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MASSONE EGIZIO
LA TRADIZIONE
PRIMORDIALE
a cura di
Claude-Gérard Sarrazin
CIRER
2001
1
Claude-Gérard Sarrazin ha pubblicato dal 1958 circa cinquanta opere su
argomenti diversi; tuttavia, tutte convergono verso il risveglio e l’ampliamento della
coscienza. L’ultimo trattato è stato scritto in collaborazione con Christian
Chamberland: «L’Uomo-Luce», apparso presso A.L.T.E.S.S. nel dicembre del 1999.
Tratta molti punti concernenti l’iniziazione e l’evoluzione interiore. L’autore ha
inoltre pubblicato oltre duecento articoli.
Le pagine seguenti riuniscono diversi Lavori già presentati in luoghi
appropriati. Tuttavia, il loro autore ci tiene a precisare di non essere “la Via, la Verità,
la Vita” ma tenta di trasmettere, senza troppe distorsioni, UNA Verità.
2
Tradizione Primordiale
La Tradizione iniziatica
Iniziamo la nostra ricerca rileggendo due autori che hanno saputo riassumere il
problema in termini chiari:
“La Tradizione è un corpo di verità primigenie da cui tutte le tradizioni parziali
e le loro espressioni viventi – cioè tutte le civiltà apparse nel corso della Storia –
derivano da una radice comune […] la cui forma primordiale, in quanto di origine e
di essenza non-umana, sfugge a qualsiasi investigazione storica”. (Curutchet, J., La
lumière de la liberté, Témoignage sur l’initiation maçonnique, Trédaniel, 1993, p. 114).
« L’idea dell’unità trascendente delle religioni, unità che si è manifestata
all’inizio dei tempi e di fronte ad una umanità ancora unita, da una sola Tradizione
primordiale, è stata esposta nelle opere di René Guenon e di Frithjof Schuon, ed
anche di Ananda K. Coomaraswamy; essi ha indicato l’identità dei Principi essenziali
delle diverse Rivelazioni ortodosse, identità che si può scoprire nell’approfondimento
metafisico dei dogmi e dei simboli. […]
“Una volta che l’intelligenza supera il piano formale dei dogmi e dei simboli e
che permette di penetrare nel regno dei loro Archetipi informali, si vede che il
Chiarore dell’Uno non si è frantumato che in modo estrinseco in “Raggi” rivelatori.
Questi “Raggi”, pur dirigendosi in direzioni diverse, colorandosi di luci diverse,
partono da uno stesso Centro, per rivelare gli stessi Misteri, e ricondurre quelli che li
assimilano, alla stessa Origine e Fine di tutte le cose». (Schaya, L., L’homme et absolu
selon la Kabbale, Dervy, 1988, p. 10).
Una sorta di paradiso terrestre nel quale gli umani parlavano agli dei o a Dio,
conoscevano tutti i segreti della Creazione, tutti i rischi necessari ai contatti uomo-
dio, tutta la metafisica, tutte le ascesi illuminatrici ; poi una caduta nell’incoscienza…
ma certi iniziati conservano i segreti… Nel tempo in cui gli dei parlavano agli
uomini…
Metafora? Esperienza interiore? Civiltà mistica che accoglieva dei discesi in
corpi umani o che si manifestava sottilmente nei templi segreti il cui accesso era
riservato ad iniziati di alto rango?
Le differenti Tradizioni hanno proposto tutte queste spiegazioni, che possono
peraltro essere tutte vere a seconda delle epoche e dei luoghi.
Numerosi autori parlano di Tradizione primordiale, altri di vera Religione, altri
della Fonte; poco importano i termini, in fondo ci si capisce; esisterebbe un corpus,
4
segreto o discreto, che ha attraversato i millenni grazie a delle trasmissioni
iniziatiche.
Pochi autori propendono piuttosto ad un satanismo planetario destinato a
minare i progressi di coscienza spirituale faticosamente ottenuti nel corso del tempo,
satanismo invariabile dall’ “inizio dell’umanità”.
Evidentemente, gli atei, paladini dei fantasmi del passato, i razionalisti,
difensori della Verità, considerarono ogni allusione a questa Tradizione come
postumi del pensiero arcaico ed inaccettabili superstizioni nell’era dell’intelligenza
scientifica.
Tutte queste spiegazioni, tutti questi insegnamenti diversi e contraddittori
possono esprimere diverse sfaccettature della realtà che sarebbe prematuro troncare
brutalmente. Ognuno può citare dei “fatti” per supportare la propria posizione, ma
questi “fatti” sono indiretti, interpretati, spesso sollecitati, da cui le opposte posizioni
che vanno dalla negazione pura e semplice all’affermazione più perentoria, passando
attraverso tutte le sfumature intermedie.
Riassumendo, tra gli adepti di una spiritualità in atto, molti ricercatori hanno
pensato ad un popolo evoluto, privilegiato, che avrebbe sciamato in diverse parti del
mondo; dato che si ritrovano gli stessi principi dall’Asia all’Europa, senza
dimenticare l’America, si suppone un popolo centrale… come quello degli
“Atlantidi”, ad esempio. Questa ipotesi è plausibile ma perché non privilegiare
un’ipotesi più “economica”, come per la Scienza? Potrebbe, infatti, trattarsi di
Rivelazioni identiche in quanto, in alto, la Verità è UNA. Iniziati che elevano il loro
livello di coscienza vengono a contatto con i piani luminosi e ricevono la
Conoscenza; si tratta allora dei grandi fondatori, profeti, rsi (rishis) ed Incarnazioni
divine. (Non mi riferisco qui agli innumerevoli auto-iniziati, del nostro tempo di
bulimia iniziatica generata dalla scomparsa ufficiale delle grandi Scuole dei Misteri).
Scopriremo delle riflessioni complementari in un articolo di fondo:
“Nel campo del sacro, vi sono tali convergenze e sincronismi, sorti sia da
ambienti morfici emessi consciamente od inconsciamente da certi gruppi, sia
dall’emergenza di un’azione spirituale decisa da molte manifestazioni similari, o
quantomeno con lo stesso fine, in luoghi, tempi o “assemblee” attuali lontane l’una
dall’altra ma le cui strutture “materiali” (si devono intendere qui, tanto fondamenti
fisici o biologici che psicologici o metafisici, ossia spirituali) permettono questa
creazione. […].
“Infatti, avendo gli uomini un’identica struttura fondamentale, è normale che vi
sia concordanza dei vissuti sacri – e dunque degli insegnamenti essenziali. Ma le
tecniche legate a questi insegnamenti dipendono spesso più dall’atmosfera culturale
che dal fine ricercato, possono dunque presentarsi come vie differenti, ossia
divergenti – pur avendo lo stesso scopo finale. […].
5
“Se vi è Tradizione Primordiale, è allora un insieme di comunicazioni più
autentiche, meno deformate, e che sono esistite in un certo periodo, detto del passato.
Ma questo non ci deve portare a credere che quelle stesse comunicazioni non possano
essere vissute in altre epoche e, tra le altre, nella nostra.
“Esistono oggi certamente dei Maestri-Profeti-medium che ricevono messaggi
autentici che consentono di creare dei rituali validi ed aprono delle efficaci vie sacre.
Come esistono anche certamente oggi degli pseudo-maestri, dei falsi profeti, dei
mediums ciarlatani o incompetenti, dei rituali fantasiosi, ossia patogeni e legati a
vicoli ciechi spirituali… Come fare allora la differenza tra i due tipi di esoterismo
proposti? Dov’è l’autentico? Dov’è il miraggio sterilizzante, ossia mortifero?”.
(Dierkens, J., articolo pubblicato su L’Originel, n° 3, 4° trim. 1995. pp. 15 e seg.).
L’Occidentale che ha più esplicitamente parlato della Tradizione primordiale è
proprio René Guénon. Tuttavia, se ha, apparentemente, creato l’espressione
“Tradizione primordiale”, senz’altro non fu il primo a pervenire a questo concetto;
non citerò che l’immenso occultista della generazione precedente a quella di René
Guénon, Max Théon, che non fu soltanto un teorico; anche lui parlava della
“Tradizione”, e di molto altro ancora. Ma René Guénon fu colui che riuscì a
raggiungere un grande pubblico ed a durare (se ne parla ancora, mentre
sfortunatamente non si legge più Max Théon).
“Guénon sostiene che tutte le Tradizioni sono identiche nella misura in cui
prendono in considerazione, ciascuna a modo suo, la sola Verità che ci sia, cioè la
Verità metafisica. In appoggio alla sua idea, ricorre ad un postulato […]; questo
postulato consiste nell’esistenza immemorabile di una Tradizione primordiale che
sarebbe all’origine delle diverse Tradizioni ulteriori e ne costituirebbe le basi
comuni”. (Fink-Bernard, J., L’apport spiritual de René Guénon, Dervy, 1996, p. 155).
René Guénon si esprime così :
“Vi è necessariamente nel simbolismo qualcosa la cui origine risale più in alto
e più lontano dell’umanità, e si potrebbe dire che questa origine è nell’opera stessa
del Verbo divino: è innanzitutto nella stessa manifestazione universale, e poi,
particolarmente in rapporto all’umanità, nella Tradizione primordiale che è, pure lei,
“rivelazione” del Verbo; questa Tradizione, di cui le altre non sono che forme
derivate, s’incorpora per così dire nei simbolismi che si sono trasmessi di età in età
senza che si possa loro assegnare alcuna origine “storica”, ed il processo di questa
sorta di incorporazione simbolica è ancora analogo, nel suo ordine, a quello della
manifestazione”. (Aperçu sur l’initiation, Dervy, 1996, p. 133).
La visione di Guénon è grandiosa e profonda. Questa Tradizione primordiale
corrisponde infatti al mondo delle Idee platoniche, quegli Esseri che precedono ogni
manifestazione (tutto ciò che appartiene alla “Creazione”). Questo Verbo divino è il
Supremo Principio, il Logos della Tradizione occidentale, Ishvara della Tradizione
dell’India, il Signore in contrapposizione alla Madre (Shakti)2.
2
- Per le definizioni metafisiche e le precisazioni ontologiche, cf., nella stessa serie , Un, trois, cinq, sept.
6
Apparterrà alla Tradizione primordiale ciò che esprime senza deformazioni le
Idee, dunque le supreme realtà. Le diverse Tradizioni saranno, in assoluto, gli
“adattamenti” causati dal dharma3 dei diversi raggruppamenti umani (i diversi “ovili”
di cui parlano le Scritture cristiane).
“Anteriormente a questa degenerescenza [il cammino discendente del ciclo
umano secondo Guénon], vale a dire lo stato normale dell’umanità non ancora
decaduta, si può dire che tutto aveva davvero una caratteristica tradizionale, in quanto
tutto era esaminato nella sua dipendenza essenziale al riguardo dei principi ed in
conformità ad essi, in modo che un’attività profana, separata cioè da quegli stessi
principi ed ignorandoli, sarebbe stato qualcosa di assolutamente inconcepibile”. ( Ibid.,
pp. 61-62).
Se una tale civiltà è esistita, questa fu esattamente come scrive René Guénon. È
l’Idea stessa di una società perfetta: ciò che è in alto (le Idee) è come ciò che è in
basso (i fatti materiali, i fenomeni); il fenomeno corrisponde allora perfettamente al
noumeno.
Così che, per effetto degli “adattamenti” (conformi in questo al Grande Piano,
a Ishvara manifestatisi con l’intermediazione di Shakti), le diverse Tradizioni in
fondo si assomigliano:
“La base delle dottrine è sempre ed ovunque la stessa, ma inoltre, ciò che può
apparire stupefacente a prima vista, gli stessi modi di espressione presentano spesso
una sorprendente similitudine, e questo per tradizioni che sono troppo lontane nel
tempo o nello spazio perché si possa ammettere un’influenza immediata delle une
sulle altre; senz’altro si dovrebbe in tale caso, per scoprire un effettivo collegamento,
risalire molto più lontano di quanto la storia ci consenta di fare”. (L’ésotérisme de Dante,
Gallimard, [1957] 1997, p. 27).
Essendo ciò che è in basso come ciò che è in alto, il parallelismo dei modi di
espressione è conforme alle Leggi dell’Alto e, ancora una volta, René Guénon ha
perfettamente colto e definito questi processi. Le migrazioni non spiegano tutto.
Nell’opera già citata, Jeannine Fink-Bernard riassume la dimostrazione di René
Guénon:
“Sorrette da una stessa dottrina, tutte le tradizioni convergono verso gli stessi
principi metafisici; e se, per giungervi, sembrano imboccare vie diverse, non è, anche
qui, che apparenza, in quanto tutte sono costrette a ricorrere all’esoterismo che può,
lui solo, condurre alla Verità metafisica ed attraverso il quale esse prendono infine
coscienza della loro intrinseca unità. D’altronde, l’immutabilità della Tradizione
primordiale che si protrae nelle tradizioni “storiche”, senza essere sottomessa al
divenire e all’instabilità, giustifica l’autenticità dell’adattamento dottrinale alla
mentalità di ciascun popolo, in ogni tempo ed in ogni luogo. […]
3
- Legge d’essere. Grosso modo: modelli di costruzione degli aggregati.
7
“Se la dottrina è immutabile, l’intelletto umano, assoggettato alla contingenza
per sua stessa natura, appare come essenzialmente fluttuante: a seconda dei tempi, dei
luoghi, delle circostanze esterne, ciascun popolo assimilerà in preferenza certi aspetti
della dottrina e lascerà nell’ombra quelli che non entrano nella sua specifica visione
del cosmo e della metafisica”. (Fink-Bernard, J., L’apport spiritual de René Guénon, Dervy,
1996, p. 159).
In altri termini : se l’Essere è stabile, immutabile nelle sue profondità, il
Divenire è mobile, molteplice,
Ma René Guénon ha esposto gli insegnamenti di questa Tradizione
primordiale? Sembra tuttavia, nonostante la sua erudizione, nonostante i suoi cenni
illuminanti, nonostante tutto ciò che ha apportato alla cultura occidentale, che la sua
filosofia, nonostante la sua insistenza per provare il contrario, non rifletta sempre
l’essenza di una Tradizione primordiale, comune dunque a tutte le Tradizioni.
Riflette, a sprazzi ed in certe articolazioni, come vedremo, una Tradizione molto
personale.
Le dottrine sono vie di accesso, corrispondendo a dharma diversi. Ciascuno
deve riconoscere la sua via e non concludere che sia la sola, la sola vera, l’unica
rivelazione.
Le religioni decretano che non esiste che una Via, che una Verità, che tutte le
altre non sono che diaboliche scimmiottature. Le sette sono ancora più feroci nelle
loro condanne.
Le vie dell’iniziazione sono diverse e sufficientemente numerose per
accogliere ogni genere di esseri. “Cercate e troverete”; la regola non teme eccezioni.
La Tradizione aggiunge: “E troverete ciò che avete davvero cercato” (ciò che può
essere la contro-iniziazione che valorizza l’ego ad esempio).
Ricordiamo l’ipotesi di un luogo privilegiato.
La Grande Tradizione
Molto prima che apparissero i primi barlumi della civiltà egizia, molto prima
che il popolo ebreo si sognasse di redigere quello che è diventato per noi l’Antico
Testamento, da qualche parte, in India, i Rshi scrivevano i Veda, senza dubbio il più
vecchio libro dell’umanità.
Si è molto parlato dei Veda, perché vi si possono trovare degli elementi
suscettibili di provare l’esistenza degli OVNI, perché vi si può trovare un’allusione al
cinema in quanto immagini mobili e parlanti.
Si può leggere, nei Veda, che questi testi sono dei ricordi, ciò che resta di una
civiltà molto evoluta, così bella che la si è chiamata ovunque “L’Età d’Oro”. Gli
uomini parlavano con gli dei. Non fu una civiltà tecnologica, in quanto gli uomini
usavano quei poteri tanto ricercati oggi. Piuttosto che inventare il telefono,
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preferivano la telepatia; piuttosto che immaginare un aereo, volavano o si
smaterializzavano4.
Questa straordinaria civiltà, questa “esperienza divina”, questo “laboratorio”,
questo vertice umano potrebbe chiamarsi Atlantide, Iperborea o come si vorrà
scegliere come prestigioso appellativo. Secondo gli insegnamenti accademici, questa
civiltà non può essere che un mito: per non apparire ridicoli, non si deve parlare che
dell’età del bronzo, poco prima di Gesù-Cristo e della “preistoria” dall’inizio
dell’uomo diverso dalla scimmia fino all’alba delle antiche civiltà. Tuttavia, quelli
che vengono chiamati Iniziati ripetono, da un’epoca all’altra, da una civiltà all’altra,
da un continente all’altro, che non siamo i primi. Molti altri tentativi avrebbero avuto
luogo e tutti sarebbero stati spazzati via da uno sconvolgimento o da una guerra senza
dimenticare la fine voluta dall’alto di un “esperimento” particolare, così come il
nostro rischia di essere distrutto da un conflitto nucleare, da incidenti nelle centrali
nucleari o dall’inquinamento galoppante.
Come i Rshi (rishi) potevano “ricordarsi”? Quegli uomini e quelle donne, che
avevano partecipato all’esperimento, si sarebbero reincarnati. Non posso
evidentemente provare quanto ho appena detto, mi accontento di ripetere gli
insegnamenti della Tradizione.
Peraltro, la Conoscenza non viene SOLTANTO dal passato: è sempre presente,
disponibile, in quanto Dio non è ancora morto e se Egli ha consegnato la Conoscenza
a dei Saggi del passato, sono i Saggi che hanno potuto trasmetterla. Non è Dio che
discende per consegnare la Conoscenza, è il Saggio che si innalza. Non è YHVH che
è disceso verso Mosè ma piuttosto Mosè che è salito sul Sinai. Cerchiamo la
conoscenza dove si trova e non perdiamo del tempo a racimolare troppi fatti sparsi.
Quelli che hanno fatto discendere la conoscenza hanno trasformato a poco a
poco l’uomo delle caverne superstizioso in scienziato ed in mistico. Non è forse
compiere un’opera utile?
Per noi che cerchiamo di ritrovare gli antichi segreti, le tracce scritte della
grande Tradizione ci saranno utili. Queste tracce saranno il Veda ed i testi del
Bramanesimo, e la Mitologia greca con i testi che se ne ispirano direttamente.
Siccome la grande Tradizione è UNA, ritroveremo gli stessi insegnamenti nella
Cabala.
Riprendendo gli insegnamenti iniziatici di Max Théon, la grande iniziata che fu
la Mère dell’ashram di Sri Aurobindo si esprime così:
“C’è tutta la tradizione caldea, e poi vi è la tradizione vedica, e c’era
certamente una tradizione anteriore alle due e che si è divisa in due branche”.
(L’Agenda de Mère, Institut de Recherches Évolutives, 1978, vol I, p. 227).
La Tradizione primordiale, qualunque ne sia la forma, si è colorata,
diversificata e l’hanno incarnata delle dottrine complementari. Queste dottrine sono
4
- No, l’autore non è così ingenuo. Ha visto sufficientemente fenomeni…
9
delle vie di accesso, corrispondenti a dharma diversi. Idealmente, occorre insistere,
ciascuno dovrebbe riconoscere la sua via e non concludere che sia la sola, la sola
vera, l’unica rivelazione.
Esistono delle vie autentiche e delle vie senza sbocco; le prime hanno
effettuato le loro prove nel corso dei secoli; le seconde sono nate bruscamente
dall’ispirazione di un non-iniziato. Si giudica l’albero dai suoi frutti.
Max Théon all’inizio del secolo, René Guénon vent’anni più tardi, Julius Evola
ancora dopo, hanno abbondantemente parlato degli auto-iniziati auto-promossisi
iniziatori.
Parlerò dunque di Tradizione primordiale, senza spirito di parte in quanto alla
sua natura esistenziale, cosa che non mi impedisce di esporre l’ipotesi di uno o più
popoli privilegiati.
Mi è evidentemente impossibile, in un lavoro dal numero di pagine
forzatamente limitato, provare che le Tradizioni sono ben stabilite su basi
convergenti. Tenterò di provare che il concetto di Tradizione primordiale corrisponde
ad una realtà trascendente o, quantomeno, ontologica.
Non posso neppure, in un simile lavoro, esporre tutti gli insegnamenti di questa
Tradizione. Vi provvederanno, nella stessa collezione, altre pubblicazioni.5
Due Tradizioni
Anche se tutto avviene come se una Tradizione unica avesse potuto irradiarsi
su una gran parte delle Tradizioni ulteriori, almeno due vie separano queste filiazioni.
L’una sembra sostenitrice di una sola ed unica vita in un corpo, vita che si protrae in
un aldilà non fisico; l’altra, di un ritorno in corpi successivi fino all’illuminazione ed
alla trasformazione totale, alla reintegrazione nella perfezione originaria.
Come un’unica Tradizione originaria potrebbe in seguito far nascere delle vie
oggi così nettamente diverse? La risposta non ci appartiene ma si può supporre che la
“pedagogia divina” si adatta alle circostanze ed alle mentalità (dei dharma), o che gli
iniziatori hanno, ad un certo punto, preferito le loro idee personali ai sacri
insegnamenti, o ancora che queste modalità apparentemente antagoniste non siano
che interpretazioni al primo livello. Poco importa, la realtà è lì, e dobbiamo
descriverla, così come viene generalmente veicolata.
Le vie dunque si separano. Le prime insistono sulla continuità fisica, sulla
trasmissione da maestro a discepolo, dalla prima Rivelazione. Primato del Divenire
sull’Essere, di dynamis su ontos, di prakrti (la Natura) su purusha (l’Anima).6
5
- Già apparso: Un, trois, cinq, sept, Symbolisme à sa source, données essentielles de la Tradition, métaphysique
fondamentale.
6
- Cf. le definizioni e le spiegazioni di questi termini particolari nel lavoro già menzionato: Un, trois, cinq, sept.
10
I depositari dell’altra Tradizione insistono sulla continuità degli esseri: i Saggi
si reincarnano e ravvivano il Ricordo o scoprono direttamente il sapere perduto. La
Gnosi dei Padri degli Uomini (picaro manusyah) non si è trasmessa unicamente da
bocca ad orecchio, in quanto il Potere era legato a quelli che avevano il dharma
richiesto. Sono questi Saggi che sarebbero diventati successivamente i Rshi, gli
iniziati greci, gli gnostici,… ed anonimi che oggi si accontentano di operare in
silenzio sulla trasmissione da maestro a discepolo, dalla prima Rivelazione. Primato
dell’Essere sul Divenire, d’ontos su dynamis, di purusha (l’Anima) su prakrti (la
Natura).
Nella prima Tradizione, i segni della saggezza e della realizzazione sono la
barba del patriarca, l’età canonica ed il sesso maschile (logica: incarnazione
dell’Essere per regnare su Dynamis). Nella seconda Tradizione, i segni della
realizzazione sono la bellezza dell’eterna giovinezza e l’uguaglianza dei sessi (il
Divenire è dominato dall’Essere). La seconda Tradizione è simboleggiata con l’oro
(l’Apollo); l’altra con il piombo (Saturno).
Nella prima Tradizione, la Saggezza è rappresentata da un vecchio di almeno
72 anni (egli ha terminato il ciclo di apprendistato umano), quando non si tratti di un
centenario. Nella seconda Tradizione, la Saggezza è rappresentata da un reincarnato,
da un giovane uomo di 30 anni al massimo, dal vigore trionfante. Il vecchio è
l’incarnazione di una saggezza costruita in una sola vita; la giovinezza luminosa è
l’incarnazione di una saggezza nata nel corso delle incarnazioni anteriori; non ha
alcun bisogno di tempo per fiorire poiché nata dall’eternità.
Nella prima Tradizione, il Saggio indossa abiti pesanti, innanzitutto per
riscaldare le sue vecchie ossa, per nascondere un corpo logoro, ma soprattutto per
velare il corpo, inadatto per essenza ad esprimere le cose dell’Alto, incarnazione del
peccato per eccellenza, negazione della Divinità. Nelle Tradizioni nate dalla seconda
Tradizione, il Saggio è nudo, in quanto il suo corpo 7 esprime la Luce NELLA Materia,
perché il suo corpo (il microcosmo materiale) è il tempio del dio immortale al centro
dell’essere tornato in vita, in quanto il corpo è ad immagine del cosmo (il
macrocosmo materiale), della Creazione, della Manifestazione della Volontà divina.
Per gli uni, la Conoscenza non si può acquisire che con gli anni poiché la vita
inizia con la nascita, per gli altri, la Conoscenza si trasmette di vita in vita e non è
sinonimo di vecchiezza; si può, come nelle lamaserie tibetane, essere abate
(superiore) di un monastero sin dalla tenera infanzia poiché la continuità è la legge, al
di là della morte e della nascita.
Riassumendo: per gli uni, la giovinezza è l’entusiasmo, l’inesperienza e la
versatilità; per gli altri, l’anzianità è il segno dell’insuccesso.
7
- Cf. l’articolo che tratta in profondità questo punto nella rivista Occultare n° 8: Corpo tomba o Tempio dello Spirito,
di C.-G. Sarrazin.
11
Per gli uni, la rappresentazione del corpo umano è blasfema; per gli altri, il
corpo umano è la divina Bellezza discesa nella materia; scultori e pittori sono allora i
messaggeri di Dio.
Sin da quando si parla di una civiltà molto antica, aureolata di un prestigio non
smentito nel corso dei secoli, ognuno si sente costretto a citare Platone ed ognuno si
sente legato dalla storia che racconta nel Timeo e nel Crizia. Ci si dimentica
generalmente che Platone fa parlare Crizia e gli fa dire:
“Se, infatti, posso sufficientemente ricordare e riferirvi i discorsi tenuti un
tempo dai sacerdoti e giunti fin qui attraverso Solone, sono quasi sicuro…”
Ebbene, ricordiamolo, Solone è morto un secolo prima che nascesse Platone.
Non si tratta dunque di una testimonianza diretta. Platone non ha neppure sentito la
storia dalla bocca di Solone, che la conosceva lui stesso “dai sacerdoti”. Cosa
rimane?
Platone velava le sue spiegazioni per non tradire i segreti esoterici. Svia
scientemente il lettore non prevenuto, non iniziato. Prendiamo come unico esempio
l’etimologia che propone per il nome del dio Poseidone. Ricordiamo che chiamava
l’Atlantide Poseidonis, terra di Poseidone. Platone fa derivare posi- da pous, podos,
piede; da cui posi-desmos, “laccio per i piedi”. Una tale etimologia per il nome di uno
dei tre più grandi Olimpici sarebbe blasfema se non si trattasse di un camuffamento
voluto (se peraltro il testo è ancora fedele al pensiero di Platone).
La vera etimologia passa attraverso l’indo-europeo, ultima traccia della lingua
“atlantidea”. Potremmo dunque tentare:
Poti-, capo di un gruppo; il sanscrito, lingua ancora molto vicina
all’indo-europeo, ci dà patih, sovrano, padrone; il latino ci ha lasciato
potis, padrone. Dobbiamo sapere che in greco, Poseidone si scrive, a
seconda dei casi, Poteidan, Potidanos o Potendo. La prima parte del
nome non ha dunque niente a che vedere con i piedi ma significa proprio
“potente” o “sovrano”.
Il greco eido, apparenza, forma, e eidô, vedere, esaminare, mostrarsi,
provengono dalla radice indo-europea WEID-, visione, conoscenza. La
seconda parte del nome significa dunque “che ha la conoscenza di…” o
“che si mostra come…”. Siamo lontani dal legaccio per i piedi ma molto
vicini al simbolo sacro della divina Potestà.
Un altro dettaglio indica proprio che Platone non voleva o non poteva
consegnare la vera storia dell’”Atlantide”. Ogni cinque o sei anni, dice
12
(o piuttosto, dice Crizia), i dieci re (perché dieci e non dodici come
dovuto?) dell’Atlantide si riunivano nel tempio di Poseidone, al centro
dell’isola. Ebbene, il momento cruciale era il sacrificio di un toro che si
sgozzava. Riempivano di vino un cratere e ciascuno dei re vi gettava un
grumo di sangue, poi ciascuno beveva una coppa di questa pozione.
Giammai autentici “Atlantidi” avrebbero consentito di sacrificare un animale
ed ancor meno di berne il sangue. Il sacrificio tanto animale quanto umano è
disprezzato dalla Tradizione. Il sangue non si rivolge agli dei ma nutre o attira od
anche soddisfa entità di un piano più vicino alla materia.
Questi Atlantidi avrebbero, dice Platone, attaccato i Greci, cosa improbabile: i
primi momenti della civiltà greca, semplici balbettamenti, risalgono tutt’al più a
duemila anni prima di G.C., ossia molti millenni dopo la scomparsa dell’Atlantide
(data precisata da Platone stesso!).
In conclusione, il ricercatore moderno non dovrebbe sentirsi prigioniero della
tradizione rapportata a Platone. Non dovrebbe neppure dimenticare che gli originali (i
testi di Platone) sono scomparsi da molto tempo. A meno che non siano stati i copisti
successivi a stravolgere il testo originale.
Altre fonti più recenti?
Atlantidi e medium
Edgar Cayce ha fatto migliaia di “letture” tra il 1901 ed il 1944 (è morto nel
1945). Centinaia di letture si sono rivelate esatte, precise, verificate con cura, un
lavoro enorme. Ma migliaia d’altre non hanno avuto alcuna conferma o si sono
rivelate completamente false, cosa del tutto normale. Le sue “letture di vite anteriori”
hanno entusiasmato i beneficiari e fatto sollevare le sopraciglia di tutti i ricercatori
obiettivi: le verifiche davvero serie furono impossibili se non deludenti. Le sue
predizioni nel corso della Seconda Guerra mondiale furono quantomeno imprecise se
non erronee.
Cayce ha ricevuto splendide risposte sull’incarnazione (entrata dell’anima nel
corpo) e qualche cenno sulla reincarnazione. Ma era ed è soprattutto noto per le sue
“letture mediche” e non metafisiche.
Egli riscopre, dopo la Blavatsky e molti altri, l’ipotetico continente Mu. In
quanto all’Atlantide, ne parla nel corso di diverse centinaia di letture (tra il 1943 ed il
1944). Ma aveva pubblicato, nel 1940, che una delle terre atlantidi (“Poseidia”)
sarebbe riapparsa “nel 1968 o 1969”, nella regione di Bimini, vicino alla Florida. Egli
vedeva il continente atlantideo come molto vasto (l’Europa e l’URSS insieme),
scomparso 9700 anni prima di Cristo.
Cayce non può esimersi dal mescolare la Bibbia alle sue rivelazioni: voleva
essere pastore (Christian Church). Non era molto istruito, secondo i critici, che
riconoscevano nondimeno che cadeva veramente in trance e parlava di tutti gli
argomenti.
13
Perché citare questo celebre medium accanto a Platone? Perché questo medium
ne ha parlato cento volte più di Platone ed i suoi successi “medici” danno un alone di
autenticità alle sue “letture sull’Atlantide”.
Si dimentica che un medico (un dottore in medicina, vivente e non nello stato
di “spirito” che detta le sue diagnosi attraverso un medium) non è, in linea di
principio, né archeologo, né metafisico, né geologo, se non a titolo di appassionato
intenditore. Perché Cayce, noto per le sue “letture mediche” sarebbe davvero capace
di “leggere il passato atlantideo?”.
Egli proietta sull’Atlantide molti concetti giudeo-cristiani, molte
preoccupazioni di cristiani impegnati in un’obbedienza protestante.
E Cayce è un medium, spontaneo, senza formazione iniziatica, senza
preliminare purificazione. Non è che uno strumento che delle forze utilizzano a loro
piacimento. Perché queste forze leggerebbero per lui la memoria cosmica (gli annali
akasici)?. Come potrebbero avere accesso a certi elementi riservati agli iniziati?
Queste forze non possono essere degli “Atlantidi disincarnati”: nessun
“Atlantide” avrebbe potuto rimanere diecimila anni nell’aura terrestre dopo la sua
morte. Un dio parlerebbe ad un uomo in trance, ad un uomo senza preparazione
spirituale, ad un uomo rimasto ancora al concetto di un Dio maschio sul suo trono?
Non è l’eventuale “Atlante” reincarnato in Cayce a potersi esprimere: i ricordi
autentici non sono di questa natura.
Le Ombre che oscurano la Tradizione non avrebbero approfittato del varco che
veniva loro offerto? Un medium senza protezione (non erano né la moglie né le
persone che gli stavano intorno che avrebbero potuto proteggerlo), senza formazione
spirituale, è uno strumento di prima scelta per la Centrale della contro-verità.
Vedere l’immediato futuro è alla portata di molti veggenti (in linea di
principio, e salvo rarissime eccezioni, un medium non percepisce che il mondo
Vitale8 [l’astrale] e mai i piani più elevati: gli avvenimenti vicini al Fisico vi si
trovano già); ad esempio le malattie ed il loro trattamento sono riservate a certi
medium; ritrovare dei ricordi così lontani con una tale ricchezza di dettagli, senza
aver mai ricevuto la minima indicazione metafisica (perché una sola Atlantide? Quale
fu la sua ragion d’essere? Cosa facevano gli dei? Perché il popolo ha fallito?, ecc.) è
una prerogativa dei medium in trance.
Se le “letture di vite anteriore” non sono state propriamente convincenti (tranne
che per gli ammiratori patiti che fanno di Cayce un profeta o l’eguale di Gesù stesso),
perché le “letture dell’Atlantide” sarebbero più autentiche?
È tuttavia possibile che Cayce sia riuscito ad entrare in comunicazione con una
civiltà passata, che non sarebbe necessariamente quella del popolo che ha ricevuto la
Tradizione primordiale (se è nata in seno ad un popolo in particolare).
8
- Cf., ancora una volta, l’opera dià citata: Un, trois, cinq, sept.
14
I ricercatori attuali non saranno dunque legati dalle “letture” di un uomo
peraltro straordinariamente potente. Ma una competenza, per quanto geniale, non è
sinonimo di onniscienza. A ciascuno il suo campo.
Inoltre, prima che Cayce “ricevesse” i “ricordi atlantidei”, numerosi medium
molto meno onesti di lui avevano imputato all’astrale monumentali complicate
costruzioni. Queste formazioni mentali sono state a lungo mantenute dai continuatori
e discepoli, dagli ammiratori e difensori di questo celebre medium. Queste enormi
formazioni non potevano che contaminare un altro medium, privo di formazione
occulta suscettibile di varcare un tale sbarramento.
Edgar Cayce non conosceva Shakti, la Madre Divina (Dio è un uomo, il Dio-
Uno maschio, non è vero?). Non sono le entità che potevano rivelargli l’esistenza di
Colei la cui bianca luce argentea le avrebbe istantaneamente dissolte. La kundalini,
proiezione della Madre Divina nell’individuo, era dunque silenziosa. Se la kundalini
non si manifesta, i chakra rimangono chiusi. La Conoscenza ( non parlo del sapere e
dei saperi) discende attraverso sahasrara chakra (il chakra al di sopra del cranio).
Questo chakra non si risveglia senza preparazione, anche se è sbocciato in una o più
vite. La Gnosi si merita.
Raccontare un sogno notturno una volta ben svegli è già difficile: il sognatore
onesto sa che mancano dei fatti, salvo che si tratti di un sogno banale, molto vicino al
quotidiano. I sogni importanti, situati su piani elevati, comportano angoscianti lacune.
Lo pseudo-cercatore cosmico, incapace di raccontare in dettaglio i suoi sogni
notturni, incapace di recitare a memoria, dopo una sola lettura, una tesi dettagliata,
piena di cifre, incapace di raccontare un film nei suoi minimi dettagli (avendo il
tempo, durante la proiezione, di contare i personaggi, di classificarli, ecc.) riesce a
non dimenticare niente della sua avventura in un piano dove non è mai andato, per il
quale nessun ponte era ancora stato costruito, perché la sua coscienza di veglia non si
smarrisca nella via…
L’auto-iniziazione è spesso sinonimo di contro-iniziazione.
Vediamo di selezionare il grano dal loglio, cerchiamo di decodificare ciò che è
stato codificato.
15
Un tempo…
11
- Dictionnaire de l’insolite et du fantastique, Dauphin, 1971, p. 157.
19
Non bisognerebbe certo prendere alla lettera tutte le leggende : sono dei miti,
dunque racconti in codice, segreti iniziatici. Dovremo ritrovarne la chiave. Ci
arriveremo.
Erodoto non crede agli Iperborei. Egli è già l’uomo “sensato”, ragionevole, uno
“scienziato” ante litteram. Non citiamo che una frase rivelatrice tra le molte altre:
“Del resto, se esistono degli “Iperborei” all’estremo nord del mondo, devono
pur esistere anche degli “iperborei” all’estremo sud…” (Erodoto-Tucidite – Oeuvres
complètes, Pléiade, 1982, p. 300).
O ancora :
« In quanto agli Iperborei, né gli Sciti né gli altri abitanti di quelle regioni ne
parlano. […] È Esiodo a menzionare gli Iperborei, ed anche Omero nelle Epigoni, per
quanto questo poema sia proprio suo”. (Ibid., p. 298).
Ci avvarremo delle ultime precisazioni di Walter F. Otto12.
Questo paese favoloso degli Iperborei, « ai quali gli abitanti di Delo pensavano
così tanto da molto tempo, “Nessun vascello, nessun viaggiatore poté mai giungervi”.
Vi abita il popolo sacro, che non conosce né malattia né vecchiaia ed a cui sono
risparmiati dolori e lotte. Le sue feste ed i suoi sacrifici rallegrano Apollo. Ovunque
risuonano gli inni delle vergini, il suono delle lire ed il sibilo dei flauti. Serti d’alloro
coronano i capelli dei convitati felici. Un giorno, Atena vi condusse Perseo per
uccidere la Gorgoni. Oltre a lui, soltanto qualche eletto di Apollo ha potuto vedere il
favoloso paese. […] [È a Delo che] si poteva sentir parlare di sacre delegazioni
venute da quel lontano prodigioso paese. L’epopea omerica non fa menzione di
Iperborei. La prima risale soltanto ad Esiodo ed all’epopea delle Epigoni. Inutile
aggiungere che il mito di questo felice paese di luce dev’essere molto antico. Vi si
trova “l’antico giardino di Phoibos” [soprannome di Apollo], come diceva Sofocle in
una tragedia andata persa. Vi scompariva ogni anno. Ritornava quando tutto rifioriva,
accompagnato dai suoi cigni». (pp. 81-82).
Apollo, il dio degli Iperborei è chiamato Phoibos. I Latini diranno Phœbus.
Anche se il termine significa, nel linguaggio comune, “chiaro, brillante”, il suo
significato letterale ha una sua importanza: puro e santo.
Ci avvarremo dell’essenziale per il nostro scopo: un popolo che non conosce né
malattia né vecchiaia ed a cui sono risparmiati dolori e lotte. Tale fu la ragion
d’essere delle “esperienze”.
Ricorderemo anche un altro elemento più importante: Apollo era di casa ad
Iperborea. Mentre spesso questo dio è rappresentato o concepito con riccioli neri dai
riflessi azzurrognoli (simbolo puramente mentale, convenzionale: i petali del
pensiero, si diceva), a Delo, delegazione degli Iperborei dal punto di vista iniziatico,
Apollo è biondo, come gli Iperborei13.
12
- Les dieux de la Grèce, Payot, 1984.
13
- Sarà opportuno dimenticare il cliché sfruttato dalla razza eletta cara ai Nazisti.
20
Ciò che si sa degli Iperborei è quanto è potuto trapelare, quanto avrebbe potuto
essere noto ai vicini, OPPURE ciò che gli “Atlantidi” reincarnati in Grecia hanno
potuto ritrovare del LORO passato. O ANCORA ciò che i grandi iniziati greci vivendo
nei luoghi sacri di Delfi e di Delo hanno potuto apprendere da Apollo stesso. Gli
insegnamenti della Tradizione consentono tutte queste ipotesi. Lasceremo a ciascuno
la cura di trarre le proprie conclusioni.
Quando vissero gli Iperborei?
Mi limiterò a ricordare le conclusioni a cui sono giunto in altri scritti, senza
pretendere di poter dare LA risposta:
24
da una vita all’altra16, dai grandi iniziati, che la ritrovavano in loro risvegliandosi, da
cui gli “adattamenti” dovuti all’ambiente ed alle epoche delle reincarnazioni.
Gli uomini parlavano agli dei…
16
- La Tradizione è reincarnaziolista.
17
- Di cui fisso l’inizio teorico nel –13026, inizio dell’era della Vergine.
18
- Evidentemente attraverso la visione di Sri Aurobindo.
19
- Spesso scritto rishi (ortografia non accademica).
25
Longevità ?
20
- Non si tratta del mentale, dell’intelletto, ma dell’Intelligenza divina, il purusha, il noûs, che cresce nel centro
psichico per diventare l’essere psichico, cosciente, individualizzato, immortale per essenza, pervenuto infine
all’esistenza.
21
- Il cui fine lontano, per il momento ideale, è l’immortalità fisica.
22
- La decrepitezza che porta progressivamente alla morte del corpo ed alla dissoluzione degli stati di essere non
collegati al centro immortale.
27
“Dopo la rottura dei vasi interviene l’ultima fase del processo teogonico, quello
del Tiqqun, della riparazione o della restaurazione del mondo spezzato”. (p. 116).
“Il Tiqqun dei mondi non è tuttavia portato a termine per le cure
dell’Emanatore. Uno degli effetti della rottura dei vasi (Tsimtsum) è stato quello di
far scendere ciascuno dei mondi più in basso del luogo che gli era stato assegnato in
origine. Per cui il mondo di Asiah che doveva essere un mondo puramente spirituale
fu degradato, si mescolò alla parte inferiore del mondo dei Kelippot e con la materia
fisica che lo domina. Il compito devoluto all’uomo è precisamente quello di
restaurare il mondo di Asiah nel suo luogo puramente spirituale, di separarlo
completamente dal mondo delle scorze, riunendo le particelle di santità e di stabilire
infine una comunicazione di ciascuna creatura con il divino che niente potrà
interrompere” (pp. 116-117) (Roland Goetschel, La Kabbale, QSI 1105, P.U.F. 1989).
Secondo gli insegnamenti della Tradizione, l’entrata del centro immortale
(l’anima immortale, il centro divino) in un corpo di carne non ha lo scopo di piangere
per qualche anno in una valle di lacrime e ripartire poi con un sospiro di sollievo “per
la vera patria dell’anima”; se il centro totalmente divino discende nella materia, non è
neppure per soddisfare i capricci di un eventuale Dio sadico, ma invece per
divinizzare la materia che illumina con la sua presenza.
Sempre secondo il Veda,[gli dei] abitano nel Supremo Divino; la loro origine,
la loro dimora ed il loro precipuo piano sono la Verità supra-cosciente. È vero che si
manifestano nell’uomo23 sotto forma di facoltà umane ed assumono l’apparenza di
limitazioni umane: è vero che si manifestano nel cosmo inferiore ed entrano nel
mondo delle operazioni cosmiche”. (Sri Aurobindo, Trois Upanishads, Albin Michel, [1939],
1972, p. 202).
“[gli dei] rappresentano la potenza divina nelle grandi manifestazioni cosmiche
fondamentali, che sia nell’uomo o in generale nel mentale e nella vita e nella
materia”. (Sri Aurobindo, op. cit., p. 195).
Lasciamo per un momento l’India per visitare l’Egitto, altro luogo elevato della
Conoscenza.
“Ciascun membro del corpo umano era dedicato ad una particolare divinità.
Questo può sembrare strano a prima vista, ma occorre riferirsi all’insegnamento degli
antichi, che dicevano “tutti gli dei sono membra di Râ”, esprimendo così le loro
particolari funzioni simboleggiate da quelle di un membro corrispondente”. (Enel, Les
origines de la Genèse et l’enseignement des temples de l’ancienne Égypte, Maisonneuve $ Larose,
1985, p. 223).
Ritorniamo all’India, da dove la Tradizione è certa e non dipende da traduzioni
più o meno arrischiate. Si può leggere questo:
“la maggior parte delle divinità sono frequentemente associate a certe parti del
corpo fisico stesso. Non soltanto per il fatto che in certe invocazioni si pone ciascuna
parte del corpo sotto la protezione di un dio tutelare che gli è proprio, o anche che si
23
- Sono io ad evidenziarlo.
28
provi ripugnanza nel ferire, seppur per motivi chirurgici, certe parti (…) per tema di
scacciarne il dio che vi risiede, ma nei Tantra, e probabilmente anche nei testi segreti
alla base della medicina âyurvedica, c’è una vera assimilazione, identificazione tra i
due. […] Shankara stesso […] scriveva: “Vi sono nel corpo molti dei, ed ognuno
presiede ad un organo specifico”. (Herbert, J., La mythologie hindoue, Albin Michel, 1953,
pp. 129-130).
Certo, non è il dio che si nasconde in un organo. Sarebbe obbligatoriamente
una piccola entità, un elementare; ci vorrebbero miliardi di dei per occuparsi di tutti i
corpi; e cosa diventerebbero questi dei alla morte del corpo-supporto?
Si capisce facilmente che se la kundalini non è LA Shakti, non può essere LA
Madre Divina nella sua interezza, LO Spirito Santo nella sua interezza24; è una
proiezione, un frammento. La kundalini individuale è tuttavia direttamente collegata
alla Shakti universale. Allo stesso modo, il “dio” di ciascun organo o funzione è una
proiezione del dio cosmico, un frammento collegato alla Forza del dio. Il dio è un
Potere individualizzato della Mère, che è TUTTO il Potere della Manifestazione25.
Allo stesso modo, lo psichico non è “Dio”, è un’emanazione che permette
all’umano di conservare una relazione costante con la Fonte suprema. In termini
profani, lo psichico è una presa di corrente; in termini iniziatici, è un simbolo.
Una Incarnazione (Gesù, Krisna, ecc.) è anch’essa un simbolo: appartiene al
piano della materia; è dunque tangibile, visibile, sensibile nel senso filosofico del
termine; ma è collegata al piano divino per sua stessa essenza.
Per cui, non sono gli dei, incommensurabili Potenze cosmiche, che il corpo
accoglie nelle sue pieghe ma dei simboli, delle emanazioni di questi dei. Questi
simboli sono collegati alle forze divine rappresentate dagli dei.
È comprensibile che la Tradizione non abbia potuto rinnegare il corpo, che
abbia potuto parlare di reintegrazione, che il corpo sia il “Tempio dello Spirito”. È
comprensibile che la longevità (potenziale, per il momento) sia un potere inerente
all’incarnazione.
24
- Cf. il lavoro intitolato Un, trois, cinq, sept.
25
- Vedasi il capitolo sul Divino.
29
Riconquista?
Riassumiamo la situazione.
“L’uomo è ad immagine del suo creatore”. Questa terribile frase riassume la
tragedia che si svolge da milioni di anni. Le religioni popolari hanno diffuso il mito
dell’uomo creato “ad immagine di Dio” e non possono più, in questo caso, spiegare
l’anarchia che regna sulla Terra, se non ricordando il peccato dei primi creati, e
neppure l’obbligo di sfuggire “il mondo” per ritrovarsi “in Cielo” dopo la morte del
corpo. Se questo Dio è ad immagine dell’uomo (logica reciprocità), cosa si spera di
trovare dall’altra parte?
La Tradizione è dualista, e questo dualismo è la risposta.
Il Signore dei mondi
Chi ha creato gli universi, materiali e sottili? Da dove viene il male? Come
conciliare la realtà percepibile del male con l’esistenza di un Dio onnipotente ed
omniscente? Perché bisogna “cancellare il peccato originale?”.
E se la risposta fosse nel manicheismo? 26 E se le semplificazioni dottrinali dei
creatori dell’Occidente – l’Occidente, insistiamo, è cristiano in tutte le sue fibre,
anche gli atei – avessero soppresso uno dei pilastri dell’edificio teologico trasmesso
dalla Tradizione?
E se i Catari fossero stati gli ultimi rappresentanti della conoscenza ereditata
dal lontano passato?
A prima vista, si potrebbe credere che soltanto gli eretici, debitamente
condannati, parlino di un dualismo fondamentale, trascendente, “divino”.
Sarebbe un grave errore: la fonte occidentale del dualismo sta nelle Scritture
ricevute. Il Secondo Principio prende nei vangeli il nome di Principe di questo
Mondo,quanto meno nelle traduzioni nelle lingue cosiddette volgari.
Rivediamo i testi partendo dall’”originale” greco (ciò che resta degli antichi
scritti è redatto in greco e non in aramaico o in ebraico; la leggenda profana si
riferisce a testi mai ritrovati27, anteriori al greco; non entreremo nella polemica; tutte
le traduzioni attuali sono basate sul testo greco ricostituito, versioni canoniche
comprese; vi ci facciamo dunque riferimento, come i teologi accreditati. E ci si
26
- Dottrina che ammette due principi opposti e complementari, il principio del bene (identificato con Dio) ed il
principio del male (identificato col Diavolo, con Satana, con l’Avversario, quanlunque sia il nome che le religioni gli
danno).
27
- Secondo una logica propria dei detentori dell’exoterismo assoluto del cristianesimo, mentre il greco era la lingua di
tutte le persone istruite, mentre tutti i pensatori pensavano in greco, il Logos avrebbe giustamente scelto di parlare un
dialetto, l’aramaico. Privandosi così dell’opportunità di comunicare la Sua Rivelazione a quelli che meglio avrebbero
potuto capirLo, per avere la gioia di rivolgersi “agli umili ed ai semplici”.
30
dimentica talvolta che il cristianesimo ricopre, principalmente ed innanzitutto, il
mondo greco-romano, nato dalla cultura greca.
Il Principe
Il testo greco “originale” chiama archôn (che ritroviamo continuamente nelle
Scritture cristiane) quello che è stato tradotto come principe.
Il verbo archô significa: essere il primo, andare in testa, guidare, comandare,
essere il capo. Il nome archos significa: colui che conduce, guida, il primo, il più
potente; archôn significa allora un capo, un governatore, un sovrano. Nessuna
possibilità di intendere: figlio del re, secondo personaggio, personaggio subalterno.
Verifichiamo ora nei testi canonici il significato attribuito dai redattori stessi e
non dai traduttori successivi.
“[Gesù] il primo-nato fra i morti ed il principe dei re della terra…” (Ap. I, 5).
Il testo greco dice:
kai o archôn tôn basileôn
e il “principe” dei re
Si tratta proprio di primo (princeps) e non del figlio del re, che non potrebbe
essere “il primo dei re”. È il “grande capo”, il sovrano assoluto, il padrone dei
padroni. Il termine greco archôn significa proprio, nei testi canonici, re, e non
principe nell’accezione moderna.
Il mondo
Il greco kosmos, tradotto con mondo, significa:
Ordine, organizzazione
Ordine dell’universo, universo
Si traduce dunque il greco kosmos con mondo… quando questa traduzione
conviene alle necessità della dimostrazione e si naviga nel vago assoluto nelle
accezioni divergenti. Si tratta tuttavia, in greco, dell’intera Manifestazione (la
Creazione, in lingua profana) e non del mondo in senso comune, variabile secondo il
contesto profano o religioso.
La parola greca kosmos ha dato, in italiano, il nome cosmo e l’aggettivo
cosmico.
Il Principe di questo Mondo è dunque re; ed il suo mondo è proprio il cosmo
tutto intero.
“Il Principe di questo mondo”
Come tradurre un’espressione così fondamentale per l’evoluzione
dell’Occidente se ognuna delle parole è male interpretata, se il senso di ogni parola è
glissata nel corso dei secoli o sin dai primi secoli?
31
Non si tratta affatto del secondo sulla Terra (il figlio del re della terra), ancor
meno del “principe” della buona società, o del “principe” del mondo profano in
opposizione al mondo degli isolati ma proprio del re [archôn] dell’universo [kosmos],
del re della Manifestazione, del padrone senza riserve dell’universo. È lui, il grande
padrone, il Signore dei mondi.
Gli Antichi sapevano CHI era il padrone del mondo:
“Un testo, attribuito a Clemente di Roma, ci riferisce […] una eco gnostica:
“Oggi, Simone [di Samaria] è pronto a presentarsi davanti a tutti, ed a
dimostrare attraverso le scritture il punto seguente: il dio che ha creato il Cielo e la
Terra e tutto ciò che contengono non è il Dio Supremo. Il Dio Supremo è un altro dio,
sconosciuto, ed ineffabile, che si potrebbe chiamare il Dio degli dei. Questo Dio
Supremo ha inviato due dei, : l’uno ha creato il mondo, l’altro gli ha dato la
Legge…” (Le Omelie Clementine, III, 2)”. (Ambelain, R., La notion gnostique du démiurge
dans les Écritures et les Traditions Judéo-Chretiennes, Adyar, 1959, p. 14).
Gregorio di Nissa (v. 335-v. 395), vescovo, figlio di san Basilio il Vecchio e
fratello di san Basilio il Grande, fa parte dei Padri della Chiesa; la sua opinione è
dunque da considerare. Eccola:
“È al Diavolo, che era in origine il primo degli Angeli, che Dio affidò il
governo della Terra…” (Discours catéchétiques, VI, 5). (Citato in Ambelain, R., La
notion gnostique du démiurge…, op. cit., p. 67).
Un Papa, san Gregorio, ha scritto:
“Béhemoth28 è chiamato principio delle Vie di Dio, perché è attraverso lui che
Dio iniziò l’opera della Sua Manifestazione, e lo pose al di sopra degli altri
Angeli…” (Morales, XXXII, 47). (Ibid, p. 67).
Per i testi ricevuti, il padrone del mondo, è il Diavolo e non Dio. Ecco un
esempio (sono io ad evidenziare):
“Il diavolo lo (Gesù) condusse in alto, gli fece vedere in un istante tutti i regni
della terra, e gli disse: “Ti darò tutta questa potenza e le ricchezze di questi regni,
perché è a me che sono stati dati ed io li do a chi voglio. Se tu dunque mi adorerai,
tutto sarà tuo”. (Lc IV, 5-7).
Dichiarare che tutto proviene da Dio, che il padrone del mondo, dell’universo,
della Manifestazione, è Dio, non è forse proprio in accordo con le Scritture. Secondo
i testi ricevuti, è l’Altro, è il principe di questo mondo a non essere affatto il secondo
sulla Terra, né un “principe” del mondo profano in opposizione al mondo degli isolati
dal mondo stesso; è proprio, insistiamo, lo ripetiamo, il re [archôn] dell’universo
[kosmos], il re della Manifestazione, il padrone senza riserve dell’universo.
Proseguiamo nella nostra triste indagine.
Questo quadro è tetro?
28
- Mostro primordiale, demone nemico di Dio.
32
“Il mondo intero (kosmos holos29) giace sotto l’impero del Maligno” (I Gv V,
19).
Esiste una speranza?
Collettivamente, no: l’orda è troppo ben programmata; rimane nella sua gabbia
e nella sua aggressiva incoscienza.
Individualmente, sì: ciascuno porta in sé l’Uomo-Luce.
Ad immagine di chi?
In essenza, l’uomo è divino: ogni “sostanza” viene infatti dall’Assoluto, che ha
emanato tutto ciò che è; allo stato di fatto, l’uomo è stato modellato dall’Altro. Qual è
la parte di ciascuno dei “Creatori”? Bisogna sfuggire la materia per rinnegare
l’eredità del Signore dei Mondi? Queste domande saranno oggetto di un altro lavoro.
Punto microscopico, semplice atomo in seno all’immensa macchina cosmica,
l’uomo non può impugnare la Manifestazione e strapparla al “Principe” infinitamente
più grande e più potente di lui. Catalizzatore, la sua appartenenza cosciente alla Luce,
può illuminare per contagio tutta la Manifestazione: attraverso lui, la Luce Suprema
discende e si espande. Da semplice zimbello del Principe Nero, diventa uno
strumento del Divino, un canale della Verità.
Se l’uomo fosse incosciente come la pietra, tutto andrebbe bene, ma
l’incoscienza è stata dosata: l’uomo non può raggiungere le Realtà superiori che lo
libererebbero dalla morte ma è sufficientemente cosciente per soffrire, per piangere,
per rendersi conto della sua situazione.
La “Creazione” è un mondo crudele, un gioco terribile.
Per millenni, le Forze ostili si sono nascoste. La nuova Luce che cerca di
manifestarsi le fa uscire allo scoperto perché ciascuno possa scegliere il proprio
campo; come un veleno che esce perché si comprime sul recipiente, come il pus da
una piaga. La Luce discende, respinge l’Ombra. Tutto diventa istantaneamente
visibile, come in una stanza ingombra di oggetti di tortura, quando si aprono alfine le
finestre o si accendono dei proiettori. Era tutto là, ma acquattato nell’ombra.
I disordini attuali non sono il segno di un deterioramento, di una nuova
catastrofe. Sono il segno di una trasformazione. È l’alba di una nuova era che spunta
all’orizzonte. Questo nuovo sole brilla per tutti ma ciascuno è libero di aprire o meno
le finestre del suo bunker d’incoscienza personale.
I più coscienti si erano rifugiati nell’esperienza interiore; vivevano il Divino;
non vedevano più l’inferno, il mondo non esisteva più per loro: nessun legame,
nessun attaccamento, nessuna azione. La morte del corpo non era che una transizione
da una vita ad un’altra.
MA nulla era cambiato sulla Terra. La folle sarabanda continuava senza tregua.
29
- Il cosmo intero e non “il mondo intero”, evidentemente.
33
Allora, quei precursori riprendevano un corpo e tentavano di risvegliare altri
cercatori della Verità, tentavano di soccorrere quegli infelici. Ma non cambiava
ancora niente. Era tentare di piantare un nuovo albero nella foresta vergine.
Gli ottimisti (o i ciechi) ripetono, fin quando il loro ottimismo non è toccato da
una catastrofe personale, che un giorno la Terra sarà un paradiso. CHI s’incaricherà di
trasformare questo inferno in paradiso? Perché la foresta vergine diventerebbe un
frutteto?
Per secoli, grandi cristiani hanno aiutato quelli che soffrono 30. Hanno sofferto
essi stessi. NULLA è cambiato, nulla. Sono progrediti, loro, perché offrivano il loro
sforzo e la loro sofferenza ma l’umanità non è cambiata in proporzione. LA fonte
permane; fonte indistruttibile per un umano…
Si è disprezzato il corpo, rappresentando l’animalità, la morte, la sofferenza,
l’incoscienza, immagine sensibile del “Principe” che governa il cosmo. Da cui le
macerazioni, l’appello alla sofferenza ed alla morte. Ma era ancora un lasciare il
mondo ed il corpo in particolare nelle mani dell’Avversario.
Eppure, mai Gesù (l’Occidente, insistiamo, è permeato di cristianesimo,
perfino gli atei), nei testi canonici, parla di ascetismo, di macerazione, di morte
consentita. Sono i mistici che hanno scoperto questo mezzo provvisorio. I tempi sono
cambiati. La menzogna è una verità che rifiuta di evolvere. La menzogna del presente
è spesso una verità del passato diventata totalmente anacronistica.
Poiché il mondo (il cosmo) è l’opera del Principe Nero, nessun legame,
nevvero… Ogni legame sarebbe una debolezza che il Principe sfrutterebbe…
Ma, ripetono i cristiani, il Cristo è morto in croce per salvare tutta l’umanità,
per cancellare tutti i peccati…
“Mai, nei vangeli, mai il suddetto Gesù ha dichiarato che la sua morte (che
sapeva inevitabile, dolorosa, e doveva avvenire a Gerusalemme) , avesse come
obiettivo quello di liberare l’umanità da un debito verso il suo Padre celeste e placare
il suo corruccio”. (Ambelain, R., La vie secrète de saint Paul, Laffont, 1972, p. 226).
Infatti, non si trova alcuna traccia di questa credenza nei vangeli canonici ; al
contrario, Gesù insiste: pochi sono gli eletti, la porta è stretta… Allora, se Gesù-
Cristo aveva veramente “riscattato l’umanità”, perché intestardirsi a rivivere la sua
Passione? E se il battesimo doveva cancellare il peccato originale, perché intestardirsi
a pagare ancora questo errore con volontarie sofferenze?
Si rifiuta di essere “ad immagine di Dio”, ossia immortali ed inattaccabili, e si
sceglie di essere ad immagine del corpo mortale, ossia dell’opera dell’Altro.
Non bisogna insomma discendere nella valle di lacrime ed illuminarla? “Venga
il tuo regno”31.
30
- Aiutare qualche migliaio di infelici svenandosi, in verità non risolve niente: milioni di altri infelici giungono ancora
e sempre sulla scena.
31
- Mt. VI, 10.
34
Il Regno non discende senza che lo si chiami. Bisogna costruirlo.
Miliardi di fedeli appartengono a religioni che negano la possibilità di un
Regno incarnato QUI, o persino la possibilità di cambiare un iota nel Mondo.
Costruiscono un’egregore-diga.
Il mutante (il vero iniziato, il figlio della Tradizione) deve battersi contro
l’egregore mondiale, “piovra astrale” vitalo-mentale, vecchia di molte migliaia di
anni, alimentata da miliardi di preghiere quotidiane. Il mutante tenta di diventare ciò
che è per essenza, un Figlio di Dio, ma l’egregore mondiale glielo vieta.
L’ostacolo è questo, con una O maiuscola: il mondo è retto dall’Altro e non dal
Divino. Le religioni hanno vietato l’occultismo e non predicano che la pazienza e la
rassegnazione o la lotta per il trionfo della causa religiosa; la Scienza con la S
maiuscola relega l’occultismo al rango delle superstizioni ereditate dalla mentalità
arcaica; l’uomo comune si accontenta di vivere da zombi tra la televisione, il
procurarsi il cibo e rari piaceri. I maghi ricorrono alle entità per dominare la
situazione in attesa di essere “assorbiti” dalle loro entità alla scomparsa del corpo
fisico che tiene coagulato il loro essere mortale.
Chi insegnerà i mezzi efficaci all’aspirante?
Le Tradizioni sono scomparse con l’antico Egitto; Plutarco sapeva ancora
molto. Dopo di lui, c’è il Medio Evo ed i suoi maghi nascosti, molto lontani dai
grandi iniziati di un tempo.
L’Egitto aveva saputo; Plutarco sapeva ancora, ma non scriveva tutto: il
segreto iniziatico impone.
Gli egittologi traducono tutti i testi disponibili. Chi ci prova che queste
traduzioni sono fedeli? Supponendole sufficientemente fedeli (perché non dovrebbero
esserlo?), chi svelerà la chiave del codice utilizzato dagli iniziati egiziani?
Restano l’iniziazione autentica e le filiazioni iniziatiche.
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Conclusione
Tornare indietro
La nostalgia dell’infanzia o dell’adolescenza ci spinge talvolta (a meno che non
lo siano gli avvenimenti) a rivisitare i luoghi il cui ricordo ci incanta. Grandi momenti
luminosi, intense emozioni, il tempo che trascorre lentamente, così lentamente da
ritenere che si immobilizzasse durante le vacanze tanto amate…
Crudele disinganno. Tutto sembra ora poca cosa, arido… La vita è sfuggita.
Tutto è morto.
Eppure, se chiudiamo gli occhi… Un niente, e questo passato resusciterebbe…
Ma…
Siamo cambiati interiormente, la camera stagna non esiste più. Siamo maturati
o invecchiati, a seconda dell’epiteto che si adatta alla personale situazione.
Il nostro universo interiore si è ampliato, arricchito di una moltitudine di
esperienze inimmaginabili quando eravamo così giovani. Le esperienze (percezioni,
rappresentazioni) coprivano totalmente un campo di coscienza appena aperto sul
mondo e sulla vita. Mentre la nostra coscienza vede ora l’insieme, vedeva tutto allora
in primo piano. Vediamo attraverso un grandangolare, vedevamo attraverso un
teleobiettivo. Contrariamente agli apparecchi fotografici, questo obiettivo personale
non conosce lo zoom.
Non si torna indietro.
La camera stagna non esiste più.
Non possiamo richiamare, così come furono in tutto il loro splendore, le
“esperienze divine”; siamo chiamati ad incarnarne un’altra. E “i tempi sono maturi”
(il tempo stringe…).
Ruolo degli iniziati
Ciò che scrive il Dr. Jacques Vigne a proposito dei meditanti si applica senza
alcuna aggiunta agli iniziati:
“Vi sono ora sempre più argomenti scientifici a favore della nozione
tradizionale di campo di coscienza unificato. In quell’ottica, qualcuno che mediti,
anche in modo isolato, influenza positivamente il cammino del mondo. L’esoterismo
ebraico, musulmano e indù crede nell’esistenza di uomini giusti nascosti la cui
esistenza in ogni generazione assicura il mantenimento di un certo ordine nel
mondo”. (Vigne, Dr. J., Méditation et psychologie, Albin Michel, 1996, p. 151).
L’effetto di gruppo non si riduce ad una piccola adunanza di persone che si
trovino a meditare nello stesso posto e nello stesso momento. Molti meditanti
credono ad una forma o un’altra di telepatia, di comunione dei santi o di campo
unificato, poco importa il nome che gli si attribuisce. Hanno una forte sensazione di
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appartenere alla comunità dei “meditanti di buona volontà” sparpagliati sul pianeta
Terra. Peraltro, una tradizione rappresenta un gruppo stabilito nel tempo, in questo
senso, vi è un legame tra un effetto di gruppo positivo ed il fatto di appartenere ad
una tradizione”. (Vigne, Dr. J., op.cit., pp. 245-246).
Le Fratellanze iniziatiche sostengono enormi egregori che, a loro volta,
sostengono l’evoluzione dell’umanità.
Perché è così che si serve l’umanità, è così che si partecipa all’evoluzione
dell’umanità. L’azione diretta non è sempre così efficace e così durevole. Portando la
propria pietra all’edificio (o la propria cellula all’organismo vivente che è l’umanità),
si contribuisce all’evoluzione, alla spiritualizzazione.
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