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_________ EPICUREISMO (prof.

Tuba)
Scuola filosofica fondata nel III sec.a.C. da Epicuro (341-271 a.C.), detta anche Scuola del Giardino perché aveva sede nel Giardino della casa di Epicuro, ad Atene.
Un aspetto rilevante della Scuola era il fatto che potessero farvi parte anche le donne e gli schiavi.
EPICURO (341-270 a.C.) è autore di circa 300 scritti, di cui ci restano soltanto tre lettere e alcuni frammenti. La sua filosofia continuò ad essere insegnata fino all’età cristiana.
L’Epicureismo è una delle più importanti scuole filosofiche dell’età ellenistica e romana. A Roma il suo nome è legato a quello di LUCREZIO (I sec.a.C.), autore del “De rerum natura”.
Caduto quasi in oblio per tutto il Medioevo, l’Epicureismo tornò a riaffermarsi nel Rinascimento, e nei secoli successivi influenzò il materialismo moderno (v. tesi di dottorato di Marx).
Come altre filosofie ellenistiche, l’Epicureismo volge la ricerca speculativa ad un fine pratico: la ricerca della serenità, la liberazione dagli affanni (= atarassia).
Epicuro ritiene che lo scopo fondamentale della Filosofia sia la liberazione dall’ignoranza, condizione necessaria per la liberarsi dalle paure e raggiungere la serenità.
Infatti, ristabilendo la vera conoscenza della realtà, si possono eliminare quelle false convinzioni che spesso ingenerano negli uomini delle paure ingiustificate.

FISICA:
La Fisica epicurea, che esclude dalla spiegaz. del mondo qualunque causa soprannaturale e finale, appare come una rielaborazione di quella di Democrito (= Materialismo meccanicistico):
• in natura esistono soltanto gli atomi (= particelle indivisibili di materia) e il vuoto
• in natura nulla si crea e nulla si distrugge; tutto deriva da processi di aggregazione e disgregazione di atomi (v. Fisici pluralisti)
• gli atomi sono in numero infinito e devono quindi esistere infiniti mondi
• l’anima dell’uomo è un’aggregazione di atomi particolarmente sottili; essa muore con il corpo, dal momento che la morte non è altro che disgregazione di atomi.
Rispetto all’atomismo di Democrito, Epicuro introduce però alcune innovazioni, la più importante delle quali è la seguente:
• per Democrito il movimento degli atomi avviene in modo deterministico (= secondo necessità), per Epicureo esso dipende dal peso ma è, per certi versi, casuale e imprevedibile.
Infatti ciascun atomo in qualsiasi momento può deviare dalla propria traiettoria (= dottr. del clinamen). →“Colui che il mondo a caso pone” (Dante) è dunque Epicuro, più che Democrito!
L’elemento di indeterminazione rappresentato dal clinamen fa sì che venga meno l’immagine di un cosmo preordinato e organizzato finalisticamente (egli “spezza le leggi del fato”).
E. ritiene che anche gli dèi siano composti da atomi (che tuttavia non si disgregano mai) e che essi vivano nello spazio tra i mondi, che Lucrezio chiama “intermundia” .
Lontanissimi da noi, gli dèi non hanno alcun interesse a intervenire nelle vicende umane e per questo ogni timore nei loro confronti è ingiustificato.

LOGICA o CANONICA = Teoria della conoscenza diretta a fornire il “canone” (la regola) per la verità, necessaria per orientare l’uomo verso la felicità:
Per un materialista come E., la teoria della conoscenza deve spiegare come la materia, di cui siamo costituiti, possa “contenere” un pensiero in grado di pensare idee immateriali.
Dai corpi che ci circondano si staccano continuamente delle particelle atomiche che entrano in contatto con i nostri organi di senso. Tali particelle che investono i sensi sono detti simulacri.
L’impronta lasciata dal simulacro nella nostra coscienza è detta rappresentazione del simulacro; tale impronta corrisponde alla sensazione.
La memoria provvede poi a trattenere tali ‘impronte’. E’ su questa base che si formano le idee, che non sono altro che esperienza sedimentata, che induce anticipazioni del futuro (= prolessi).
Le nostre idee devono dunque la loro validità alla realtà materiale da cui, attraverso la sensazione, derivano. (= Critica all’ innatismo platon. e alla sua dottr. dell’origine immateriale delle idee)
L’uomo non si limita, però, ad esperire sensazioni e prolessi; egli tende piuttosto ad esprimere giudizi sulla realtà in sé, anche quando non ha sufficienti informazioni per farlo.
Il giudizio pretende di parlare della realtà oggettiva delle cose: è in questo passaggio dalla percezione dell’io alla natura della cosa stessa che può nascere l’errore.
Per quanto riguarda il giudizio, E. invita dunque alla cautela, ricordando che quando si pretende di dare giudizi su fenomeni ”non evidenti” o “occulti” si è fuori dell’ambito della scienza.

ETICA:
Tratta della saggezza umana e delle regole da seguire per vivere felici. Lo scopo di E. non è quello di parlare della felicità, ma quello di essere felice nella vita e guidare gli altri ad esserlo.
La più celebre delle formule che sintetizzano la dottrina etica di E. è il c.d. tetrafarmaco, ovvero un ‘quadruplice farmaco’ in grado di curare i 4 mali più temuti dagli uomini:
1) La paura degli dèi e dell’aldilà; 2) La paura della morte; 3) La paura del dolore fisico; 4) La paura della mancanza del piacere (della felicità).
1) Gli dèi sono immortali e vivono felici negli intermundia, senza curarsi degli uomini: perché, dunque, dovremmo temerli? Perché dovremmo temere l’aldilà, se non sappiamo cos’è?
2) Quando sopraggiunge la morte, tutto finisce e anche l’anima si dissolve. Quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi. Perché allora dovremmo temerla?
3) Se il dolore è lieve, è sopportabile; se invece è acuto, o è provvisorio o porta alla morte, perciò in entrambi i casi non dobbiamo temerlo;
4) Il piacere si può raggiungere assecondando i desideri “naturali e necessari”
Il saggio sa che i suoi progetti non sempre possono realizzarsi (il corso degli eventi non dipende interamente da noi), ma la felicità è raggiungibile…
La felicità consiste in una forma di piacere che nasce dalla pienezza del nostro essere, resa possibile dalla soddisfazione di alcuni bisogni naturali e necessari (mangiare, bere, dormire...).
Tali desideri sono semplici da soddisfare. Se seguiamo la natura, che ci dice di che cosa abbiamo veramente bisogno, la felicità è a portata di mano.
Se invece diamo spazio a bisogni naturali ma non necessari (come mangiare in modo eccessivo) o a bisogni innaturali, il soddisfarli diventa inopportuno/impossibile e non ci dà la felicità.
Per l’importanza riservata al piacere e per il fatto che essa parla esplicitamente del calcolo degli utili, l’etica di E. è stata definita edonistica e utilitaristica.
Ma E. non ricerca il piacere fine a sé stesso; egli definisce il piacere come assenza di dolore nel corpo (aponia) e assenza di turbamento nell’anima (atarassia) → concez. negativa del piacere
E. esalta il valore dell’amicizia, diffida invece dell’amore e soprattutto della politica, fonti di affanni, da cui il saggio cerca di tenersi alla larga (“Vivi nascosto!”)

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