Sei sulla pagina 1di 3

LO STOICISMO

1. La scuola stoica
Zenone di Cizio (336 a. C. – 264 a. C.), allievo di Cratete di Tebe, nel 300 a. C. fondò una scuola propria che
chiamò “Stoà poikìle” (Portico dipinto), quella che noi chiamiamo scuola stoica. Zenone morì di morte
volontaria e dei suoi scritti ci rimangono solo frammenti. I suoi più celebri allievi furono: Cleante di Asso,
anche lui morto suicida, gli successe nella direzione della scuola; Crisippo di Soli, reputato da molti il
secondo fondatore dello stoicismo; Zenone di Tarso e Diogene di Seleucia (chiamato il “Babilonese”).
Come gli scritti di Zenone, quelli di questi autori sono andati perduti e sono rimasti solo frammenti. Lo
stoicismo si presenta come una continuazione della dottrina cinica (ciò si spiega anche dal fatto che Zenone
è stato allievo di Cratete), infatti gli stoici cercano la felicità e la virtù, ma, a differenza dei cinici, ritengono
che il raggiungimento di queste ultime si ottenga per mezzo della scienza. Zenone ritiene che la scienza sia
una virtù; la virtù è la dottrina prevalente nello stoicismo, tanto da coincidere con il concetto di filosofia. Le
virtù generali sono tre (la naturale, la morale e la razionale) e tre sono anche le parti in cui si suddivide la
filosofia: la fisica, l’etica e la logica.

2. Logica
Il criterio della verità

Per gli stoici la logica è la scienza del “discorso”; è retorica in quanto discorso continuo; è dialettica in
quanto discorso diviso tra domande e risposte, che si occupa di ciò che è vero e di ciò che è falso e di ciò
che non è né vero né falso. Essa è grammatica, il cui oggetto sono le parole; è logica, il cui oggetto sono le
cose.
Per gli stoici il criterio della verità è la rappresentazione catalettica concettuale, per cui l’intelletto cattura
l’oggetto, o l’oggetto fissa la rappresentazione sull’intelletto.
Il giudizio è l’atto dell’assentire, del dissentire o della rinuncia all’assentire, secondo cui si afferma, si nega o
si sospende.
Per gli stoici l’anima è una tabula rasa su cui si registrano le rappresentazioni, per cui di sensi deriva tutta la
conoscenza umana. L’insieme delle rappresentazioni crea la prolessi, cioè il concetto universale.
L’universale esiste solo nell’anima secondo gli stoici, dunque il concetto non ha realtà, in quanto
quest’ultima è individuale. I concetti principali sono il soggetto, la qualità, il modo d’essere e la relazione.
Il concetto dell’”essere” è il genere sommo, esteso a tutto ciò che è, al quale gli stoici affiancano quello del
“qualcosa” che comprende l’incorporeo e l’inesistente. L’ “individuo” è il concetto che non ha al di sotto
altre specie.

La teoria del significato

Per gli stoici, la dottrina del significato si fonda sulla considerazione del concetto, non come espressione
dell’essere, bensì come “segno” che si riferisce a molteplici cose. Tale segno si costituisce di tre elementi,
di cui due corporei (la parola o cosa significante e l’oggetto reale o cosa significata), ed uno incorporeo
(l’immagine o rappresentazione mentale, o significato).

1
3. La fisica
Gli stoici hanno un concetto panteistico della fisica, in quanto ordine immutabile e razionale perfetto e
necessario che è identificato con Dio. La fisica panteistica dello stoicismo è mossa da due principi legati fra
loro, uno attivo che è la forma o ragione, identificato con Dio, ed uno passivo che è la materia o sostanza
priva di qualità. Entrambi i principi di causa o materia sono corporei, in quanto esistono, poiché secondo il
concetto materialistico secondo cui ciò che agisce p subisce un’azione esiste, e poiché ciò può riferirsi solo
al corpo, dunque il corpo esiste. Il significato, il vuoto, il luogo ed il tempo, sono le quattro specie di cose
ritenute incorporee dallo stoicismo. Dio, causa di tutto, è corpo ed è fuoco che alimenta e che è ragione
seminale del mondo dalla quale si generano le cose, rette dal destino o ordine del mondo (Dio), che si
ripete attraverso cicli cosmici , tra conflagrazioni e processi di palingenesi o rinascite e apocatastasi o
riformazioni, che originano medesimi ordini cosmici. La perfezione del mondo si fonda sul finalismo e
ottimismo metafisico e sulla visione antropocentrica di esso, considerando tutto ciò che esiste, in positivo o
in negativo, i funzione del bene dell’uomo. Il rigoroso panteismo cosmico stoico si dimostra essere anche
una giustificazione al politeismo tradizionale, in cui gli dei sono aspetti dell’azione ordinatrice divina, e
espressione di una capacità divinatrice o mantica, che concepisce gli eventi come preordinati da un
provvidenza divina.

4. L’antropologia
L’anima si colloca tra le cose corporee, in quanto essa agisce. Essa fa parte dell’Anima del mondo, fuoco o
soffio vitale, cioè di Dio. L’anima si suddivide in quattro parti:

 la ragione (principio direttivo);


 i cinque sensi;
 il seme;
 il linguaggio.

La ragione, o principio egemonico, controlla le altre parti dell’anima e determina i sensi e l’istinto.
Secondo gli stoici, la libertà (autopraghìa) consiste nell’essere “causa di sé”; solo il sapiente si determina da
sé e la sua libertà consiste nell’adattarsi all’ordine del mondo.

Alcuni stoici riconobbero al sapiente la libertà anche nei confronti dell’ordine cosmico, come Crisippo, il
quale fece una distinzione tra cause perfette (agiscono con necessità assoluta) e cause concomitanti
(subiscono l’influenza dell’uomo).

5. L’etica

Natura, ragione e dovere

L’etica stoica si basa sull’oikéiosis, ossia l’adattamento. Ogni essere vivente compie vari sforzi per essere in
armonia con il Tutto, attraverso due forze:

2
 l’istinto, che guida l’animale a nutrirsi, a prendersi cura di sé, ecc.;
 la ragione, che garantisce l’accordo dell’uomo con sé stesso e con la natura.

L’etica, per gli stoici coincide con la teoria dell’uso della ragione al fine di vivere secondo natura, ossia
stabilire un accordo uomo e natura, intesa come ordine razionale e perfetto (destino, Dio). La vita secondo
natura si concretizza con l’azione conforme e razionale del dovere; gli stoici distinguevano il dovere retto
(solo del sapiente) dal dovere intermedio (comune a tutti).

Il bene e la virtù

Il bene coincide con la virtù, la quale, pur avendo vari nomi, è una sola e soltanto il sapiente la possiede
tutta. Il bene si ottiene dopo che la scelta fatta per mezzo del dovere è ripetuta e consolidata fino a
diventare appunto virtù.
Non esiste una via di mezzo tra virtù e vizio (l’opposto della virtù): il saggio agisce bene e virtuosamente,
mentre lo stolto fa tutto in modo vizioso ed è pazzo (opposto del saggio). Da tale principio deriva la dottrina
delle cose indifferenti, tra le quali alcune sono degne di esser scelte (come la bellezza, la salute, ecc.) e altre
sono da respingere (ossia tutti i loro contrari). L’insieme di tutto ciò che è degno di scelta, sia la virtù che le
altre cose, è chiamato valore.

Le emozioni e l’apatia

Nell’etica stoica vi è la negazione totale del valore dell’emozione (pathos), considerata come fenomeno di
stoltezza e di ignoranza. Gli stoici riconoscono quattro emozioni fondamentali: la brama dei beni futuri e la
letizia di quelli presenti; il timore dei mali futuri e l’afflizione per i mali presenti. Ai primi tre corrispondo la
volontà, la gioia e la precauzione del sapiente; mentre non esiste uno stato del sapiente corrispondente
all’afflizione. Il sapiente è indifferente alle emozioni: la sua condizione è quindi l’apatia.

La legge naturale e il cosmopolitismo

La legge naturale della comunità umana deriva dall’ordine razionale. Tale legge è perfetta e non può subire
alcuna variazione o miglioramento. La legge si ispira alla ragione divina, la quale compie un’unica azione, la
giustizia.
Il cosmopolitismo è la dottrina che vede gli uomini come concittadini liberi; l’unica schiavitù è quella dello
stolto.

Potrebbero piacerti anche