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IL CLIMA CHE CAMBIA

Il riscaldamento globale

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), ovvero Gruppo Intergovernativo sul


Cambiamento Climatico, è il principale organismo internazionale per la valutazione dei
cambiamenti climatici.

L'IPCC pubblica regolarmente una sintesi degli studi scientifici prodotti dalle università,
laboratori, centri di ricerca, agenzie statali e non. Alcune delle pubblicazioni dell’IPCC sono
dedicate ai decisori politici. Si tratta di documenti atti a spiegare facilmente come sta messo il
clima e come stiamo messi noi nel rapporto con i cambiamenti climatici. È un documento
interessante perché spiega in termini semplici a chi non è per forza competente, cosa si deve
fare per contrastare il clima che cambia.

Nell’ultimo rapporto, che si può scaricare liberamente dal sito dell’IPCC, si legge che le
emissioni di gas serra dovute alle attività umane hanno provocato un riscaldamento globale
di circa 1,0°C negli ultimi 150 anni e che è probabile che tale valore raggiungerà 1,5°C entro
la fine di questo secolo se non si fa niente per limitare le emissioni di co2. Ma potrebbe pure
essere peggio, cioè un aumento di 2 gradi. Le conseguenze sarebbero gravissime. Alcune
conseguenze dell’aumento della temperatura le possiamo già notare: aumento della
frequenza dei fenomeni climatici estremi (come tornado e alluvioni), picchi di calore estivi,
precipitazioni intense in alcune regioni del mondo e di forte siccità in altre.

Il riscaldamento globale è definito in questo rapporto 1 come un aumento delle temperature


combinate della superficie dell'aria e del mare in media su tutto il globo e su un periodo di 30
anni. Se non diversamente specificato, il riscaldamento è espresso rispetto al periodo 1850-
1900, usato come approssimazione delle temperature pre-industriali.

Ma come si fa a prevedere come sarà il clima del futuro? Semplice, studiando come era il
clima del passato. Ok ma come facciamo a sapere che tempo faceva cento, mille e centomila
anni fa? È chiaro che non possiamo avere le previsioni del tempo del passato, ma possiamo
sapere come era fatta l’atmosfera! Come? Rovistando nella memoria del freezer più grande
del pianeta: l’Antartide. In bolle, intrappolate nei ghiacci, c’è l’aria di centinaia, migliaia, decine
di migliaia di anni fa, con tutte le componenti inalterate.

Aumento del livello del mare

Il livello medio globale del mare (GMSL) sta aumentando e accelerando 2. Esso è causato
dall'espansione termica dell'acqua dell'oceano e dall'aumento della massa dell'oceano,
quest'ultimo dovuto principalmente a una diminuzione della massa del ghiaccio terrestre.

Se le emissioni di gas serra rimarranno come sono adesso, potremmo raggiungere 1 metro di
innalzamento entro il 2100. Un metro sembra poco, ma non lo è, ad esempio se il Mar
Mediterraneo aumentasse di un metro solo, scavalcherebbe la laguna di Venezia e
arriverebbe fino a Padova e Ferrara.
Tutte le persone sulla Terra dipendono direttamente o indirettamente dall'oceano e
dalla criosfera. (La criosfera è l’insieme di tutti i ghiacci sulla terra.) I ruoli fondamentali
dell'oceano e della criosfera nel sistema terrestre includono l'assorbimento e la ridistribuzione
dell'anidride carbonica antropogenica e del calore da parte dell'oceano, così come il loro
coinvolgimento cruciale nel ciclo idrologico. La criosfera amplifica anche i cambiamenti
climatici attraverso l’azione di neve, ghiaccio e permafrost. I servizi forniti alle persone
dall'oceano e/o dalla criosfera includono cibo e acqua dolce, energia rinnovabile, salute e
benessere, valori culturali, commercio e trasporto.

Le comunità che vivono in stretta connessione con gli ambienti polari, montani e costieri sono
particolarmente esposte ai rischi attuali e futuri del cambiamento degli oceani e della criosfera.
Le coste ospitano circa il 28% della popolazione globale, compreso circa l'11% che vive su
terreni a meno di 10m sopra il livello del mare. Quasi il 10% della popolazione globale vive
nelle regioni artiche o di alta montagna. Le persone in queste regioni affrontano la maggiore
esposizione al cambiamento degli oceani e della criosfera, e le persone povere ed emarginate
qui sono particolarmente vulnerabili ai pericoli e ai rischi legati al clima.

Nonostante la grande incertezza sull’aumento del livello del mare della fine del 21° secolo, i
progressi nella pianificazione e nell'implementazione dell'adattamento oggi sono fattibili. E
molte decisioni vengono prese nelle zone costiere con orizzonti temporali da decenni a più di
un secolo (per esempio, infrastrutture critiche, opere di protezione costiera, pianificazione
urbana, ecc).

Scioglimento dei ghiacci

Lo scioglimento dei ghiacciai e degli strati di ghiaccio è ora la fonte dominante dell'aumento
del livello medio globale del mare. Le conseguenze di questa transizione polare si estendono
a tutto il pianeta e colpiscono le persone in molteplici modi.

La temperatura dell'aria superficiale dell'Artico è probabilmente aumentata di più del doppio


della media globale negli ultimi due decenni, con conseguente perdita di ghiaccio marino e
copertura nevosa che contribuiscono al riscaldamento amplificato.
Per ciascuno dei cinque anni tra il 2014 e il 2018, la temperatura dell'aria superficiale
dell'Artico ha superato quella di qualsiasi anno dal 1900. Durante gli inverni (da Gennaio a
Marzo) del 2016 e del 2018, le temperature superficiali nell'Artico centrale sono state di 6°C
al di sopra della media 1981-2010, contribuendo all'assenza, senza precedenti, di ghiaccio
marino regionale.

Entrambi gli oceani polari hanno continuato a riscaldarsi negli ultimi anni, mentre le
temperature del permafrost sono aumentate a livelli record.
Su ampi settori dell'Artico stagionalmente privo di ghiaccio, le temperature estive dello strato
superiore sono aumentate di circa 0,5°C per decennio durante il 1982-2017, principalmente
associate all'aumento della radiazione solare assorbita e all'afflusso di calore oceanico dalle
basse latitudini che è aumentato dagli anni 2000.

L'estensione del ghiaccio marino artico continua a diminuire in tutti i mesi dell'anno e si è
assottigliato: dal 1979, la proporzione reale di ghiaccio spesso di almeno 5 anni è diminuita di
circa il 90%. Circa la metà della perdita di ghiaccio marino osservata è attribuibile all'aumento
delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera. I cambiamenti nel ghiaccio marino artico
hanno il potenziale di influenzare il tempo alle medie latitudini su scale temporali di settimane
o mesi.

Conoscenze, risorse finanziarie e capacità organizzative limitate rendono difficile


l'adattamento in molti settori nell'Artico. Alcune attività stanno adattando i tempi ai
cambiamenti di stagionalità e alle condizioni di viaggio meno sicure sul ghiaccio. I comuni e
l'industria stanno affrontando i guasti alle infrastrutture associati alle inondazioni e allo
scongelamento del permafrost, e le comunità costiere stanno in alcuni casi pianificando di
spostarsi. Nonostante questi adattamenti, molti gruppi stanno prendendo decisioni senza
un'adeguata conoscenza per prevedere le condizioni a breve e lungo termine, e senza i
finanziamenti, le competenze e il supporto istituzionale per impegnarsi pienamente nei
processi di pianificazione.

Le regioni polari saranno profondamente diverse in futuro rispetto ad oggi, e il grado e la


natura di questa differenza dipenderanno fortemente dal tasso e dalla grandezza del
cambiamento climatico globale.

L’effetto serra

Sentiamo tanto parlare di CO2 (o anidride carbonica), che è il principale gas serra, cioè il più
importante responsabile del cambiamento climatico. Ma cos'è l’effetto serra?
Una serra è un ambiente chiuso e controllato dove le piante crescono a temperatura e umidità
costanti. È un modo di coltivare che mitiga gli effetti delle stagioni perché dentro alla serra il
tempo è sempre bello. Il sistema funziona grazie alla copertura trasparente, di vetro o di
plastica, che trattiene all’interno della struttura un po’ del calore del sole.
L’effetto serra fa una cosa simile: i gas serra intrappolano un po’ di energia solare
nell’atmosfera e riscaldano il pianeta.

L’anidride carbonica è il gas che contribuisce maggiormente all’effetto serra (60%); è seguita
dal metano (20%), dall’ozono (15%), dagli ossidi di azoto (10%) e dai clorofluorocarburi (5%).
Mentre l’anidride carbonica, l’ozono, il metano e gli ossidi di azoto sono in buona parte di
origine naturale, i clorofluorocarburi sono artificiali; si tratta di gas un tempo utilizzati nei
frigoriferi e nelle bombolette spray e, dato che hanno provocato il famoso buco dell'ozono,
sono stati banditi nel 1990, ma sono gas resistenti e quelli ancora in circolazione continuano
a fare danni.

L’effetto serra è una cosa buona perché scalda il pianeta e rende possibile la vita sulla Terra.
Senza l’effetto serra la temperatura media del nostro pianeta sarebbe di -19 C°, solo un po’
più caldina di quella di Marte. Su Marte, infatti, quando fa caldo ci sono venti gradi sottozero,
mentre in inverno la temperatura scende a -120 C°: la media è di -40C°.
Marte ha pochissima aria e la sua atmosfera è poco densa. Se da noi un metro cubo di aria
pesa un chilo, su Marte pesa solo 10 grammi. C’è acqua marziana ma è congelata oppure
raccolta in laghi salati sotterranei. Eppure, un tempo c’erano fiumi e laghi che hanno lasciato
tracce evidenti, come canyon, valli e bacini oggi completamente asciutti. Un tempo su Marte
non faceva così freddo perché prima che il vento solare spazzasse via l’atmosfera, l’effetto
serra scaldava la superficie del pianeta abbastanza perché il ghiaccio fondesse. Forse
esistevano semplici forme di vita che probabilmente si estinsero quando giunse il freddo.
Quindi l’effetto serra è di per sé positivo, il problema è quando le attività umane influiscono su
esso.

Il principale gas serra è, quindi, l’anidride carbonica: una sostanza fondamentale per la vita
tanto quanto l’acqua. Le piante catturano l’anidride carbonica dell’aria e, grazie alla luce del
sole, la combinano con l’acqua per formare i carboidrati, ovvero zuccheri e amidi: è il miracolo
della fotosintesi il cui prodotto di scarto è l’ossigeno. Gli animali respirano ossigeno, mangiano
i carboidrati ed eliminano anidride carbonica nell’atmosfera. Questo ciclo perfetto e senza
scarti funziona da miliardi di anni: le piante crescono grazie alla luce del sole e a ciò che gli
animali buttano via, gli animali mangiano le piante e restituiscono all’ambiente ciò che serve
al regno vegetale per vivere.
Anche gli organismi che si trasformarono in idrocarburi, cioè petrolio, gas e carbone, erano
parte del ciclo. Erano per lo più microrganismi acquatici che morirono e si accumularono sui
fondali e che i movimenti della Terra seppellirono sotto strati di sedimenti. Laggiù il calore e
la pressione della roccia li trasformarono in petrolio, gas e carbone e laggiù sono rimasti per
milioni di anni fino a quando due secoli fa abbiamo cominciato a portarli in superficie e a
bruciarli: ecco perché si chiamano combustibili fossili. Il problema dei combustibili fossili è
l’essere ammassi di CO2 che noi stiamo riportando in superficie, strappandoli dal naturale
contenimento della terra, così facendo buttiamo in atmosfera un sacco di anidride carbonica
che non dovrebbe esserci.

Per contrastare l’effetto serra e limitare il riscaldamento del pianeta bisogna smettere di
liberare troppa anidride carbonica in atmosfera. È una cosa banalissima ma perché è così
difficile da mettere in pratica? Il fatto è che gran parte delle nostre attività emette anidride
carbonica.
Ci sono fonti di questo gas molto evidenti, come il traffico e le ciminiere, e altre nascoste nella
nostra vita quotidiana. Per esempio: circa il 70% dell’energia elettrica prodotta nel mondo
viene dalle centrali termoelettriche che bruciano combustibili fossili. Perciò quando
sprechiamo la corrente, in realtà stiamo bruciando petrolio per niente. Quando compriamo un
frutto tropicale o fuori stagione mettiamo in moto tutti i mezzi di trasporto che servono per
portarlo sulla nostra tavola: cargo, aerei, camion.

Ogni gesto che facciamo produce CO2, anche i più semplici. Per esempio: per un caffè si
emettono 21 grammi di co2; per fare uno smartphone 11 kg, stessa quantità emessa per
produrre un paio di scarpe; per un auto 6 tonnellate; per un suv 35 tonnellate; per un
hamburger 2,5 kg; stare un'ora al computer 63 grammi.

Sono quantità ridicole, finché non vengono calcolate nella loro interezza.

Si può capire meglio facendo un esempio:

Avete presente la lucina rossa degli stand-by dei televisori e degli altri elettrodomestici?
Quella lucina che ci fa capire che quello strumento è acceso e pronto a ricevere un comando;
quella lucina consuma 0,5 watt ogni ora cioè ha un impatto sull'ambiente di 0,2 grammi ogni
ora. Se moltiplichiamo questo dato per le 24h di un giorno e per i 365 giorni in un anno, viene
fuori che quella piccola lucina rossa, ha un impatto sull'ambiente di 1,2 Kg e ci costa 6€
all’anno. Ogni lucina rossa. Rimanendo bassi ipotizziamo 1 lucina per famiglia, moltiplichiamo
per 20 milioni di famiglie solo in Italia: fanno 120 milioni di euro e 24 milioni di Kg di CO2 solo
nel nostro paese e solo per le lucine dello standby.

Un altro esempio possono essere le mail: per inviare una mail si emettono 4 grammi di co2.
Davvero poco, nel mondo si inviano 250 miliardi di mail ogni giorno che equivalgono a un
milione di tonnellate di anidride carbonica emessa al giorno solo per inviare le email.

Questi sono solo un paio di esempi, ma quanta co2 emette il nostro stile di vita? Circa 7
tonnellate a testa in un anno per essere umano. Ma ancora una volta dipende dalla
nazionalità. Per esempio, un afgano 0,25 tonnellate; noi, i francesi e gli spagnoli tra 5 e 6; un
americano quasi 16 e un australiano 17!

Per ridurre il nostro impatto sul pianeta è fondamentale, prima di tutto, eliminare gli sprechi.
È chiaro che per avere un valore economico ed ecologico rilevante, scelte e azioni devono
essere fatte da tutti. Il segreto sta nella condivisione di ogni piccolo gesto che serve a salvare
il pianeta.

Adattamento ai cambiamenti climatici

L'adattamento ai cambiamenti climatici, sempre stando al report IPCC, si riferisce alle azioni
intraprese per gestire gli impatti del cambiamento climatico, riducendo la vulnerabilità e
l'esposizione ai suoi effetti dannosi e sfruttando qualsiasi potenziale beneficio. L'adattamento
avviene a livello internazionale, nazionale e locale. Le giurisdizioni e le entità subnazionali,
comprese le municipalità urbane e rurali, sono fondamentali per sviluppare e rafforzare le
misure per ridurre i rischi legati al clima. Ci sono però vari problemi nel contrastare gli effetti
della crisi climatica, tra cui la mancanza di informazioni aggiornate e rilevanti a livello locale,
la mancanza di finanziamenti e tecnologia, i valori e gli atteggiamenti sociali e i vincoli
istituzionali. È più probabile che l'adattamento contribuisca allo sviluppo sostenibile quando le
politiche si allineano con gli obiettivi di mitigazione e di eliminazione della povertà.

I tentativi fatti fino ad oggi per adattarci al cambiamento climatico dimostrano che l'utilizzo di
una combinazione di analisi decisionale, pianificazione dell'uso del suolo, partecipazione
pubblica e approcci di risoluzione dei conflitti può aiutare ad affrontare le sfide di governance
che si presentano.

Azioni ambiziose di mitigazione sono indispensabili per limitare il riscaldamento a 1,5°C e allo
stesso tempo raggiungere lo sviluppo sostenibile e l'eliminazione della povertà. Risposte mal
progettate, tuttavia, potrebbero mettere in difficoltà specialmente - ma non esclusivamente - i
paesi e le regioni che lottano contro la povertà e quelli che richiedono una trasformazione
significativa dei loro sistemi energetici.
Qualsiasi percorso fattibile che rimanga entro 1,5°C comporta sinergie e compromessi da
parte di tutti i paesi del mondo.

1
Global Warming of 1.5°C, IPCC Report
2
The Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, IPCC Report

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