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SPINOZA

Filosofia di Spinoza. Spinoza fu un autore coraggioso, propugnatore della libertà dell’uomo in tutti i campi
della vita e la sua filosofia fu macchiata per decenni dall’immagine negativa trasmessa dalla cultura
giudaico-cristiana. Fu letto e apprezzato soltanto nell’800 dai più diversi pensatori. Tra le opere più famose
ricordiamo: il Trattato teologico-politico, comparso anonimo nel 1670 e subito condannato dalla Chiesa
cattolica e quella protestante; l’Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, che è il suo capolavoro, dato
alle stampe dopo la sua morte per merito dei suoi amici. Sul suo pensiero agirono diverse influenze, che il
filosofo rielaborò in maniera originalissima e critica: -il razionalismo cartesiano che costituisce sicuramente
la premessa e il punto di partenza della sua filosofia; -la rivoluzione scientifica che rappresenta il retroterra
culturale entro cui si colloca la sua visione della realtà; -la cultura cristiana europea con cui si confronta
costantemente e che lo porterà a rigettare la tradizionale visione di Dio; -la civiltà olandese del ‘600 che era
caratterizzata da una forte tolleranza religiosa e da una mentalità aperta, espressione della borghesia
marinara.

STRUTTURA E FINALITA’ DELL’ETICA DI SPINOZA. Il capolavoro di Spinoza può essere considerato una
enciclopedia delle scienze filosofiche in quanto affronta problemi di varia natura con una particolare
attenzione per l’etica.

L’opera è articolata in cinque parti, la prima delle quali tratta tematiche di ambito metafisico (I libro), seguite
da una trattazione sulla conoscenza (II libro) ed infine si affronta il tema morale della virtù e della felicità
dell’uomo (III, IV, V libro).

Il lavoro segue un metodo di tipo geometrico: Spinoza si serve di definizioni, assiomi, dimostrazioni.

Il fine dell’opera è rintracciare il vero bene che si concretizza nel superamento dei beni comuni (onore,
ricchezza ecc) e nella sperimentazione dell’ «amore per la cosa eterna e infinita».

Metafisica (Dio). Il concetto di partenza da cui parte la metafisica di Spinoza è quello di sostanza.
Quest’ultima, secondo il filosofo, è «ciò che è in sé e per sé si concepisce». Con tale definizione Spinoza
vuole indicare che la sostanza non deve la sua esistenza a nient’altro che a se medesima e risulta, dunque,
essere autosufficiente e autonoma anche per quanto riguarda il piano concettuale (cioè è un concetto che
non ha bisogno di altri concetti per essere pensato, come al contrario potrebbe essere ad esempio il
concetto di “bello” che presuppone il concetto di “bellezza”). Dalla definizione di Spinoza, la sostanza risulta
quindi essere: increata, eterna, infinita, unica. La sostanza per il filosofo non può dunque essere che Dio. Ma
la divinità spinoziana non deve essere pensata come l’entità ebraico-cristiana, bensì viene identificata con la
Natura. Poiché si riconosce l’unicità della sostanza, quest’ultima avrà infatti ogni cosa dentro di sé e le cose
del mondo non potranno essere altro che delle sue manifestazioni; a tal punto che Spinoza dirà: «Deus sive
Natura» (Dio ovvero la Natura). La Natura di Spinoza ha infatti delle proprietà essenziali o strutturali che
sono dette attributi. Degli infiniti attributi l’uomo ne può conoscere unicamente due: l’estensione e il
pensiero (in quanto partecipa unicamente di queste due realtà). Le concretizzazioni degli attributi sono
dette invece modi (i singoli corpi come modificazioni dell’estensione e le singole menti come modificazione
del pensiero). Il Dio-Natura, semplificando, è una realtà eterna e infinita ed è la totalità di tutte le cose, le
quali sono idee o corpi (modi) che possono esistere ed essere pensati solo presupponendo pensiero e
estensione (attributi della sostanza). La Natura è quindi per Spinoza madre e figlia di se stessa: è causa
immanente (Dio e i suoi attributi come Natura naturante) e effetto (l’insieme dei modi come Natura
naturata) al tempo stesso. Il panteismo (Dio è in tutto) di Spinoza assume però una particolare originalità
perché il Dio-Natura corrisponde all’ordine geometrico dell’universo. Con tale identificazione Spinoza
intende dire che la Natura non è la semplice somma delle cose ma è l’insieme delle leggi che guidano i
fenomeni, è l’insieme delle regole e delle concatenazioni necessarie da cui nasce tutto. È concepibile come
un teorema matematico da cui seguono obbligatoriamente determinate cose (così come dalla definizione di
triangolo ne deriva che la somma degli angoli interni è 180 gradi). Il Dio di Spinoza non ha nulla in comune
con l’entità divina cristiana. In particolare, il filosofo critica: -la concezione finalistica del mondo, che
considera un “pregiudizio dell’uomo” prodotto dall’immaginazione. Si cerca, infatti, di spiegare il mondo con
i concetti di bene, male, bello, brutto, dimenticando che sono esclusivamente dei criteri soggettivi che non
esprimono la realtà nella sua oggettività. -l’antropomorfismo religioso considerato come un prodotto della
superstizione.

L' Etica di Spinoza. Secondo Spinoza anche l’uomo, essendo una manifestazione naturale come tutte le
altre, è sottoposto alle leggi universali che regolano l’universo. Le stesse azioni sono il risultato di regole
fisse che possono essere studiate con obiettività. Dirà infatti Spinoza: Compito del filosofo è dunque
individuare le leggi che regolano la condotta umana. Secondo Spinoza il primo affetto (termine con cui
definisce la passione) umano è lo sforzo di autoconservazione o ricerca dell’utile. Da questo derivano gli altri
due affetti “primari” di Letizia e Tristezza e a seguire tutti gli altri affetti “secondari”. In quanto sottoposto
alle leggi che reggono l’intero mondo, l’uomo non può dunque sottrarsi alla forza delle passioni. Risulta
quindi esserne schiavo in quanto è impotente nel moderarle, si comporta in modo unicamente passionale
perennemente in balia di forze esterne che lo rendono simile ad un burattino. Ma, secondo Spinoza, l’uomo
è anche ragione, che è l’unica chiave per la sua libertà. Quest’ultima non consiste, però, in una fuga dalle
leggi universali, bensì nella possibilità per l’uomo di porsi come soggetto attivo e non passivo dinanzi alle
passioni. In una frase: significa avere una conoscenza adeguata di un affetto, in quanto tanto più lo
comprendiamo tanto meno ne risultiamo travolti (se ad esempio siamo tristi o arrabbiati per la perdita di un
oggetto, le nostre passioni risulteranno essere meno pervasive nel momento in cui realizziamo che non
avremmo mai potuto tenere con noi quell’oggetto). Essere uomini virtuosi equivale per Spinoza all’agire,
tendendo al proprio utile, sotto la guida della ragione, in modo consapevole. Avere una conoscenza
adeguata è comprendere razionalmente che tutto è necessario, riconoscere se stessi e le cose come parti di
un tutto, cioè di Dio. Tale conoscenza è accompagnata da un sentimento di gioia, beatitudine (amore
intellettuale di Dio), in grado di ostacolare e superare tutte le altre passioni negative. La felicità dell’uomo
non consiste dunque nella repressione delle passioni, quanto piuttosto nel primeggiare dell’emozione
positiva scaturita dall’agire consapevolmente. La ragione, senza essere accompagnata da emozioni, non
riuscirebbe da sola a renderci felici: in questo sta l’originalità dell’etica spinoziana.

Conoscenza. Secondo Spinoza il progresso conoscitivo dell’uomo corrisponde al suo progresso morale. Il
filosofo concepisce tre generi o gradi della conoscenza: -la conoscenza di primo genere: corrisponde alla
conoscenza prescientifica e consiste unicamente nella percezione dei sensi tramite “idee oscure”. La mente
coglie la realtà in modo parziale e percepisce i fenomeni isolati l’uno dall’altro. A tale inadeguatezza
conoscitiva corrisponde la schiavitù dalle passioni. -la conoscenza di secondo genere: corrisponde ai
concetti della scienza moderna (figura, movimento ecc.) in quando si fonda sulla ragione che, servendosi di
“idee adeguate”, connette tra loro i fenomeni nei loro rapporti di causa-effetto. A tale conoscenza
corrisponde la vita secondo virtù. -il terzo genere di conoscenza è detta “scienza intuitiva” che, servendosi
dell’intelletto, concepisce la realtà come qualcosa di unitario, necessario, eterno (come Sostanza-Dio-
Natura). A tale forma conoscitiva corrisponde l’“amore intellettuale di Dio”, ovvero la beatitudine che si
identifica con il più alto grado di virtù e di elevazione etica dell’uomo.

IL TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO.

Finalità. Alla base dell’opera c’è la volontà, da parte di Spinoza, di difendere la libertà di pensiero. Infatti,
mediante l’analisi dell’organizzazione politica perviene alla conclusione che, tra tutti i diritti, quello di poter
pensare e giudicare liberamente è il più prezioso e inviolabile. Allo stesso modo, attraverso le sue riflessioni
sulla religione, vuole salvare l’uomo dalla superstizione e garantirgli la libertà della ricerca filosofica.

Concezione dello stato. Secondo Spinoza lo stato civile nasce dal comune accordo tra gli individui. Difatti, in
un ipotetico stato di natura il diritto di ogni cittadino coinciderebbe con la sua forza, determinando una
“guerra di tutti contro tutti”. Dal vantaggio che ne può trarre, la ragione dell’uomo gli suggerisce di
sottomettersi alle leggi dello Stato. Secondo Spinoza: -solo all’interno dello Stato nascono le valutazioni
morali (soprattutto i concetti di “giustizia” e “ingiustizia”); -il diritto dello Stato non è assoluto in quanto è
limitato dalle stesse leggi senza le quali cesserebbe di esistere: è obbligato cioè a non autodistruggersi ma a
fondarsi sulle regole della ragione. -poiché il suo fine è garantire la pace e la sicurezza della vita, lo Stato
sarà limitato nella sua azione dall’assicurare ai cittadini tali condizioni.

La concezione della religione. Secondo Spinoza la fede concerne unicamente la vita pratica e non la verità;
non è credenza in determinati dogmi ma unicamente obbedienza a Dio. Ciò che, secondo il filosofo, la
Bibbia insegna è l’amore verso il prossimo. Da tale impostazione ne deriva che: -è superato ogni dissenso
religioso, in quanto bisogna seguire unicamente i dogmi che non contraddicono la regola dell’amore. -è
eliminato il conflitto tra filosofia e teologia, in quanto si occupano di due ambiti diversi (verità e fede).

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