ellenismo
Ellenismo: periodo della storia greca a quo morte di Alessandro Magno (figura vista in modo
ieratico, come principe divino) nel 323 a.C. ad quem battaglia di Azio, con la quale Roma si
assicurò il predominio sull’Egitto (31 a.C.).
In esso la civiltà greca si diffuse sull’intera area del Vicino e del Medio Oriente.
Il ritiro dei singoli dalla vita pubblica, che già agli inizi del IV sec. a.C. aveva provocato la graduale
morte delle libere poleis dinanzi allo Stato macedone, fu favorito dalle tendenze assolutistiche dei
sovrani.
Spenta la libertà e con essa la creatività che aveva caratterizzato i Greci del V sec., il primato delle
poleis della madrepatria non tardò a trasferirsi alle capitali e metropoli ellenistiche protette e
beneficate dai nuovi sovrani: Alessandria, Antiochia, Efeso, Pergamo.
L’ellenismo è caratterizzato:
dalla supremazia dell’impero macedone, con la figura di Alessandro Magno
dalla morte del concetto di πολις, ossia del concetto di individualismo politico-
democratico.
Muore Aristotele (322 a.C).
Con la morte della πολις si perde il concetto della libertà, dell'individualismo.
Come affermano Enrico Chiodi , Nicola Abbagnano e Emanuele Severino ( studiosi contemporanei
della filosofia post- aristotelica nel 1900) “ in questo periodo la filosofia è come un’ ambulanza
dunque deve soccorrere l’uomo e la sua anima (nelle emergenze pratiche)
in questo periodo nascono tre scuole dette post-aristoteliche, in quanto sono sia successive ad
Aristotele sia perchè condividono in parte la filosofia di quest’ultimo):
Epicureismo
Stoicismo
Scetticismo
(eclettismo: movimento minore epigono: si rifacevano alle varie concezioni filosofiche del
passato, unendo vari pensieri. συνκρετισμος)
εδονη
Autore di numerose massime (simili ai dogmi pitagorei), ossia di detti imparati a memoria, tra
cui una delle più conosciute recita che “bisogna comportarsi sempre come se Epicuro ti stesse
guardando”. (cosa in determinate occasioni avrebbe fatto Epicuro?)
Già da questa massima possiamo vedere il suo interessa pratico, basato sull’agire, sul
comportamento, e dunque sull'etica.
La sua scuola prendeva il nome di κεποσ: giardino, poichè gli alunni assistevano alle lezioni in un
gazebo, riprendendo l’aspetto circolare caratteristico di Platone e la lezione frontale caratteristica di
Aristotele.
La scuola oltretutto viene definita anche con il termine “edonismo”, da εδονη (piacere), in quanto
l’oggetto della ricerca speculativa di Epicuro è la felicità, il piacere.
Tra le sue opere più importanti ricordiamo la lettera o epistola a Meneceo, anche conosciuta come
lettera sulla felicità (il fulcro è il piacere, la felicità).
φισικα
Il suo interesse si concentra anche sulla fisica, in quanto ha una concezione materialistica (tutto si
basa sui sensi, no sulla metafisica) della realtà, proprio come Democrito, il quale viene considerato
dal filosofo come suo faro e punto di riferimento.
Quando parla di fisica assume una visione quantitativa, mentre con l’etica è qualitativa.
Come Democrito ha una visione atomistica della realtà: la realtà è fatta di atomi, la particella più
piccola di tutto l’universo, indivisibile, e se per
Democrito sono caratterizzati da:
τροπε, διαδικε e ρυσμος (forma, grandezza e posizione) che li distinguono
non hanno peso, seppure siano ναστα, pieni di materia
si muovono di moto pulviscolare e pluridimensionale (si muovono in ogni direzione e
prima o poi si uniscono, fino a formare un aggregato)
per Epicuro :
hanno un peso e, grazie a questo, tutti gli atomi tendono a cadere verso il basso. (Come
Aristotele affermava nella teoria dei moti del mondo sub lunare: le cose pesanti vanno in
basso)
Dunque come si aggregano gli atomi affinchè noi possiamo vedere la realtà e le cose?
L’atomo in ex abrupto attua una deviazione: παρανκλεσισ, κλιναμεν: l’atomo devia la sua
traiettoriacongiungendosi dunque con altri atomi con i quali forma gli aggregati.
A livello etico questa sua visione atomistica significa che non c’è determinismo (gli atomi si
incontrano), come per Democrito, bensì per volontà, libertà (gli atomi deviano).
Parliamo con Epicuro di nesso fisico-morale (come per platone parlavamo di nesso etico-politico),
ossia dalla natura al comportamento.
A livello morale ciò ha una rilevanza notevole, in quanto l’uomo è libero, ha volontà sulle proprie
azioni, è dotato di libero arbitrio, esiste un caso anche se quest’ultimo non sempre è un bene, da
qui nasce il problema del bene e del male.
Lucrezio e Epicuro
Il de rerum natura è un poema epico e didascalico, in 6 libri, scritto in esametri. Tale poema illustra
la dottrina di Epicuro, il filosofo greco fondatore della scuola ‘Il giardino’.
La dottrina epicurea poneva al centro del proprio interesse la ricerca del più alto grado di felicità
possibile, meta che, secondo Epicuro, era rappresentata dalla piena tranquillità dell’animo, la
quale può essere raggiunta solo tramite la conoscenza, l’unica capace di liberare l’uomo dai suoi
falsi timori.
Dunque l’obiettivo che si prefigge Lucrezio, riprendendo Epicuro, è di abbattere l’ignoranza, cioè
i miti e le tradizioni greche a cui gli uomini credono, che però provocano in loro solo
incertezze e paure.
In lui Lucrezio riconosce lo scopritore della verità, l’uomo che tra le tenebre dell’ignoranza e
della superstizione, con la sola forza della sua mente e del ragionamento, ha saputo portare tra
gli uomini la luce della conoscenza razionale, rivelando loro così la vera natura dell’universo:
agli occhi di chi sa guardare (cioè coloro che come Epicuro sanno osservare la natura), scompaiono
i regni dei morti, la terra non è più un ostacolo alla contemplazione del vuoto che si attua sotto di
lei, immenso spazio infinito in cui si attua l’eterna aggregazione e disgregazione degli atomi.
Per questo Lucrezio desidera imitarlo, pur sapendo che non potrà mai raggiungere la sua perfezione,
esattamente come la rondine non può gareggiare col cigno.
Epicuro ha mostrato come solo la conoscenza può condurre l’uomo alla felicità, la quale è
impossibile che si realizzi sotto l’oppressione della religio. Per fare ciò ha liberato il genere
umano dai suoi due maggio i motivi di angoscia: la paura degli dei e della loro capacità di
intervenire attivamente nelle vicende umane, e la paura della morte.
Lettera a Meneceo
saggio
Nell’ellenismo il filosofo diventa il saggio, il sapiente, colui che con delle indicazioni e dei
suggerimenti da imparare a memoria, aiuta l’uomo a liberare l’anima dagli affanni.
Chi segue il saggio può liberare l’animo dagli affanni e avere così una vita felice.
La lettera a Meneceo inizia con un incipit diretto: non c’è un tempo per poter fare filosofia, in
quanto lo scopo di quest’ultima è salvare l’anima dell’uomo, giungere a una tranquillitate animi, a
quella che per Epicuro è la Felicità (che identifica nell’εδονη: il piacere) ossia assenza di dolore,
ed è raggiungibile da tutti. Il dolore può essere sia fisico che dell’anima, per questo motivo
l’obbiettivo è il raggiungimento dell’’απονια, ossia a un’assenza del dolore fisico, ma allo stesso
tempo dell’’αταρασσια, ossia a un’assenza dai turbamenti.
Attacca dunque Platone, il quale sosteneva che si poteva fare filosofia solo dopo i 50 anni, ossia
dopo l’impegno politico. (Per Epicuro questo era sbagliato in quanto sia i giovani che i vecchi
devono fare filosofia, in quanto questa porta alla felicità. Tutti possono essere felici, di conseguenza
tutti possono essere filosofi, poichè l’oggetto della ricerca filosofica diviene la felicità stessa. I
giovani vivono il momento aspettando un futuro incerto ma sorprendente, gli anziani invece hanno
già vissuto una ricca giovinezza e davanti a loro è presente ancora un futuro ).
Per Epicuro la filosofia è il φαρμακον (medicina) dell’anima.
Per Epicuro il dolore è assenza di felicità (egli aveva un cancro allo stomaco ma non disse niente
agli alunni, che lo scoprirono solo dopo la sua morte).
Ma come mai parla di assenza del dolore ( dunque un pensiero qualitativo) se parteggia per il
materialismo e l’atomismo? (non lo ha detto)
Come la fisica epicurea rivelava che la natura è in realtà molto più semplice di quanto appaia
( soltanto atomi in movimento nel vuoto ), così l'etica epicurea rivela che la felicità è in realtà
qualcosa di molto più semplice è accessibile di quanto possa sembrare di primo acchito . Si tratta
principalmente di evitare sia di inseguire i falsi obiettivi sia di sfuggire a farsi timori, imparando a
sottrarsi alle inutile trambusto dell'esistenza.
τετραφαρμακον
Epicuro parlava di un τετραφαρμακον (4 medicine da imparare a memoria per essere felice):
il piacere è raggiungibile
il dolore è sopportabile
la morte non esiste
gli dei non fanno paura
Abram Maslow, della scuola di Palo Alto, crea una piramide dei bisogni. Alla base ci sono i
piaceri naturali necessari, all’apice quelli estetici.
Per soddisfare quelli che sono i piaceri secondari ( come andare a teatro, la bellezza…) c’è la
necessità di soddisfare quelli primari ( mangiare , bere…)
Nell’umanesimo il “porco Epicuro” venina spesso rappresentato come colui che ride e che è
divertito.
In realtà, come esplicita con la divisione tra piaceri cinematici e catastematici, egli va per un
mezzo, per una giusta misura, proprio come Aristotele (virtù etiche e dianoetiche, giusto mezzo,
μετρον).
2. Il dolore è sopportabile
Tutto si basa sulla sensazione, ha una visione sensitiva: se sto bene con il corpo allora sto bene
anche con l’anima. Il dolore è lieve e dura per tutta la vita o è forte tanto da stroncarti (come un
infarto).
A seguito di ciò possiamo comprendere la sua visione politica: i piaceri dinamici (la voglia di
tanto potere di un politico, ad esempio) non portano alla tranquillità dell’animo, non portano ad
un atarassia, portano all’affanno.
Bisogna astenersi, vivere nascosto.
Gli storici sono invece per l’impegno politico.
Come Democrito uso la ragione per non vivere una vita di sole sofferenze.
Stoicismo
Seconda scuola post-aristotelica.
Il termine stoicismo deriva da στοα ποικιλη, portico dipinto: si era soliti fare lezione sotto un
portico affrescato).
Periodizzazione
antica stoa (320 a.C, anno della fondazione della scuola, fonda i temi comuni). I principali
esponenti sono Zenone di Cinzio, probabilmente il fondatore, Panezio, Crisippo, Cleante
media stoa (un secolo dopo, spostamento in Magna Grecia, tema principale è l’etica). I
principali esponenti sono Panezio di Rodi e Posidonio
nuova stoa (I sec. d.C, periodo tipico del mondo romano, temi più pragmatici, propri del
mondo romano). I principali esponenti sono Seneca, Epitteto, Marco Aurelio.
Cicerone lo consideriamo appartenente all’eclettismo, anche se si avvicinò alla corrente stoica
Temi comuni
priorità dell’interesse etico (si occupano della morale etica e, come per gli epicurei, la
filosofia è balsamo dell’anima)
negazione della trascendenza (panteismo, Dio nelle cose) (si oppongono così a Platone)
tripartizione della filosofia
tema del destino
opposizione all’epicureismo (parleranno del suicidio. Se si è stoici non si può essere
epicurei. Per loro il male non esiste)
Oggi con il termine storico si indicano le persone che accettano, in modo coraggioso, le avversità e
le affrontano in modo forte e sereno.
Fisica
Partendo dal problema dell’ontologia (ramo della metafisica, parmenide) si interrogano su cosa
fosse l’essere. Esso è tutto ciò che agisce, che subisce, “che agisce e patisce”, è un corpo.
Tutto l’universo è visto in funzione materialistica, corporeistica, è vivo, è materia che viene
animata.
Il fuoco è come se fosse il sema principale, la forza da cui parte tutto. E’ proprio il fuoco che anima
tutto, fuoco che è anche definito λογος o Dio.
Tutto parte dal fuoco, che è un qualcosa di già preesistente, ed è in tutte le cose (quindi Dio è in
tutte le cose, panteismo)
Visto che è Dio che agisce nelle cose, è lui la forza, si ha una sorta di accettazione del destino:
bisogna accettare positivamente ciò che vuole Dio.
Se Dio è λογος non ci può essere il male; io devo accettare quello che mi viene perché c’è un
disegno più grande dietro.
La visione del tempo dei cristiani, invece, è come una retta che tende all’infinito.
Dunque ogni momento è importante, è l’attimo che conta.
Etica
Ducunt volentem patam, non entem trhaunt
Il fato guida colui che si lascia condurre e trascina colui che non lo vuole
Epistula 7 di Lucilio. Seneca traduce questa frase da Cleante
Il bene per eccellenza per il filosofo è la sapienza, la conoscenza perché è l’accrescimento del
proprio essere.
Nuova stoa dice: esiste il male, esiste il bene, tra loro ci sono gli indifferenti (azioni che non sono
né bene né male, non interessano al filosofo: ricchezza-povertà; vita-morte; gloria-rovina; salute-
malattia).
Non interessano al filosofo perché ostacolano il vero bene. Interessano al popolo
Tra gli indifferenti, l’ostacolo per eccellenza al bene sono le passioni, che devono essere evitate
perché producono un turbamento.
Per evitare le passioni, e quindi il turbamento, ci sono due atteggiamenti del filosofo:
απαθος, apatia, senza emozioni
αταρασσια, non coinvolto, imperturbabile.
Il motto era: substine et astine (sostieniti e astieniti dal fare le cose).
Le passioni non sono naturali, l’unica cosa naturale è il λογος.
Per quanto riguarda la libertà umana, gli stoici ritengono che tutto ciò che accade obbedisce
una connessione causale necessaria prestabilita dalla divinità intesa come principio attivo ;
Dunque il singolo essere umano non può sottrarsi alla catena di eventi che costituiscono il
suo destino.
Se essere liberi vuol dire essere gli artefici del proprio destino, allora gli esseri umani non sono
liberi.
Tuttavia, gli stoici non negano del tutto la possibilità della libertà umana; le danno piuttosto un
significato caratteristico introducendo le nozioni di causa interna (o causa perfetta, l’essenza
stessa delle cose) e di causa particolare (o condizione).
Allo stesso modo un certo uomo compie le azioni che compie perché così ha previsto il progetto
divino (causa particolare), Ma anche perché quell'uomo è fatto in un certo modo (causa perfetta).
Sebbene l'uomo è obbligato a compiere azioni che seguono un progetto che va ben al di là della
sua volontà individuale, ha comunque la libertà di dare il proprio assenso a quello che è stato
previsto per lui nel piano divino, quindi accettarlo o assecondarlo.
Nonostante si opponga al proprio destino gli eventi della vita di quell'uomo non cambiano ma
cambia la sua condizione morale. la libertà dell'uomo Consiste nel dare il proprio assenso a ciò
che accade.
Il saggio segue il logos, la causa perfetta, l’ordine delle cose.
Seneca afferma che bisogna adeguarsi al destino, seguire la natura delle cose, il logos.
Io sono libero nel momento in cui mi adeguo al corso naturale delle cose. (afferma Spinoza che
l’accettazione del destino è la vera libertà).
Principio οικειοσις
Per οικειοσις si intende l'autoconservazione, l’appropriazione: io devo appropriarmi del bene
per essere felice, devo allontanare il male.
conatus ( principio di inerzia esistenziale). L’uomo per non essere toccato dalle passioni (che sono
dannose per l’uomo) non deve affannarsi
Cicerone afferma: actus conclusus: stare nel mio, non essere toccato dalle cose esterne
I perturbamenti, ossia le passioni, non sono suscitati da alcuna forza della natura e sono tutti
opinioni di giudizi di leggerezza.
Le passioni (l’uomo subisce passioni dall’esterno) non seguono la natura delle cose (società del
superfluo)
Afferma Cicerone nel de finibus (terzo libro) che se seguo la mia natura sono felice.
la morale stoica è intenzionale, la libertà sta nel decidere nel bene o no ( il popolo erra con
leggerezza)
Politica
Come afferma Aristotele l’uomo è un animale sociale.
Non bisogna seguire il concetto epicureo del late biosas. l’uomo nasce per stare insieme agli altri e
non ricerca le passioni sfrenate.
Il compito del saggio è educare l’uomo alla ragione, se non ci riescono si eliminano (suicidio).
Il saggio stoico è l'interprete presso gli uomini del logos universale e divino.