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Inquinamento

atmosferico
Il termine “inquinamento” indica un degrado dell’ambiente per
immissione di
• sostanze (rifiuti, sottoprodotti di attività produttive ecc.);
• effetti (calore, rumore, vibrazioni ecc.)
che ne alterino le caratteristiche fisico-chimiche o biologiche.

Le sostanze inquinanti possono essere solide, liquide, gassose o


emettere radiazioni ionizzanti.
Polveri (particolato)
Il particolato (PM: Particulate Matter) è l’insieme di tutte le particelle
microscopiche, solide o liquide, sospese nell'aria, esclusa l'acqua pura. Se ne
misura la quantità in microgrammi per ogni metro cubo d’aria (µg/m3).

Può formarsi sia in seguito ad eventi naturali, come eruzioni vulcaniche o


incendi boschivi, sia come conseguenza di attività umane (origine antropica).

Le attività umane contribuiscono alla formazione del particolato sia in modo


diretto (ad esempio, con le polveri prodotte durante uno scavo) sia in modo
indiretto: in questo caso il particolato si forma per mezzo di reazioni chimiche
che coinvolgono altri inquinanti, come i composti organici volatili COV
(idrocarburi a basso peso molecolare, alcoli, ecc.), gli ossidi di azoto NOx e
l’anidride solforosa SO2.
Si parlerà nel primo caso di particolato primario e nel secondo di particolato
secondario.
Sorgenti del particolato
naturale antropico

• eruzioni vulcaniche • combustioni (per autotrazione, riscaldamento,


• tempeste di sabbia produzione di energia)
• incendi boschivi • usura (ad esempio da attrito tra asfalto e
pneumatici)
particolato • emissione di spore
• processi industriali (cementifici, fonderie
primario • pollini ecc.)
• movimentazione di terra (attività agricole,
scavi, ecc.)

da reazione di ossidazione di varie da ossidazione di idrocarburi, ossidi di


sostanze: zolfo, ossidi di azoto prodotti nelle attività
•H2S e SO2 (attività vulcanica, incendi) umane
particolato •ossidi di azoto (dai terreni)
secondario •terpeni (dai vegetali)
La sigla PM10 indica le particelle con Ømedio ≤ 10 µm (a titolo di confronto: il
diametro medio di un capello umano è circa 50 µm). Quelle più grandi si
depositano al suolo in tempi relativamente brevi (dell’ordine dei giorni).

La sigla PM2,5 indica le particelle con un Ømedio ≤ 2,5 µm: costituiscono il


maggiore pericolo per la salute perché possono rimanere in sospensione
nell’atmosfera anche per settimane.

E’ evidente che le particelle costituenti il PM2,5 fanno parte anche della


frazione PM10

Effetti del particolato sulla salute


In relazione agli effetti sulla salute il PM2,5 è più importante del PM10 perché
particelle più piccole possono arrivare fino agli alveoli polmonari con l’aria
inspirata. Per questo se un elevato valore del PM10 corrisponde alla presenza
di poche particelle del tipo PM2,5 e molte di dimensioni maggiori la
situazione è più accettabile rispetto ad un PM10 di valore inferiore con poche
particelle grossolane e molte PM2,5.
Apparato respiratorio e PM10
La nocività è in parte dovuta all'azione diretta sulla mucosa dell'albero
respiratorio e sugli alveoli, in parte è indiretta e conseguente a gas
assorbiti (SO2) e/o particelle adsorbite sulla superficie del particolato
(essenzialmente metalli pesanti tossici, come il piombo, e idrocarburi
policiclici aromatici).

L'aumento della concentrazione atmosferica di polveri determina un


aumento della morbosità (quindi dei ricoveri ospedalieri) e della mortalità
prevalentemente per disturbi dell'apparato respiratorio.

Dal 1 febbraio 2010 la Commissione Europea ha fissato i seguenti limiti:


• valore massimo per la media annuale: 20 µg/m3
• valore massimo giornaliero: 50 µg/m3
• numero massimo di sforamenti in un anno: 7

Gli Stati membri hanno di regola due anni di tempo per adeguare le loro
normative alle direttive.
Ozono - O3
Forma allotropica dell’ossigeno, gassoso (p. e. –112 °C), è instabile (può
esplodere allo stato liquido) e molto più reattivo dell’ossigeno O2.
I suoi effetti sono molto diversi a seconda della sua “collocazione”
nell’atmosfera:
• al suolo: è irritante (occhi, apparato respiratorio); partecipa alla
formazione dello smog (da smoke e fog);
• nella stratosfera: assorbe le radiazioni UV di alta energia (200-300 nm di
lunghezza d’onda).
E’ quindi evidente che la sua presenza in stratosfera è indispensabile per la
vita sul pianeta, mentre al suolo è dannoso per la salute.
Si produce per mezzo di scariche elettriche (15-25 kV a 50-500 Hz) su ossigeno
o aria. La resa non è molto elevata. L’ozono puro, ottenuto raffreddando la
miscela di gas a – 120 °C, viene stabilizzato adsorbendolo su gel di silice.

O2 + energia ———› O2٠ (attivato) ———› 2 O


O + O2 ———› O3
Proprietà chimiche dell’ozono:
• energico ossidante sia su metalli che non metalli; resistono i metalli nobili
e, parzialmente, l’acciaio INOX e l’alluminio;

• forma ozonuri (instabili) con composti insaturi; gli ozonuri trattati con
riducenti formano aldeidi e chetoni, mentre con ossidanti formano acidi
carbossilici; queste proprietà possono essere sfruttate sia per produrre
aldeidi e chetoni che, soprattutto, per determinare la posizione del
doppio legame nei composti insaturi sconosciuti.
L’ozono nell’atmosfera
• Nella stratosfera (tra i 15 e i 60 km di quota) si forma per azione della luce
UV di alta energia (λ < 180 nm) su O2. La quantità complessiva in
condizioni normali rimane pressoché costante perché assorbe UV
trasformandosi in O2 e O atomico, che si ricombinano formando ancora
ozono.
O3 + hν <=========> O2 + O

La concentrazione dell’ozono nell’atmosfera si misura in cm*km-1:


spessore a c.n. dello strato di ozono, puro, contenuto in uno strato di
atmosfera alto 1 km. La concentrazione è massima a circa 15 km di quota
(2x10-2 cmxkm-1). Il continuo assorbimento di luce UV produce un
riscaldamento della stratosfera, la cui temperatura raggiunge un massimo
a circa 50 km di quota.

• Nella troposfera (quota minore di 15 km) è un pericoloso inquinante. Si


forma per azione della luce UV su NOx (ossidi di azoto) e COV.
Distruzione dello strato di ozono nella stratosfera
Avviene per mezzo di diversi cicli di reazioni la cui rilevanza dipende dalla
quota:
a) ciclo degli ossidrili (quota maggiore di 50 km):
H + O2 ———› HO2
HO2 + O ———› OH + O2
OH + O3 ———› HO2 + O2

b) ciclo dei composti del cloro (da CFC) (quota compresa tra 30 e 50 km):
Cl + O3 ———› ClO + O2
ClO + O ———› Cl + O2

c) ciclo degli NOx (quota compresa tra 20 e 30 km):


NO + O3 ———› NO2 + O2
NO2 + O ———› NO + O2
NO2 + NO ———› 2 NO + O
I cicli b e c sono ritenuti più importanti. In generale, comunque, avvengono
reazioni radicaliche molto complesse su cui influiscono diversi fattori.
Valori limite di esposizione all’ozono
AMBIENTE ESTERNO
In Italia sono in vigore :
• 110 µg/m3 concentrazione media su 8 ore per la protezione della salute
umana
• 180 µg/m3 concentrazione oraria di "attenzione“
• 200 µg/m3 concentrazione oraria da non raggiungere più di una volta al
mese
• 360 µg/m3 concentrazione oraria di " allarme"

AMBIENTE DI LAVORO
(ACGIH-USA : Associazione degli Igienisti Industriali Americani)
• 200 µg/m3 TLV-Ceiling concentrazione da non superarsi neppure per
brevissimi periodi, 15' o di meno
• 100 µg/m3 TLV-TWA concentrazione media sulle 8 ore lavorative (valore
proposto)
• 400 µg/m3 TLV- STEL concentrazione consentita per non più di 15' in 8 ore
lavorative (valore proposto)
• TLV – Threshold Limit Value (valore limite di soglia): livello fissato in base
alle conoscenze scientifiche, incluse quelle relative alle migliori tecnologie
disponibili, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la
salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere
raggiunto entro un limite prestabilito e che non deve essere
successivamente superato.

• TLV-C (ceiling): concentrazione che non deve essere superata durante


qualsiasi momento dell'esposizione lavorativa.

• TLV-TWA (time-weightened average): concentrazione limite, calcolata


come media ponderata nel tempo (8 ore/giorno; 40 ore settimanali), al di
sotto della quale tutti i lavoratori possono essere esposti, giorno dopo
giorno senza effetti avversi per la salute per tutta la vita lavorativa.

• TLV- STEL (short-term exposure limit): è il valore massimo consentito per


esposizioni brevi (non oltre 15 minuti) ed occasionali (non oltre quattro
esposizioni nelle 24 ore, intervallate almeno ad un'ora di distanza l'una
dall'altra).
Effetti dell’ozono sulla salute
• esplica un’azione irritante sulle mucose, in particolare delle vie
respiratorie:
– Si concentra prevalentemente nei tessuti della parte terminale dell'albero respiratorio tra
bronchioli e alveoli, ove esercita una forte azione ossidante, aumentando la frequenza
degli attacchi asmatici e dei disturbi respiratori, soprattutto nei soggetti più sensibili
(bambini, anziani, soggetti affetti da malattie croniche dell’apparato respiratorio);
– passa nel sangue solo in minima quantità;

• potenzia gli effetti nocivi di altri inquinanti atmosferici, in particolare


idrocarburi, polveri, piombo e biossido di azoto;
• svolge un ruolo importante nello smog fotochimico.

Cosa si può fare per difendersi?


• stare all’aperto d’estate possibilmente solo nelle ore del primo mattino o
del tardo pomeriggio, specialmente se si pratica intensa attività fisica.
• seguire una dieta ricca di vitamina C (agrumi, frutta in genere, pomodori,
peperoni, verdure fresche, patate), vitamina E (germogli di grano, oli di
soia e di mais crudi, olio di fegato di merluzzo) e selenio (pesce e crusca).
Ossido di carbonio - CO
Gas inodore e incolore, è il prodotto della combustione incompleta di
composti organici.
Il contributo naturale è circa uguale a quello derivante da attività umane. Il CO
antropico deriva essenzialmente dagli autoveicoli e dall’industria, con i primi
decisamente preponderanti, come si evince dal grafico sottostante.
La produzione di CO è più elevata nei motori a benzina, in particolare con il
motore al minimo. Nei motori Diesel la combustione è più efficiente (minori
emissioni di CO), ma è più grande la formazione di particolato.

Per ridurre la quantità di CO rilasciato nell’atmosfera dalle auto oggi si usano


le marmitte catalitiche, che portano a compimento l’ossidazione dell’ossido di
carbonio ad anidride carbonica ed eliminano anche gli ossidi di azoto (→ N2) e
gli idrocarburi incombusO (→ CO2 + H2O).

Le fonti industriali di CO sono gli impianti siderurgici (riduzione del materiale


ferroso con coke, riduzione del contenuto in carbonio) e petrolchimici.

L’emissione industriale di CO per incompleta combustione è in generale


ridotta. Nell’industria le combustioni sono utilizzate per produrre energia,
quindi si tende ad ottimizzarle per evitare un costo inutile. Comunque una
cattiva manutenzione degli impianti può determinare emissioni di questo
inquinante.
La concentrazione di CO varia da circa 120 ppb (ppb = parti per miliardo) in
atmosfera non inquinata a 1÷10 ppm (ppm = parti per milione) in aree
fortemente urbanizzate.
Effetti dell’ossido di carbonio sulla salute
L’ossido di carbonio si lega all’emoglobina molto più fortemente dell’ossigeno
formando carbossiemoglobina. Per questo motivo l’ossido di carbonio:

→ provoca la morte in circa 90 minuti con concentrazioni di 1000 ppm


→ a 100 ppm di esposizione per diverse ore provoca vertigini, cefalea e
senso di spossatezza, che possono essere seguiti da collasso

→ provoca danni (anche permanenti) per esposizione prolungata a


concentrazioni di 50 ppm
→ in seguito ad esposizione prolungata a basse concentrazioni provoca
intossicazione che si manifesta con disturbi nervosi e respiratori.

La percentuale di carbossiemoglobina nel sangue può variare dal 6% in


fumatori moderati, sino al 10% in accaniti fumatori di sigarette che siano
esposti anche ad una concentrazione esterna di CO di circa 40 ppm per 1 ora,
condizioni che in un non fumatore determinano un aumento di
carbossiemoglobina da 1,6 al 2,6%.
Interventi in caso di intossicazione da CO
Il CO ha un’affinità per l’emoglobina circa 200 volte maggiore dell’ossigeno.
Per questo motivo è necessario sottoporre l’intossicato ad elevate
concentrazioni di ossigeno per decomporre la carbossiemoglobina a favore
della formazione dell’ossiemoglobina.

Valori limite di esposizione all’ossido di carbonio


Dal 30 settembre 2010 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n.155 del 13
agosto 2010 che va ad abrogare norme precedenti in ottemperanza della
Direttiva Europea 2008/50/CE.

Per quanto riguarda l’ambiente il valore limite è fissato a 10 mg/m3 (d’aria).

Per i lavoratori esposti al CO il TLV-TWA è di 25 ppm, pari a 29 mg/m3 (limite


indicato dall’ACGIH).
Ossidi di zolfo – SOx
Sono SO2 e SO3. Il secondo si forma per lenta ossidazione del primo
(l’ossidazione di SO2 è cineticamente sfavorita), per cui l’ossido di riferimento
per questo tipo di inquinamento è SO2, detto anche anidride solforosa.
Si tratta di un gas incolore, di odore pungente, irritante. Il maggiore contributo
naturale alla concentrazione di questo gas proviene dall’attività vulcanica.
Per quanto riguarda il contributo antropico il grafico sottostante indica le
emissioni dovute a diversi tipi di attività.
Il grosso delle emissioni degli ossidi di zolfo proviene dalle combustioni
industriali dato che tutti i combustibili contengono zolfo.
Il biossido di zolfo in Italia deriva approssimativamente per il 5% dal
riscaldamento domestico, per il 40% dai processi industriali (comprese le
combustioni) e per il 50% dalla produzione di energia elettrica ad opera delle
centrali termoelettriche; tutte assieme le altre sorgenti contribuiscono per il
5% circa.
A fronte di una concentrazione in zone non inquinate di meno di 0,5 µg/m3 di
SO2, nelle città si raggiungono facilmente i 50 µg/m3 per arrivare nelle grandi
città industriali a 300 µg/m3 (OMS, 1998). Oggi la situazione è migliorata sia
per l’uso di combustibili per autotrazione a basso tenore di zolfo sia per una
sempre più estesa metanizzazione degli impianti di riscaldamento.

Normalmente la presenza di questo inquinante negli ambienti chiusi è molto


ridotta. Non a caso la principale contromisura in caso di inquinamento grave (o
comunque superiore alla soglia limite fissata per legge) è restare chiusi in casa,
precauzione particolarmente necessaria per i bambini, per le persone anziane
e/o affette da patologie dell’apparato respiratorio.
Effetti degli SOx sulla salute
La pericolosità degli ossidi di zolfo deriva essenzialmente dalla loro elevata
reattività e solubilità in acqua e dalle loro proprietà irritanti.
Sia il diossido che il triossido formano con acqua i corrispondenti acidi
(solforoso e solforico).

Gli effetti dell’esposizione prolungata a dosaggi relativamente bassi di SO2


dipendono dalle concentrazioni :
→ 0,06 mg/m3 (valore medio annuale) provocano un aumento delle malattie
delle prime vie respiratorie
→ da 0,3 mg/m3 si osserva un aumento statistico dei ricoveri ospedalieri
L’esposizione a concentrazioni più massicce (si tenga presente che quando si
percepisce l’odore della SO2 la concentrazione è già tale da richiedere l’uso di
una maschera antigas) ha effetti pesanti:
→ 3 mg/m3 provocano broncospasmo in soggetti predisposti, tachicardia e
aumento del ritmo respiratorio anche per brevi esposizioni
→ concentrazioni maggiori di 5 g/m3 sono mortali.
Effetti sull’ambiente
La SO2 produce danni rilevanti
sia per la sua tossicità che per
l’acidificazione delle acque e
del suolo.
La figura mostra la distruzione
della clorofilla dovuta
all’esposizione alla SO2.

L’azione della SO2 sulle piante è potenziata da umidità e temperatura elevate,


luce intensa e dalla presenza di altri inquinanti, come l’ozono.
L’acidificazione del suolo comporta perdita di sali e un generale impoverimento
che coinvolge anche i batteri capaci di fissare l’azoto atmosferico, indispensabili
per la sopravvivenza delle piante.
Anche la vita acquatica è fortemente danneggiata. Le acque acidificate
uccidono svariate specie acquatiche superiori sia direttamente sia eliminando
organismi vegetali e animali facenti parte della catena alimentare.
Le piogge acide
Sono la conseguenza dell’acidità degli ossidi di zolfo e degli ossidi di azoto.
Nella definizione ricadono sia le precipitazioni umide sia quelle secche.
Le precipitazioni umide sono essenzialmente soluzioni degli acidi solforico e
nitrico, quelle secche sono veicolate da particelle di varia dimensione. Il
risultato finale è comunque lo stesso.
Nel caso delle piogge (ma può trattarsi anche di nebbie o neve) il pH può
arrivare a valori minori di 3 (in condizioni normali è di poco inferiore a 6).

Nelle foto a lato è rappresentata la


stessa statua (si trova in
Germania). Quella a sinistra è
stata scattata nel 1908, quella a
destra nel 1968. Le differenze sono
evidenti: le conseguenze di 60
anni di attacco acido sono
devastanti.
Ossidi di azoto - NOx
La formula NOx indica la media pesata di NO e NO2, gli ossidi di azoto di gran
lunga più importanti in relazione alla qualità dell’aria.

NO (ossido di azoto) è un gas incolore, inodore e insapore. Poco tossico, si


trasforma in NO2 per azione di O2 e O3.

NO2 (diossido di azoto o ipoazotide), molto più tossico di NO, è un gas


rossastro, di odore pungente, irritante, corrosivo, ossidante.

Gli NOx partecipano con SO2 alla formazione delle piogge acide e svolgono un
ruolo fondamentale nella formazione dello smog fotochimico.

I contributi naturali e antropici alla formazione di NOx sono all’incirca uguali.


La principale fonte naturale sono le decomposizioni anaerobiche di sostanze
organiche (riduzione di nitrati a nitriti, trasformazione dei nitriti in acido
nitroso che, instabile, dismuta in NO e NO2).
Le fonti antropiche di NOx sono molto varie, in generale legate alle combustioni
ad alta temperatura.

Come si evince dal grafico soprastante circa la metà proviene dal traffico
automobilistico (i motori diesel ne producono di più di quelli a benzina), il
rimanente è dovuto per lo più a insediamenti industriali (produzione di energia
e combustioni industriali in genere).
La concentrazione naturale di NO è in genere compresa tra 0,2 e 10 µg/m3. In
aria inquinata si possono superare i 900 µg/m3 .

Per NO2 la concentrazione naturale è compresa tra 1 e 9 µg/m3, mentre in città


non si supera in genere i 40 µg/m3 .

Dato che per formazioni non continuative degli NOx (ad esempio, in una cucina
per effetto dell’uso dei fornelli a gas) la loro concentrazione diminuisce
abbastanza rapidamente, i maggiori problemi si hanno quando la produzione di
questi inquinanti è protratta nel tempo. In questo caso i danni per la salute
derivano sia dall’azione tossica diretta del diossido di azoto sia dalla serie di
reazioni che portano alla formazione dello smog fotochimico.

Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro la maggiore esposizione agli NOx si
verifica durante le saldature ad arco elettrico e in molti impianti chimici (ad
esempio, nell’industria galvanica) in cui si utilizza l’acido nitrico.

I limiti di sicurezza per NO2 sono 5,6 mg/m3 (TLV-TWA) e 9,4 mg/m3 (TLV-STEL),
mentre per NO è raccomandato un TLV-TWA di 31 mg/m3.
Effetti degli NOx sulla salute
NO2 esplica un’azione irritante che contribuisce all’insorgenza di vari tipi di
affezioni polmonari. Anche a basse concentrazioni l’esposizione prolungata
deprime le difese polmonari. L’OMS indica come limite orario 200 µg/m3 e
come limite per la media annuale 40 µg/m3.

NO non manifesta un’azione tossica importante, ma svolge un ruolo in diversi


ambiti:
è accertato il ruolo di NO nell’attivazione di un enzima coinvolto nel
rilassamento della muscolatura liscia;
prodotto dall’endotelio vascolare permette di mantenere un’attività
vasodilatatrice importante per la regolazione del flusso ematico e della
pressione arteriosa;
ha effetto anche sulla contrattilità del muscolo cardiaco e come
neurotrasmettitore;
studi recenti descrivono il coinvolgimento di NO nella patogenesi di molte
malattie, come cirrosi epatica, infarto del miocardio e morbo di Parkinson.
Composti organici volatili - COV
Sono composti ad alta tensione di vapore. Si tratta di idrocarburi, chetoni,
aldeidi, alcoli, acidi, esteri, terpeni. Questi ultimi, abbondanti nel regno
vegetale, costituiscono molte essenze di uso comune in profumeria.

Il contributo naturale e quello antropico alla presenza di COV in atmosfera


sono quasi uguali. Nell’atmosfera entrano nel meccanismo di formazione dello
smog fotochimico. Tra gli idrocarburi ricordiamo il benzene.

Effetti sull’ambiente
Entrano nel meccanismo di formazione dello smog fotochimico.

Effetti sulla salute


I COV aromatici sono cancerogeni. Tra essi il benzene è il più diffuso: entra in
innumerevoli produzioni industriali e costituisce circa l’1 % della benzina
verde.
Idrocarburi policiclici aromatici
Questi composti, spesso indicati con la sigla IPA, sono idrocarburi caratterizzati
da anelli aromatici condensati. In prevalenza sono di origine antropica dato
che si formano in seguito a combustione incompleta di idrocarburi.
Chimicamente sono piuttosto stabili. In atmosfera condensano e vengono
adsorbiti su particelle carboniose (nerofumo). Per questo sono veicolati dalle
polveri sottili.

Effetti sulla salute


Quelli più pericolosi per la salute sono
costituiti da quattro o più anelli condensati. Tra
questi molto noto è il benzo[a]pirene, uno dei
primi inquinanti classificati come cancerogeni e
l’unico monitorato per legge in Italia (ma gli IPA
classificati come cancerogeni sono ben sette).
In associazione con CO e altri inquinanti Benzo[a]pirene
provocano il blocco della catena respiratoria.
Diossine
Sono una serie di composti organici clorurati a struttura triciclica, il più noto
dei quali è il 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, noto semplicemente come
diossina, di formula C12H4Cl4O2. Questi composti possono formarsi nel
processo di preparazione del triclorofenolo, intermedio nella produzione di
erbicidi e antibatterici, quando la temperatura sale a livelli troppo alti.

Le diossine possono prodursi anche in


seguito all’incenerimento di materie
plastiche clorurate, come il PVC, o non
clorurate se in presenza di cloro.

Effetti sulla salute


Le diossine sono cancerogene e probabilmente mutagene. Provocano danni
al cuore, ai reni, al fegato, allo stomaco e agli organi e tessuti linfatici e la
dermatite nota come cloracne.
Radon - Rn
Il radon, gas nobile incolore, è radioattivo e a sua volta prodotto del
decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie
radioattive: 232Th, 235U e 238U.

Nella tabella a lato e' riportata la sequenza Isotopo Radiazione Emivita


del decadimento del nuclide più abbondante Uranio 238 alfa 4.5x109 anni
Torio 234 Beta 24.1 giorni
in natura, 238U, responsabile della produzione Protoattinio
dell'isotopo 222Rn, anch’esso quindi più 234
Beta 1.2 minuti

Uranio 234 alfa 2.5x105 anni


abbondante degli altri isotopi naturali del
Torio 230 alfa 7.5x104 anni
radon, anche in virtù della sua emivita di 3,82 Radio 226 alfa 1600 anni
giorni: 220Rn e 219Rn (prodotti rispettivamente Radon 222 alfa 3.8 giorni

da 232Th e 235U) hanno emivite inferiori al Polonio 218 alfa 3 minuti


Piombo 214 beta 27 minuti
minuto. Bismuto 214 alfa e beta 20 minuti
1.5x10-4
Polonio 214 alfa
Dato che l’uranio è presente quasi ovunque secondi

nella crosta terrestre, il gas radon è Piombo 210 beta 25 anni


Bismuto 210 beta 5 giorni
largamente diffuso sia nel terreno che nei Polonio 210 alfa 136 giorni
materiali da costruzione. Piombo 206 Stabile
Nella cartina in figura è rappresentata la
situazione italiana relativamente alla
concentrazione del radon. Come si vede i
problemi maggiori si riscontrano in
Lombardia, Lazio, Campania e Friuli.

Lazio e Campania sono particolarmente


colpiti dal problema radon per il frequente
utilizzo in edilizia di materiali di origine
vulcanica, principalmente il tufo: il radon,
prodotto per decadimento radioattivo
dentro i muri delle case o proveniente dal
sottosuolo, tende a concentrarsi all’interno
dei locali e può così essere inalato più
facilmente. Per questo un’efficace
contromisura è arieggiare frequentemente
i locali.
Il radon si forma dentro le rocce, in particolare quelle vulcaniche, e raggiunge
l’aria aperta passando attraverso fenditure delle rocce stesse.

La concentrazione è ovviamente massima nel sottosuolo. Non a caso tra i


minatori l’incidenza del cancro polmonare è cinque volte maggiore rispetto
al resto della popolazione.

La concentrazione del radon nell’atmosfera si misura in Becquerel su metro


cubo (Bq/m3): 1 Bq = 1disintegrazione/s. Può essere espressa anche in
Curie su metro cubo (Ci/m3). [Il Becquerel ha sostituito il Curie: 1 Bq = 2,7 x 10-11 Ci]

In ambienti chiusi la concentrazione media è di circa 80 bq/m3, molto


superiore a quella che si riscontra all’aperto, ma si possono superare valori
anche dieci volte più grandi. Come già detto le massime concentrazioni si
hanno in edifici costruiti con materiali di origine vulcanica, come il tufo. A
parità di altre condizioni la concentrazione del radon diminuisce
all’aumentare della distanza dal suolo, anche in virtù della sua elevata
densità (oltre otto volte maggiore di quella dell’aria).
Effetti del radon sulla salute
Gli effetti sulla salute dipendono dalla sua radioattività. Un atomo 222Rn può
decadere all’interno del polmone emettendo una particella α, che penetrando
in una cellula può danneggiare il DNA. Anche gli atomi che si producono nel
decadimento radioattivo del radon possono a loro volta emettere particelle α.

Se i danni al patrimonio genetico non vengono riparati può insorgere un


tumore a carico del polmone. Per i fumatori il rischio è maggiore perché è stato
provato che esiste una sinergia tra il radon e gli inquinanti contenuti nel fumo.

Salvo casi estremi che richiedono interventi di specialisti, per proteggersi è


sufficiente cambiare spesso l’aria dei locali chiusi.

In Italia non esiste una legislazione specifica relativa al radon negli edifici
residenziali. L’Euratom (Comunità europea dell’energia atomica – 1957) nel
1990 ha proposto come limite oltre il quale intervenire una concentrazione di
400 Bq/m3 per gli edifici esistenti e di 200 Bq/m3 per quelli in progettazione.
In Italia si è in ritardo anche per gli ambienti di lavoro. Dal 2001 l’Euratom ha
fissato in 500 Bq/m3 il limite oltre il quale intervenire.

Per gli ambienti di lavoro il TLV per la dose assorbita equivalente è di 20 mSv
(media annuale calcolata su 5 anni) e di 50 mSv (in un solo anno).

Alcune grandezze e unità di misura relative alle radiazioni ionizzanti

• Dose assorbita: energia assorbita dall’unità di massa; la sua unità di


misura è il Gray (Gy) 1 Gy = 1 J/kg
• Dose assorbita equivalente: come la dose assorbita, ma con riferimento
agli effetti biologici della radiazione. Infatti ogni tipo di radiazione ha un
effetto diverso. Ad esempio, i raggi α hanno effetti molto maggiori rispetto
ai raggi γ. La sua unità di misura è il Sievert (Sv) 1 Sv = 1 J/kg (stesse
dimensioni SI del Gy).
• Becquerel (Bq): 1 disintegrazione (decadimento) per ogni secondo.
• Curie (Ci): è pari a 3,7x1010 Bq; corrisponde approssimativamente
all’attività di 1 g dell’isotopo 226 del radio.
Ecco alcuni esempi di dose equivalente assorbita (si tengano presenti i TLV
citati in precedenza, 20 e 50 mSv):

10 Sv – morte nell’arco di tempo di giorni o settimane


4 Sv – rischio di morte (50 %)
2 ÷ 5 Sv – nausea, perdita dei capelli, emorragie
1 Sv – alterazioni dell’emoglobina; rischio (5 %) di insorgenza di un cancro
nell’arco della vita
100 mSv – rischio (5 ‰) di insorgenza di un cancro nell’arco della vita
10 ÷ 40 mSv – dose assorbita equivalente in una radioterapia
10 ÷ 20 mSv – idem in una scintigrafia o una PET
2 ÷ 15 mSv – idem in una TAC
~ 2 mSv/anno – idem a causa della radioattività naturale
< 1 mSv – idem in una radiografia.
Amianto
E’ il nome comune di un gruppo di minerali fibrosi
(amosite, crocidolite, tremolite ed altri).
In virtù dello loro grande lavorabilità, unita alla
resistenza al calore e agli agenti chimici, in passato
questi minerali sono stati ampiamente utilizzati in un
gran numero di prodotti sia da soli che in associazione
con altri materiali.
Purtroppo proprio la struttura fibrosa dell’amianto, alla
base della sua versatilità, si è rivelata un grave
problema. Infatti i materiali a base di amianto sono
diventati una fonte di fibre microscopiche
estremamente pericolose soprattutto per inalazione.

Le principali patologie legate all’inalazione delle fibre di


amianto sono l’asbestosi, il mesotelioma e il tumore del
polmone.
Le dimensioni delle fibre di amianto sono messe bene
in evidenza dalla foto a lato in cui sono confrontate con
un capello.

Le fibre di amianto sono presenti anche nell’aria non


inquinata. In questo caso la loro concentrazione risulta
inferiore a 100 fibre/m3. Questo dato può anche
triplicare nelle città (si pensi, ad esempio, che i ferodi
dei freni e delle frizioni delle auto erano ottenuti
impastando l’amianto con resine sintetiche).

Le concentrazioni di fibre di amianto aumentano anche di un ordine di


grandezza (2000 fibre/m3) nelle zone minerarie e possono arrivare a valori
elevatissimi (migliaia di fibre per litro) nei luoghi dove viene lavorato.

In Italia è emblematico il caso di Casale Monferrato, sede di una fabbrica


della Eternit: si sono verificati innumerevoli casi di mesotelioma (tumore
della pleura) e di tumore al polmone da amianto sia tra i lavoratori sia tra i
cittadini, in particolare tra i familiari dei lavoratori. E’ ancora in corso il
processo ai dirigenti e ai proprietari della società.
Effetti dell’amianto sulla salute
Le fibre di amianto possono entrare nel nostro organismo per ingestione e per
inalazione. Gli effetti delle fibre ingerite non sono ancora del tutto certi, anche
se si è riscontrata una maggiore incidenza di alcuni tumori dell’apparato
digerente in popolazioni che usano acqua inquinata da fibre di amianto.

I danni dovuti alle fibre inalate sono invece ben conosciuti fino dagli anni ‘60
del ‘900. Le fibre più pericolose sono quelle che arrivano più in profondità,
fino agli alveoli polmonari. Le più piccole possono insediarsi anche nella
pleura, la membrana che riveste i polmoni, o entrare nel circolo sanguigno. I
problemi più seri si hanno proprio a carico della pleura e dei polmoni, con
l’insorgenza di malattie molto gravi come l’asbestosi, il mesotelioma e il
tumore del polmone.

La malattia si manifesta dopo un tempo piuttosto lungo, dai quindici


(asbestosi) fino ai trent’anni (mesotelioma).

Dal 1992 l’uso, la produzione e la commercializzazione dell’amianto sono


vietati. Per gli ambienti di lavoro il TLV-TWA è fissato a 10 fibre/L.
Altri inquinanti
• Solfuro di idrogeno, H2S, dovuto ai processi di desolforazione dei
petroli in genere (delle benzine in particolare) e del gas naturale.
• Tiofene e mercaptani emessi da raffinerie e cokerie, facilmente
individuabili a causa del loro sgradevole odore di uovo marcio.
• Acidi inorganici e organici (solforico, cloridrico, fluoridrico,
bromidrico, acetico, fumarico, tannico, ecc.) liberati nelle combustioni
o in cicli industriali diversi.
• Prodotti radioattivi artificiali dovuti, oltre che alle esplosioni
atomiche, a lavorazione di sostanze radioattive per l'utilizzazione
pacifica dell'energia nucleare, all'impiego di nuclidi radioattivi nella
ricerca scientifica, nell'industria, in campo medico e in agricoltura.
• Cloro, acido cloridrico e microinquinanti organoclorurati (vedere
anche la voce “diossine”) liberati dalla decomposizione dovuta ad
incenerimento di materie plastiche clorurate.
Lo smog fotochimico
E’ il risultato di una serie di reazioni, determinate dalla luce UV e facilitate
da temperatura elevata, che coinvolgono NOx e COV.

Consiste in un aumento notevole della concentrazione di ozono al suolo,


accompagnato da un gran numero di altre sostanze.

Le aree mediterranee ne sono colpite dato che presentano tutte le


caratteristiche suddette, specialmente d’estate e nelle zone ad alta densità
di traffico.

Nella foto a sinistra lo smog


fotochimico sulla città di Seattle
(USA) è reso visibile dal colore
rossastro caratteristico del diossido
di azoto.
Fasi di sviluppo dello smog fotochimico

In seguito al traffico automobilistico aumenta la concentrazione di COV e


ossidi di azoto.

La luce solare provoca la fotolisi di NO2:


NO2 + UV ———› NO + O.

si formano ozono e radicali ossidrile:


O2 + O. ———› O3 O. + H2O ———› 2 OH.

si producono radicali perossido da COV e radicali ossidrile:


RH + OH. ———› R. + H2O R. + O2 ———› RO2.

i radicali perossido reagiscono con NO ossidandolo:


RO2. + NO ———› RO + NO2
Come si è detto l’ozono è il principale componente dello smog fotochimico,
ma non l’unico. Ad esempio, due altri inquinanti si formano in seguito a
reazioni che interrompono il ciclo precedentemente descritto:

- si può produrre acido nitrico da NO2 e radicali ossidrile


NO2 + OH. ———› HNO3

- o perossiacetil nitrato (PAN) da NO2 e radicali perossiacetile che si


formano per ossidazione fotochimica di COV
NO2 + CH3-CO-O-O. ———› CH3-CO-O-O-NO2

Il PAN, oltre ad avere effetti irritanti sugli occhi, è fitotossico (blocca la


fotosintesi). In associazione con l’ozono, che aumenta la respirazione e
quindi il fabbisogno di nutrienti, provoca il rapido deperimento delle
piante.
L’inquinamento e il clima
Tra il clima e la concentrazione degli inquinanti al suolo esiste un legame molto
stretto. Se è vero che le condizioni climatiche possono influenzare la
persistenza degli inquinanti, è anche vero che molte sostanze inquinanti
svolgono un ruolo importante nella determinazione del clima.

Su grande scala sono molto importanti i venti di alta quota e le turbolenze


derivanti dagli spostamenti di grandi masse d’aria da aree anticicloniche (alta
pressione) ad aree cicloniche (bassa pressione).

A livello locale l’intensità del vento a bassa


quota, le condizioni di alta pressione
invernale con conseguenti possibili
inversioni termiche, sono determinanti
per il livello degli inquinanti. Ad esempio,
l’inversione termica favorisce l’accumulo
degli inquinanti (foto a destra), mentre il
vento forte facilita la loro dispersione. Smog da inversione termica vicina al suolo
Inversioni termiche

Nella troposfera la temperatura diminuisce con la quota in ragione di circa


7 °C/km. Per questo motivo l’aria più calda (meno densa) si muove verso
l’alto, sostituita dall’aria fredda (più densa) degli strati più alti, provocando
un rimescolamento dell’aria che favorisce la diluizione degli inquinanti.

In determinate condizioni, però, si forma


uno strato d’aria, detto strato d’inversione,
nel quale la temperatura aumenta con la
quota invece di diminuire. Lo strato di
inversione impedisce il rimescolamento
dell’aria dovuto alla convezione,
funzionando quasi come un coperchio che
costringe gli inquinanti al suolo. Dato che
per gli stessi motivi si forma la nebbia
l’effetto degli inquinanti è potenziato.
Meccanismi di formazione dello strato di inversione
- inversione radiativa: si ha quando, in condizioni di pressione alta
nella stagione fredda, di notte il suolo e l’aria ad esso adiacente si
raffreddano molto velocemente per irraggiamento IR. Si forma così
uno strato di inversione a bassa quota che viene distrutto dal
riscaldamento solare solo a mattino inoltrato. E’ per questo motivo che
le nebbie sono particolarmente fitte dalle ore serali al primo mattino;

- inversione per spostamento orizzontale: tipica delle zone costiere,


è dovuta allo spostamento di masse d’aria più calda e umida dal mare
verso terra, dove la temperatura è più bassa. Si forma uno strato
d’inversione a quota più elevata rispetto al caso precedente (qualche
centinaio di metri). Se il riscaldamento mattutino non è abbastanza
intenso da rompere lo strato d’inversione, si possono verificare
eventi di smog fotochimico persistenti e addirittura crescenti per
alcuni giorni.
Effetti dell’inquinamento sul clima
Le attività umane influenzano il clima essenzialmente in due modi: con
l’effetto serra e con il rilascio di grandi quantità di calore di scarto.

L’effetto serra è il risultato di uno squilibrio tra la quantità di energia che


giunge alla Terra dal sole e quella che la Terra stessa disperde nello spazio per
irraggiamento IR. E’ dovuto ai cosiddetti gas serra.

I gas serra, assorbendo la radiazione


infrarossa, fanno diminuire la
frazione di energia che viene dispersa
verso lo spazio provocando il
riscaldamento dell’atmosfera. Le
varie sostanze hanno una diversa
capacità di assorbimento della
radiazione IR. Ad esempio, l’ozono
assorbe l’IR circa duemila volte di più
della CO2, ma quest’ultima a causa
della sua abbondanza è la maggiore
responsabile dell’effetto serra.
Il grafico a destra mette in
evidenza la variazione della
temperatura globale
rispetto alla media nel
periodo compreso tra il
1860 e il 2000.

Il progressivo riscaldamento del pianeta a causa dei gas serra è un fatto


ormai accettato dalla grande maggioranza degli scienziati. Alcuni ricercatori,
però, sostengono che esso è mitigato dall’aumento dell’albedo (potere
riflettente della Terra) conseguente all’aumento della nuvolosità, all’aumento
delle polveri in atmosfera (le polveri, oltre ad aumentare la torbidità dell’aria,
fungono da centri di condensazione determinando un aumento della
nuvolosità), alla diminuzione delle foreste, all’aumento della
cementificazione, all’avanzare dei deserti, ecc..
Anche riguardo agli effetti del calore di scarto rilasciato in atmosfera (e nelle
acque superficiali) i pareri sono discordi.

Molti sostengono che si è già superato il livello di emissioni che il pianeta


può smaltire per irradiazione nello spazio e che quindi si contribuisca in tal
modo ad aumentare la temperatura media globale, altri pensano invece che
il calore di scarto emesso dagli impianti industriali può essere compensato
dall’aumento dell’albedo.

In ogni caso, non fosse altro che per un sano principio di cautela, è
necessario invertire la tendenza all’aumento delle emissioni di gas serra e
del rilascio di calore di scarto nell’ambiente e fare fronte al progressivo
esaurimento delle risorse naturali e al deterioramento dell’ambiente che già
ora è evidente.

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