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- Combustibili fossili

Nel corso degli ultimi anni, il termine “combustibili fossili” fa da co-protagonista in


moltissime discussioni riguardanti le difficoltà ambientali che sta affrontando il nostro
Pianeta, dai cambiamenti climatici al surriscaldamento globale. Oltre ad essere una delle
maggiori cause di inquinamento, la dipendenza dell’umanità intera dai combustibili fossili
ha instaurato nell’opinione pubblica un sentimento di paura e insicurezza, favorendo la
ricerca e lo sviluppo delle energie alternative e/o rinnovabili. Ma, di preciso, che cosa sono ?
Sebbene molte persone spesso si riferiscono a questo termine solo pensando alla benzina e al
petrolio, il gruppo dei combustibili fossili è molto più ampio e comprende altre risorse
energetiche. Come l’umanità ne sia diventata così dipendente e quali strategie si possano
attuare per rimpiazzarli sono due dei temi più affrontati al giorno d’oggi.
Per comprendere appieno cosa sono i combustibili fossili, l’ideale è iniziare dalla definizione
del termine. I combustibili fossili sono fonti energetiche che si sono formate in seguito
alla decomposizione anaerobica (che avviene in assenza di ossigeno) di materia vivente
che contiene energia come risultato di un processo antico di fotosintesi. Tipicamente,
questi organismi sono morti milioni di anni fa, taluni addirittura nel periodo cryogeniano
(circa 650 milioni di anni fa, quando si è verificata una delle glaciazioni più importanti della
storia del Pianeta Terra). I combustibili fossili contengono alte percentuali di carbonio e
l’energia è contenuta nei loro legami chimici.
Si possono trovare sotto forma di petrolio, carbone, gas naturale e altri combustibili composti
da idrocarburi. Mentre petrolio e gas naturale si sono formati in seguito alla decomposizione
di organismi che hanno abitato la Terra, il carbone e il metano sono il risultato della
decomposizione delle piante terrestri. Nel primo caso si ritiene che grandi quantità di
fitoplancton e di zooplancton si siano depositate sul fondo di oceani e laghi milioni di anni
fa. Con il passare del tempo, questa materia organica si è mescolata con il fango ed è stata
“sepolta” sotto pesanti strati di sedimento. Il calore e la pressione provenienti dal centro della
Terra hanno causato alterazioni nella loro composizione chimica formando composti di
carbonio. Nel secondo caso, invece, la fonte originaria è individuabile in piante morte
ricoperte dal sedimento durante il periodo Carbonifero (tra il periodo Devoniano e quello
Permiano; circa tra i 300 e i 350 milioni di anni fa). Con il passare dei secoli, questi depositi
si sono solidificati, dando vita e distese di carbone, o convertiti in gas, formando il metano e
il gas naturale.
Per comprendere cosa sono i combustibili fossili e come mai siano diventati un tema molto
attuale, bisogna certamente fare riferimento ai loro impieghi nell’era moderna. Il carbone è
stato utilizzato sin dall’antichità come combustibile, soprattutto nelle fornaci per fondere i
minerali metallici. L’olio non trattato e non raffinato è stato per esempio bruciato per secoli
nelle lampade per favorire l’illuminazione; gli idrocarburi semi-solidi (come il catrame) sono
stati utilizzati per l’impermeabilizzazione (in gran parte sul fondo di imbarcazioni e sulle
banchine) e per l’imbalsamazione. L’impiego su larga scala dei combustibili fossili ha avuto
inizio durante la Prima Rivoluzione Industriale, tra il diciottesimo e il diciannovesimo
secolo, in cui carbone e petrolio hanno cominciato ad essere sfruttati come carburanti per
alimentare i motori a vapore. Nel corso della Seconda Rivoluzione Industriale (a cavallo tra
Ottocento e Novecento), invece, i combustibili fossili venivano usati per fornire energia ai
generatori elettrici.
L’invenzione del motore a combustione interna (per esempio, quello delle automobili) ha
aumentato le richieste di petrolio in modo esponenziale, così come lo sviluppo degli
aeromobili. Di conseguenza, si assiste prontamente all’emergere dell’industria petrolchimica,
con il petrolio utilizzato per produrre componenti che spaziano dalla plastica alla materia
prima. Inoltre, il catrame (un residuo dall’estrazione del petrolio) è diventato ampiamente
utilizzato nella costruzione di strade e autostrade.
Per capire in modo più approfondito cosa sono i combustibili fossili e il loro ruolo chiave nei
cambiamenti climatici è opportuno citare dei dati significativi ed alcune fonti autorevoli. La
connessione tra i combustibili fossili e l’inquinamento atmosferico presente nelle nazioni
industrializzate e nelle grandi città è stata evidente sin dalla Rivoluzione Industriale. Tra gli
inquinanti generati dalla combustione di carbone e petrolio si possono includere anidride
carbonica, monossido di carbonio, ossidi di azoto, biossido di zolfo, composti organici
volatili e metalli pesanti, tutti associati a maggiori rischi di contrarre malattie, soprattutto
respiratorie.
Lo sfruttamento dei combustibili fossili da parte degli esseri umani è anche la più
grande fonte di emissioni di biossido di carbonio, o CO2, (circa il 90%) in tutto il mondo.
La CO2 è uno dei principali gas che causano l’effetto serra e, quindi, contribuisce al
surriscaldamento globale.
Eurostat prende in esame il periodo tra il 1990 e il 2016 e afferma che in questo arco di
tempo in Europa il consumo primario di energia è calato dell’1,7%. Questa cifra è
comprensiva di dati molto significativi: la diminuzione del 47% del consumo del carbone e
derivati, la diminuzione del 12% del consumo di petrolio (derivati inclusi), l’aumento del
31% del consumo di gas e, soprattutto, un aumento del 200% dell’impiego di energia
derivato dalle fonti rinnovabili. Il mix energetico, a livello Europeo, sta gradualmente
cambiando. La quota complessiva dei combustibili fossili ha subìto un decremento dell’11%
nel periodo di riferimento. Da rimarcare, i livelli record raggiunti dall’impiego delle
rinnovabili. La quota dell’energia nucleare, invece, è piuttosto stazionaria ed è del 13-15%.
Da qui gli obiettivi per il 2020 di ridurre ulteriormente il consumo di energia degli Stati UE,
prestando particolarmente attenzione a diminuire la dipendenza dalla componente energetica
fossile.
L’Amministrazione Nazionale Oceanica ed Atmosferica, un ente federale degli Stati Uniti
che controlla l’aspetto meteorologico a livello globale, nel 2013 ha affermato che i livelli di
CO2 presenti nell’atmosfera hanno raggiunto le 400 parti per milione (ppm) per la prima
volta. Basandosi sul tasso di crescita corrente delle emissioni, la NASA prevede che nel
corso di questo secolo le particelle di anidride carbonica si attesteranno su un valore
compreso tra le 500 e le 800 ppm. Nel primo scenario, la NASA prevede un innalzamento
medio delle temperature globali di 2.5°C. Nel secondo, invece, le temperature dovrebbero
aumentare di 4.5°C, cifra che causerebbe severe criticità per molte parti del nostro Pianeta.

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