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C’è una famiglia di strumenti musicali – appartenete alla categoria dei cordofoni –
praticamente tutti uguali tra loro, come fratelli, ma nel contempo diversissimi: è la
famiglia degli Archi.
Una vera famiglia, molto unita, tanto è vero che sicuramente rappresenta il gruppo il
cui timbro è più omogeneo e compatto fra quelle di tutti gli strumenti musicali, e ciò
le ha garantito, per secoli un’attenzione particolare da parte dei compositori,
principalmente attraverso la formazione del “quartetto“. Ciononostante si sono
guadagnati i ruoli più disparati: da quello di brillanti solisti a quello, più umile ma
preziosissimo di “fanteria” dell’orchestra.
Ascoltiamo un esempio: l’ultimo dei 24 Capricci di Niccolò Paganini per violino solo,
un brano che richiede una grande padronanza dello strumento:
Attualmente esistono anche violini elettrici ma il loro uso nella musica leggera non è
così diffuso come per la chitarra.
Simile al violino ma un po’ più grande è la viola, che differisce sostanzialmente per il
timbro un po’ più scuro:
Sia la viola che il violino si suonano sostenendoli con il braccio sinistro e impugnando
l’arco con la destra. Più grandi e pesanti, il violoncello ed il contrabbasso devono
invece essere suonati appoggiandoli per terra tramite un apposito puntale.
Il violoncello, simile nella forma al violino ed alla viola ma molto più grosso, si
distingue per un suono particolarmente caldo e intenso, ma dal timbro più scuro. Il
violoncello merita una menzione speciale nella famiglia degli archi perché
rappresenta lo strumento ad arco più simile alla voce umana e, col suo timbro caldo
e vibrante è da molti considerato lo strumento ad arco più lirico ed espressivo.
Questa sua duttilità gli ha procurato un posto di primo piano nella famiglia degli
archi, secondo per notorietà, solo al violino.
La costruzione
Le parti più importanti dello strumento sono: la cassa armonica, che ha la funzione
di amplificare il suono che esce dallo strumento attraverso le due “effe“, fori
praticati nella tavola armonica, costruita di solito in abete rosso; il manico, dove è
fissata la tastiera, liscia e un po’ curva, su cui si muovono le dita dell0
strumentista; i piroli, detti anche bischeri, chiavi di legno che servono a tendere le
corde; il ponticello, su cui le corde si appoggiano che ha anche la funzione di
trasmettere la vibrazione delle corde allo strumento, anch’esso curvo in modo da
permettere all’arco di suonare le corde singolarmente; la cordiera, su cui sono
fissate le corde nella parte inferiore dello strumento; le 4 corde, di solito accordate
per quinte: nel violino, partendo da quella più grave, sol-re-la-mi (detto anche
cantino).
L’arco (o archetto) è una bacchetta di legno molto elastico su cui è fissato, ai due
estremi (punta e tallone), un fascio di crini di cavallo, che possono essere tesi
tramite una vite.
Nel violoncello e nel contrabbasso troviamo anche il puntale in metallo che serve
per appoggiare a terra lo strumento.
Le formazioni
L’omogeneità del suono degli archi ha fatto la fortuna della formazione più
importante fra quelle formate da soli archi: il quartetto d’archi. Composto da due
violini, una viola ed un violoncello, per secoli ha rappresentato una delle formazioni
più amate dai compositori. Eccone un esempio:
Nelle grandi orchestre gli archi costituiscono la categoria più numerosa, una vera e
propria “fanteria” dell’orchestra. L’intera sezione degli archi è grosso modo
composta da 16 violini primi, 16 violini secondi, 12 Viole, 10 violoncelli, 8
contrabbassi, in totale circa una sessantina di elementi; molti, ma in grado di
esprimere suoni dolcissimi,
IL VIOLONCELLO
Il violoncello è uno strumento musicale cordofono appartenente alla sezione degli
strumenti ad arco, è dotato di quattro corde accordate ad intervalli di quinta C-G-
D-A, un'ottava sotto alla viola.
Mentre il violino, completo in ogni suo aspetto essenziale, per l aprima volta in
configurazioni tra la fine del XII e l'inizio delXII secolo, il "violino basso" che oggi
chiameremmo violoncello comparve solo nel XV secolo. La sua apparizione piuttosto
tarda è dovuta all'ideale sonoro occidentale del Medio Evo, che permane sino al XV
secolo, e preferisce un tipo di suono acuto e nasale. I cantanti usavano la voce in un
modo che oggi diremmo orientale e gli strumenti che accompagnavano il
canto (perché questa era la loro funzione principale) dovevano produrre un suono
simile. A quel tempo la voce del basso non faceva parte della nostra concezione
musicale.
Alla metà del XV secolo alcuni compositori della scuola fiamminga cominciarono ad
ampliare l'estensione vocale verso il basso fino a raggiungere il DO greve, dove è
rimasta per ragioni pratiche sino ad oggi.
Quasi contemporaneamente, e forse motivato dagli stessi impulsi innovativi, ci fu un
cambiamento nell'ideale sonoro verso il suono a "gola aperta" che conosciamo oggi.
Non a caso in questo periodo apparvero i primi violini bassi.
2. Sporgenza: nei violini c'e un bordo sporgente che estende le volte del fondo e del
coperchio poco oltre le fasce, nelle viole il fondo e il coperchio arrivano al livello
delle fasce.
3. Spigoli: la curva delle spalle dei violini si rovescia e forma degli spigoli, mentre le
spalle delle viole arrivano direttamente alle incavature a forma di "C", senza
sporgenza esterna (o al massimo una sporgenza minima). (Gli spigoli dei violini sono
un'aggiunta decorativa dei manierismo, e per la loro piacevolezza sono rimasti fino a
noi, anche se non hanno alcuna funzione, essendo riempiti di legno per mantenere
l'originale forma a "otto" della cassa.)
4. Fasce: le fasce dei violini sono più strette di quelle delle viole (in tutti gli strumenti
dal basso al soprano).
6. Frette: i violini erano di solito senza tasti (ci sono alcune eccezioni), le viole
avevano le frette. Questo punto di distinzione non era affatto superficiale, come
vedremo più avanti.
1 In questo capitolo il termine "violino" è usato in senso generico, come fino alla
metà del Settecento, per designare tutti i membri della famiglia, dal basso al
soprano.
II significato musicale delle frette si manifesta in due modi: l'effetto che hanno sulla
qualità del suono; il loro rapporto con l'intonazione e la possibilità dello strumento
di modulare a tonalità lontane.
Cominciamo col primo punto: in uno strumento con i tasti come la viola, le dita,
premono la corda dietro al tasto e la tendono su di esso; non è il dito, ma e il tasto
stesso a fermare la corda e produrre il suono. Il suono che deriva da questo sistema
è freddo, chiaro, pulito e un po' impersonale. I violini, al contrario, essendo suonati
col contatto diretto delle dita, producono un suono che generalmente giudichiamo
più caldo, personale, sensibile alle sfumature e vicino alla voce umana.. Così, in
termini di suono, la distinzione fra strumenti con e senza tasti è veramente reale, e
doveva avere implicazioni maggiori col passare del tempo e la trasformazione del
gusto musicale (come sappiamo, a scapito delle viole).
Il rapporto fra i tasti e l'intonazione è ugualmente importante per ragioni diverse.
Uno strumento con i tasti è inevitabilmente uno strumento a intonazione fissa nel
senso che il suonatore non può alterare l'intonazione determinata dalla posizione
delle frette.
I primi clavicembalisti, che dovevano affrontare i problemi di uno strumento a
intonazione fissa, cercavano continuamente il modo per "temperare" il proprio
strumento per evitare i difetti di intonazione provocati dal "Comma
Pitagorico".4 Senza il temperamento uno strumento ben accordato per una tonalità
poteva essere completamente fuori tono in una tonalità lontana, ma "imbrogliando"
un po' il clavicembalista poteva distribuire la discrepanza del Comma Pitagorico
lungo le varie ottave. Il temperamento era una specie di "frazionamento della
differenza", un compromesso che faceva addolcire i cambiamenti tonali senza
danneggiare troppo l'intonazione generale. (Il Clavicembalo ben temperato di Bach
era un tentativo per dimostrare che uno strumento "ben temperato" poteva
suonare nelle ventiquattro tonalità senza grandi problemi di intonazione.)
I clavicembalisti risolsero i problemi dell'intonazione fissa col temperamento,
mentre una simile soluzione non fu possibile per la viola da gamba, perché le frette
non potevano essere sistemate secondo complicati sistemi di temperamento. Così,
quando i compositori cominciarono a modulare a tonalità lontane, i gambisti si
trovarono di fronte a problemi di intonazione sempre più grandi, mentre i violinisti,
liberi dai limiti delle frette, potevano aggiustare l'intonazione secondo le necessità
tonali di ogni accordo.
Mersenne è piuttosto preciso a questo riguardo nel suo Harmonie Unliverselle
(1636):
Il violino è uno degli strumenti più semplici, nel senso che ha solo quattro corde e
non ha frette sul manico. Per questo motivo tutte le consonanze perfette possono
essere suonate su di esso, come con la voce, perché le dita possono premere la
corda nel punto voluto. Questo lo rende più completo degli strumenti con le frette,
dove si è obbligati ad usare un temperamento e a calare o crescere la maggior parte
delle consonanze, e alterare tutti gli intervalli, come mostrerò più avanti...
Bisogna notare che il violino è adatto a tutti i generi e specie di musica, e che su di
esso si può suonare l'enarmonico, e tutte le specie del (genere) diatonico e
cromatico, perché non ha frette, e contiene tutti gli intervalli immaginabili, che sono
potenzialmente sulla sua tastiera, ed è comparabile alla materia primigenia capace
di aggregarsi in ogni forma, non essendoci frette sul violino che producano un suono
particolare. Cosi bisogna concludere che esso contiene un'infinità di toni diversi, e
che la corda come la retta contiene un'infinità di punti....5
Le parti della viola sono simili a quelle del violino... differisce... solo nelle frette che
limitano le sue possibilità e, invece dell'infinità che potrebbe avere, stabiliscono
sette o otto semitoni uguali segnati sul manico da otto frette...6
Un secolo e mezzo dopo, in The Practice of Fingering the Violoncello, John Gunn
scrive:
(...) Il violino era molto più adatto a produrre il giusto effetto in ogni luogo, per la
forza maggiore e la brillantezza di suono; ma si trovò che, se messo nelle mani di
abili artisti, poteva produrre un'armonia più perfetta di quella possibile alle viole.
Ciò derivava da una causa, della quale probabilmente non si era sospettato prima,
cioè che le dita, per lo studio, e la guida di un buon orecchio, ottenevano
un'intonazione più accurata, di quanto si poté mai avere dall'indicazione delle frette,
fissate sulla tastiera con la massima precisione matematica. Queste possono essere
poste in modo che gli intervalli siano perfettamente intonati, ma solo in una
tonalità; nelle altre gli intervalli sono molto falsi; e se la differenza fosse suddivisa e
mascherata da ciò che chiamiamo temperamento, la variazione dall'intonazione
esatta sarebbe facilmente distinguibile e offensiva per un orecchio fine.
Il violoncello iniziò la sua ascesa in Italia nel XVII sec. e per le doti di risalto della
sonorità ed incisività espressiva sostituì progressivamente la viola da gamba.
Già costruito dagli Amati (1) e da Gasparo da Salò (2) era impiegato solo nel basso
continuo, il violoncello comparve come strumento solista verso la fine del Seicento.
Questo affrancamento dal ruolo di sostegno del basso avvenne a Bologna nella
seconda metà del Seicento con composizioni di Giovanni Battista Degli Antonii
(1636-1698), Domenico Gabrielli (1659-1690), G. B. Bononcini (figlio), A. Ariosti. Il
primo esempio di composizione dedicata al violoncello solo è rappresentata dai
Ricercari di Domenico Gabrielli (1659-1690).
(1)
famiglia di liutai, operanti a Cremona nei secc. XVI e XVII.
(2)
propriamente Gasparo Bertolotti, liutaio (Salò 1540 - Brescia 1609). Membro di una
famiglia di liutai, lavorò dapprima in Salò e dal 1562 a Brescia, per ca 2 anni, nel
laboratorio di G. Virchi. È considerato, con il cremonese A. Amati (cui la priorità
spetterebbe per ragioni anagrafiche), il creatore del violino moderno, dalle sonorità
piene e robuste. La sua produzione (viole, violini, lire, contrabbassi ecc.) fu
apprezzata in vari Paesi d'Europa: D. Dragonetti suonò su un suo contrabbasso; O. B.
Bull possedette due suoi violini; altri suoi strumenti furono in possesso di celebri
virtuosi. Il suo allievo più noto fu G. P. Maggini.
http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/3006_1¯o=4/c_1¯on
ame=BIOGRAFIE&refname=Gasparo%20da%20Sal%C3%B2%0A
LA LIUTERIA
AMATI
Propriamente Gasparo Bertolotti, liutaio (Salò 1540 - Brescia 1609). Membro di una
famiglia di liutai, lavorò dapprima in Salò e dal 1562 a Brescia, per ca 2 anni, nel
laboratorio di G. Virchi. È considerato, con il cremonese A. Amati (cui la priorità
spetterebbe per ragioni anagrafiche), il creatore del violino moderno, dalle sonorità
piene e robuste. La sua produzione (viole, violini, lire, contrabbassi ecc.) fu
apprezzata in vari Paesi d'Europa: D. Dragonetti suonò su un suo contrabbasso; O. B.
Bull possedette due suoi violini; altri suoi strumenti furono in possesso di celebri
virtuosi. Il suo allievo più noto fu G. P. Maggini.
http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/3006_1¯o=4/c_1¯on
ame=BIOGRAFIE&refname=Gasparo%20da%20Sal%C3%B2%0A
Giovanni Battista Guadagnini (Bilegno in Val Tidone (PC), 23 giugno 1711 - Torino, 18
settembre 1786) fu uno dei più grandi liutai (costruttori di violini e di altri strumenti
a corde) nella storia.
Dei suoi violini si parlò spesso come degli «Stradivari dei poveri», alludendo al lavoro
di Antonio Stradivari, considerato generalmente come il più grande maestro liutaio
di tutti i tempi. Guadagnini ha fatto violini (così come viole, violoncelli e
probabilmente altri strumenti ad arco) dal 1729 circa, fino alla morte, anche se i suoi
primi strumenti databili risalgono al 1742-43. La sua attività si suddivide in quattro
periodi principali che corrispondono alle quattro città italiane in cui ha vissuto e
lavorato: Piacenza (1716-1749), Milano (1749-58), Parma (1758-71), e Torino. Se a
Piacenza il suo apprendistato e i suoi primi strumenti dovettero accontentare una
piccola clientela, il trasferimento a Milano lo mise a contatto con altri liutai senza
che la competizione nuocesse al lavoro, e trovando sollievo dopo periodi difficili
seguiti alle conseguenze delle guerre di successione austro-spagnole (assedio di
Piacenza, morte delle prime due mogli). Grazie all'amicizia con i fratelli Paolo e Carlo
Ferrari, rispettivamente violinista e violoncellista di prestigio (specie il Carlo), sfruttò
la possibilità di trasferirsi a Parma, dove il nuovo regime illuminato instaurato dal
duca Filippo di Borbone e dal suo ministro Guillaume Du Tillot creò uno spazio di
mercato appetibilissimo per Giovanni Battista e protezione commerciale sul suo
lavoro. Inoltre, la presenza di un'orchestra di corte e di una buona attività musicale
creava condizioni di lavoro ottimali per il liutaio, nonostante l'ampliarsi continuo
della sua famiglia. Solo dopo il lento declino di Du Tillot seguito alla morte del duca
Don Filippo e all'episodio della cacciata dei Gesuiti da Parma, Guadagnini vaglia la
possibilità di trasferirsi altrove, individuando in Torino una piazza interessante. Qui
entra alle dipendenze del conte Ignazio di Salabue, appassionato di strumenti e
grande mecenate e commerciante, che sfrutterà il lavoro di Guadagnini sia come
produttore di strumenti originali, sia come mediatore per l'acquisto di strumenti
storici importanti (specie dalla dismessa bottega del defunto Antonio Stradivari a
Cremona), sia come esperto e restauratore. La collaborazione con Cozio si scioglierà
intorno al 1777, quando rescinderà il contratto di collaborazione con il conte
continuando a lavorare per lui solo occasionalmente. Caratteristica di Guadagnini fu
quella di vantare da un certo punto in poi (intorno a metà secolo) la propria nascita
come cremonese: questo gli permise a lungo di imporsi come ultimo erede della
mitica scuola della città di Stradivari e forse di vantare un discepolato stradivariano
che non è mai esistito, ma indubbiamente proficuo per la propria immagine e per i
propri affari. I suoi strumenti sono comunque una delle vette più alte della liuteria
italiana post-stradivariana, di ottima fattura in tutte le componenti ed eccellente
qualità sonora e di proporzione formale. Gli strumenti dell'ultimo periodo sono
generalmente considerati i migliori. Nella realtà, sembra oggi difficile continuare a
dare il soprannome di «Stradivari dei poveri» a strumenti che hanno raggiunto
quotazioni di vendita di un milione di dollari. Tuttavia, considerando che le vendite
dei violini Stradivari arrivano occasionalmente a cinque milione dollari, il paragone è
ancora valido. Il figlio Giuseppe e altri membri della famiglia di Guadagnini
continuarono a costruire violini per parecchie generazioni. Di questi, Lorenzo è
considerato il migliore dopo Giovanni Battista, seguito da Giuseppe.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Guadagnini
^
GLOSSARIO
Tavola armonica
Fondo
Fasce
Manico
Ricciolo
Piroli
Anima
Tastiera
Corde
Puntale
Arco
Tallone
Veretta
Punta
Crini
Sordina
SUONI ARMONICI
Armonici naturali
Sfiorando con un dito della mano sinistra un punto nodale della corda questo
produce un suono armonico, dall'effetto rarefatto da cui il nome improprio di
flautato in inglese flageolet letteralmente zufolo.
English: natural harmonics
La nota indica esclusivamente il punto in cui il dito deve sfiorare la corda e non
indica il suono reale.
In relazione al fenomeno fisico acustico di una corda eccitata che produce una serie
di suoni chiamati armonici, il cui rapporto col suono fondamentale sta alla serie
dei numeri 2,3,4 etc. in rapporto al numero 1, così sfiorando la corda in uno dei
punti che corrispondono alla metà, ad un terzo. ad un quarto etc. della sua
lunghezza, essa produrrà i rispettivi suoni armonici le cui frequenze stanno in
relazione al suono fondamentale nei rapporti suddetti.
E' da notare che i punti sfiorati rappresentano i punti nodali in cui la corda
scompone le sue vibrazioni; sfiorando la corda ad 1/3 essa scompone la sua
vibrazione in tre parti, per cui il solito armonico è prodotto sfiorando la corda a
2/3. Così come il solito armonico è prodotto sfiorando la corda ad 1/4 ed a 3/4,
così come ad 1/5 ed a 4/5 e così via.
In sostanza gli armonici naturali sono speculari rispetto alle due metà della corda.
Armonici artificiali
Porzione di corda sfiorata e relativo intervallo per ottenere i suoni prodotti dal
nuovo capotasto artificiale, e suoni armonici prodotti.
CONDOTTA DELL'ARCO
Più si suona verso posizioni acute più l'arco deve avvicinarsi al ponticello. Questo
dipende dal fatto che accorciandosi la porzione di corda vibrante varia anche il
punto di contatto medio dell'arco con la corda.
Pressione dell'arco, velocità e punto di contatto con la corda sono variabili l'una
dipendente dalle altre.
Pressione dell'arco
Velocità dell'arco
Aumentando la velocità dell'arco dobbiamo aumentare la pressione sulla corda
affinché l'arco posso far vibrare la corda altrimenti dovremmo spostare il punto di
contatto verso la tastiera in quanto offre meno resistenza. Inversamente, col
diminuire la velocità dell'arco dobbiamo diminuire la pressione per permettere alla
corda di vibrare altrimenti dovremmo spostare il punto di contatto verso il
ponticello in quanto offre maggiore resistenza.
COLPI D'ARCO
DETACHE'
Tartini beautifully described how to develop the technique of playing détaché the
separated stroke on the string; in his letter to Countess Lombardini, from 1771. He
instructed her to "play your Corelli allegro, in the last inch of the bow, with a rest
between each note", and then said "When you are mistress of that part of the bow,
then do the same stroke, a little further down".
The best way of developing the détaché stroke of articulation with the bow on the
string, was described by Viotti, who was an Italian violinist of the late 18th Century,
who then became the founding father of the French school. His method was to
alternate up bows and down bows but blurring across the beat so that the bow
stroke that fall on the naturally heavier beats of the bar alternates from up to down.
Dall Grove
Before the second half of the 19th century, dots, dashes and wedges were likely to
have the same meaning, although some notators and theorists
distinguished between dots and dashes, meaning different degrees of staccato, at
least from the time of Quantz (Versuch, 1752) and Leopold
Mozart (Violinschule, 1756), and it was generally expected in the 18th century that
performers would make use of a variety of different touches.
The autograph score of the Molto Allegro of Mozart's Symphony no.41, shows a
mixture of bold dashes and smaller staccato marks which, although they are
actually small dashes, have often been taken to represent dots. Such passages, in
which one or other form predominates or where smaller or larger
marks appear to be consistently associated with particular elements in the musical
phrases, have led many scholars to maintain that Mozart, and other
composers of the period whose autographs contain a similar variety of forms of
staccato marks, intended to indicate two distinct types of staccato
execution by means of these marks. On the basis of theoretical writings, the dash
has usually been considered to indicate a shorter and sharper
execution, and the dot a longer and lighter one (though the writings of some
theorists suggest alternative interpretations). Advocates of a deliberate
differentiation between dots and dashes in the music of some 18th-century
composers are, however, faced with rationalizing many passages, such as the
one in the illustration from the Andante of Mozart's String Quartet in E k614, where
the variety of the forms is so extensive as to render a
meaningful distinction between two distinct types impracticable. A number of
scholars (perhaps most persuasively P. Mies: 'Die Artikulationszeichen
Strich und Punkt bei Wolfgang Amadeus Mozart', Mf, xi (1958), 428-55) have argued
that the apparent distinction between dots and dashes resulted from
habits of writing, particularly at speed. This line of argument provides a plausible
alternative explanation of seemingly consequential differentiation
between the two forms. Whether or not a notational distinction was sometimes
intended, there can be no doubt that composers envisaged, and the best
performers employed, a continuous spectrum of subtly varied staccato execution,
not two discrete types. One distinction, almost invariably
observed by Mozart, Beethoven, and many of their contemporaries, was between
normal staccato marks and staccato marks under a slur indicating portato; in
the latter case, whatever the form of their marks elsewhere, they punctiliously
employed dots. In Baroque thoroughbass notation, vertical
dashes are sometimes used to indicate tasto solo passages, no doubt alsoimplying
some degree of emphasis or articulation.
In the late 19th and early 20th centuries a wide variety of signs came to be used to
signify various nuances of staccato articulation involving numerous
combinations of dots, vertical and horizontal dashes, vertical and horizontal wedges
etc., in the music of such composers as Debussy and
Schoenberg. Attempts have been made since then to standardize this aspect of
notation, but without general success.
Questo colpo d'arco si esegue alla corda arrestando l'arco prima di ogni
cambiamento di arcata, a differenza del successivo martellato l'attacco dell'arco
deve essere meno forte e avere minore pressione. A seconda della velocità del
pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con tutto l'arco, non più lento di 60
M.M. circa per nota, o con porzioni di esso.
Sfumature di staccato:
Dopo aver messo pressione all'arco tirarlo non togliendo pressione, in questo caso
si avrà un attacco del suono incisivo immediato e sostenuto, l'arrestare l'arco
mantenendone la pressione produce un suono non molto elegante.
PICCOLO STACCATO
Se definisce piccolo staccato uno staccato veloce verso la metà dell'arco eseguito
con movimento di polso.
MARTELLATO
Questa arcata dà un accento vivo all'inizio di ogni nota. L'arco deve mordere la
corda prima di iniziare l'arcata premendo sulla stessa e successivamente
abbandonando la pressione dopo la sua esecuzione ed arrestando l'arco sulla
corda. Si esegue con una flessione delle dita e del polso.
A seconda della velocità del pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con
tutto l'arco o con porzioni di esso.
fr. martelé ingl. 'hammered' notes. Si indica con un punto sopra la nota o con un
cuneo o con una forcella orizzontale. La sua velocità non supera quattro
semicrome, in un movimento da 60 M.M circa.
LEGATO
PICCHETTATO
Il picchettato è formato da una serie di suoni staccati veloci nella stessa arcata.
Viene indicato con un punto sopra le note legate od anche un cuneo quando se ne
richiede un'esecuzione accentuata.
PICCHETTATO LISCIO
Il picchettato può essere anche liscio, semplice, senza fare pressione sull'arco ad
ogni attacco, si indica con un puntino sopra le note legate. Questo colpo d'arco si
esegue su tutto l'arco a tempo moderato.
PICCHETTATO MARTELLATO
Nel picchettato martellato ogni nota viene eseguita martellata, si indica con un
punto sopra la nota o con un cuneo o con una forcella orizzontale sopra le note
legate. Questo colpo d'arco si esegue su tutto l'arco a tempo anche veloce. La
porzione di arco usata è in relazione al valore della nota come avviene nel
martellato.
Nell'esecuzione di questo colpo d'arco viene usata una minima quantità d'arco
preferibilmente verso la metà, 3/8 e 4/8 sulle corde di maggiore spessore, 5/8,
6/8. Si esegue con movimento delle dita e del polso e se il tempo è moderato
anche con il braccio e l'avambraccio. Nell'avvicinarsi alla punta si ha difficoltà a
sollevare l'arco ed al tallone l'effetto è molto pesante.
Nell'esecuzione di questo colpo d'arco viene usata una minima quantità d'arco
preferibilmente verso la metà, 3/8 e 4/8 sulle corde di maggiore spessore, 5/8,
6/8. Nell'avvicinarsi alla punta e ad tallone l'arco salta rispettivamente troppo o
troppo poco.
Questo colpo d'arco è uno spiccato nella stessa arcata, viene denominato
anche picchettato volante quando eseguito in su. Come per lo spiccato si esegue
più facilmente verso la metà dell'arco: 3/8-4/8-5/8-6/8, oltre una certa velocità si
trasforma in un colpo d'arco saltato.
PICCHETTATO SALTELLATO
Come per il saltellato si esegue più facilmente verso la metà dell'arco: 3/8-4/8-5/8-
6/8. Viene chiamato anche balzato.
L'ACCENTO
L'accento si indica con il simbolo > sopra la nota, si ottiene dando maggior velocità
e/o maggior pressione all'arco.
CAMBIAMENTO DI POSIZIONE
Per sostituzione
I cambiamenti di posizione per sostituzione si fanno con il dito che si trova sulla
nota di partenza sempre premendo sulla corda ma in modo leggero.
GLISSANDO (Portamento)
GROVE
Glissando
(italianized, from Fr. glisser: 'to slide'; It. strisciando).
A term generally used as an instruction to execute a passage in a rapid,
sliding movement. When applied to playing the piano and the harp, glissando
generally refers to the effect obtained not by fingering the key or strings
of scales but by sliding rapidly over the relevant keys or strings with the
fingernails or the fingertips. Because of the nature of the piano and the
harp, every individual tone or semitone of such glissando scales is clearly
heard, no matter how rapid the 'sliding' (see Harp, §V, 7(iv) (b)). On the
other hand, with the voice, violin or trombone, a sliding from one pitch to
another is more readily effected without distinguishing any of the
intervening notes, a method of sliding which is often called Portamento (see
Portamento (i) and (ii)). Other instruments capable of sliding are the
clarinet, the horn and the timpani. By their very nature, both types of
sliding must be legato and relatively rapid.
In practice, the terms glissando and portamento are often confused and used
interchangeably. However, if the distinctions made above are kept, it
follows that the piano and the harp, which have fixed semitones, can play
glissando but not portamento; and the voice, members of the violin family
and the trombone can produce either type of sliding, although glissando is
far more difficult for them.
Two examples of sliding on the violin will illustrate the distinctions just
made between the two terms. Ex.1a shows a chromatic glissando (Lalo:
Symphonie espagnole, fourth movement), although no such term is used by
Lalo. The passage shows clearly that Lalo wished every semitone to be
distinguished in the downward slide from e'''' to e'', even at the speed
implied by the demi-semiquavers. The slur directs the player to use a single
bow stroke for the glissando, and the use of a single finger in sliding is
implied (up to the last few notes). This type of glissando probably had its
origins either in the 'Couler à Mestrino' (ex.1b), a quasi-portamento
expressive effect illustrated by Woldemar (Grande méthode ou étude
élémentaire pour le violon, Paris, 1798-9) but apparently adopted by Nicola
Mestrino in most slow movements, or in Rameau's idea, in the first violin
part of his opera Platée (1749), of depicting the words 'Ce sont des pleurs'
(Act 3 scene iv) by 'sliding the same finger, and making audible the two
quarter-tones between e' and f'.
n ex.2, taken from the second movement of Bartók's Fourth String Quartet,
the composer indicated a sliding by a diagonal line - he used no terms.
Obviously, at the prestissimo tempo of the movement, the slide must be a
portamento, there being no time to distinguish any intervening notes. All
four instruments of the quartet are directed to slide, as shown.
The first known composer to specify glissando was Carlo Farina, whose
imaginative, if ostentatious, efforts to imitate animal and bird sounds in
his Capriccio stravagante (1627) extended the technical and descriptive
range of violin writing. Modifications to the neck and fingerboard of bowed
stringed instruments about 1800 resulted in a marked increase in the
exploitation of the higher positions on all strings, with either tonal
uniformity or bravura effect in mind, and opened the way for 19th-century
virtuosos such as Lolli and Paganini to incorporate the glissando in their
technical vocabulary. Descending glissandos were more common and most
examples of violin glissando occurred on the E string (e.g. as in the first
movement of Bériot's Second Violin Concerto, 1835, or in Vieuxtemps's Third
Violin Concerto op.25, 1844). However, Lolli is reported (AMZ, i (1798-9),
col.577-84, esp. 580) to have 'glided [from g'], without further fingering,
through all the mediants to [g''] and so on . up to the extreme end of the
fingerboard. Only the bow marked the main notes with a short staccato, while
the finger . slid to the final note'. The una corda extravaganzas of
Paganini (e.g. Introduction and Variations on 'Dal tuo stellato soglio' from
Rossini's Mosè in Egitto, ?1819) and his successors (e.g. Vieuxtemps's Norma
op.18, c1845 or Bériot's Air varié op.52) resulted in the common
exploitation of glissandos on the G string. However, the effect has been
prescribed for all strings of the instrument (e.g. ascending and descending
in 6ths in Bériot's Third Violin Concerto, first movement), for most
stringed instruments and in a variety of instrumental genres, ranging from
solo works (e.g. Britten's Violin Concerto, 1939; Szymanowski's Nocturne and
Tarantella op.28, 1915) to chamber music (e.g. the opening of Penderecki's
String Quartet no.1, 1960) and examples from the orchestral repertory (e.g.
Strauss's Till Eulenspiegel, 1894-5). The glissando has been employed in
original and effective ways by such composers as Giacomo Manzoni (Nuovo
incontro, 1984) and Salvatore Sciarrino (Capricci, 1975).
CAPOTASTO
TRILLO
LE SCALE
La diteggiatura, come altre volte espresso, rappresenta un primo passo
interpretativo degli aspetti formali e armonici e di ricerca del colore strumentale.
L'aspetto ritmico è uno dei principi per diteggiare la scala; in una accentuazione
binaria dobbiamo far coincidere i cambiamenti di posizione con gli appoggi
ritmici. La diteggiatura proposta si riferisce ad una corda singola, considerando
l'uso delle prime posizioni e delle corde a vuoto per il raggiungimento della prima
corda La.
per la 2° ottava (e per le ottave pari), partendo dalla diteggiatura precedente con
il Do4 col il 2° dito, avremo: 2-1-2-1-2-1-2-1
Per la chiusa delle ottave dispari al fine di aver la chiusa 1-2-3 dobbiamo usare la
diteggiatura 1-2-1-2-3-1-2-3, che pur contrastando l'andamento ritmico nel
passaggio 3-1 è la migliore per la chiusa 1-2-3.
^
ACCORDI E BICORDI
Normalmente gli accordi vengono eseguiti suonando le note due a due. In genere
si porta l'arco verso la tastiera per avere una attacco più flessibile. Ci sono casi in
cui necessità ritmiche necessitano l'esecuzione non spezzata dell'accordo, questa
esecuzione normalmente viene usata con accordi di tre note. Si porta l'arco verso
la tastiera per permettere alle corde di flettersi e perché la curvatura delle corde è
meno accentuata, si attacca l'accordo sulla corda centrale, che flettendosi
permetterà di suonare anche le estreme.
ESPRESSIONI
ALLA CORDA
Nella tecnica degli strumenti ad arco indica un'esecuzione con l'arco sulla corda,
un colpo d'arco né gettato né saltato. English: on the string
During the middle of the 20th Century, with the demand for string players to make
more and more gramophone recordings the technique of playing off the string
gradually rose into the ascendancy, this was mainly because it was easier to do and
easier to get together.
SCIOLTO
LISCIO
LA DITEGGIATURA
Il cambio di posizione produce, nel suo atto fisico, una cesura nello svolgimento
del discorso musicale, è necessario quindi al fine di non contrastare l’andamento
fraseologico che esso avvenga nei cosiddetti punti morti, i punti di giunzione degli
incisi, delle semifrasi, delle frasi e dei periodi. Una diteggiatura che non tenesse
conto di questo aspetto produrrebbe inevitabilmente una mancanza di respiro e
uno scompenso esecutivo.
In epoca barocca una delle prassi esecutive era il cambio di posizione durante
l’esecuzione di una corda a vuoto nel qual caso non viene avvertito l’interruzione
del discorso musicale.
Altro aspetto nell’individuazione della diteggiatura sta nel rilievo timbrico. L’uso
di corde a vuoto e delle prime posizioni danno una sonorità luminosa aperta e
piana al contrario dell’esecuzione in posizione dove vengono enfatizzati colore e
sfumature.
pp Così pure nella forma sonata il carattere contrastante dei due temi verrà
sottolineato da due scelte di diteggiatura diverse. Il carattere propositivo del
primo tema richiederà un risalto timbrico nelle prime posizioni, mentre per il
secondo tema ci si orienterà verso una diteggiatura espressiva in posizione.
Queste le linee generali che dovranno tenere conto delle diteggiature obbligate,
per cui nella diteggiatura di un brano conviene partire da i punti tematici rilevanti
per adeguare gli altri a questi.
LE ARCATE
^
SARABANDE SUITE V INTERPRETAZIONI A CONFRONTO
Questa danza rappresenta, insieme all'Allemande della VI°, un pezzo che assume
un valore assoluto per bellezza ed implicazioni concettuali, come avviene nel Films
"La caduta degli Dei" di Luchino Visconti. Molto lontana dalla sua origine di danza,
priva di armonia verticale, offre un esempio, come del resto tutte le Suites per cello
solo, di armonia lineare. Seguendo la tendenza del modo minore non modula alla
dominante ma al relativo maggior e alla sottodominante.
Faccio notare che le note relative alla prima corda sono state segnate un tono
sopra; essendo prevista per questa Suite l’abbassamento di un tono della I° corda
(da La2 a Sol2), ciò permettere di leggere le note sulla I° corda nelle normali
posizioni, come avviene negli strumenti traspositori.
EDIZIONE:
La I° frase del I° periodo batt. 1-4 è interpretata con un andamento di arcate che,
a mio avviso, altera il senso musicale.
Il I° inciso (bat. 1) ed i successivi vengono interpretati con un’arcata che suggerisce
un andamento binario, mentre il loro movimento segue un ritmo ternario
corrispondente ad i movimenti di battuta; inoltre l’arcata contrasta il senso
armonico.
Se osserviamo la bat 1 vediamo come l’arcata legata coinvolge nel suo insieme
anche il Si1 slegandolo dalla nota successiva Do2, arcata che fa perdere flessibilità
armonica ed intensità espressiva al suo carattere di appoggiatura.
Tutta la frase viene interpretata con questo andamento errato che falsa la purezza
del canto facendolo respirare in punti errati.
Anche l’innocua legatura Sol1-Sol2 a bat. 3, nel punto di articolazione della II°
semifrase, è a mio modo di sentire da evitare; l’ultimo inciso della frase, sul quale
sembra dissolversi la tensione lirica della frase stessa, suggerisce nel momento di
aspettazione della sua articolazione, la naturale dissolvenza.
EDIZIONI:
Pierre Fournier
Enrico Mainardi
EDIZIONE:
Legenda
Il frammento, preso dal manoscritto di Anna Magdalena Bach, alle battute 23-25,
offre poche arcate. Probabilmente ciò non significa che debba essere suonato tutto
separato, ma usando questo colpo d’arco si riesce più facilmente a scoprire la forma
della frase. In questo caso particolare, suonando tutto sciolto, si può notare che la
linea ascendente costituita dalle prime sette note della seconda battuta è un’unità
separata dalle restanti cinque note. Dopo questa analisi, possiamo scegliere di
evidenziarla nell’ambito delle arcate sciolte, oppure legare le sette note in una sola
arcata (cosa che preferisco) per metterle in risalto rispetto alla linea discendente.
C’è quasi sempre più di un’arcata per dare forma ad una frase, ma è sempre la
forma della line melodica a determinare l’arcata.
Uno dei problemi più grandi del nostro periodo è costituito dalle edizioni moderne,
che spesso forzano la struttura della linea musicale con delle arcate arbitrarie.
Probabilmente ogni violoncellista avrà visto edizioni in cui il passaggio
precedentemente illustrato viene fraseggiato in arcate di quattro note (figura 8.2).
Musicalmente, questo fraseggio non ha più senso di quanto avrebbe, nella lingua
parlata, raggruppare le lettere di questa frase in gruppi regolari di quattro (ragg rupp
arel elet tere diqu esta fras eing rupp ireg olar idiq uatt ro)! In musica, come nella
scrittura, questo tipo di raggruppamento arbitrario impedisce all’esecutore di
vedere oltre all’immagine distorta creata dalle arcate e di riconoscere la vera linea
melodica. La cosa più importante per tradurre in musica la struttura di una frase è la
scelta di un’arcata che la evidenzi. La nostra scelta delle arcate deve perciò
cominciare e crescere da un tentativo consapevole di percepire quella struttura.
L’abitudine nella scelta delle arcate non è mai un punto di partenza valido.
Penso che si possa concordare con quello che dice Pleeth, anche se questo, secondo
me, non rappresenta uno degli esempi più eclatanti di fraseggio errato.
Nell’esempio 1 riporto lo schema della frase ed una sua (secondo me) possibile
interpretazione, che evidenzia gli incisi e le note di armonia.
L’errore evidente (come dice Pleeth) nell’esempio 8.2, è quello di legare le quattro
semicrome del secondo movimento della seconda battuta, dove avviene
l’articolazione degli incisi es. 1.
^
Esempi di arcate dal libro di -William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio
Editore
Questa frase rappresenta una progressione imitata, come indicato dallo schema
es. 1. In questo caso l’interpretazione proposta da Pleeth mi sembra corretta, una
possibile arcata consiste nell’esecuzione legata dell’antecedente, legando
successivamente l’imitazione, personalmente lego a due anche le quattro crome
dell’ultimo movimento, soluzione che mette in risalto la parte discendente
all’attacco dell’arcata e non evidenzia la parte che rimane ferma, dando un
maggiore equilibrio al passo.
^
Ultima Suite la sesta ci introduce sin dal preludio in una gioiosa atmosfera di
festa. La Gavotte II° ne richiama l'atmosfera festosa. Anche se non espresso si
tratta di una gavotte di in rondeau.
Il periodo che ritorna (A , refrain), si mantiene nella tonalità principale, mentre gli
altri periodi introducono delle modulazioni.
Orchestra
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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Orchestra (disambigua).
Il termine orchestra nell'antica Grecia e a Roma designava il luogo (alla base della cavea,
davanti al logeion, palcoscenico) di un teatro dove si svolgeva l'azione scenica del coro
danzante (da ορχήομαι, orchéomai, danzare) e fu reimpiegato nel Rinascimento per
denominare l'area immediatamente di fronte al palcoscenico.
L'uso della parola orchestre o orquestre per riferirsi a un ensemble strumentale, invece
che un luogo fisico nel teatro, appare in Francia nella seconda metà del Seicento. La
parola orchestra indica genericamente un insieme di molti strumentisti. Come istituzione,
l'orchestra è nata nei secoli XVII e XVIII in Europa ed è stata in seguito diffusa nel resto
del mondo. Le attuali orchestre di musica classica sono formate da strumenti musicali ad
arco, a fiato e a percussione.
Indice
1Categorizzazione
o 1.1Complessi da camera
o 1.2Orchestra da camera
o 1.3Orchestra filarmonica
o 1.4Orchestra sinfonica
1.4.1Struttura
1.4.2Disposizione
2Storia
o 2.1Orchestra d'archi o barocca: Seicento e Settecento
o 2.2Orchestra da camera o classica: Settecento e Ottocento
o 2.3Orchestra sinfonica o romantica: Ottocento e Novecento
o 2.4Orchestra da film (ad esempio le orchestre che dirigevano le musiche di Looney Tunes e di Tom &
Jerry)
3Note
4Bibliografia
5Voci correlate
6Altri progetti
7Collegamenti esterni
6 Dessus
4 Haute-Contre ovvero Haute-Contre Taille
4 Taille
4 Quinte ovvero Cinquiesme
6 Basse
In questo organico è rappresentata la famiglia completa degli archi nella forma in cui era
utilizzata nella Francia del XVII secolo. I dessus erano violini, mentre con haute-
contre, taille e quinte si indicavano tre taglie diverse di viole, tutte però accordate come
la viola attuale; più grandi erano gli strumenti, più gravi erano le parti che vi si eseguiva.
Infine, vi erano i basse de violon, corrispondenti al nostro violoncello, ma accordati un tono
sotto.[3]
A questo organico si affiancavano strumenti destinati alla realizzazione del basso
continuo: clavicembalo o organo, tiorba o arciliuto, arpa, ecc. Nelle altre nazioni, il gruppo
di archi era completato da un violone o contrabbasso che eseguiva la stessa parte dei
violoncelli un'ottava più in basso. A questi si affiancavano saltuariamente (e praticamente
mai tutti insieme) oboi, flauti dritti, flauti traversi, fagotti, trombe, tromboni, corni, timpani.
Il clarinetto, da poco inventato, fece l'ingresso in orchestra verso la metà dello stesso
secolo, e in casi particolari vennero aggiunte altre percussioni (ad esempio, la cosiddetta
"musica alla turca": triangolo, grancassa e piatti). I tromboni, che erano già usati da molto
tempo nella musica sacra si aggiunsero solo alla fine del settecento nell'orchestra
operistica. All'inizio del XIX secolo si cominciò a strutturare definitivamente l'orchestra
sinfonica con l'aggiunta di altre percussioni e della tuba.
Nel corso del secolo il numero dei musicisti in orchestra continuò a crescere fino alle
dimensioni e alla composizione attuale. Spesso l'orchestra viene designata attraverso il
numero di fiati della stessa famiglia che vengono utilizzati. Ad esempio, un'orchestra a
2 prevede coppie di flauti, di oboi, di clarinetti, ecc. mentre un'orchestra a 3 vede affiancati
ai due flauti anche l'ottavino, alla coppia di oboi il corno inglese, ecc. Con l'aumentare del
numero dei fiati, aumenta conseguentemente il numero di archi. Benché il numero esatto
di questi ultimi non venga quasi mai specificato, quando l'orchestra è a 3 si tende ad
utilizzare il seguente standard, istituito dalla tradizione di esecuzioni di lavori
di Wagner e Richard Strauss:
16 violini primi
14 violini secondi
12 viole
10 violoncelli
8 contrabbassi.
Ultimamente si fa strada l'abitudine di segnare gli strumenti dell'orchestra di un brano
attraverso una stringa numerica nella quale sono indicate le famiglie strumentali
dei legni, ottoni, percussioni, strumenti polifonici e archi, separate tra loro da barre oblique.
Per ogni strumento viene poi indicato il numero in orchestra. Ad esempio:
2222/4230/tmp perc (2)/ar pf/ archi
si legge:
2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti / 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
nessuna tuba / timpani (con un esecutore addetto) più percussioni generiche suonate da
altri 2 esecutori/ arpa, pianoforte / archi (violini I, violini II, viole, violoncelli, contrabbassi)
Quando si voglia indicare strumenti diversi da questi, li si inserisce nella famiglia
appropriata, abbreviandoli.
Ad es: ott 222 clb 2/... si legge ottavino, 2 flauti, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti.
Quando lo stesso strumentista è chiamato a suonare due strumenti diversi all'interno della
stessa composizione, lo strumento alternativo viene segnato tra parentesi. Ad es:
3(ott)3(cr ing)3(clb)3(cfg), va inteso come 3 flauti (il terzo con l'obbligo dell'ottavino), 3 oboi
(il terzo con l'obbligo del corno inglese), e così via. Non esiste una lista standard delle
abbreviazioni, tanto più che esse variano a seconda del paese di utilizzo.
Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida
sull'uso delle fonti.
Diamo a titolo puramente esemplificativo l'organico più usuale per diversi tipi di orchestra,
tenendo presente che solo nell'Ottocento si avrà una certa standardizzazione degli
strumenti mentre nei periodi precedenti le varianti erano la regola.
Orchestra d'archi o barocca: Seicento e Settecento[modifica | modifica
wikitesto]
2 flauti
2 oboi
2 oboi d'amore
2 oboi da caccia
2 trombe
2 corni
archi (violini I e II, viola)
basso continuo (strumenti melodici: fagotto, violoncello, contrabbasso; strumenti
armonici: liuto, arciliuto, tiorba, clavicembalo, organo)
Orchestra da camera o classica: Settecento e
Ottocento[modifica | modifica wikitesto]
2 flauti
2 oboi
2 clarinetti
2 fagotti
2 corni
2 trombe
3 tromboni
timpani
archi (violino I concertante (o di spalla), che aveva il ruolo di dirigere gli altri strumenti,
violini I e II, viole, violoncelli e contrabbassi)
Orchestra sinfonica o romantica: Ottocento e
Novecento[modifica | modifica wikitesto]
2 flauti (anche ottavino)
2 oboi (anche corno inglese)
2 clarinetti (anche clarinetto basso)
2 fagotti (anche controfagotto)
2 sassofoni (anche sax)
4 corni
2 trombe
3 tromboni
1 tuba
timpani
percussioni varie (grancassa, rullante, piatti, triangolo, celesta)
2 arpe
archi (primi e secondi violini, viole, violoncelli e contrabbassi)
nasce la figura del direttore d'orchestra
Orchestra da film (ad esempio le orchestre che dirigevano le musiche
di Looney Tunes e di Tom & Jerry)[modifica | modifica wikitesto]
La base è l'orchestra romantica ma spesso i fiati sono "a 3" e con alcune aggiunte:
3 flauti (ottavino)
3 oboi (corno inglese)
3 clarinetti (clarinetto basso)
2 sassofoni
3 fagotti (controfagotto)
4 corni
3 trombe
2 tromboni tenori
1 trombone basso
1 tuba
timpani
percussioni generiche (compresi marimba, xilofono, glockenspiel, vibrafono e celesta)
strumenti elettronici o elettrificati (tastiere, Onde Martenot, theremin, chitarre elettriche)
arpa
pianoforte
archi
Note