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L’arco
Nel periodo del violino barocco, due tipologie di arco si sono
succedute:
Il tallone o nasetto è del tipo detto "a scatto" o "ad alzo fisso": i crini
sono alloggiati nella bacchetta e il tallone viene incastrato in
un'apposita sede intagliata nel legno della bacchetta ed è tenuto in
posizione dalla tensione dei crini. Ovviamente non esiste un sistema
di regolazione della tensione. La lunghezza e il peso sono variabili; i
pochi esemplari rimasti vanno dai 58,4 ai 64 cm, dai 36 ai 44 g, ma si
possono ipotizzare differenziazioni a seconda del periodo e della
nazione, in relazione alle usanze musicali. Scrive ad esempio il
letterato francese Francois Raguenet, in un pamphlet ove racconta le
cose notevoli di un viaggio a Roma, effettuato nel 1698, durante il
quale ha ascoltato l'orchestra di Arcangelo Corelli.
Le corde
Le corde utilizzate nel violino barocco sono in budello animale,
ricavato normalmente dall'intestino di agnello; oggi si utilizzano
preferibilmente bestie adulte, tuttavia quest'uso era cominciato (e
talvolta deprecato) già nel tardo Cinquecento. La tecnologia di
produzione è rimasta nei suoi principi fondamentali quasi immutata
fino a oggi, tuttavia si è avuta un'evoluzione nella lavorazione che ha
prodotto nel corso dei secoli corde con caratteristiche specifiche che
hanno anche influito fortemente sulla scrittura violinistica.
Un periodo di grande ricerca ed evoluzione comincia nella seconda
metà del XVI secolo, proprio mentre fa la sua comparsa il violino. Un
esempio di "muta" (il complesso delle 4 corde) per il violino alla fine
del XVII secolo ci è descritto dal già citato James Talbot: la I e II corda
erano del tipo Romans (Romane), la III Venice Catline
(Catline di Venezia), la IV finest & smoothest Lyons (finissime e
morbidissime di Lione). Pressoché identica differenziazione si ritrova
anche nel documento più esauriente sulla manifattura delle corde
prima dell'età di Bach, il Musick's Monument di Thomas Mace, che
elenca anche le Minikins per gli acuti e le deep dark red colour
Pistoys (corde di Pistoia color rosso scuro) per i bassi. Si tratta
sempre di corde in "budello nudo", cioè non rivestito con altro
materiale (al contrario delle corde di budello fasciato usate nel violino
moderno), ma ciascuna tipologia indica una diversa lavorazione della
corda. I catline sono corde con una forte torsione che le rende più
elastiche. Quanto alla corde di Pistoia, si tratta probabilmente di una
tecnologia che ottiene. Nel violino, questa lavorazione riguarda
solamente la IV corda.
Le differenti tipologie di corde avevano lo scopo di ottenere non solo
una buona resa sonora da ciascuna corda, ma anche la maggior
uguaglianza possibile di suono e di "sensazione" tra le varie corde, allo
scopo di facilitare il passaggio da una corda all'altra.
Nella II metà del XVII secolo cominciano ad apparire le prime corde
basse nelle quali l'incremento dell'inerzia della corda (in modo da
ottenere suoni più gravi a parità di lunghezza e tensione) viene
ottenuto attraverso il rivestimento della corda di budello con un
sottile filo metallico d'argento o rame: in questo modo si può
aumentare la densità lineare di massa della corda senza modificarne
le caratteristiche elastiche. Le prime testimonianze di questo nuovo
prodotto appaiono in un manoscritto del 1659 riferito al liuto e cinque
anni dopo in un trattato per viola da gamba di John Playford. Con
l'affermarsi delle corde filate, le tecniche di costruzione dei bassi in
budello puro vanno perdute; l'operazione di ricopertura era molto
semplice, tanto che il musicista poteva comperare la corda già
pronta oppure provvedere da sé, in casa, con una semplice macchina.
Questa tipologia era usata solo per la IV corda, eccetto nel secolo
XVIII in Francia, dove era assai comune utilizzarla anche per la III
corda, anche se le spire metalliche dovevano essere molto più
distanziate tra loro.
Le varie tecnologie descritte sopra, volte a ottenere una corda bassa
con tensione uguale alle prime tre corde, ma dotata di uno spessore
proporzionalmente inferiore, servono a compensare un problema ben
noto ai musicisti: una IV corda di spessore proporzionale alle tre
superiori emette un suono soffocato e opaco, non comparabile a
quello delle tre superiori, ed è anche estremamente difficile da
controllare nell'emissione del suono.
La montatura del violino rimarrà invariata per tutto il periodo del
violino barocco, e quasi completamente anche fino al XX secolo.
Intorno alla prima guerra mondiale, la difficoltà a reperire il budello
unita alle innovazioni tecnologiche che permettono di affinare la
produzione di fili metallici (acciaio e alluminio) aprono la strada
a set di corde in cui il cantino poteva essere in acciaio, la seconda in
budello nudo o fasciato, e la terza e quarta in budello rivestito di
alluminio.
La postura
La mentoniera fu inventata da Louis Spohr e presentata ai musicisti
nel suo "Metodo per violino" nel 1832; la spalliera, addirittura, è
invenzione novecentesca. Quindi, in tutto il periodo rinascimentale,
barocco e classico, il violino veniva sostenuto senza l'aiuto di questi
accessori.
Nel XVII secolo il violino veniva tenuto non sopra la spalla, come oggi,
ma più in basso. Alcuni appoggiavano lo strumento al petto, come si
vede in un dipinto anonimo che rappresenta un ballo con la
regina Elisabetta I d'Inghilterra (1580 circa), altri un po' più in alto.
Nel XVIII secolo, gradualmente si afferma una posizione del violino
diversa, che dà più sicurezza nell'esecuzione di musica sempre più
ardua tecnicamente. Il violino viene tenuto più in alto, da taluni sotto
la clavicola (Francesco Geminiani, 1º modo descritto da Leopold
Mozart), da altri sopra (2º modo descritto da Leopold Mozart, Michel
Corrette, Michel Pignolet de Montéclair); difficilmente in questi scritti
si parla della funzione del mento, tuttavia nei ritratti di violinisti (in
particolare quelli che corredano i trattati didattici) pare che esso sia
sollevato dallo strumento e stazioni sulla parte a destra della cordiera
(per chi suona). Il primo metodo che consiglia l'appoggio del mento sul
violino è The Fiddle New Model'd di Robert Crome (1741), seguito nel
corso del secolo soltanto dall'Abbé le Fils (1761), da un'edizione
tedesca spuria del Metodo per violino di Geminiani del 1782 e dal
torinese Francesco Galeazzi nei suoi Elementi teorico pratici di
musica (1ª edizione 1791), mentre nel XIX secolo diventa la posizione
abituale.
Nel corso del XVII secolo, solo in Italia l'arco veniva regolarmente
tenuto appoggiando tutte le dita sulla bacchetta, il pollice sotto e le
altre dita sopra, in maniera analoga alla posizione attuale: in altri
paesi il pollice veniva più spesso posato al di sotto del tallone e
toccava il crine (la stessa posizione è stata riproposta nel XX secolo
per i principianti in età prescolare dal didatta giapponese Shinichi
Suzuki nel suo noto metodo).
In sintesi
Prima di subire le successive modifiche che nel corso dei secoli lo hanno
gradatamente portato alle caratteristiche odierne, il violino si
presentava esternamente ed internamente in modo alquanto diverso.
Tutti gli spessori (della tavola armonica, del fondo, delle controfasce)
erano più ridotti, e così pure la misura dell'anima e della catena. Il
manico, in generale leggermente più corto, non era fissato ad incastro,
ma semplicemente incollato al tassello superiore in modo
perpendicolare (senza l'odierna inclinazione all'indietro che consente di
ottenere maggiore tensione delle corde sul ponticello). Il ponticello era
più leggero, più traforato, più basso. Il peso rispetto al violino moderno
era di circa 1/3 in meno. La tastiera era alzata mediante un tassello
cavo che formava cassa di risonanza nel manico. Le corde erano di
budello (restano di budello fino ai primi decenni di questo secolo), non
rinforzato, tranne la IV corda che veniva anche anticamente ricoperta
da un avvolgimento per evitare di dover adoperare corde troppo grosse.
Non esistevano spalliera e mentoniera: il violino veniva sostenuto dalla
mano sinistra, e appoggiava liberamente sulla spalla. Da tutte queste
caratteristiche nasceva un tipo di sonorità più lieve e meno tesa.
L'arco era nettamente diverso. Tutti gli archi antichi, sia quelli corti per
musica di danza che quelli lunghi del periodo delle grandi sonate,
erano di forma arcuata con una distanza fra i crini e la bacchetta che è
almeno il doppio di quella odierna. I crini erano circa la metà di oggi.
L'arco antico non consente attacchi vigorosi e non sostiene le note: da
qui una tecnica completamente opposta alla moderna. Inoltre la
mancanza di spalliera e di mentoniera, e nel violoncello la mancanza
dei puntale, non consentivano un vibrato continuo ed ampio. La diversa
tecnica produceva un diverso gusto, dunque, negli archi; ma non veniva
sentita come un limite: rispondeva ai caratteri che si attribuivano alla
musica.
Verso il 1740 il manico viene leggermente allungato, ed inclinato
leggermente all'indietro; la forma moderna del violino è raggiunta però
solo sul finire dell'Ottocento. Nell'Ottocento ci fu l'avvento dell'arco
moderno, con il costruttore François Tourte (1747-1835), che, oltre a
portare a duecento il numero dei crini, vi impresse una curva concava
opposta a quella antica.
Parlare oggi di violino barocco non significa quindi necessariamente
esigere un violino costruito nell'epoca, poichè ci sono violini antichi che
sono stati rimodernati e modificati, e d'altra parte oggi si costruiscono
violini con le caratteristiche e le misure antiche. E' difficile trovare violini
antichi rimasti allo stato originale, perchè ogni violino venne
generalmente adattato alle nuove necessità (sale più grandi, orchestre
più numerose, solista professionista ... ). Ma i violini antichi erano molto
apprezzati, quindi si preferiva aggiustare quelli, più che non costruirne
altri con nuove misure. Invece, dopo Tourte, di solito gli archetti
venivano decisamente buttati via.
Considerato il miglior violinista tedesco della fine del XVII sec. Biber
dedicò al suo strumento gran parte della sua attività di compositore.
Molte delle sue musiche si conformano alla struttura della suite di
danze destinata ad organici strumentali compresi fra le 4 e le 10
parti. Al 1673 risale la Serenade a % che presenta una successione di
brani, Allemanda Ciaccona Gavotta e Aria compresi tra altri 2 detti
l’uno Serenada e l’altro Retirada; tale schema formale fu utilizzato in
quasi tutte le musiche di B. di questo genere (Mensa sonora,
Harmonia artificiosa, ecc): il brano iniziale è detto anche Sonata o
Intrada, quello finale anche Sonatina o Finale e tra di essi sono
comprese diverse danze di vario carattere (oltre a quelle citate: Trezza,
Canario, Balletto, Menuet, Corrente, ecc.). Le sonate zur Verberrlichung
von 15 Mysterien, pur conservate MSS, furono tra le composizioni più
note ed apprezzate di Biber; nonostante il titolo, esse non sono
composizioni descrittive, bensì sonate da chiesa (costituite da 1-5
movimenti liberi o in carattere di danza) destinate ad essere utilizzate
nella festività del rosario, solennità assai sentita a Salisvburgo. Nel
MS originale ciascuna sonata è preceduta da un’illustrazione dedicata
ad ognuno dei 15 misteri: al tentativo di evocare e commentare il
contenuto di alcune di esse e forse da collegare il carattere libero e
rapsodico di alcuni dei primi movimenti di queste sonate. Da notare
che la raccolta si conclude con una Passacaglia per violino solo senza
accompagnamento. Pur destinate alla chiesa, tali composizioni fanno
largo uso di generi prettamente cameristici quali danze e var., forma
questa particolarmente cara a Biber. Tale atteggiamento è comune a
molta musica strumentale tedesca della fine del XVII sec., la quale
comincia a non distinguere più negli usi e nelle forme la sonata da
camera da quella da chiesa. Biber stesso ce lo conferma in altre sue
raccolte, le Sonatae tam aris quam aulis servientes e Fidicinium
sacroprofanium che contengono sonate destinate tanto all’ambiente
cameristico quanto a quello chiesastico. Di notevole importanza sono
le 8 sonate per violino e contrabbasso apparse nel 1681
contemporaneamente all’opera I di A. Corelli. In queste composizioni
troviamo particolarmente sfruttata la tecnica della variazione,
mediante la quale B. può dare libero sfogo ai propri virtuosismi ed
arditezze strumentali. L’alto magistero tecnico è l’elemento che più
colpisce di queste sonate; il violino giunge a vette virtuosistiche che gli
italiani ancora non conoscevano: B. usa con disinvoltura note doppie,
accordi, trilli, intervalli molto ampi, “scordature” e giunge fino alla VII
posizione. Dello stile italiano, manca tuttavia, al B. di queste sonate,
l’ampia cantabilità ed ariosità degli archi melodici ed una salda
organizzazione formale. L’importanza di B. violinista è dunque
profondamente legata all’impulso dato alla tecnica del proprio
strumento, che gli valse a suo tempo la fama di grande virtuoso. La
produzione operistica di B., realizzata tutta per la corte
Salisburghese, rientra nell’ambito degli stili e delle convenzioni della
tarda opera Veneziana. Musicalmente seppe distinguersi nei pezzi
concertati e nel trattamento dell’orchestra, ma in complesso le sue
opere non destano grande interesse. Analogamente può dirsi della sua
musica sacra, composta in ossequio agli incarichi di un maestro di
cappella, che nulla aggiunge alla sua fama di solido musicista e di
agguerrito strumentista, tipico rappresentante della cultura musicale
germanica dell’epoca barocca. Si deve sottolineare, tuttavia, che i più
recenti studi attribuiscono a B. quella Missa Saliburgensis a 54 voci (e
il relativo inno Plaudite tympana) per lungo tempo attribuite a O.
Benevoli.
Biografia approfondita
Prima del 1668, Biber lavorò alla corte del principe Johann Seyfried
Eggenberg a Graz e successivamente fu alle dipendenze del vescovo di
Olmütz (oggi Olomouc), Karl II von Liechtenstein-Kastelkorn, a Kromí,
dove prestava servizio come direttore della Cappella l'amico di Biber
Pavel Josef Vejvanovský. Pare che Biber godesse di una buona
reputazione e che il suo talento violinistico fosse tenuto in alta
considerazione.
Biber rimase a Salisburgo per il resto della sua vita. La sua carriera
musicale e sociale prosperò: egli cominciò a pubblicare la sua musica
nel 1676, si esibì di fronte all'Imperatore (e ne fu ricompensato) nel
1677, divenne sostituto maestro di cappella al Duomo di Salisburgo
nel 1677 e maestro di cappella nel 1684. Nel 1690 fu fatto nobile
dall'Imperatore, con il titolo di Biber von Bibern.
Opere
Biber fu uno dei più importanti compositori nella storia della musica
violinistica. La sua tecnica gli permetteva di raggiungere facilmente la
6ª e 7ª posizione, di impiegare le doppie corde in intricati passaggi
polifonici e di esplorare le varie possibilità della scordatura, ossia
l'accordatura non convenzionale dello strumento. Tale espediente
tecnico, già impiegato da compositori italiani, austriaci e tedeschi (tra
i quali Biagio Marini, Marco Uccellini e soprattutto Johann Heinrich
Schmelzer, che alcuni individuano come possibile maestro di Biber), è
stato portato ad un livello di maestria senza eguali né tra i
compositori precedenti, né tra i successivi.
Biber scrisse molta musica per coro, da camera, opere liriche e dei
pezzi meglio conosciuti come la serenata Nightwatchman e Harmonia
Artificiosa.
Principali composizioni
Opere strumentali
Opere vocali
Sono dei capolavori tra i più misteriosi nei loro significati, più o meno
“ermetici”, che il barocco musicale ci abbia lasciato, al pari della più
celebre “arte della fuga” di Johann Sebastian Bach.
Le Rosen Kranzsonaten furono casualmente ritrovate solo nel
1890 nella Bayerische Stadtbibliothek di Munchen, in forma
manoscritta, stesa probabilmente dall’autore, Biber, che durante la
vita, a differenza di come fece per altre sue sonate, non si preoccupò
mai di pubblicarle. Le Sonate del Rosario formano un’affascinante
opera ciclica e occupano una posizione unica nella storia del violino,
suonato attraverso l’uso di quattordici diverse accordature
(scordature).
Le variazioni sono al centro di ogni sonata, sono collegate al ritmo e al
metro dei movimenti meditativi, fugati o di danza e si basano su
melodie simili a canzoni.
I musicologi tendono a preferire l’ipotesi che Biber le avesse tenute
per suo uso personale e che solo più tardi abbia donato il manoscritto
all’arcivescovo salisburghese presso cui operava. A dette sonate
seguiva una Passacaglia, unica opera della serie con una accordatura
normale del violino.
L’autore del lavoro Heinrich Ignaz Franz von Biber nacque nell’agosto
1644 in Boemia e morì nel 1704 a Salisburgo, capitale
dell’Arcivescovado omonimo, presso il quale aveva la carica di
Kappellmeister. Prima di Salisburgo era passato per varie corti, tra le
quali Olmutz, e quella dei principi Eggenberg a Graz. Si deve
rammentare che il musicista di corte a quei tempi riceveva il
trattamento riservato alla servitù specializzata, anche se si potevano
incontrare delle fortunate eccezioni a questa regola: Biber fu una di
queste.
Tra le sue opere ci sono varie raccolte di sonate per violino e basso
continuo, musica strumentale di vario tipo e brani di musica sacra tra
i quali va ricordata la imponente “missa salisburgensis” a 53 voci in
cui, secondo le indicazioni dello stesso Biber, i cori, l’orchestra e
l’organo andavano disposti nella chiesa in modo tale da realizzare un
effetto che può essere ritenuto è il predecessore del suono
stereofonico di oggi. Questa messa ha più voci contrappuntistiche
indipendenti di ogni altro pezzo di musica scritta prima del XX secolo.
Biber era noto per la sua bravura come violinista e per la capacità di
raggiungere facilmente le ultime posizioni sulla tastiera del violino,
cosa quasi impossibile per molti violinisti del suo tempo.
Fu inoltre un maestro nell’impiegare le doppie corde in intricati
passaggi polifonici, e nell’esplorare le varie possibilità
della “scordatura”, cioè l’accordatura non convenzionale dello
strumento che consentiva di ottenere particolari “effetti timbrici”.
La musica di Biber ebbe una grande influenza sui suoi
contemporanei, e divenne fonte d’ispirazione per compositori e
violinisti in tutt’Europa. Il musicologo Charles Burney ha definito
Biber “il più grande violinista e compositore per violino del XVII secolo”.
La composizione delle “sonate del rosario” fu terminata intorno al
1678, epoca in cui non era molto frequente che un’opera musicale
fosse dedicata “ai santi quindici misteri del rosario”.
Certamente la composizione fu incoraggiata dall’ Arcivescovo di
Salisburgo, che era un acceso promotore della diffusione della recita
dei “misteri mariani” e che era membro della “Confraternita del
Rosario”, una struttura probabilmente assai più complessa di quanto
possa sembrare dal nome e che aveva delle finalità che forse
andavano ben oltre il culto.
Il Rosario, secondo i loro adepti, era una “summa di sapienza
mariana”, le cui implicazioni non potevano essere confinate nella
semplice devozione ma si applicavano a tutti i campi dell’esistenza e
della conoscenza.
Ogni sonata per violino impiegava una intonazione differente dello
strumento. Questo uso della scordatura trasformava il suono del
violino: dal senso meditativo delle cinque sonate dei Misteri
Gaudiosi (L’Annunciazione etc.) si arrivava al trauma mistico dei
cinque Misteri Dolorosi (La Crocifissione etc.), fino alla eterea levità
dei cinque Misteri Gloriosi (La Resurrezione etc.). La riconfigurazione
del violino aveva un aspetto anche simbolico: ad esempio le due corde
centrali del violino erano incrociate nella sonata della Resurrezione.
Tecnicamente la parte del violino richiede un’abilità eccezionale per
l’esecuzione: anche un orecchio non esercitato potrà notare come la
scordatura modifichi il suono dello strumento, per
esempio attribuendogli ora un riflesso angoscioso, ora un’atmosfera
estatica, oppure giubilante nelle sonate finali.
Sono stati fatti alcuni studi sul simbolismo numerico e cabalistico dei
tempi delle sonate, e perfino della successione delle note stesse.
Tutto ciò, nelle complesse opere di Biber, ha fatto ipotizzare con una
conoscenza profonda dell’autore dei movimenti ermetici della sua
epoca come per esempio i Rosacroce.
Infatti secondo lo studioso Davitt Moroney: “le sonate alludevano a un
programma letterario e simbolico preciso e talora didascalico”.
A completare il quadro, già molto complesso, dell’opera, si aggiunge la
domanda in merito alla scordatura: a quale scopo Biber usò tale
artificio? Abbiamo già fatto notare che l’espediente tecnico ideato da
Biber prevedeva per ogni Sonata una diversa accordatura, ma per
comprendere il fine dell’autore andrebbe anche ricordata la barocca
“teoria degli affetti” che si basava sull’uso di queste trovate tecnico-
musicali per esprimere situazioni e stati d’animo o inviare messaggi
più o meno espliciti.
La scelta di Biber fu senza dubbio anche espressiva, in quanto
obbligava l’esecutore a mettere a dura prova lo strumento nel
sostenere una tensione delle corde, tensione che diveniva sempre più
accentuata. Creava nei Misteri una sorta di parallelo con gli
avvenimenti sempre più dolenti della vita di Gesù, dal cammino verso
il Calvario fino alla trasfigurazione nei movimenti seguenti alla
Resurrezione, fino a toccare momenti di autentico tripudio dopo il
verificarsi di essa. Quel tripudio non era solo sonoro, ma anche
interiore, ed era conseguente a tutto il percorso delle 15 sonate.
E’ doveroso qui citare ciò che voleva ottenere Biber:
“Se si suonassero con un violino in normale accordatura, i suoni iscritti
in partitura non avrebbero alcun senso armonico e melodico, basta
invece accordarlo come richiesto ed il “mistero” si svela corretto alle
nostre orecchie”
Sonata 9 in A minor, Carrying the Cross, scordatura c' e' a' e''
Sonata. Courante – Double. Finale
Sonata 10 in G minor, The Crucifixion, scordatura g d' a' d''
Præludium. Aria – Variatio – Adagio
https://www.youtube.com/watch?v=jd2wYGeGsn4
https://www.youtube.com/watch?v=9bcI9ORYUwI
n. 2
https://www.youtube.com/watch?v=YqAyJ2rwlSg
n. 3
https://www.youtube.com/watch?v=lW0T0X_4QU0
n. 4
https://www.youtube.com/watch?v=sqVrXcPl3UA
n. 5
https://www.youtube.com/watch?v=kWf_M3jHH1o
n. 6
https://www.youtube.com/watch?v=gsKqp1ulUvw
n. 7
https://www.youtube.com/watch?v=oIcwbZA3cis
n. 8
https://www.youtube.com/watch?v=P7qh3NHEs60
n. 9
https://www.youtube.com/watch?v=TWGda6Z0sPs
n. 10
https://www.youtube.com/watch?v=TzJO4SkLVus
n.11
https://www.youtube.com/watch?v=iIavu3VjHg0
n. 12
https://www.youtube.com/watch?v=1-ajzUgoIsI
n.13
https://www.youtube.com/watch?v=nJICgEFS4X0
n.14
https://www.youtube.com/watch?v=KM8IwFJLf94
n. 15
https://www.youtube.com/watch?v=AWai56fZlIM
n. 16
https://www.youtube.com/watch?v=xtoh-i5yU64
Fidicinium sacroprofanium
https://www.youtube.com/watch?v=V2gUw3btRUo
https://www.youtube.com/watch?v=_pCQ_1mdqH4
Missa Saliburgensis
https://www.youtube.com/watch?v=1Jx27erPTiM
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