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La morale pagana

e la morale cristiana
Ellenizzazione ed essenza del cristianesimo

Dario Coviello

Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose


Roma - 2015
Premessa

Il termine “morale”, dal latino mos-moris, significa “costume” ed è utilizzato per indicare
l’insieme di princìpi e comportamenti condivisi nell’ambito di una comunità. Il suo corrispettivo in
greco è ethos, da cui l’italiano “etica”.1
In questa accezione l’etica opera in un campo più vasto di quello filosofico, come dimostra
la presenza in ogni cultura di nozioni e precetti, in base ai quali definire cosa è giusto, lecito e
virtuoso, oltre che doveroso. Per contro occorre riconoscere che solo a partire dal pensiero greco,
e da quello dei sofisti in particolare, si sviluppa una scienza dell’etica, ossia dell’agire morale,
articolata attraverso un’analisi metodologica razionale.2
Il punto di partenza dei Sofisti è la constatazione delle Antilogie sviluppata da Protagora, di
cui ci parla Diogene Laerzio, 3 in base alle quali in comunità e contesti sociali differenti, possono
esistere opposti valori morali. Infatti se in base alla tradizione di una comunità alcuni princìpi
possono sembrare ovvi, considerati alla luce della cultura di un altro popolo, gli stessi valori possono
diventare del tutto discutibili.4
Sarà Socrate, opponendosi a questa relativizzazione dei valori, ad affermare per primo la
centralità dei principi etici. Agire bene, perseguendo ciò che la ragione dimostra avere maggior
valore, è ciò che davvero conta. Solo così infatti l’uomo potrà essere davvero felice.
Alla soggettività dei sofisti, che ammette ogni singolo punto di vista individuale come verità,
si contrappone l’oggettività e l’universalità del pensiero prima di Socrate poi di Platone, infine di
Aristotele.5
Ognuno di loro affronta, sebbene su basi diverse, le questioni etiche proposte dai sofisti,
tracciando una linea di continuità che, attraversando il pensiero ellenistico, influenza la filosofia

1
cfr.ANTONIO DA RE, Introduzione, p. XI, in Filosofia morale: storia, teorie, argomenti, Bruno Mondadori, Milano 2008.
Nell’ambito della filosofia morale tuttavia gli specialisti attribuiscono un diverso senso (spesso non condiviso), ai due
termini. Interessante la posizione di Ricoeur che, scegliendo di utilizzarli in modo intercambiabile, gli attribuisce una
duplice funzione. La prima designa le norme, ossia i parametri in base a cui stabilire cosa è permesso o vietato, la
seconda è rivolta al rapporto dell’individuo con le norme. In altre parole il “come” il soggetto si sente obbligato.
Prendono vita così due etiche: una “a monte” delle norme (etica antecedente), la seconda a valle (etica posteriore). Al
centro restano le norme in base alle quali si dovrà o meno fare qualcosa, che categorizzano cioè l’esperienza comune,
essendo applicate a diverse situazioni. In questo senso l’etica, basandosi sulla norma, è formale ossia applicabile a più
contesti differenti. Attraverso la sua riflessione Ricoeur recupera il concetto classico, aristotelico e prima ancora
socratico, di etica come “volontà di fare il bene”, grazie a una antropologia filosofica che fonde la morale degli “Antichi”
e quella dei “Moderni” attraverso il concetto di capacità dell’uomo di fare il bene. cfr. PAUL RICOEUR, Il giusto, II, trad. It.
Effatà, Cantalupa 2007, pp. 64-77.
2
Ibidem.
3
cfr. DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, IX 51= 80 A 1 Diels-Kranz, in MARIO UNTERSTEINER, ANTONIO MARIO BATTEGAZZORE (a
cura di), Sofisti. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano 2009. «Intorno ad ogni cosa ci sono due ragionamenti
che si contrappongono fra loro».
4
cfr. DIOGENE, Vite, op. cit., Diels, 90, 2. La conclusione della riflessione sofista è che non esiste alcuna morale oggettiva,
naturale, valida per tutti allo stesso modo. La virtù, il bene, non è definibile in senso assoluto piuttosto, per dirla con le
parole di Menone:«In base a ogni attività e a ogni età, per ogni occupazione per ciascuno di noi c’è la virtù, così come
credo, o Socrate, ci sia anche il vizio». PLATONE, Menone, 72a in ENRICO VITTORIO MALTESE (a cura di), Platone tutte le Opere,
Newton Compton editori, Roma 2013. Cfr. DANIELE VIGNALI, I sofisti: retori, filosofi ed educatori, Armando Editore, Roma
2006, pp. 195-196.
5
cfr. ANTONIO GARGANO, I sofisti, Socrate e Platone, La Città del Sole, Napoli 1996; FRANCESCA CAPUTO, Etica e pedagogia.
Linee di teorizzazione etica e pedagogica nel pensiero classico e medievale, I, Pellegrini Editore, Cosenza 2005, pp. 33-
34.
patristica e la scolastica, giungendo fino ai nostri giorni.6 La sintesi fra la morale pagana dei pensatori
greci e l’etica cristiana operata dei Padri greci, in particolare da Agostino di Ippona, si dimostrò un
formidabile strumento di veicolazione della dottrina cristiana.
Adottando le categorie di pensiero ellenistiche, in breve il cristianesimo si diffuse all’interno
dI tutti confini dell’impero greco-romano. Tuttavia in questo processo l’etica giudaico-cristiana
originale si trasformò, dando vita a quella nuova morale che Tommaso D’Aquino sintetizzerà nel suo
pensiero e che dominerà la teologia fino all'umanesimo rinascimentale.7
Dalla Riforma in poi, fino ai nostri giorni, non poche voci si sono levate a favore di una de-
ellenizzazione del cristianesimo ed altrettante, all’opposto in suo favore. 8 Le prime sollecitando il
ritorno al pensiero giudaico-cristiano delle origini, le altre rivendicando il valore e l’importanza della
sintesi effettuata dalla patristica e dalla scolastica.

ELLENISMO E CENTRALITÀ DELL’ETICA

Con la morte di Aristotele nel 322 a.C. e soprattutto con quella del suo ex discepolo
Alessandro Magno, avvenuta l’anno precedente, termina l’epoca classica e inizia un periodo nuovo
nella storia della Grecia, chiamato ellenismo.
È un’epoca di profonda crisi e disorientamento, in cui scompaiono i tradizionali punti di
riferimento, in seguito alla fine dell’indipendenza politica delle poleis, sottoposte alla dominazione
macedone.9
Per l’uomo greco la propria polis rappresenta la società ideale in cui poter raggiungere la
perfezione, in quanto è un “animale politico”, come afferma Aristotele, creato per vivere in
società.10 Fuori dalla polis non c’è possibilità di vivere una vita buona, tanto meno di sopravvivere.11
Con la fine del mondo classico tutto ciò scompare, producendo una clima di incertezza che
si riflette nella filosofia, il cui obiettivo diviene la terapia dell’anima, infondere l’arte di saper vivere
sopportando i mali della vita.12 Per questa ragione, le filosofie ellenistiche privilegiarono la

6
cfr. CAPUTO, Etica op. cit. p. 34.
7
cfr. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, I, q.1, a.8, ad 2.
8
cfr. BENEDETTO XVI, Discorso all’Università di Regensburg, 12 settembre 2006, «La Traccia», 2006,9, pp. 893- 901;
sulla posizione di Von Harnack cfr. BATTISTA MONDIN, Storia della Teologia, IV, ESD, Bologna 1997, pp. 144-147.
9
cfr. BATTISTA MONDIN, Storia della metafisica,I,ESD Bologna 1998, p. 388
10
Aristotele, L’Etica Nicomachea, 1-2-5-3 a 7 in Tommaso D’Aquino, Commento alla Politica di Aristotele, II ESD, Bologna
1996, pp. 61-66; Cfr. MONDIN, Storia, op. cit. p. 389; per una lettura politica dello stesso passo di Aristotele, in cui si
evince la nascita dello stato sociale da un contratto fra i singoli nel corso della loro evoluzione come specie cfr. LUIGI
MARCO BASSANI, STEFANO BRUNO GALLI, FRANCO LIVORSI, Da Platone a Rawls. Lineamenti di storia del pensiero politico,
Giappicchelli Editore, Torino 2012, pp. 25-26.
11
Aristotele, L’Etica op. cit. p. 61.
12
«La filosofia diviene la fonte da cui l’uomo ellenistico attinge quei valori che prima attingeva dalla polis: offre nuovi
contenuti di vita spirituale, illumina le cosienze, aiuta l’uomo a vivere e gli insegna come essere felice anche nelal tragica
età in cui vive, nella quale tutti gli antichi valori sembrano sovvertiti». GIOVANNI REALE, Storia della Filosofia Antica, III,
Vita e Pensiero, Milano 1997, p. 12.
riflessione sulle questioni morali, già emerse in epoca classica, indirizzate a definire cosa sia
eudaimonia (felicità) e aretè (virtù),13 a scapito della politica posta in secondo piano.14
Come la medicina ha il compito di alleviare la sofferenza fisica, la ragion d’essere della
filosofia è alleviare i mali dello spirito, attraverso una riflessione critica sul pensiero e lo studio del
comportamento.15
Un rilevante elemento etico, comune a tutte le scuole ellenistiche è la mancanza di valore
attribuita alle emozioni, considerate deleterie. Passioni e sentimenti devono essere sradicate, in
quanto causa delle inquietudini dell’anima.
Nell’ellenismo non esistono emozioni positive o negative. Poiché le emozioni sono capaci di
prevaricare la ragione, impedendone l’uso, tutte sono considerate potenzialmente dannose e di
conseguenza da estirpare.
Non si deve odiare ma nemmeno amare, e l’angoscia, l'ira e l’invidia sono da fuggire allo
stesso modo della pietà, compassione e misericordia. Qualsiasi sentimento è considerato un vizio
dell’anima.16
Il comportamento considerato virtuoso, etico, è quello conforme al logòs universale, inteso
come ordine razionale che governa il mondo a cui già faceva riferimento Socrate. Per Platone invece
questo logòs si identificava con la giustizia, mentre per Aristotele si trattava della felicità. Per gli
stoici diviene il senso del dovere.

PRINCIPALI FILOSOFIE ED ETICHE ELLENISTICHE

Per lo stoicismo esercitare il proprio dovere è l’unica via per vivere un’esistenza dignitosa,
che valga la pena di essere vissuta. Essendo fondata sulla razionalità la virtù non consente “mezze
misure”. 17 L’etica si paragona in un certo modo a una scienza, dove una teoria non può essere “quasi
vera” o “quasi falsa”. Allo stesso modo in ambito morale non si ammettono comportamenti “quasi
virtuosi” o “quasi viziosi”. Ne consegue che, quando non è più possibile adempiere i propri obblighi
morali, il suicidio diviene non semplicemente lecito ma necessario.

13
«Quali che siano la forma assunta dall’eudaimonia, la sua sede ultima e privilegiata (i piaceri del corpo o dell’anima,
l’autorealizzazione sociale oppure intellettuale), essa costituirà sempre per l’età antica il fine, la motivazione, la
promessa dell’azione morale». MARIO VEGETTI, l’etica degli antichi, Laterza, Roma-Bari 1989, pp.10-11.
14
cfr. MONDIN, Storia op. cit. p. 389; CARMEN DAL MONTE, Ethos e Kairos. Un percorso etico dai sofisti all'economia globale,
Silvano Pagani Editore, Bologna 20102, pp. 45-46.
15
cfr. EPICURO cit. in SENECA, lettere a Lucilio, 8,7 in CATENA BARONE, Seneca Lucio Anneo, Lettera a Lucilio, Garzanti, Milano
2008; EPICURO, lettera a Meneceo, 122- 127 in ETTORE BRIGNONE, Epicuro, opere, frammenti, testimonianze sulla vita,
introd. di GABRIELE GIANNANTONI, LATERZA, BARI 2003; MONDIN, Storia op. cit. p. 389. Quella epicurea è una ricerca svolta
nell’ambito di veri e propri sistemi etici, fondati su princìpi scientifici e sostenuti da un peculiare metodo analitico. Inizia
in questo periodo la divisione della filosofia in tre parti: logica (che comprende anche la teoria della conoscenza), fisica
ed etica. Per la Suddivisione delle filosofie ellenistiche in tre parti cfr. DAL MONTE, Ethos, op. cit. p. 46.
16
cfr. MONDIN, Storia, op. cit. pp. 390-391. Con Platone e Aristotele la via della salvezza consisteva nella conoscenza
della verità. Con le filosofie ellenistiche la via della salvezza consiste nell’agire. In modo più preciso nel praticare la virtù.
Queste via è identificata rispettivamente da Zenone con la soppressione di tutte le passioni, (apatia), Da Epicuro con
l’eliminazione di ogni turbamento dell’animo, (atarassia), e da Pirrone, fondatore dello scetticismo, con la completa
rinuncia a ogni passione e sentimento. In altre parole con la totale indifferenza e insensibilità.
17
cfr. GIOVANNI REALE, il pensiero antico,Vita e Pensiero, Milano 2001, pp. 319-322. La scuola stoica deriva il proprio nome
dal portico dipinto (in greco stoà) sotto il quale insegnava il fondatore, Zenone. Diffusosi a partire dal 300 a.C., in campo
etico lo stoicismo insegnava che per attuare il comportamento virtuoso, è doveroso agire obbedendo alla coscienza,
voce della ragione che parla all’interno dell’anima.
Si tratta di un’azione doverosa che si contrappone a quelle istintuali.18
Cronologicamente antecedente alla scuola Stoica ma caratterizzata da minore vivacità e
longevità è la scuola Epicurea, seconda grande corrente filosofica ellenistica, fondata da Epicuro.19
Il suo ideale etico è il saggio, colui che è veramente felice, ossia ha raggiunto una condizione
di imperturbabilità (in greco atarassia), cioè di mancanza di turbamento. Si può vedere che il
concetto di felicità epicureo è negativo, lo scopo della filosofia è raggiungere questa condizione.
L’etica di Epicuro propone un modello meno rigido e intransigente di quella stoica. L’idea
centrale è l’equilibrio fra piaceri e rinunce. Ogni uomo cerca di diminuire il dolore e massimizzare il
piacere, ed è la ragione lo strumento per riuscirvi.20
In questa prospettiva dunque è ammissibile qualunque comportamento etico teso a
conseguire il maggior piacere soggettivo, a patto che ogni scelta sia compiuta in base alla razionalità.
Diverso l'atteggiamento ispirato dal pensiero scettico che, privo di inclinazioni e opinioni,
proteso a vigilare di non averne, professa un’etica fondata sull’assenza di qualsiasi verità. Di fronte
alla necessità di prendere una posizione lo scettico opta per la scelta più conservatrice, confortata
dalla tradizione, dall’opinione comune, dalla legge positiva e dal buon senso. Propenderà in
definitiva per le soluzioni più pratiche e antiche, che garantiscono le minori possibilità di errore.21

IL NEOPLATONISMO

L’ultima significativa filosofia antica è il neoplatonismo di Plotino.22 Il pensiero neoplatonico


si sviluppa nel III secolo d.C., quando la parabola culturale dell’ellenismo era conclusa da tempo23 e
l’impero romano si trova alle prese con alcune delle più gravi crisi della sua storia.
Plotino cerca di trovare una risposta al senso di precarietà esistenziale che affligge i suoi
contemporanei, elaborando un ottimismo razionalistico. Tramite la ragione e la certezza che l’uomo
possieda natura divina, offre la speranza di una salvezza dell’anima.

18
cfr. DAL MONTE, Ethos, op.cit. pp. 50-51. Gli stoici, identificano tre tipi di azioni: istintuali doverose (curare i figli),
istintuali ma opposte al senso del dovere (mettersi in salvo in battaglia) e istintuali ma eticamente irrilevanti (dormire
quando si è stanchi).
19
cfr. REALE, il pensiero, op. cit. p. 295; DAL MONTE, Ethos op. cit. pp. 46-50.
20
Ivi, pp. 295-298.
21
ivi pp. 349-350. Antesignano delle scuole Stoica ed Epicurea il movimento scettico non si propone come una scuola.
Infatti, fondato da Pirrone intorno al 323 a.C., non raccolse discepoli e non fissò i propri precetti in alcun testo.
Riprendendo l’esempio di Socrate lo scetticismo era convinto che la saggezza filosofica si potesse comunicare in modo
autentico solo con l’esempio di vita. Ed è in questa idea che risiede la differenza sostanziale fra il pensiero di Pirrone e
le altre filosofie della sua epoca. Lo scettico è convinto «che sia possibile vivere “con arte” una vita felice, anche senza
la verità e senza i valori, almeno così come erano stati concepiti e venerati in passato».
22
Le informazioni sulla la vita di Plotino ci arrivando da la Vita di Plotino, scritta dal suo discepolo Porfirio. Risulta che
Plotino nacque in Egitto (a Licopoli), nel 205 d.C. e ventottenne iniziò a frequentare la scuola di Ammonio ad Alessandria.
Raggiunti i quarant’anni si trasferì a Roma, fondando una scuola frequentata sia dalla classe politica romana che da
alcuni cristiani, probabilmente di matrice gnostica. cfr. GIUSEPPE FAGGIN (a cura di), Plotino. Enneadi, Rusconi, Milano
1992.
23
La fine dell’ellenismo è datata convenzionalmente con la battaglia di Azio del 31 d.C., con cui i Romani sconfissero
l’ultima monarchia d’Egitto, trasformando le poleis da città stato, in semplici unità amministrative. cfr. FRANCO GIUSTINELLI,
Letteratura e pregiudizio: diversità e identità nella cultura greca, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2005, pp. 417-
418.
Il neoplatonismo recupera in pieno la dimensione metafisica, arrivando a sostenere che tutta
la realtà sensibile è frutto dell’emanazione di un principio assolutamente primo chiamato Uno, a cui
l’uomo deve ricongiungersi.24
Per il neoplatonismo la radice del male risiede nella materialità, intesa come assenza di bene,
essendo la parte della realtà più lontana dalla sorgente di bene e di essere che è l’Uno.25
Il modo con cui Plotino descrive questo principio è religioso, difatti il neoplatonismo si
propone come un’alternativa alla religione, soprattutto al cristianesimo.26
Molti temi della filosofia di Plotino influenzeranno la nascente filosofia cristiana dei padri
della Chiesa, primo fra tutti Agostino.

LA MORALE CRISTIANA

Con la chiusura delle scuole filosofiche imperiali di Atene, decretata nel 529 d.C.
dall’imperatore d’oriente Giustiniano, termina la filosofia antica. Il cristianesimo da tempo si era
diffuso nell’impero, divenendo dal 381 con Teodosio religione ufficiale. Con la sua concezione
religiosa e la nuova visione del mondo, influenzò il pensiero filosofico.
Parallelamente è possibile rintracciare nell’etica cristiana, già a partire dalle prime tre scuole
teologiche di Alessandria, Cesarea ed Antiochia,27 e successivamente in tutto il pensiero
medievale,28 elementi eudemonistici di continuità con l’etica pagana.
In primo luogo si continua a identificare lo scopo dell’esistenza con la felicità (beatitudo),
raggiungibile grazie a una vita buona, in cui manifestando le virtù si realizza la vita umana. Quindi
solo chi è virtuoso è felice. Tuttavia per l’etica cristiana la felicità non si può mai separare dalla
pratica delle virtù ed a quelle morali si aggiungono le virtù teologali.29
Ulteriore elemento di continuità fra etica pagana e cristiana, è il suo fondarsi in
un’antropologia a sua volta basata su di una ontologia. In altri termini, per comprendere cosa è bene
per l’uomo prima devo sapere chi è l’essere umano e ciò richiede una visione d’insieme della realtà.
Altrettanto rilevanti appaiono le novità frutto della differente visione ontologica, derivante
dal radicamento nella rivelazione contenuta nella Bibbia del pensiero cristiano.30 In primo luogo
l’approccio etico viene fondato sulla trascendenza divina. Si tratta del Dio rivelato dalla Bibbia, fonte

24
«L’anima deve spogliarsi di ogni realtà esterna per rivolgersi totalmente in se stessa, senza nulla concedere al mondo
esteriore; bisogna pure che rinunci a conoscere ogni realtà a partire da quelle sensibili fino alle forme intelligibili, e
addirittura a se stessa, per ritrovarsi nella contemplazione dell’Uno.» PLOTINO, Enneadi VI 9,7.
25
La materia, pertanto, è la causa della fragilità dell’anima e del vizio; quindi la materia è malvagia già da prima, anzi è
«il primo male, il male in sé» PLOTINO, Enneadi I 8, 3, 40.
26
cfr. REALE, il pensiero, op cit., p. 450. Plotino non accettò il messaggio cristiano, prendendo piuttosto posizione
contraria al dogma fondamentale della resurrezione della carne. Rifiutò anche il principio fondamentale del
cristianesimo del Dio che pur incarnato, resta vero Dio, divenendo allo stesso tempo vero uomo. Inoltre di questo
principio Plotino rifiutò anche il significato di evento storico, oltre a quello metafisico e teologico. Infine anche la dottrina
della Grazia soprannaturale non trovò il suo consenso.
27
cfr. CARMINE BENINCASA, L'altra scena. Saggi sul pensiero antico, medievale, controrinascimentale, Dedalo Libri, Bari
1979, pp. 110-129.
28
cfr. ibidem; e ivi pp. 365-374, per influenza dell’aristotelismo sul pensiero medievale.
29
TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, I-II, q. 62 a. 1, in La Somma Teologica, II, ESD, Bologna 1996, p. 466.
30
cfr. GIOVANNI BORTOLASO, Il senso della filosofia cristiana oggi,«Civilità cattolica», 1979, II, pp. 34 (nota 3).
Si tratta di quel «filosofare nella fede» descritto da Etiénne Gilson, in cui la fede cristiana è l’orizzonte che attribuisce
senso ad ogni cosa.
di una legge morale (nomoteta), coincidente con la sua volontà.31 Questa manifesta un Dio
personale, che vuole prendersi cura degli uomini, onnipotente e buono.32
Allo stesso tempo la volontà divina può non coincidere con i criteri di giustizia umani (es.
sacrificio di Isacco), e Dio può chiedere azioni in apparenza contrarie alla legge. Perciò qualità
principale per il credente diviene l’obbedienza.
Anche i valori etici tradizionali vengono sovvertiti. Non è più la sapienza il cuore dell’etica, il
Regno dei cieli, afferma Gesù, appartiene agli umili,33 concetto ulteriormente sviluppato
dall’Apostolo Paolo.34
L’intellettualismo etico di Socrate attribuiva a un errore della ragione la trasgressione etica,
in quanto nessuno può desiderare il male. Al contrario, la morale ebraico-cristiana, parte dalla
consapevolezza di questa assurdità razionale. L’errore morale è il risultato di una disubbidienza al
volere di Dio, indipendente da scelte razionali. È un atto di cattiva volontà determinato dal
peccato.35
Si tratta di un concetto estraneo all’etica greca, che Agostino approfondirà affermando che
si nasce peccatori e non lo si diviene.36 Perciò senza la grazia divina nessuno sarebbe con le sue forze
buono e virtuoso, la ragione da sola non riesce a porre solide fondamenta per la coscienza etica. In
questo modo è negata l’esistenza di una legge morale naturale , di principi etici universali insiti nel
cuore dell’uomo, generando un dibattito molto controverso, all’interno della chiesa.
Tommaso elabora una concezione opposta affermando che, l’uomo dotato di ragione è
capace di elaborare con le sue forze una lex naturalis che stabilisce una serie di principi etici minimi
universalmente validi. Questa legge naturale, preesistente a quella di Dio, è comunque parte del
programma divino.37

CONCLUSIONE

Partendo dalla sintesi operata dei padri greci e Agostino, fino al pensiero morale tardo
medievale di Tommaso è possibile individuare significative affinità con l’etica ellenistica, di Plotino
e ancora prima con la filosofia di Platone e Aristotele.
Allo stesso tempo, altrettanto evidenti appaiono i nuovi significati attribuiti ai concetti di
bene, male felicità e virtù da teologi quali Agostino e Tommaso, sulla base dello sforzo da loro
compiuto di elaborare un’etica basata sull’accettazione della rivelazione cristiana.38
In primo luogo il concetto di male morale che nell’etica cristiana diventa peccato, frutto della
libera volontà umana, che rompe il patto con Dio. Si tratta di una prospettiva del tutto assente

31
cfr. GIOVANNI REALE, DARIO ANTISERI, Storia della filosofia. Dalle Origini a Oggi, III, Bompiani Milano, 2004.
32
Ibidem.
33
cfr. Mt. 5:1-7:29.
34
cfr. Gt. 3:1-14. Paolo, afferma l’incapacità della Legge che non crea giustizia ma legalità (opere), indicando cosa fare
o non fare ma non come raggiungere il bene. La legge appare per certi versi simile, in questa prospettiva, al daimòn
socratico.
35
GASPARE MURA (a cura di), MARSILIO FICINO, La religione Cristiana, Città Nuova Editrice, Roma 2005, pp. 195-198.
36
cfr. LUIGI MANCA, Il primato della volontà in Agostino e Massimo il Confessore, Armando Editore, Roma 2002, p. 225.
Per una definizione di peccato nel cristianesimo cfr. BATTISTA MONDIN, Etica e politica, ESD, Bologna 2000, pp. 138- 144;
37
TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, I-II, q. 94 aa. 1, 2 in La Somma Teologica, XII, ESD, Bologna 1985, pp. 90-95.
38
DA RE, Filosofia, op. cit., p. 46.
nell’etica pagana. Come pure la concezione di un Dio personale, nomoteta e interessato alle sorti
dell’uomo.
Tuttavia, la ricezione delle dottrine platoniche nell’orizzonte di pensiero cristiano, ha dato
vita a quel processo di acculturazione del messaggio che Adolf Von Harnack definì ellenizzazione del
cristianesimo.39 Un processo culminante con la grande sintesi operata in chiave aristotelica da
Tommaso, che integrando e non sostituendo il platonismo agostiniano,40 allo stesso tempo ci
interroga in merito al significato di questa sintesi fra teologia cristiana e filosofia pagana.
Secondo Cantalamessa l’ellenizzazione «è perfettamente in armonia con l’indole del
cristianesimo, religione dell'Incarnazione e religione universale: religione cioè che per sua natura è
capace di incarnarsi in ogni cultura [...] Coerentemente bisognerebbe fare il processo alla romanizzazione
del cristianesimo [...] ma anche alla germanizzazione, all’africanizzazione [...] non resterebbe che tornare alla
fase del giudeo-cristianesimo, alle tesi, cioè, di coloro che condannavano ogni tentativo di trapianto del
messaggio evangelico fuori dell’universo spirituale della Bibbia».41
In alternativa occorrerebbe chiedersi se questa prospettiva è così negativa o piuttosto
prendere atto, con Hans von Campenhausen che «La Chiesa, proprio durante la sua speciosa ascesa
culturale e materiale, rischia di perdere la sua essenza profonda e la coscienza della propria
missione, e mentre sembra dominare la situazione, lentamente aggrava sempre più la sua
responsabilità di fronte al futuro».42
In questo caso avrebbe ragione Von Harnack a ritenere che la peculiarità del cristianesimo si
dissolse una volta a contatto con le strutture argomentative ed i nuclei concettuali precipui della
metafisica greca dando luogo, a suo modo di vedere, ad una “mondanizzazione”, una sorta di
compromesso che generò una consunzione razionalistica del cristianesimo.

39
Per approfondimento critico sull’ellenizazione cfr. ADOLF VON HARNACK, Storia del Dogma. Un compendio, Claudiana,
Torino 2006; CHRISTOPH SCHÖNBORN, MICHAEL KONRAD et alii, Dio inviò suo figlio: cristologia, trad. it., Editoriale Jaca Book,
Milano 2002 , pp. 78-80; DAVID THEUNIS RUNIA, Filone di Alessandria nella prima letteratura cristiana: uno studio
d'insieme, trad. It., Vita e Pensiero, Milano 1999, p. 55.
40
DA RE, Filosofia, op.cit., p. 43.
41
cfr.RANIERO CANTALAMESSA, Cristianesimo primitivo e filosofia greca, in ID (a cura di), il cristianesimo e le filosofie, Vita
e Pensiero, Milano 1971, pp. 26-57.
42
HANS VON CAMPENHAUSEN, I padri greci, Paideia, Brescia 1967, pp. 107-108.
BIBLIOGRAFIA
● BASSANI LUIGI MARCO, STEFANO BRUNO GALLI, FRANCO LIVORSI, Da Platone a Rawls. Lineamenti di storia del
pensiero politico, Giappicchelli Editore, Torino 2012.
● BENEDETTO XVI, Discorso all’Università di Regensburg, 12 settembre 2006, «La Traccia», 2006,9, pp. 893-901.
● BENINCASA CARMINE, L'altra scena. Saggi sul pensiero antico, medievale, controrinascimentale, Dedalo Libri,
Bari 1979.
● BORTOLASO GIOVANNI, Il senso della filosofia cristiana oggi,«Civilità cattolica», 1979, II, pp. 31-35.
● BRIGNONE ETTORE, Epicuro, opere, frammenti, testimonianze sulla vita, introd. di GABRIELE GIANNANTONI,
LATERZA, BARI 2003.
● CAMPENHAUSEN HANS VON, I padri greci, Paideia, Brescia 1967.
● CANTALAMESSA RANIERO, Cristianesimo primitivo e filosofia greca, in ID (a cura di), il cristianesimo e le filosofie,
Vita e Pensiero, Milano 1971.
● CAPUTO FRANCESCA, Etica e pedagogia. Linee di teorizzazione etica e pedagogica nel pensiero classico e
medievale, I, Pellegrini Editore, Cosenza 2005.
● DAL MONTE CARMEN, Ethos e Kairos. Un percorso etico dai sofisti all'economia globale, Silvano Pagani Editore,
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