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Filosofia

La cultura ellenistica
L’età ellenistica è caratterizzata da tre principali filosofie: lo scetticismo,
l’epicureismo e lo stoicismo. Il cittadino dell’epoca ellenistica prova sconcerto e
disorientamento, trovandosi inglobato in un vasto impero e smarrendo l’antica
identità sociale. La filosofia riveste quindi una funzione “consolatoria” e
“terapeutica”, ponendo al centro dei suoi interessi la ricerca della felicità.

Lo scetticismo
Fondato da Pirrone di Elide, è definito come una filosofia del dubbio, che mette in
discussione ogni dogma o dottrina che si pone come verità assoluta. Gli scettici
praticano la sospensione del giudizio (epoché), cioè non prendono posizione su un
certo argomento, e si avvalgono dell’esercizio dell’afasia, la scelta di non
pronunciare discorsi categorici.
Principali figure successive a Pirrone:
- Arcesilao, Carneade e Sesto Empirico
Non esiste quindi un criterio oggettivo di verità e solo sconfiggendo il dogmatismo
(causa di ansia e angoscia) è possibile raggiungere la felicità.

L’epicureismo
Fondato da Epicuro di Samo, è una filosofia “edonistica”, cioè che pone il fine della
vita dell’uomo nel piacere. Questo è inteso come assenza di dolore nel corpo
(aponia) e assenza di turbamento nell’anima (atarassia). Questa concezione è
supportata dall’atomismo democriteo e da una dottrina della conoscenza
“canonica”, che sottolinea la funzione dominante della sensazione. La filosofia di
Epicuro (indicata come tetrafarmaco) è orientata allo scopo di fugare le paure degli
uomini, in particolare quella della morte e degli dei. A riguardo Epicuro spiega che:
- morte: in natura la morte non esiste. Siamo un’aggregazione di atomi, che
quando cessiamo di esistere si tramuterà in qualcos’altro, perciò non
dobbiamo temerla
- dei: non nega l’esistenza ma spiega che essi sono completamente
disinteressati della vita umana, perciò non abbiamo motivo di temerli.

Lo stoicismo
Fondato da Zenone di Cizio, è incentrato sulla ricerca della felicità attraverso la
virtù, secondo un ordine razionale e necessario. Gli stoici hanno una visione
panteistica e finalistica:
- panteistica: Dio è l’universo nella sua totalità, e viene rappresentato con il
logos (identificato come il fuoco, soffio vitale di cui l’uomo stesso è parte
integrante).
- finalistica: c’è sempre un fine verso cui tendere
La parte più importante della dottrina è la logica, che risente del materialismo che
caratterizza la loro concezione secondo cui esiste solo ciò che è corporeo. La
conoscenza ha quindi origine dalle rappresentazioni che le cose imprimono
sull’anima attraverso gli organi di senso. Successivamente l’individuo esercita la
sua attività conferendo o meno il proprio assenso alle rappresentazioni. Grazie alla
facoltà della memoria vengono poi elaborate quelle nozioni astratte che
rappresentano la base dei nostri ragionamenti (prolessi). L’unico criterio di verità è
l’esperienza, che consente di affermare l’oggetto in modo sicuro in una
rappresentazione “catalettica”. Una delle dottrine più significative è quella del
segno:
- significante: segno grafico o fonico con cui si indica una cosa
- cosa: oggetto concreto indicato col segno
- significato: contenuto mentale, concetto della cosa indicata
- i primi due sono materiali, mentre il terzo (lektòn) è immateriale
Il principio dell’oikèiosis (casa) indica la realizzazione dell’uomo:
- “ritorna alla tua casa”, dove la casa è intesa come natura, che però si
identifica con la divinità
- gli stoici invitano a vivere secondo ragione e secondo etica del dovere
Infine è importante lo studio di ragionamenti non conclusivi, paradossi e
antinomie, che non ammettono alcuna conclusione dotata di senso.

La filosofia romana
L’incontro tra la cultura greca e latina dà origine a una nuova sintesi, la cosiddetta
“filosofia romana”:
- eclettismo: “che trasceglie”, attingere a più correnti di pensiero e metterle
insieme
Nelle opere di Cicerone emerge il bisogno di ricercare la verità ovunque essa si
trovi, superando i rigidi schematismi delle scuole filosofiche. Le riflessioni di
Seneca, Epitteto e Marco Aurelio mettono in luce le conflittualità e le debolezze
dell’interiorità dell’uomo con accenti attuali.

Gli interrogativi metafisici


Plotino, figura di maggior spicco del neoplatonismo, spinge la riflessione greca fino
al limite. La ricerca plotiniana è mossa dal bisogno di trascendenza e di assoluto.
Alle domande fondamentali dell'esistenza umana risponde attraverso un sistema
in cui ogni ente trova un posto e una destinazione.

Il processo discendente dall’Uno alla molteplicità


Tutto l’universo discende dall’Uno, il principio primo, immateriale, incorporeo e
infinito alla realtà, e aspira a ricongiungersi a esso.
- teologia negativa: non può essere definito con le categorie del pensiero
tradizionale, ma può essere indicato solo per via negativa, negando di esso le
qualità degli esseri limitati e finiti.
Il processo che conduce alla molteplicità è un’emanazione in virtù della quale,
scaturiscono enti secondo una scala digradante che dall’Uno va all’intelletto e
quindi all’anima, per incontrare la materia (tre ipostasi). Il motore
dell’emanazione è la contemplazione.

Il processo ascendente dalla molteplicità all'unità


Attraverso le virtù l’uomo si prepara all’elevazione, che si completerà grazie
all’arte, all’amore e alla filosofia. Ma per raggiungere l’Uno, la ricerca intellettuale
deve cedere il posto all’estasi mistica, che rappresenta il momento culminante
attraverso cui l’anima si eleva fino a diventare intelletto, acquisendo una visione
immediata delle idee; in questa esperienza l’anima raggiunge un’identificazione
totale con Dio, e in ciò consiste la vera felicità.

L’ebraismo
Per l’ebraismo, religione monoteista, la figura più importante è Yahweh, un Dio
trascendente, creatore, forte e potente, che si rivela al popolo mediante la voce e la
parola. Il passaggio dal modello interpretativo greco (quello della visione) quello
ebraico (quello dell’ascolto della parola) rappresenta un cambiamento nella
concezione della verità.

Il cristianesimo
Per i cristiani Gesù Cristo appare come colui che i profeti d’Israele avevano
annunciato come il figlio di Dio, rivelatosi all’uomo per mostrare la via del risatto e
della salvezza eterna. L’obiettivo della filosofia in questo caso è quello di
interpretare il messaggio dei Vangeli (che contengono la testimonianza di Cristo
secondo gli apostoli) e come tradurlo in pratica. La figura più importante del
cristianesimo primitivo è quella di Paolo di Tarso, che si scontra con la
problematica del rapporto tra fede e religione. Per Giovanni l’evangelista invece il
compito della filosofia cristiana è quello di tradurre nel linguaggio delle varie
epoche storiche la sua parola.

Agostino
Si tratta di uno tra i pensatori cristiani più significativi, la cui opera vuole conciliare
la dottrina cristiana e la filosofia.
- incentra la sua riflessione sul rapporto privilegiato tra l’uomo e Dio
- nelle Confessioni mette in scena la sua vita personale e il difficile cammino
dell’uomo verso il padre
- esamina le principali filosofie dell’epoca: il manicheismo, lo scetticismo e il
neoplatonismo (che lo conduce molto verso il cristianesimo
Agostino sente che l’uomo da solo non può raggiungere la vita eterna e possedere
la vita beata: solo la fede può sorreggere la ragione umana. Getta le basi per la
teologia scolastica, elaborando una sapienza cristiana a cui concorrono
unitariamente la fede e la ragione.
- l’illuminazione divina rende efficaci le possibilità intellettuali dell’uomo, la
grazia rende efficace la sua libertà
- dialogo interiore: dialogo dell’anima con se stessa attraverso cui l’uomo può
incontrare il creatore
Colui che guida Agostino è il Dio creatore, essere perfetto che è causa prima
dell’universo.
- il tempo non ha una consistenza oggettiva ma è un fenomeno interiore
Agostino distingue l’umanità in due categorie: coloro che vivono secondo l’etica
umana e coloro che abbracciano interamente la fede. Gli uomini che vivono
secondo la carne definiscono la “città terrena”, quelli che vivono secondo lo spirito
formano la “città di Dio”.

La scolastica
Le origini e la finalità
Gli intellettuali del Medioevo operavano nelle scholae, presso i monasteri e le
cattedrali; deriva da qui il nome “scolastica” attribuito alla ricerca filosofica da essi
elaborata.
- prima fase (pre-scolastica): dal VI al X secolo (Scoto Eriugena)
- seconda fase: dall’ XI al XII secolo (Anselmo d’Aosta)
- terza fase: XIII secolo (Tommaso d’Aquino)
- fase di decadenza: XIV secolo (Duns Scoto e Guglielmo Ockham)
Il problema dominante consisteva nella ricerca delle forme più opportune per
condurre l’uomo alla comprensione delle verità rivelate. L’autorità religiosa aveva
un peso molto grande. I libri sacri, che custodivano la parola di Cristo, il verbo fatto
carne, dovevano essere interpretati elaborando un apparato di dogmi e
comandamenti (ancilla theologiae, serva della teologia).
Il metodo didattico
La scolastica aiuta a comprendere la verità contenuta della rivelazione.
L’insegnamento si divide in due forme:
- lectio (lezione) e disputatio (discussione)
La prima consisteva nella lettura e nel commento di testi autorevoli, mentre la
seconda nell’affrontare problemi di grande interesse filosofico, tramite
argomentazioni. Con il metodo scolastico si intende proprio la procedura della
disputatio. C’erano anche le questioni (obiezioni), che davano al maestro lo spunto
per approfondire e puntualizzare. La raccolta di commenti a testi autorevoli diede
origine ai celebri Commentarii, mentre la raccolta delle dispute ai Quodilibeta. Infine
vi erano le Quaestiones disputatae, che erano la raccolta delle disputationes
ordinariae.
Il problema del rapporto tra fede e ragione
La centralità di tale questione deriva dal fatto che la dottrina cristiana pone Dio
all’origine della rivelazione e della creazione. Da questo discende l’orientamento
che consiste nella possibilità di conciliare ragione e fede.
- l’uomo conosce Dio e i suoi misteri grazie alla rivelazione
- può comprendere meglio quegli argomenti solo grazie alla ragione (che
deriva da Dio)

Anselmo d’Aosta
L’argomento ontologico
Una delle prove più conosciute e discusse sull’esistenza di Dio è quella di Anselmo
d’Aosta, arcivescovo di Canterbury. Si tratta del celebre “argomento ontologico”,
che parte dalla definizione di Dio come essere supremo. Viene definito “argomento
a priori”, perchè non prende in considerazione nessun dato dell’esperienza umana.
- instaura un dialogo con l’insipiens, che conosce la logica e la filosofia ma
non crede nell’esistenza di Dio
- definisce Dio come “ciò di cui non si può immaginare niente di più grande”
- l’insipiens ribatte spiegando che si tratta soltanto di un’idea nella mente
- Anselmo spiega che se si ammette che Dio sia l’essere perfetto e si possa
immaginare, egli deve esistere, altrimenti sarebbe meno perfetto di
qualsiasi altra creatura dotata di esistenza.
La disputa medievale sull’argomento di Anselmo
Il monaco Gaunilone, priore del monastero di Marmoutier, definì il suo un cattivo
argomento. Osservò che dalla sua idea non possiamo farne derivare l’esistenza. Ciò
vale a dire che non si può passare dal piano del pensiero a quello della realtà, in
linguaggio filosofico, dal livello logico a quello ontologico. Anselmo replicò a
Gaunilone con il Libro apologetico, sostenendo che il paragone del monaco non era
valido (paragone dell’isola perfetta). L’esistenza deve necessariamente attribuirsi
soltanto all’idea di perfezione in sé, che supera ogni altra cosa in assoluto.
Il dibattito moderno sull’argomento di Anselmo
Secondo Kant è sbagliato dal punto di vista logico considerare l’esistenza come uno
degli attributi dell’essere perfetto; essa infatti deve essere vista come una
condizione preliminare perché qualcosa possieda delle proprietà o qualità.
- l’esistenza non può essere confusa con le proprietà intrinseche dell’oggetto
in discussione
- l’esistenza di Dio non è una proprietà dell’essere perfetto, ma una
condizione che deve essere provata.
In conclusione, secondo i critici della prova ontologica l’esistenza di Dio non si può
far discendere a priori dall’idea della sua perfezione.
Tommaso d’Aquino
Secondo il frate domenicano, maggiore esponente della scolastica, la
dimostrazione dell’esistenza divina deve partire da quelle cose che ci sono note,
cioè il mondo e le sue caratteristiche. La sua idea di Dio è nonmenica (può essere
pensato ma non conosciuto). Le sue due opere più importanti, la Summa contra
gentiles e la Summa theologiae, affrontano il problema di Dio, confermando la
centralità all’interno della sua riflessione.
- il metodo tomista parte dall’esperienza, in quanto il processo conoscitivo
dell’uomo ha sempre inizio dalla percezione delle cose concrete (evidente
l’afflusso aristotelico
Si compone di due momenti:
- la constatazione di un aspetto caratteristico della realtà
- l’applicazione del principio di causalità (riporta l’aspetta caratteristica a una
causa superiore che lo spieghi e lo giustifichi)
- Dio è causa ultima e la meta finale della realtà
- il principio di causalità è lo strumento di cui la ragione umana si serve
Le vie che conducono a Dio
La via del movimento è il primo argomento razionale che permette di risalire a Dio.
- tutti gli elementi si trasformano
- Tommaso afferma che ogni divenire esige una causa (“ciò che si muove deve
essere mosso da una casa a lui esterna)
- la causa è quindi Dio, motore immobile, puro principio del divenire, atto
senza potenza
La seconda via, quella dell’effetto, parte dalla constatazione che ogni effetto esige
una causa.
- la causa deve essere “incausata”, cioè non causata da altro
- al contrario di ciò la ragione ci dice che dobbiamo fermarci e ammettere
l’esistenza di una causa ultima, che è Dio
La terza via, quella della contingenza, parte dal fatto che nella realtà facciamo
l’esperienza di esseri che esistono, ma la presenza della morte ci avverte del fatto
che potremmo anche non esistere.
- gli esseri del mondo sono quindi contingenti, enti a cui è toccato di esistere
- il contingente esige il necessario, quindi Dio esiste come ente necessario e
giustifica la nostra esigenza
La quarta via è quella dei gradi di perfezione. Tutti gli enti esistono secondo un grado
maggiore o minore di perfezione.
- il più e il meno nell’essere si possono affermare soltanto se confrontati con
un grado massimo di perfezione, cioè Dio
L’ultimo argomento parte dalla constatazione di un ordine nel modo. Ogni cosa,
anche se priva di intelligenza, ha un fine.
- se l’ordine regna nel mondo, c’è necessariamente la presenza di un
“ordinatore” supremo: Dio

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