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lezione 18 De Anima, Metafisica, Etica

venerdì 10 novembre 2023 14:29

Eravamo rimasti su che cos’è l’anima.


Anche la conoscenza è legata all’anima, ma in una maniera un
po’ diversa rispetto a Platone.
Per Platone l’uomo è essenzialmente anima, per Aristotele
l’uomo è il corpo che ha vita, ossia l’anima che vivifica il corpo,
non c’è l’uno senza l’altro. Siccome l’anima è l’atto primo di un
corpo, per Aristotele, quando muore il corpo, muore anche
l’anima. Aristotele però non lo dice esplicitamente, è una
relazione che ipotizziamo noi, anche perché c’è una difficoltà
determinata da un’altra relazione: intelletto attivo e intelletto
passivo, dove invece pare che ci sia una sorta di intelletto
immortale.
Com’è fatta l’anima?
Anche per Aristotele è tripartita, ma queste parti tra loro
hanno un rapporto di contenenza: quella al vertice della scala
contiene tutte le altre. La più bassa funzione dell’anima è
quella
- vegetativa, che si chiama in grego fiutikon, che riguarda
la nutrizione e la riproduzione. L’anima nutritiva esiste
anche nelle piante.
- anima sensitiva, aestetikon, le piante non ce l’hanno
perché si fermano all’anima nutritiva, gli animali le hanno
entrambe: si riproducono e mangiano, e poi hanno
sensazioni.
- l’anima intellettiva: riguarda il pensiero e la volontà,
dianoetikon, e caratterizza piuttosto l’uomo.
L’uomo sviluppa il rapporto di continenza di tutte e tre:
all’interno di quella intellettiva c’è quella sensitiva, dentro la
quale a sua volta c’è quella nutritiva. L’uomo può sviluppare il
ragionamento.

Quando parla della struttura dell’anima Aristotele parla anche


della conoscenza, e come avviene?
Tramite la percezione sensoriale, afferma che ogni oggetto
agisce su uno o più organi di senso, attraverso la percezione
sensoriale tanto gli uomini quanto gli animali sono anzitutto in
Quando parla della struttura dell’anima Aristotele parla anche
della conoscenza, e come avviene?
Tramite la percezione sensoriale, afferma che ogni oggetto
agisce su uno o più organi di senso, attraverso la percezione
sensoriale tanto gli uomini quanto gli animali sono anzitutto in
grado di difendersi dai pericoli. Questi cinque sensi sono una
prima forma di conoscenza, in cui i soggetti percepiscono le
proprietà degli oggetti percepiti, l’udito percepisce i rumori,
ecc ecc.
Quand'è che si ha percezione?
Quando l’oggetto agisce sull’organo sensorio e ne muta la
condizione. Con il mutare entrano in gioco atto e potenza. Qual
è questa condizione iniziale che muta? Si parla di senziente in
potenza fino a senziente in atto. Da oggetto percepibile in
potenza, ad oggetto percepito in atto. Anche la conoscenza è
un passaggio dalla potenza all’atto. L’organo sensorio passa da
potenza in atto.
Ma ci sono diversi gradi di verità e certezza in questa
percezione: sono sempre vere le percezioni di quegli oggetti
che si chiamano:
- sensibili propri: danno una conoscenza certa. Come
avviene? Quand'è che una percezione è sempre vera?
Quando percepiamo il sensibile proprio di ciascun senso.
Io vedo giallo un oggetto giallo. Si può quindi in questo
caso essere sicuri che l’oggetto che abbiamo davanti sia
quello che effettivamente sta passando dalla potenza
all’atto. Senso per senso, cioè un senso alla volta, quando
si accumulano iniziano i problemi.
Ci sono però anche delle possibilità di errore nella conoscenza,
e avvengono quando ci sono:
- sensibili comuni: quando entrano in gioco più sensi, in
comune, e sono: movimento, quiete, numero, figura, e
grandezza, per esempio un oggetto in movimento lo
percepiamo con il tatto, con la vista. Questa
combinazione può essere difettosa e generare un
inganno, ma determinato dal fatto che il sensibile è dato
da più organi di senso.
- sensibili per accidente: anche in questo caso c’è un
inganno: il senso non si inganna sulla qualità dell’oggetto
ma sulla sua qualificazione. Se io vedo qualcosa e lo
identifico come giallo, è tutto normale, ma se già dico
“giallo miele” compio un accidente. Come faccio a
- sensibili per accidente: anche in questo caso c’è un
inganno: il senso non si inganna sulla qualità dell’oggetto
ma sulla sua qualificazione. Se io vedo qualcosa e lo
identifico come giallo, è tutto normale, ma se già dico
“giallo miele” compio un accidente. Come faccio a
stabilire correttamente la definizione di miele associato
ad un dolore? Così la conoscenza diventa sempre meno
certa.
Testo T4: rispetto a ciascun senso si deve parlare anzitutto dei
sensibili: due sono sensibili per se, l’altro per accidente.
Testo T5: introduce un nuovo concetto. Spiega meglio la
conoscenza con l’intervento del pensiero: non è che avviene
tutto con i sensi, ma avviene un’elaborazione delle percezioni.
Questa elaborazione è conoscenza, che differenzia gli uomini
dagli animali. Ma introduce anche il concetto di fantasia (che
noi traduciamo con immaginazione).
Che cos’è la fantasia? Una facoltà intermedia tra sensi e
intelligenza, però non esiste senza sensi, e senza di essa non
c’è comprensione intellettiva.
Il formarsi di immagini è determinata da qualcosa, ci deve
essere una percezione in atto, perché l’immaginazione fornisce
al pensiero il materiale su cui lavorare. Al contempo però il
pensiero, per pensare, ha bisogno di immagini, quindi è
necessaria l’immaginazione. Il pensiero non pensa senza
immagini sensibili. Nella relazione tra atto e potenza,
l’intelletto quando pensa realizza la sua funzione propria, il
passaggio dall’atto alla potenza, entelegheia.
Il problema nasce adesso: deve avvenire il passaggio da
qualcosa che è in potenza a qualcosa che è in atto, ma abbiamo
detto che per avvenire, deve esserci un mutamento, che
predispone una situazione iniziale di mancanza, di assenza di
qualcosa che all'interno dell'oggetto muterà.
Aristotele distingue due tipi di intelletto:
-intelletto in potenza, passivo, immateriale
-intelletto in atto, attivo, agente, efficiente.
È l’ultimo che attualizza i contenuti dell’altro intelletto.
Dobbiamo immaginarlo come un’illuminazione, illumina dei
contenuti che sono opachi. La questione è che l’intelletto attivo
può essere sempre e solo in atto perché ci sia questo
movimento (che è un movimento non fisico ma noetico), che è
l’anima. Così sembra che sia immortale, e questo è il problema
dell’anima separata che sembra essere immortale.
può essere sempre e solo in atto perché ci sia questo
movimento (che è un movimento non fisico ma noetico), che è
l’anima. Così sembra che sia immortale, e questo è il problema
dell’anima separata che sembra essere immortale.

LA METAFISICA
Abbiamo già detto che questo termine non lo usa Aristotele ma
Andronico di Rodi, che fa un ordine tassonomico delle opere
aristoteliche. Come la chiama Aristotele? Lo abbiamo visto con
il primo passo del primo testo: lo chiama filosofia prima, o
teològia.
Che cos’è per Aristotele la filosofia prima? È sempre una
scienza teoretica, viene prima di tutte le altre perchè studia le
sostanze immobili, cioè studia L’ESSERE IN QUANTO ESSERE,
non l’essere e basta.
Tra le scienze teoretiche, anche la matematica studia l’essere,
in quanto numero, la fisica in quanto movimento, la metafisica
studia l’essere in quando essere, non studia cose nei loro
particolari, ma le cose che sono in quanto sono, per il
semplice fatto di essere.
L’essere si dice in tanti modi, quant e sono le categorie. La
metafisica studia i tratti generalissimi di tutto ciò che è. Studia
il fatto che ogni cosa che è al contempo unica, e diversa dalle
altre. Riprende il problema del Sofista, che si interroga sui
generi sommi. In quanto studio dell’essere, la metafisica sarà
chiamata in seguito (ma non da Aristotele) ontologia. Dice
Aristotele che alcuni termini sono plurivoci, nel senso che
hanno più voci, sono ambigui, l’essere si dice in tanti modi
quanti sono le categorie.
Nella metafisica non compare la divisione tra sostanze prime e
seconde, compare cosa?
Il significato primario di essere, a cui tutti gli altri significati si
riconducono. Questo continua ad essere ravvisato della
sostanza, della quale si dice che tutto è, e poi si dice che tutto è
dato dalla sostanza. Si può dire che è la sostanza, e che poi
tutto il resto esiste perché proprietà della sostanza. La sostanza
è ciò che è propriamente. Il movimento è in quanto c’è una
sostanza che si muove, altrimenti non ci sarebbe quello che
noi chiamiamo movimento.
“Todetin” dice Aristotele.
L’esempio è che Socrate è magro ed è brutto, ma tutto ciò si
riferisce sempre ad una sostanza.
Nelle categorie chiaramente diventa sostanza prima.
sostanza che si muove, altrimenti non ci sarebbe quello che
noi chiamiamo movimento.
“Todetin” dice Aristotele.
L’esempio è che Socrate è magro ed è brutto, ma tutto ciò si
riferisce sempre ad una sostanza.
Nelle categorie chiaramente diventa sostanza prima.
L’obbiettivo della metafisica dunque è indagare la sostanza, e
rientra la domanda “ti estì”, che cos’è.
Ad Heiddeger non interessa, perché taglia i pezzi degli scritti di
Aristotele.
Qual è la causa per cui una sostanza è quella che è, ossia
qualcosa di determinato che sussiste di per se? Introduce una
nuova nozione: le sostanze sia naturali che artificiali sono
composte da un sinolo, cioè un insieme di materia e forma,
che organizza e determina una materia. Se non ci fosse la
materia però non ci sarebbe neanche la forma. La forma è ciò
che garantisce l’identità di ciascun individuo.
Ora, alla filosofia prima compete lo studio degli assiomi, cioè i
principi primi, poiché essi riguardano l’essere, e sono implicati
in qualunque forma di sapere.
Il più saldo di tutti i principi è il principio di non contraddizione,
i principi non sono dimostrabili, ma sono alla base di ogni
costruzione, e non si possono contraddire, sennò si dice il
falso.
IL PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE
T6: qui INTRODUCE il principio, lo enuncia nella penultima
frase. Si sta parlando delle attribuzioni di una proprietà ad una
determinata sostanza. Esempio, Francesco è bianco e nero. Ma
francesco può essere sia bianco che nero, riguarda il soggetto,
non gli attributi.
- qualità
- relazione
- tempo
Sono fondamentali : la neve è bianca, ORA È BIANCA.
Il principio di non contraddizione contiene sia il principio di
identità che il principio del terzo ?
La verità non è eterna.
Posso dire che Francesco è bianco e nero, ma se già metto
relazione e tempo devo stare attenta. Cioè se dico che
Francesco ha la pelle bianca e nera adesso, è un errore, sto
violando il principio di non contraddizione. Ma se invece dico
francesco è bianco e nero adesso, senza la pelle, posso dirlo.

IL MOTORE IMMOBILE
relazione e tempo devo stare attenta. Cioè se dico che
Francesco ha la pelle bianca e nera adesso, è un errore, sto
violando il principio di non contraddizione. Ma se invece dico
francesco è bianco e nero adesso, senza la pelle, posso dirlo.

IL MOTORE IMMOBILE
Se ne parla anche nella Fisica e nel De Cielo, ma il 12 libro della
metafisica lo esplica. I medievali lo intesero come Dio, ma
Aristotele non lo dice mai.
Per Aristotele esistono gli dei, non un solo dio, e questi dei
sono astri, necessari a muovere i corpi, perché abbiamo il
mondo lunare e mondo sublunare. Il cielo è caratterizzato da
questi astri, che vengono chiamati dei, e che servono al
movimento. Questi astri hanno una forma di movimento, ma
non è quello classico della fisica, ma girano sempre, girano
eternamente e da sempre intorno alla terra.
Ma se il loro girare è eterno richiede una causa che agisca
continuamente, che è nuova e che sia sempre in atto. Questo
atto è puro, è superiore agli altri atti, quindi non abbiamo un
solo motore immobile ma diversi motori. Questi dei significa
attribuire delle credenze agli astri ma per motivi politici, ma
scientificamente i motori immobili nei cieli sono gli astri.
Tra tutti gli astri, tra tutti i motori immobili c’è ne uno, che
muove il cielo delle stelle fisse, ce n'è uno che anticipa gli
altri. Come nella mitologia esiodea e omerica. Questo sarebbe
Zeus rispetto agli altri dei. Aristotele scrive i trattati, Platone i
dialoghi.
Testo T1: dobbiamo capire la causa del movimento, che
“muove come in vista di qualcosa” (che ricorda l’ultima delle
quattro cause) e “oggetto di eros”.
Il cielo per amore muove, e qui viene ripreso da Dante. Ma il
movimento circolare lo porta a muoversi con se stesso, e
quindi quale causalità eserciterebbe? Perché il paragone con
eros?
L’amante vuole raggiungere l’amato, perché vuole raggiungere,
ma se si muove in maniera circolare, non lo raggiunge mai.
Quindi perché si muove? Non per raggiungimento di
qualcosa, solo per generare movimento. Diventa così una
causa efficiente, la causa motrice di questo pensiero.

L’ETICA
Che cos’è ? una scienza. Un tipo di scienza pratica, osserviamo
l’azione, non siamo più nella teoretica. Aristotele scrive tre
causa efficiente, la causa motrice di questo pensiero.

L’ETICA
Che cos’è ? una scienza. Un tipo di scienza pratica, osserviamo
l’azione, non siamo più nella teoretica. Aristotele scrive tre
opere di etica:
-nicomachea (più imp)
-eudemia
-magna moralia (non si è sicuri che sia sua)
La prima è l’etica a Nicomaco, figlio di aristotele, e troviamo i
consigli di un padre verso il figlio, chiaramente in maniera
scientifica. In Grecia chiaramente ci sono dei canoni
comportamentali, che sono quelli degli eroi di cui si narrano le
vicende. Ci si lega a quello che viene detto in questo scritti, che
riguardano anche questioni religiose. Per i greci è importante
comportarsi in maniera gradita per gli dei. L’etica di Aristotele
però, rispetto all’etica platonica, è molto più concreta, è un
etica umana in cui si possono riconoscere tutti. Lui dice che
tutte le azioni umane sono rivolte ad un fine, tutte le azioni
sono determinate da ragionamenti razionali. Questi fini sono
diversi chiaramente, ma diventano anche dei mezzi: c’è però
sempre un fine ultimo, che è per Aristotele il bene supremo ,
che lui chiama Aristòn. Il comparativo è Agatòs, aretè vuol dire
virtù. La virtù ha la stessa radice di bene, quindi vi è
connessa.
Ma che cos’è il bene supremo? è l’ottimo, la felicità, e come si
fa ad essere felici?
La felicità, dice Aristotele, non è fare ciò che si vuole, ma è una
questione connessa all’etica.
L’etica nicomachea vuole spiegare cos’è la felicità: prende in
considerazione le opinioni più diffuse sulla felicità dicendo che
poi nessuna è convincente. Il primo libro riguarda l’ergon, cioè
la funzione propria di un opera dell’uomo. Cioè: l’ergon dello
scultore che cos’è? Fare la statua.
Ma l’uomo in quanto specie, ha un suo compito?
Si, ma sempre determinata dal logos. Moralità e logos sono
fortemente connessi. L’uomo è l’unico animale politico e
dotato di parola, può discutere di ciò che è giusto e ciò che
non è giusto. Quando dice questo introduce il concetto di
virtù, e guarda l’individuo singolo. Noi diciamo genericamente
che l’uomo è virtuoso quando si comporta bene, ma in
Aristotele è comunque una qualunque forma di eccellenza,
quindi l’essere virtuoso non è solo esercitare le proprie
non è giusto. Quando dice questo introduce il concetto di
virtù, e guarda l’individuo singolo. Noi diciamo genericamente
che l’uomo è virtuoso quando si comporta bene, ma in
Aristotele è comunque una qualunque forma di eccellenza,
quindi l’essere virtuoso non è solo esercitare le proprie
funzioni, ma farlo nel miglior modo possibile.

immagini:
da un lato ecomostro, dall’altro la fermata di Toledo.
L’architetto dell’eco mostro non ha realizzato nel modo
migliore, l’architetto di via toledo ha realizzato il proprio ergòn.
E dunque la felicità che cos è ? la realizzazione delle capacità
umane nella maniera eccellente. Felice significa fatto bene,
realizzato il proprio ergon, meglio di così non poteva fare,
quindi è stato virtuoso.
Se lo realizzo male e in maniera non virtuosa realizzo un vizio,
esercitare una propria funzione ma non avendo come fine
l’eccellenza vuol dire cadere nel vizio.
Esistono le virtù etiche e le virtù dianoetiche
Le prime riguardano il carattere dell’uomo e che si
acquisiscono con la pratica, le seconde riguardano la ragione,
per lo sviluppo del comportamento virtuoso.
Le virtù etiche non sono esercizio della ragione, ma devono
essere compiute in conformità di una scelta razionale.
L’esercizio della ragione sono le virtù dianoetiche.
Qui entra in gioco la teoria del giusto mezzo, la “regola
dell’etica”.
Abbiamo tre immagini:
-la temerarietà (che è eccesso di coraggio)
-coraggio
-codardia
Tra gli estremi scelgo il giusto mezzo, ma non è sempre lo
stesso per tutti, dipende da ognuno di noi. Atleti e bambini non
hanno lo stessa alimentazione, perché non hanno gli stessi
obbiettivi: l'atleta deve seguire una corretta dieta per
realizzare il suo ergòn. Questo dimostra che le etiche in
generale non sono come le scienze certe, teoretiche, non sono
esatte, cambiano. Non è la matematica. L’etica deve essere
flessibile, deve avere regole ma anche delle eccezioni.

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