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FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

1^LEZIONE

7 Ottobre 2020

La filosofia del linguaggio ha una storia lunga e complicata. Si è istituzionalizzata


come disciplina autonoma nel ‘900, seconda metà.
Già Platone e Aristotele si sono interessati al linguaggio. Aristotele è il filosofo che
ha utilizzato categorie esistenti nella logica contemporanea, identità, concetti di
predicato… Prima del ‘900 non esisteva accademicamente.
Gottlob Frege: logico matematico, filosofo del linguaggio, nato alla fine dell’800.
Importante perché in qualche modo fondatore della logica contemporanea.
Wittgenstein: filosofo in cui più è chiaro il passaggio dall’analisi del linguaggio alla
problematica della mente. Cos’è? Se quando pensiamo, quando abbiamo un
pensiero, credenza, speranza, questi desideri corrispondo ad entità reali oppure no,
capire se queste entità esistano oppure no.
ONTOLOGIA: SI OCCUPA DI CIO’ CHE ESISTE. IL NOSTRO LINGUAGGIO PARLA DI
COSE CHE ESISTONO O NO?
E’ uno dei problemi della filosofia analitica del linguaggio. Il problema del significato.
Cos’è il significato? Esistono diverse teorie a riguardo.
Differenze tra logica e grammatica del linguaggio comune
L’analisi logica ci rivela che non sempre il linguaggio corrisponde a certe
caratteristiche messe in evidenza dalla logica.

Aristotele si è occupato del linguaggio attraverso la sua analisi logica del linguaggio
ed è stato il filosofo che ha utilizzato categorie che sono ancora oggi presenti nella
logica contemporanea: proposizione categorica, contraddizione, il concetto di
identità, principio di identità, concetti di predicato, soggetto.
Fanno parte della logica.
Però è anche vero che il linguaggio è diventato un oggetto di studio filosofico
soprattutto nel ‘900.
A partire dalla teoria del significato arriviamo a degli esiti importanti:
i rapporti tra il linguaggio e i problemi della mente, intensionalità.
Forma grammaticale vs forma logica
1- Socrate è un filosofo
2- Socrate è il maestro di Platone
3- Socrate è amico di Alcibiade
In grammatica 1,2,3 hanno la stessa struttura (soggetto-copula-predicato nominale).
In logica, invece, presentano ciascuno un diverso uso del verbo essere:
1. Enunciato soggetto-predicato
2. Relazione di identità, enunciato di identità
3. Relazione in cui si trova Socrate: relazione di amicizia
Socrate è un maestro di Platone-> Platone ha avuto più di un maestro.
2^LEZIONE

8 Ottobre 2020

La filosofia del linguaggio è diventata un’area specialistica della riflessione filosofica


vicino alla linguistica.
Molti linguisti hanno preso a modello le indagini della filosofia del linguaggio.
Quine è un punto di riferimento importante, filosofo analitico importante, le sue
riflessioni sulla traduzione.
Di cosa si occupa la filosofia del linguaggio?
E’ stata fondamentalmente un orientamento inizialmente filosofico della cosiddetta
filosofia analitica e ha come suoi maggiori rappresentanti Frege, Wittgenstein,
Quine.
Tra questi vi è anche Russell, il più grande logico del ‘900 e importante filosofo del
linguaggio.
Sua è la Teoria delle descrizioni.
E’ diventata poi una disciplina abbastanza autonoma.
RIFERIMENTO E TEORIA DEL SIGNIFICATO
TEORIA DENOTAZIONISTICA DEL SIGNIFICATO
METALINGUAGGIO: con il quale si parla del linguaggio oggetto, escogitato da Tarski
Modi corretti di formare gli enunciati in logica->
LINGUAGGIO OGGETTO

 Nomi propri-> individui (Socrate, Aristotele, Giovanni…)


Quando metto tra virgolette compio una manovra metalinguistica, Quine la
definisce ascesa semantica, mi riferisco a un nome e non all’individuo
“Socrate” denota (l’individuo) Socrate.
 Nomi comuni -> classi di individui, a proprietà (albero, montagna, persona…)
Entità astratta-> emerge il limite della teoria denotazionistica
 Verbi-> azioni (correre, parlare, mangiare, studiare…)
 Aggettivi-> proprietà di individui (alto, basso, saggio, intelligente…)
 Nella logica contemporanea la differenza tra nomi comuni e aggettivi
considera entrambi i casi, casi di predicazione:
Es. Napoli è una città x è una città
Napoli è grande x è grande
Seleziono la classe che contiene tutte le cose grandi (la mia casa/Roma è grande).
 Avverbi-> proprietà di azioni (velocemente, attentamente, intensamente…)
ONTOLOGIA: SCIENZA ARISTOTELICA DELL’ESSERE, LA LEGGE DI CIO’ CHE ESISTE
E gli Enunciati? Cosa denotano?
Secondo Russell gli enunciati denotano i fatti.
Un enunciato è vero -> quando denota un fatto.
Un enunciato è vero se e solo se -> c’è un fatto in sua corrispondenza
L’esistenza di un fatto è la condizione di veridicità di un enunciato.
Un fatto è ciò che corrisponde a un enunciato vero.
Esistono, però, anche fatti logico-matematicamente impossibili.
3^LEZIONE

14 Ottobre 2020

Un approccio alla teoria del significato che viene notato dalla linguistica è quello
denotazionistico.
Il significato è l’oggetto, l’entità possiamo dire, cui si riferiscono le varie espressioni
linguistiche, le varie parti del discorso.
A cosa si riferisce la congiunzione “ma…”, se il significato è ciò a cui ci riferiamo? In
effetti già i logici medievali avevano risolto questo problema, avevano
esplicitamente detto che:
tutte queste parti del discorso, come le congiunzioni, non hanno assolutamente
nessuna denotazione, sono le cosiddette parti sincategorematiche

parti del discorso che hanno significato soltanto


nel contesto, ma che non si riferiscono a nulla
Nomi comuni: classi di individui

Ci sono dei problemi:


I verbi denotano le azioni, ma esiste qualcosa come IL CORRERE, IL PARLARE, LO
STUDIARE, IL MANGIARE. Sono verbi che hanno singolarmente un significato, ma è
difficile pensare che il significato di questi verbi sia costituito da entità, anche se
qualcuno l’ha detto, perché c’è una parte della filosofia analitica del linguaggio che si
occupa dell’azione, degli enunciati di azione e qualcuno ha interpretato questi
enunciati in qualche modo simili agli enunciati soggetto-predicato:

es. Giovanni sta correndo molto velocemente.


Esiste un’entità, un evento che è il correre di Giovanni e questo correre avviene
velocemente, questo correre è veloce.
Enunciato soggetto-predicato
L’Accendino è nero simile a il correre di Giovanni e questo correre è veloce, dove
velocemente è stato trasformato in predicato, gli avverbi possono essere
interpretati come predicati di azioni.
ONTOLOGIVCHE>: PARTE DELLA FILOSOFIA CHE SI OCCUPA DI QUELLO CHE ESISTE:
ESISTE UN’ENTITA’, UN EVENTO CHE E’ IL CORRERE DI FIOVANNI, COSA FACCIAMO?
STIAMO RIPORTYANDO TUTTO IL NOSTRO LINGUAGGIO NELL’AMBITO DI QUELLA
CHE VIENE CHIAMAYA LOGICA PREDICATIVA DEL PRIMO ORDINE.
LOGICA PREDICATIVA è LA LOGICA DEGLI ENUNCIATI SOGGETTO-PREDICATO X è
BELLO, DOBE X è UNA VARIABILE E BELLO è IL PREDICATO. X è PRIMO LA STESSA
MATEMATICA RIENTRA NELLA STRUTTURA LINGUISTICA SOGGETTO.PREDUCATO
COME AVREBBE DETTO FREGE è UNA FUNZIONE, CIOè? ASSUME UN VALORE A
SECONDA DI QUELLO CHE SOSTITUISCI ALLA VARIABILE X
X è PRIMO: E SOSTITUISCO LA X CON 2
X è pari, se al posto di x metto 2-> 2 è pari ed è vero
Se al posto di x metto 5, x è pari è falso
Il concetto di predicato, della struttura soggetto-predicato, è quella che Frege aveva
chiamato una esplicitazione del concetto.
Cos’è un concetto?
Un’espressione insatura, che può essere vera di varie cose.
Per esempio “essere dispari”, può essere un’espressione insatura perché dispari è
vero del numero 1,3,5,7,9,11,13… Come posso esprimere un concetto?
Tramite una VARIABILE e un PREDICATO.
La grande intuizione di Frege è che queste espressioni matematiche, che sono dette
funzioni, non sono solo tipiche della matematica, ma sono tipiche anche del nostro
linguaggio.
X è una città simile a X è primo
Essere una città è uguale a essere primo
Da un lato il concetto di essere numero primo
Dall’altro il concetto di essere una città
Da questo discorso viene fuori la TEORIA DEI CONCETTI DI FREGE:
Il concetto è una funzione, perché come in matematica la funzione ha un valore in
uscita, c’è variabile dipendente e indipendente, dove per variabile indipendente si
intende l’input che sto dando, mentre il risultato è la variabile dipendente.
X+2= 5, è chiaro che quell’x vale 3
X è primo/dispari è chiaro che la variabile indipendente è la x a cui posso sostituire 3
e ottenere come risultato del dispari che risulta essere vero.
X è una città, questo è vero se x=Napoli, Torino
Le funzioni enunciative, i concetti sono enunciati che danno come valore un valore
di verità .
Il concetto è un’espressione predicativa dove c’è una variabile e c’è un predicato. Il
predicato è il concetto vero e proprio.
Il valore di verità è la variabile dipendente cioè il concetto...
IL CONCETTO E’ UNA FUNZIONE CHE HA COME VALORE SEMPRE UN VALORE DI
VERITA’.
Mentre le funzioni matematiche hanno come valore dei numeri, sono funzioni da
numeri a numeri, le funzioni enunciative, i concetti, come li chiama Frege, sono
enunciati che danno come valore, un valore di verità. Diverso dal caso della
matematica, perché se io dico x+2=y, se ci metto 3 al posto della x, la y è 5, se metto
1, allora y è uguale a 3. Sono funzioni che vanno da numeri a numeri.
Nel linguaggio abbiamo a che fare con funzioni che vanno da oggetti qualunque
essi siano, anche di tipo matematico, perché potrei dire 2 è un numero primo.
X è un numero primo e al posto della x metto 2, l’enunciato-> “2 è un numero
primo” -> Ottengo come risultato la verità. Ottengo un enunciato vero.
Se al posto di X metto 6-> L’enunciato “6 è un numero primo” -> Ottengo come
risultato il falso.
Questa è la struttura generale secondo Frege che è comune sia alla lingua, al
linguaggio, sia alla matematica: la struttura del pensiero è identica sia nel caso
della matematica che del linguaggio.

Nella nostra logica occidentale i valori di verità sono 2: la VERITA’ e la FALSITA’.


Poi ci sono delle logiche a 3,4 o 5 valori.
Una logica a 3 valori-> Vero, falso e probabile.
Nella teoria della probabilità:
 L’enunciato vero ha valore uguale a 1;
 L’enunciato falso uguale a 0
 ½ è la probabilità-> tra 0 e 1
I valori di verità sono 2: il vero e il falso, questo l’aveva già detto Aristotele e questo
è il cosiddetto PRINCIPIO DI BIVALENZA.
Un enunciato o è vero o è falso, è il principio del Terzo escluso. Non c’è una
possibilità intermedia.
Aristotele stesso faceva quest’esempio e diceva:
Supponiamo che io dica
1. Domani o ci sarà una battaglia navale
2. (Domani) o non ci sarà una battaglia navale.
Questo è un enunciato che è sempre vero. Perché se ci sarà è vero, se non ci sarà è
sempre vero.
Viceversa se io dico in modo asseverativo “Domani ci sarà una battaglia navale”, a
meno che io non sia un indovino, come faccio a saperlo, a dire che è falso o vero
oggi, se l’evento non si è ancora verificato?
E allora diceva Aristotele che un enunciato di questo tipo “Domani ci sarà una
battaglia navale”, o anche “Domani non ci sarà una battaglia navale”, è un
ENUNCIATO INDECISO, non sappiamo se ha un valore di verità determinato.
Questo serve a chiarire in qualche modo il concetto di VERITA’ e FALSITA’, parliamo
quindi in questi termini.
La logica matematica non ha a che fare necessariamente con degli eventi verificabili
(quella è la scienza), si occupa, invece, dell’argomentazione, e quindi
dell’argomentazione corretta.
Se dico:
o Tutti i cantanti sono cani
o X/y è un cantante
o X/y è un cane
E’ un enunciato corretto dal punto di vista logico, così come lo è l’argomentazione
standard di Aristotele:
 Tutti gli uomini sono mortali
 Socrate è un uomo
 Socrate è mortale
In questo caso ci troviamo di fronte non solo ad un’argomentazione corretta, ma
anche di fronte ad un enunciato vero.
Quando parliamo dei significati ci troviamo inevitabilmente a parlare da una parte
delle entità a cui ci riferiamo (il termine Socrate si riferisce all’individuo Socrate; il
termine bello alla proprietà bella; il termine albero alla classe e così via) e dall’altra
abbiamo a che fare con il concetto di verità, perché vogliamo sapere se i nostri
enunciati sono veri oppure falsi.
Se dico:
Questo albero che ho di fronte casa mia è alto 30m, questo enunciato può essere
vero oppure falso; se è alto meno di 30m è falso, se è alto 30m è vero, se è alto più
di 30m è ancora falso.
Nel momento in cui parliamo di significato siamo inevitabilmente portati a discutere
della relazione semantica tra il linguaggio e la realtà.
Usiamo il linguaggio per fare cosa? Per parlare del mondo. Questo è l’aspetto
descrittivo del linguaggio, ma anche per comunicare i nostri stati d’animo,
sentimenti, le nostre debolezze e così via.
Possiamo, quindi, attribuire al linguaggio varie funzioni, non solo quella denotativa.
Originariamente quando si è cominciato a parlare di teorie del significato, fin dai
tempi di Platone, si parlava, appunto, dell’aspetto descrittivo.
Cos’era il significato di un predicato per Platone? Erano le idee.
Qual era il significato del termine predicativo “cavallo”? La cavallinità.
Perché chiamiamo il cavallo “cavallo”?
Perché partecipa dell’idea della cavallinità e quindi, diciamo così, quest’idea si è
incarnata in un oggetto particolare che è il cavallo particolare che mi sta di fronte.
Un altro grosso problema è quello delle entità astratte, in cui si batte la teoria del
significato.
Nel Medioevo si è discusso molto circa queste entità, la cosiddetta DISPUTA SUGLI
UNIVERSALI: se cioè i termini generali si riferiscono a qualcosa che esiste realmente
oppure no.
Esiste il bello, la proprietà di essere bello, indipendentemente da me, oppure è
semplicemente un nostro modo di esprimerci?
Questo è stato un grosso dibattito nella filosofia scolastica medievale ed è tornato in
auge anche in questi anni, o meglio, nel nostro ‘900, a cominciare proprio da alcuni
filosofi, tra cui uno è proprio Frege.
La parte della filosofia che si occupa:
Del bello: la estetica
Del giusto: la morale
Del buono: la filosofia del diritto
Si tratta di estrapolazioni fatte sul modello del riferimento oggettuale, cioè il
riferimento agli oggetti. I nostri oggetti sono quelli a cui noi ci manteniamo fermi.
Questo oggetto è un albero, un palazzo… la struttura è sempre quella soggetto-
predicato.
Al soggetto corrisponde un oggetto, al predicato, ovviamente, corrisponde un
concetto, come avrebbe detto Frege.
X è un palazzo è vero -> se e solo se x è un palazzo
Se l’oggetto che ho di fronte soddisfa la descrizione, il concetto “essere un palazzo”.
1) La capitale di x
Questa è una funzione che non va da oggetti a valori di verità, ma va da oggetti a
oggetti e si parla di soddisfacimento.
La capitale della Francia = Parigi
La capitale della Germania = Berlino
2) L’attuale re di x è alto
L’attuale re di Francia è alto, di cosa sto parlando?
E’ un enunciato falso. Naturalmente è falso per la x che vale Francia, ma può valere
per altri casi.
3) L’autore di x
Abbiamo una funzione, perché vera per alcuni valori, falsa per altri.
Se metto al posto della x “Promessi Sposi” ottengo Manzoni come valore.
Il linguaggio secondo Frege è ambiguo, non possiamo ridurlo semplicemente a un
fatto di denotazione.
Per Frege le dimensioni del significato sono perlomeno 2, non una: non è possibile
ridurre tutta la teoria del significato a un rapporto di linguaggio/parole e
realtà/mondo. Dobbiamo in qualche modo guardare a due dimensioni e sono quelle
che Frege chiamava, in un articolo del 1892 “Sinn und Bedeutung”:
 La dimensione del senso-> Sinn
E’ significato vero e proprio, il senso.

 La dimensione del significato-> Bedeutung


E’ ciò di cui parliamo: l’oggetto di cui parliamo, a cui ci riferiamo.
Tradotto come denotazione o riferimento.
Secondo Frege bisogna introdurre la nozione di senso contrapposta a quella di
significato/denotazione.

4^ LEZIONE

15 Ottobre 2020

Frege è stato un grande logico, matematico, filosofo matematico, filosofo del


linguaggio. Ha riscontrato un’affinità tra concetto di funzione matematica e alcuni
modi di analizzare il linguaggio e di alcune operazioni semantiche che sono tipiche
del linguaggio, ma anche della matematica. Interpreta il linguaggio in termini
matematici, facendo notare che il primo non imita la matematica, ma che la
struttura linguistica del nostro linguaggio e la struttura matematica della
matematica presentano delle affinità.
L’affinità che intende sottolineare particolarmente è quella tra concetto di
FUNZIONE in matematica e nel linguaggio: non è che il concetto di funzione
appartiene solo alla matematica, ma anche al linguaggio.
Esempio 1 e 2
dove per 1 e 2 si intende l’enunciato:
1) X è una capitale europea = V o F [Cx]-> formula logica.
E’ per Frege una funzione che esprime un concetto, quindi il concetto per Frege
è una funzione.
Il concetto qui è: “capitale europea” o come si dice in logica “essere una
capitale europea”.
Questo concetto che cosa comprende? Comprende un certo numero di oggetti.
Infatti l’articolo di Frege si chiamava “Concetto e oggetto” (Funktion und Begriff,
1891)
Qual è la differenza tra il concetto e l’oggetto?
L’oggetto è saturo
Il concetto è insaturo, non perfettamente completo, deve essere completato.
L’espressione “x è una capitale europea” è insatura in questo caso perché deve
essere saturata dalla x, perché “x” non mi sta dicendo cos’è una capitale
europea, ma devo sostituirla col nome di oggetti quali: Berlino, Parigi, Roma…
L’espressione “capitale europea” si riferisce a un insieme, a una classe, quindi
alla CLASSE DI TUTTE LE CAPITALI EUROPEE.
Abbiamo da un lato un’espressione insatura, cioè il concetto, dall’altra
l’espressione, il nome che la satura, la completa.
La x sostituita con il nome di un oggetto deve saturare la C, il predicato.
Per cui, il predicato (il concetto) è ciò che deve essere saturato, completato da
un oggetto.

Quando parliamo di predicati, parliamo di entità linguistiche che si possono


riferire a classi (o insiemi), o a proprietà.
Posso dire per esempio:
 Berlino ha la proprietà di essere una capitale europea
Analogamente potrei dire che: DUALISMO
 Berlino appartiene alla classe delle capitali europee
DUALISMO: ci esprimiamo tramite espressioni predicative che fanno riferimento, a
nostra scelta per così dire, o a classi o a proprietà.
Qual è il tipo di logica che sta dietro il nostro modo di esprimerci?
LOGICA PREDICATIVA-> che mette in relazione espressioni (termini) individuali
rappresentati dalle variabili x con predicati, i quali sono per forza di cose generali.
Quello che conta in questo momento è mettere in evidenza che il valore
assunto dal concetto x è una capitale europea, che significa “essere una
capitale europea”, è un valore di verità.
Siamo di fronte a quella che Russell avrebbe chiamato [funzione enunciativa]
Se alla x sostituisco Berlino otterrò un enunciato che mi dà come valore il VERO.
Il valore di verità di questa funzione per l’argomento x= Berlino è il Vero:
X= è l’argomento o variabile indipendente
VERO O FALSO= è il valore o variabile dipendente

2) La capitale di x = o oppure i
Dove -> O= oggetto
I= individuo
È il caso dei termini singolari. In questo caso l’esempio è un po’ diverso, non
abbiamo più a che fare con una funzione enunciativa, cioè con il concetto, ma
siamo in presenza di una [funzione descrittiva] o descrizioni definite.
Perché definita? La differenza tra il 1° e il 2° enunciato qual è?
Se dico x è una capitale europea che potrebbe essere Parigi, Roma, Berlino…
E’ una funzione enunciativa-> che va da oggetti a valori verità
Nel caso della funzione descrittiva o descrizione definita come l’ha chiamata
B. Russell-> è una funzione che va da oggetti a oggetti.
Perché nel caso 1 completiamo un enunciato, quello che viene chiamato anche
ENUNCIATO APERTO, perché la x non è stata ancora stabilita. Se al posto della x
metto Tokyo, è falso, ma è pur sempre un enunciato.
Nel caso 2 abbiamo una funzione che va da oggetti a oggetti. Per esempio se
dico “L’autore di x”, dove per x sta la Divina Commedia, ottengo Dante Alighieri.
Per x= Francia, 2 dà Parigi come valore (denotatum)
Per x= Italia, 2 dà Roma come valore (denotatum)
DENOTATUM: è la denotazione, l’oggetto a cui si riferisce l’espressione.
(Come nel caso di “Dante”, nell’espressione “L’autore della Divina Commedia”.)

2bis) L’autore di x = i
Per x= Il Processo, otteniamo Kafka
Per x= Promessi Sposi, otteniamo A. Manzoni
“Esperimento”
L’autore della Divina Commedia= Dante
Quello che viene dopo “=” cos’è? E’ l’individuo.
La capitale della Francia= Parigi -> E’ un oggetto.
FUNZIONE DESCRITTIVA-> Va da oggetti a oggetti. Prende, cioè, oggetti come
argomenti, o come variabili indipendenti, e dà in uscita come output altri oggetti a
differenza del caso della funzione enunciativa dove abbiamo una funzione che va da
oggetti a valori di verità.
Queste funzioni mi danno in uscita un oggetto, quindi mi danno in uscita il
RIFERIMENTO a cui l’espressione descrittiva si riferisce, fa riferimento.

Il valore delle funzioni descrittive è un oggetto e questo oggetto lo possiamo


considerare come ciò a cui l’espressione si riferisce. Andando al caso 1 “x è una
capitale europea”, se ci metto “Berlino, Parigi…”

[43:00]
Nel caso: “L’autore dei Promessi Sposi”, non è un enunciato, ma un’espressione che
si riferisce a un individuo, una descrizione, un modo per riferirmi a un individuo.
Manzoni è uno scrittore-> ho un enunciato completo
L’autore dei Promessi Sposi …-> ho una descrizione, un modo di riferirmi a un
individuo
Nel primo caso è un ENUNCIATO
FUNZIONE ENUNCIATIVA-> perché quando vado a sostituire la x ottengo un
enunciato.

Nel secondo caso è una DESCRIZIONE DEFINITA


Ci dà la denotazione: denotatum l’oggetto a cui si riferisce l’espressione, ci dà il
riferimento.
Gli enunciati non si riferiscono a dei fatti ma a dei valori di verità.
Individuo/ oggetto come output
Gli enunciati non si riferiscono ai fatti ma a valori di verità.
Frege, Sinn und Bedeutung (1892)
Senso e significato/ denotazione/ riferimento
A=A
A=B
I VALORI DI VERITA‘ sono degli oggetti logici.
Referente ciò a cui ci riferiamo.
1) La stella della sera è uguale alla stella della sera
2) La stella del mattino è uguale alla stella della sera

1 caso principio aristotelico di identità


2 caso incremento della nostra conoscenza
Differenza conoscitiva, i due oggetti con cui abbiamo avuto a che fare, la stella del
mattino e della sera, sono lo stesso e identico oggetto.
Kant-> enunciato analitico
A=B

5^LEZIONE

21 Ottobre 2020

Ci sono dei problemi nella teoria strettamente denotazionistica del significato, che è
la teoria del bambino, che apprende le parole e le indica, e pare che una delle cose
che fa il neonato è indicare con il dito: cos’è? Significa riferirsi a qualcosa, avere un
atteggiamento intenzionale verso qualcosa, avere quindi un atteggiamento che si
riferisce a qualcosa. Il linguaggio è questo, è una delle pratiche dell’intenzionalità.
… Frege
Il riferimento non è sufficiente a capire che cosa sia il significato, tanto che Frege
elabora una teoria in cui secondo lui le dimensioni del significato sono almeno due.
Per Frege è fondamentale distinguere due ASPETTI della significazione:
problema con gli enunciati, se noi possiamo dire che un nome proprio si riferisce a
un individuo, ma c’è qualcosa di più nell’ambito della significazione.
La teoria del significato non può essere ridotta…
I filosofi medievali…
A=A
A=B

6^LEZIONE
22 Ottobre 2020
E’ importante la distinzione di Frege tra Sinn e Bedeutung.
Fondamentalmente il significato è un termine molto vago, si scinde in due
dimensioni: della denotazione (che non è sufficiente a capire…) e la dimensione del
senso.
Quando parliamo condividiamo delle informazioni.
Se parlo con y di Aristotele, se y non sa chi è Aristotele e non l’ha mai sentito, mi
chiede chi sarà A, non capirà il significato dell’enunciato che sto proferendo.
Bisogna avere delle competenze, non solo lessicali ma anche cognitive, perché se
non condividiamo un tipo di info non riusciamo a comunicare.
Ecco perché diventa importante il senso.
Sapere che Aristotele si riferisce a un individuo, bisogna sapere quali sono le info
legate a questo nome. Se so chi è, so che è stato un grande filosofo…
Sono tutte info che appartengono a quello che Frege chiama il senso.
IL SENSO E’ UN’INFO, O UN INSIEME DI INFO, PERTINENTI CHE CI CONSENTONO DI
CAPIRE A CHI CI STIAMO RIFERENDO.
Su questo punto è stato sufficientemente chiaro, Frege dice che condividiamo i
pensieri comuni, le info cognitive che possono essere anche empiriche,
condividiamo questi sensi per poter interloquire, senza le quali non riusciremmo a
comunicare.
DESCRIZIONE DI UNA PERSONA, QUALI SONO LE SUE CARATTERISTICHE, LE SUE
PROPRIETA’ E COSì VIA. Il senso è importantissimo, è il modo in cui l’oggetto ci viene
dato, il nome con cui si individua…
Come seleziono ARISTOTELE, attraverso una sua specifica proprietà.
Questo la dice lunga sulla questione: quando comunichiamo, comunichiamo
fondamentalmente delle info senza cui non ci potremmo capire.
IL SENSO E LA DENOTAZIONE. E’ vero abbiamo parlato delle espressioni singolari, dei
nomi propri e sappiamo che il nome proprio è definito come ciò che si riferisce a un
oggetto, se parlo del numero due sto parlando …
Distinzione per i nomi propri, per gli oggetti, o termini singolari.
Ma esiste anche una distinzione analoga per i predicati ed enunciati?
Frege non dice assolutamente nulla per i predicati.
TAVOLA SINOTTICA
Le espressioni sono tre:
- Termine singolare
- Predicato
- Enunciato
Modo di presentazione-> il modo in cui ci viene dato, la funzione del senso è quella
di far capire a un probabile interlocutore di chi sto parlando
Lo stesso vale con il predicato che ha come denotazione un concetto
ESSERE VERDE-> Per Frege è un predicato, ovviamente un predicato è un termine
generale (diverso dal termine singolare).
La denotazione di un predicato è un concetto, un concetto è un’entità astratta
Qual è il senso del predicato? IL MODO DI PRESENTAZIONE. FREGE NON L’HA MAI
DETTA. I PIU’ GRANDI INTERPRETI DI FREGE… ANALOGAMENTE AL TERMINE
SINGOLARE, IL MODO IN CUI IL CONCETTO CI VIENE DATO.
Il concetto di UOMO E DI ESSERE UMANO: ESISTONO VARI MODI DI DESCRIVERE
ENUNCIATO: IL SENSO è DATO DAL GEDANKE (PENSIERO E NELLA TRAD. FILOSOFICA
CHIAMATO ANCHE PROPOSIZIONE (CONCETTO CHE VIENE DALLA F.MEDIEVALE)
È il contenuto di pensiero di un enunciato
Es. banalissimo:

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