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L’ Etica

Secondo Aristotele il fine sommo dell’ agire dell’ uomo consiste nel raggiungimento della
felicità. L’ uomo è felice quando svolge bene la propria funzione:
<<Ciascuno è felice quando fa bene l’ opera sua: il suonatore quando suona bene, il
costruttore quando costruisce oggetti perfetti>>.
Questo a livello particolare. A livello generale Aristotele definisce l’ uomo un “animale
razionale”, ’ quindi egli è felice quando usa in modo corretto la facoltà che gli è più
propria: la ragione.
La felicità per l’ uomo consiste nel vivere secondo ragione e quindi una vita secondo
ragione è una vita virtuosa. Ecco come l’ idagine di Aristotele sulla felicità diventa indagine
sulla virtù.
Ci sono due virtù fondamentali: virtù etiche (dominio della ragione sugli impulsi) e
dianoetiche o intellettive (esercizio della ragione)
Le virtù etiche, che riguardano la vita attiva, consistono nel porre un freno alle passioni
realizzando un giusto mezzo fra gli eccessi contrari. Il giusto mezzo esclude gli estremi di
cui uno pecca per eccesso e l’ altro per difetto.
Ad esempio:
Il coraggio è quella virtù che verte su cio che si deve o non si deve temere e si pone
come giusto mezzo (o misura) tra la paura e la temerarietà.
La magnanimità, che concerne l’ opinione che si ha di se stessi, è il giusto mezzo tra la
vanità e l’ umiltà.
Massima virtù etica è la giustizia, e cioè la capacità di determinare, in ogni circostanza, il
giusto mezzo.
In generale poi le virtù etiche non derivano dal sapere (come ritenevano Socrate e
Platone), ma dall'esercizio che determina l’ abitudine a comportarsi in un certo modo.
Le virtù dianoetiche o intellettive (sapienza, saggezza, intelligenza ecc.) riguardano
invece il desiderio di sapere e di conoscere (vita contemplativa), e come tali, riguardando
ciò che l'uomo ha di più proprio (l'anima, intelletto), sono superiori alle virtù etiche.
La sapienza: sapiente è colui che sa molte cose sul mondo e la sua struttura a livello
particolare (filosofie seconde), ma soprattutto a livello generale (filosofia prima)
La saggezza: ha per oggetto il saper agire in modo corretto nei confronti delle vicende
umane. Il saggio è il giusto ovvero colui che sa sempre determinare in ogni situazione il
giusto mezzo.
Mentre la saggezza concerne le cose umane e mutevoli, la sapienza è universale e
stabile. Essa ha come oggetto il necessario,
Sapienza  scienze teoretiche
Saggezza  scienze pratiche
Aristotele stabilisce la superiorità dell’ attivitò teorica e contemplativa su quella pratica e
attiva.
Questo è uno dei punti in cui il distacco tra Platone e Aristotele è più accentuato.
Platone infatti non distingueva la sapienza dalla saggezza: con le due parole intendeva la
medesima cosa. cioè la condotta razionale della vita umana, specialmente della vita
associata.
Aristotele invece, come abbiamo visto le distingue nettamente e giunge ad affermare che il
distacco che intercorre tra saggezza e sapienza è lo stesso che intercorre tra l’ uomo e
Dio. Il che non fa che ribadire gli interessi filosofici divergenti tra i due filososofi:
per Aristotele la filosofia ha come compito fondamentale quello di portare l’ uomo singolo
alla vita teoretica, alla pura contemplazione di ciò che è necessario, mentre per Platone ha
il compito di portare gli uomini ad una vita comune, fondata sulla giustizia.

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