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Inquinamento:

- Introduzione di sostanze o di energia nell’ambiente che alterano l’equilibrio naturale in modo da


causare disagi e danni permanenti alle risorse dell’ecosistema, nonché possibili disturbi della salute
umana (European Environmental Agency, EEA);
- Alterazione diretta o indiretta delle caratteristiche biologiche, fisiche o chimiche di un ambiente, in
modo da creare un pericolo o un rischio potenziale per la salute, la sicurezza o il benessere di ogni
specie vivente (EMWIS)

L’inquinamento è, quindi, un’alterazione dell’ambiente che può essere sia di origine antropica che di
origine naturale, può produrre disagi o danni permanenti per la vita e per determinate aree geografiche.
Sicuramente non è in equilibrio con i cicli naturali esistenti. Benché possano esistere cause naturali che
possono provocare alterazioni ambientali sfavorevoli alla vita, il termine inquinamento si riferisce a quelle
che sono le attività antropiche. Non esiste una sostanza di per sé inquinante, ma è l’uso di qualsiasi
sostanza o un evento che possono essere identificati come inquinanti. Per cui inquinamento è tutto ciò che
è nocivo per la vita o altera in maniera significativa le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua, del suolo o
a livello dell’aria, tali da compromettere un ecosistema danneggiando una o più forme di vita. Infatti, a
livello teorico, tutte le attività antropiche costituiscono inquinamento dell’ambiente naturale, perché
interagiscono con lo stesso e in qualche modo mutano la sua composizione originaria. Tuttavia, in alcuni
casi il costruito può, in armonia con la struttura naturale, non alterare questi equilibri preesistenti
nell’ambiente naturale o addirittura può aiutare a preservarli. Quindi, per avere inquinamento, ovvero
alterazione fisico-chimica-biologica dell’ecosistema, quest’alterazione deve perdurare, deve provocare
disagi o compromettere la salute degli esseri viventi.

Esistono diverse forme di inquinamento. Sicuramente l’uomo nello svolgimento delle sue molteplici attività
può provocare una serie di inquinamenti su larga scala. I più importanti ricadono all’interno di alcune sfere:
l’aria – inquinamento atmosferico; l’acqua – inquinamento idrico; il suolo; i rumori – inquinamento
acustico; inquinamento elettromagnetico. Possiamo aggiungere a questi tutta un’altra serie di
inquinamenti, come il chimico, il luminoso, il termico, il genetico, nucleare, domestico, indoor (in aree
ristrette), delle infrastrutture…

INQUINAMENTO ATMOSFERICO

L’aria è una miscela di gas costituita da N (78%), O (21%) e altri gas (Argon, CO2, metano…), più vapore
acqueo e particelle solide di varie dimensioni.

Si parla di inquinamento atmosferico ogni volta che una sostanza è presente nell’aria in concentrazione
diversa dalla naturale, per via di fenomeni di origine naturale (eruzioni, attività geotermiche, incendi
spontanei, vento) o di fenomeni antropici. Tipiche sorgenti artificiali di inquinamento atmosferico sono le
emissioni di inquinanti industriali, delle centrali termiche, degli impianti di riscaldamento, dei mezzi di
trasporto.

Le sostanze contenute nelle emissioni possono ritrovarsi direttamente nell’ambiente, inquinanti primari, o
possono subire in atmosfera processi di trasformazione che danno alla luce nuove sostanze inquinanti,
inquinanti secondari. Queste trasformazioni possono avvenire in diversa natura: tramite reazioni che
possono coinvolgere l’O2, l’atmosfera o la luce.

I principali inquinanti primari sono quelli emessi nel corso di qualsiasi processo di combustione (CO, CO2,
NO, NO2, idrocarburi, particelle in sospensione). Nel caso in cui i combustibili contengono anche S, si ha
anche emissione di SO2 (anidride solforosa). Dopo che questi vengono immessi nell’atmosfera, vanno
incontro a processi di distribuzione, di trasporto e deposizione e anche a processi di trasformazione
chimico-fisica che formano gli inquinanti secondari, i quali sono spesso più tossici e più di vasto raggio
d’azione.

L’insieme dei prodotti di queste reazioni costituisce lo smog fotochimico, una delle forme di inquinamento
più dannose dell’ecosistema. L’uso del termine smog è dovuto alla forte riduzione di visibilità che avviene
durante l’inquinamento fotochimico, dovuta alla formazione di un grade numero di particelle di notevole
dimensione. Lo smog fotochimico si forma tramite una serie di reazioni che possono dar luogo ad un
centinaio di composti diversi. In genere, le condizioni che portano al manifestarsi dello smog fotochimico si
innescano durante il traffico di prima mattinata, durante il quale l’emissione degli scarichi degli autoveicoli
contribuiscono all’aumento della presenza in atmosfera di NO, NO2 e idrocarburi. A questo punto interviene
la luce solare che causa la fotolisi di NO2 in NO+O (radicale), reazione che è più veloce in condizioni di
aumentato irraggiamento solare. Gli atomi di O possono successivamente reagire con le molecole di O2
nell’aria per produrre O3, il quale reagisce con NO per produrre NO2 e O2. Queste tre reazioni costituiscono
il ciclo fotostazionario dell’O3, e di per sé ha l’importante funzione di mantenere la concentrazione dell’O3
costante. Questo ciclo avviene solo in presenza della luce, quindi di notte l’O3 viene consumato in altri
processi. L’O3 può anche degradarsi per azione delle luci UV e, assieme ad altre sostanze presenti nell’aria
come l’acido nitroso (HNO2) o la formaldeide (CH2O), subisce fotolisi in un processo che produce radicali
ossidrili che reagiscono con gli idrocarburi volatili e gli NO presenti nelle emissioni di scarico formando varie
sostanza, come le aldeidi, i nitrati organici o gli idrocarburi ossidati (ROx). I ROx possono reagire con NO
provocando l’aumento della concentrazione di NO2. Questa formazione di NO2, tramite una via che non
implica la rimozione dell’O3 troposferico tipica del ciclo precedente, fa sì che la concentrazione dell’O3
aumenti fino a valori che possono risultare tossici. Parte di NO2 può reagire con vari idrocarburi volatili per
formare dei composti chimici estremamente tossici, come il perossiacetilnitrato (PAN). Naturalmente, il
risultato di tutte queste reazioni è il cosiddetto smog fotochimico. Man mano che compare lo smog, la
visibilità diminuisce per l’effetto della deviazione della luce provocata dall’aerosol che si forma. Ad oggi
sono stati identificati diverse migliaia di agenti inquinanti, la maggioranza dei quali è di origine antropica,
prodotta da vari processi industriali o dai sistemi di riscaldamento degli edifici o dai mezzi di trasporto. Tra
essi, gli agenti inquinanti tradizionalmente monitorati sono SO2, NO, CO e particolato atmosferico (PM) 10
(misura del particolato espressa in micron) che sono inquinanti primari, e NO2 e O3 che sono inquinanti
secondari. Queste sostanze sono più facilmente misurabili con strumenti automatici, sono le più
largamente diffuse, quelle preseti in maggiore concentrazione nell’atmosfera. Il monitoraggio delle
concentrazioni di questi inquinanti, spesso chiamati macroinquinanti o inquinanti tradizionali, permette la
caratterizzazione dello stato generale di qualità dell’atmosfera e ad essi si riferisce la maggior parte delle
prescrizioni dal punto di vista normativo. Questo non significa che queste sono le più pericolose. Infatti,
altri inquinanti presenti in concentrazioni molto inferiori, detti microinquinanti, posseggono una maggiore
nocività accertata, ma per la loro misura quantitativa sono richieste tutta una serie di tecniche di
misurazione complesse. Microinquinanti importanti dal punto di vista della loro nocività o diffusione sono
la formaldeide, l’acido nitroso, i PAN, il benzene (PAH), il toluene, lo xilene, gli idrocarburi polinucleati
aromatici, come il benzopirene. Anche per il particolato atmosferico oggi si tende a fornire una
determinazione quantitativa della frazione fine respirabile, in particolare quella con diametro aerodinamico
minore di 10 o 2,4 micron, indicati come PM10 e PM2,5. Inoltre, si deve considerare anche la presenza di
metalli pesanti che aderiscono al particolato atmosferico (come Pb, cadmio, nichel) e che provocano tutta
una serie di danni sugli ecosistemi e su tutti gli organismi.

Esistono diverse forme di inquinamento atmosferico, come le piogge acide, l’effetto serra, la riduzione della
fascia di ozono, l’inquinamento da COV (composti organici volatili) e da materiale particellare,
l’inquinamento acustico.

Piogge acide: sono precipitazioni piovose che possono avvenire sottoforma di acqua neve o grandine e
sono ricche di particelle acide che si trovano nell’atmosfera e si depositano al suolo per via di questo
fenomeno. Nelle piogge acide troviamo acido solforico e ossidi di azoto. Questi composti rendono il pH
minore di 5. In condizioni normali, la pioggia ha un pH tra 5 e 6,5, perché è composta da acqua distillata e
pulviscolo atmosferico. Il formarsi delle piogge acide è dovuto ad un aumento nell’atmosfera di CO2, NO e
SO. Le percentuali di NO risultano essere abbastanza ridotte, mentre le percentuali maggiori sono quelle
della CO2 e degli SO. Questo momento può essere determinato da cause naturali, ma anche e soprattutto
dall’attività antropica, responsabile anche di altri fenomeni atmosferici, come l’effetto serra e i
cambiamenti climatici. Le piogge acide e il loro progressivo intensificarsi ha delle conseguenze devastanti
non solo per la nostra salute, ma anche per la sopravvivenza dell’ecosistema stesso. Tra le alterazioni e i
danni che le piogge acide possono provocare sugli organismi e sulla salute umana c’è l’innalzamento dei
livelli di tossicità degli alimenti coltivati e questo ha un grave effetto sulla nostra salute che può
manifestarsi in patologie circolatorie, problemi respiratori o addirittura arrivare a forme tumorali
specialmente a livello polmonare.

L’effetto serra è un fenomeno atmosfero climatico del tutto normale. Grazie all’effetto serra, la terra ha
potuto raggiungere un livello di riscaldamento ottimale che ha permesso la vita di tutti gli organismi.
Questo fenomeno è dovuto alla presenza nell’aria dei cosiddetti gas serra, tra i quali troviamo CO2, metano,
O3 e vapore acqueo, che permettono ai raggi solari di attraversare l’atmosfera e di riscaldare la Terra, che
altrimenti avrebbe una temperatura di -15°C. In pratica, senza i gas serra il calore di raggi solari rimarrebbe
intrappolato nell’atmosfera e non arriverebbe sulla terra, quindi non si sopravvivrebbe. L’aumento
eccessivo legato all’attività antropica di questi gas, in particolare CO2, metano, O3 e vapore acqueo ha fatto
sì che la concentrazione maggiore di questi gas facesse aumentare l’effetto serra. Naturalmente questo ha
creato una serie di problemi come i cambiamenti climatici.

L’altra alterazione è il buco dell’O3. Quando si parla di questo buco intendiamo il progressivo assottigliarsi
dello strato di O3 nella stratosfera, uno dei 5 strati di cui è composta l’atmosfera terrestre. La stratosfera ha
la caratteristica di assorbire gli UV del sole e ne trattiene la maggior parte grazie all’O3 e questo è
fondamentale per garantire la vita sulla terra. Senza di esso i raggi UV non sarebbero filtrati e arriverebbero
a noi in grandissime quantità con conseguenze devastanti sia sull’ambiente che sulla nostra salute e
sopravvivenza. La riduzione si verifica principalmente tramite distruzione catalitica da parte di composti
alogenati di fonte antropica. Questi composti alogenati raggiungono la stratosfera, nonostante la densità
maggiore dell’aria all’interno di questi strati, e, per un meccanismo a catena, un atomo di Cl, proveniente
da dissociazione fotochimica per opera dei raggi solari, reagisce con lo strato di O3 prendendo un atomo di
O, formando la molecola ClO e liberando una molecola di O2. Il primo composto reagisce con altro O3 per
ridare un atomo di Cl elementare e in questo modo le reazioni a catena continuano con una costante
diminuzione e deplezione delle molecole di O3. I composti organici volatili comprendono gli idrocarburi e
alcuni composti organoclorurati. Gli idrocarburi li ritroviamo nei carburanti, nei combustibili, nei solventi,
nella preparazione di materie plastiche o all’interno della preparazione dei prodotti farmaceutici. Quelli più
pericolosi sono quelli aromatici, responsabili anche dello smog fotochimico che porta all’accumulo di O3 e di
PAN all’interno dell’atmosfera. Oltre alla presenza dei COV in concentrazioni tali da avere delle
modificazioni e alterazioni a livello ecosistemico e degli organismi, vi è anche il materiale particellare, o
particolato, costituito dall’insieme di particelle, solide o liquide, volatili, presenti nell’atmosfera. Possono
essere polveri, fumi, oli, acidi, e hanno una dimensione che varia da un millesimo di micron fino a qualche
mm. In considerazione delle diverse forme di emissione, le particelle presentano una composizione chimica
e una distribuzione dimensionale variabile. Di particolare rilevanza sanitaria appare il loro contenuto in due
classi di composti, gli idrocarburi policiclici aromatici e i metalli, in considerazione della loro tossicità e della
loro accertata o probabile cancerogenicità. Naturalmente, le dimensioni e la densità delle particelle vanno
ad influenzare la persistenza in atmosfera del particolato con tempi di residenza che aumentano da poche
ore fino a settimane, in funzione delle dimensioni del diametro aerodinamico. Le particelle più piccole
rimangono sospese in atmosfera per più tempo, quelle più grandi vanno a depositarsi al suolo.
Naturalmente, questi producono effetti sul clima: le particelle più piccole sono quelle che stazionano
maggiormente nell’atmosfera, perché si depositano con maggiore difficoltà, e i loro effetti sono la riduzione
della visibilità, la formazione di nebbie e gli effetti sugli organismi animali e vegetali dovuti agli agenti
chimici tossici che aderiscono al particolato, assorbiti dalle particelle, che vanno provocare una serie di
alterazioni per gli organismi.

Un altro tipo di inquinamento legato all’inquinamento atmosferico è l’inquinamento da rumore, detto


inquinamento acustico. Può essere definito come l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo,
lavorativo, esterno, tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, o pericolo per la
salute degli esseri viventi, o il deterioramento degli ecosistemi e dei beni materiali. Questo tipo di
inquinamento può essere interno, se ci troviamo in ambienti chiusi, o esterno, se le attività oltrepassano la
soglia della normale tollerabilità. Le sorgenti possono essere sia fisse che mobili e gli effetti del rumore
sull’uomo possono essere molteplici e in particolare possono essere distinti in: effetti di danno, quando
l’alterazione non è reversibile o solo parzialmente reversibile a livello di un organo; effetti di disturbo,
quando l’alterazione di organo è temporanea, ma può avere ripercussioni sulla qualità del sonno, sulle
prestazioni psico-fisiche o sulla comunicazione verbale; annoyance, la sensazione di scontento, di fastidio
generico, accentuata dal fatto che l’individuo crede che in qualche modo il rumore possa arrecargli danno.
Sicuramente l’inquinamento acustico delle aree urbane è legato soprattutto al traffico dei veicoli e questo
determina effetti maggiormente di disturbo e annoyance, assai più raramente possiamo parlare di danno
legato all’inquinamento acustico urbano.

INQUINAMENTO DEL SUOLO

L’altro comparto, oltre l’atmosferico, a subire alterazioni è il suolo. L’inquinamento del suolo può essere
definito come un’alterazione di quelli che sono gli equilibri chimici e biologici nel suolo stesso, ed è causato
dall’apporto di sostanze estranee o sostanze che sono presenti in concentrazioni maggiori rispetto alle
normali, e quest’alterazione si ripercuote, oltre che sulla produttività del suolo, anche sulla composizione
dell’idrosfera del suolo e, anche se in misura più ridotta, dell’atmosfera del suolo. Rennie, nel 1966, parlava
dell’inquinamento del suolo dicendo: “ogni sostanza comune od estranea al sistema suolo che, aggiunta ad
esso direttamente o indirettamente, ne influenza negativamente la produttività è definita come inquinante
del suolo.”. Sicuramente quando parliamo di inquinamento del suolo dobbiamo fare una distinzione che
riguarda un inquinamento diretto e uno indiretto. Il diretto è un inquinamento legato all’immissione di
queste sostanze direttamente nel suolo, e sicuramente le classi di composti che rientrano tra questi
inquinanti sono i fertilizzanti, i fitofarmaci, i reflui zootecnici, i fanghi di depurazione e il compost. Poi
abbiamo l’inquinamento indiretto che invece è legato non direttamente a qualcosa che viene messa nel
suolo, ma a qualcosa che ci giunge indirettamente o tramite apporti atmosferici o tramite le acque
d’irrigazione. I fertilizzanti sono sostanze che, proprio per il loro contenuto in elementi nutritivi e per le loro
caratteristiche chimico-fisiche-biologiche, dovrebbero contribuire ad un miglioramento della fertilità del
terreno agrario o eventualmente del nutrimento delle piante coltivate o del loro maggiore e migliore
sviluppo, però, in realtà la concimazione chimica non è sempre stata praticata razionalmente, per cui una
super-fertilizzazione, spesso di N e P, determina seri problemi legati all’inquinamento delle acque
sotterranee e superficiali. I fitofarmaci, invece, sono sostanze di sintesi chimica, xenobiotici, utilizzati in
agricoltura nella lotta contro gli agenti nocivi delle colture agricole. Però, in realtà, il loro utilizzo non ha
tenuto conto della necessaria visione ecosistemica in cui inquadrare l’introduzione di una svariata gamma
di sostanze xenobiotiche nei comparti ambientali. Le sostanze xenobiotiche sono sostanze estranee ai
processi biologici, sostanze che vengono create in laboratorio, quindi, ad oggi, non esistono organismi in
gradi di degradarli. L’introduzione di questi è avvenuta in modo sistematico e in maniera massiva,
ignorando gli effetti a carico di organismi non ritenuti potenziale bersaglio dei fitofarmaci e la loro
diffusione in aree estremamente distanti dai siti di immissione. Proprio per questo motivo si parla del
fenomeno del bioaccumulo. I reflui zootecnici, i fanghi di depurazione e il compost sono tecniche che
vengono utilizzate per la fertilizzazione dei campi, però se le dosi sono applicate tenendo conto di quelle
che sono le caratteristiche territoriali di natura agronomica, pedologica, idrologica e morfologica si possono
avere effetti positivi sull’ambiente, in caso contrario si possono avere fenomeni di contaminazione delle
falde acquifere. L’inquinamento indiretto può essere legato agli altri due comparti, acqua e aria, per cui
alcuni composti possono ricadere all’interno del suolo e andare ad alterare un altro comparto che molto
spesso è stato considerato silente, perché si sono studiati molto di più quelli che potevano essere fenomeni
legati all’inquinamento dell’aria o dell’acqua, tralasciando i fenomeni del degrado del suolo, entrato
all’interno della sfera delle normative e della politica solo una ventina di anni fa in maniera spinta.

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

I campi elettromagnetici hanno assunto un’importanza crescente legata allo sviluppo dei sistemi di
telecomunicazione che sono ormai diffusi capillarmente sul territorio. Anche l’intensificazione della rete
della trasmissione elettrica, nonché la diffusa urbanizzazione, hanno in qualche modo contribuito a destare
interesse circa i possibili effetti sulla salute derivanti dalla permanenza prolungata nelle vicinanze di queste
fonti di emissioni delle onde EM. Il fenomeno dell’inquinamento è legato alla generazione di campi elettrici
e magnetici artificiali, non attribuibili al mondo naturale o ad eventi naturali, come il campo elettrico
generato da un fulmine. La propagazione delle onde EM, come gli impianti radio-TV o la telefonia mobile o
gli elettrodotti per il trasporto e la trasformazione dell’energia elettrica da impianti per lavorazioni
industriali, è subordinata ad un’alimentazione di rete elettrica. Mentre sistemi di tele e radio
comunicazione sono progettati per emettere onde EM, gli impianti di trasporto e gli utilizzatori di energia
elettrica emettono nell’ambiente circostante campi elettrici e magnetici in maniera non intenzionale. I
campi EM si propagano sottoforma di onde EM per le quali viene definito un parametro, la frequenza, che è
il numero di oscillazioni che l’onda che compie in un secondo, la cui unità di misura è l’Hz. Naturalmente, a
seconda della frequenza, possiamo parlare di inquinamento EM generato da campi a bassa frequenza o
inquinamento EM generato da campi ad alta frequenza. Nel primo caso rientrano i campi generati dagli
elettrodi che emettono campi EM con una frequenza di circa 50Hz. Quelli ad alta frequenza, generati da
radio, tv e telefonia mobile, sono quelli che possono arrivare a circa300Ghz.

CAMBIAMENTI CLIMATICI

In climatologia, con il termine “cambiamenti o mutamenti” climatici si indicano le variazioni del clima sulla
Terra, tutte quelle variazioni a diverse scale spaziali, ma anche scale storico-temporali, di uno o più
parametri ambientali climatici, in particolare legati ai loro valori medi. Ad esempio, le temperature medie
massima e minima, le precipitazioni, la nuvolosità e tutti i fenomeni legati tra di loro e alla distribuzione e
sviluppo degli organismi sia animali che vegetali. Il clima cambia in continuazione, alcuni cambiamenti sono
più veloci, altri avvengono nel corso di un periodo di tempo estremamente lungo. Alcuni sono il risultato di
processi naturali, altri sono causati direttamente dall’uomo. Nonostante la grande variabilità naturale del
clima, il confronto quantitativo tra le variazioni attuali e i dati storici e paleoclimatici indica che i
cambiamenti climatici in atto sono un evento nuovo rispetto a quanto si conosce nell’era precedente a
quella industriale. Negli ultimi 150 anni la temperatura superficiale globale del nostro pianeta è aumentata
di un valore compreso tra 0,6 e 0,8°C in media e le analisi condotte dalla NASA hanno mostrato che gli anni
più caldi che si sono verificati nell’ultimo secolo, si sono verificati tutti dopo il 1998. Vediamo lo stato di
salute di questo pianeta che “scotta”.
Questo è il grafico della
temperatura media globale
aggiornato al 2018. Se focalizziamo
l’attenzione al 1800, i dati sono più
incerti e ce ne accorgiamo dalle più
ampie barre di errore. L’andamento
però non lascia dubbi, c’è un
aumento della temperatura che va
dalla rivoluzione industriale ai giorni
nostri. Se noi mettiamo pari a 0 il
trentennio 1951-1980, si vede che
l’aumento della temperatura
rasenta il grado centigrado. Ora, può sembrare poco, ma per l’equilibrio del pianeta è un aumento
estremamente importante.

Questa invece è un’immagine della


temperatura annuale media del
2018 ed è importante, perché ci
mostra che l’aumento della
temperatura è più forte nelle terre
emerse e questo è normale, perché
l’acqua ha una grande capacità
termica. Questa figura soprattutto ci
mostra che l’aumento della
temperatura è più forte
nell’emisfero Nord rispetto al Sud e
particolarmente nelle regioni
artiche. Ed ecco che si spiega lo
scioglimento dei ghiacciai.

Questa immagine sottolinea ancora


che le terre emerse si riscaldano di
più, infatti la linea rossa riguarda le
terre emerse e quella azzurra
riguarda gli oceani. Quello che prima
era un grado centigrado in media, se
ora vediamo le terre emerse diventa
2°C. Quindi, l’aumento che chi è
nato nel ‘65, in una vita così breve,
ha sperimentato, dalla media del
trentennio 1951-1980 ad oggi, è un
aumento della temperatura di 2°C.
Questo è qualcosa di realmente importante e si può dire che l’essere umano sperimenta ora dei
cambiamenti climatici che prima si vedevano in ere geologiche.
Se focalizziamo l’attenzione
sull’Europa, abbiamo detto che
l’emisfero nord si scalda di più.
Andando a vedere le estati europee,
una media maggio-ottobre,
vediamo che nel 2018 abbiamo
oltrepassato i 2°C, quindi l’estate
2018 è stata più calda di 2°C
rispetto al trentennio 1951-1980.
Quindi, sicuramente i cambiamenti
climatici a cui siamo soggetti sono
davvero importanti.

Questo si ripercuote a livello dei


ghiacciai marini, come si può
vedere da questa immagine. Si
vede che i ghiacciai spessi, i più
importanti, si sono ridotti
drasticamente. Se andiamo a
vedere la copertura glaciale
dell’artico, il trend, nonostante
le oscillazioni annuali, è
chiaramente in diminuzione.
Quindi, quelle che prima erano
regioni non navigabili, oggi lo sono, si è infatti aperto il famoso passaggio nord-ovest e ora abbiamo delle
rotte commerciali che prima non esistevano.

Gli scienziati si sono chiesti il perché di tutto questo e loro danno la colpa ai famosi gas serra. Per misurare i
gas serra fino a un milione di anni fa, si fanno delle carote di ghiaccio in Antartide, dove il ghiaccio è più
profondo. Più si va in profondità, più il ghiaccio è antico, più vecchie saranno le bollicine di aria che si sono
intrappolate all’interno della carota di ghiaccio. Quindi, più si va in profondità, più si va indietro nel tempo.
Fino ad oggi siamo riusciti ad andare indietro fino ad 800mila anni con le perforazioni in Antartide. Tra
qualche anno le perforazioni riprenderanno in una base italo-francese e queste ci daranno dei dati ancora
più antichi. Si è quindi visto che negli ultimi 800mila anni, le oscillazioni avvengono circa ogni 100mila anni
e anche le oscillazioni della CO2 si ripetono ogni circa 100mila anni. Quindi questa oscillazione del pianeta
deve essere attribuita a cause astronomiche ed in particolare ci sono almeno tre cicli dell’orbita terrestre
che spiegherebbero questo cambiamento della temperatura. Però dal 1850 ad oggi si inserisce l’azione
dell’uomo. Negli ultimi 600mila anni le concentrazioni della CO2 sono rimaste tra i 200 e i 280 ppm (parti
per milione). Poi improvvisamente la linea diventa verticale, infatti l’uomo ha portato le concentrazioni
della CO2 da 280 a 415ppm. Quello che avveniva in centinaia di migliaia di anni, noi l’abbiamo fatto in 100-
150 anni. Questo rappresenta quindi un grosso sconvolgimento per il nostro pianeta. Sicuramente l’uomo
ha bruciato petrolio, carbone e gas e quindi ha immesso nell’atmosfera grandi quantità di CO2, un gas ad
effetto serra, e questo ha provocato l’aumento della temperatura.

RISCHI PER L’UOMO

Un ambiente pulito è essenziale per la salute ed il benessere dell’uomo. Allo stesso tempo, l’ambiente
locale può essere una fonte di fattori di stress, come l’inquinamento dell’aria, l’inquinamento acustico, le
sostanze chimiche pericolose, che condizionano negativamente la salute.
La salute della popolazione dell’UE risente anche dei cambiamenti climatici, attraverso ad esempio delle
ondate di calore, o delle inondazioni che possono avvenire, ma anche di tutti quei cambiamenti nella
distribuzione di malattie trasmesse da diversi vettori. A un livello più ampio, i cambiamenti climatici, la
perdita di biodiversità, il degrado del suolo, possono anche incidere sul benessere umano andando a
minacciare la fornitura di servizi ecosistemici quali l’accesso all’acqua dolce o alla produzione di alimenti.

La salute e il benessere di una persona sono strettamente legati allo stato dell’ambiente. Un ambiente
naturale di buona qualità risponde alle esigenze di base in termine di aria e acqua pulita e di terreni fertili
per la produzione alimentare, di fonti energetiche o di materiali per la produzione. Sicuramente la presenza
di infrastrutture verdi serve anche a regolare il clima e a prevenire le inondazioni. L’accesso agli spazi verdi
e blu offre importanti opportunità di svago, favorisce il benessere a 360° degli organismi. Allo stesso tempo,
l’ambiente rappresenta un percorso importante per l’esposizione umana a quelle che sono le alterazioni,
quindi l’aria inquinata, il rumore, le sostanze chimiche pericolose. Nella sua relazione sulla prevenzione
delle malattie mediante ambienti sani, l’OMS stima che i fattori di stress ambientali siano responsabili per il
12-18% di tutti i decessi nei 53 paesi della regione Europea dell’OMS. Il miglioramento della qualità
dell’ambiente in settori chiave come l’aria, l’acqua o il rumore, può contribuire a prevenire le malattie e a
migliorare la qualità della salute umana.

L’inquinamento dell’aria è il principale rischio ambientale per la salute ed è associato a malattie cardiache,
ictus, malattie polmonari e cancro ai polmoni. In particolare, si stima che l’esposizione all’inquinamento
dell’aria determini ogni anno oltre 400mila decessi prematuri nell’UE.

L’esposizione all’inquinamento acustico, in particolare legato ai mezzi di trasporto e alle industrie, può
causare disturbi del sonno e relativi aumenti del rischio di ipertensione e di malattie cardiovascolari.

Anche l’esposizione a sostanze chimiche pericolose è una delle principali preoccupazioni. Le persone
possono essere esposte ad un’ampia gamma di sostanze chimiche nella loro vita quotidiana e questo può
avvenire attraverso l’acqua, l’aria, i prodotti di consumo e la dieta che potrebbero essere contaminati. Le
proprietà di alcune sostanze chimiche pericolose fanno sì che queste ultime persistano nell’ambiente e, in
particolar modo, siano soggette al fenomeno di bioaccumulo nella catena alimentare. Questo significa che
vi sarà un notevole ritardo prima che la riduzione delle immissioni si traducano in una riduzione
dell’esposizione. Inoltre, il volume e la varietà di sostanze chimiche in uso oggi e la continua crescita della
produzione chimica suggerisce che l’esposizione dell’uomo e dell’ambiente continueranno ad aumentare.
Ciò in qualche modo solleva preoccupazioni circa gli effetti sulla salute dell’esposizione a miscele di
sostanze chimiche durante il nostro ciclo di vita, in particolare durante le fasi di vita più vulnerabili come
quella della tenera età, durante la gravidanza e la vecchiaia.

Gli impatti dei cambiamenti climatici rappresentano anche loro una minaccia immediata per la salute, in
termini sicuramente di ondate di calore, ma anche di cambiamenti nei modelli di malattie infettive e di
allergeni che anche in questi ultimi tempi stanno aumentando vertiginosamente.

Il numero crescente di elementi di prova induce a ritenere che i rischi ambientali non siano diffusi in
maniera uniforme nella società, ma si ripercuotono in maniera sproporzionata sui gruppi socialmente
svantaggiati e vulnerabili. Lo stato socioeconomico di un individuo influisce enormemente sulla sua
esposizione a fattori di stress ambientali, in quanto, le persone più povere hanno maggiore probabilità di
vivere in ambienti degradati. Per cui, le persone socialmente svantaggiate possono essere più sensibili agli
impatti dei fattori di stress ambientali a causa delle condizioni di salute preesistenti, allo stato nutrizionale
scadente e a comportamenti specifici, come il fumo. Possono anche incontrare difficoltà nell’adattarsi ai
rischi ambientali, ma anche nel prevenirli.

Riconoscendo il nesso intrinseco tra lo stato dell’ambiente e la qualità della vita, l’”obiettivo primario 3 del
settimo programma di azione per l’ambiente (7°PAA)” mira a proteggere i cittadini dell’UE da pressioni e
rischi d’ordine ambientale per la salute e il benessere. La profonda dipendenza della società umana dal
sostegno degli ecosistemi è al centro della visione del 7°PPA secondo cui nel 2050 vivremo bene nel
rispetto dei limiti ecologici del nostro pianeta. In particolare, a livello dell’UE, è in atto una vasta gamma di
politiche per affrontare quelli che sono gli impatti ambientali sulla salute. Tra gli esempi tratti dai principali
settori della politica ambientale, sicuramente si ritrovano “pacchetto Aria pulita per l’Europa”, “Strategia
dell’Unione di adattamento ai cambiamenti climatici”, “Direttiva sul rumore ambientale”, “Regolamento
REACH (concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze
chimiche)”.

Il processo europeo per l’ambiente e la salute guidato dall’OMS mira a riunire i settori dell’ambiente e della
salute e a promuovere soluzioni comuni, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi e i traguardi in
materia di salute legati all’ambiente che rientrano nell’agenda per lo sviluppo sostenibile del 2030. In
particolare, nel 2017, grazie alla Dichiarazione di Ostrava, i ministri e i rappresentanti dei paesi della
regione europea dell’OMS definiscono un approccio intersettoriale inclusivo per il miglioramento della
salute ambientale. In generale, quindi, la prevenzione delle malattie di origine ambientale richiede uno
sforzo complesso di azione sia sui comportamenti che sugli stili di vita, ma non solo, pensiamo alle norme e
alle misure istituzionali che consentono di garantire la sicurezza della popolazione esposta a rischi
ambientali.

BIOLOGO AMBIENTALE

Il biologo ambientale è una figura professionale che in particolar modo si caratterizza dal possedere
competenze in tutti quei campi della biologia, dal livello di comunità al livello più piccolo
cellulare/molecolare, che si interfacciano con l’ambiente, naturale o antropico.

La sensibilizzazione verso i temi ambientali, oltre che delle certificazioni o della valutazione del rischio
biologico, infatti, ha permesso l’inserimento nel mondo del lavoro di queste figure professionali adeguate
nell’ambito ambientali, con adeguate conoscenze e competenze.

L’impostazione tradizionale dei sistemi di controllo dell’ambiente è stata, fino a qualche tempo fa, basata
su una funzione prettamente tecnica, mirata al controllo analitico. Oggi invece, la finalità della professione
del biologo e gli ambiti di esercizio in campo ambientale sono da ricondurre ad attività professionali che
possono essere svolte sia in istituzioni di ricerca che in istituzioni di controllo e gestione, in ambito sia
privato che pubblico, in perfetta libertà professionale, con particolare riguardo ai settori delle acque,
dell’aria, dei rifiuti, della valutazione e pianificazione territoriale. Il biologo ambientale individua e valuta le
risorse biologiche nei sistemi ambientali, naturali o antropizzati. La diagnostica e prevenzione delle
alterazioni ambientali di origine naturale o antropica risultano essere alla base della valutazione del rischio
per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Un altro aspetto importante del biologo ambientale è legato alla
predisposizione di piani sperimentali per la rilevazione di componenti biotiche e al monitoraggio
ambientale. Ha un ruolo nei processi di depurazione biologica delle acque reflue, dello smaltimento dei
rifiuti solidi, predispone la pianificazione, il controllo e la gestione ecocompatibile delle risorse biologiche.
Attività del biologo ambientale:

2: con particolare attenzione alle metodologie utilizzate.

3: pianifica la rete di biomonitoraggio.

Sicuramente, il biologo ambientale è una figura professionale che analizza i processi biologici che si
verificano nei tre comparti, acqua, aria e suolo, anche in relazione agli interventi antropici. Ha, quindi, la
capacità di impiegare bioindicatori o bioaccumulatori, studiandone quelle che sono le risposte biologiche
evidenziate da un’alterazione fisiologica degli organismi stessi. Il suo fine è quello di prevenire, conservare
o bonificare l’ambiente e, quindi, indirettamente, di tutelare la salute umana.

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