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Dispense della Prof.ssa Patrizia De Filippis A.A.

2019-2020

IGIENE AMBIENTALE
L’ambiente, secondo l’OMS, può essere definito come un sistema integrato di fattori antropici e fisici che esercitano un
effetto significativo apprezzabile sulla salute della collettività. Pertanto l’ambiente essendo in continuo contatto con
l’uomo è capace di indurre effetti positivi o negativi, sul suo stato di salute a breve a medio o a lungo termine.
L’igiene ambientale ha lo scopo di identificare i fattori che determinano gli effetti negativi (agenti causali o fattori di
rischio) e, per quanto sia possibile provvedere alla loro eliminazione o alla loro limitazione (soglie di rischio) e
comunque provvedere all’adozione di misure personali o collettive di prevenzione e di difesa.
In Italia, come in molti altri Paesi, esistono delle sedi istituzionali che si occupano di queste problematiche e
precisamente:
 il Ministero della Salute – rischi diretti all’uomo
 il Ministero dell’Ambiente – rischi ambientali in genere
L’Italia, inoltre, fa parte dell’Unione Europea (UE) e pertanto deve uniformarsi, con appositi atti legislativi, agli altri
Stati membri.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è un organo che ha lo scopo di promuovere, raccogliere ed elaborare
ricerche e proposte a livello mondiale.

INQUINAMENTO AMBIENTALE
L’ambiente di vita umano risulta un complesso di interazioni tra fenomeni chimici, fisici e biologici indotti
principalmente dall’uomo, quando questi fenomeni modificano significativamente e spesso in maniera irreparabile
l’ambiente naturale si parla di inquinamento ambientale.
Si parla abitualmente di inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo, degli alimenti e ciò è utile da un punto di vista
pratico per stabilire dei criteri di qualità e dei limiti di concentrazione.
In realtà una contaminazione ambientale non resta mai limitata alla matrice in cui inizialmente si è prodotta.

L’ARIA ATMOSFERICA
L’interesse da parte dell’igiene ambientale per lo studio dell’aria nasce dai rapporti stretti e continui che essa stabilisce
con gli organismi viventi e quindi anche con l’uomo. Le aree di contatto sono:
• la cute
• le mucose delle vie aeree (naso, trachea, bronchi, alveoli polmonari)
L’aria atmosferica svolge due funzioni fisiologiche indispensabili alla vita dell’uomo:
• Fornisce l’ossigeno necessario alle combustioni organiche;
(un uomo adulto in condizioni di riposo introduce nei polmoni circa 7,5 litri di aria/min. fino a valori superiori a 50
litri/min. durante un lavoro intenso).
• Interviene nella regolazione della temperatura corporea
la regolazione della temperatura corporea è condizionata da alcuni parametri fisici dell’aria che sono temperatura,
umidità e velocità dell’aria.
L’atmosfera è un miscuglio gassoso che circonda la Terra per un’altezza di oltre 150 km, distinto in due strati principali.
La troposfera rappresenta lo strato più vicino alla terra (quello con cui veniamo a contatto) che si estende fino a 10-12
km di quota. E’ sede dei più importanti fenomeni meteorologici ed è quello che influenza la vita degli organismi
viventi.
La composizione chimica di questo strato dell’aria è la seguente:
• azoto (N2) 78,09%
• ossigeno (O2) 20,95%
• anidride carbonica (CO2) 0,03%
• tracce di gas inerti (argo, neon, elio, cripto, xenon) ozono, radon e polvere meteorica
• tracce di vapore acqueo (molto variabili)
LA COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’ARIA
Presentano importanza fondamentale per l’organismo umano l’ossigeno, l’anidride carbonica e, in particolari
condizioni, l’azoto e l’ozono.
L’ossigeno (O2) è il gas indispensabile alla respirazione ed ai processi di combustione. Nonostante la grandissima
quantità dei processi di combustione che incessantemente avvengono sulla terra, la concentrazione di ossigeno non
accenna ancora ad evidenti diminuzioni nei suoi valori percentuali medi. Ciò è da attribuirsi essenzialmente alle
immense distese verdi che ancora ricoprono la terra la cui riduzione porterebbe a danni irrimediabili negli equilibri che
regolano e condizionano la vita nella biosfera.
L’anidride carbonica (CO2) viene continuamente prodotta in tutti i processi di respirazione, nonché nella miriade di
processi di ossidazione dei combustibili fossili e delle sostanze organiche. L’azione di disturbo che la specie umana sta

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arrecando alla biosfera comincia a far sentire i suoi effetti anche nella concentrazione di CO2 che nei centri urbani è
passata in media dallo 0,030% allo 0,035% con continua tendenza ad aumentare. E’ stato calcolato che annualmente
vengono immessi nell’atmosfera quasi 4 miliardi di tonnellate di CO2, dei quali soltanto 1/3 è dovuto alla respirazione,
mentre tutta la restante quota è da attribuirsi ai vari processi di combustione industriale, urbana, ecc.
La sintesi clorofilliana attuata dalle piante per produrre ossigeno consuma una parte dell’anidride carbonica, così come
le grandi superfici idriche, grazie all’elevato coefficiente di solubilità di questa ne sciolgono sensibili quantitativi
sottraendola all’aria sovrastante. Tali meccanismi, però, non sono sufficienti per smaltire una quota così elevata di CO2
e fra le conseguenze più vistose che derivano da tale aumento ricordiamo l’effetto serra (riscaldamento eccessivo della
terra).
L’azoto atmosferico, completamente inerte per quanto attiene la respirazione, assume grande importanza in particolari
condizioni di forte pressione (palombari, subacquei, ecc.); esso infatti si fissa nei tessuti e, senza una decompressione
graduale, si libera nel sangue provocando fenomeni di embolia talvolta mortali.
L’ozono ha un’importanza essenziale per la vita sulla terra, determina infatti l’assorbimento delle radiazioni
ultraviolette che sono state riconosciute potenzialmente mutagene e cancerogene.

PARAMETRI FISICI DELL’ARIA


I principali parametri fisici dell’aria sono: la pressione, la temperatura, l’umidità, la velocità dell’aria (i venti),
l’energia luminosa.
La pressione atmosferica viene prodotta dalla colonna d’aria che sovrasta la superficie terrestre che, a causa
dell’attrazione terrestre, esercita su di essa una forza. La misura della pressione atmosferica, secondo il Sistema
Internazionale (SI), viene attualmente effettuata in ettopascal (hPa), che corrispondono esattamente al millibar (mb). In
passato questo parametro veniva misurato in atmosfere (atm) o in millimetri di mercurio (mmHg).
La pressione atmosferica diminuisce con l’altitudine perché l’aria diventa sempre più rarefatta (allontanandosi dalla
superficie terrestre la concentrazione delle molecole d’aria diminuisce, e di conseguenza diminuisce anche la pressione,
circa 1 mmHg ogni 10-20 metri, diminuzione che con l’aumentare dell’altitudine diventa più ampia.
L’organismo umano predilige una pressione normale di 1 atm = 1013,25 hPa (quella che si misura a livello del mare),
pur essendo in grado di sopportare scarti notevoli da detto valore. Le massime altitudini ritenute compatibili con la
sopravvivenza sono intorno agli 8000m (gli effetti della diminuzione di pressione, dovuta all’altitudine, sono da
collegare alla diminuzione del numero di molecole di ossigeno nell’aria, con conseguente deficit di ossigeno e ipossia
dei tessuti caratterizzata inizialmente da cefalea, insonnia, dispnea, tachicardia che l’organismo cerca di compensare
con l’aumento del numero di globuli rossi –poliglobulia- tipica di chi vive in alta quota).
La determinazione della pressione atmosferica si effettua mediante i barometri a mercurio.
La temperatura costituisce una delle caratteristiche fisiche dell’aria più importanti ai fini del benessere e della salute
dell’uomo.
La sorgente di calore più importante è costituita dalle radiazioni solari. La radiazione solare è costituita da un complesso
di energie luminiche, caloriche, elettriche e magnetiche. Nel loro insieme tutte queste radiazioni emettono luce e calore,
e sono costituite da due componenti: quella visibile e quella invisibile. La parte visibile si trova al centro dello spettro
elettromagnetico. La radiazione solare ha una grandissima importanza ai fini igienico-sanitari. E’ noto, infatti, che il
sole, accanto all’effetto termico e luminoso, esplica un’efficace azione antibatterica ed una non trascurabile azione
sull’organismo umano sia dal punto di vista fisiologico (effetto stimolante su molte funzioni del ricambio quali la
formazione della vitamina D dalla provitamina, la pigmentazione della pelle), sia terapeutico (stati tubercolari, anemie,
rachitismo, linfatismo).
Il sole irradia, al limite superiore dell’atmosfera, una quantità di energia definita costante solare (calore irradiato in 1
minuto su una superficie di 1cm2). L’intensità delle radiazioni che giungono sulla Terra, però, è sempre inferiore a
causa dell’assorbimento che subiscono attraverso l’atmosfera. Circa 1/3 dell’energia irradiata dal sole è assorbita dal
vapore acqueo presente nell’atmosfera, mentre i 2/3 vengono assorbiti dal suolo e dalle acque che così si riscaldano e,
successivamente, cedono calore agli strati d’aria che con esse vengono a contatto. Questi, una volta riscaldati e quindi
divenuti meno densi, si innalzano cedendo il posto ad altri. Pertanto, l’atmosfera viene riscaldata soprattutto dal suolo
ed in ragione di ciò la sua temperatura decresce con l’altezza atmosferica secondo un gradiente termico medio di circa
0,6-0,7°C ogni 100 metri.
Numerosi fattori locali limitano od esaltano la quantità media di irraggiamento: la latitudine, le stagioni, le ore del
giorno, l’altitudine, la nuvolosità, la quantità di vapore acqueo, le particelle sospese nell’aria, ecc.
L’inquinamento atmosferico, ad esempio, attraverso il consumo della fascia di ozono, causato da un gruppo di composti
chimici detti clorofluorocarburi e dall’effetto serra, dovuto alla presenza di eccessiva anidride carbonica nell’aria,
provoca un aumento dell’irraggiamento solare sulla Terra, con conseguente innalzamento della temperatura.
La misura della temperatura dell’aria avviene attraverso l’impiego di termometri a mercurio o ad alcol.
L’uumidità è costituita dall’acqua che si trova nell’aria allo stato di vapore acqueo. Dal punto di vista igienico l’umidità
ha rilevanza in quanto correlata alla temperatura. Infatti la quantità d’aria che può essere contenuta allo stato di vapore
acqueo nell’aria dipende dalla temperatura ed è tanto maggiore quanto la temperatura è più elevata. Quando invece la
temperatura si abbassa l’umidità contenuta nell’aria raggiunge il punto di saturazione condensando allo stato liquido
(punto di rugiada).
Nell’ambito dell’umidità si definiscono:

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 l’umidità massima (UM) che è la quantità massima di acqua che può sciogliersi in un m3 di aria ad una
determinata temperatura. Apposite tabelle riportano i valori di UM corrispondenti alle varie temperature;
 l’umidità assoluta (UA) che esprime la quantità di acqua contenuta in un m3 di aria al momento della
determinazione;
 l’umidità relativa (UR) che esprime il rapporto tra umidità assoluta ed umidità massima alla temperatura in
cui avviene la determinazione; tale rapporto viene espresso in percentuale che va da 0% a 100%.
In condizioni di umidità elevata, l’aria è un buon conduttore di calore e pertanto gli individui percepiscono con maggior
disagio sia il caldo che il freddo. In generale i valori di UR meglio tollerati dall’uomo vanno dal 30% al 70%. Un
sistema per valutare l’effetto dell’umidità sul benessere dell’uomo ad alte temperature è l’indice di calore, da alcuni
anni utilizzato anche dai meteorologi.
La misura dell’umidità può avvenire attraverso gli igrometri e gli psicrometri.
L’aria a contatto del suolo si riscalda e diventa meno densa, si sposta in alto lasciando il posto a strati di aria più fredda.
Lo stesso fenomeno avviene se si considerano due zone della superficie terrestre in cui vi siano notevoli differenze nella
temperatura dell’aria. Nella zona più calda l’aria sale verso l’alto creando una zona di depressione alla quale affluisce
aria dalla zona fredda in cui la pressione viene ad essere più alta.
Si verificano così quei movimenti d’aria conosciuti con il nome di venti e la cui velocità sarà tanto più elevata quanto
maggiori e brusche saranno le differenze di pressione e più vicine le zone nelle quali tali differenze si manifestano.
Per la determinazione della velocità dell’aria si ricorre, in genere, agli anemometri.

INFLUENZA DEL CLIMA SULLA SALUTE UMANA


Il clima caldo equatoriale è assai lontano dal soddisfare le esigenze di benessere e soltanto dopo opportuna
acclimatazione se ne possono sopportare le conseguenze: si ha una notevole riduzione della capacità lavorativa, una
forte incidenza delle malattie parassitarie e intestinali, delle forme infettive in genere ed in specie di quelle trasmesse da
artropodi e insetti vettori (mosche, zanzare, pulci ecc.).
Nei climi tropicali si hanno, sebbene un po’ ridotti, gli stessi inconvenienti tipici delle zone equatoriali: lo stato di
disagio è soprattutto evidenziato nel periodo delle piogge, mentre durante quello della siccità le condizioni climatiche
sono più tollerabili.
Nei climi temperati l’uomo trova, in linea di massima, condizioni che possono rispondere alle sue esigenze
fisiologiche: in questi climi si esplica la migliore capacità lavorativa, sia fisica che intellettuale; le malattie infettive non
assumono quasi mai carattere epidemico; il funzionamento degli apparati respiratori, circolatorio e digerente è migliore
e quindi si ha una complessiva minore mortalità, anche se la maggiore densità della popolazione e le problematiche
connesse con gli agglomerati urbani e con lo sviluppo industriale tendono oggi ad aumentare le patologie da stress, da
lavoro, e quelle connesse, direttamente o indirettamente, con fattori ecologici (inquinamento atmosferico,
contaminazione delle acque, smaltimento dei rifiuti ecc.).
Con il clima freddo l’organismo umano necessita di un maggiore apporto calorico il che comporta un’alimentazione
più ricca di sostanze grasse e quindi una frequenza più elevata di malattie metaboliche, oltre quelle proprie da
raffreddamento (malattie reumatiche, affezioni renali e broncopolmonari ecc.).
Con il clima polare non esiste di fatto alcuna attività umana stabile.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO
L’inquinamento atmosferico, che costituisce oggi uno dei principali problemi ambientali, è definito dal DPR 203/88
come “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella
stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di
salubrità dell’aria; da costituire pericolo diretto o indiretto per la salute dell’uomo; da compromettere attività ricreative
e gli altri usi legittimi dell’ambiente; da alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni pubblici e privati”.
Gli inquinamenti atmosferici si dividono in fisici (inclusi quelli radioattivi), biologici e chimici. Questi ultimi sono
attualmente i più rilevanti per l’ambiente e per la salute dell’uomo e sono dovuti in massima parte, a processi di
combustione incompleta ma talvolta anche all’usura e alla dispersione di materiali particolari provenienti dalla
pavimentazione stradale o dai pneumatici degli autoveicoli, oltre che dalle emissioni di specifiche lavorazioni
industriali.

I CONTAMINANTI CHIMICI DELL’ARIA


I contaminanti che si trovano nell’aria urbana sono costituiti da particelle solide, goccioline di liquidi,,, sostanze allo
stato gassoso, spesso variamente mescolate fra di loro.
Gli inquinanti gassosi sono numerosi e presenti in concentrazioni diverse in relazione alle fonti di emissione, alle
condizioni meteorologiche e alle reazioni secondarie che avvengono nell’aria.
INQUINANTI GASSOSI
 monossido di carbonio (CO)
Gli effetti, a volte drammatici, di questo inquinante, sono da ascrivere soprattutto alle proprietà del gas di essere
inodore, incolore e non irritante e, come tale non percepibile nell’ambiente dall’uomo. Attraverso la respirazione il CO
raggiunge gli alveoli polmonari e penetra nel sangue dove si lega all’emoglobina con un’affinità 200-300 volte

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maggiore rispetto all’ossigeno, formando carbossiemoglobina (COHb) A livelli elevati può causare mal di testa fino ad
arrivare all’ipossia dei tessuti con conseguenze a livello del sistema nervoso fino a giungere alla paralisi respiratoria e
quindi alla morte.
Gli effetti acuti dell’intossicazione da CO si verificano anche in ambienti indoor dovuti al rilascio di questo inquinante
dagli impianti di riscaldamento autonomo e dagli scaldabagni a gas.
 ossidi di azoto (NOX)
Gli ossidi di azoto (NO e NO2, indicati generalmente come NOX), nei grandi centri urbani originano principalmente da:
 NO impianti termici
 NO2 traffico auto veicolare (soprattutto motori diesel)
Nel periodo invernale si ha una maggiore concentrazione di NO2 per il sommarsi delle due emissioni. E’ un gas
brunastro con odore pungente e penetra nelle più fini ramificazioni delle vie respiratorie. Gli effetti maggiormente
rilevati si riferiscono agli asmatici. Come il CO gli ossidi di azoto si possono più facilmente riscontrare in alte
concentrazioni in ambiente domestico.
 anidride solforosa (SO2)
E’un gas irritante, dall’odore pungente, altamente solubile in acqua ritenuto l’agente inquinante maggiormente
responsabile delle piogge acide. Negli occhi, nelle mucose del naso, della faringe, della laringe e dei bronchi forma
anidride solforica (SO3), acido solforoso (H2SO3) e acido solforico (H2SO4)
Questo gas proviene, per la quasi totalità, dagli impianti di combustione civili ed industriali. Il cambiamento dei sistemi
di riscaldamento avvenuto negli ultimi anni in Italia con l’introduzione del gas metano (CH4), ha in gran parte ridotto la
presenza nell’atmosfera di SO2, ben al di sotto delle soglie di attenzione.
 composti organici volatili (VOC)
Appartengono a questa classe gli idrocarburi alifatici, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e clorurati
(clorofluorocarburi), i terpeni, gli alcooli e le aldeidi.
Si tratta di inquinanti derivati dall’uso di solventi organici nelle attività industriali o artigianali, dalla evaporazione dei
carburanti durante le operazioni di rifornimento nelle stazioni di servizio, serbatoi, stoccaggi, da emissioni di prodotti
incombusti dagli autoveicoli, dal riscaldamento domestico
Il benzene è riconosciuto come cancerogeno certo per la specie umana (gruppo 1 IARC) già dal 1982.
I clorofluorocarburi (CFC) emessi da frigoriferi, condizionatori, solventi, propellenti per spray, ecc., insieme ad altri
composti contenenti cloro, possono essere responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono meglio definito come
“buco dell’ozono”
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) fanno parte di questa grande famiglia e sono composti costituiti da tre o
più anelli benzenici prodotti nei processi di combustione incompleta delle sostanze organiche. Il benzo(a)pirene o
benzopirene è il più importante del gruppo in quanto i suoi effetti sulla salute potrebbero essere causa di tumori per
l’uomo (gruppo 2, IARC).
L’esposizione agli IPA può, sostanzialmente, avvenire per tre vie:
• aerea – fumo di sigaretta, autoveicoli, dalla combustione del carbone ecc.
• professionale – petrolchimico, catrame, carpentieri;
• alimentare – per ricaduta degli IPA atmosferici sul terreno, per cottura degli alimenti (affumicatura,
tostatura, cottura alla brace)
Effetti sulla salute - le vie di assorbimento sono correlate al tipo di esposizione: inalazione, assorbimento cutaneo,
ingestione. L’escrezione può avvenire per via biliare o urinaria.
Sono liposolubili e quindi in grado di attraversare le membrane cellulari, di penetrare e depositarsi nei tessuti adiposi.
Il fumo di tabacco
L’ ETS (enviromental tobacco smoke) è una miscela di 3800 composti chimici. Le principali sostanze liberate sono:
monossido di carbonio, idrocarburi policiclici aromatici, numerosi VOC (benzene), ammoniaca, ammine volatili, acido
cianidrico e gli alcaloidi del tabacco
Effetti sulla salute - sintomi respiratori cronici e tumore al polmome

PARTICOLATO AERODISPERSO
Le polveri sospese (particolato aerodisperso) comprendono una miscela complessa di particelle estremamente variabile
in dimensione, origine e composizione (composti organici ed inorganici, pollini vegetali, polveri del terreno, prodotti di
combustione nei veicoli a motore, prodotti aerodispersi delle industrie, riscaldamento domestico).
Per definire la miscela di materiale corpuscolato presente nell’atmosfera, si usa il termine Particulate Matter (PM) ed
in particolare
• PM10 polveri con diametro inferiore a 10µm trattenute nelle alte vie respiratorie (naso, bocca, gola)
• PM2,5 polveri con diametro inferiore a 2,5 µm in grado di raggiungere le basse vie respiratorie (bronchi,
alveoli polmonari)

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Queste ultime costituiscono la componente più pericolosa per la salute poiché restano più a lungo sospese nell’aria
esterna, sono più facilmente e frequentemente inalabili e sfuggono alle difese delle prime vie aeree. Alcune delle
sostanze veicolate da queste polveri hanno effetti genotossici (mutageni e cancerogeni).
L’amianto o asbesto
Minerale naturale a struttura fibrosa. Le fonti di emissione sono rappresentate dal materiale isolante e antincendio
costituito da questa fibra ed ampiamente usato nell’industria meccanica, edile, navale, ecc.
Effetti sulla salute - le microfibre rimangono in sospensione aerea per molto tempo prima di sedimentarsi: tumore del
Polmone
La LEGGE 257 del 22/3/1992 ne vietata sia l’estrazione che l’utilizzo per produrre manufatti; oggi rimane il problema
dello smaltimento dei vecchi manufatti.

I METALLI PESANTI
• Piombo
• Cadmio
• Manganese
• Mercurio
• Cromo
Fonti di emissione - vernici, materiali plastici, fumo di sigaretta e motori a scoppio, polvere domestica in cui è
depositato lo smog.
Le emissioni di piombo provenienti dal traffico sono diminuite in Europa negli ultimi anni fino al 90%, grazie
soprattutto all’introduzione massiccia sul mercato delle auto con marmitte catalitiche che utilizzano benzina “verde”
senza piombo.
La maggior parte di questo metallo viene assorbita attraverso il tratto gastrointestinale (ricaduta delle polveri su piante,
terreno, acque), mentre una piccola parte viene assunta con la respirazione.
Effetti patologici: neurotossicità, infertilità e azione teratogena.

RADIAZIONI IONIZZANTI
Le radiazioni vengono emesse dagli atomi di elementi radioattivi, cioè da quegli elementi il cui nucleo instabile si
disintegra spontaneamente, e dagli atomi sottoposti a bombardamento con particelle ad elevata energia.
Le radiazioni ionizzanti sono costituite principalmente da particelle alfa (a), particelle beta (b), dai raggi gamma (g) e
dai raggi X. Queste radiazioni hanno la capacità di produrre la ionizzazione degli atomi nei corpi che attraversano e di
attivare complessi meccanismi che possono portare ad un danno biologico o anche alla morte cellulare.
Mentre le radiazioni alfa hanno uno scarso potere di penetrazione e i raggi beta riescono ad attraversare alcuni
centimetri di tessuto, i raggi gamma e i raggi X costituiscono la componente più penetrante delle radiazioni e
possono agevolmente attraversare materiali compatti quali il calcestruzzo e quindi con grande facilità i tessuti biologici.
L’attività radioattiva si misura in Becquerel (Bq)
Il radon
E’ un gas radioattivo (radiazione ionizzante) che viene generato continuamente da alcune rocce della crosta terrestre
(lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti, cementi.) fuoriesce dal terreno ed entra negli edifici attraverso fessure, pavimenti o
dai passaggi dei servizi (idraulici, sanitari, elettrici). All’aria aperta si disperde rapidamente.
Gli effetti sulla salute sono prevalentemente dovuti ai suoi prodotti di decadimento che, presenti in parte nel pulviscolo
dell’aria, se inalati rilasciano una grande dose di radiazioni alfa in grado di scatenare un processo cancerogeno

RADIAZIONI NON IONIZZANTI


Comprendono gran parte dell’ultravioletto (UV), il visibile, l’infrarosso, le microonde e le radiofrequenze. Queste
radiazioni generano dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
Non sono ancora ben chiari i loro possibili effetti sulla salute umana: il problema è sempre più attuale in relazione alla
maggiore utilizzazione dei campi elettromagnetici ad alta frequenza nel campo delle telecomunicazioni (radiofrequenza
della telefonia mobile) e quelli a bassa e bassissima frequenza emessi dai tralicci dell’alta tensione del sistema di
distribuzione dell’energia elettrica.

AMBIENTE CONFINATO “INDOOR”


La definizione di “ambiente indoor” è riferita agli ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali quali abitazioni,
uffici pubblici e privati, strutture comunitarie, locali destinati ad attività ricreative e mezzi di trasporto pubblici e
privati.
E’ aumentata l’attenzione della Sanità Pubblica verso questi ambienti per l’elevato tempo trascorso da ciascun individuo
in ambienti confinati:
• 80-90% in edifici pubblici e abitazioni residenziali
• 8% in mezzi di trasporto

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L’elevato costo dell’energia ha portato a misure di contenimento del dispendio energetico come ad esempio una
diminuzione della ventilazione naturale negli edifici attraverso l’isolamento termico.
La comparsa di nuovi materiali e macchinari negli edifici ha portato un aumento degli inquinanti aerodispersi.
In passato, la maggioranza degli edifici aveva serramenti apribili; arieggiare le stanze era una pratica molto comune e,
inoltre, la mancanza di tenuta ermetica provvedeva ad un vero e proprio ricambio continuo, a causa delle differenze di
pressione tra interno ed esterno originate dal vento.
SORGENTI DI CONTAMINAZIONE
• materiali da costruzione
• impianti di riscaldamento, condizionamento, cottura dei cibi, etc.
• arredi
• rivestimenti (pitture murali, vernici, pavimenti, etc.)
• prodotti per manutenzione e pulizia (detersivi, insetticidi, etc.)
INQUINANTI BIOLOGICI
Gli agenti biologici presenti negli spazi confinati sono rappresentati da particelle organiche (bioaerosol) costituiti da:
• MICRORGANISMI (batteri, miceti, virus, protozoi)
• INSETTI (acari, aracnidi)
• MATERIALE ORGANICO D’ORIGINE ANIMALE E VEGETALE (peli, squame, pollini…)
Le fonti sono:
• gli occupanti (uomo, animali)
attraverso la desquamazione dell’epidermide e/o le emissioni di agenti infettanti nel corso delle malattie delle prime vie
aeree, trasmissibili per contagio diretto o indiretto mediante diffusione nell’aria e sulle superfici (in 24 ore l’uomo libera
circa 2 miliardi di scaglie di pelle che possono oltrepassare gli indumenti e ognuna veicola mediamente quattro
microrganismi vitali).
• l’ambiente (polvere, piante, arredi, suppellettili, apparecchiature, umidificatori e condizionatori, rete idrica).
Cause di contaminazione
• assente idoneità delle condizioni igienico-edilizie dei locali
• sovraffollamento
• scarsa manutenzione dei sistemi di climatizzazione
Patologie correlate
• malattie infettive
• intossicazione
• reazioni allergiche

MALATTIE CORRELATE AGLI EDIFICI


Gli edifici con problemi di inquinamento interno possono dare problemi che vanno da una
• diminuzione del comfort a
• insorgenza di patologie
SICK BUILDING SYNDROME (SBS)
(SINDROME DELL’EDIFICIO MALATO)
Si tratta di una reazione al microclima (clima indoor) che colpisce la maggior parte degli occupanti e che non può
essere correlata con una causa evidente, quale un’eccessiva esposizione ad un singolo agente o ad un difetto del sistema
di ventilazione pertanto è caratterizzata da un’eziologia multifattoriale.
Manifestazioni Cliniche
• irritazioni mucose oculari e prime vie aeree
• tosse secca
• senso di costrizione toracica
• astenia, cefalea, nausea, malessere
• percezione di un ambiente disagevole (aria secca, odori, ecc.).
BUILDING RELATED ILLNESS (BRI)
(MALATTIE ASSOCIATE AGLI EDIFICI)
Si tratta di un’insieme di sintomi, segni o affezioni che si manifestano in uno o più occupanti di un edificio e che
possono essere riferiti ad uno specifico fattore eziologico presente nell’aria dell’ambiente confinato, pertanto è
generalmente caratterizzato da un’eziologia unifattoriale.
Patologie correlate
• malattie allergiche
• malattie infettive
• patologie causate da specifici agenti chimici (formaldeide, radon, amianto, ecc.).

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IGIENE DEL SUOLO
Il suolo, o terreno, costituisce la parte più superficiale della crosta terrestre ed è un sistema complesso contenente fattori
abiotici, quali particelle minerali di varia dimensione e struttura chimica, e biotici tra cui diversi organismi e sostanze
organiche in vari stadi di decomposizione. Al pari dell’aria e dell’acqua, il suolo rappresenta un’importante risorsa
naturale rinnovabile, ma anche esauribile; il suo stato di conservazione può rappresentare un elemento di benessere
oppure un vero e proprio fattore di rischio per la salute umana. Non trascurabili sono, inoltre, i danni che possono
conseguire a fenomeni di erosione ed a calamità naturali quali frane, terremoti, alluvioni, eventi spesso conseguenti ad
errori umani di gestione del suolo (es. distruzione dei boschi, gestione selvaggia del territorio, utilizzo di pratiche
agricole incongrue, ecc.), con gravissimi danni di tipo economico, sociale e sanitario.
L’esigenza di tutelare la qualità del suolo appare evidente, anche considerando che il suolo è un comparto ambientale
sul quale l’applicazione di tecnologie di disinquinamento risulta particolarmente difficoltosa e, talvolta, non attuabile.
Inoltre, paradossalmente, lo stesso suolo drena inquinanti provenienti sia dall’aria sia dall’acqua e, nel caso in cui si
volesse tentare una sua bonifica, è proprio in questi comparti che gli stessi inquinanti o i loro prodotti di degradazione,
finirebbero per tornare.
L’importanza del suolo nella diffusione delle malattie è pertanto nota da tempo. Le tipologie dei rischi sono diverse e
possono essere suddivise in tre gruppi principali: rischi di natura chimica, fisica e biologica.
PRINCIPALI INQUINANTI CHIMICI E FISICI DEL SUOLO
La contaminazione del suolo può derivare da:
 ricaduta di materiali originati dall’inquinamento atmosferico;
 fall-out radioattivo;
 abbandono di prodotti derivati dalle molteplici attività dell’uomo (smaltimento non controllato di acque reflue
e di rifiuti solidi pericolosi, uso non corretto di concimi chimici e pesticidi, ecc.).
Gli inquinanti, qualsiasi sia la loro genesi, esercitano sullo strato di suolo contaminato, effetti di varia natura che
possono essere diretti verso le specie vegetali (fitotossicità) oppure possono essere diretti verso le specie animali e
l’uomo (zootossicità). Una possibile conseguenza di tali esposizione è rappresentata dai fenomeni di bioaccumulo (es.
metalli pesanti), dovuto all’aumento anomalo di concentrazione di particolari sostanze tossiche nelle specie viventi che
si alimentano di materiali contaminati. Ad esempio, i fertilizzanti, se usati correttamente, sono rapidamente
metabolizzati ed utilizzati dalle piante; se al contrario si effettua una somministrazione massiccia, se ne ostacola la
corretta metabolizzazione dando origine a fenomeni di accumulo delle impurità (es. arsenico e cadmio) presenti nel
fertilizzante, oppure dando origine a fenomeni di eutrofizzazione delle raccolte idriche superficiali quali bacini lacustri
e marini, provocato in parte dal fosforo presente nei concimi e rilasciato nelle acque che dilavano la superficie del suolo
o che percolano nelle falde ed aggravato dalla presenza di azoto. Gli inquinanti più importanti rientrano nella categoria
dei pesticidi.
I pesticidi ed i loro effetti
I pesticidi sono sostanze chimiche utilizzate per l’eliminazione di varie specie viventi dannose per la produzione
agricola, o perché vettori di malattie o perché molesti (roditori, insetti). Mostrano una notevole stabilità nel terreno dove
possono concentrarsi e da cui possono raggiungere l’uomo attraverso la catena alimentare e accumularsi nei tessuti;
inoltre possono provocare intossicazioni acute o croniche di molte specie viventi presenti anche in altri ambienti
naturali (aria ed acqua).
La loro alta pericolosità ha imposto un’adeguata normativa e ha condotto alla formulazione di precise raccomandazioni
sulle loro modalità di impiego, sulle concentrazioni d’uso e sui tempi di decadimento.

PRINCIPALI INQUINANTI BIOLOGICI DEL SUOLO


Il suolo ospita numerosi microrganismi che partecipano, con i loro enzimi, alle sue funzioni biologiche; tali
microrganismi se trovano le condizioni idonee possono, in alcuni casi, rendersi responsabili di infezioni. Ad esempio il
Clostridium tetani è un batterio anaerobio che vive come saprofita nel tubo digerente dei cavalli ed è eliminato
all’esterno con le feci. Una volta nel terreno esso si trasforma in spora e, attraverso le ferite cutanee il batterio può
penetrare nell’organismo umano e causare l’infezione. Ancora oggi in Italia, circa 100 persone ogni anno contraggono
la malattia e circa la metà di essi muore.
Inoltre nel suolo si possono ritrovare microrganismi accidentalmente immessi in occasione di concimazioni eseguite
con liquami non correttamente bonificati, che possono, nel caso che la popolazione consumi alimenti contaminati o non
adeguatamente lavati (es. vegetali crudi), causare infezioni a trasmissione oro-fecale quali colera, tifo ed epatite A,
protozoi, ecc.
Vengono chiamate water-borne diseases quelle malattie causate dall’ingestione di acqua contaminata da escrementi
umani o animali, che contengono microrganismi patogeni. Rappresentano l’80% delle malattie infettive e causano la
morte di più di 5 milioni di persone ogni anno di cui la maggior parte sono i bambini molto piccoli.
L’ACQUA
L’acqua è un elemento fondamentale dell’ecosistema in cui tutti gli organismi viventi sono immersi.
L’acqua costituisce una quota preponderante del nostro peso corporeo:

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 64% del peso nell’uomo adulto
 71% del peso nel neonato
Nell’organismo è così distribuita:
 nei protoplasmi (acqua di costituzione)
 negli spazi tra cellule e tra tessuti (acqua di riserva)
 nel sistema ematico e linfatico (acqua di circolazione).
IL FABBISOGNO IDRICO DI UNA POPOLAZIONE
Il fabbisogno idrico giornaliero di un individuo adulto è di circa 35ml/Kg di peso corporeo, mentre nei lattanti è circa
quattro volte maggiore. Ne deriva che un individuo adulto del peso di circa 70Kg dovrà bere in media 2,5-2,7 litri di
acqua nelle 24 ore per sopperire alle perdite idriche necessarie per le sue funzioni vitali.
L’acqua costituisce una risorsa fondamentale per l’uomo a causa dei suoi molteplici usi, essendo destinata a soddisfare i
bisogni primari (potabile, civile, ecc.), e la produzione di beni (uso agricolo, industriale, navigazione, produzione di
energia, ecc.). La sua presenza ha influenzato la nascita e la diffusione della civiltà: non a caso tanti grandi
insediamenti urbani nel mondo sono situati nelle vicinanze di fiumi, laghi, mari.
Per soddisfare i diversi fabbisogni umani gli esperti hanno fissato una soglia di criticità di 500mc di acqua, pro capite,
all’anno.
Una persona utilizza al giorno mediamente:
 5 litri di acqua per bere e cucinare;
 25 litri per l’igiene personale.
Un individuo può sopravvivere circa un mese senza cibo, ma solo una settimana senza acqua.
Il consumo di acqua varia nei diversi paesi; ciò perché il fabbisogno idrico delle diverse utenze dipende da numerosi
fattori: il clima (temperatura e piovosità), il tenore di vita degli abitanti (numero di bagni per appartamento, uso di
lavatrici, lavastoviglie, presenza di giardini, piscine, ecc.) e il costo dell’acqua che è correlato alla sua disponibilità.
L’Italia è uno dei paesi della UE in cui l’acqua costa meno ed il consumo pro capite risulta tra i più elevati, sebbene
esso vari in funzione dell’area geografica a causa della diversa disponibilità dell’acqua: recenti stime hanno
documentato che a circa il 14% delle famiglie italiane l’acqua potabile viene erogata in maniera irregolare.

LE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO


La superficie terrestre è costituita per circa il 25% da terre emerse e per il rimanente 75% dalle acque degli oceani. Il
97% dell’acqua presente sul pianeta è salata e solo il rimanente 3% è dolce; se si considera poi che, per 2/3,
quest’ultima è ghiacciata, prevalentemente concentrata sulle calotte polari, ci si rende conto che di tutta l’acqua presente
sulla terra si può disporre soltanto dell’1%.
Esiste un equilibrio complessivo, noto come “ciclo dell’acqua”, fra le acque degli oceani e dei mari, quelle inglobate
nelle terre emerse (superficiali e sotterranee) e quelle atmosferiche, dalle quali derivano le acque meteoriche.
Le fonti che possono essere utilizzate a scopo potabile sono, in ordine preferenziale le seguenti:
 acque sotterranee o telluriche;
 acque superficiali;
 acque meteoriche.
Le acque sotterranee o telluriche
Le acque telluriche costituiscono delle riserve idriche sotterranee formatesi nel tempo dalle infiltrazioni delle acque
meteoriche attraverso il terreno. La qualità di queste acque si diversifica notevolmente in base alle caratteristiche del
suolo che attraversano.
Il suolo può essere costituito da terreni compatti o sciolti.
I terreni compatti (calcarei o silicei) sono costituiti da rocce fessurate che si lasciano attraversare dalle acque
meteoriche grazie alla presenza di fessurazioni. Si formano così reti idriche che tendono ad approfondirsi finché non
trovano uno strato impermeabile (acque di vena rocciosa).
Nelle rocce silicee, poco solubili, le fessurazioni molto strette danno luogo a sorgenti di scarsa portata, ma, per effetto
della filtrazione, perfettamente depurate.
I terreni sciolti sono costituiti da ghiaia, sabbia (permeabili) e argilla (impermeabile-quando si bagna). In questo tipo di
terreni le acque si infiltrano per permeabilità capillare finché raggiungono strati impermeabili (per lo più argillosi) sui
quali si fermano o scorrono, a seconda della pendenza degli strati stessi, costituendo le falde superficiali o freatiche. In
corrispondenza di fratture di questi strati impermeabili l’acqua può scendere ulteriormente, sempre per effetto della
gravità fino a raggiungere altri strati impermeabili, a distanze a volte lontanissime dal punto iniziale di caduta. Si
vengono così a formare le falde acquee profonde, protette dagli inquinamenti superficiali da parte di uno o più strati
impermeabili sovrastanti.
Durante il processo di progressiva penetrazione nel terreno, avvengono nell’acqua due fenomeni opposti:
 un arricchimento progressivo, più o meno considerevole, della salinità dell’acqua (la presenza di acido
carbonico nell’acqua meteorica discioglie quantità di sali dal terreno tali da aumentare la salinità dell’acqua
sotterranea)

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 una diminuzione della carica microbica (l’acqua meteorica cadendo sul terreno subisce un forte
inquinamento iniziale che va però rapidamente rilasciando man mano che filtra attraverso i pori del terreno; in
tal modo va incontro ad un processo di depurazione naturale).
FONTI PRINCIPALI DI INQUINAMENTO IDRICO
L’inquinamento delle acque ha assunto negli ultimi anni proporzioni imponenti. I fattori determinanti possono
ricondursi a:
 aumento della densità di popolazione concentrata in grandi agglomerati urbani;
 crescente diffusione degli insediamenti industriali;
 sempre più spinta utilizzazione in agricoltura di nuove sostanze chimiche.
Il bersaglio principale dell’inquinamento sono le acque superficiali, riserva idrica oggi di particolare interesse,
considerando il crescente ricorso che ad esse viene fatto in tutto il mondo.
RISCHI PER LA SALUTE DOVUTI ALLE ACQUE INQUINATE
L’acqua può comportare rischi per la salute sia per
 carenza
 scarsa qualità.
La carenza d’acqua è una condizione particolarmente diffusa anche in Italia soprattutto nella stagione estiva,
costituisce un problema non trascurabile. Infatti, in relazione al perdurare della carenza dell’acqua, si instaurano
condizioni di disagio per la collettività e, soprattutto si abbassa il livello di igiene domestica con la possibilità di un
aumento del rischio infettivo, soprattutto per i bambini.
I rischi per la salute legati ad una scarsa qualità dell’acqua possono essere di varia natura. I microrganismi possono
raggiungere l’acqua direttamente, per l’immissione, ad esempio dei liquami, oppure indirettamente, percolando nelle
acque sotterranee attraverso il suolo. Gli sbalzi di pressione, cui sono sottoposte le tubazioni possono facilitare
l’infiltrazione delle condotte dall’esterno, soprattutto quando sono obsolete. A tali eventi si associano ancora oggi
infezioni di tipo virale (es. epatite A) e tossinfezioni (es. salmonellosi), soprattutto nel sud del paese.
Oltre alle contaminazioni causate dall’infiltrazione di liquami, non sono da trascurare quelle correlabili alla fioritura di
alghe tossiche. Queste sono responsabili di alcune forme di gastroenteriti acute o di episodi epatotossici e neurotossici
dovuti alla produzione di tossine. Come già detto la contaminazione microbiologica può essere controllata sia dal punto
di vista epidemiologico che tecnico. Attraverso i sistemi di potabilizzazione è, infatti, possibile eliminare la presenza dei
microrganismi patogeni sebbene ancora oggi, in molti paesi europei, si registra un numero non trascurabile di epidemie
di infezioni di origine idrica.
Più insidioso, e talvolta non passibile di controllo, è il pericolo derivante dalla composizione chimica dell’acqua e
correlato alla presenza sia di alcuni componenti naturali, sia di numerosi microinquinanti prodotti dalle attività umane.
Per quanto riguarda i componenti naturali possiamo ricordare ad esempio il fluoro la cui presenza nell’acqua è molto
importante per combattere la carie, anche se si è rilevato, da studi scientifici, che concentrazioni superiori a 2mg/l
determinano fenomeni di fluorosi dentaria caratterizzata da macchie scure sui denti, associate ad una particolare
fragilità dello smalto. Anche lo iodio si può trovare naturalmente nell’acqua e la sua assenza o bassa concentrazione
può essere associata a problemi alla tiroide.
Importanza sempre maggiore, sotto il profilo di possibili danni alla salute, è andata assumendo la presenza dei nitrati
(prodotti dalla completa mineralizzazione della sostanza organica) nelle acque. In un primo tempo è stata evidenziata
soltanto la correlazione fra elevati quantitativi di nitrati a metaemoglobinemia dei neonati. In questi soggetti i nitrati
vengono ridotti, per l’azione di microrganismi presenti nello stomaco (dove il succo gastrico ha bassa acidità), a nitriti
che si legano all’emoglobina impedendo il trasporto dell’ossigeno e determinando forme di anemia anche molto gravi,
talvolta letali. Studi più recenti ipotizzano anche una possibile correlazione fra nitrati e patologie tumorali (in particolar
modo con il carcinoma gastrico). I nitrati, assorbiti nell’intestino, in parte sono eliminati con le urine ed in parte tornano
attraverso la secrezione salivare nella cavità orale dove vengono biologicamente ridotti a nitriti. Questi reagiscono nello
stomaco con amidi o ammine derivate dagli alimenti e formano nitrosammine, alcune delle quali imputabili di svolgere
attività mutagena e cancerogena.
Ma il rischio di patologie tumorali è correlato, in misura ancor più preoccupante, ad un gruppo di sostanze identificate
come composti clororganici che possono essere eliminate impropriamente dalle industrie che impiegano solventi
clorurati a scopo di degrassaggio (tricloroetilene, percloroetilene, tetracloruro di carbonio, cloroformio, ecc.) oppure
possono neoformarsi nelle acque potabili a seguito di trattamenti di disinfezione con il cloro (trialometani). Tali
microinquinanti sarebbero responsabili di tumori alla vescica ed al retto.
Tra gli altri microinquinanti ricordiamo i fitofarmaci, già citati, e numerosi metalli come cromo, cadmio, mercurio,
piombo, arsenico, ecc. responsabili di danni alla salute dell’uomo.
REQUISITI DI POTABILITA’
La definizione dei requisiti che caratterizzano e condizionano la potabilità dell’acqua è una materia estremamente
complessa. In Italia è stato emanato il D.Lgs. 31/2001 che recependo la Direttiva dell’Unione Europea del 1993, ha in
parte modificato quanto previsto dalla vecchia legge DPR 236 del 1988 sulle acque potabili.

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La presenza di una normativa ha lo scopo di disciplinare la qualità delle acque destinate al consumo umano con
l’intento di proteggere la salute dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la
salubrità e la pulizia. In effetti l’acqua destinata a scopo potabile deve rispondere a precisi requisiti igienici per quanto
riguarda le caratteristiche fisiche, la composizione chimica, e la purezza batteriologica.
Per giudicare lo stato igienico di un’acqua occorre procedere a quattro ordini di indagini:
1. lo studio delle condizioni della località e del territorio in vicinanza della sorgente;
2. lo studio dei caratteri fisici ed organolettici;
3. lo studio della composizione chimica;
4. la ricerca di microrganismi.

1) STUDIO LOCALISTICO E IDROGEOLOGICO


Tale studio è di carattere geologico e topografico; occorre accertarsi se si tratta di acque superficiali, sorgive o di falda,
quale sia il probabile bacino di alimentazione e la natura del suolo che le acque stesse attraversano rimanendone
influenzate nella qualità sia chimica che batteriologica. Inoltre è importante indagare se nella zona di alimentazione e in
prossimità della presa esistano elementi inquinanti quali scarichi incongrui (discariche, scarichi industriali, concimaie,
ecc.) che possano causare infiltrazioni e conseguenti inquinamenti.
2) STUDIO DEI CARATTERI FISICI ED ORGANOLETTICI
Nell’ambito dei caratteri fisici, di rilevante importanza è la temperatura. In base alla vecchia normativa una buona
acqua potabile deve avere una temperatura compresa fra i 9°C e i 15°C (valore guida 12°C) non deve mai superare,
comunque i 25°C. Il D.Lgs 31/2001 non prende in considerazione detto parametro.
Le acque telluriche (profonde almeno 30 m dalla superficie del suolo) presentano minime oscillazioni nell’arco
dell’anno e la loro temperatura si avvicina molto alla temperatura media annua locale. Al contrario acque meno
profonde risentono delle oscillazioni termiche stagionali ed il fenomeno è tanto più evidente quanto più sono
superficiali.
La conducibilità elettrica è in relazione con la concentrazione salina. Le acque telluriche profonde hanno una
conducibilità costante o poco variabile mentre variazioni brusche specie se in relazione a precipitazioni atmosferiche,
sono indice di infiltrazioni di acque meteoriche ed hanno perciò un significato sfavorevole.
Per quanto riguarda i caratteri organolettici (caratteri percepibili direttamente dai nostri sensi), una buona acqua
potabile deve essere limpida, incolore, inodore, di sapore gradevole, fresca.
La torbidità di un’acqua, eccezion fatta per le false torbidità dovute a minutissime bollicine gassose che si sviluppano
in acque che sgorgano sotto elevate pressioni, sono sempre indesiderabili. Non sono pericolose per la salute e si
limitano a rendere meno gradevole l’acqua, quelle torbidità dovute a finissime sospensioni di argilla allo stato colloidale
ovvero a precipitazioni di sali di ferro (precipitato rosso) e manganese (precipitato bruno-nerastro) in seguito a perdite
di acido carbonico. Sono invece molto pericolose le torbidità dovute a detergenti in elevate concentrazioni ovvero
quelle torbidità che si manifestano improvvisamente, accompagnate per lo più da aumento di portata, che stanno ad
indicare l’occasionale infiltrazione di acqua superficiale.
Un’acqua igienicamente buona deve essere poi incolore quando viene esaminata in strati relativamente sottili (ad es. in
una bottiglia di vetro). Le colorazioni anomale possono essere dovute a dissoluzione di clorofilla dei vegetali
(colorazione giallo-verde), a materiali unici (colorazione bruna), a sali di ferro (colorazione giallo-marrone), ecc.
Deve, inoltre, avere sapore gradevole. Tale sapore viene conferito all’acqua dai sali e dai gas presenti.
Infine un’acqua potabile deve essere del tutto inodore, non solo a freddo, ma anche se riscaldata. In acque superficiali
in cui avvengono processi fermentativi o putrefattivi si possono avere odore solfidrico, putrido, aromatico, d’erba, di
pesce, ecc.
3) STUDIO DEI CARATTERI CHIMICI
I caratteri chimici di un’acqua potabile si possono dividere in tre categorie, a seconda della loro origine:
1. caratteri riferibili alla mineralizzazione (caratteristiche minerali delle rocce attraversate);
2. caratteri riferibili alla contaminazione industriale o agricola (sostanze tossiche);
3. caratteri riferibili alla contaminazione organica.
Caratteri riferibili alla mineralizzazione
A questo gruppo appartengono: il pH, il residuo fisso, la durezza, il calcio, il magnesio, il sodio, i cloruri, i fluoruri, i
solfati ed alcuni gas disciolti.
La concentrazione idrogenionica (pH) dell’acqua non deve subire sensibili oscillazioni. Acque molto acide o alcaline
possono solubilizzare dei componenti delle tubature in cui scorrono così da indurre pericolo tossico, nel caso di vecchie
tubazioni di piombo, o influire sulla gradevolezza dell’acqua, nel caso di passaggio di ioni Fe, Zn, Mn.
Il residuo fisso, cioè l’insieme delle sostanze inorganiche che restano dopo l’evaporazione completa, nelle buone acque
è costante o varia di pochissimo nelle diverse stagioni. Il valore consigliato è di 1500mg/l (dopo essiccamento a 180°C).
Quantitativi superiori rendono l’acqua difficilmente digeribile e risultano dannosi per gli impianti, mentre
concentrazioni inferiori rendono l’acqua non idonea per la calcificazione ossea.

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La durezza è una particolare proprietà delle acque naturali dovuta quasi esclusivamente alla presenza dei sali di calcio e
di magnesio. Si chiamano acque dure quelle che contengono molti sali alcalino-terrosi, acque molli o dolci quelle che
ne contengono pochi.
Il sodio, scarsamente considerato fino a pochi anni or sono, si è proposto all’attenzione a seguito di recenti studi
promossi dall’OMS che prospettano una correlazione tra assunzione di NaCl in elevati quantitativi ed innalzamento dei
valori pressori. La sua presenza nelle acque può derivare dalla natura del terreno attraversato (rocce silicee), ma può
anche essere legata all’inquinamento da scarichi industriali.
I cloruri derivano prevalentemente da rocce sedimentarie o dall’acqua del mare che entra attraverso gli estuari nei fiumi
per via delle maree; per questo motivo si ritrovano in abbondante quantità nelle falde idriche delle zone costiere.
Improvvisi aumenti nella concentrazione dei cloruri devono essere tuttavia considerati con molta attenzione potendo
rappresentare un indice di contaminazione da acque reflue urbane ed industriali.
Il fluoro è un elemento molto diffuso in natura e la sua presenza nell’acqua potabile, nei quantitativi di 800-1200g/l è
da considerare senz’altro positivamente data la grande affinità del fluoro per lo smalto dentario e la conseguente azione
anticarie.
Caratteri riferibili alla contaminazione organica
La contaminazione di un’acqua, avvenuta per infiltrazione di rifiuti della vita animale o vegetale, è generalmente
rilevabile mediante la ricerca di alcuni prodotti da queste derivati: sali ammoniacali, nitriti e nitrati.
Le sostanze organiche di natura proteica vengono progressivamente degradate, a seguito di una serie di azioni
enzimatiche attuate da microrganismi, a peptoni, aminoacidi e quindi ad ammoniaca; questa per successive ossidazioni,
ad opera di batteri, viene trasformata in acido nitroso (nitriti), e in acido nitrico (nitrati). Si formano anche fosfati,
solfati e talvolta solfuri
La presenza di ammoniaca (sempre sottoforma di sali ammoniacali) e di nitriti assume pertanto, salvo eccezioni
particolari (caratteristiche del terreno) un significato decisamente sfavorevole di contaminazione in atto.
Tali sostanze non potrebbero quindi essere tollerate in un’acqua da destinarsi ad uso potabile, tuttavia in considerazione
della sempre più pressante necessità di approvvigionarsi con acque superficiali, c’è stato bisogno di definire anche per
questi parametri dei limiti di accettabilità
Per quanto riguarda i nitrati, la loro presenza viene tollerata in tracce anche notevoli, in quanto espressione di una
contaminazione remota, e quindi presumibilmente esaurita, essendo i nitrati il prodotto finale dell’ossidazione
dell’azoto.
caratteri riferibili alla contaminazione industriale o agricola
Si tratta di sostanze che solo in misura modesta fanno parte della composizione naturale delle acque potabili, ma per lo
più vi derivano da inquinamenti vari.
• Alcuni, pur non provocando di noma effetti tossici (es. argento, boro, rame, zinco, tensioattivi, ecc.) rendono
l’acqua sgradevole o addirittura inusabile quando superano determinati livelli.
• Altri hanno una documentata tossicità (es. arsenico, antimonio, cadmio, cianuri, cromo, nichel,
antiparassitari, idrocarburi, ecc.).
La vecchia normativa li distingueva rispettivamente in sostanze indesiderabili ed in sostanze tossiche.
Con la nuova normativa ci si limita a considerarli parametri effettivamente pericolosi per la salute umana.
4) STUDIO DEI CARATTERI MICROBIOLOGICI
I caratteri microbiologici vengono ricercati al fine di conoscere se l’acqua in esame sia batteriologicamente pura o se
siano presenti microrganismi che depongono per una sua superficialità o per una contaminazione di natura fecale.
Di norma quando si effettua l’esame batteriologico dell’acqua non si cercano i microrganismi patogeni perché ciò
richiederebbe lunghi tempi e tecniche indaginose. Grazie alla disponibilità di particolari indicatori di contaminazione,
facilmente evidenziabili, si può avere un’informazione precoce circa la contaminazione e quindi la pericolosità di
un’acqua, prima che vi pervengano eventuali patogeni.
I microrganismi regolarmente ricercati sono, quindi, quelli che vengono generalmente eliminati con le feci in quanto
ospiti abituali dell’intestino umano ed animale:
• batteri coliformi totali (che possono avere anche origine ambientale)
• batteri coliformi fecali il cui maggior rappresentante è Escherichia coli
• enterococchi
Oltre ad essere sempre presenti sono più numerosi dei patogeni, più resistenti nell’ambiente esterno e quindi anche nelle
acque.
Occasionalmente, ed in genere a giudizio dell’autorità sanitaria competente possono essere ricercati alcuni batteri
patogeni od opportunisti (stafilococchi, Pseudomonas aeruginosa, spore di clostridi solfito riduttori) ed alcuni virus
(enterovirus).
CORREZIONE DEI CARATTERI ORGANOLETTICI E FISICI DI UN’ACQUA POTABILE
Chiariflocculazione – per la rimozione della torbidità e delle colorazioni anomale dovute di norma a particelle
colloidali in sospensione. Consiste nell’aggiunta di un flocculante che, in acqua, forma un composto chimico bianco,

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gelatinoso e fioccoso (idrossido di alluminio) che ingloba le particelle colloidali sospese facendole precipitare sul
fondo.
Filtrazione – è un processo artificiale che ricalca quanto avviene nelle acque telluriche che si raccolgono in profondità
dopo aver attraversato vari strati del terreno.
filtri lenti inglesi (membrana biologica – maturazione lunga – durata lunga)
batteri 2-3 giorni 1-8 settimane
filtri rapidi americani (membrana chimica – maturazione rapida – durata breve)
idrossido di Al 8-10 minuti 12-24 ore

Deferrizzazione – consiste nell’insufflare aria nell’acqua che così si arricchisce di ossigeno ed ossida i sali ferrosi in
ferrici. Questi idrolizzandosi formano idrossido di ferro insolubile che precipita e può essere allontanato (anche
demanganizzazione)
Addolcimento – uno dei metodi più usati anche se a scopi per lo più industriali è quello di aggiungere acqua di calce e
carbonato sodico (soda Solvay). I sali di Ca e di Mg, responsabili della durezza dell’acqua, vengono entrambi
trasformati in sali insolubili che precipitano e possono essere allontanati per filtrazione o decantazione. Un metodo più
comodo è quello che si basa sull’uso di resine a scambio ionico.
Altre correzioni possibili sono: dearsenizzazione, desalinizzazione, distillazione, osmosi, ecc.
TRATTAMENTI DI DISINFEZIONE DI UN’ACQUA POTABILE
La depurazione biologica di un’acqua può essere ottenuta con mezzi fisici e chimici.
Tra i mezzi fisici troviamo le radiazioni ultraviolette (UV) ed il calore. Quest’ultimo rappresentato essenzialmente
dalla bollitura viene applicato ormai soltanto in condizioni di emergenza e comunque sempre per piccole provviste
domestiche.
Gli agenti chimici utilizzati per la depurazione delle acque sono il cloro e l’ozono.
La clorazione viene attuata su acque originariamente limpide o rese tali mediante sistemi di filtrazione. L’agente
depurante è il cloro attivo e la sua azione potabilizzante è legata in massima parte alla formazione di acido ipocloroso
(HClO).
Essendo il cloro un energico ossidante agisce non solo sui microrganismi, ma su tutte le sostanze ossidabili presenti
nell’acqua, sia organiche che inorganiche. La sua attività disinfettante è più energica nei confronti dei batteri che dei
virus.
• Cloro gassoso – di difficile impiego può essere attuata solo con dosatori automatici.
• Ipocloriti – non richiedono attrezzature particolari e sono di facile impiego. Sono alla portata di tutti e vanno
bene per uso individuale e domestico in quanto bastano 1-2 gocce/litro per rendere potabili acque di pozzi
superficiali o comunque acque sospette purché limpide.
Si possono usare inoltre: cloruro di calce, clorammine, composti organici del cloro, ecc.
L’ozono è un gas che ha un elevato potere ossidante capace di attaccare tutte le sostanze organiche e quindi anche i
microrganismi distruggendoli in brevissimo tempo.

ACQUA NELLE STRUTTURE SANITARIE


Rappresenta una grande risorsa, ma anche potenziale fattore di rischio soprattutto per i pazienti più suscettibili.
I principali utilizzi in queste strutture sono:
- tecnici (ad es., cucine, lavanderie, riscaldamento, condizionamento dell’aria, antincendio)
- igienico-sanitari (ad es., igiene personale, reprocessing di dispostivi medici, blocco operatorio)
- terapeutico-assistenziali (ad es., emodialisi, piscine per riabilitazione, vasche parto, assistenza odontoiatrica,
idroterapia per ustionati)
- produzione di acque reflue (WC, lavapadelle, ecc.)
- irrigazioni e fontane.
Le strutture in cui si erogano cure sono considerate ad alto rischio per la colonizzazione degli impianti idrici da parte di
microrganismi patogeni o patogeni opportunisti veicolati con l’acqua (Linee Guida OMS 2011).
Il rischio sanitario è essenzialmente dovuto alla combinazione di diversi fattori riconducibili a diversi motivi tra i quali
le molteplici modalità di esposizione per differente tipologia di acqua, la qualità dell’acqua legata alla complessità della
struttura e soprattutto alla vulnerabilità della popolazione esposta.
Soprattutto in ambiente sanitario è quindi indispensabile garantire una buona qualità dell’acqua non solo verso quei
microrganismi che possono arrivare dalla falda acquifera, che comunque non devono essere presenti perché si tratta di
acque potabili, ma verso quei microrganismi che si moltiplicano all’interno della rete idrica dell’edificio i cosiddetti
patogeni nuovi individuabili tra gli agenti eziologici opportunisti (commensali, saprofiti o ambientali) che possono
determinare infezione in soggetti appartenenti ai sottogruppi più suscettibili della popolazione come i bambini, gli
anziani e i soggetti immunocompromessi. I più frequentemente isolati sono:
- Mycobatteri non tubercolari (MNT),
- Legionella,
- Pseudomonas

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- Microrganismi antibiotico-resistenti
Il sistema di distribuzione dell’acqua può fornire condizioni favorevoli alla crescita microbica e alla formazione di
biofilm. I patogeni ambientali crescono spesso nei biofilm e quando questi non vengono rimossi subito diventano molto
stabili ed estremamente difficili da eliminare rappresentando una fonte costante di contaminazione.
Legionella pneumophila
Si tratta di un batterio ubiquitario ampiamente diffuso in natura e l’acqua rappresenta il serbatoio principale.
Nicchie ecologiche artificiali, create dall’uomo per migliorare il proprio comfort favorirebbero la sua moltiplicazione e
diffusione.
Sopravvive dai 5 ai 63 °C, ma prolifera tra i 25 e i 42 °C
Si trova all’interno di biofilm insieme ad alghe, protozoi ed altri batteri Se ne conoscono 61 specie di Legionelle e più
di 70 sierotipi, ma la specie responsabile del maggior numero dei casi di malattia è L. pneumophila

LE ACQUE REFLUE
Cosa si intende per rifiuto liquido?
Per rifiuto liquido (o liquame o acqua reflua) si intende un’acqua non idonea ad un uso diretto in quanto, essendo stata
utilizzata in diversi processi o attività (civili agricole, industriali, ecc.) risulta priva delle sue caratteristiche di qualità
originarie.
In base alla loro origine sono contaminate da diverse sostanze organiche ed inorganiche pericolose per la salute e per
l'ambiente.
L’inquinamento fisico può essere di tipo termico o radioattivo, come le acque reflue eliminate dalle centrali
termoelettriche o nucleari, ma può anche essere connesso allo scarico di solidi grossolani e acque di lavaggio che
immettono ghiaie o fanghi, con aumento della torbidità.
L’inquinamento chimico è più molto ampio e giunge alle acque da scarichi urbani, agricoli e industriali. Gli inquinanti
sono soprattutto nitrati e fosfati, che essendo dei nutrienti per le piante possono favorire l’accrescimento di quelle specie
che alterano le condizioni dell’ecosistema, come la fioritura algale che conferisce colorazioni e torbidità alle acque oltre
a problemi di riduzione di ossigeno e aumento della tossicità.
L’inquinamento di tipo biologico è dovuto alla presenza di microrganismi patogeni a diffusione oro-fecale, provenienti
da scarichi urbani e agricoli che possono contaminare la falda idrica o le acque superficiali e rappresentare un veicolo di
trasmissione di numerose malattie infettive a carattere gastroenterico nella popolazione.
Le acque reflue quindi non possono essere immesse direttamente nell'ambiente perché il terreno, il mare, i fiumi ed i
laghi non sono in grado di ricevere una quantità di sostanze inquinanti superiore alla propria capacità autodepurativa
senza vedere compromessi i normali equilibri dell´ecosistema.
Pertanto è necessario, prima di tutto, procedere ad un idoneo allontanamento dei rifiuti, dal luogo di produzione,
attraverso un adeguato sistema fognario che li convoglierà verso degli impianti di depurazione specializzati i quali ne
consentiranno la reintroduzione nell’ambiente dopo un adeguato trattamento.
In base al D.lgs.152/99 le acque reflue sono distinte in:
 Acque reflue domestiche
(feci, urine e altri rifiuti liquidi provenienti dagli ambienti domestici)
 Acque reflue urbane
(acque reflue domestiche, acque meteoriche e acque provenienti dal lavaggio stradale)
 Acque reflue industriali
(acque scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali)
I rischi legati ad una assenza o ad un inadeguato smaltimento dei rifiuti possono essere di tipo:
 Estetico (acque di mare o di fiume scure per sversamento dei liquami)
 Putrefattivo (per la produzione di odori sgradevoli e ricettacolo di insetti e animali molesti)
 Infettivo (per la diffusione di microrganismi patogeni)
 Tossico (per la liberazione di sostanze chimiche nocive)
Si deve pertanto, in primo luogo, procedere ad un idoneo allontanamento dei rifiuti, dal luogo di produzione, attraverso
un adeguato sistema fognario che li convoglierà verso gli impianti di depurazione specializzati che ne consentiranno
la reintroduzione nell’ambiente idrico dopo un adeguato trattamento.
L’allontanamento dei rifiuti liquidi può avvenire attraverso fognature del tipo a
 Sistema unitario (unica canalizzazione)
 Sistema separato (due canalizzazioni)
 Sistema misto (scaricatori di piena)
In relazione alla diversa concentrazione delle sostanze di rifiuto umane si possono avere tre diversi tipi di reflui:
 a debole concentrazione
 a media concentrazione
 a forte concentrazione
Questa viene definita la forza di un liquame e si misura con i seguenti parametri:
 le sostanze sedimentabili
 il BOD

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 il COD
Le sostanze sedimentabili
Sono tutti i materiali di natura organica ed inorganica di densità maggiore di quelli del fluido che li contiene che per
gravità si depositano sul fondo sedimentando.
La quantità di sostanze sedimentabili presenti in un litro di refluo viene in genere determinata, volumetricamente con
appositi bicchieri a forma di imbuto (coni Imhoff), della capacità di un litro e la cui parte inferiore è suddivisa in
centimetri cubici.
In un litro di liquame di media concentrazione sono presenti circa 6 cc di sostanze sedimentabili
BOD (Biochemical Oxigen Demand)
La decomposizione della sostanza organica avviene ad opera di batteri aerobi che utilizzano il materiale organico come
fonte energetica.
Batteri e Sali nutritivi
Sostanza organica + O2 CO2 + H2O + energia
Il BOD rappresenta la quantità di ossigeno utilizzata dai batteri per ossidare il materiale organico contenuto in un
liquame senza che si manifestino fenomeni putrefattivi. Maggiore è il contenuto di sostanze organiche, più alto risulterà
il valore del suo BOD.
Normalmente la prova si effettua su 5 giorni, tempo necessario ai batteri per ossidare oltre 2/3 della
sostanza organica.
COD (Chemical Oxigen Demand)
Il COD è l’ossigeno chimico richiesto che esprime la richiesta di ossigeno totale in mg/L necessaria per ossidare
direttamente, e non tramite micro organismi, tutte le sostanze organiche ed inorganiche presenti nel liquame.

SMALTIMENTO O TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE DOMESTICHE ED URBANE


Insieme di processi naturali e/o artificiali in grado di rimuovere o trasformare tutte le sostanze presenti nei reflui stessi,
che siano in grado di provocare danni o molestia nell’uomo o nell’ambiente.
È la trasformazione dei reflui in un liquido imputrescibile non più pericoloso che può essere riutilizzato per varie
attività umane.
Si deve arrivare ad ottenere la mineralizzazione delle sostanze organiche contenute nei liquami
• senza che si manifestino cattivi odori
• e riducendo al minimo la possibilità di trasmissione delle malattie infettive
MINERALIZZAZIONE

Nella mineralizzazione le molecole organiche vengono scisse fino a composti semplici ovvero anidride carbonica e
ammoniaca (quest’ultima verrà successivamente ossidata a nitrati e nitriti).
La mineralizzazione può essere attuata in ambiente anaerobio (attraverso batteri anaerobi) dando luogo, però a
fenomeni putrefattavi.
Oppure (ed è preferibile) può avvenire in presenza di ossigeno (ambiente aerobio) dando luogo a fenomeni ossidativi
senza formazione di cattivi odori
• germi anaerobi • germi aerobi
• processo lento • processo veloce
• produzione di cattivi odori • assenza di cattivi odori

PRINCIPALI MODALITA’ DI TRATTAMENTO DEI LIQUAMI DOMESTICI E URBANI


TRATTAMENTI PRIMARI
Consiste in una serie di pretrattamenti attuati con processi meccanici:
1. Grigliatura, trituratura (allontanamento delle sostanze più grossolane)
2. Dissabbiatura (allontanamento di materiale non biodegradabile)
3. Degrassatura (allontanamento dei grassi che impedirebbero la diffusione dell’ossigeno nel liquame
impedendo la mineralizzazione della sostanza organica presente)
Segue quindi la SEDIMENTAZIONE PRIMARIA un processo meccanico di sedimentazione dal quale il liquame
viene in parte chiarificato per la deposizione dei fanghi.

TRATTAMENTI SECONDARI
 Filtro percolatore o Letto percolatore
Il filtro è costituito da una vasca, che di solito ha forma cilindrica, riempita con materiale inerte poroso (sabbia e ghiaia)
sul quale si sviluppa la pellicola di batteri.
Il liquame viene immesso dall’alto con irrorazione a spruzzo e percola lentamente attraverso il letto poroso. I materiali
organici in sospensione nel liquame rimangono adsorbiti sulla pellicola batterica, quelli in soluzione lo attraversano e
sono degradati dai batteri. Sul fondo del filtro percolatore vengono raccolti i fanghi e l’acqua, che sono inviati ad un

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sedimentatore secondario che separa le due frazioni. Questo sistema viene sempre meno usato perché fonte di rischi
biologici per gli operatori e per il richiamo di insetti molesti.

 Sistema a fanghi attivi


Si tratta di vasche di aerazione in cui il liquame viene a contatto con una biomassa batterica (fanghi attivi) dispersa in
forma di piccoli fiocchi. Gli organismi presenti nei fiocchi sono principalmente protozoi ciliati immobili e mobili,
rotiferi e nematodi il cui alimento principale è costituito dai batteri (anche patogeni) dispersi nel liquame. Gli altri
microrganismi presenti nei fiocchi sono batteri che in presenza di ossigeno degradano la sostanza organica favorendo il
processo di mineralizzazione all’interno del liquame.
collaborano all’ottenimento di un’elevata purezza
Dopo il trattamento secondario attraverso uno dei due sistemi il liquame in parte trasformato passa in una vasca di
sedimentazione secondaria in cui si separano i fanghi (che si depositano sul fondo) e la parte liquida del liquame che
risulta depurata (potrebbe essere necessaria una eventuale clorazione). Ovviamente non sono acque che potranno essere
utilizzate come acque potabili, ma possono essere immesse in corpi idrici recettori come mari, fiumi, laghi.

RIFIUTI SOLIDI
La gestione dei rifiuti in Italia è regolamentata in via principale dal D.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 “Decreto Ronchi”,
emanato in base a delle direttive comunitarie e dal D. Lgs. n°152 del 3 aprile del 2006 “Norme in materia di ambiente”
in cui vengono elaborate norme relative alla gestione dei rifiuti e alla bonifica dei siti inquinati
La finalità delle norme introdotte è quella di ridurre la produzione di rifiuti, e di incentivarne il recupero ed il
riciclaggio, garantendo un elevato grado di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente.
Definizione di rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto, che rientra nelle categorie riportate nei relativi allegati, di cui il
detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi”
Così come i rifiuti liquidi anche i solidi possono contenere, in base alla loro origine, sostanze organiche (passibili di
andare incontro a processi di fermentazione e/o putrefazione) e prodotti tossici o nocivi.
Alla loro presenza è pertanto connesso un rilevante rischio potenziale di malattia o di danno alla salute umana che può
essere annullato, o comunque ridotto, sottoponendo i rifiuti ad idonei processi di raccolta, allontanamento e trattamento.
Ai fini giuridici i rifiuti, in base alla loro provenienza, sono distinti in:
 rifiuti urbani
 rifiuti speciali
e sulla base delle loro caratteristiche, in
 rifiuti pericolosi
 rifiuti non pericolosi
Sono rifiuti solidi urbani (RSU):
 i rifiuti domestici
i rifiuti provenienti dallo spezzamento delle strade o giacenti sulle strade, sulle aree pubbliche e private, sulle spiagge e
sulle rive dei corsi d’acqua.
Sono invece rifiuti speciali:
 i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
 i rifiuti derivati dalle attività di demolizione, costruzione;
 i rifiuti da lavorazione industriale;
 i rifiuti da lavorazione artigianale;
 i rifiuti da attività commerciale;
 i rifiuti derivati da attività sanitarie;
 i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
 veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
Il Decreto 152 regolamenta la gestione dei rifiuti stabilendo responsabilità per gli operatori e per i consumatori fino a
determinare linee guida per il recupero, riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti.

I RIFIUTI SANITARI
La normativa di riferimento per la gestione dei rifiuti sanitari è rappresentata dal DPR 254/03. Questo decreto definisce
come rifiuti sanitari “i rifiuti derivati da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di
prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e
di ricerca”
Questi rifiuti provenendo da (ospedali, ambulatori, laboratori biologici, ecc.), essendo considerati potenzialmente
infetti e quindi pericolosi per la salute, sono soggetti a particolari trattamenti.
Classificazione dei rifiuti sanitari
 Rifiuti pericolosi a rischio infettivo
Sono quelli provenienti da ambienti di isolamento infettivo a rischio di trasmissione aerea, o da ambienti dove
soggiornano pazienti in isolamento infettivo causato da agenti biologici di gruppo 4 (es. virus Ebola);

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Oppure che siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico di pazienti isolati (sangue, feci, urine, liquido
seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebrospinale, sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico, amniotico);
O provenienti da attività veterinaria con le stesse caratteristiche
 Rifiuti pericolosi non a rischio infettivo (pericolo di tipo chimico)
Medicinali citotossici o citostatici del settore sanitario o del settore veterinario o provenienti da attività di ricerca
collegate
Sostanze chimiche di scarto, del settore sanitario o di attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze
pericolose
Rifiuti di amalgama utilizzati in interventi odontoiatrici
Soluzioni fissative utilizzate per fare i vetrini
Materiali isolanti contenenti amianto, lampade fluorescenti, Batterie al piombo o mercurio
 Rifiuti sanitari non pericolosi
Rifiuti taglienti inutilizzati (aghi, siringhe, lame, rasoi)
Sostanze chimiche di scarto del settore sanitario o veterinario o da attività di ricerca collegate, non pericolose o non
contenenti sostanze pericolose
 Rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento
Tessuti, organi e parti anatomiche non riconoscibili
Piccoli animali da esperimento
Farmaci scaduti o di scarto, esclusi i medicinali citotossici o citostatici
 Rifiuti sanitari assimilabili ai rifiuti urbani
Contenitori vuoti di farmaci, di soluzioni per infusione, di soluzioni per disinfezione, di alimenti, di bevande, ecc.
Rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti dalle cucine delle strutture sanitarie, spazzatura, ecc.
Gessi ortopedici e bende, pannolini pediatrici e pannoloni, contenitori e sacche per le urine in assenza di sangue visibile.
In ambito sanitario particolare interesse rivestono i rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Sia la fase di raccolta che
quella di smaltimento, devono essere attuate operando in moda da evitare il diffondersi di infezioni. A questo scopo,
pertanto i rifiuti devono essere posti in apposito imballaggio a perdere, anche flessibile, recante la dicitura “rifiuti
sanitari pericolosi a rischio infettivo” o se si tratta di rifiuti taglienti e/o pungenti (aghi, vetro) in apposito imballaggio
rigido a perdere con la scritta “rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo taglienti e pungenti”.
Lo smaltimento viene effettuato per termodistruzione in impianti autorizzati.

IGIENE DEGLI ALIMENTI


Gli alimenti rappresentano per i cittadini (consumatori) un aspetto fondamentale della vita quotidiana. Gli alimenti
hanno un elevato valore sociale e culturale ma il “rischio” nel settore alimentare è scarsamente accettato ed il
consumatore spesso ignora i fondamentali processi produttivi
Recenti crisi nel settore alimentare
• BSE encefalopatia spongiforme bovina (1996 – oggi)
• DIOSSINA (1999 – 2000)
• AFTA EPIZOOTICA (2001)
• AVIARIA (2004 – 2006)

Gli alimenti possono subire una contaminazione che viene definita come la presenza di un elemento estraneo
all’interno dell’alimento stesso.
MODALITA’ DI CONTAMINAZIONE
- ENDOGENA: all’origine (dalle materie prime)
Questa contaminazione si dice anche primaria e si verifica durante la fase di produzione delle materie prime, cioè dove
le materie prime “nascono” e i luoghi di produzione sono un pericolo:
• le carni contenenti salmonelle o altri germi che provengono da animali ammalati o portatori,
• verdura, frutta, carne, latte, pesci, uova ecc. contenenti residui di sostanze chimiche, come pesticidi,
farmaci, ormoni, ecc., utilizzati direttamente dall’uomo per favorire la produzione oppure per
inquinamento ambientale.
- ESOGENA: dalla lavorazione
• STOCCAGGIO: Depositi non idonei, scarsa pulizia delle celle frigo
• DURANTE LA MANIPOLAZIONE: Attrezzature e superfici di lavoro contaminate; promiscuità cotto/crudo,
sporco/pulito; inosservanza delle norme igieniche personali.
• DOPO LA PREPARAZIONE: Promiscuità cotto/crudo; confezionamento in condizioni igieniche inadeguate.

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• PRESENZA DI INSETTI e RODITORI.
La contaminazione può essere:
Chimica – Fisica - Biologica
I pericoli chimici sono rappresentati da sostanze chimiche di diversa natura che possono entrare nelle derrate
alimentari.
I pericoli fisici sono rappresentati da tutti i corpi estranei che possono pervenire in un alimento e che possono derivare
da materie prime o fasi di lavorazione
I pericoli biologici sono rappresentati principalmente da microrganismi patogeni che possono essere presenti nelle
derrate alimentari.
LA CONTAMINAZIONE DI ORIGINE BIOLOGICA
La contaminazione biologica può essere causata da:
- Microrganismi (batteri, virus, lieviti, muffe, parassiti)
- Organismi superiori (roditori, artropodi, uccelli e volatili)
I microrganismi possono essere responsabili di malattie trasmesse con gli alimenti che si distinguono in:
Infezioni alimentari
In questo caso gli alimenti sono veicoli efficienti, ma non indispensabili, per la trasmissione delle infezioni. Cioè non
è necessaria la moltiplicazione dei microrganismi negli alimenti prima dell’ingestione.
Tossinfezioni alimentari
Nelle tossinfezioni alimentari l’alimento costituisce il substrato indispensabile, in cui il microrganismo si moltiplica
abbondantemente prima della sua ingestione (105-106 batteri /grammo di alimento). Se il numero di batteri è
insufficiente, l’individuo che ha ingerito l’alimento non si ammala o può diventare portatore.

Intossicazioni alimentari
Per alcuni microrganismi la moltiplicazione nell’alimento gli consente di produrre quantità sufficienti di tossine, che
sono le sole responsabili della sintomatologia clinica della malattia determinando una vera e propria intossicazione
alimentare (Clostridium botulinum, Staphylococcus aureus).
Nelle intossicazioni alimentari perché si manifesti la malattia non obbligatoriamente ci deve essere il microrganismo,
bensì è indispensabile la presenza della sua tossina.

Infezioni Tossinfezioni Intossicazioni


Escherichia coli Salmonelle minori Stafilococco aureus
Campylobacter Bacillus cereus Clostridium botulinum
Shigella Clostridium perfringens
Brucella Vibrio parahaemolyticus
Vibrio cholerae Listeria monocytogenes

I microrganismi patogeni possono ritrovarsi negli alimenti per:


• Contaminazione diretta: uomo/animale malato o portatore sano uomo sano
• Contaminazione indiretta tramite veicoli o vettori
• Contaminazione crociata alimento infetto alimento sano
(a causa di comportamenti scorretti da parte del personale)

Le malattie che si verificano in seguito all’ingestione di alimenti contaminati da microrganismi o dalle loro tossine
possono essere caratterizzate da:
 Sintomi: lievi (durata di qualche giorno) o gravi (durata di più giorni)
 Solitamente di tipo gastroenterico (vomito, nausea, diarrea).
 Si manifesta con maggiore gravità nelle popolazioni più sensibili (bambini e anziani)
Nello sviluppo delle patologie di origine alimentare entrano in gioco numerose variabili:
 del microrganismo,
 dell’alimento,
 di natura ambientale e procedurale
 dell’ospite

Le variabili del microrganismo sono le temperature. I vari tipi di microrganismi gradiscono temperature diverse per il
loro sviluppo; si dividono in psicrofili (0°C), mesofili (30-37°C) e termofili (55°C).
In condizioni favorevoli i batteri si riproducono in maniera esponenziale pertanto è fondamentale non consentire lo
sviluppo dei patogeni sugli alimenti mantenendoli in queste condizioni.

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Molto importante è la presenza o l’assenza di ossigeno (a seconda delle caratteristiche del batterio aerobio o anaerobio)
così come la presenza dell’acqua libera.
Normalmente i batteri preferiscono un pH neutro; la maggior parte leggermente alcalino fra i 7,2 e 7,6
Per vivere e moltiplicarsi, i batteri devono alimentarsi. Gli alimenti preferiti dai batteri, e spesso all’origine di
tossinfezioni, sono quelli ricchi di proteine ed acqua.
Cause di contaminazione durante la lavorazione nel settore della ristorazione
Alimenti preparati con troppo anticipo prima della consumazione
Alimenti mantenuti a Temperatura ambiente
Raffreddamento lento prima della conservazione in frigorifero
Riscaldamento ad una Temperatura non sufficientemente elevata per distruggere i batteri patogeni
Contaminazione crociata tra alimenti crudi e cotti
Infezioni tra gli addetti alla lavorazione
Utilizzo di alimenti avanzati
Consumo di alimenti crudi non idonei
Preparazione di un’eccessiva quantità di alimenti
Consumo di alimenti in scatola contaminati

Contaminazione crociata

Le variabili legate all’ospite riguardano la sua suscettibilità dovuta a fattori genetici, all’età (bambini e anziani sono più
sensibili) alle abitudini alimentari (mense, ristoranti), al tipo di dieta.
Il personale che manipola gli alimenti rappresenta un punto critico nella catena alimentare quando pratica una scarsa
igiene o tiene comportamenti scorretti. Il lavaggio delle mani rappresenta un fattore importante per la prevenzione delle
malattie a trasmissione alimentare pertanto è necessario:
• Prima dell’inizio del lavoro e della manipolazione del cibo
• Durante il lavoro quando appaiono sporche
• Dopo ogni pausa
• Dopo essere stati in bagno
• Dopo avere mangiato, bevuto, fumato, tossito, starnutito, soffiato il naso o toccato i capelli
• Dopo aver raccolto una cosa da terra
• Dopo aver maneggiato rifiuti, animali, telefono, soldi, stracci, attrezzature, piatti sporchi e detergenti
Secondo quanto riferito nel report annuale dell’ECDC-EFSA sulle zoonosi e sulle malattie trasmesse dagli alimenti,
negli ultimi anni, i principali agenti patogeni coinvolti sono:
• Salmonella,
• Campylobacter,
• Listeria,
• E. coli produttori di verocitotossina
• Yersinia,
• Trichinella
• Echinococco.
Nello specifico dal documento emerge che i casi di Salmonella nell’uomo sono diminuiti dell’5,4% rispetto al 2010
confermando il calo evidenziato negli ultimi 5 anni (- 37,9% rispetto al 2007).
La campilobatteriosi è ancora la malattia zoonosica segnalata con maggior frequenza nell’uomo, in leggero aumento nel
2011 rispetto al 2010 (+2,4%).

LE TOSSINFEZIONI ALIMENTARI
SALMONELLA
La salmonella è stata segnalata per la prima volta nel 1886, in un caso di peste suina, dal medico americano Daniel
Elmer Salmon che la isolò.

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Fa parte della famiglia delle Enterobatteriaceae ed è presente in natura con più di 2000 varianti (sierotipi) e le infezioni
più frequenti si distinguono in
 forme tifoidee (S. typhi e S. paratyphi, responsabili della febbre tifoide e delle febbri enteriche in genere), in
cui l’uomo rappresenta l’unico serbatoio del microrganismo, e
• forme non tifoidee (responsabili delle tossinfezioni alimentari) in cui l’animale soprattutto quelli allevati per
la catena alimentare rappresentano il serbatoio naturale. Si conoscono come salmonelle minori
( S. typhimurium e la S. enteritidis), responsabili di forme cliniche a prevalente manifestazione
gastroenterica.
CARATTERISTICHE DI SALMONELLA
 Batterio Gram-negativo, bastoncellare, per lo più mobile per la presenza di flagelli peritrichi
 Aerobio/anaerobio facoltativo
 Asporigeno
 Temperatura ottimale di crescita: 35-37°C
 Intervallo di temperatura di crescita: 10-48°C
 pH:4-9,5
 Habitat: intestino umano, di altri mammiferi e volatili
Le salmonelle non tifoidee, sono una delle cause più frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato e
sono responsabili di oltre il 50% del totale delle infezioni gastrointestinali.
Possono verificarsi nell’uomo e negli animali domestici e da cortile (polli, maiali, bovini, roditori, cani, gatti, pulcini) e
selvatici, compresi i rettili domestici (iguane e tartarughe d’acqua).
Fonti di infezione
 La salmonella vive prevalentemente nell'apparato intestinale degli animali, può quindi essere trasmessa
dall’animale malato anche se l’uomo malato o portatore, è la principale fonte d’infezione. I portatori
convalescenti o cronici eliminano il batterio per tempi molto lunghi pertanto è rischiosa la presenza di questi
soggetti tra i lavoratori della catena alimentare e gli addetti ai servizi idrici.
 La salmonella può essere trasmessa anche attraverso il consumo di cibi contaminati da feci animali:
• carne cruda,
• uova, pollame,
• latte non pastorizzato e derivati,
• maionese fresca,
• creme e succhi di frutta non pastorizzati.
Cause di diffusione
 Importazione di carni e bestiame da altri paesi con conseguente introduzione di nuovi sierotipi
 Diffusione di allevamenti intensivi, con impiego di farine animali spesso contaminate
 Maggior consumo di carni e di altri prodotti di origine animale
 Maggior ricorso alla ristorazione collettiva
Epidemiologia
 Frequenti in entrambi i sessi e a qualunque età
 Maggiore gravità in neonati, lattanti, pazienti anziani, defedati e immunocompromessi
 Endemiche in tutti i paesi del mondo
 Piccole epidemie in famiglie e comunità chiuse (scuole, collegi, ospedali, case di riposo, caserme)
 Incidenza maggiore tra giugno e ottobre
Patogenesi
 Superamento barriera gastrica
 Localizzazione nell’intestino tenue
 Invasione delle cellule epiteliali della mucosa
 Moltiplicazione nella lamina propria
 Iperemia ed edema della mucosa, con microemorragie, iperplasia dei follicoli linfatici,
 Attivazione adenilato-ciclasi, produzione cAMP
 Migrazione e infiltrazione dei granulociti neutrofili con aumento della flogosi della mucosa
 Diarrea

Manifestazione clinica
 Periodo di incubazione: 12-48 ore
 Febbre variabile (generalmente moderata)
 Diarrea (da 4-5 sino a 30-40 scariche/die) con feci spesso muco-ematiche
 Dolori addominali crampiformi, nausea e vomito frequenti
 Risoluzione spontanea dopo 4-5 giorni
 Escrezione fecale di salmonelle persistente per 10-15 giorni
Fattori predisponenti

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• Elevata carica microbica infettante
• Virulenza del sierotipo
• Alterazione flora microbica intestinale
• Gastrectomia, farmaci antiacidi (aumento pH gastrico)
• Malattie infiammatorie o neoplasie intestinali
• Immunodepressione
• L’età (sono più esposti i neonati, i lattanti e gli anziani)
• Iperaffollamento, precarie condizioni igieniche
Prevenzione della Salmonellosi
Tutti i cibi crudi di origine animale presentano un’alta probabilità di contaminazione da salmonella favorita da:
1) Persistenza di portatori sani
2) Uso di mangimi contaminati
3) Consumo di acque contaminate
4) Diffusione dei microrganismi per mezzo di insetti, roditori ed uccelli
Cosa bisogna fare per prevenire la malattia
 Evitare il consumo di cibi crudi
 Cuocere fino a 74°C al cuore del prodotto
 Alimenti cotti non destinati al consumo immediato vanno protetti e raffreddati il più velocemente possibile
 Disinfezione delle mani e degli strumenti e dei piani di lavoro
 Vaccinazione per i lavoratori del settore alimentare

BACILLUS CEREUS
Bacillus cereus è noto come un microrganismo agente di tossinfezioni alimentari fin dal 1955.
Tra il 1972 e il 1986, negli Stati Uniti furono documentati ben 52 casi di tossinfezione dovuti al consumo di alimenti
contaminati da questo batterio, ma si stima che si sia trattato solo del 2% dei casi effettivamente riferibili a quel periodo
di tempo.
• Batterio Gram+, aerobio e anaerobio facoltativo, sporigeno
• E’ comunemente presente nel suolo e nella polvere soprattutto nella forma sporale
• Crescita ottimale: 28 - 35°C e pH 4,3 - 9,3
• Presente in basse concentrazioni nelle feci umane
• Genera due diversi tipi di malattie alimentari
Sindrome emetica (incubazione da 1 a 5 ore)
Sindrome diarroica (incubazione da 8 a 16 ore)
Sindrome emetica
Causata da una enterotossina termostabile, di basso peso molecolare prodotta dal microrganismo durante la
moltiplicazione nell’alimento. Stabile a 126°C per 90’ e attiva a pH 2-11
Questa intossicazione è caratterizzata da nausea, vomito e crampi addominali ed ha un periodo di incubazione breve (1-
6 ore), come sintomatologia e periodo di incubazione assomiglia molto ad una intossicazione da Staphylococcus aureus.
Gli alimenti implicati nella forma emetica sono:
 riso bollito,
 alimenti ricchi di amido (pasta)
raffreddati e mantenuti a lungo a temperatura ambiente
Sindrome diarroica
Causata da una enterotossina termolabile (distrutta a 54°C per 5’ ed è instabile a pH <4) che viene prodotta
nell’intestino tenue in seguito del consumo di alimenti contaminati dal batterio o dalle sue spore.
Ha un periodo di incubazione più lungo (8-16 ore) con crampi addominali e diarrea dopo l’ingestione dell’alimento
contaminato.
In entrambi i tipi di intossicazione i sintomi scompaiono spontaneamente dopo circa 24 ore dall’esordio della malattia.
Gli alimenti implicati nella sindrome diarroica sono:
 patate,
 cereali,
 verdure,
 stufati, spezzatini, polpettoni,
 budini, paste alla crema
L’intossicazione alimentare da B. cereus si verifica nel corso di tutto l’anno e non ha una particolare distribuzione
geografica. La forma emetica, associata solitamente al consumo di alimenti in ristoranti cinesi, è causata spesso dal
consumo di riso fritto che prima del servizio viene lasciato per parecchie ore a temperatura ambiente.

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La forma diarroica è invece associata più spesso al consumo di alimenti contenenti carne o vegetali, che vengono
contaminati dopo la cottura.
Prevenzione
B.cereus è un microrganismo ubiquitario le cui spore possono essere presenti in vari alimenti, ma in basse
concentrazioni, e quindi non sufficienti a scatenare l’intossicazione.
Tuttavia alimenti ricchi di acqua e a bassa acidità, se mantenuti a temperatura ambiente, possono consentire
la germinazione delle spore e la moltiplicazione dei batteri.
La maggior parte dei casi di infezione, infatti, è legata al consumo di alimenti cotti e mal refrigerati consumati in
ristoranti e ristorazioni collettive. Pertanto per contenere il rischio bisogna:
• Rispettare le comuni norme igieniche durante la fase di preparazione dei cibi.
• Conservare correttamente le pietanze dopo la cottura (<4°C se conservato in frigorifero e >70°C se conservato
caldo).
• Stoccare adeguatamente i prodotti amidacei.
• Evitare contaminazioni crociate.

LE INTOSSICAZIONI ALIMENTARI
CLOSTRIDIUM BOTULINUM
Il nome dato alla malattia “botulismo” deriva dal latino botulus (salsiccia)
• Germania fine XVIII: primo caso apparso nella letteratura medica (su 13 persone avevano consumato delle
salsicce, 6 erano morte)
• Ermengen (Belgio): persone con sintomi caratteristici del botulismo dopo aver consumato prosciutto
affumicato.
• Isolamento di un nuovo batterio Clostridium botulinum produttore di una tossina in carni contaminate.
Il botulismo è una grave malattia neuroparalitica causata dalla tossina botulinica prodotta in genere da Clostridium
botulinum (raramente da C.barati e C.butyricum)
Si riconoscono 4 categorie di malattia
1) Botulismo alimentare
2) Botulismo infantile
3) Botulismo da ferita
4) Casi non classificati
Botulismo alimentare: eziologia
 Ingestione di cibo conservato in scatola o insaccati contenenti la tossina preformata
C. botulinum è un microrganismo gram-positivo, anaerobio obbligato, produttore di spore.
È ampiamente distribuito in natura e si ritrova frequentemente nel suolo, in ambienti marini e in prodotti
dell’agricoltura. Ogni ceppo è in grado di produrre una delle otto tossine antigenicamente distinte (A-H). La malattia
umana è causata dalle tossine A, B, E; più raramente dalle tossine F e G.
Tra tutte le tossine batteriche, vegetali e animali, quella botulinica è la più potente in assoluto
Si stima che nell’uomo adulto la dose letale sia compresa tra 0,1 e 1 microgrammo.
Moltiplicazione negli alimenti
La presenza di spore negli alimenti non ha nessuna conseguenza finché non germinano e le forme vegetative
cominciano a produrre tossine.
Le spore germinano negli alimenti in condizioni anaerobie (scatole di conserva chiuse e negli alimenti confezionati
sotto vuoto o in film plastici).
Anche in alimenti confezionati non sotto vuoto, la pressione parziale di ossigeno si può abbassare (in seguito allo
sviluppo di microrganismi aerobi che consumano quel poco ossigeno rimasto o ad opera di enzimi propri dell’alimento)
fino a consentire lo sviluppo di C. botulinum.
Nella carne e nei prodotti a base di carne già a pochi millimetri sotto la superficie possono crearsi condizioni sufficienti
per la crescita. Elevate concentrazioni saline e/o abbassamenti del pH possono ridurre notevolmente le potenzialità di
moltiplicazione.

Patogenesi
La tossina botulinica è una neurotossina che si dissemina per via ematogena e raggiunge le sinapsi colinergiche
periferiche dove si lega irreversibilmente bloccando il rilascio dell’acetilcolina. Ne consegue una ipotonia con la
comparsa di una paralisi flaccida simmetrica discendente
Manifestazioni cliniche
• Periodo di incubazione: 18-36 ore (2-8 giorni)

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• Iniziale interessamento della muscolatura bulbare: diplopia, difficoltà a mettere a fuoco, disfonia, disartria,
disfagia, secchezza delle fauci, ileo paralitico, ritenzione urinaria.
• Sintomi gastroenterici: nausea, vomito, dolori addominali (molto ridotti)
• Interessamento discendente dei motoneuroni dei muscoli periferici (inclusi quelli respiratori)
Terapia
• Somministrazione del siero antitossico
• Lavanda gastrica
• Assistenza rianimatoria (ventilazione assistita)
Profilassi
• Distruzione delle spore con il calore (120°C per 30 minuti) o con l’irradiazione.
• Inibizione della germinazione (pH acido, refrigerazione, essiccamento, aggiunta di sale, zucchero o altre
sostanze inibitorie quali nitrito sodico).
• Inattivazione della tossina preformata con cottura (20 minuti a 90°C o 10 minuti a 100°C)

STAFILOCOCCUS AUREUS
Caratteristiche
• Batterio gram+, aerobio e anaerobio facoltativo
• E’ molto diffuso in natura e generalmente saprofita delle mucose e della cute dell’uomo e degli animali
• Principale serbatoio di infezione l’uomo portatore o malato (addetti alla preparazione e vendita degli alimenti),
talvolta l’animale malato (es. bovini affetti da mastite)
• Temperatura ottimale per lo sviluppo: 35-37°C
• Batterio distrutto a 66°C per 12’
• Il 60% dei ceppi di S. aureus sono enterotossigeni; attualmente si conoscono 9 tipi antigenici di enterotossine
(A, B, C1, C2, C3, D, E, F, G)
• Le enterotossine sono particolarmente attive verso la specie umana
Le tossine stafilococciche
 Sono delle enterotossine responsabili della sintomatologia gastroenterica.
 Possono essere ingerite con l’alimento in cui si è replicato il batterio, che può anche essere assente.
 Solitamente la malattia è sostenuta dai tipi A e D
 Sono termoresistenti (distrutte dopo 130’ a 100°C, in 20’ a 121°C)
 Sviluppo ottimale a pH 6 -7
 Alla T di 4°C rimangono attive per almeno 4 mesi
 La dose infettante è di 0,1-1 g di tossina /Kg di peso corporeo
La produzione di tossina avviene solo in presenza di un elevato numero di cellule batteriche (5x106UFC/g di
alimento) e una temperatura variabile tra i 10 e i 48°C.
Il meccanismo di azione è ancora oggetto di discussione, specie per quanto fa riferimento all’insorgenza del vomito che
non è ben chiaro se:
 Insorga per via riflessa sotto lo stimolo delle terminazioni dello stomaco
 Avvenga per diffusione della tossina per via ematica con stimolo diretto sul SNC
Sorgente d’infezione e modalità di trasmissione
Malato
 Affezioni cutanee (lesioni cutanee)
 Affezioni delle vie respiratorie (Starnuti, tosse)
Portatore
 Tratto rinofaringeo (Parlando)
 Cute (Mani)
 Cuoio capelluto e capelli
 Barba
L’uomo è il principale serbatoio e può ospitare l’agente in corrispondenza di lesioni cutanee o a livello nasale.
Normalmente i caratteri organolettici dei cibi contaminati non cambiano. L’intossicazione è più
frequente nei periodi estivi e insorge quando si verificano contemporaneamente alcune condizioni
(alimento lasciato a temperatura ambiente per diverso tempo).
Intossicazioni alimentari da Staphylococcus aureus
Gli alimenti suscettibili di contaminazione sono:
• le carni salate,

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• le creme a base di uova,
• latticini
• i gelati.
La tossina viene prodotta dal microrganismo nell’alimento prima di essere ingerito Nessuna alterazione organolettica è
visibile nell’alimento contaminato.
Intossicazione: quadro clinico
• Incubazione: 1 - 6 ore
• Sintomi: nausea, vomito, cefalea dolori addominali, diarrea in tutti i soggetti che hanno ingerito l’alimento
inquinato
• Assenza di febbre
• Durata dei sintomi: 24-48 ore
• Esito benigno
Prevenzione
 Educazione del personale a contatto con gli alimenti al rispetto delle norme igieniche
 Attenzione nei soggetti con infezioni cutanee o altre lesioni alle mani (uso corretto dei guanti)
• Corretta conservazione delle pietanze dopo la cottura (T non superiore ai 4°C se conservato in frigorifero e non
inferiore a 70°C se conservato caldo)
 Refrigerazione rapida ed efficace degli alimenti

LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI

L’IMPORTANZA DELLE TEMPERATURE


E’ fondamentale imparare a gestire correttamente le diverse temperature
Tenere sempre conto della pezzatura dell’alimento
Evitare la sosta prolungata degli alimenti in recipienti scoperti, a temperatura ambiente
A temperatura ambiente, o meglio nell’intervallo di temperatura che va da 10°C a 65°C, gli alimenti devono sostare per
il minor tempo possibile

ABBASSAMENTO DELLA TEMPERATURA


Lo scopo è di mantenere inalterate le caratteristiche fisico-chimiche degli alimenti rallentando o bloccando la
moltiplicazione batterica
I principali effetti delle basse temperature sui microrganismi sono:
• rallentamento della velocità delle reazioni enzimatiche
• riduzione fino a scomparsa dell’acqua libera, quando si trasforma in ghiaccio
• aumento della viscosità del citoplasma
• aumento della concentrazione di soluti in seguito al congelamento dell’acqua
Il freddo consente un prolungamento dei tempi di conservazione perché rallenta la moltiplicazione della maggior parte
dei patogeni MA non distrugge i microrganismi e non li inattiva definitivamente
Più basse sono le temperature, maggiore è il rallentamento dell’attività microbica
Il sistema della conservazione a freddo prevede il rigoroso rispetto della catena del freddo
la temperatura non può subire rialzi consistenti, neppure per breve tempo

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 Refrigerazione
La conservazione a 4-5°C produce un rallentamento della moltiplicazione batterica e della produzione di tossine.
I microrganismi patogeni psicrofili riescono a moltiplicarsi a temperature inferiori a +5°C. Tuttavia, a
queste basse temperature si allunga notevolmente il periodo che passa prima dell'inizio della moltiplicazione
Gli alimenti altamente deperibili, come pesce, crostacei, frutti di mare, devono essere conservati a 0-2°C.
La shelf-life degli alimenti refrigerati è in genere limitata e la sua durata è condizionata da numerosi
fattori soprattutto la temperatura: tanto più questa si avvicina a 0°C, tanto più è prolungata la vita del
prodotto. Altri fattori condizionanti sono:
 la carica microbica iniziale e le specie presenti
 la velocità di penetrazione del freddo
 l’umidità dell’ambiente e l’umidità superficiale del prodotto.
In conclusione, la refrigerazione è una tecnica di conservazione “delicata” che non danneggia il prodotto, in quanto non
determina denaturazione dei componenti e quindi perdite nutrizionali, ma presenta alcuni svantaggi in termini di
conservabilità e, quindi, di sicurezza.
 Congelamento
Si tratta di un raffreddamento lento e graduale fino a raggiungere nella parte centrale dell’alimento la T. di –20°C in un
tempo variabile tra 10 e 70 ore.
A queste temperature una certa percentuale di microorganismi muore, mentre la maggior parte rallenta e
poi blocca i processi di crescita, ma è ancora in grado di sopravvivere.
Il congelamento viene applicato a pesce e carne di grosse pezzature. Gli alimenti congelati devono avere una T. interna
di -12°C (-9°C in superficie durante le operazioni di carico/scarico e durante la vendita).
 Surgelazione
La surgelazione è una tecnica di congelamento rapido. Gli alimenti surgelati devono avere una temperatura interna di -
18°C (-15°C per brevi intervalli di tempo) e tale temperatura deve essere raggiunta in un tempo massimo di 4 ore. La
maggior parte degli alimenti di origine sia animale che vegetale si conserva in queste condizioni fino a 12 mesi.
Nella congelazione si formano cristalli di grosse dimensioni che provocano la rottura parziale o totale delle pareti
cellulari; al momento dello scongelamento, quindi, si verifica uno sgocciolamento di essudati ricchi di sostanze nutritive
e un depauperamento dell’alimento, sia in termini nutrizionali che organolettici.
Nella surgelazione, invece, si ottiene una microcristallizzazione dell’acqua contenuta nel prodotto, senza danneggiare le
strutture cellulari dei tessuti.
Dal momento che la crescita microbica è inibita, la surgelazione è una delle modalità più efficaci di conservazione delle
derrate alimentari con minime alterazioni dei caratteri organolettici e delle proprietà nutrizionali.
Un deterioramento degli alimenti conservati con queste modalità si verifica soltanto se viene interrotta la catena del
freddo.

TRATTAMENTO CON IL CALORE


Il trattamento mediante calore è il più efficace e comune metodo di distruzione di batteri patogeni.
Gli alimenti possono essere trattati con il calore in modi differenti: per contatto con aria calda, vapore o acqua calda,
olio caldo o una superficie riscaldata.
Ciascuno di questi trattamenti ha dato origine a tecnologie come la pastorizzazione, la sterilizzazione, il trattamento con
microonde, o tecnologie a livello domestico od artigiano come la cottura e l’ebollizione.
 Pastorizzazione
Questo è un trattamento termico degli alimenti che ha lo scopo di uccidere le cellule nella forma vegetativa dei
patogeni, provocando cambiamenti minimi nella composizione, nell’aroma, e nei valori nutrizionali degli alimenti stessi
• Impiega temperature inferiori a 100°C, che inattivano la maggior parte delle forme vegetative batteriche, dei
lieviti e delle muffe
• Viene usata per prodotti come latte, frutta o liquidi, che per potere conservare le qualità organolettiche e
nutritive possono essere sottoposti solo a un riscaldamento blando
Schemi di pastorizzazione
Bassa temperatura: Alta temperatura: Temperatura altissima
63°C per 30 minuti 72°C per 15 secondi 135°C per 1 secondo
 Sterilizzazione
Calore umido (autoclave)
l’azione sterilizzante deriva dalla straordinaria capacità di penetrazione del vapore, ad elevata temperatura, in ogni
substrato
15/20 minuti a 121° (pressione 1 atm)
7 minuti a 134° (pressione 2 atm)
4 minuti a 134° (pressione 2 atm) sterilizzazione rapida

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 Cottura a microonde
Il trattamento con le microonde è un metodo di riscaldamento indiretto
Le microonde sono onde elettromagnetiche nel campo dell'altissima frequenza (300 MHz-300 GHz).
Penetrano nell'alimento e, attraverso variazioni di polarità, eccitano molecole con dipoli permanenti (acqua, aminoacidi,
peptidi), che a loro volta trasmettono la loro energia cinetica per attrito intermolecolare, con produzione di calore.
Quanto più elevato è il contenuto di acqua e di proteine, tanto più efficace risulta la trasformazione in energia.
Questo significa che, se una parte dell'alimento è secca (es. buccia delle patate), non sarà riscaldata in misura sufficiente
per l'inattivazione dei microrganismi patogeni eventualmente presenti.
Un secondo problema è costituito dalla non uniforme distribuzione delle microonde: per la struttura del forno e/o per la
non omogenea costituzione dell'alimento con presenza di parti a bassa conducibilità termica, alcune parti possono non
raggiungere temperature adeguate.

CONSERVAZIONE MEDIANTE RIDUZIONE DELL’ACQUA LIBERA (aw)


1. Essiccamento
2. Liofilizzazione
3. Salagione
4. Conservazione per aggiunta di zucchero
 Essiccamento
Comprende tecniche antiche, come l’esposizione al sole, e versioni moderne, adattate a livello industriale mediante
l’azione di una corrente d’aria calda in appositi essiccatori.
Nell'essiccamento con aria, sole, calore o sotto vuoto, al prodotto viene sottratta acqua e, quindi, si abbassa il valore aw.
Dal momento che i microrganismi non sono in grado di crescere senza acqua libera (disponibile), il prodotto non può
deteriorarsi, anche in presenza di acqua-legata in quantità significative. In alcuni casi, la presenza di sale migliora
l'efficienza del procedimento
Sovente, nei prodotti essiccati i microrganismi hanno subito un danno subletale e, in particolari condizioni, dopo
aggiunta di acqua, possono riacquistare la capacità di moltiplicarsi.
Danni subletali di questo tipo possono essere conseguenti a molti procedimenti di conservazione (difficoltà
nell'isolamento in mezzi di coltura, se non si applicano procedure di prearricchimento).
In un processo di essiccamento, i controlli vanno concentrati su:
• temperatura
• velocità di sottrazione dell’acqua (un’evaporazione dell’acqua troppo veloce può portare alla formazione di
uno strato superficiale secco, che impedisce ulteriori evaporazioni
• dimensioni del prodotto (importante l’uniformità di grandezza delle particelle)
• qualità microbiologica dell’aria (evitare le contaminazioni)
• igrometria dei locali di stoccaggio: i prodotti essiccati sono fortemente igroscopici e, quindi, vanno mantenuti
in ambienti asciutti.
I prodotti essiccati (es. latte in polvere, latte concentrato, alcuni tipi di verdure, etc) sono sicuri dal punto di vista
igienico, ma dal punto di vista nutrizionale subiscono una perdita del contenuto vitaminico e proteico.
 Liofilizzazione
Mentre l’essiccamento tradizionale comporta la presenza di esigue percentuali di acqua nell’alimento (10-15%), la
liofilizzazione è un metodo di essiccamento praticamente completo.
Alimenti molto ricchi di acqua sono sottoposti a sublimazione sotto vuoto, dopo essere stati portati a temperature
estremamente basse.
Vantaggi:
• minimo ingombro.
• tempi di conservazione lunghi.
• facili da consumare con la semplice aggiunta di acqua (es. caffè, latte, etc).
• non subiscono alterazioni di composizione chimica.
 Salagione
L'effetto conservante del sale è basato, soprattutto, sull'abbassamento di aw. Alte concentrazioni di sale hanno attività
battericida: in generale, i microrganismi non sopportano concentrazioni di NaCl tra il 5 e il 10%. Fanno eccezione lo
stafilococco, che può sopravvivere e moltiplicarsi in substrati contenenti più del 15% di sale e L. monocytogenes, che
può sopravvivere in presenza del 20-30% di sale per 10 giorni e in salamoia (10-30% di sale) per 100 giorni.

TRATTAMENTI CON RADIAZIONI

 Radiazioni elettroniche corpuscolari (raggi )


La massima profondità di penetrazione negli alimenti dipende dalla loro energia, ma è limitata a un massimo di circa 5
cm. Sono quindi efficaci solo negli strati superficiali
 Raggi UV

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Sono radiazioni relativamente povere di energia. Le più efficaci sono le lunghezze d'onda intorno a 260 nm, dove gli
acidi nucleici hanno il massimo assorbimento.
Il trattamento con UV è limitato solo ad alcune applicazioni (aria, acqua, superfici di lavoro, riduzione della
contaminazione microbica superficiale di frutta e verdura), poiché l'azione intensa o prolungata dei raggi UV provoca
cambiamenti organolettici, di colore e anche di potere nutritivo, in seguito a degradazione delle vitamine.

 Raggi 
Sono costituiti da onde elettromagnetiche corte estremamente ricche di energia. I valori energetici utilizzati sono molto
al di sotto dei valori che potrebbero provocare una radioattivazione degli alimenti irradiati. Hanno un'elevata capacità di
penetrazione e, pertanto, si possono utilizzare anche per il trattamento di alimenti confezionati.
L'irradiazione, oltre che per l'inattivazione di germi patogeni, si può utilizzare per impedire la germinazione di patate,
cipolle, etc. per arrestare la maturazione dei frutti e per la disinfestazione dagli insetti.
Se utilizzate a bassi dosaggi, non vengono influenzati né i caratteri organolettici né il valore nutrizionale: si hanno solo
leggere perdite a carico delle vitamine
In Italia è autorizzata soltanto l’irradiazione a scopo antigermogliativo.

CONSERVAZIONE CHIMICA
La concentrazione di un conservante che nell'animale non provoca effetti tossici (No Effect Level, NOEL), diminuita
del fattore di sicurezza 100 - viene chiamata Dose Giornaliera Accettabile (DGA). Gli effetti tossici si valutano sia in
termini di tossicità acuta che di mutagenesi e cancerogenesi.
Solo poche sostanze sono così poco pericolose dal punto di vista tossicologico da poter essere usate per la
conservazione degli alimenti.
• Acido sorbico e sali di Na, K e Ca (sorbati) Ha proprietà antifungine. Prodotti ittici, superfici di formaggi e
insaccati crudi, creme, prodotti a base di frutta
• Acido benzoico e sali (benzoati) Conservante contro lieviti e batteri in alimenti a pH acido. Prodotti ittici,
conserve, prodotti a base di frutta
• Acido formico e sali (formiati) Prodotti ittici, conserve, verdure e per accelerare la fermentazione dei lieviti
del pane
• Anidride solforosa e sostanze che sviluppano SO2 Conservante, stabilizzante del colore e antiossidante. Di
uso molto comune.
• Pimaricina Antibiotico usato per il trattamento della superficie dei formaggi
Affumicatura
L'effetto conservante è basato su:
• azione batteriostatica e battericida di numerosi componenti chimici del fumo (formaldeide, fenoli)
• essiccamento (abbassamento di aw), soprattutto in superficie
• distruzione della flora superficiale ad opera del calore
Il fumo è costituito da particelle solide (cenere, catrame, nerofumo) disperse in una miscela gassosa impregnata di vapor
d'acqua che contiene migliaia di sostanze, molte delle quali sono tossiche, come gli IPA (benzopirene). Questi si
formano soprattutto nella combustione lenta ad alta temperatura senza fiamma. Gli alimenti oggi, di regola, vengono
affumicati con metodi blandi e rapidi non a scopo di conservazione, ma per conferire loro il tipico aroma.
Modificazione dell'atmosfera gassosa
L'esclusione dell'ossigeno eseguita per es. nel confezionamento degli alimenti sotto vuoto reprime la crescita dei
microrganismi aerobi (Pseudomonas, Bacillus, muffe), ma favorisce quella dei microrganismi microaerofili ed anaerobi,
anche facoltativi.
Un ulteriore effetto protettivo si ottiene con un alto contenuto di anidride carbonica, che inibisce la crescita di molti
funghi e lieviti, nonché di alcuni batteri. L'inibizione della crescita delle muffe viene utilizzata nella conservazione di
frutta e verdura in atmosfera controllata (frutta e verdura vendute in buste).

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