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Corso di Costruzioni Aerospaziali – a.a.

2015-2016
Prof. Alberto Milazzo
L’ambiente operativo

L’AMBIENTE OPERATIVO

1. Introduzione
Nel presente capitolo verranno affrontati gli aspetti fondamentali inerenti
l’ambiente operativo, in inglese denominato “Environment”. Per ambiente
operativo si intende l’insieme di tutte le sollecitazioni ambientali alle quali un
velivolo deve essere in grado di far fronte durante la sua vita operativa e che ne
influenzano le prestazioni complessive. Basti pensare come, nel settore
specificatamente aeronautico, condizioni atmosferiche caratterizzate da pioggia o
grandine possano condizionare il progetto strutturale di un velivolo nonché la
scelta dei materiali, o come le variazioni di pressione densità e temperatura alle
quali un velivolo va incontro ne influenzino le prestazioni aerodinamiche,
strutturali e propulsive. Altri esempi di sollecitazioni ambientali, relativi in questo
caso al segmento spaziale, sono la collisione con meteoriti, l’accentuazione di
fenomeni termici (al rientro nell’atmosfera), la presenza di raggi cosmici e del
vento solare. Da questi brevi cenni appare quindi evidente come una conoscenza
accurata dell’ambiente nel quale si troverà ad operare un velivolo possa
consentire di individuare quali caratteristiche esso debba avere per operare al
meglio e nella massima sicurezza in quell’Environment.

2. L’Atmosfera terrestre
I velivoli appartenenti al settore aeronautico si trovano ad operare nell’atmosfera
terrestre; una caratterizzazione dell’atmosfera terrestre risulta dunque necessaria
per individuare quali possono essere gli aspetti che influenzano le prestazioni di
un velivolo.
L’atmosfera terrestre è un involucro di gas che circonda la terra. Quest’involucro
è molto sottile infatti, se si considera solo la parte più densa che giunge sino a
circa 60 km al di sopra della superficie terrestre, si ha uno spessore che è pari a
solo un centesimo del raggio terrestre all'equatore, che è di 6.378 km. In realtà,
non si può definire un vero e proprio limite superiore dell'atmosfera, ma solo una
regione di transizione in cui essa si confonde con lo spazio interplanetario. la
composizione chimica e le caratteristiche fisiche dell'atmosfera variano in
funzione della quota. La composizione dell'atmosfera tra il suolo e 10-12 km può

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però considerarsi pressoché costante e formata da un miscuglio di gas tra i quali


dominano nettamente l'azoto 78% e l' ossigeno 20%. Nell'atmosfera, in
prossimità del suolo, sono pure presenti in tracce di poche parti per miliardo
(ppb=parts par billion) in volume: ossido di carbonio CO (190 ppb), ozono O³
(40 ppb), ammoniaca NH³ (4 ppb), biossido di azoto NO² (1 ppb), anidride
solforosa SO² (1 ppb), cloro l² (0,6 ppb), ossido di azoto NO (0,5 ppb), solfuro
di idrogeno H²S (0,05 ppb), iodio I² (0,01 ppb). Le loro concentrazioni possono
subire fortissime variazioni in ragione dell'inquinamento atmosferico. Al crescere
della quota diminuisce la concentrazione dei gas pesanti, ovvero dell’azoto e
dell’ossigeno, ed aumenta quella di idrogeno ed elio; basti pensare che al di sopra
dei 1000 km l’atmosfera è costituita quasi interamente da idrogeno ed elio. Un
fattore determinante dell’ambiente operativo atmosferico è la presenza di vapore
acqueo la cui percentuale dipende fortemente dalla posizione, dalle condizioni
climatiche e dalla quota.

3. Pressione Atmosferica
L’atmosfera terrestre esercita su una qualsiasi superficie immersa in essa una
pressione. Più in dettaglio la pressione atmosferica è definita come il peso
esercitato sull'unità di superficie dalla colonna d'aria al di sopra del punto che si
considera. Al livello del mare, si assume come pressione normale il valore di
1,033 kg/cm², equivalente al peso di una colonna di mercurio alta 760 mm e
agente su un cm² di superficie. La pressione
atmosferica viene generalmente misurata in millimetri
di mercurio o millibar. Un millibar (mb) è un
millesimo di bar. Un bar è la pressione esercitata da
750,06 mm di mercurio (mmHg) alla temperatura di
0°C (760 mm di mercurio corrispondono a 1.013
millibar). Appare evidente che la pressione atmosferica
dipende dalla densità della massa d’aria in quel punto;
la pressione atmosferica dipenderà quindi dalla quota
ma anche dalla posizione e dal periodo dell’anno
considerato. In realtà il parametro che influenza
maggiormente il valore della pressione atmosferica è
rappresentato dalla quota. Nella tabella di seguito

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riportata vengono forniti i valori indicativi della pressione, espressi in termini


percentuali rispetto ad un’atmosfera, in funzione dell'altitudine.

4. La temperatura Atmosferica
La distribuzione della temperatura nell'atmosfera è dovuta all'irraggiamento
solare. Il 30% della radiazione solare viene riflesso e diffuso nello spazio esterno
dalle nubi; il restante viene assorbito dall'aria e dalla superficie terrestre.
L'atmosfera ha anche un'azione selettiva sulle radiazioni solari. L'aria è infatti
trasparente alla radiazioni dello spettro visibile, da 400 a 700 nm, e alle radiazioni
delle cosiddette finestre radio, radioonde di lunghezza d'onda compresa tra alcuni
millimetri e alcune decine metri. L'assorbimento dei raggi ultravioletti (lunghezza
d'onda inferiore a quella del visibile) avviene nell'alta atmosfera e vi provoca un
tipico riscaldamento. La radiazione infrarossa (lunghezza d'onda superiore a
quella del visibile), fortemente calorifica, viene invece assorbita nella zona più
bassa dell'atmosfera dall'anidride carbonica e dal vapore acqueo presenti vicino
alla superficie terrestre. Queste due sostanze si comportano come il tetto di vetro
di una serra e favoriscono l'immagazzinamento di calore in prossimità del suolo.
Questo effetto, noto come "effetto serra", contribuisce notevolmente a
determinare la temperatura diurna sulla superficie terrestre, che risulta in media di
circa 20 °C, mentre senza di esso dovrebbe essere di circa -23 °C. La trasmissione
del calore tra suolo e atmosfera avviene per moti convettivi verticali. La
temperatura dell'aria è variabile fortemente con l'altezza; fino a una quota di 10-
12 km diminuisce regolarmente di 0,5-0,7 °C ogni 100 m sino a raggiungere -55
°C circa; da 12 km a 50 km aumenta sino a raggiungere 0 °C circa. Da questo
punto la temperatura riprende nuovamente a diminuire sino a giungere a valori
tra -70 e -100 °C a 80-90 km di quota. Ha allora inizio un rapido aumento che
raggiunge negli strati atmosferici più alti i 1.000-2.000 °C circa. Data però
l'estrema rarefazione delle molecole a queste altezze, il termine temperatura non
ha riferimento alcuno con sensazioni fisiologiche, me è correlato unicamente
all'energia di agitazione termica delle singole molecole. Il modo in cui varia la
temperatura con l'altezza viene usato per definire i diversi strati dell'atmosfera
stessa.

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5. Elettricità Atmosferica
L'atmosfera è sede di un campo elettrico, cioé è una zona di spazio dove si
risente l'azione di forze elettriche. Tale campo è prodotto dalle cariche elettriche
negative accumulate sulla Terra e dalle cariche, costituite soprattutto da ioni
positivi, presenti nell'aria. La struttura del campo elettrico atmosferico è soggetta
a notevoli e brusche variazioni per effetto delle perturbazioni atmosferiche. La
capacità dell'aria di poter condurre la corrente elettrica varia poi notevolmente
con l'altezza. Tale conducibilità è bassa in prossimità del suolo, ma aumenta
rapidamente con l'altezza per effetto della ionizzazione dell'aria prodotta dalle
radiazioni cosmiche. Negli strati superiori è addirittura presente una zona in cui i
gas sono ionizzati e che quindi ha un'altissima conducibilità elettrica.

6. Suddivisione dell’Atmosfera
Come visto precedentemente, la maggior parte delle caratteristiche
chimico fisiche dell’atmosfera dipendono dalla quota. Per questo
motivo si è deciso di suddividere l’atmosfera in regioni
concentriche. La suddivisione più comunemente adoperata e quella
basata sull’andamento della temperatura con la quota. Di seguito
vengono descritti i diversi strati che compongono l’atmosfera e
viene fornita una schematizzazione dei diversi strati.
La troposfera È lo strato in cui si verificano quasi tutti i fenomeni
meteorologici e contiene l'80% della massa gassosa totale e il 99%
del vapore acqueo: l'aria della troposfera è riscaldata dalla superficie
terrestre ed ha una temperatura media globale di 15 °C al livello del
mare, che diminuisce con l'altitudine (in media 0,65 °C ogni 100m di
quota) fino ai circa −60 °C della tropopausa. L'aria degli strati più
bassi, che tende a salire, genera grandi correnti convettive da cui
hanno origine venti equatoriali costanti (gli alisei) e le perturbazioni
atmosferiche. La troposfera ha uno spessore variabile a seconda
della latitudine: ai poli è spessa solamente 8 km mentre raggiunge i
17 km all'equatore. La pressione atmosferica decresce con
l'altitudine secondo una legge in prima approssimazione
esponenziale; oltre i 7-8 km di quota la pressione è tanto bassa che

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non è più possibile respirare senza l'uso di maschere collegate a bombole di


ossigeno.
Salendo in quota, oltre a pressione e temperatura, diminuisce anche il contenuto
di vapore acqueo dell'aria. Ad un certo punto la temperatura si stabilizza a −60
°C circa: è la tropopausa, la zona di transizione fra troposfera e stratosfera.
La parola troposfera deriva dal greco "tropos" che significa 'variazione',
'cambiamento' proprio perché all'interno di questa sfera si trovano tutti quei moti
d'aria verticali e orizzontali che rimescolano l'atmosfera stessa e che
caratterizzano il mutevole 'tempo atmosferico'. La troposfera è inoltre il luogo
della vita oltre che dei fenomeni meteorologici: tutte le piante e tutti gli esseri
viventi vivono in essa utilizzando alcuni dei gas che la costituiscono.
La Stratosfera È lo strato atmosferico che sta al di sopra della troposfera ed
arriva ad un'altezza di 50-60 km. Qui avviene un fenomeno chiamato inversione
termica: cioè, mentre nella troposfera la temperatura diminuisce con l'altezza,
nella stratosfera aumenta, fino alla temperatura di 0 °C. Questo fenomeno è
dovuto alla presenza di uno strato di ozono (molecola di ossigeno triatomica),
l'ozonosfera, che assorbe la maggior parte delle radiazioni solari ultraviolette
(circa il 99%). In alcuni punti dell'ozonosfera lo strato di ozono si è assottigliato
(fenomeno del buco nell'ozono) al punto tale che non offre più un'efficace
protezione ai raggi ultravioletti (UV) che, in queste condizioni, riescono a
giungere a terra. Questi raggi causano seri danni alle piante e a tutti gli esseri
viventi. I danni all'uomo possono essere tumori alla pelle e cecità, a causa di
danni irreversibili alla retina. Il buco nell'ozono è stato riscontrato nella zona
antartica. Nella stratosfera i componenti si presentano sempre più rarefatti, il
vapore acqueo e il pulviscolo diminuiscono; esistono ancora alcuni rari fenomeni
meteorologici e certi particolari tipi di nubi (cirri).
Nella zona della Mesosfera, che va dai 50 agli 80 km di quota, l'atmosfera non
subisce più l'influsso della superficie terrestre ed è costante a tutte le latitudini.
Essa è caratterizzata da una accentuata rarefazione degli elementi gassosi e da un
graduale aumento di quelli più leggeri a scapito di quelli più pesanti. In questa
parte dell'atmosfera la temperatura riprende a diminuire con l'altezza e raggiunge
il valore minimo, variabile tra i -70 ed i -90 °C, intorno agli 80 km; a questa quota
si possono osservare a volte le nubi nottilucenti, costituite probabilmente di
cristalli di ghiaccio e minutissime polveri: esse sono visibili durante l'estate, al

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crepuscolo e si presentano come nubi sottili e brillanti, intensamente illuminate


dagli ultimi raggi del Sole. L'osservazione di queste nubi mostra che nell'alta
mesosfera esiste un complesso sistema di correnti aeree, ad andamento variabile,
che dovrebbero raggiungere velocità fino a 300 km/h. Connesse a questi moti
sono le variazioni di altezza della mesopausa, come avviene anche nella
tropopausa e nella stratopausa. In queste condizioni i gas si stratificano per
diffusione e la composizione chimica media dell'aria inizia a variare a mano a
mano che si sale. Il biossido di carbonio scompare rapidamente, il vapore acqueo
ancora più in fretta e anche la percentuale di ossigeno inizia a diminuire con la
quota. Aumentano le percentuali di gas leggeri come elio e idrogeno. L'effetto
riscaldante dell'ozono è terminato e la temperatura diminuisce sempre più con la
quota fino a stabilizzarsi al limite superiore della mesosfera (−80 °C nella
mesopausa). In questo strato hanno origine le stelle cadenti, cioè i piccoli
meteoriti che di solito non riescono a raggiungere la superficie terrestre e
bruciano prima di raggiungere la Terra, lasciando scie luminose. Oltre la
mesopausa, alla quota di circa 100 km, l'aria è tanto rarefatta da non opporre una
resistenza tangibile al moto dei corpi, e diventa possibile muoversi con il moto
orbitale. Per questo motivo, in astronautica la mesopausa viene considerata il
confine con lo spazio.
La Termosfera è la sfera successiva alla Mesosfera e separata da quest'ultima
dalla Mesopausa. La temperatura, dopo l'abbassamento avvenuto nella
Mesosfera, torna a crescere con la quota. Alcuni dati sperimentali affermano che
ad un'altezza di circa 300 km la temperatura sarebbe di 1000 °C. Però, gli
astronauti che si trovano a questa altezza necessitano di indossare delle tute
riscaldate a causa del freddo. Questa apparente contraddizione si spiega
definendo il calore, cioè una forma di energia che si libera negli urti tra le
particelle; a causa della bassa densità dei gas questi urti avvengono raramente,
spiegando in questo modo il poco calore esistente.
La ionosfera è lo strato di atmosfera in cui i gas atmosferici sono fortemente
ionizzati: è costituita dagli strati esterni dell'atmosfera, esposti alla radiazione
solare diretta che strappa gli elettroni dagli atomi e dalle molecole. Contiene, nel
suo insieme, una frazione minima della massa gassosa atmosferica, circa l'1%
solamente (è estremamente rarefatta), ma ha uno spessore di alcune centinaia di
chilometri e assorbe buona parte delle radiazioni ionizzanti provenienti dallo

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spazio. La temperatura in questo strato sale con l'altitudine, per l'irraggiamento


solare, ed arriva ai 1 700 °C al suo limite esterno. Ha una struttura a bande, divise
durante il giorno dalla forte radiazione solare che ionizza preferenzialmente gas
diversi a quote diverse: durante la notte alcune di queste bande si fondono
insieme, aumentando la riflettività radio della ionosfera. Al confine fra mesopausa
e ionosfera hanno luogo le aurore boreali. La composizione chimica è ancora
simile a quella media, con una predominanza di azoto e ossigeno, ma cambia
sempre più con l'altitudine. A circa 550 km di quota, questi due gas cessano di
essere i componenti principali dell'atmosfera, e vengono spodestati da elio e
idrogeno. La ionosfera riveste una grande importanza nelle telecomunicazioni
perché è in grado di riflettere le onde radio, aiutandole a propagarsi oltre la
portata visibile: tra i 60 e gli 80 km vengono riflesse le onde lunghe, tra i 90 e i
120 le onde medie, tra i 200 e i 250 le onde corte, tra i 400 e i 500 km le onde
cortissime.
La esosfera è la parte più esterna dell'atmosfera terrestre, dove la composizione
chimica cambia radicalmente. L'esosfera non ha un vero limite superiore
sfumando progressivamente verso lo spazio interplanetario e arrivando a
comprendere anche le fasce di Van Allen. I suoi costituenti, come già detto, sono
perlopiù idrogeno ed elio, in maggioranza particelle del vento solare catturate
dalla magnetosfera terrestre. Tramite metodi di osservazione indiretti e da calcoli
teorici si ricava che la temperatura dell'esosfera aumenta con l'altezza fino a
raggiungere, se non addirittura superare, i 2000 °C (di temperatura cinetica). A
causa di queste temperatura, alcune delle particelle presenti raggiungono la
velocità di fuga uscendo letteralmente dall'atmosfera (la velocità di fuga terrestre
è di 11,2 km/s).

7. L’Atmosfera tipo
Da quanto fin qui detto, le caratteristiche di un velivolo dovrebbero dipendere da
una serie di parametri variabili dell’atmosfera che ne determinano le prestazioni.
Di fatto non si può certo pensare di progettare un velivolo tenendo in
considerazione tutte queste variabili ma di contro occorre definire un modello
semplificato dell’atmosfera, ossia l’atmosfera tipo. L'utilizzo di tale ambiente
ideale risulta utile nelle scienze applicate per calcolare e paragonare rendimenti e
prestazioni degli aeromobili, per calibrare gli strumenti di navigazione e di misura,

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per collaudare apparecchiature, in condizioni standardizzate. Dire ad esempio che


la velocità del suono nell'aria è pari a circa 340 m/s (1224 km/h) non ha senso, in
quanto essa varia con la temperatura (in particolare varia proporzionalmente alla
radice quadrata della temperatura assoluta), e quindi con la quota, essendo le
variabili termodinamiche variabili con essa. In conseguenza di ciò, anche dire che
la velocità del suono al livello medio del mare è pari a circa 1224 km/h non è
corretto, in quanto non sono specificate le condizioni dell'aria che possono
influire sulla velocità del suono, ovvero, in primo luogo, la temperatura. Dire,
però, che la velocità del suono è circa 1224 km/h al livello del mare in atmosfera
standard internazionale ICAO ha, invece, un significato preciso e chiaramente
identificabile, in quanto in tal caso sono ben note e fissate le grandezze
termodinamiche a cui ci si riferisce.
La prima definizione di un’atmosfera standard, valida fino ad un’altitudine di
10.000 m, può essere attribuita all’ICAO (International Civil Aviation
Organization) nel 1952.
La prima ipotesi semplificativa introdotta nella definizione dell’aria tipo consiste
nel fatto che l’aria, nonostante sia un fluido comprimibile e viscoso, viene
considerata un gas ideale ovvero un gas avente le seguenti proprietà:
− le molecole sono puntiformi;
− interagiscono tra loro e con le pareti del recipiente mediante urti
perfettamente elastici (ovvero non vi è dispersione di energia durante gli urti);
− non esistono forze di interazione a distanza tra le molecole del gas;
− le molecole del gas sono identiche tra loro e indistinguibili.
Per l’atmosfera tipo internazionale si può quindi utilizzare l’equazione di stato dei
gas perfetti:

pV = nRT (1)

oppure

p RT
= (2)
ρ M

essendo p la pressione, V il volume, T la temperatura n il numero di moli di gas


mentre R rappresenta la costante universale dei gas perfetti (R=8,314 J/mol K).

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Sotto l’ipotesi di gas perfetto ed utilizzando l’equazione fondamentale


dell’idrostatica (Legge di Stevin), che verrà di seguito derivata a partire da
considerazioni di equilibrio, è possibile ottenere un’espressione approssimata del
gradiente di pressione con la quota e di conseguenza la variazione delle altre
caratteristiche atmosferiche. Per derivare l’equazione dell’idrostatica si consideri
un cubetto d’aria di spigoli dx dy e dz in quiete, mostrato in figura, e si consideri
l’equilibrio delle forze su di esso agenti in direzione z. Passando dalla superficie
inferiore del cubetto d’aria, sulla quale agisce una pressione Pi, alla superficie
superiore la pressione subirà una variazione (dp/dz)dz. Sulla superficie superiore
del cubetto agirà in definitiva una pressione

dp
Ps = Pi + dz (3)
dz

Considerando il peso del volume d’aria contenuto nel cubetto, W = ρg (dxdydz ) ,


l’equilibrio delle forze in direzione z risulta

dp
Pidxdy − ( Pi + dz )dxdy − ρ gdxdydz =
0 (4)
dz

Dalla quale semplificando si ottiene l’equazione fondamentale dell’idrostatica,


ovvero

dp = − ρgdz (5)

Fig. 1: Equilibrio verticale di un volumetto infinitesimo.

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Sostituendo l’equazione di stato dei gas perfetti nell’equazione dell’idrostatica si


ottiene l’espressione del gradiente di pressione con la quota ovvero:

dp  gM 
= −  dz (6)
p  RT 

essendo M il peso molecolare.


Considerando costante il termine entro parentesi si riesce ad ottenere
un’espressione approssimata dell’andamento della pressione con la quota.
Dall’equazione di stato si ha infatti:

M ρ ρ
= = cos t =   (7)
RT p  p 0

in cui il pedice 0 fa riferimento a quantità misurate sul livello del mare. A questo
punto la (6) assume la seguente forma:

dp  gρ 
= −  dz = −C0 dz (8)
p  p 0

e quindi integrando

p = p 0 e − C0 z (9)

Nella determinazione della costante C0 si devono assumere le grandezze relative


all’atmosfera standard riferite a quota 0, ovvero:
− p0 = 101.325 Pa;
− T0 = 288,15 K (15 °C);
− M0 = 28,9644;
− ρ0 = 1,2250 kg/m3;
L’espressione appena trovata non tiene in considerazione la variazione di
temperatura con la quota. Un andamento più accurato della pressione con la
quota può essere ottenuto considerando un gradiente termico. Più in dettaglio,

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limitandosi alla troposfera, ovvero a quote inferiori a 11.000 m, si assume per


l’atmosfera standard un gradiente termico costante:

dT
= −a (10)
dz

con a=0.0065 °K/m.


Considerando quindi il gradiente termico espresso dalla (10) congiuntamente con
l’equazione di stato e l’equazione dell’idrostatica si ottiene il seguente gradiente di
pressione con la quota:
g
 az  Ra

p = p0 1 −  (11)
 T0 

Fig. 2: Andamento della pressione e della temperatura con la quota.

L’atmosfera terrestre, le cui caratteristiche peculiari sono state sopra descritte,


rappresenta l’ambiente operativo all’interno del quale si trova ad operare un
velivolo. In realtà per ogni determinato velivolo esiste una curva, denominata
inviluppo di volo, che circoscrive l’environment del velivolo. I confini di tale
curva sono dettati da limitazioni aerodinamiche, propulsive e strutturali di un

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velivolo. Sulla base delle azioni che l’ambiente operativo, individuato


dall’inviluppo di volo, esercita sul velivolo possiamo distinguere:
− Ambiente meccanico;
− Ambiente termico;
− Ambiente chimico-fisico.

Fig. 3: Inviluppo di volo.

8. L’ambiente meccanico
L’insieme dei carichi agenti su un velivolo, siano essi dovuti alla forza peso, alle
azioni aerodinamiche e propulsive, definiscono quello che prende il nome di
ambiente meccanico. Una prima difficoltà associata allo studio della meccanica di
un velivolo è rappresentata dal fatto che quest’ultimo costituisce un sistema non
vincolato. La seconda complicazione viene introdotta dal fatto che un velivolo è
di fatto un corpo elastico soggetto quindi a deformazioni meccaniche.
L’environment meccanico viene studiato sia da un punto di visto statico che
dinamico; per quanto riguarda inoltre la caratterizzazione della dinamica di un
velivolo viene introdotta la seguente suddivisione tra:

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− Macrodinamica: il velivolo viene considerato rigido e mediante la scrittura


delle equazioni di equilibrio dinamico del velivolo relative ai moti d’insieme
dello stesso si riescono a calcolare le forze esterne;
− Microdinamica: il velivolo viene considerato deformabile; in questo caso la
valutazione dei carichi si complica notevolmente ed è necessario ricorrere ai
risultati della macrodinamica per valutare le deformazioni elastiche dei vari
componenti di un velivolo.
I carichi meccanici agenti sul velivolo possono essere classificati come di seguito
elencato:
− Carichi aerodinamici: sono quei carichi dovuti alle forze aerodinamiche
ovvero alla distribuzione delle pressioni esercitate dall’aria sulle superfici del
velivolo nelle varie condizioni di volo. I carichi aerodinamici si distinguono in:
o Carichi Aerodinamici principali che scaturiscono durante le normali
manovre di volo (decollo, atterraggio, virata, etc….);
o Carichi Aerodinamici complementari dovuti ad esempio alla presenza di
raffiche.
− Carichi al suolo: dovuti a tutte le operazioni di volo in cui il velivolo è in
contatto con il suolo;
− Carichi propulsivi: dovuti alle sollecitazioni impresse al velivolo dai motori;
− Carichi di massa: dovuti al peso del velivolo ed alle accelerazioni a cui esso è
sottoposto;
− Carichi speciali: Carichi che insorgono su velivoli adibiti a missioni speciali.
Un esempio specifico è rappresentato dai velivoli che devono operare sulle
portaerei; questi velivoli ed in particolare gli organi di atterraggio devono
essere in grado di resistere ai carichi di catapulta e dei cavi d’arresto.
Esiste tuttavia un modo sintetico per definire l’entità dei carichi meccanici ovvero
il fattore di carico (che verrà analizzato in seguito) ed il cui valore massimo
caratterizza una ben determinata classe e tipologia di velivoli.

9. L’Ambiente termico
Durante la sua vita operativa un velivolo viene sottoposto a carichi termici che di
fatto definiscono il cosiddetto ambiente termico.

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Questa problematica è particolarmente sentita dai velivoli ad alta velocità, infatti,


ad elevati valori del numero di Mach, il riscaldamento cinetico comincia ad
assumere proporzioni non più trascurabili. L’innalzamento della temperatura dei
componenti di un velivolo è fondamentalmente legato all’energia cinetica di
impatto ed all’attrito. L’ambiente termico nel quale si trova ad operare un velivolo
implica lo studio di due problematiche differenti; la prima legata allo studio della
trasmissione del calore nell’intera struttura del velivolo che ha come obiettivo
fondamentale la determinazione della distribuzione di temperatura nei materiali;
la seconda relativa all’analisi degli effetti, sul campo degli sforzi e delle
deformazioni, di una distribuzione di temperatura non uniforme. Quest’ultima
problematica viene affrontata da quella scienza che prende il nome di
termoelasticità.
Uno degli effetti più critici del riscaldamento cinetico è rappresentato dal
decadimento delle caratteristiche meccaniche delle leghe leggere (circa 100-130
°C). Per i velivoli che compiono voli supersonici di breve durata raramente ciò
costituisce un problema serio, in quanto l'innalzamento di temperatura del
rivestimento non ha il
tempo di propagarsi alla struttura interna. Nei voli di lunga durata, invece, si cerca
di distribuire su tutta la cellula il calore che viene generato, evitando picchi di
temperatura che possono risultare pericolosi. Tra i primi esempi di questo tipo di
progettazione si considera il Convair B-58 Hustler. Alcune aree del suo
rivestimento giungevano a temperature di circa 1200 °C; per risolvere questo
problema vennero usati estesamente pannelli con nido d'ape in acciaio inox, in
grado di mantenere le caratteristiche meccaniche fino a 260 °C, con costi
dell’ordine di 1200$ ogni 30 cmq. Anche il Concorde dovette affrontare questi
problemi, ma la soluzione adottato fu più convenzionale e basata sull’impiego di
leghe di alluminio resistenti a temperature superiori a 130 °C. I correnti di
fusoliera furono per la maggior parte estrusi e saldati al rivestimento. Solo nelle
gondole motori e nel rivestimento delle superfici di controllo si adottarono
pannelli in nido d’ape in acciaio inox. Sull' XB-70 Valkirye, progettato per volare
a Mach 3 con temperature di circa 280 °C, si ricorse, invece, a grandi pannelli
presagomati provenienti da estrusioni in acciaio inox, con rinforzi in nido d'ape
in acciaio inox. La maggior parte delle giunzioni fu effettuata tramite saldatura
(oltre 10 km di saldature, la più lunga delle quali era di 24 m). I costi elevatissimi e

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un tragico incidente durante i collaudi decretarono la fine del progetto. Era


l'epoca dei grandi aeroplani supersonici civili (Boeing SST ed altri) che non
ebbero, però, nessuna fortuna. Solo in campo militare i progetti proseguirono
con il Lockheed YF-12A, poi SR-71 (Fig. 1.25 alla pagina seguente), la cui
struttura è quasi tutta in titanio, in modo da ridurre il ricorso ai costosissimi
pannelli in nido d'ape in acciaio inox. Notevole in questo velivolo la struttura
dimensionata alle temperature di Mach 3+ (con i serbatoi integrali che perdono a
freddo) e i motori (a reazione ma che ad alte quote e velocità funzionano come
statoreattori) installati a metà ala e non in gondole sub-alari (come sul Concorde).
Una struttura decisamente inedita è quella del North American X-15, composta
da scheletro in acciaio inox e titanio e rivestimento in Inconel X (Ni+Cr) atto a
resistere a temperature da -185 °C a +650 °C.

Fig. 4: Convair B-58 Hustler.

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Fig. 5: XB-70 Valkirye, SR 71 blackbird.

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Fig. 6: XB North American X-15.

10.L’ambiente spaziale
L’ambiente spaziale è una combinazione complessa di molti elementi
indipendenti tra loro, tra cui l’ossigeno atomico, la radiazione particellare
(elettroni e protoni), il vuoto termico, i micrometeoriti, i detriti spaziali e alcune
particelle contaminanti sono i più dannosi. La loro presenza varia con la
posizione spaziale (quota, longitudine e latitudine) e temporale nell’orbita, con le
stagioni e con il livello di attività solare. Esso può causare danni di tipo ottico,
termico e meccanico alle superfici esposte, incidendo in maniera molto seria
soprattutto sulle prestazioni dei sistemi, inclusi il sistema di controllo termico, i
pannelli solari, le antenne e gli strumenti ottici. La richiesta, poi, di un aumento
delle dimensioni, della complessità e della vita operativa della struttura continua
ad aggiungere difficoltà al funzionamento ottimale del complicato sistema di
controllo termico. E' evidente, quindi, come le superfici esterne risultino essere
un parametro critico per la riuscita di missione. Le proprietà termo-ottiche
devono essere mantenute entro i limiti di progetto. La continua ricerca per il
monotoraggio di queste proprietà è particolarmente importante per la nuova
Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dove la manutenzione e le riparazioni

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costituiscono il maggior impegno di spesa per garantire, più a lungo possibile, la


vita operativa della struttura.
Una delle più pressanti problematiche progettuali odierne in ambito spaziale
riguarda la stabilità dei materiali, intesa come compatibilità all'ambiente operativo
che continua a rappresentare un limite tecnologico vincolante per il
raggiungimento della missione. Le proprietà ottiche (assorbimento solare ed
emissività termica) possono mutare a causa dell'effetto "sbiancamento" dovuto
all'OA o all'effetto "bruciatura" causato dalle radiazione UV. L'OA si forma dalla
dissociazione molecolare dell'O2 causata dalla radiazione solare ultravioletta (UV)
che dissocia, appunto, le molecole dell'ossigeno in atomi di ossigeno liberi nella
ionosfera. Questi atomi di ossigeno sono altamente "corrosivi" a contatto con la
maggior parte dei materiali utilizzati per le costruzioni spaziali. In più, la velocità
orbitale della struttura spaziale, di circa 8 Km/s, ha l'effetto di esporre la stessa
struttura ad un flusso di OA che possiede un'energia di circa 5 eV. La capacità di
questi atomi di reagire con i materiali utilizzati aumenta notevolmente tramite
l'effetto sinergico della radiazione solare UV, la quale eccita i legami molecolari,
rendendo la reazione con l'OA, nota in questo caso come interazione OA+UV,
più facile da innescare. I film polimerici possono essere erosi a livello superficiale
o degradati a causa dei continui cicli termici, generando nuove superfici non più
protette e quindi più facilmente attaccabili dall'OA o dall'azione combinata
OA+UV.
Anche la conduttività elettrica di un materiale può essere influenzata dall'OA, con
conseguente variazione del potenziale della struttura. La stessa resistenza delle
strutture composite può degradare a causa dell'interazione che la stessa ha con
l'OA.
La protezione assoluta dall'erosione dell'OA non è tecnicamente possibile e solo
una protezione ottimizzata per una particolare missione può essere raggiunta,
compreso un opportuno margine di funzionamento che tenga conto di eventuali
variazioni dell'ambiente orbitale. Per questo si dovranno stabilire quali siano i
livelli delle prestazioni "degradate" accettabili per il minimo funzionamento della
struttura stessa.
L’ambiente spaziale, viste le sue caratteristiche notevolmente diverse da quelle
dell’ambiente atmosferico, risulta ostile non solo nei confronti dei materiali e
delle strutture di un veicolo spaziale ma anche e soprattutto nei confronti

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dell’uomo. Una delle maggiori caratteristiche che si ripercuotono negativamente


sull’uomo è l’imponderabilità ovvero la mancanza di peso. La mancanza della
forza gravitazionale e della pressione atmosferica si ripercuotono negativamente
sia sulla fisiologia che sulla psiche di un uomo. Conseguenze immediate sono la
perdita del senso di orientamento e riduzione degli sforzi muscolari per compiere
lavori meccanici ( possibile atrofia dei muscoli). L’imponderabilità determina
inoltre una limitazione della termoregolazione che può aver luogo grazie ai moti
convettivi dovuti alla forza di gravità. In seguito a lunghe permanenze nello
spazio si possono determinare inoltre fenomeni di decalcificazione ossea.
Un’ulteriore problematica dell’ambiente spaziale è la mancanza d’aria (vuoto). La
possibilità di vita all’interno dei veicoli spaziali e quindi legata alla riproduzione di
un’atmosfera con condizioni di pressione e contenuto di ossigeno simili a quelle
terrestri. Per poter raggiungere lo spazio extra-atmosferico un veicolo spaziale
deve inoltre essere sottoposto ad accelerazioni i cui valori potrebbero non essere
sopportati da un comune individuo. Ecco quindi il motivo per cui un astronauta
viene sottoposto ad allenamenti atti ad incrementare la sua resistenza alle
accelerazioni.

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