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La Patristica.
La riflessione cristiana nel contesto del pensiero filosofico si delinea come una
ripresa dei motivi e dei temi elaborati fin allora dal pensiero tardo antico in cui
confluiva tutta la filosofia classica, che viene ripresa e rielaborata dallo
stoicismo, dallo gnosticismo e dalle diverse correnti neoplatoniche. I padri della
Chiesa sono degli scrittori cristiani sui generis, rispetto ai pensatori ed ai filosofi
veri e propri, hanno dedicato tutta la loro vita alla fede e solitamente presentano
dei requisiti fondamentali per rientrare nel novero della Patristica:
- L’ortodossia
- La santità di vita
Tra i padri della Chiesa vi sono quelli di area latina e quelli di area orientale. La
patristica inoltre ha utilizzato la complessa trama del sincretismo filosofico
religioso e degli influssi intercorrenti tra pensatori latini e del Medio Oriente.
Complessivamente il pensiero della patristica finisce per porsi in termini
svalutativi nei confronti della filosofia: il principio generale che sottende a tutta
la filosofia cristiana si può sintetizzare nella definizione attribuita a Tertulliano
Credo quia absurdum credo proprio perché assurdo, cioè fuori dalla ragione.
Questa locuzione ha finito per sintetizzare tutta la concezione cristiana rispetto
quindi alla filosofia classica, il cui afflato razionalistico sembra del tutto
estromesso. I richiami alla razionalità invero si mantengono nel pensiero di
Agostino in cui alla razionalità viene riservato un ruolo utile per conseguire la
piena evidenza della fede: Credo ut intelligam, credo per capire, a cui segue
intelligo, ut Credam, capisco per credere; ma come ben si comprende la
specificazione di Agostino era solo una circolarità funzionale alla tradizionale
subordinazione delle ragione alla fede, che finisce per occupare in questa
prospettiva una posizione prioritaria. Dalla Patristica al pensiero medievale, vi è
una forte uniformità che viene mantenuta per tutta la parentesi storica del
periodo, il filosofo che riassume meglio di chiunque altro l’omogeneità del
pensiero cristiano è stato San Tommaso (1225-1274), in Tommaso ritroviamo
le stesse considerazioni già poste da S. Agostino. Il rapporto tra fede e ragione
viene ulteriormente raffinato e viene considerato correlativo ed essenziale per il
conseguimento di una fede avente adesso una giustificazione anche razionale;
mentre in Agostino il nucleo logico della razionalità della filosofia veniva
svilito, in Tommaso lo si intende di supporto alla stessa fede; qualora l’elemento
logico tendi a disconoscere il primato della fede, esso deve essere
ridimensionato e riposizionato in posizione subalterna rispetto alla fede:
…fede e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani
per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della
ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve
cedere a questa.
La filosofia di Tommaso è considerata a tutt’oggi, nell’abito del pensiero
cristiano, come la più importante e decisiva per la promozione della fede e del
messaggio cristiano, la fortuna di Tommaso è dipesa soprattutto dalla sua
dottrina delle 5 prove dell’esistenza di Dio, considerate molto importanti, ma
che si legano sostanzialmente ad una rielaborazione delle 4 cause aristoteliche e
della dimostrazione dell’esistenza di Dio prodotta a suo tempo da S. Anselmo
(1033 1109). Dopo Tommaso, attraverso cui vediamo comunque un qualche
riconoscimento della ragione umana, possiamo scorgere un avanzamento
ulteriore della riflessione filosofica cristiana in tale direzione attraverso
Guglielmo da Ockham (1288-1349) e Duns Scoto. Guglielmo introduce la
nozione di sintesi e di eliminazione di quelle spiegazioni superflue che si
fondavano su una concezione volontaristica che finiva per causare elementi di
sovrabbondanza non necessari alla spiegazione logica (il rasoio di Ockham),
tagliare i rami secchi, eliminare i concetti inutili si è tradotto in uno schema
operativo fondamentale per l’avanzamento della scienza moderna.
Agostino____Anselmo_____Tommaso_______Ockham_______Scoto.
Il Misticismo.
Testi di riferimento
Da allora per volontà di Anselmo i tre testi vengono riportati insieme. Contenuto
del capitolo secondo del Proslogion: Dio esiste veramente Anselmo nel capitolo
secondo del Proslogion procede alla dimostrazione dell'esistenza di Dio nel
seguente modo:
Dio è "Ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore" (aliquid quo nihil
maius cogitari possit). Quando si sente (cum audit hoc ipsum quod dico) "Ciò di
cui non possiamo pensare nulla di maggiore" si comprende ciò che si sente
(intelligit quod audit). Ciò che si comprende è nell'intelletto (et quod intelligit in
intellectu eius est), anche se non si comprende il suo essere (etiam si non
intelligat illud esse). Occorre distinguere: altro è che una cosa sia nell'intelletto,
altro è comprendere che una cosa esista (Aliud enim est rem esse in intellectu,
aliud intelligere rem esse). "Ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore"
non può essere solo nell'intelletto (certe id quo maius cogitari nequit, non potest
esse in solo intellectu). Se infatti fosse nel solo intelletto, si potrebbe pensare
qualcosa che fosse anche esistente nella realtà (Si enim vel in solo intellectu est,
potest cogitari esse et in re); e questo qualcosa sarebbe maggiore (quod maius
est) di qualcosa esistente solo nell'intelletto. Se "ciò di cui non possiamo
pensare nulla di maggiore" fosse solo nell'intelletto (Si ergo id quo maius
cogitari non potest, est in solo intellectu), "ciò di cui non possiamo pensare
nulla di maggiore" sarebbe "ciò di cui possiamo pensare il maggiore" (id ipsum
quo maius cogitari non potest, est quo maius cogitari potest). E questa è una
contraddizione. Quindi "ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore"
esiste senza dubbio nell'intelletto e nella realtà (Existit ergo procul dubio aliquid
quo maius cogitari non valet, et in intellectu et in re).