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Mélanges de l'Ecole française

de Rome. Moyen-Age

Talismani con iscrizioni arabe rinvenuti in Sicilia


Maria Amalia De Luca

Riassunto
Il saggio prende in esame quattro talismani di piombo con iscrizioni in lingua araba, rinvenuti in Sicilia in località ignota ed
appartenenti ad un collezionista privato. Di tre di questi reperti aveva già dato fugace notizia il prof. Manganaro, esperto di
epigrafia greca, in un suo articolo del 1997, nel corso del quale egli ipotizza che la presenza in Sicilia di tali oggetti
apotropaici di epoca araba vada interpretata come un retaggio dell’età bizantina. Si rigetta tale filiazione, sostenendo che
le caratteristiche tipologiche dei quattro reperti siciliani e soprattutto il contenuto delle loro iscrizioni li inquadrano
perfettamente nella ricca e variegata produzione di talismani tipica dell’area araboislamica. Inoltre, sulla base del
confronto con un reperto cairota e con analoghi pendenti di piombo ritrovati nel sito archeologico siciliano di Rocca
Amorella, si propone per essi, seppure in forma dubitativa e provvisoria, una datazione non anteriore all’epoca normanna.

Citer ce document / Cite this document :

De Luca Maria Amalia. Talismani con iscrizioni arabe rinvenuti in Sicilia. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome.
Moyen-Age, tome 116, n°1. 2004. La Sicile à l’époque islamique. pp. 367-388;

http://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_2004_num_116_1_8858

Document généré le 01/06/2017


MARIA AMALIA DE LUCA

TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE


RINVENUTI IN SICILIA *

A distanza di alcuni anni torno a scrivere sui pendenti apotropaici di


piombo con iscrizioni arabe che, copiosi, continuano ad affiorare dal suolo
siciliano. Di alcuni di essi, infatti, diedi già notizia in un saggio del 1997 nel
corso del quale, sull’onda della loro recente scoperta, proponevo una prima
affrettata lettura delle iscrizioni e talune considerazioni1.
Oggi, dopo aver avuto la fortuna di esaminare altri reperti simili, messi
in luce da ulteriori indagini archeologiche condotte sia nell’area di Miloc-
ca-Milena, (da dove provenivano i primi pendenti da me esaminati) sia in
altre aree siciliane 2, oppure segnalati da collezionisti privati, mi è consenti-
to di consolidare talune delle ipotesi avanzate nel 1997, di rigettarne altre, e
di ampliare l’orizzonte conoscitivo su questa interessante, e per certi versi
ancora enigmatica, classe di materiali che, al momento attuale, benché in-
quadrabile nell’ambito dell’abbondante e persistente produzione di tali-
smani del mondo islamico 3, presenta caratteristiche tipologiche esclusiva-
mente siciliane.
Uno stimolante contributo alla mia indagine è stato offerto dal saggio

* Ricerca effettuata con i fondi del MIUR (ex quota 60%). Il saggio era origina-
riamente destinato al volume The world of Islamic art, curato dal Departement of Art
and Archeology dell’Università di Londra e dedicato al Prof. Ernst J. Grube, in occa-
sione del suo settantesimo compleanno. Dal momento che gravi impedimenti non
mi hanno consentito di ultimarne la stesura in tempo per la pubblicazione in quella
sede, è mio desiderio dedicarlo comunque all’illustre studioso, in segno di ammira-
zione per la Sua opera scientifica.
1
Cfr. M. A. De Luca, Considerazioni preliminari su una lamina con iscrizione
araba da contrada Amorella, in Dalle capanne alle robbe, Milena, 1997, p. 277-281.
2
Cfr. M. Maurici e B. Giambona, La «Montagnola» di Monte Palmeto. Un im-
portante sito islamico in provincia di Palermo, in Archéologie islamique, 7, 1997,
p. 111-120, spec. p. 116-117 e figura 4, apparso pure in Acta historica et archaeologica
mediaevalia, 18, 1997, p. 509-522, spec. p. 512 e foto 3-4.
3
Per uno sguardo di insieme su questa produzione e relativa bibliografia, ri-
mando a R. Kriss e H. Kriss-Heinrich, Volksglaube im Bereich des Islam. II. Amulet-
te, Zauberfolmeln und Beschwörungen, Wiesbaden, 1962, p. 58 e sg.

Maria Amalia De Luca, Università degli studi di Palermo, Dipartimento di studi storici ed artisti-
ci, Largo S. Filarete 2/a, I-90146 Palermo.

MEFRM, t. 116 – 2004 – 1, p. 367-388.


368 MARIA AMALIA DE LUCA

di Giacomo Manganaro intitolato Nuovo manipolo di documenti «magici»


della Sicilia tardoantica 4, nel quale lo studioso di epigrafia greca, ipotizza
un legame di filiazione tra la consistente produzione siciliana di oggetti
apotropaici risalenti all’epoca bizantina e alcuni reperti di piombo, incisi
con grafemi arabi, da lui segnalati. Nel corso del lavoro citato, il Mangana-
ro, dopo aver esaminato e illustrato una serie di documenti «magici» della
Sicilia tardoantica, nelle pagine conclusive, ne suggeriva l’affinità con altri
più tardi, di epoca musulmana (di cui si limitava a fornire le foto). Questi
ultimi, per i quali sollecitava uno studio più approfondito da parte degli
specialisti del settore, a suo avviso, testimonierebbero la persistenza in Si-
cilia di atteggiamenti e consuetudini, riferibili alla sfera del sacro, che, né il
trascorrere dei secoli, né la radicale mutazione culturale e religiosa, valsero
ad estirpare, e potrebbero, in ultima analisi, essere considerati i naturali
discendenti di quelli bizantini, adattati però alla nuova temperie religiosa e
al nuovo contesto culturale importati in Sicilia dai musulmani.
Tra gli esempi di epoca araba citati dal Manganaro figurano : a) una
lamina presumibilmente custodita al Museo di Siracusa 5 ; b) due lamine,
consimili alla precedente, di cui non è chiara la collocazione 6 ; c) due pen-
denti rettangolari (simili, per forma e impostazione, a quelli di Milena da
me già pubblicati) 7 ; d) un genere di ampollina rettangolare 8 ; e) un pendente
di forma circolare 9 e infine f) due ulteriori reperti afferenti in realtà a tut-
t’altra categoria tipologica10.

4
G. Manganaro, Nuovo manipolo di documenti «magici» della Sicilia tardoanti-
ca, in Rendiconti della Accademia nazionale dei Lincei, 391, 1994, s. 9, V, f. 5, p. 485-
517.
5
Ibid., p. 511, fig. 19 (a-b).
6
Ibid., rispettivamente a p. 512, fig. 20 e a p. 513, fig. 21. Della seconda a p. 114
è riportata la lettura suggerita dal Prof. Troupeau.
7
Ibid., p. 516, fig. 24 (a-b) [che corrisponde al B2 del presente saggio] e fig. 25
(a-b) [che corrisponde al B4 del presente saggio].
8
Ibid., p. 515 : riproduco letteralmente la definizione usata dall’autore a propo-
sito del reperto 17, fig. 27 (rapporto 1 : 1 e ingrandimento), non avendo avuto la pos-
sibilità di esaminarlo personalmente.
9
Ibid., p. 517, fig. 26 (a – b) che in questo articolo indicherò con B1 e per il qua-
le si veda anche M. A. De Luca, Due medaglie della Sicilia musulmana (in corso di
pubblicazione) dove è stato da me decifrato e trattato più estesamente.
10
In base alla successiva e più approfondita analisi da me condotta, essi infatti
si sono rivelati sigilli di epoca aghlabita utilizzati come ricevuta del prelievo fiscale
esercitato dai dominatori musulmani sui dhimmi. In proposito si veda M. A. De Lu-
¯
ca, Reperti inediti con iscrizioni in arabo rinvenuti nel sito archeologico di Milena : i
sigilli e le monete, in Studi in onore di U. Scerrato per il suo 75o compleanno, a cura di
M. V. Fontana e B. Genito, Napoli, 2003, I, p. 231-258, in cui esamino più approfon-
ditamente questa classe di materiali.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 369

Prendendo lo spunto proprio dall’elenco dei materiali fornito da Man-


ganaro, mi propongo, in questo articolo, di procedere ad una presentazio-
ne più dettagliata, nonché alla lettura delle iscrizioni, dei due reperti affe-
renti al gruppo c) e di quello e), ai quali affiancherò un ulteriore reperto ti-
pologicamente affine, che non figura tra quelli citati da Manganaro,
sebbene appartenga alla medesima collezione11.
I quattro oggetti del presente saggio, che indicherò, d’ora in avanti,
con le sigle B1, B2, B3 e B4, appartengono ad un collezionista privato12 e,
presumibilmente, provengono dalla provincia di Agrigento ed in particola-
re dalle campagne intorno a Naro.

Talismani di piombo provenienti da località imprecisate (Naro?) dell’entro-


terra agrigentino

Inventario Fotogramma Tipologia Dimensioni

B1 1d = lato a Pendaglio Diam cm 2


1r = lato b rotondo con
gancio

B2 2d = lato a Pendaglio Base cm 2,2


2r = lato b rettangolare h cm 3,7 + h
gancio cm 0,7

B3 3d = lato a Pendaglio Base cm 2,8


3r = lato b rettangolare h cm 4

B4 4d = lato a Pendaglio Base cm 2,4


4r = lato b rettangolare
ripiegato

11
Come già precisato nella nota 8, non ho avuto modo di esaminare attentamen-
te il pezzo corrispondente alla riproduzione n. 27 di G. Manganaro, Nuovo manipo-
lo, poiché, al posto della sua riproduzione fotografica, ho ricevuto quella di un altro
reperto assolutamente inedito, corrispondente appunto a quello che qui di seguito
presento, indicandolo come B 3.
12
Ringrazio il Sig. G. Burgio per avermi cortesemente consentito, fornendomi
le foto e i dati, la loro pubblicazione.

.
370 MARIA AMALIA DE LUCA

• B1

metallo : piombo
provenienza : ignota (probabilmente territorio di Naro AG)
stato di conservazione : discreto
datazione : posteriore all’XI sec.?
bibliografia : G. Manganaro, Nuovo manipolo, p. 515 fig. 26 a/b. M. A. De Luca, Due
medaglie..., in corso di pubblicazione.

Lato A (figura 1d)


Stella a sei punte entro una cornice decorata con trattini.
Al centro e tra le sei punte globetti entro un cerchio lineare.
Alla base delle punte decoro con trattini.

Lato B (figura 1r)


Iscrizione araba in stile cufico su cinque righe13 entro una cornice decorata con
trattini.
(Corano, Sūratu {l-Ihlās/CXII).
˘ ˙

Traduzione14 : 1Dì : Egli, Dio è uno, 2Dio, l’Eterno. 3Non generò né fu generato 4e
nessuno Gli è pari.

13
Il passaggio da un rigo all’altro è indicato dalla sbarra obliqua. Per la divisio-
ne in versetti, che mi limito ad annotare solo nella traduzione italiana, si veda la no-
ta seguente.
14
Avverto il lettore che tutte le traduzioni del Corano riportate in questo saggio
sono tratte dall’edizione italiana del Corano curata da A. Bausani (Il Corano, intro-
duzione, traduzione italiana e note a cura di A. Bausani, Milano, 1990, la sura del
culto sincero /112a, p. 496) alla quale mi attengo anche per quanto riguarda la tradu-
zione dei titoli delle sure e la numerazione dei versetti che è qui indicata dai nume-
retti in apice.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 371

• B2

metallo : piombo
provenienza : ignota (probabilmente territorio di Naro AG)
stato di conservazione : mediocre, specialmente il lato b
datazione : epoca normanno-sveva?
bibliografia : G. Manganaro, Nuovo manipolo, p. 515 fig. 24 a/b; per il tipo cfr.
M. A. De Luca, Considerazioni preliminari, p. 277-281; M. Maurici e B. Giam-
bona, La «Montagnola» di Monte Palmeto, p. 116-117 e figura 4.

Lato A (figura 2d)


Iscrizione araba in stile cufico su sette righe,
entro una cornice decorata con trattini
(Corano, sūratu {l-Falaq/CXIII).

Traduzione : 1Dì : Io mi rifugio presso il Signore dell’Alba 2dai mali del creato 3e
dal male di una notte buia quando si addensa 4e dal male delle soffianti sui nodi 5e
dal male dell’invidioso che invidia.
(Il Corano, la sura dell’alba /113a, p. 497).

Lato B (figura 2r)


Iscrizione araba in stile cufico su sette righe,
entro una cornice decorata con trattini
(Corano, Sūratu {al-Ikhlās/CXII).
˘ ˙

.
372 MARIA AMALIA DE LUCA

Traduzione : 1Dì : Egli, Dio è uno, 2Dio, l’Eterno. 3Non generò né fu generato 4e
nessuno Gli è pari.
(Il Corano, la sura del culto sincero /112a, p. 496).

• B3

metallo : piombo
provenienza : ignota (probabilmente territorio di Naro AG)
stato di conservazione : mediocre
datazione : epoca normanno-sveva?
bibliografia : per il tipo cfr. M. A. De Luca, Considerazioni preliminari, p. 277-281;
M. Maurici e B. Giambona, La «Montagnola» di Monte Palmeto, p. 116-117 e fi-
gura 4.

Lato A centro (figura 3d)


Iscrizione araba in caratteri cufici di difficile lettura, entro una cornice bilineare

Lato A cornice (figura 3d)


Iscrizione araba in caratteri cufici di difficile lettura, entro una cornice con decoro
di trattini.

Lato B (figura 3r)


Apparentemente anepigrafe.

• B4

metallo : piombo
provenienza : ignota (probabilmente territorio di Naro AG)
stato di conservazione : discreto
datazione : epoca normanno-sveva?

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TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 373

bibliografia : G. Manganaro, Nuovo manipolo, p. 515 fig. 25 a/b; per il tipo cfr.
M. A. De Luca, Considerazioni preliminari, p. 277-281; M. Maurici e B. Giambo-
na, La «Montagnola» di Monte Palmeto, p. 116-117 e figura 4.

Lato visibile esterno (figura 4 d-r)


Iscrizione in caratteri cufici su otto righe, entro una cornice perlinata.
(Basmala seguita da : Corano, Sūratu Āl {Imrān/III, 18).

Traduzione : In nome di Dio clemente e misericordioso.18 Iddio stesso è testimo-


nio che non c’è altro Dio che Lui, e gli angeli, e i signori della scienza testimoniano
ancora : «Non c’è altro Dio che Lui, il Governante con giustizia, [il Potente, il Sag-
gio]»
(Il Corano, la sura della famiglia di {Imrān/3a, 18, p. 37).

I reperti che ho appena illustrato saranno ora messi a confronto con la


produzione apotropaica dei paesi musulmani nel tentativo di dare una ri-
sposta al quesito formulato dal Manganaro : se i pendenti siciliani siano un
retaggio della tradizione bizantina o invece si innestino nel solco della cul-
tura importata in Sicilia dai conquistatori musulmani.

La magia e l’Islàm

È notorio che la cultura islamica, sviluppatasi nel consesso arabo-


musulmano a partire dalla grande rivoluzione monoteista innescata da
Muhammad nel VII secolo d.C., non rinnegò in blocco tutte le componenti
˙
del suo sostrato pagano animista, anzi ne riciclò molte, inserendole, non
senza una preliminare opera di spurgo, nella nuova cornice coranica. Nu-
merose usanze preislamiche, tra le quali la pratica della magia, che di quel
sostrato costituiva parte integrante e irrinunciabile, sopravvissero quindi
all’avvento dell’Islàm, traghettate in esso da un accurato ed abile revisioni-
smo, ispirato al nuovo paradigma ideologico e legislativo. Alla magia, puri-
ficata dai suoi elementi più marcatamente eterodossi, fu così consentito di
entrare a far parte della concezione islamica, in una versione legittimata
dalla teologia e dalla giurisprudenza dell’Islàm ufficiale; il che non valse ad
impedire che essa continuasse ad essere universalmente praticata dall’I-
slàm popolare con modalità che talvolta erano, e sono tuttora, in vistosa
contraddizione con la rigorosa censura delle élites intellettuali ortodosse15.

15
Per un preliminare approccio al tema generale della magia si cfr. J. G. Frazer,

.
374 MARIA AMALIA DE LUCA

In linea di massima, partendo dal presupposto che la magia sia quella


scienza la cui applicazione è in grado di modificare, mediante artifici, il
corso degli eventi, per la religione islamica, si trattò, fin dai suoi esordi, di
fissare i requisiti di ammissibilità di tale applicazione. Essi sono essenzial-
mente due.
Il primo riguarda il ruolo di chi esercita la magia, ruolo che deve esse-
re inequivocabilmente subordinato alla divinità : la figura del mago è pro-
ponibile solo in quanto strumento del volere divino che, attraverso di essa,
manifesta ulteriormente la sua onnipotenza e la sua misericordia. Di con-
tro, il mago che usa il suo potere di influenzare il destino di uomini e cose,
contrapponendosi a Dio – l’unico in diritto di farlo – arroga a sé stesso un
privilegio che è esclusivo del Creatore, e quindi, così facendo, ripropone un
politeismo che è in antitesi con l’Islàm. C’è di più : questo potere alternati-
vo a quello divino, che la religione condanna, ma di fatto non nega, non
può che essere di natura diabolica, poiché solo il ricorso al demonio, che è
pur sempre creatura divina, lo rende possibile e, al contempo, compatibile,
agli occhi dei musulmani (e non solo), con la visione monoteistica dell’uni-
verso16.
Per quanto concerne il secondo requisito, esso attiene alle modalità,
agli strumenti e allo scopo della pratica magica, i quali devono essere asso-
lutamente leciti, vale a dire in armonia con la Legge musulmana poiché, in

Il ramo d’oro, I, Torino, 1973, p. 23-98. Per quanto concerne la magia nel mondo isla-
mico, data la complessità e l’ampiezza del tema che va ben oltre i limiti del presente
saggio e delle mie competenze, rimando il lettore interessato alla accurata bibliogra-
fia (sia in lingua araba che in lingue occidentali), raccolta da G. C. Anawati, Le nom
suprême de Dieu (ism allāh al-a{zam), in Atti del Congresso di studi arabi e islamici
˙
(Ravello 1966), Ravello, 1966, p. 8-36 + appendice Introduction bibliographique a l’é-
tude de la magie dans l’Islam en particulier des charmes, amulettes, talismans et carrés
magiques, p. 37-58 e successivamente ampliata in Id., Trois talismans musulmans en
arabe provenant du Mali (marché de Mopti), in Annales islamologiques, 21, 1972,
p. 287-311 + appendice Introduction bibliographique a l’étude de la magie dans l’Islam
en particulier des charmes, amulettes, talismans et carrés magiques, p. 311-339. Per un
aggiornamento si consiglia di consultare nell’Encyclopaedia of Islam, CD-ROM, Ko-
ninklijke Brill NV, Leiden, 1999 e successivi aggiornamenti le molteplici voci connes-
se al tema generale della magia (delle quali segnalo qui solo le principali). Una utile
e piacevole panoramica, ancorché datata, della materia è offerta da E. Doutté, Magie
et religion dans l’Afrique du Nord, Algeri, 1909, dove, p. 335 e ss., è affrontato il rap-
porto tra magia e religione islamica. L’opera, oggi quasi introvabile, è consultabile in
rete presso il sito della Bibliothèque nationale de France (www.Gallica.bnf).
16
Tale concezione – come spiegherò più avanti – trova infatti il suo fondamento
in Corano, II, 102 (Il Corano, sura della vacca / 2a, 102 p. 13).

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 375

caso contrario, presupporrebbero l’ammissibilità di una Legge estranea a


quella e quindi, ancora una volta, ricondurrebbero all’apostasia.
Dal momento che anche la magia preislamica si articolava nelle due
versioni parallele di magia «bianca» e «nera», è facilmente intuibile come
toccasse proprio alla seconda di risentire maggiormente della severa epu-
razione operata dall’ortodossia, la quale non poteva in alcun modo ammet-
terne le finalità malefiche in radicale contrasto con la propria etica. In
quanto alla prima, essa venne tollerata dall’Islamismo all’unica condizione
che venisse esercitata «in nome di Dio» sì da rendere il suo operato un
«miracolo», a conti fatti, «divino» e quindi plausibile (non diversamente
d’altronde, da quanto è avvenuto e avviene nel contesto giudaico o cristia-
no).
Nella lingua araba la magia in genere e, più specificamente quella ille-
cita, viene designata con il vocabolo sihr, termine di ampio e, secondo gli
˙
autori classici, variabile e contraddittorio significato17 che include tutta
una serie di pratiche (predizione; magia bianca; {ilm al-hāwass18 ; cono-
˘ ˙˙
scenza delle proprietà dei nomi divini19, delle lettere 20 e dei numeri; magia
simpatica; ricorso a forze demoniache; evocazione di spiriti, fylaxth¥ria,
incantesimi e scongiuri) la maggior parte delle quali basate sul principio
della «simpatia», e di tipo omeopatico e di tipo contagioso. La magia illeci-
ta però comporta – come già precisato – l’ausilio delle forze sataniche e, se-
condo l’Islàm, trae la sua origine da Harūt e Marūt, due angeli ribelli al se-
guito di Satana (in arabo denominato Iblı̄s o Šaytān 21), che avrebbero di-
˙
vulgato tra gli uomini i segreti della scienza divina, indirizzandoli all’unico
scopo di danneggiare il prossimo e stravolgendone così l’intrinseca positi-
vità 22. Questa magia o stregoneria diabolica (šaytāniyya 23), è pertanto con-
˙

17
Cfr. Encyclopaedia of Islam, s.v. sihr e s.v. kihāna, entrambe a cura di T. Fahd,
˙
dove il lettore troverà utili ed aggiornate indicazioni bibliografiche sull’argomento.
T. Fahd include il sihr, cioè la magia, con le sue ramificazioni, tra le tre branche in
˙
cui si divide la kihāna, vale a dire la scienza dell’occulto o divinazione in genere. Le
altre due branche sono la firāsa cioè la capacità di «interpretare» taluni elementi fi-
sici (fisiomantica, chiromanzia etc.) e l’astrologia.
18
Capacità di trarre pronostici dai versetti coranici : cfr. Encyclopaedia of Islam
sotto la relativa voce e B. A. Donaldson, The Koran as magic, in Moslem world, 27,
1937, p. 254-266, p. 254-257.
19
Al-asmā} al-husnā} cfr. Encyclopaedia of Islam sotto la voce relativa.
20 ˙
Cfr. Encyclopaedia of Islam, s.v. sı̄miyā} a cura di D. B. MacDonald e aggior-
nata da T. Fahd.
21
Cfr. Encyclopaedia of Islam sotto la relativa voce curata da T. Fahd e A. Rip-
pin.
22
Vedi nota 2 e G. C. Anawati, Le nom suprême de Dieu... cit. n. 15, p. 39.
23
Cfr. E. W. Lane, Manners and customs of the modern Egyptians, Londra-New

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376 MARIA AMALIA DE LUCA

dannata dalla religione che destina colui che la pratica (il sāhir) alla pena
˙
capitale e alla dannazione.
Di contro la magia lecita, consona al volere di Dio e dunque «rahmā-
˙
niyya» 24, che altrimenti potremmo qualificare come «coranica», viene fatta
risalire dalla tradizione a Salomone 25 e sarebbe stata utilizzata anche da
Abramo e Mosè, a fini puramente benefici. Essa è accettata dall’Islàm, al
quale è asservita e nel cui ambito, torno a ripetere, non solo ha avuto modo
di perpetuarsi, ma anche di prosperare, soprattutto a livello popolare, ali-
mentandosi, attraverso un sincronico e diacronico sincretismo, di elementi
innovativi culturalmente assai eterogenei.
Ricapitolando, sia la magia coranica che quella demoniaca influenza-
no il corso degli eventi naturali mediante stratagemmi, la cui conoscenza e
il cui utilizzo, da parte degli «addetti ai lavori» di turno (ovverosia : šuyūh,
˘
santoni, maestri spirituali, taumaturghi, maghi, indovini, illusionisti, stre-
goni etc.), non sono condannabili in quanto tali, ma solo in relazione all’at-
teggiamento, agli strumenti e agli scopi con cui vengono applicati.
Gli artifici impiegati sono molteplici : tra i più comuni cito, a titolo di
esempio, la ruqya 26, vale a dire l’uso di formule di scongiuro per salvaguar-
darsi dal pericolo del malocchio e dell’invidia ({ayn e hasad; qarr in Egit-
˙
to 27). Posto infatti che l’Islàm ammette l’esistenza di una magia immorale
praticata sotto influenza demoniaca, è del tutto lecito per esso scongiurarla
con una magia di segno opposto, peraltro legittimata da alcuni hadı̄t del
˙ ¯
Profeta 28.
Alla ruqya si affianca il nı̄ranğ 29, cioè l’arte di far apparire reale ciò che
non lo è mediante il ricorso, in buona fede o doloso, a incantesimi, trucchi,
ciarlataneria, prestidigitazione e illusionismo. Secondo alcuni autori, in
questa branca della magia andrebbe inclusa anche la fabbricazione e la ge-

York, 1966, p. 270-271; Id., Arabian society in the Middle Ages, 1883, rist. 1971, p. 80-
96 in G. Canova, La credenza del malocchio : due formule di scongiuro, in «Rasā}il» in
memoria di U. Rizzitano, Palermo, 1983, p. 67-87, p. 72-73.
24
Cfr. ibid. Aggettivo relativo derivato da ar-rahmān attributo divino, comune-
˙
mente tradotto in italiano «il Clemente». Cfr. Il Corano, p. 501-502 nota 1.
25
La tradizione giudaico-cristiana attribuisce a questo personaggio grandi pote-
ri magici collegati spesso al suo famoso anello-sigillo con l’esagramma, che proprio
per questo, è uno dei simboli più ricorrenti nell’iconografia dei talismani. Vedi
G. C. Anawati, Trois talismans musulmans... cit. n. 15, appendice, p. 332-333.
26
Cfr. la corrispondente voce a cura di T. Fahd in Encyclopaedia of Islam.
27
Cfr. G. Canova, La credenza del malocchio... cit. n. 23, p. 71
28
A proposito del malocchio si veda ibid. con la relativa bibliografia.
29
Cfr. la corrispondente voce a cura di T. Fahd in Encyclopaedia of Islam.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 377

stione di tutti quegli amuleti e filtri che influenzano, o pretendono di in-


fluenzare, i comportamenti umani e i fenomeni naturali.

Talismani e amuleti
Approdiamo così al concetto di «talismano», parola italiana che, attra-
verso il persiano tilismān (pl. di tilism) filtrato dall’arabo tilasm (pl. tila-
˙ ˙ ˙ ˙
smāt o talāsim; varianti tillasm, tilism, tilsam 30 o tilsim), si riallaccia al gre-
˙ ˙ ˙ ˙ ˙
co te¥lesma. Con questo termine designiamo un oggetto, spesso iscritto o
decorato da simboli magici di vario genere (cifre, segni geometrici e astrali,
raffigurazioni animali etc.), al quale si attribuisce un potere magico in gra-
do di apportare a chi lo detiene benefici e/o scongiurare malefici. Tra i tali-
smani rientrerebbero dunque anche gli amuleti (dal latino amuletum; in
arabo classico tamı̄ma 31 pl. tamā}im sostituita, a secondo dell’ambito regio-
nale, da altre voci 32) vocabolo sovente utilizzato come sinonimo di talisma-
no, benché, secondo un’opinione diffusa, più propriamente indicato per
piccoli oggetti (parti di animali, vegetali, minerali o anche imitazioni artifi-
ciali di essi) in grado di prevenire e allontanare il male e dunque aventi fini
esclusivamente protettivi contro determinati pericoli e malanni.
Secondo altri invece, il talismano rappresenterebbe uno stadio evoluti-
vo più «scientifique» 33 dell’amuleto : in altri termini un amuleto concepito
e realizzato, spesso proprio mediante l’apporto culturale della scrittura, da
una mentalità più consapevole e sofisticata, obbedendo a regole e scelte
meno primitive ed elementari e, perciò, finalizzato ad una difesa di gran
lunga più articolata.
Il ricorso ai talismani è largamente diffuso nel mondo islamico, ma
purtroppo all’ampiezza del fenomeno non corrisponde ancora un’adeguata
trattazione scientifica di esso 34 : se infatti non mancano lavori generali sul-
la magia in ambito islamico, sono ancora pochissimi i saggi dedicati speci-
ficamente ai talismani e alla loro evoluzione e ciò si deve proprio al relati-

30
Cfr. la voce corrispondente in Encyclopaedia of Islam a firma di J. Ruska e
B. Carra de Vaux.
31
Cfr. la voce corrispondente in Encyclopedia of Islam curata da T. Fahd.
32
Attualmente i termini più in uso per designarli sono : nel Nord Africa, hirz o
˙ in
hurz; in Egitto, hiğāb; nel Vicino Oriente, hāfı̄ o {ūda; in Arabia e Siria, hamı̄la;
˙Turchia, yafta, nush
˙ ˙
a o himāla; in Iran, tilism etc. ¯ ˙
33 ˘ J. Marquès-Rivière
Definizione di ˙ ˙riportata in L. Kalus, Catalogue des cachets,
bulles et talismans islamiques, Parigi, 1981, p. 69. Per l’uso e la confusione tra i due
vocaboli vedi pure W. R. Taylor, An Arabic amulet, in Moslem world, 25, 1935, p. 161-
165, p. 163
34
La bibliografia sull’argomento si trova in L. Kalus, Catalogue des cachets...,
p. XII-XIII.

.
378 MARIA AMALIA DE LUCA

vamente esiguo numero degli esemplari studiati, pubblicati e repertoriati.


Ecco perché ritengo che l’edizione dei talismani rinvenuti in Sicilia possa
offrire un modesto, ma non inutile, contributo all’allargamento delle cono-
scenze in materia.
I talismani islamici 35 sono rappresentati da oggetti di varia natura e
delle più svariate tipologie; molti di essi derivano il loro potere esclusiva-
mente da iscrizioni e da segni che, nell’ambito specifico della magia «cora-
nica» sono riconducibili ad un repertorio (invocazioni, preghiere, giacula-
torie, attestazioni, citazioni di nomi venerandi etc.) e ad una iconografia
(stelle, mihrāb, moschee etc.), rispettosi dell’ortodossia 36. La realizzazione
˙
di questo tipo di talismano a carattere religioso viene denominata kitāba
(= scrittura) ed è prerogativa di un esperto, il cui titolo varia secondo l’area
geografica : in Nord Africa, ad esempio, è abitualmente definito tālib o yaq-
˙
qāš 37, in Egitto šayh 38 e in Iràn mullà 39.
˘
I tipi più semplici di questi talismani iscritti sono realizzati su foglietti
di carta, su pergamena o su cuoio oppure tatuati direttamente sulla pelle 40.
I testi più ricorrenti nei talismani iscritti (detti hiğāb pl. huğūb) sono quelli
˙ ˙
desunti dal Corano : d’altronde il libro sacro è in sé stesso il miglior tali-
smano e la miglior protezione per il credente musulmano 41, come confer-
ma la diffusissima abitudine di condurne seco una copia integrale (mush
˙˙
af) per lo più miniaturizzata; in alternativa si può optare per un florilegio
composto da alcune – sovente sette – delle sure più significative, trascritte
in fogli di carta spesso arrotolati e poi incapsulati in piccoli contenitori

35
L’uso dell’aggettivo relativo «islamico» riferito a talismano, deve qui ovvia-
mente essere inteso come «prodotto in un’area di predominante cultura islamica»
indipendentemente dunque dai requisiti di ortodossia che esso esibisce. Sui talisma-
ni islamici in generale si veda R. Kriss e H. Kriss-Heinrich, Volksglaube im Bereich
des Islam... cit. n. 3.
36
Naturalmente non mancano esempi di talismani di matrice sciita caratteriz-
zati da citazioni più pertinenti a quel contesto, cfr. L. Kalus, Catalogue des cachets...
cit. n. 33, p. 71.
37
Cfr. E. Doutté, Magie et religion... cit. n. 15, p. 219 e Encyclopaedia of Islam,
sotto la voce abğad a cura di G. Weil e G. S. Colin.
38
G. Canova, La credenza del malocchio... cit. n. 23, p. 73-74.
39
Mawlà : cfr. B. A. Donaldson, The Koran as magic... cit. n. 18, p. 256.
40
È interessante ricordare che la valenza magica dell’iscrizione può dipendere
anche dal tipo di inchiostro impiegato : cfr. W. R. Taylor, An Arabic amulet... cit.
n. 33, p. 163 e B. A. Donaldson, The Koran as magic..., cit., p. 263 e dal rituale messo
in atto al momento dell’utilizzo cfr. ibid., p. 264.
41
Come proverebbe Corano, 17, 82.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 379

tubolari 42 oppure ripiegati in involucri di velluto, pelle o cuoio 43, ovvero in


scatolette di metallo, più o meno prezioso, inciso con stelle, mezzelune,
moschee, fiori ed altre immagini. Non è infrequente che da queste scatole
quadrangolari pendano ciondoli a sonagli (ğulğul pl. ğalāğil) a forma di ma-
no – tipica la hamsa 44 o «mano di Fatima» – di mezzaluna o di occhio 45. Gli
˘
involucri vengono quindi sospesi con una cordicella a tracolla sulla spalla o
sulla parte interna superiore del braccio oppure semplicemente appesi al
collo con catenelle o, infine, avvolti tra gli indumenti o ad essi attaccati me-
diante fibule.
Quando i brani coranici non sono trascritti su fogli e riposti in appositi
contenitori portatili, vengono incisi direttamente sugli huğūb. Dato che gli
˙
spazi a disposizione sono generalmente molto esigui, la maggior parte dei
talismani portatili 46 riferiscono solo poche, o singole, brevi sure : in questo
caso le più rappresentative sono la «sura aprente = fātiha» /1a, la «sura dei
˙
negatori» /109a, la «sura del culto sincero» /112a e soprattutto la «sura
dell’Alba» /113a e la «sura degli uomini» /114a chiamate anche «le due pre-
servatrici» = al-mu{awwidatāni). In luogo di sure intere possiamo trovare
¯
anche singoli versetti o addirittura solo frasi emblematiche di essi. I verset-
ti più utilizzati, in versione parziale o integrale, sono :

42
Dalla forma tubolare di questi contenitori deriverebbe la qannuta (dall’arabo
qannūt o qannūd = porzione di canna compresa tra due nodi) elemento cilindrico ti-
pico dell’oreficeria hispano-moresca, la cui cavità sarebbe stata, in origine, destinata
a contenere qualcosa di valore sacro o magico, secondo una tradizione dell’antico
Oriente mantenuta anche dai Greci, dai Romani e dagli Etruschi. Una volta persa la
funzione primitiva, l’astuccio del talismano si sarebbe trasformato in un semplice
elemento decorativo : V. Gonzales, Gli smalti dell’Europa musulmana e del Maghrib,
Milano, 1994, p. 129-130. Per quanto concerne l’intricato intreccio delle reciproche
influenze nell’oreficeria dell’area mediterranea si veda ibid., p. 219 e sgg.
43
Cfr. ad esempio, W. R. Taylor, An Arabic amulet... cit. n. 33, p. 161.
44
Cfr. Encyclopaedia of Islam sotto la relativa voce e V. Gonzales, Gli smalti del-
l’Europa musulmana..., p. 133.
45
Per l’origine della riproduzione dell’occhio, in Egitto ugualmente denominata
hmēsa (corruzione dialettale di humaysa = diminuitivo del numerale arabo «cin-
˘ ˘
que»), e per le sue connessioni con la riproduzione della mano si cfr. M. C. Bachatly,
Notes sur quelques amulettes égyptiennes, in Bulletin de la Societé géographique de l’É-
gypte, 17, 1929, p. 49-60 + 4 tavv. spec. p. 50-54; 19, 1931, p. 183-188, ove tra l’altro, si
legge che l’occhio «remplace la main humaine qui devrait être présentée à chaque
instant comme défense contre le mauvais œil, et c’est pour cela qu’elle est figurée
toujours ouverte» (p. 51).
46
Diverso è ovviamente il caso dei talismani fissi, come quelli da piazzare ai
confini delle proprietà o quelli da collocare negli ambienti domestici, in special mo-
do presso l’ingresso o direttamente sulla porta dell’abitazione, che possono raggiun-
gere dimensioni considerevoli.

.
380 MARIA AMALIA DE LUCA

1. il versetto 1 della «sura aprente» /1a ;


2. il versetto 20 della «sura della vacca» / 2a ;
3. il versetto 163 della «sura della vacca» / 2a ;
4. il «versetto del trono» (āyat al-kursı̄) / 255, della «sura della
vacca» / 2a ;
5. Il versetto 87 della «sura dei profeti» / 21a ;
Ad essi vanno ad aggiungersi i versetti detti «della protezione» (ayāt
al-hufz) vale a dire :
˙ ˙
1. parte finale del già citato «versetto del trono»;
2. versetto 64 della «sura di Giuseppe» /12a ;
3. versetto 11 della «sura del tuono» /13a ;
4. versetto 9 della «sura di al-Hiğr» /15a ;
5. versetto 17 della «sura della caverna» /18a ;
6. versetto 7 della «sura degli angeli a schiere» / 37a ;
7. versetto 13 della «sura dei ranghi serrati» / 61a ;
8. versetti 20-21 della «sura delle torri» / 85a ;
9. versetto 4 della «sura del sopravveniente di notte» / 86a.
Esistono poi dei versetti particolarmente indicati per avversare le ma-
lattie e pertanto definiti «versetti della guarigione» (ayāt aš-šifā}). Essi so-
no i seguenti :
1. versetto 14 della «sura della conversione» / 9a ;
2. versetti 56-57 della «sura di Giona» /10a ;
3. versetto 69 della «sura dell’ape» /16a ;
4. versetto 82 della «sura del viaggio notturno» /17a ;
5. versetti 78-81 della «sura dei poeti» / 26a ;
6. versetto 44 della «sura dei chiari precisi» / 41a ;
Non è un caso che i «versetti della guarigione» ricorrano sovente nelle
coppe magiche (tāsāt aš-šifā } = coppe della salute; tāsāt al-hadda = coppe
˙ ˙ ˘ ˙˙
dello choc o tāsāt at-tarba = coppe dello spavento), cioè quelle tazze il cui
˙ ˙˙
uso, documentato soprattutto in Egitto, si credeva allontanasse le malattie
mediante l’ingestione del liquido in esse contenuto 47.

47
Cfr. G. Canova, Nota su una coppa magica egiziana, in «Azhàr». Studi arabo-
islamici in memoria di U. Rizzitano, Palermo, 1995, p. 59-68; G. Oman, Le coppe ma-
giche nella medicina araba, in La bisaccia dello sheikh, p. 79-94 + Tavv. II-VII e Mate-
riali per lo studio delle coppe magiche nella medicina popolare araba, in Quaderni tici-
nesi di numismatica e antichità classiche, 16, 1987, p. 337-358; V. Grassi, Una coppa
magica proveniente dall’Egitto, in Studi maghrebini, 19, 1987, p. 65-89 + 7 tavv., nei
quali si troveranno ampie referenze bibliografiche sull’argomento.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 381

Un vero toccasana è considerata inoltre la sura yā-sı̄n/36a, nella quale


si può dire non ricorra versetto che non abbia una sua specifica valenza te-
rapeutica contro le più svariate patologie : dal mal di denti alla dissenteria,
dalla febbre alla cecità 48.
Oltre ai brani coranici i talismani cartacei possono riportare anche le
finalità e le modalità di uso 49, nonché una eterogenea gamma di altri ele-
menti variabili come, ad esempio :

1. nomi divini 50
2. nomi di personaggi della storia sacra quali : i quattro arcangeli
Ğibrā}ı̄l, Mihā}ı̄l, Isrāfı̄l, Isrā}ı̄l; Satana o altri demoni; Adamo, Eva; profeti
˘
vari, Abramo, Mosè, Davide, Gesù, Maria e moltissimi altri;
3. i nomi del profeta dell’Islàm : Muhammad, Ahmad, Mahmūd e Mu-
˙ ˙ ˙
stafà ovvero quelli delle sue mogli o di altri illustri componenti della sua fa-
miglia e della sua cerchia 51;
4. i nomi dei quattro califfi «ben diretti»;
5. i nomi degli Imām;
6. lettere misteriose 52, quadrati magici (wafq pl. awfāq; ğadwal 53 pl. ğa-
dāwil) con grafemi o cifre 54 ; la parola segreta budūh 55 e altre espressioni di
˙
significato oscuro 56.

48
Cfr. B. A. Donaldson, The Koran as magic... cit. n. 18, p. 258. Il saggio in que-
stione offre una interessante rassegna sull’utilizzo del Corano come antidoto per le
più svariate sciagure.
49
Si veda, a titolo esemplificativo, i tre talismani studiati in G. C. Anawati, Trois
talismans musulmans... cit.n. 15, p. 287-311.
50
Cfr. G. C. Anawati, Le nom suprême de Dieu... cit. n. 15 e Encyclopaedia of
Islam, s.v. Al-asmā} al-husnā}.
˙
51
Il lettore troverà due esempi, tra tanti, in É. Combe, Notes d’archéologie mu-
sulmane. III. Trois amulettes, in Bulletin de l’Institut français d’archéologie orientale,
15, 1918, p. 207-209.
52
Le più frequenti sono le hurūf al-muqatta{āt o al-fawātih le lettere che com-
˙
paiono, isolate, all’inizio di ventinove ˙˙
sure coraniche ˙
(cfr. Corano, p. XLIII-CLIV) e
le hurūf as-sawāqit, ossia le sette consonanti ( ) che non figurano nel-
la ˙«sura aprente».˙
53
Cfr. Encyclopaedia of Islam sotto la corrispondente voce curata da E. Graefe,
D. B. MacDonald e M. Plessner.
54
Cfr. in proposito G. C. Anawati, Le nom suprême de Dieu... cit. n. 15, p. 33-36
+ appendice, p. 56-58.
55
Cfr. G. C. Anawati, Trois talismans musulmans... cit. n. 15, p. 310-311 e
J. McG. Dawkins, The Seal of Solomon, in Journal of the Royal Asiatic Society, 1944,
p. 145-150, p. 149.
56
Concludo qui la mia elencazione delle formule più ricorrenti : essa non pre-
tende di essere esaustiva e comunque si limita al repertorio dei talismani «islamizza-

.
382 MARIA AMALIA DE LUCA

Il talismano iscritto portatile, che nella sua versione più elementare è


rappresentato – come si è detto – da semplici pezzetti di carta riproducenti
un testo, o figure, o entrambi, molto frequentemente viene realizzato sotto
forma di pendente, orecchino, bracciale, fibula, fibbia etc. di varia foggia e
materiale, non di rado arricchito da ğalāğil 57. È facile dunque arguire che il
confine tra questa categoria di oggetti e quella dei monili è estremamente
labile 58 : il talismano diviene spesso ornamento (e vice versa) e l’uso di mo-
nili apotropaici accomuna credenti di ambo i sessi e di tutte le età.
Alla forma rettangolare dei contenitori metallici dei brani coranici o,
direttamente, alla forma di pagina o di rilegatura coranica – riproducendo
una trasposizione già praticata dai Bizantini 59 –, si ispira il tipo di talisma-
no-monile più comune : un pendente a forma di targhetta quadrangolare
piatta con anello o anelli sospensori alla sommità. Oltre al pendente metal-
lico di forma rettangolare, sono abituali anche i pendenti circolari o a goc-
cia (hiğāb kummatrà : cioè a forma di pera).
˙ ¯
Una classe particolarmente significativa di talismani-monili è quella
costituita da gemme incise 60, cornaline, agate, calcedonie e via dicendo,
utilizzate in numerosi tipi di manufatti, soprattutto anelli e sigilli, e pre-
scelte non solo quali semplici supporti più o meno preziosi, ma anche in
virtù di specifici e intrinseci poteri magici. Le forme sono svariate : ovali,
tonde, rettangolari o a cuore, piatte o a cabochon. Le iscrizioni sono realiz-
zate in cavo o in rilievo e il loro stile varia secondo i luoghi, le epoche e la
qualità della fattura. Talvolta esse sono realizzate «in negativo» o per ac-
crescerne il mistero o per servire da sigillo-stampo per ulteriori iscrizioni 61.
Le iscrizioni utilizzate nel talismano-monile si limitano per lo più a
qualche versetto coranico e/o :

ti», escludendo quello, ben più variegato e complesso, dei talismani non propria-
mente ortodossi.
57
Elemento spesso ricorrente nei monili apotropaici è il colore blu del vetro o
dello smalto dal momento che «la couleur bleue, comme on le sait, est habituelle-
ment utilisée pour neutraliser l’effet du mauvais œil» (M. C. Bachatly, Notes sur
quelques amulettes égyptiennes... cit. n. 45, p. 55 nota 2).
58
Per un approccio preliminare al vasto soggetto della gioielleria islamica si ve-
da la bibliografia annessa a M. Jenkins e M. Keene, Islamic jewelry in the Metropoli-
tan Museum of Art, New York, 1982 e a V. Gonzales, Gli smalti dell’Europa musulma-
na... cit. n. 42.
59
«Già i Bizantini si adornavano di ciondoli che rappresentavano un evangela-
rio, secondo uno schema analogo...», in V. Gonzales, Gli smalti dell’Europa musul-
mana..., p. 132.
60
L. Kalus, Catalogue des cachets... cit. n. 33, p. 70-100.
61
Ibid., p. 91-92.

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 383

1. alla sola professione di fede o šahāda;


2. alla basmala, formula di esordio canonica nel mondo musulmano;
3. alla tipica formula mā šā}a {llāh = avvenga quel che Iddio vuole,
spesso accorpata alla sentenza lā quwwa illā bi-{llāh = Non c’e forza se non
in Dio, tanto ricorrente da denominare una specifica categoria di targhette
dette appunto «targhette mā šā}a {llāh»;
4. ad una combinazione delle precedenti formule;
5. ai nomi divini e agli altri nomi venerandi precedentemente elencati;
6. a concise formule con lodi divine, eulogie e affermazioni di caratte-
re religioso;
7. alle solite lettere misteriose o al già illustrato repertorio esoterico
islamico 62.

Alle iscrizioni si accompagnano talora segni magici di più o meno ar-


cana origine come il diffusissimo esagramma, la stella a sei punte, spesso
seguito da altri sei simboli 63, più noto come «sigillo di Salomone» per esse-
re stato impresso, secondo una leggenda, sull’anello magico appartenuto a
quel re. Questo simbolo, secondo il Westermack 64, sarebbe scaturito dallo
sdoppiamento del triangolo contenente l’occhio, che era, a sua volta, una
raffigurazione apotropaica usuale nell’area semitica. All’esagramma si al-
terna il pentagramma, stella a cinque punte, anch’esso di origine orientale,
che conobbe ampia fortuna nella cerchia pitagorica per poi trasfondersi
nell’esoterica medievale.
Come già accennato, una tra le più attestate tipologie di amuleti isla-
mici è rappresentata da targhette metalliche quadrangolari, molte delle
quali sono realizzate in piombo. L’abbondanza dei talismani di questo ma-
teriale si giustifica alla luce di quattro fattori : il primo è rappresentato dal-
la duttilità che ne facilitava la lavorazione; il secondo dal costo, inferiore a
quello di altri metalli, come l’oro e l’argento, o delle pietre, sia preziose che
semi-preziose, o dei cristalli, che lo rendeva accessibile a strati più larghi
della popolazione; il terzo dalla sua resistenza all’usura del tempo e, infine,
il quarto dallo scarso valore venale che ne ha impedito la fusione e il rici-
claggio : fattori, questi ultimi due, che hanno notevolmente contribuito a
garantirne più facilmente la conservazione fino ai nostri giorni, incremen-

62
Vedi pagina 381.
63
A questo proposito si veda J. McG. Dawkins, The Seal of Solomon... cit. n. 55,
p. 145-150 e G. C. Anawati, Le nom suprême de Dieu... cit. n. 15, p. 21 e sgg. Per l’uti-
lizzo dei poligoni stellati a scopo ornamentale si veda V. Gonzales, Gli smalti del-
l’Europa musulmana... cit. n. 42, p. 133 e sgg.
64
Cfr. E. Doutté, Magie et religion... cit. n. 15, p. 156 e ss.

.
384 MARIA AMALIA DE LUCA

tando così il numero degli esemplari di questa categoria a nostra disposi-


zione rispetto a quelli di altre categorie.
Le medesime considerazioni valgono anche per i talismani di piombo
rinvenuti in Sicilia, a proposito dei quali posso ora, alla luce di quanto già
detto sui talismani islamici, procedere alle seguenti considerazioni.

I talismani islamici siciliani

Per quanto concerne il contenuto delle iscrizioni, i tre talismani leggi-


bili rientrano perfettamente nell’ambito dei talismani «coranici», dal mo-
mento che i brani in essi riportati rispecchiano fedelmente le più obsolete
scelte operate nei paesi islamici. La «sura del culto sincero» /112a e le due
sure «preservatrici» /113a e 114a, sono infatti, come abbiamo avuto modo di
costatare, testi «canonici» per la preparazione dei talismani e, in assoluto, i
più utilizzati per questo tipo di oggetto. La scelta si spiega facilmente con-
siderato che la sura 112a, in arabo sūrat al-ihlās, rappresenta la quintessen-
˘ ˙
za del credo islamico e da qui trae il suo rilevante carisma che ne fa una
delle sure più ricorrenti nella liturgia ed anche una delle più riprodotte in
campo epigrafico 65 per la lapidaria emblematicità del contenuto dogmatico
e per la toccante solennità dell’enunciazione.
La scelta delle due «preservatrici» appare, a sua volta, fin troppo ovvia
dato che entrambe le sure hanno letteralmente forma di scongiuro e di
esorcismo 66 contro i mali, fisici e spirituali, scatenati da forze diaboliche.
Nella 113a, in particolare, il riferimento al «nodo» ha chiara valenza apotro-
paica dal momento che il «nodo» nella cultura popolare universale è visto
come impedimento e intralcio alle attività umane 67 e causa di «malessere,
malattie e ogni sorta di disgrazie» 68. Gli esegeti arabi interpretano l’espres-
sione le soffianti sui nodi come una evidente allusione alle donne che prati-
cano il rito magico di fare un nodo su una corda e poi di sputarci o soffiar-
ci sopra per colpire qualcuno con il malocchio 69.

65
La sura in questione, infatti, ricorre sovente non solo su talismani, ma anche
su monumenti, cippi funerari, oggetti connessi alla sfera religiosa e financo sulle
monete dove, ricordando all’utente il fondamento teocratico dell’autorità statale,
puntava a distoglierlo da qualsiasi atto, connesso alla pratica finanziaria, che violas-
se tale autorità.
66
Cfr. Il Corano, p. 737.
67
Cfr J. G. Frazer, Il ramo d’oro... cit. n. 15, p. 374.
68
Ibid., p. 375.
69
La tradizione popolare vuole che lo stesso profeta Muhammad sia stato vitti-
ma di un incantesimo del genere, ad opera di un ebreo che, ˙avendo praticato nove
nodi su uno spago, lo gettò dentro un pozzo. Grazie all’intervento dell’Archangelo

.
TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 385

Il versetto 18 della sura 3a infine, contenuto nel quarto reperto esami-


nato, propone addirittura parte della professione di fede musulmana e
dunque si riallaccia al medesimo intento di testimonianza religiosa che è
alla base dell’adozione della «sura del culto sincero».
Per quanto riguarda la morfologia, i quattro pendenti siciliani, uno cir-
colare e gli altri tre quadrangolari, tutti dotati, quantomeno in origine, di
anelli di sospensione, afferiscono alla categoria islamica dei talismani-
monili cioè di ornamenti che, grazie alla valenza magica della scrittura,
esercitano una funzione protettiva su chi li indossa. Se osserviamo però
più attentamente i tre talismani siciliani quadrangolari (B2, B3, e B4), ci
troviamo di fronte ad un dettaglio di particolare interesse. Essi sono costi-
tuiti da una sottile lamina di piombo rettangolare ripiegabile su sé stessa
lungo due linee parallele ai lati corti, come attesta il reperto B4 che si pre-
senta ancora chiuso, cioè esattamente nella condizione in cui tutti e tre fu-
rono trovati, a differenza di B2 e B3 che sono stati «aperti» per consentirne
l’esame e la lettura. Per essere più chiari : essi, una volta fabbricati, sono
stati ripiegati, come si farebbe con un foglietto di carta, sovrapponendone i
lembi inferiore e superiore.
Avendo già nelle pagine precedenti rilevato che nel mondo islamico il
ricorso al talismano-monile, in cui l’iscrizione «magica» viene trasferita su
un supporto più o meno prezioso, è inconfutabilmente connesso all’abitu-
dine di portare seco pezzi di carta, o altro materiale, iscritti con testi a ef-
fetto apotropaico, constatiamo ora che i tre talismani siciliani quadrango-
lari costituiscono proprio la materializzazione di questo transfert concet-
tuale, fornendoci una prova tangibile della metamorfosi della pagina
scritta in metallo : metamorfosi di cui essi rappresentano, per così dire,
una fase intermedia, nella quale la pagina, seppure ormai tradotta in piom-
bo, viene ancora percepita e trattata come tale.
Da qui a ipotizzare che i tre talismani derivino da prototipi cartacei in
circolazione, il passo è breve. L’ipotesi tuttavia, per quanto altamente pro-
babile, dato che il ricorso alla kitāba, ancora attualissimo, doveva essere
molto più diffuso nel medioevo ed interessare tutte le regioni islamiche, ivi
compresa la Sicilia, non è di facile dimostrazione, dal momento che man-
chiamo, ovviamente, di qualsiasi testimonianza cartacea coeva di suppor-
to. Per colmare in parte questa lacuna, suggerirei un tentativo di confronto
con un documento conservato al Museo islamico del Cairo, del quale però,
purtroppo, non mi è stato possibile accertare il testo 70.

Gabriele, il profeta venne a conoscenza del luogo dove era stato buttato lo spago e
potè così liberarsi, con opportuni scongiuri, dal maleficio inflittogli.
70
Il numero di inventario del documento, rilevabile con difficoltà dalla sua ri-

.
386 MARIA AMALIA DE LUCA

Il documento rappresenta, secondo la didascalia che lo descrive, una


rara testimonianza cartacea di età fatimita (X-XI secolo) rinvenuta al Cairo,
nell’area di Fustāt. Esso è di forma rettangolare e riproduce, nella parte su-
periore, un brano di scrittura inquadrato da una cornice contenente una
iscrizione cufica e in quella inferiore una figura diabolica che rende plausi-
bile la congettura (da verificare in futuro attraverso l’interpretazione del te-
sto) che possa trattarsi di un documento «magico» cioè di un talismano car-
taceo. Se così fosse, dunque, contribuirebbe a dimostrare, per l’epoca fati-
mita, l’uso e la circolazione di materiali consimili, facilmente propagatisi
fino in Sicilia grazie alla fitta rete di scambi culturali e mercantili che legò le
due regioni mediterranee dall’epoca kalbita fino a quella normanno-sveva.
L’impostazione grafica della parte superiore del reperto cairota, peral-
tro, presenta una evidente rassomiglianza con quella delle targhette plum-
bee siciliane, avvalorando così la tesi di una transizione di prototipi carta-
cei su metallo. È possibile insomma che l’uso islamico dei talismani carta-
cei introdottosi in Sicilia, in seguito alla conquista musulmana si sia
radicato e perpetuato nell’isola, alimentato dalla dinamica osmosi cultura-
le che caratterizzò, dapprima, il rapporto tra la colonia siciliana e la costa
maghrebina della madrepatria e che, in epoca Kalbita e poi normanno-
sveva, coinvolse anche l’Egitto fatimita creando una sorta di triangolazione
tra la Sicilia, l’Ifriqiyya e l’Egitto.
Niente di più agevole dunque del supporre che in Sicilia si siano im-
portati talismani cartacei e che lì si siano continuati a produrre ad opera di
esperti di tali pratiche. E anche possibile che a un certo punto a queste ma-
trici cartacee ci si sia ispirati per creare degli ornamenti e che il fabbro ab-
bia tradotto nel piombo il foglio che riproduceva le iscrizioni sacre, conver-
tendo così il talismano cartaceo in monile da appendere, presumibilmente,
al collo o da riporre, ripiegato, tra gli indumenti o nella borsa.
Questa ipotesi ci conduce alla fase più delicata della nostra inchiesta :
quando e dove furono fabbricati gli amuleti rinvenuti in Sicilia?
Purtroppo le due domande sono destinate ad avere, al momento attua-
le, solo risposte approssimative. Ho già precisato, infatti, che il luogo di
provenienza dei quattro oggetti è ignoto anche se va presumibilmente cir-

produzione, è 15648 oppure 15948. Nonostante le mie reiterate richieste, la Direzio-


ne del Museo non mi ha mai inviato le riproduzioni fotografiche indispensabili per
uno studio approfondito del testo. Ho dovuto così accontentarmi di una insoddisfa-
cente visione attraverso il vetro della bacheca, in cui l’oggetto è esposto, e della im-
magine, da me scattata che qui riproduco, scusandomi con il lettore per la sua pessi-
ma qualità dovuta all’oscurità dell’ambiente e alla presenza del vetro.

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TALISMANI CON ISCRIZIONI ARABE 387

coscritto all’entroterra agrigentino dove, è notorio, la presenza islamica


perdurò più a lungo che altrove, dal momento che proprio in quell’area si
rinserrarono, fino alla definitiva espulsione ordinata nel 1246 dallo svevo
Federico II, gli ultimi cospicui gruppi di popolazione musulmana dell’isola.
Ciò fa sì che anche la datazione ne risulti oltremodo fluttuante, oscillando
virtualmente lungo un ampio arco di tempo che si estende dal IX al XIII se-
colo.
In soccorso ci viene però il confronto con altri reperti simili di più pre-
cisa collocazione geografica e cronologica. Alludo alle targhette plumbee
affiorate durante le indagini archeologiche condotte a Rocca Amorella, nei
pressi dell’attuale comune siciliano di Milena. Non potendo qui che riassu-
mere gli esiti di quella campagna di scavo, già ampliamente illustrati in al-
tra sede 71, mi limiterò a ricordare che l’insediamento arabo di Rocca Amo-
rella non sembra possa farsi risalire al di là dell’undicesimo secolo. Risulte-
rebbe 72 infatti che la località in questione, come molte altre località di
altura dei due bacini paralleli dei fiumi Platano e Belice, siano state occu-
pate, o «rioccupate» secondo i casi, dai musulmani solo in epoca norman-
na allorché essi cominciarono a risentire del clima di insicurezza instaura-
tosi a partire dal regno dei due Guglielmi. Il graduale mutamento di rotta
della politica normanna, viepiù sfavorevole, coll’andar del tempo, alla co-
munità islamica siciliana, sfociò infine, in epoca sveva, in un aperto con-
flitto, destinato a ridurre drasticamente la popolazione musulmana del-
l’isola.
I talismani di Rocca Amorella, al pari degli altri segnalati in Sicilia, ap-
parterrebbero dunque o ad una fase tarda del periodo arabo o, più proba-
bilmente, all’epoca normanno-sveva. Ciò trova conferma anche nel dato
epigrafico poiché lo stile cufico fiorito oltremodo maturo e raffinato, rile-
vato in un altro di questi pendenti 73, presuppone, a monte del suo radica-
mento in una provincia così periferica dell’Impero islamico, una sedimen-
tazione sufficientemente prolungata 74.

71
Si veda M. A. De Luca, Considerazioni preliminari... cit. n. 1 e Reperti inediti
con iscrizioni in arabo... cit. n. 10.
72
Il condizionale è d’obbligo finché non saranno concluse definitivamente le in-
dagini archeologiche nel territorio in questione.
73
Mi riferisco in particolare ad un talismano inedito, ancora in corso di studio,
di cui mi riservo quanto prima di dare dettagliata notizia.
74
Per quanto concerne l’aspetto più squisitamente stilistico delle iscrizioni pre-
se in esame, aspetto che qui per ragioni di spazio non mi è dato affrontare, rimando
il lettore ad una imminente pubblicazione in cui mi riservo di illustrare il tema det-
tagliatamente, procedendo ad una classificazione di tutti i talismani siciliani finora
noti, sulla base degli stili epigrafici e dei decori.

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388 MARIA AMALIA DE LUCA

Nell’eventualità in cui i talismani siciliani risalgono effettivamente al


XII-XIII secolo, la loro diffusione potrebbe spiegarsi alla luce di due fattori
concomitanti : a) una crescente difficoltà di approvvigionamento di mate-
riali cartacei, dovuta alla crisi economica e al degrado culturale in cui pre-
cipitò gran parte della popolazione islamica siciliana a partire dalla secon-
da metà del dodicesimo secolo (si pensi, ad esempio, all’isolamento e alle
ristrettezze delle comunità rurali confinate nella diocesi di Monreale, dal
cui territorio provengono molti dei reperti in questione) e alla connessa
emigrazione di molti «operatori culturali» categoria alla quale, in un certo
qual modo, afferivano tutti quegli šuyūh o tullāb (pl. di tālib) detentori del-
˘ ˙ ˙
la scienza e dell’arte di confezionare talismani iscritti; b) un concomitante
bisogno di sicurezza, ingenerato dalla drammatica instabilità dei tempi,
che, negli strati più incolti della popolazione, dovette incrementare il ricor-
so a pratiche e strumenti protettivi «alternativi» quali amuleti, scongiuri e
simili.
Non è escluso infine che l’aumento della domanda di questi oggetti, di
duplice valenza magica e religiosa, sia attribuibile anche alla ostinata e
rabbiosa volontà di testimoniare, attraverso simboli visibili, la propria
identità confessionale, minacciata dall’invadenza politico-culturale dei
conquistatori venuti dal Nord. L’adozione dei pendenti «coranici» dunque
potrebbe aver significato per la superstite comunità musulmana, il supre-
mo tentativo di difendere una identità ed una diversità che rischiavano di
soccombere e, al contempo, un atto di sfida e di disprezzo nei confronti
dell’avversario cristiano.
In questa ottica troverebbe un’ulteriore spiegazione la predilezione ac-
cordata alla «sura del culto sincero» /112a, nella quale risuona severa una
nota di polemica e di condanna nei confronti del cristianesimo che, propo-
nendo il dogma trinitario, ha, secondo i musulmani, rinnegato l’autentico
monoteismo.
A conclusione di quanto fin qui esposto e riallacciandomi al quesito
iniziale, posto dal Manganaro, a proposito di una eventuale derivazione dei
talismani siciliani da modelli bizantini, possiamo senz’altro affermare che,
a prescindere dalla loro esatta collocazione geografica e cronologica, i
quattro reperti siciliani oggetto di questo studio, come altri, tipologicamen-
te simili, si inquadrano comunque nella cornice della tradizione araba, sia
per il contenuto squisitamente islamico dei testi in essi riprodotti, sia per
l’impostazione grafica e ornamentale che li caratterizza, sia infine per la lo-
ro perfetta aderenza al modello di talismano-monile fornitoci dal mondo
musulmano di ieri e di oggi.

Maria Amalia DE LUCA

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