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Introduzione

Negli ultimi 250 anni (dall’inizio della Rivoluzione Industriale), l’uomo ha immesso 1,4 trilioni di tonnellate
di carbonio nell’atmosfera, modificando, specialmente nell’artico, la vita sulla terra come la conosciamo. Se si
riuscisse a invertire il cambiamento climatico in tempo, si tratterebbe di un risultato senza precedenti nella storia
umana. In questo testo si andranno a illustrare le scoperte e le invenzioni che nuomerosi scienziati hanno fatto
per preservare la vita e le peculiarità del pianeta.

Il responsabile del riscaldamento globale


Il termine “effetto serra” deriva dall’errata analogia con quanto avviene per la coltivazione e la crescita
delle piante nelle serre. In questo caso l’aumento di temperatura è dovuto all’assenza di convezione, e non
all’intrappolamento dell’energia radiante. L’effetto serra, inteso come fenomeno naturale, è essenziale per la
presenza e lo sviluppo della vita sulla Terra. Al contrario, il suo aumento, che invece è causato dall’intervento
dell’uomo sulla natura, alterando il normale equilibrio termico del pianeta ha portato nel corso degli anni a degli
sconvolgimenti devastanti dal punto di vista climatico e ambientale, tra cui il cosiddetto riscaldamento globale.
In climatologia l’espressione riscaldamento globale indica il mutamento del clima terrestre sviluppatosi nel XX
secolo e tuttora in corso. Tale mutamento è attribuito in larga misura alle emissioni nell’atmosfera terrestre di
crescenti quantità di gas serra e ad altri fattori che la comunità scientifica ha rilevato come imputabili all’attività
umana. Il principale gas causa del riscaldamento globale è l’anidride carbonica.

O=C=O
L’anidride carbonica (o diossido di carbonio) è una molecola composta da un atomo di carbonio (l’elemento base
della vita) e due atomi di ossigeno (O=C=O). Anche se principalmente reperibile in forma gassosa, l’anidride
carbonica può essere presente in formula liquida (se disciolta in acqua a pressione mantenuta) e solida (in questo
caso solo se la temperatura si trova al di sotto dei -78° C). Se consideriamo 10 unità di carbonio emesse, 5 di
queste restano nel suolo, 2,5 si disperdono nell’atmosfera, e le restanti 2,5 finiscono nel mare. Tale molecola viene
emessa durante l’impiego del carbone e del petrolio: il carbone viene utilizzato per produrre il 30% dell’energia
primaria del pianeta, e parallelamente è il responsabile del 46% delle emissioni climalteranti.

Consumo globale
Carbone: 1/3 della produzione energetica globale (di questa percentuale, la Cina ne produce e consuma il 50%)
Gas naturale: 1/5 (21%) della produzione energetica globale (Russia e USA ne detengono il 50%)
Petrolio: 1/3+ della produzione energetica globale: si tratta della fonte d’energia principale ed è prodotta ed
esportata in tutto il mondo

Sistemi di monitoraggio
Sono stati creati dei sistemi di registrazione e quantificazione dei gas serra nell’atmosfera.
Ogni settimana ricercatori da tutte le parti del mondo si recano in una delle 60 stazioni NOAA di monitoraggio
dell’aria a prelevarne dei campioni. Al loro interno è presente un macchinario AIRCOA (autonomous inexpensive
robust CO2 analyzer); delle bombole di vetro vengono riempite con un campione atmosferico di aria miscelata
attraverso una pompa che, se azionata, risucchia l’aria direttamente da un’apertura posta sul tetto: tali stazioni
sono in genere situate ad alta quota.
Ci sono 6 gas che influenzano il ciclo del carbonio:
_Diossido di carbonio CO2
_Metano CH4
_Monossido di carbonio CO
_Idrogeno molecolare H2
_Protossido di azoto N2O
_Esafluoruro di zolfo SF6
L’unità di misura utilizzata per la misurazione della percentuale di gas serra nell’atmosfera sono le parti per
milione (ppm)
Il primo campione prelevato nel 1960, mostrava una presenza di CO2 nell’atmosfera pari a 322 ppm
Livello CO2 nel gennaio 2019: 410 ppm

La curva di Keeling
Dave Keeling: nel 1956 comincia ad effettuare delle misurazioni sulla costa occidentale
Keeling curve
20.000-11.000 anni fa: 80 ppm in 6000 anni
1850 dc(epoca preindustriale): 280 ppm
Ora: circa 410 ppm (2 ppm in più all’anno)
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Carbonio 14
Com’è possibile attribuire con certezza il carbonio presente nell’atmosfera all’attività umana? La nostra impronta
è osservabile dal tipo di carbonio emesso:
Carbonio 14 (o radiocarbonio): quando viene bruciato del carbone o del petrolio, le molecole rilasciate sono
sprovviste di carbonio 14, poiché i combustibili fossili sono così antichi da non contenerne; è dunque possibile
verificare la mole di combustibili fossili bruciati misurando i diversi tipi di carbonio presenti nell’atmosfera: si
tratta di un sistema di distinzione naturale. Il carbonio emesso infatti dalla respirazione (o dalle piante in fase
notturna), presenta questa particolare caratteristica, che contraddistingue l’era umana.

Capitolo 1_Le Cause

Introduzione
Quali sono le cause del riscaldamento globale?
Gli scienziati hanno speso decenni cercando una risposta a questa domanda. Hanno osservato i cicli naturali
e i fenomeni la cui influenza sul clima è nota. Ma le regole dell’andamento e l’incremento del riscaldamento
misurato non possono essere spiegate soltanto con questi fattori. L’unico modo per spiegare la struttura di
questo fenomeno è prendendo in considerazione l’influenza dei gas serra, emessi dall’uomo. La maggior parte
proviene dai combustibili fossili delle automobili, dalle fabbriche e dalla produzione di energia elettrica (impiego
di carbone, gas e petrolio). Come già anticipato, il gas maggiormente responsabile per il surriscaldamento è
l’anidride carbonica, nota anche come CO2.

Ciclo del carbonio


Andiamo ad analizzare il ruolo e i comportamenti del carbonio sul pianeta.
Il carbonio svolge un processo di scambio tra la geosfera (in cui si presenta sottoforma di sedimenti e
combustibili fossili), l’idrosfera (neve marina e depositi di calcio), la biosfera (respirazione e fotosintesi) e infine
l’atmosfera (diossido di carbonio): tale processo viene chiamato ciclo del carbonio; tutte le porzioni in cui avviene
questo scambio sono quindi considerabili riserve di carbonio, e il ciclo è inteso come l’interscambio tra questi
distretti, reso possibile da processi chimici, fisici, geologici e biologici. Nell’ambito dello scambio tra biosfera e
atmosfera, l’atomo di carbonio si lega ad altri due atomi di ossigeno, componendo quindi la molecola di diossido
di carbonio: essa è presente naturalmente nei processi di respirazione umana e animale e di fotosintesi vegetale.

Respirazione e fotosintesi
La respirazione è un processo biochimico che comporta primariamente il passaggio (o consumo) di ossigeno da
parte del metabolismo aerobico, e secondariamente il rilascio (o produzione) di biossido di carbonio. In proposito
si distingue fra respirazione cellulare, che fa riferimento al processo biochimico, e respirazione esterna, che fa
invece riferimento alla funzione biologica di scambio dei gas.

C6H12O6 + 6 O2 > 6 CO2 + 6 H2O

Nella fotosintesi le piante verdi convertono le sostanze assimilate in composti organici, come ad esempio
l’anidride carbonica prodotta dalla respirazione in ossigeno, e l’acqua in glucosio: la flora del pianeta si occupa
quindi di sfruttare l’anidride prodotta dall’uomo, creando un ciclo equilibrato di riutilizzo continuo.

6 CO2 + 6 H2O > C6H12O6 + 6 O2

Queste procedure svolgono un ruolo importante nel ciclo di carbonio e sono in equilibrio tra loro. Avvelendosi
dell’irradiazione solare, la fotosintesi e’ dominante durante la parte più calda dell’anno, mentre la respirazione
durante la parte più fredda; tuttavia entrambi i processi avvengono durante l’intero anno. In generale, quindi,
l’anidride carbonica nell’atmosfera diminuisce durante la stagione della crescita ed aumenta nel periodo
invernale: dal momento che le stagioni sono invertite negli emisferi boreale e australe, l’anidride carbonica
nell’atmosfera aumenta a nord mentre diminuisce a sud, e viceversa. Il ciclo è presente più chiaramente
nell’emisfero nord, dal momento che ha relativamente più massa di terra e di vegetazione terrestre, mentre
l’emisfero sud è composto principalmente da oceani.

+8%
Il ciclo del carbonio sottrae in un anno 100 gigatonnellate di CO2 dall’atmosfera, che poi vi ritornano (fotosintesi/
respirazione). Le cause del riscaldamento globale, infatti, sono attribuibili ad un’aggiunta annuale di carbonio
dell’8% nell’atmosfera; tale rilascio è dovuto unicamente all’attività umana (impiego di combustibili fossili), e la
quantità emessa in questo modo è maggiore di quella causata dall’attività vulcanica.

Il sequestro
Fin dalla sua nascita, il pianeta si occupa di bilanciare gli equilibri dei vari cicli, quello dell’acqua, dell’azoto, del
carbonio e così via. In passato, il carbonio presente nei dinosauri e nelle piante terrestri è stato trasformato in
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petrolio e combustibili fossili tramite un processo durato miliardi di anni: tale processo è chiamato sequestro.
Con il fine di sfruttarne il potenziale energetico, l’uomo l’ha estratto dal terreno e bruciato: questo ha generato
un eccesso di carbonio nell’atmosfera, che a sua volta ne ha provocato il riscaldamento.
Sequestro: stoccaggio a lungo termine di CO2 nel terreno, in formazioni geologiche o nell’oceano.

Capitolo 2_Le Conseguenze

Introduzione
Abbiamo dunque notato che un incremento del carbonio provoca sconvolgimenti climatici. Inizialmente si
pensava alla tossicità dei combustibili fossili come ad un fenomeno a ipotetico danno della specie umana, o
comunque delle forme di vita individuali: ma l’accumulo di questo gas e la sua tossicità hanno invece un’impatto
sulla vita del pianeta in generale. L’aumento della temperatura di 2° Celsius rispetto all’epoca preindustriale
ha permesso l’osservazione delle prime conseguenze irreversibili del cambiamento climatico: il consistente
scioglimento delle calotte polari e il conseguente aumento del livello dei mari, siccità perenne a latitudini medie,
incendi boschivi, inondazioni. Andiamo ad analizzare più nello specifico l’impatto globale di questo fenomeno:

I ghiacci
Ghiacci a confronto di settembre 1984 e 2016
+2° (400 ppm)
L’aspetto stesso del ghiaccio è cambiato. Spesso lo strato superficiale non supera i 30 cm di profondità, la
consistenza è friabile e d’estate l’Antartide è composta praticamente solo da oceano. I ghiacciai alpini si sono
dimezzati negli ultimi 100 anni. Nell’estate 2019 centinaia d’incendi hanno afflitto le zone boschive di Siberia e
Alaska coprendo di fiamme un’area di circa 4,5 milioni di ettari: un danno ambientale di tale portata non avveniva
da diecimila anni. Le cause sono attribuibili alle temperature elevate oltre il normale, unite a fulmini, aria secca
e forti venti; Si stima che i soli roghi del mese di giugno abbiano emesso più di 50 milioni di tonnellate di CO2
nell’atmosfera: si tratta di una quantità pari all’emissione annuale di un paese come la Svezia: agli inizi di agosto
si parla già di 140 milioni di tonnellate. Uno degli effetti collaterali di questa catastrofe è la produzione di black
carbon: si tratta di particelle nere che viaggiando in aria possono arrivare all’Artico e “sporcare” il ghiaccio:
questo fenomeno a sua volta riduce l’albedo, ovvero la quantità di luce riflessa dalle zone bianche, contribuendo
ulteriormente al riscaldamento del pianeta. Questi incendi provocano inoltre i terreni di torba ricchi di carbone
presenti in Alaska, che normalmente sono impregnati d’acqua. Nello stesso mese sì è verificata la liquefazione dei
ghiacci della Groenlandia a ritmo di 10 miliardi di tonnellate al giorno, in cui sono state registrate temperature
fino al 21°C.
+5° (600/700 ppm)
La situaione più catastrofica si avrebbe con lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia e della
calotta antartica occidentale; quando l’anidride carbonica raggiungerà questa densità, le temperature elevate
scioglieranno la cosiddetta base marina: la base della calotta polare è radicata sui sedimenti presenti in
fondo al mare, se dunque iniziasse a sciogliersi il processo sarebbe irreversibile, e se infine riuscisse a sparire
completamente, l’innalzamento totale del mare sarebbe di circa 80 metri.
Si tratterebbe di una catastrofe che in ambito umano provocherebbe rifugiati climatici, la totale emigrazione dai
tropici, una considerevole diminuzione dell’agricoltura.

Le correnti
Queste conseguenze hanno il potenziale per modificare completamente il comportamento climatico del
pianeta a cui siamo abituati. L’Artico si scalda 3 volte più in fretta del resto del mondo, e la sua differenza di
temperatura con le latitudini più basse va via via riducendosi: questo fenomeno è visibile osservando le correnti
d’aria atmosferiche. In meteorologia la corrente a getto (jetstream), è un flusso d’aria che soffia velocemente; si
forma nell’atmosfera terrestre alla quota di circa 11 km dalla superficie, ai confini tra masse d’aria adiacenti con
significative differenze di temperatura, come quella della regione polare e dell’aria più calda nelle regioni verso
l’equatore: si tratta sostanzialmente di un regolatore intermedio tra i venti termici. A causa del cambiamento
climatico la corrente a getto si è indebolita, e il suo indebolimento ne ha trasformato le caratteristiche: non ha
più l’aspetto di una linea retta, ma si tramuta in ampi meandri, con grosse quantità d’aria che si muovono verso
nord e verso sud.
Jetstream, Polarair, Warmair
L’aria polare può così scendere a latitudini più basse, mentre quella calda si spinge più a nord: si tratta di estremi
climatici anomali che possono provocare tornadi, tsunami, geli e caldi improvvisi fuori stagione. Al polo nord
si sono verificate negli ultimi anni casi di temperature fino a 1,6°C in pieno inverno: 28 gradi sopra la media. I
luoghi in cui tali cambiamenti avvengono e avverranno in modo drastico sono proprio quelli in cui si concentra
la maggior produzione alimentare, che diminuirà la capacità dell’uomo ad alimentare la popolazione del pianeta.

Le estinzioni precedenti

Gli studiosi esperti in storia geologica hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione tra i picchi di carbonio e
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le ultime 5 grandi estinzioni di massa: il ciclo del carbonio influenza il tessuto stesso della vita. Nelle scorse ere
geologiche ci sono stati cambiamenti nel ciclo del carbonio in concomitanza dei quali sono mutate anche altre
cose:
1 Ordoviciano-Siluriano (circa 450 milioni di anni fa)
Probabilmente a causa di imponenti glaciazioni, il livello marino si abbassò drasticamente causando l’estinzione
di molte specie marine, in particolare quelle residenti nei fondali bassi e nelle acque calde. Depositi glaciali di
questo periodo sono stati trovati persino in prossimità dell’Equatore, nel deserto del Sahara, suggerendo un
drastico raffreddamento del clima mondiale. Si stima che l’estinzione abbia riguardato circa l’85% delle specie
allora esistenti fra invertebrati e pesci primitivi.

2 Devoniano superiore (circa 375 milioni di anni fa)


Si verificò un’estinzione di massa chiamata evento Kellwasser, che interessò una percentuale stimata in circa
l’82% delle specie viventi. Anch’esso fu causato da un rapido raffreddamento e dunque una diffusa anossia nelle
specie viventi.

3 Permiano-Triassico (circa 250 milioni di anni fa)


Si tratta sicuramente dell’estinzione di massa più catastrofica di tutti i tempi. Al limite tra Permiano e Triassico
circa il 96% delle specie animali marine si estinse e complessivamente scomparve il 50% delle famiglie
animali esistenti. L’attribuzione del merito di questa catastrofe è ancora incerta; un’ipotesi proposta da alcuni
studiosi prevede che in seguito al periodo di intenso vulcanismo la percentuale di anidride carbonica presente
in atmosfera possa essere aumentata oltre un valore limite stimato in 1000 ppm. In conseguenza di ciò, il
chemioclino (zona di equilibrio tra acque sature d’acido e ricche d’ossigeno) avrebbe lambito la superficie
oceanica, rendendo anossico il mare e liberando tremende bolle di gas venefico su tutto il pianeta. Il gas avrebbe
avuto in seguito effetti deleteri anche sullo scudo dell’ozono. Questa ipotesi sembra giustificare l’enormità
dell’estinzione in ambiente marino e, di conseguenza, su suolo terrestre.

4 Triassico-Giurassico (circa 200 milioni di anni fa)


Al termine del Triassico, la temperatura salì di circa 5 gradi Celsius e si estinse circa il 76% delle specie viventi.
Tra le cause proposte per spiegare questa estinzione, oltre a impatti di corpi extraterrestri, ricordiamo variazioni
climatiche verso una crescente aridità, variazioni del livello del mare e diffusa anossia dei fondi marini a causa
della divisione di Pangea o, con l’ultima ipotesi, rilascio di grandi quantità di metano dal fondo degli oceani.

5 Cretaceo-Paleocene (circa 65 milioni di anni fa)


Questa estinzione portò alla scomparsa del 75% delle specie animali e vegetali del cretaceo tra cui i dinosauri.
Soltanto all’inizio degli anni novanta, venne scoperta un’enorme struttura circolare sotterranea, il cratere di
Chicxulub in Messico. Lo studio di questo cratere ha portato alla conclusione che il meteorite che colpì la terra
alla velocità stimata di 30 km/s, avrebbe avuto un diametro di almeno 10 km, e liberò un’energia pari a 10.000
volte quella generabile da tutto l’arsenale nucleare ai tempi della guerra fredda. L’impatto ha poi causato danni
irreversibili alla terra, tra cui la deviazione direzionale dell’asse terrestre.

La produzione di carbone
I danni provocati dal carbone non si verificano solamente al momento del suo utilizzo, ma anche durante i
metodi d’estrazione. Dal 1970, in diverse parti del mondo alcune grandi aziende del carbone hanno cominciato
a sfruttare un metodo diverso d’estrazione; si tratta delle cosiddette “miniere di superficie”: questa metodologia
prevede il posizionamento di dinamite esplosiva su colli e montagne, al fine di farne saltare la cima; tale processo
interessa le falde freatiche, la qualità dell’aria e dell’acqua, la fauna e le persone. Tale metodo è stato adottato
dopo che numerose aziende d’estrazione notarono gli elevati costi aggiuntivi richiesti dall’estrazione classica dal
suolo. Per citarne i danni, solo in West Virginia troviamo 5 milioni di ettari di foresta distrutti, circa 5000 vette
rimosse e 2000 km di corsi d’acqua seppelliti dalle scorie. Si tratta di uno dei più noti e irreparabili danni causati
all’ambiente (e anche alla sua bellezza), dall’impiego del combustibili fossili. Un altro punto critico che rende
dannosa l’estrazione del carbone sono sicuramente le sostanze di scarto prodotte, ovvero i liquami contaminanti
che vengono drenati nel sottosuolo o colati nei corsi d’acqua. Tra queste sostanze è infatti presente il selenio, un
elemento che ha la caratteristica di bioaccumularsi nelle forme di vita (quali pesci e anfibi), deteriorandone la
struttura (fisica e ossea) e modificandone in modo permanente il dna.

Migrazioni di fauna e flora


Anfibi, uccelli e mammiferi stanno migrando verso nord per cercare il clima fresco, più in alto sulle montagne,
il loro raggio d’azione cambia: ne sono un esempio i comportamenti delle aquile reali dell’america del nord;
Viene spiegato che «La lunghezza del giorno, o fotoperiodo, sembrava dare a questi grandi uccelli lo spunto per
andare il più lontano e il più velocemente possibile». Ma analizzando i dati di 20 anni di “tagging” delle aquile
con rilevatori satellitari e in seguito alle loro migrazioni stagionali, è stato notato uno schema insolito: «I rapaci
più giovani avrebbero spostato i tempi del loro viaggio, adattandosi apparentemente alle condizioni climatiche
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e al clima. Mi sarei aspettato che un uccello più vecchio e saggio migliorasse il tempo della migrazione. Ma
secondo la tesi dell’innesco (la luce del giorno), devono recarsi al nido il più presto possibile per l’accoppiamento.
Vogliono che i loro pulcini siano il più indipendenti possibile entro tempi ristretti.» Tra gli animali a rischio
d’estinzione a causa del cambiamento climatico troviamo l’orso polare, la tigre del Bengala, la tartaruga di Kemp,
le api e il fenicottero andino. Avviene un distacco delle specie partner, come potrebbero essere ad esempio un
tipo di fiore e l’ape responsabile della sua impollinazione: la pianta si sposta più a nord, e l’insetto non è più
capace di raggiungerla; questo tipo di problematica tra specie che convivono si è verificato, anche se in modo
diverso, con il coleottero della corteccia: questo insetto si nutre della corteccia del pino giallo da migliaia di
anni e nonostante ciò i due hanno sempre vissuto in armonia; a causa dei cambiamenti climatici, però, i lunghi
periodi di siccità hanno provocato l’indebolimento di milioni di piante, che ora faticano a difendersi. Questo
fenomeno purtroppo non è ristretto alla sola sfera animale, ma si allarga anche a quella vegetale: solo per citare
alcune esempi, alberi baobab di più di 2000 anni stanno scomparendo improvvisamente, e la barriera corallina
è stata dichiarata ufficialmente morta dall’Unesco nel 2016; a partire dal 2017, l’Amazzonia ha perso circa 10.000
chilometri quadrati di foresta a causa del disboscamento.

L’orologio del carbonio


08 : 07 : 29 : 23 : 36 : 43 (dal 1 maggio 2019)
è stato appurato che possiamo rilasciare nell’atmosfera ancora 800 gigatonnellate di carbonio, oltre questa soglia
il processo di riscaldamento climatico sarebbe irreversibile.

Capitolo 3_Soluzioni

Opzione 1: L’energia alternativa

L’energia rinnovabile è quella che si ricava da risorse naturalmete integrate in una scala temporale umana, come
luce solare, vento, pioggia, maree, correnti e calore della terra. Questo tipo di energia può essere utilizzata per
quattro scopi principali: produzione di energia elettrica, riscaldamento e raffreddamento di aria e acqua, trasporti
e servizi energetici rurali. A differenza dei combustibili fossili (considerati energia non rinnovabile), le risorse
energetiche rinnovabili si sviluppano su vaste aree geografiche, mentre i primi si concentrano in un numero
limitato di paesi. Le rinnovabili assieme al nucleare sono considerate energie alternative alle tradizionali fonti
fossili.
Alcune di queste fonti energetiche sono considerate inesauribili, nel senso che si rigenerano almeno alla stessa
velocità a cui vengono consumate; fanno eccezione quelle risorse che pur essendo rinnovabili sono esauribili,
come ad esempio le foreste, che possono esaurirsi nell’eventualità di un eccessivo sfuttamento da parte
dell’uomo.
Molte di esse hanno la peculiarità di essere ‘energie pulite’, ovvero con la caratteristica di non immettere
nell’atmosfera sostanze inquinanti o climalteranti: permettono quindi l’uso di metodi sostenibili per il loro
sfruttamento.

Solare: L’energia solare è associata al fenomeno di radiazione, e rappresenta per gli esseri viventi la fonte
primaria d’energia sulla terra. Da quest’energia derivano, più o meno direttamente, quasi tutte le altre fonti
energetiche disponibili all’uomo: le uniche a non dipendervi sono il nucleare, la geotermica e le maree. A seconda
del tipo d’impianto impiegato, l’energia solare può essere utilizzata per produrre calore o energia elettrica. Lo
sfruttamento di tale energia soffre di variabilità ed intermittenza di produzione (intervallo notturno, intensa
nuvolosità), quindi pecca di non piena programmabilità. Le tecnologie che tramutano l’irradiamento solare in
energia sono i pannelli solari; essi si suddividono in tre categorie:
1.Solare termico: sfrutta i raggi solari per scaldare un particolare liquido contenuto al suo interno, che cede calore
all’acqua contenuta in un serbaoio d’accumulo. Viene sfruttato principalmente per fornire il riscaldamento ad
abitazioni e piccoli complessi edilizi.
2.Fotovoltaico: sfrutta le proprietà di particolari elementi semiconduttori per produrre energia elettrica quando
sollecitati dalla luce; in un pannello fotovoltaico, la durata operativa stimata è di circa 30 anni. Si tratta della
tipologia di pannello più gettonata, produce energia per sonde spaziali, ripetitori telefonici, segnaletica stradale.
3.Termodinamico o a concentrazione: sfrutta una serie di specchi parabolici a struttura lineare per convogliare
i raggi solari su un tubo ricevitore nel quale scorre un fluido termovettore: quest’ultimo viene inviato in una
caldaia riempita di sali che fondono per il calore: l’apparato si riscalda a temperature molto elevate (400°-600°). Si
occupa dell’immagazzinamento dell’energia elettrica.
È inoltre in fase sperimentale un progetto di celle fotovoltaiche dotate di efficienza maggiore rispetto quelle
attuali; a questo proposito la maggior parte degli studi odierni si concentra sul progetto e la realizzazione
di centrali solari orbitanti: questi pannelli dovrebbero raccogliere i raggi solari direttamente nello spazio e
trasmettere la potenza assorbita sulla terra per mezzo di microonde o laser.

Eolico: l’energia eolica sfrutta la forza del vento, ovvero l’energia cinetica di una massa d’aria in movimento.
Viene generalmente alimentata tramite l’utilizzo di aerogeneratori che producono energia elettrica, pompe
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eoliche per la movimentazione dell’acqua e mulini a vento. È una fonte rinnovabile, sostenibile e pulita. Nel 2017
la produzione annuale di energia è cresciuta del 17%, fino a coprire il 4,4% del fabbisogno elettrico planetario. Si
tratta di una fonte mediamente stabile su scala annuale, ma con variazioni significative se considerato un lasso
di tempo breve, a causa dell’intermittenza del vento: una rete elettrica interconnessa comprenderà la possibilità
di generare elettricità di riserva; per penetrazione dell’energia eolica ci si riferisce alla percentuale di energia
prodotta dal vento, rispetto alla capacità totale di produzione disponibile. Rispetto all’impatto ambientale delle
fonti energetiche tradizionali, l’impatto dell’energia eolica è relativamente minore in termini di inquinamento.
L’energia eolica non consuma carburante e non emette inquinante atmosferico, a differenza di fonti di energia
fossili. L’energia consumata per produrre e trasportare i materiali utilizzati per costruire un impianto eolico
è uguale alla nuova energia prodotta dall’impianto nei primi mesi. Il metodo più diffuso per la produzione di
energia eolica sono gli aerogeneratori, che vengono installati a blocchi di centinaia formando così i parchi eolici:
i singoli generatori sono infine collegati direttamente alla rete di trasmissione di energia elettrica. Esistono due
metodi di sfruttamento dell’energia eolica:
1.Eolico On-shore e Near-shore: si tratta del metodo più diffuso per motivi storico-tecnologici, ed è caratterizzato
da impianti posizionati su località distanti almeno 3km dalla costa, in zone aperte e ventose. Questi impianti
comprono un range di energia prodotta molto esteso (da 20kw a 20mw), e possono essere collegate sia alla rete
pubblica che su reti isolate.
2.Eolico Off-shore: con questo termine s’intendono gli impianti installati alcune miglia dalla costa di mari o
laghi, per utilizzare al massimo la forte esposizione alle correnti di queste zone: per determinare la collocazione
perfetta per gli impianti vengono precedentemente effettuati degli studi sui territori, in seguito ai quali sono state
progettate anche le turbine eoliche galleggianti, che possono essere installate in siti marini anche molto profondi;
imitando la tecnologia delle piattaforme petrolifere, le turbine vengono installate in mare aperto e sfruttano i
venti costieri, e il progetto usa un sistema di ancoraggio a tre punti, mediante cavi d’acciaio ancorati al fondale.
L’efficienza massima di un impianto eolico può essere calcolata utilizzando la legge di Betz, che mostra come
l’energia prodotta dalla pala eolica equivalga al 60% circa dell’energia del vento che ne genera il movimento;
un’aerogeneratore con efficienza compresa tra il 40% e il 50% è considerato ottimo.

Energia ricavata dai rifiuti


Biomassa: Viene definita come la frazione biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui di origine biologica
provenienti dall’agricoltura (sostanze vegetali e animali), silvicoltura (coltivazione ed impiego dei boschi),
pesca e acquacoltura, nonché la parte biodegradabile di rifiuti industriali e urbani. I combustibili derivati dalle
biomasse emettono nell’atmosfera una quantità di anidride carbonica più o meno corrispondente a quella che
viene assorbita dai vegetali durante il processo di crescita: la biomassa bruciata può dunque essere considerata
un’energia non inquinante se gli alberi abbattuti per produrla vengono sostituiti da altrettanti piantati. Le
biomasse possono essere caratterizzate da 3 diversi criteri:
1. Il contenuto d’acqua (fresca o secca)
2. La sua origine (vegetale o animale)
3. La vitalità (presenza di organismi morti o vivi al suo interno) biomassa vivente o morta
A seconda della loro origine si possono distinguere in:
-Fitomassa (piante)
-Zoomassa (animali)
-Biomassa microbica (microrganismi)
Biocarburante: Da biomasse vegetali come grano, mais, bietola e canna da zucchero è possibile ottenere il
biocombistibile: provenendo da una risorsa rinnovabile dovrebbe essere in assenza di interruzione; il principale
vantaggio riconosciutogli è la necessità d’impiego del terreno agricolo, che viene sottratto alla produzione di
alimenti. Esso permette la creazione di carburanti quali bioetanolo, biodiesel, idrocarburi sintetici, bioidrogeno,
olii vegetali e biogas, alternativi alla benzina classica.
Termovalorizzazione: È un metodo di produzione dell’energia tramite l’eliminazione de rifiuti per combustione;
tale processo è realizzabile per mezzo di una struttura detta termovalorizzatore: si tratta a tutti gli effetti di un
impianto di combustione composto da un forno (dove si bruciano i rifiuti), una caldaia (in cui l’acqua viene
scaldata dal calore prodotto) e una turbina che viene azionata dal vapore, trasformando così l’energia termica
in energia elettrica. Al termine della produzione energetica restano da smaltire ancora due tipi di residui: le
ceneri e le polveri; le ceneri costituiscono il 30% del peso dei rifiuti in ingresso, mentre le polveri circa il 4%,
entrambe passano per dei filtri e vengono infine smaltite in discariche per rifiuti speciali. La termovalorizzazione
è un processo potenzialmente inquinante, nel caso infatti in cui gli elementi residui non venissero trattati con
sufficiente meticolosità, questi potrebbero diventare motivo d’inquinamento; viene nonostante tutto considerata
un’energia rinnovabile, e consente alle società che ne gestiscono gli impianti di ottenere un finanziamento dai
proventi della vendita di certificati verdi.

Energia geotermica: È generata per mezzo di fonti geologiche di calore, e può dirsi rinnovabile se valutata in
tempi brevi. Si basa sul principio della geotermia, ovvero sullo sfruttamento del calore naturale della terra,
rilasciata dal decadimento nucleare degli elementi radioattivi contenuti all’interno degli strati terrestri. Può
essere utilizzata sia per produrre elettricità che come fonte di calore, secondo il processo di cogenerazione. Tale
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energia deriva quindi dal calore presente negli strati più profondi della crosta terrestre, poiché penetrandola le
temperature diventano gradualmente più elevate (30°/100km nel mantello, 80°/100km nel nucleo). Per estrarre
tale energia è necessario trovarne una concentrazione: il serbatoio o giacimento geotermico; il processo consiste
nel far convogliare i vapori provenienti dalle sorgenti d’acqua del sottosuolo verso apposite turbine adibite alla
produzione di elettricità, e riutilizzando il vapore per il riscaldamento. L’energia geotermica costituisce oggi meno
dell’1% della produzione mondiale di energia. La potenziale energia geotermica contenuta dal pianeta si aggira
attorno ai 12.600.000 ZJ, e con le attuali tecnologie sarebbe possibile utilizzarne solo 2000 ZJ; tuttavia, poiché
il consumo globale d’energia ammonta a un totale di 0,5 ZJ l’anno, sfruttando solo il geotermico si potrebbe
soddisfare il fabbisogno energetico planetario per i prossimi 4000 anni, rendendo inutile e superflua qualunque
altra fonte.

Energia idroelettrica: Questa energia viene creata con lo spostamento verticale di masse d’acqua in movimento,
sollecitate da una serie di macchinari che vengono posizionati in una certa successione: questo insieme di opere
d’ingegneria idraulica è detta centrale idroelettrica. L’energia prodotta dalle centrali è da classificarsi come
rinnovabile in quanto l’acqua può essere riutilizzata infinite volte per lo stesso scopo senza subire processi di
depurazione. La potenza di un impianto elettrico dipende da due termini:
1. Il salto, o prevalenza: è il dislivello esistente tra la quota a cui è presente la risorsa idrica da sfruttare e il livello a
cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso l’impianto;
2. La portata: la massa d’acqua che fluisce attraverso l’impianto nell’unità di tempo;
Gli impianti possono essere classificati in base alla potenza, alla caduta (o salto) e alla portata.
Le centrali idroelettriche hanno la peculiarità di poter essere attivate e disattivate in pochi minuti con
l’immediata apertura delle saracinesche idrauliche, dando la possibilità di coprire facilmente gli eventuali picchi
di richiesta che possono verificarsi.

Energia maremotrice: È ricavata dagli spostamenti d’acqua causati dalle maree. Per marea s’intende il ritmico
innalzamento e abbassamento del livello del mare provocato dall’azione gravitazionale della luna e del sole: di
solito l’ampiezza (dislivello tra alta e bassa marea) non supera il metro, ma in alcune particolari zone il dislivello
può raggiungere valori elevati (anche 20m di ampiezza verticale). Ad oggi l’energia prodotta tramite questo
metodo è prevalentemente elettrica; esistono diversi metodi di sfruttamento dell’energia delle maree, ma quello
che sembra dare migliori risultati consiste nella tecnica di riempimento di bacini e il loro successivo svuotamento
con passaggio in turbine. Il processo inizia con l’afflusso di una massa d’acqua all’interno del bacino idrico
quando il livello del mare raggiunge una certa altezza; durante la bassa marea l’acqua defluisce passando
attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocità, fa girare delle turbine collegate a generatori. Per
ottenere la produzione di energia sia con marea crescente che calante si utilizzano particolari turbine reversibili
che funzionano con entrambe le direzioni del flusso.

Energia del moto ondoso: Si tratta di una fonte energetica che consiste nello sfruttamento dell’energia cinetica
delle onde. Il suo utilizzo è di recente sperimentazione in vari progetti di ricerca nel campo energetico: se il
moto viene sfruttato al fine di produrre energia elettrica il sistema viene denominato cimoelettrico. Vi sono varie
tecniche di sfruttamento del moto ondoso e la trasformazione dell’energia delle onde in elettricità è oggetto di
diversi studi, realizzabili attraverso semplici principi fisici; di seguito due esempi di tecnologie efficienti:
1. Generatore galleggiante a energia marina: è costituito da una piattaforma galleggiante lunga 63 metri sulla
quale sono montati due rotori, che girando producono elettricità; l’energia viene ricondotta alla macchina che la
condiziona: da qui viene trasformata, convogliata e immessa nella rete (il funzionamento è simile a quello delle
turbine eoliche). La sua capacità produttiva può arrivare alla produzione di 18mw in 24 ore.
2. Il Pinguino: è una macchina formata da un’imbarcazione chiusa, che presenta asuo interno un pendolo:
sollecitata dal moto ondoso, la struttura oscilla e quindi fa girare il pendolo, che genera energia. Da queste
strutture partono cavi lunghi chilometri che convogliano l’elettricità prodotta sulla costa, da cui poi viene
immessa nella rete nazionale.

Energia nucleare: È una forma di energia che deriva da profonde modificazioni della struttura stessa della
materia: questa infatti può trasformarsi in energia secondo la legge fisica scoperta da Einstein ed espressa con
la formula: E=mxc. La sua peculiarità sta nella capacità che ha di generare un’energia elevatissima con un valore
di massa molto piccolo. L’energia nucleare viene prodotta in seguito a trasformazioni all’interno dei nuclei
atomici: le reazioni nucleari. Viene ritenuta una fonte di energia primaria, parificata alle fonti fossili e non è da
considerarsi rinnovabile: il suo sfruttamento infatti, pur non prevedendo emissioni di CO2, presenta diversi altri
problemi a livello ambientale e di pubblica sicurezza, per quanto riguarda i fenomeni connessi alla radioattività
e alle scorie radioattive. Le reazioni che coinvolgono l’energia nucleare sono principalmente quelle di fissione e
fusione nucleare:
1. Nelle reazioni di fissione nucleare (sia spontanea, sia indotta) nuclei di atomi con alto numero atomico (quindi
pesanti) come ad esempio l’uranio 235 o il plutonio 239, si spezzano producendo nuclei con numero atomico
minore, diminuendo la propria massa totale e liberando una grande quantità di energia. Il processo di fissione
indotta viene usato per produrre energia nelle centrali nucleari. Le prime bombe atomiche erano basate sul
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principio della fissione.
2. Nelle reazioni di fusione nucleare i nuclei di atomi con basso numero atomico, come l’idrogeno, il deuterio
o il trizio, si fondono dando origine a nuclei più pesanti e rilasciando una notevole quantità di energia (molto
superiore a quella rilasciata nella fissione). In natura le reazioni di fusione sono quelle che producono l’energia
proveniente dalle stelle. Finora, malgrado decenni di sforzi da parte dei ricercatori di tutto il mondo, non è ancora
stato possibile realizzare, in modo stabile, reazioni di fusione controllata sul nostro pianeta, almeno fino ad oggi.
ITER (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor, inteso anche nel significato originale
latino di “percorso”, o “cammino”) è un progetto internazionale che si propone di realizzare un reattore a fusione
nucleare di tipo sperimentale, in grado di produrre un plasma di fusione con più potenza rispetto alla potenza
richiesta per riscaldare il plasma stesso. La costruzione è in corso a Cadarache, nel Sud della Francia, ad opera di
un consorzio internazionale composto da Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India,
Corea del Sud. Si stima che l’inizio dello sfruttamento del reattore avverrà attorno al 2045. Oltre alla grande sfida
ingegneristica e gestionale rappresentata dal progetto, l’obiettivo primario di ITER è quello di provare che è
possibile soddisfare il fabbisogno energetico del pianeta attraverso una tecnologia nucleare non pericolosa, in cui
infatti non è presente un rischio di danni radioattivi in quanto il mancato funzionamento del sistema porterebbe
a nient’altro che al suo temporaneo spegnimento.

Capitolo 3_Soluzioni

Opzione 2: il Drawdown
a.metodi naturali

Sequoie: Sono gli alberi capaci di assorbire più carbonio di qualunque altra pianta terrestre: attraverso gli
aghi imprigiona il carbonio sottraendolo direttamente dall’anidride carbonica presente nell’aria per poi
immagazzinarlo nelle cavità, nel tronco, nelle radici e nei rami.
Azolla: Si tratta di una felce che eccelle nell’assorbimento della CO2 atmosferica, tanto che 50 milioni di
anni fa è stata responsabile dell’innesco di un’era glaciale quando la terra era surriscaldata dall’effetto dei
gas serra (Paleocene-Eocene). Questa pianta proliferò in seguito a fortissime piogge successive alla grande
ondata d’umidità terrestre, si depositò nei fondali marini fino a non rendere più possibile la decomposizione,
provocando dunque una drastica diminuzione della CO2.
Ostriche: Questi molluschi sono capaci di stoccare quantità di carbonio 5 volte superiori alle piante terrestri,
inoltre si occupano di filtrare 190 l d’acqua al giorno e rimuovere l’azoto dal sistema acquatico. L’imput necessario
per un allevamento di questo tipo è pari a zero:non servono acqua dolce, mangimi o fertilizzanti, né terra.
Alga kelp: Assorbe 5 volte più carbonio delle piante terrestri (è anche chiamata ‘sequoia del mare’), ma sono
altre le sue peculiarità: ci sono più di 10.000 piante commestibili nell’oceano; una parte dell’alga è versatile a
fini alimentari, il restante possono essere creati biofertilizzanti e mangimi per animali da fattoria; nutrendo i
bovini con questo tipo di alghe, che consumano da migliaia di anni, le emissioni di metano vengono ridotte
del 90%. Ogni due ettari si possono produrre dalle 10 alle 20 tonnellate di Kelp: usando il 5% delle acque
territoriali statunitensi, con un sistema grande quanto lo stato di Washington si potrebbe sfamare il mondo
intero e creare 50 milioni di posti di lavoro; il risvolto ecologico di queste colture, inoltre, sarebbe responsabile
del sequestro di carbonio di 20 milioni di automobili e, grazie all’effetto alone prodotto dall’alga, della riduzione
dell’acidificazione degli oceani.
Neve marina: Il 2,5% del carbonio presente sulla terra si trova nel mare: l’aumento delle emissioni rende il
mare acido, ma la natura è abituata a estinguere questo effetto autonomamente: si vanno a creare nel mare dei
gusci protettivi che stoccano la sostanza in eccesso sotto strati di carbonato di calcio che, a processo concluso,
si deposita sul fondale. Il problema di tale processo consiste nel periodo necessario al suo compimento, ovvero
milioni di anni. Esiste un modo per incrementare lo scambio di CO2 tra atmosfera e oceani ed accelerarne lo
stoccaggio: sarebbe sufficiente l’immissione nell’oceano, da parte dell’uomo, di 6 kg di ferro ogni 100.000 km2;
gli effetti di questa aggiunta sarebbero la rimozione del biossido di carbonio e la produzione di ossigeno: tali
molecole fanno da base per una matrice organica, che attirando cianobatteri ed eterotrofi viene colonizzata e
cresce. Il composto fluttuerebbe per un periodo di quattro mesi circa stoccando la neve marina, per poi infine
decadere sul fondo.
Biochar: Si tratta di un tipo di carbone utilizzabile in agricoltura, capace di ammendare il terreno.
Pirolisi: degradazione di materiale mediante l’azione del calore in assenza di ossigeno.
Quando la biomassa lignea viene pirolizzata, metà del carbonio in essa contenuto può essere recuperato
come carbone residuo: il biochar; questo prodotto funge da recinzione per il terreno poiché trattiene tutti gli
elementi nutritivi. L’acqua ha un ruolo importante: incuba la vita. Il sequestro del carbonio nel suolo va dunque
a costituire un beneficio per l’agricoltura, può essere estratto anche dalle foreste incendiate e il suo utilizzo è
efficace anche se destinato alla semina in acqua. Utilizzando il biochar nel 10% dei terreni di tutto il mondo
verrebbero stoccate 29 miliardi di tonnellate di CO2, il tutto usando materiale di scarto in eccesso.

b.tecnologie umane
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Cattura diretta dell’aria: Il complesso si sviluppa attraverso 4 container da 12 metri: l’aria ambiente viene aspirata
attraverso delle bocche che la convogliano a una struttura di filtri; per l’elettricità e l’alimentazione dell’impianto
viene utilizzata l’energia ricavata dall’incenerimento dei rifiuti e la CO2, una volta filtrata, viene convogliata in
una serra che la utilizza per aumentarne la concentrazione nell’atmosfera del sistema chiuso, a beneficio delle
piante: tale impianto ha lo scopo di chiudere il ciclo del carbonio e di riutilizzarlo all’infinito. Oltre che nelle
serre, si può impiegare le CO2 acquatica per produrre carburante. Per catturare l’1% delle emissioni globali sono
necessari 300.000 impianti in tutto il mondo.
Stoccaggio sottoterra: Attraverso un sofisticato macchinario l’anidride carbonica viene letteralmente trasformata
in roccia e immagazzinata in modo permanente sotto strati di basalto, mentre per il funzionamento della
macchina viene utilizzata l’energia geotermica. Mediante questo processo è possibile estrarre dall’atmosfera dalle
decine alle centinaia di migliaia di tonnellate di CO2 l’anno.
Foglia artificiale e foglia bionica: Queste due invenzioni sono in grado di effettuare una fotosintesi completa: da
luce solare, aria e acqua si ottengono carburante e cibo. La fotosintesi impiega come principali sostanze la CO2,
l’acqua e la luce solare, da cui si possono ottenere legno, cibo, amido e biomassa.
La foglia artificiale ha una precisione 10 volte superiore a quella naturale: viene sottoposta alla luce solare
e coperta di catalizzatori particolari, che le permettono di scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno; la foglia
bionica, invece, assorbe l’idrogeno dei batteri e lo trasforma in carburante. Dunque, a seconda dei geni inseriti
nei batteri della foglia possono essere prodotti materiali o farmaci, fertilizzante e così via; le due foglie in
associazione prelevano la CO2 dall’atmosfera e tramite luce e acqua producono carburante, ricavandone quindi
dei prodotti dall’anidride già presente in atmosfera e riutilizzandola. Il vantaggio dell’utilizzo di un catalizzatore
inorganico combinato con la biologia è che si ottiene una piattaforma senza precedenti per sintesi chimiche che
non si possono ottenere con i soli catalizzatori inorganici. Questi catalizzatori sono estremamente ben adattati
e perfettamente compatibili con le condizioni di crescita necessari per gli organismi viventi, come un batterio.
Nel loro nuovo sistema, una volta che la foglia artificiale inizia a produrre ossigeno e idrogeno, quest’ultimo
viene alimentato ad un batterio, un enzima che prende parte al rilascio di ioni di idrogeno insieme a protoni ed
elettroni, il quale dopo li combina con l’anidride carbonica per produrre energia.

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