurre alla morte (ma della morte non bisogna aver paura per ciò che si è detto
sopra).
03
Lo stoicismo
Dalla Grecia a Roma
Lo stoicismo
Con l’ellenizzazione della cultura romana, iniziata nel terzo secolo a.C, Roma ebbe l’occasione di entrare
sistematicamente in contatto con tutti gli aspetti della cultura greca e virgola soprattutto, di assorbirne gli influssi
culturali. Ed è in questa frase che le principali filosofie greche fiorite nell’ellenismo vengono importate a Roma. Fra le
filosofie ellenistiche giunte a Roma, ebbe notevole successo soprattutto lo stoicismo, destinato a diventare con il
passare del tempo, la filosofia di riferimento della Repubblica e poi, ancor più, dell’impero. I romani contribuirono allo
sviluppo della dottrina stoica non tanto con nuove elaborazioni, quanto piuttosto arricchendolo con la loro sensibilità a
certi temi virgola in particolare etici e politici.
La filosofia stoica si formò grazie all’azione di tre filosofi che diedero un proprio e importante contributo alle dottrine
della scuola, fondata nel 300 a.C nel «portico dipinto» (Stoà poikile), da cui i suoi scolari prendono il nome di «stoici». Il
primo di questi, nonché fondatore della corrente filosofica e della prima scuola stoica, fu Zenone di Cizio, il secondo fu
Cleante di Asso e il terzo fu Crisippo di Soli, a cui si deve la sistemazione definitiva della dottrina.
Gli esperti dividono la storia dello stoicismo in tre grandi tappe:
- l’antica stoà: di Zenone, Cleante e Crisippo
-la media stoà: di Panezio e Posidonio
-la nuova stoà: di Seneca, Epitteto e Marco Aurelio
04
Temi chiave stoicismo
Il pensiero stoico
Temi chiave stoicismo
Gli stoici esortano l’uomo a vivere secondo natura, e vivere secondo natura equivale a vivere secondo ragione punto il
sommo bene è rappresentato, per gli stoici, dalla virtù virgola che permette all’uomo di fare le scelte migliori per
ottenere la felicità virgola in particolare allontanando da sé le passioni virgola che sono il maggior ostacolo a
raggiungimento di essa.
Lo stoicismo si fonda sulla concezione secondo la quale, attraverso la ragione, si possa raggiungere una sapienza che
ci permetta di vivere una vita moralmente retta.;
e qui ci rifacciamo anche al concetto dell’ imperturbabilità del saggio.
Chi era il saggio?
Colui che non si lascia turbare dagli eventi, negativi o positivi che essi siano, non si lascia trascinare dalle circostanze,
né cerca di controllarle o modificarle. Saggio e colui che rimane, appunto, imperturbabile.
Il saggio è soprattutto colui che sostiene le virtù dell’autocontrollo e del distacco dalle emozioni.
Nell’ideale stoico è il dominio sulle emozioni, o apatia, che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza.
Tuttavia, questa apatia non va perseguita mediante una vita isolata, come proponevano gli epicurei; al contrario, gli
stoici reputano doveroso dedicarsi alla cosa pubblica per giovare alla comunità degli uomini di cui fanno parte.
Soltanto nel caso in cui ogni forma di impegno sia impedita dalle circostanze esterne, il sapiente rinuncerà
all’intervento diretto cercando, nei limiti del possibile, modi alternativi per giovare comunque gli uomini.
E nei casi estremi, il saggio rivendicherà la sua libertà interiore anche con il ricorso al suicidio.
05
Il tema della morte
Filosofie a confronto
Il tema della morte
La filosofia di Epicuro si basa sull’dea di non dover avere paura della morte, perché questa, quando arriva, fa smettere all’uomo di
esistere, quindi lui non la proverà direttamente sulla sua pelle, essendo morto.
Un’altra riflessione di Epicuro si basa sulla paura della morte, sulla diversa percezione che noi esseri umani abbiamo del passato e
del futuro. Si sa che generalmente gli uomini si preoccupano del futuro mentre pensano poco al loro passato. Ma se in realtà
pensassimo al passato, andando indietro col pensiero fino a prima della nostra nascita, ci renderemo conto che non siamo affatto
preoccupati del fatto che ancora non fossimo nati ed esistiti.
Ecco, secondo la filosofia epicurea, lo stesso discorso vale per la morte: non dobbiamo preoccuparci della nostra futura
non-esistenza, perché tanto non esisteremo più, appunto.
Questo pensiero ossessivo dell’umanità dopo la morte, secondo il filosofo è un grande errore: egli insegnava di guardare al post
morte esattamente come siamo abituati a pensare ai momenti prima della nostra nascita, ovvero senza alcun tipo di
preoccupazione.
La filosofia stoica introduce il pensiero sulla morte parlando del suicidio.
Gli stoici sostengono che il suicidio non sia, in certe circostanze, una forzatura del corso degli eventi, quanto piuttosto il contrario:
se l’uscita dalla vita non viene vissuta come una fuga, ma come un’uscita razionale, essa non può che essere considerata come il
compimento di quel cammino di ogni uomo verso il perfezionamento e la completa realizzazione.
Sono di conseguenza giustificate le morte autoinflittesi per essere d’esempio a qualcuno o per la salvezza della patria.
Il suicidio stoico è considerato un atto di estrema libertà individuale.
Può però essere attuato solo da un vero sapiente, vale a dire un uomo che ha raggiunto un livello di conoscenza ed imperturbabilità
tale da permettergli il privilegio di attuare un suicidio «ben ponderato», per i motivi sopraindicati o semplicemente nel caso in cui
comprenda di aver raggiunto il proprio scopo in questa vita. E’ quella degli stoici un’etica che identifica la libertà con l’accettazione
dell’ordine razionale e perfetto del tutto e il bene con l’adeguamento adesso, i cui contenuti assumeranno quindi la forma di un
dovere.
Un lavoro di:
Cristillo Francescanthea V Bu

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