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VALUTAZIONE ENERGETICA ED AMBIENTALE DEGLI EDIFICI.

Prof. Lorenzo Leoncini


Appelli: giugno, luglio, settembre, gennaio, febbraio.
Modalità d’esame: scritto. 3 domande aperte.

4 marzo 2021

TERMOFISICA DELL’INVOLUCRO EDILIZIO:


Il CALORE è una forma di energia che si trasmette tra due corpi a temperature diverse. Su questo si basa la
termodinamica. L’unità di misura del calore è il JOULE per il sistema internazionale. Un processo mediante il
quale non vi sono scambi di calore viene detto adiabatico (per l’edilizia è importante il concetto perché
realizzare pareti adiabatiche risolve molti problemi). Ci sono varie tipologie di calore. Il calore LATENTE ed il
calore SENSIBILE ad esempio. Il calore latente presenta un cambiamento di fase di materia durante il suo
processo, mentre il calore sensibile non presenta un cambiamento di fase di materia.

Tra i meccanismi di trasmissione del calore vi è:

1- Conduzione
2- Convenzione
3- Irraggiamento

Vediamo la trasmissione mediante conduzione.

Indichiamo con Q la potenza scambiata per conduzione (in watt), con l (lambda, la conducibilità termica in
watt/mk) con A l’area di scambio, con DT e DX (delta T e delta X le differenze di temperatura e di spessore
del mezzo, in metri). Quindi:

Q=l*A*(DT/DX)

Per conducibilità termica intendo una potenza termica che si trasmette attraverso uno spessore predefinito
del materiale per unità di superficie.

Per calore specifico intendo la capacità di accumulo termico. La conduzione termica può avvenire in:

1- Regime stazionario. Dove Qin=Qout


2- Regime transitorio. Dove Qin è diverso da Qout. Se Qin è minore di Qout allora vi è assorbimento,
se è maggiore vi sarà cedimento di energia termica della parete.

Come si indica la Potenza termica? Q=(Ti-Te)/R

Dove R= resistenza termica globale

Ti-Te è la differenza di temperatura tra i due ambienti.

La conduzione riguarda solidi opachi/semitrasparenti e fluidi in quiete.

Ora vediamo la trasmissione mediante convenzione.

Si differenzia in convenzione naturale e forzata (ossia che occorre l’ausilio di Pompe o ventilatori). Mentre
la conduzione riguarda i solidi opachi/semitrasparenti e fluidi in quiete, la convenzione riguarda i fluidi in
moto..
Ora vediamo la trasmissione per irraggiamento.

Qui è necessario introdurre il concetto di emissività e la si indica con epsilon (che io scriverò £). L’emissività
di una superficie è la frazione di energia radiante che la superficie è in grado di emettere.

Ora se indico con Qe la potenza emessa per irraggiamento (in watt), con £ l’emissività, con ò una costante,
con A la superficie e con Ts la temperatura della superficie io ho:

Qe=£*ò*A*(Ts)^4

Riguarda solidi semitrasparenti, fluidi e vuoto.

8 marzo 2021

Ora facciamo una precisazione: radiazione termica=radiazione infrarossa.

A temperatura ambiente (da 0° a 20°) tutti i corpi emettono energia sotto forma di onde elettromagnetiche.
Questa si chiama RADIAZIONE TERMICA. Mentre si definisce RADIAZIONE INFRAROSSA la radiazione emessa
con lunghezze d’onda comprese tra 1mm e 70mm. Questa radiazione può essere visualizzata mediante una
scala cromatica, in falsi colori, tramite le termocamere.

L’EFFETTO SERRA:
Quindi possiamo parlare di un particolare fenomeno: L’EFFETTO SERRA. Avviene quando la radiazione
solare attraversa un vetro, la radiazione termica resta così intrappolata dentro un ambiente e ne fa
aumentare la temperatura. Anche il pannello solare produce un piccolo effetto serra, infatti le serpentine
presenti nel pannello si riscaldano per questo motivo, perché la radiazione termica una volta che attraversa
il vetro non è più in grado di uscire, questo avviene perché il vetro è opaco ai raggi infrarossi. L’effetto serra
avviene nelle case, nei giardini, a livello di componenti impiantistici tipo pannello solare, a livello
ambientale come il surriscaldamento globale. La serra era nata in precedenza allo scopo di creare un
microclima ideale per le piante, successivamente è subentrata la bioarchitettura. Utilizzare questo
fenomeno va bene, ma con un criterio, dipende dalla zona geografica/climatica in cui sto costruendo.
Anche il surriscaldamento globale ha un principio di funzionamento simile all’effetto serra, una volta che il
sole arriva sulla terra essa si riscalda ed emana infrarosso, il raggio infrarosso non attraversa l’atmosfera
così il calore resta intrappolato al di sotto di essa e si innesca l’effetto serra.

Parlando del SOLE, il sole è molto importante perché è il punto di partenza dell’energia, sia essa fossile o
rinnovabile, ma è anche il punto di partenza per la caratterizzazione di un microclima. Umidità e
temperatura sono spesso correlate al sole e alla sua disponibilità. Il sole si trova a temperatura prossima
6000 kelvin, una buona dose viene intercettata e schermata dall’atmosfera, così che gli oggetti biologici non
ne abbiano un danno e al tempo stesso che non si abbia un eccessivo riscaldamento della superficie
terrestre. Possiamo chiamare quindi RADIAZIONE SOLARE GLOBALE quella radiazione che
complessivamente arriva sulla terra, quella incidente al suolo e si può scomporre in diretta e diffusa, circa
800 watt a metro quadro arrivano al suolo in una limpida giornata di sole. Questi watt raggiungono delle
superfici (tetti, alberi…) queste assorbono, chi più chi meno, e sono in grado di assorbire e riflettere. La
neve ha un elevato potere riflettente, lo stesso il mare, l’acqua, motivo per cui in queste situazioni abbiamo
gli occhiali da sole e mettiamo la crema protettiva.

 Componente diffusa è la parte di radiazione solare assorbita e re-irradiata dall’atmosfera.


 Componente riflessa è quella riflessa dalle superfici circostanti. Non sempre teniamo conto della
radiazione riflessa.
La radiazione solare può essere così diretta, diffusa o riflessa. Così si può fare una differenziazione tra
radiazione (diretta e diffusa), tra punti cardinali, tra fasce orarie... etc. La radiazione diffusa è in generale
meno energetica della diretta, la quale è più intensa in rapporto 1:5. Ma nei giorni nuvolosi non c’è
radiazione diretta, ma solo diffusa. Nelle stagioni anche il comportamento del sole varia, in estate sorge a
N-E e tramonta a N-O, in inverno invece sorge a S-E e tramonta a S-O. Per cui non è del tutto vero che sorge
ad est e tramonta ad ovest, questa è un’approssimazione, succede solo negli equinozi di marzo e
settembre. Ora possiamo confermare che un parametro che fa la differenza in tutto e per tutto è la zona
climatica, il territorio nazionale è diviso in 6 zone in funzione dei gradi giorno che si indicano con GG. (se
l’esterno è a 10° e l’interno a 20° allora GG=10. Se l’esterno è a 5° e interno a 15° GG=15). I GG sono definiti
a livello comunale per cui le zone vanno per comune in comune. Le zone sono A, B, C, D, E, F (dalla più alla
meno calda) nella zona F vi sono le alpi, nella A solo alcune zone della Sicilia, Firenze è in zona climatica D.
Dalla zona climatica si derivano parametri importanti per la convenzione di impianti termici. Ricorda che
risparmio energetico ed efficienza energetica sono due cose diverse. L’efficienza è un rapporto tra effetto
utile ed energia impiegata per ottenerlo, e qui si apre un mondo, per uno stesso obbiettivo ci sono
efficienze diverse. C’è un modo per fare efficienza ed un modo per fare risparmio, però l’efficienza in prima
battuta garantisce l’effetto utile ed in seconda battuta il risparmio energetico. Il risparmio invece non
garantisce l’efficienza. ESEMPIO: vi sono tecnologie avanzate come la lampada a
sensore crepuscolare, che accende il lampione in giardino solo quando scende la notte, oppure il sensore a
presenza, che si accende solo quando qualcuno si muove.

Ora si discute il comportamento radioattivo di un materiale trasparente. La radiazione incidente su di un


materiale trasparente viene scomposta in tre differenti frazioni: riflessa, assorbita e trasmessa. La somma
tra riflessione, assorbimento e trasmissione deve essere uguale a 1. La trasmissione è 0 per materiali
opachi. Questo significa non che un materiale opaco non risenta degli effetti radioattivi, ma che essendo
opaco la sua temperatura aumenta se la radiazione lo tocca, ma non si innesca l’effetto serra. Nei climi
freddi il vetro non ha una buona capacità termica, o per averla deve essere molto stratificato, per cui si
perde in termini id trasparenza. Nei climi caldi invece se uso il vetro rischio di creare un “forno”. Questo dal
punto di vista termico, dal punto di vista illuminotecnico va studiata situazione per situazione, per
risparmiare ed evitare abbagliamenti. (La parte vetrata ammette l’effetto serra, la parte opaca no.).

Si è parlato quindi di DATI CLIMATICI, che sono indispensabili, il nostro edificio si interfaccia con il clima. Se
rilevo il meteo, con una statistica attendibile quindi su molti anni (50) posso utilizzare la “scala del tempo”
per ricavare dati ingegneristici al fine della progettazione. Meno di 10 anni di statistica non ha
rappresentatività. Quasi mai però si hanno dei dati del posto, a meno di stazioni aeree nella zona che hanno
registrato omogeneamente i dati, ma questo è molto improbabile. Il dato climatico ad un livello di dettaglio
approfondito non è così semplice da reperire. Se non si hanno dati idonei si fanno delle approssimazioni,
con software che usano algoritmi statistici. Il metodo di calcolo indica ogni quanto tempo nello svolgere
un’analisi si imposta un’equazione di bilancio termico, che può essere impostata ora per ora, mese per
mese, anno per anno. Così il regime di calcolo può essere stazionario o dinamico, il regime di calcolo tiene
conto o meno degli effetti capacitivi del sistema. Un calcolo dinamico si può fare solo se si hanno dati orari,
quindi precisi. Un calcolo stazionario invece consente di usare dati grossolani come GG o medie mensili.

PRECISAZIONE: potenza e energia sono duce cose diverse. La potenza si misura in Watt mentre l’energia si
misura in Wattora. Un problema fondamentale se si parla di energia, involucro ed edilizia è il ponte
termico, causato da una discontinuità che vedremo in seguito. La potenza è per unità di tempo, l’energia su
un arco temporale. Un edificio può essere analizzato termicamente con una valutazione in potenza o in
energia, o con entrambe. Dati medi mensili/orari servono per fare valutazioni che poi si riflettono su APE,
nella classe energetica, e servono a dare una stima del fabbisogno in un arco di tempo che può essere un
anno o una stagione, viceversa i dati di progetto servono a dimensionare dei sistemi di riscaldamento o
raffrescamento, quindi ci sono queste due tipologie diverse di dati, che servono per fare due analisi diverse
e che il più delle volte si fanno entrambe, una serve per il dimensionamento e l’altra per il calcolo del
fabbisogni.

La norma UNI 10349 individua alcuni parametri climatici:

 Temperatura aria esterna


 Umidità relativa
 Irradiazione solare
 Velocità del vento

Quindi passando da valori stagionali a valori mensili a valori orari si ha una maggiore accuratezza per il
calcolo ma è meno agevole trovare dati idonei.

VENTILAZIONE:
esigenza primaria  che una persona respiri

esigenza secondaria  risparmio energetico e mantenimento di calore.

È un’arma a doppio taglio la ventilazione manuale (tramite finestrature), quella meccanica potrebbe
risolvere svariati problemi e coprire le dimenticanze dell’utenza. Non c’è una vera e propria risposta al
dilemma della ventilazione, perché la ventilazione meccanica richiede energia, se non è correttamente
mantenuta può creare più danni della ventilazione naturale. Quindi entrambe hanno pro e contro. Ma sulla
ventilazione parleremo in seguito.

Ora vediamo la prestazione dell’involucro in REGIME INVERNALE. Per il riscaldamento è obbligatorio


calcolare e redigere un APE, per il raffrescamento no. Questo perché si ritiene imprescindibile il lato caldo
di un regime invernale. Nell’arco di una giornata invernale la temperatura ambientale è sempre inferiore
alla temperatura di regolazione al termostato (20°). Il flusso termico è quindi sempre nella stessa direzione
INTERNO-ESTERNO, a livello di parete il flusso termico non si inverte mai, è monodirezionale. La potenza di
scambio aumenta o diminuisce a seconda della differenza delle due temperature. Il calcolo del fabbisogno
energetico per riscaldamento può essere approssimato tramite metodologie che operano in regime
stazionario, ricorrendo a passi di calcolo mensili. Il comportamento termico dell’involucro edilizio durante
la stagione invernale dipende esclusivamente dal suo isolamento, un elevato isolamento corrisponde ad
una capacità dell’involucro edilizio di minimizzare il trasferimento di calore dall’ambiente interno verso
l’esterno. In edilizia vi sono delle branche, come la bioedilizia, che studiano spessori per determinate
trasmittanze obbiettivo da raggiungere.
*Le norme che trattano questi aspetti sono:

UNI EN ISO 13789 (scambio termico tra interno ed esterno), UNI EN ISO 6946, UNI 10351 (componenti opachi), UNI 10355
(componenti opachi come murature e solai), UNI EN ISO 10077-1 (per finestre), UNI EN 13947 (per facciate continue), UNI EN ISO
13370 (scambio termico con il terreno), UNI EN ISO 14683 (ponti termici), UNI EN ISO 13790 (extra flusso termico per radiazione
infrarossa verso la volta celeste).

11 marzo 2021

La trasmittanza (watt/ metro quadro kelvin) serve a valutare e progettare il comportamento di un edificio
dal punto di vista di trasmissioni termiche, da essa si ottiene una media su tutti i componenti (singole
pareti, singoli solai, etc…), possiamo così ottenere un valore di sintesi chiamato COEFFICIENTE GLOBALE DI
SCAMBIO TERMICO che altro non è che la media pesata delle trasmittanze delle singole superfici di scambio
termico e il peso è la superficie stessa. È evidente che ai fini della trasmittanza termica globale, le pareti
meno isolate e più estese incideranno di più. Ora parleremo anche dell’aspetto igrometrico che si
accompagna sempre all’aspetto termico, in alcuni case è preponderante, in altri è trascurabile (la muffa, la
condensa, e di prevalenza igrometrica, l’acqua costituisce un habitat ottimale per il proliferare di forme
biologiche). La muffa si viene a creare per scarsa ventilazione o ambienti che producono molto vapore
(bagni, cucine, doccia, lavastoviglie…) oppure perché alcune pareti sono state realizzate male e quando il
vapore attraversa la parete si creano problemi. Anche nei fronti esterni, soprattutto a nord, nord-ovest,
nord-est può crearsi la muffa, per mancanza di radiazione diretta del sole ad esempio.

PARAMETRI TERMOIGROMETRICI: la chiave di lettura della termo-igrometria è il diagramma psicometrico,


che trasforma l’aria umida sulle curve corrette che compongono il grafico, è usato in prevalenza sulla
dotazione impiantistica, in particolare del trattamento d’aria. L’umidità è una circostanza, non una
problematica, il suo trattamento diventa problematico. L’umidità di divide in ASSOLUTA e RELATIVA. Il
comfort richiede umidità, però è un problema perché è difficile da gestire. Cosa produce umidità? Le
persone, la cucina, la lavanderia, la doccia, ogni volta che uso acqua calda che evapora. Questa umidità
dovrebbe essere subito smaltita con la ventilazione, poiché l’aria esterna è meno umida, ma questo ha dei
risvolti sull’aspetto energetico ed operativo. Se in un edificio privo di ventilazione meccanica non abita
nessuno, la situazione va in deriva e si aggrava, la sensibilità dell’utente è fondamentale se non c’è
ventilazione meccanica. Situazione insalubre=muffa sulle pareti, non è salutare per una persona. Tornando
a noi:

-UMIDITA’ ASSOLUTA: è definita come il rapporto tra la massa di vapore acqueo e la massa di aria secca che
la contiene, riferita ad un valore unitario. (=UA)

-UMIDITA’ RELATIVA: è definita come il rapporto tra la quantità di vapore acqueo contenuta nell’unità di
massa di aria secca e la massima quantità che vi potrebbe essere contenuta alla stessa temperatura.
L’umidità relativa varia tra 0° (aria secca) e 1° (aria satura). Quando si raggiungono le condizioni di
saturazione il vapore condensa. (=UR)

Quando noi ‘stiamo bene’ l’aria è umida la metà di quanto potrebbe essere alla stessa temperatura, al 50%
di umidità il corpo umano ha ancora margine per rilasciare umidità. Una parete con un gradiente di
temperatura sulle due facce ha uno scambio di calore al suo interno parametri termo-igrometrici.

-TEMPERATURA DI RUGIADA: la temperatura (superiore a 0°) alla quale una miscela aria-vapore mantenuta
a pressione costante diviene satura di vapore acqueo che quindi condensa passando dallo stato aeriforme a
quello liquido. (=T)

-TEMPERATURA DI BRINA: è la temperatura (inferiore a 0°) alla quale una miscela di aria-vapore mantenuta
a pressione costante diviene satura di vapore acqueo che quindi solidifica passando dallo stato aeriforme a
quello solido. (=T)

Temperatura e umidità relativa possono essere messe in correlazione da software di calcolo o formule
analitiche. A pressione costante, al diminuire della temperatura dell’aria diminuisce la solubilità del vapore
acqueo e viceversa. Quando una miscela d’aria e vapore acqueo viene a contatto con una superficie la cui
temperatura è inferiore a quella di rugiada/brina il vapore acqueo condensa/congela. La formazione di
condensa su un elemento edilizio favorisce lo sviluppo di muffe e ne degrada la superficie, specialmente se
il materiale è poroso. Ad esempio il legno potrebbe risentirne maggiormente rispetto ad un metallo, perché
l’umidità dal vetro o dal metallo si toglie con un panno, ma se l’umidità impregna il legno allora è difficile
farlo asciugare, il legno rigonfia e l’infisso si deforma e, se l’infisso si trova a nord (dove non vede mai il sole
per cui non si asciuga) si forma pure la muffa.

-PRESSIONE DI SATURAZIONE: la pressione alla quale, a temperatura costante, il vapore inizia a condensare.

-PRESSIONE PARZIALE: la pressione che esso avrebbe, a temperatura costante, se occupasse lo stesso
volume occupato dalla miscela aria-vapore.
In un elemento edilizio attraverso il quale vi è una migrazione di vapore acqueo si verifica condensa
interna quando la pressione parziale è > della pressione di saturazione. Se la parete è continua le due
temperature appena elencate variano in modo costante (mantenendo costante la loro somma). La
formazione di condensa interstiziale è motivo di deperimento per motivi biologici e chimici, perché il
vapore che condensa forma acqua distillata che è chimicamente aggressiva e porta in soluzione pietrame e
laterizio, il materiale si sgretola. La condensa interstiziale non si deve formare per avere un elemento
edilizio a dovere, oppure nel caso in cui si formi essa deve essere in grado di rievaporare completamente
nell’arco dell’anno. Si effettua quindi una VERIFICA TERMOIGROMETRICA, per valutare che questo appena
detto sia la realtà. La formazione di condensa avviene durante la stagione invernale e la rievaporazione
durante quella estiva.

-BARRIERA AL VAPORE: strato di materiale avente permeabilità molto bassa o nulla (tipo fogli di alluminio,
vetro…) tale da potersi considerare non attraversabile al vapore acqueo. La sua funzione è quella di ridurre
significativamente la pressione di vapore all’interno di un componente di involucro, in modo che esse sia
sempre inferiore alla pressione di saturazione e non si verifichi il fenomeno della condensa interstiziale.
Questa è l’ultima spiaggia, il rimedio oltre al quale nulla posso più fare. Un componente di involucro nel
quale è inserita la barriera al vapore non permette la traspirazione dell’elemento stesso, quindi nell’ambito
della progettazione bioclimatica non è consentito l’impiego di barriere al vapore. Una stanza del tutto
impermeabile non rispetta i criteri di comfort considerati idonei per un buon vivere.

Per il calcolo della condensa vi è una norma tecnica di riferimento che è la UNI EN ISO 13789. La norma
definisce un metodo di riferimento per determinare la temperatura superficiale interna minima dei
componenti edilizi tale da evitare crescita di muffe. Il diagramma di GLASER è un metodo che consente di
calcolare il bilancio di vapore annuale e la massima quantità di umidità accumulata dovuta alla
condensazione interstiziale. Si assume che l’umidità di condensazione sia asciugata, così si effettua la
verifica di glaser. Si considerano le condizioni medie mensili esterne per calcolare la quantità di acqua
condensata o evaporata in ciascuno dei dodici mesi dell’anno. La quantità di acqua condensata accumulata
alla fine di quei medi in cui è avvenuta condensazione viene confrontata con quella evaporata
complessivamente durante il resto dell’anno. Si assumono condizioni stazionarie e geometria
monodimensionale, non si considerano moti dell’aria attraverso o all’interno degli elementi edilizi.

Ora vediamo la prestazione dell’involucro in REGIME ESTIVO. Durante una giornata caratteristica della
stagione estiva (15 luglio) la temperatura ambiente esterna è in alcune ore maggiore ed in altre minore
della temperatura di regolazione al termostato (26°), quindi di giorno serve accendere l’impianto mentre di
notte si può spegnere e con la sola ventilazione raffrescare l’edificio. Quindi il flusso termico si inverte
rispetto all’involucro edilizio nell’arco delle 24h. Si inverte perché cambia direzione durante la giornata,
parliamo di pareti di dimensioni abituali, una muraglia di qualche metro in murame non permette questa
‘attraversata’ da parte del flusso termico. Un altro aspetto da considerare è che le condizioni al contorno
sono rapidamente variabili nel tempo, quindi ci troviamo in regime dinamico, il clima oscilla fortemente in
regime estivo, quindi concludo dicendo: IL COMPORTAMENTO TERMICO DELL’INVOLUCRO EDILIZIO
DURANTE LA STAGIONE ESTIVA DIPENDE FORTEMENTE DALLA SUA MASSA. AD UNA MASSA ELEVATA
CORRISPONDE UN’INERZIA TERMICA ELEVATA, CIOE’ UNA CAPACITA’ DELL’INVOLUCRO EDILIZIO A
SMORZARE E ATTENUARE I CARICHI TERMICI PERIODICI INDOTTI DALLE OSCILLAZIONI GIORNALIERE DI
TEMPERATURE AMBIENTE E RADIAZIONE SOLARE. Il vetro ad esempio ha inerzia termica molto bassa, ha
poca attenuazione e molto sfasamento. Attenuazione e sfasamento sono due aspetti diversi dello stesso
fenomeno. Lo sfasamento si fa in funzione del tempo (4/6 ore per pareti leggere e sulle 10 ore per pareti
pesanti). Viceversa l’attenuazione è “quanto è ampia l’oscillazione di temperatura”, all’esterno è
accentuata soprattutto in caso di irraggiamento diretto, ma l’onda termica attraverso la parete riduce la
propria ampiezza così internamente arriva un’ampiezza minore rispetto a quella esterna.
*Norme tecniche che trattano questi aspetti:
UNI EN ISO 13789 (scambio termico con l’ambiente esterno), UNI EN ISO 6946 (componenti opachi), UNI EN ISO 10077-1
(componenti trasparenti, finestre), UNI EN ISO 13947 (componenti trasparenti, facciate continue).

Anche il colore oltre ai materiali aiutano sul comportamento dell’edificio, a Santorini è tutto bianco, il
bianco riduce l’onda termica derivante dalla radiazione solare, il bianco ha elevata riflettanza, così il calore
non entra nell’edificio. Ovviamente un elemento caratteristico con valenza e utilità e il materiale, una casa
in pietra è molto difficile da riscaldare. In climi non umidi la gestione della climatizzazione estiva può essere
mitigata tramite l’umidificazione (tipo nel sud della spagna) tramite fontane etc. IN situazione di
insolazione, escludendo la zona climatica F, per pareti opache verticali occorre verificare:

 Ms (massa superficiale)> 230 kg/m^2


 YIE (trasmittanza termica periodica) < 0.10 W/m^2K

(Trasmittanza termica periodica YIE (W/m²K), è il parametro che valuta la capacità di una parete opaca di
sfasare ed attenuare il flusso termico che la attraversa nell’arco delle 24 ore, definita e determinata
secondo la norma UNI EN ISO 13786:2008 e successivi aggiornamenti.)

Per tutte le pareti opache orizzontali e inclinate:

 YIE < 0.18 W/m^2K

Nel calcolo dinamico (al contrario del calcolo della trasmittanza termica) la sequenza di strati che l’onda
termica incontra attraversando la parete determina la risposta termica che successivamente darà la parete.
A seconda che l’onda incontri prima gli stati inerziali e poi quelli leggeri.

È richiesto poi che:

 A sol, est /A sup utile < 0.030 o 0.040 a seconda dell’edificio, per non innescare l’effetto serra. A sol,
est è l’area delle superfici vetrate che quindi se non schermate avrebbe valore unitario in rapporto
alla superficie di pavimento, che tuttavia è ridotta per tenere conto del tipo di vetro, la geometria
del vetro, ombreggiamenti, tende, schermature… etc

15 marzo 2021

L’INVOLUCRO EDILIZIO:
È un elemento tecnologico-architettonico che costituisce la separazione tra ambiente interno ed esterno.
L’ambiente confinato e l’ambiente esterno sono due sistemi. Anche la termodinamica individua un sistema
(oggetto di analisi) e le relative condizioni al contorno. Anche qui, ambiente confinato è l’edificio,
l’ambiente esterno, vulnerabile ai cambiamenti climatici, è la condizione al contorno. Anche la vegetazione
influisce, sulla pressione del vento ad esempio. Ovviamente anche il materiale di costruzione influisce sul
comfort interno, umidità, ventilazione, etc. In africa non dovrò proteggermi dalle piogge, le quali sono rare,
a Londra si. Va fatta una valutazione a seconda della località. In Africa non avrò umidità che sale dal
terreno, ai tropici si.

I requisiti prestazionali dell’involucro edilizio:

 deve essere durevole (materiali che lo compongono)


 deve essere portante
 deve resistere all’azione ciclica di agenti atmosferici
 deve isolare termicamente
 deve isolare acusticamente (con materiali fonoisolanti e fonoassorbenti)
 deve resistere al fuoco (REI)
 … etc

Tali requisiti devono essere sinergicamente soddisfatti.

Quindi l’involucro può essere vetrato o opaco, da questa scelta discendono altre unità tecnologiche come
infisso o parete/copertura/pavimento (o mono strato o multistrato). Poi ancora dall’infisso discendono
vetro/telaio/schermo. Ricorda che più il vetro è spesso più guadagno da un lato e perdo dall’altro (calore vs
trasparenza). Nell’ambito degli elementi opachi è la stratigrafia che caratterizza le prestazioni di un
componente. Per gli elementi vetrati invece ciò che caratterizza è vetro/telaio/schermo.

PARETE MONO STRATO E MULTISTRATO:

La parete mono strato è composta da un solo costituente elementare, omogeneo o eterogeneo (legno o
muratura). La parete multistrato è composta da una successione stratigrafica di costituenti elementari ,
ciascuno dei quali assolve una o più funzioni (ormai si progetta solo con pareti multistrato).

Parlando di multistrato si parla di isolante ma dove è posto l’isolante? Per isolante ora intendo cappotto,
può essere esterno, intermedio o interno. E sempre meglio isolare che non isolare, sotto 0.8 (watt / m
quadro kelvin) è ben isolata, sopra 0.8 sicuramento non è ben isolata.

Però attenzione perché gli animali possono scavarci i nidi nel cappotto. Questo il mattone faccia-vista lo
risolve, però dal punto di vista energetico non è il massimo. Il cappotto intermedio lo si fa se non si può fare
nè fuori nè dentro è l’ultima spiaggia. Dal punto di vista termico è intuitivo capire come funziona un
isolamento, un ponte termico, meno intuitivo è il rapporto tar posizione dell’isolante e inerzia termica
complessiva dell’ambiente racchiuso. La zona climatizzata ha modesta inerzia termica, in quanto i
componenti dell’involucro si trovano a temperature prossime alla temperatura esterna. Se il cappotto è
all’esterno l’isolante deve scaldare pareti e aria, impiega più tempo rispetto ad un cappotto interno. Una
massa stabilizzante favorisce l’impianto, mantenendo in temperatura l’insieme, anche il pannello radiante a
pavimento è top per residenze. Ma se pensiamo ad una scuola, frequentata solo di mattina, se la massa
inerziale fosse alta occorrerebbe fare pre-accensione (tutti arrivano alle 8, si accende l’impianto alle 6). Un
edificio a bassa inerzia, con cappotto interno, l’impianto sarebbe molto più rapido.

Quindi isolamento esterno è utile per un’utenza continuativa, isolamento interno è utile per utenza
discontinua. Questo è per la lettura del rapporto isolante/impianto, il rapporto invece isolante/ponte
termico è sempre e comunque a favore dell’isolante esterno.

Cos’è il fattore di ripresa? Sovrapotenza che consente all’impianto di essere più rapido e affrontare meglio il
recupero di temperatura dopo un periodo di attenuazione, quindi consente ad esempio di portare la
temperatura ai 20 gradi di giorno rispetto ai 16 gradi di notte attenuati.

Ora si parla di posizione relativa tra isolante e infisso. Questo posizionamento può essere allineato,
disallineato senza raccordo, disallineato con raccordo. Quest’ultimo è quello che funziona meglio, il
secondo è il peggiore, il primo è raro.

PONTI TERMICI:
È qualcosa in cui il calore passa in modo più facile. Ogni volta una tessitura di involucro continuo diviene
discontinuo avviene un ponte termico, discontinuità geometriche (spigolo, il flusso termico ha più
superficie per disperdersi). I ponti termici possono essere negativi o positivi, molto più frequenti e che ci
interessano, riguardano gli spigoli convessi. Poi ci sono discontinuità di materiale (pilastro in cemento
armato vicino a parete in laterizio), i materiali strutturali sono ad elevata conducibilità termica, conducono
calore in maniera più intensa. Possono poi sussistere entrambe queste discontinuità, un ponte termico
implica sempre un incremento dello scambio termico per trasmissione attraverso involucro edilizio e
talvolta una formazione di condensa superficiale interna, questo in caso si raggiungano temperature
inferiori alla temperatura di rugiada e di conseguenza in mancanza di ventilazione ci sono le condizioni
idonee per il proliferare di muffe. In corrispondenza di un ponte termico si verifica una distorsione del
campo termico. Fino a qualche anno fa i ponti termici erano stimati in percentuale, ora non è più ammesso,
troppo semplicistico. Il ponte va calcolato o tramite abaco (individuare una geometria schematica di
riferimento ad esempio un nodo pilastro parete, prendere un abaco da normativa, cercare tra i disegni
quale corrisponde al nostro e vedere poi la formula di calcolo) o tramite software THERM (metodo
analitico) che serve a fare il calcolo tramite il metodo degli elementi finiti (scomponendo un nodo e
vedendo poi come si distribuisce la temperatura al suo interno). Il ponte termico per eccellenza è la soletta
dei balconi.

Il ponte può essere attenuato o risolto, quando si elimina la discontinuità.

COMPONENTI EDILIZI VETRATI:


Protagonisti nell’effetto serra, elementi importanti nella valutazione energetica. Il vetro strutturale è
un’alternativa importante, il vetro sarà sempre più diffuso in ambito costruttivo. Ma pensiamo al vetro
come finestrature.

Gli infissi se in legno o metallo cambiano le situazioni, infisso in legno crea due criticità: elevata
trasmittanza termica del vetro (rischio di formazione di condensa) e permeabilità dell’aria nel serramento
(rischio di discomfort o dispendio energetico). Infisso in metallo o polimerico hanno anch’essi due criticità:
elevata trasmittanza termica del telaio (con rischio di condensa) ed ermeticità del serramento (areazione
degli ambienti insufficiente). La trasmittanza va bene ridurla ma non può andare sotto a certi limiti (0.2 non
si fa).

Infisso può essere singolo o doppio. Con singolo vetro, doppio vetro o triplo vetro (sia per infissi singoli che
doppi). Si hanno comportamenti poi selettivi, basso emissivi, attivi, a controllo solare. Questo perché il
vetro deriva da una fusione e si presta ad inglobare altre particelle senza perdere trasparenze, o
perdendone in maniera proporzionale. Cosa c’è nell’intercapedine? Aria, o Xenon o Kripton o Argon (gas).

VETRO BASSO EMISSIVO. Si ottiene tramite il posizionamento sul vetro di un coating di ossidi di metallo,
migliora la resistenza termica dell’infisso. Ha valori ridotti di £. Questo vetro viene montato sul lato interno
dell’infisso.

VETRO A CONTROLLO SOALRE. È un vetro su cui si pongono ossidi di metallo in modo da rendere il vetro
selettivo rispetto alla radiazione solare incidente, respingendo verso l’esterno una parte consistente con
l’obbiettivo di limitare l’apporto solare all’interno, idoneo per climi caldi.

VETRO ATTIVO. Sulla lastra di vetro viene posta una pellicola fotovoltaica semitrasparente che ne riduce i
fattori di guadagno termico e trasmissione luminosa.

In sintesi, l’involucro trasparente svolge un ruolo di diaframma visivo, termico e acustico, con l’ambiente
esterno, permette di regolare il comfort e le prestazioni interne dell’edificio in funzione alle condizioni
climatiche esterne. Dal punto di vista energetico è un elemento disperdente perché presenta una
trasmittanza termica superiore a quella delle pareti opache. Il serramento è un elemento critico che deve
essere progettato con attenzione per evitare che riduca il comfort microclimatico degli ambienti interni
durante entrambe le stagioni. Il serramento è un elemento disomogeneo che vedremo nel seguito, ha
proprietà termoisolanti localmente diverse. Lo vedremo nelle lezioni successive. Ora vediamo invece:

TELAIO: Può essere a taglio termico o senza taglio termico. Può essere in acciaio, pvc (economico e
semplice), ferro, alluminio, legno, bronzo, misti. Vi sono riferimenti normativi, UNI 11173 ad esempio, la
UNI EN ISO 10077-1 e 10077-2.
GUADAGNO/SCHERMATURA SOLARE:
Come si gestisce il rapporto solare? È un valore aggiunto per l’edificio, ma anche quello meno gestibile. La
radiazione incidente su un materiale trasparente viene scomposta in 3 differenti frazioni: riflessa, assorbita,
trasmessa. La loro somma deve essere 1. Ciò che conta ai fini della progettazione dell’involucro edilizio è la
trasmissione (indicata con tao). Valore che può ridursi con elementi ombreggianti. Il controllo della
radiazione solare è un fattore determinante per ottimizzare il bilancio energetico di un edificio. Durante
l’inverno, al nord, si deve ottimizzare gli apporti solari, più sole e meno impianti. Durante l’estate,
all’equatore conviene disporre di adeguati sistemi schermanti, per minimizzare gli apporti solari e ridurre il
fabbisogno di raffrescamento. L’effetto serra si innesca sempre e comunque, essendo il vetro trasparente
per la radiazione visibile e opaca per quella infrarossa esso produce effetto serra. Il comfort si ha a 23 gradi.
Poi si cerca di stare a 20 gradi in inverno e 25 in estate per risparmiare.

La serra solare è una tecnologia addossata all’edificio, può essere utile per ridurre dispersioni termiche se
funziona come spazio tampone ad esempio. Come sempre dipende dal clima della zona. Si conclude quindi
che la prestazione deve essere sempre valutata su base annuale, per verificare che i vantaggi in
riscaldamento siano maggiori degli svantaggi in regime di raffrescamento. Il ciclo naturale stagionale delle
piante a foglie caduche può essere impiegati come filtro solare che in estate intercetta la maggior parte
della radiazione diretta e in inverno ne consente il passaggio. La radiazione diretta viene schermata quando
il sole è alto sull’orizzonte (nelle ore centrali della giornata) in estate, viceversa quando il sole è basso (alba
o tramonto) in inverno. La riduzione di guadagno solare varia in funzione del tipo e del colore della tenda e
del posizionamento rispetto alla parete. Se la tenda è interna l’effetto serra si innseca, se la tenda è esterna
no. Qui si ha passaggio tra aspetti termici e aspetti illuminotecnici. La tenda bianca ha effetto di diffusione
della luce, elimina l’abbagliamento ma si mantiene la luce. Però permette l’effetto serra. Gli elementi
semipermeabili alla radiazione solare impediscono il passaggio della radiazione diretta e consentono il
passaggio della componente diffusa (vantaggio energetico e illuminotecnico).

Possiamo dividere le lamelle frangisole in: asse verticale (verso est/ovest perché operano nelle ore di alba e
tramonto) ed orizzontale (preferibilmente verso sud, perché operano quando il sole è alto sull’orizzonte), in
fisse o mobili (manuali o automatiche), in legno, alluminio, policarbonato, vetro (un po' inutile come
schermatura).

18-22-25 marzo 2021

SOFTWARE TERMUS-PT (non serve per l’esame)

Un edificio è un sistema tecnologico complesso che interagisce con le sue condizioni al contorno, che sono
ambiente esterno ed ambiente interno. Ambiente vano: caratterizzazione di tipo termo-igrometrico, ogni
stanza ha la sua classe di umidità, se siamo in ambienti in condizioni sfavorevoli, con ponti termici, posto a
nord o nord-ovest, allora occorre fare più attenzione nell’individuazione della classe di concentrazione di
vapore. Una cantina, in ambito residenziale, sarà sicuramente una tra le stanze con concentrazione di
umidità più alta.

Ad. sta per adduzione, indica il flusso termico e scambio termico convettivo. Ora nel software dobbiamo
creare la parete, dai materiali dipendono le verifiche (ad esempio la verifica della trasmittanza). Scegliamo il
materiale della parete, ad esempio parete in pietra, composta da più strati: intonaco, rocce naturali… così si
stila subito il diagramma delle temperature, emerge il calcolo di U che è la trasmittanza termica, della
massa superficiale (utile e totale), troviamo anche i parametri dinamici, i quali sarebbe infattibile calcolare a
mano, tipo lo sfasamento (ossia il fatto che il picco di calore esterno alle una del pomeriggio si trasmetta
all’interno n. ore dopo, perché quest’onda di calore che viaggia attraverso la parete subisce uno
sfasamento), o la trasmittanza media periodica ad esempio. Ricorda che comunque una parete in pietrame
non potrà mai essere isolata.

Gli impianti si possono dividere in impianti ad acqua (un po' più lenti), ed impianti ad aria (più veloci).

QUALITA’ DELL’AMBIENTE INTERNO:


La qualità dell’ambiente interno influisce notevolmente sulla salute, sulla produttività e sul comfort degli
occupanti. Introduciamo quindi criteri indicativi, per la progettazione di edifici dotati di sistemi di
riscaldamento e condizionamento dell’aria. Sono definite così diverse categorie di ambiente interno.

Si stabilisce quindi il PMV, ossia un indice che prevede il valore dei voti di un consistente gruppo di persone
sulla scala di sensazione termica a 7 punti, basato sul bilancio di energia termica sul corpo umano, che è
verificato quando la produzione interna di energia termica uguaglia la quantità di energia termica ceduta
all’ambiente. In un ambiente moderato, il sistema di termoregolazione del corpo umano provvede
automaticamente a modificare la temperatura della pelle e la secrezione di sudore per mantenere
l’equilibrio termico. ESEMPIO: +3 = molto caldo, +2= caldo, +1=abbastanza caldo, 0=né caldo né freddo, -1=
abbastanza freddo, -2= freddo, -3= molto freddo. Così sono definiti indici, approcci di classificazione, per
stabilire il grado di comfort di un ambiente, 2 in particolare: PMV (voto medio previsto) e PPD (percentuale
di persone insoddisfatte in un determinato ambiente) valuta il comfort delle persone in un ambiente in
percentuale, questi indici considerano l’influenza di 5 parametri:

 l’abbigliamento
 attività metabolica
 temperatura dell’aria e media radiante
 umidità relativa
 velocità dell’aria

Soffermandoci su quest’ultima, la velocità dell’aria in uno spazio influisce sullo scambio termico convettivo
tra una persona e l’ambiente. Quindi questo influenza il benessere termico globale del corpo ed il disagio
locale. Non esiste un valore minimo della velocità dell’aria necessario per il benessere termico. Inoltre
ricorda: quando la temperatura radiante è bassa la temperatura dell’aria è alta, un’elevata velocità dell’aria
è meno efficace ai fini dell’aumento della quantità di energia termica ceduta.

Tornando al PPD, quindi, è un indice che fornisce una previsione quantitativa della percentuale di persone
insoddisfatte, per un gruppo di persone sufficientemente grande PPD diverge. Il rapporto tra questi due
indici ha un coefficiente di proporzionalità, in un ambiente neutrale con PMV=0 comunque il 5% delle
persone sarà insoddisfatto. Più il PMV si distanzia da 0 più il PPD aumenterà, quindi la situazione di PMV=0
è la situazione ottimale.

QUINDI IL PMV E IL PPD ESPRIMONO IL DISAGIO DA CALDO E DA FREDDO PER IL CORPO NEL SUO
COMPLESSO. Quando però il disagio è causato da un indesiderato riscaldamento/raffreddamento solo su
una particolare zona del corpo allora si parla di disagio locale, perché appunto localizzato (ad esempio una
corrente d’aria). Cosa influisce ancora sui disagi termici locali? Il soffitto e la sua temperatura, la parete, il
pavimento, asimmetria radiante, il movimento dell’aria (e la differenza tra aria alle caviglie e aria alla testa),
la sua velocità (la velocità dell’aria in uno spazio influenza lo scambio termico.

Per il comfort l’UR ottimale è intorno al 50% e la temperatura ottimale è dai 20° ai 23°. L’organismo suda
per dissipare calore e se l’evaporazione della pelle è rapida (clima secco) allora il comfort è più facile da
raggiungere. Il comfort termo-igrometrico considera quindi temperatura è umidità, individua un range e va
a porre soluzioni ove questo range non è rispettato (se l’umidità e bassa si spruzza acqua e se è troppo alta
si tratta l’aria con un deumidificatore). Un impianto tecnologicamente completo gestisce quindi più
parametri.

L’abbigliamento ha dato origine ad un’unità di misura: CLO, come il metabolismo: MET. Due parametri che
indicano come l’organismo interagisce e si adatta all’ambiente in cui è immerso. Il corpo umano non risente
però solo della temperatura dell’aria, ma anche della temperatura degli oggetti intorno a noi, o delle
persone. Noi scambiamo energia termica per convenzione con l’aria e per irraggiamento con gli oggetti a
noi vicini. Quindi il comfort termico fa riferimento ad un valore che si chiama temperatura operativa, quel
valore di temperatura mediato tra lo scambio termico convettivo e irradiativo di una persona
rispettivamente con aria e oggetti/persone circostanti. Così gli ambienti vengono suddivisi in categorie,
1,2,3, in ordine dalla più lla meno confortevole. La percezione termica è un parametro molto complesso,
funzione di più fattori, che non sarà mai uguale da una persona ad un'altra.

Il PMV è dato da:

 Metabolismo energetico
 Potenza meccanica efficace.
 Isolamento termico dell’abbigliamento
 Coefficiente di area dell’abbigliamento
 Temperatura dell’aria (in gradi celsius)
 Temperatura media radiante (in gradi celsius)
 Velocità relativa dell’aria
 Pressione parziale del vapor d’acqua
 Coefficiente di scambio termico convettivo.
 Temperatura superficiale dell’abbigliamento.

Lo strumento Termus-G è monodimensionale, per i ponti termici quindi non è idoneo, ci sono altri software.
Tornando a Termus-G, si fa una caratterizzazione degli elementi finestrati e poi una caratterizzazione dei
solai. Negli infissi non si pone il problema della permeabilità al vapore, perché il vetro è impermeabile,
come il pvc o il metallo dell’infisso, e il legno se trattato lo diventa. Quindi il problema della condensa
interstiziale non si considera, ma si considera il problema della condensa superficiale. Gli infissi di oggi
ovviano questo problema, l’approccio che avremo sarà il rapporto tra trasmissione termica (attraverso
vetro e telaio) e apporto solare dovuto alla radiazione attraverso il vetro. L’infisso è necessario per ventilare
l’ambiente e per conferire illuminazione naturale, conferisce comfort, la sola luce artificiale non è ottimale
per le attività dell’uomo. La ventilazione meccanica è molto efficiente e comoda rispetto alla naturale,
viceversa l’illuminazione è meglio naturale, (studi scientifici dimostrano una correlazione tra depressione e
poca esposizione all’ambiente esterno, alla luce naturale e alla natura). Nella sezione illuminotecnica ci
dedicheremo a questa tematica. Ora noi sappiamo che il vetro innesca un effetto serra, il quale deve essere
controllato, perché può creare discomfort in ambienti privi ad esempio di impianto di ventilazione.

(poliuretano espanso=schiuma, ne riduce la trasmittanza all’interno degli infissi)

La qualità dell’aria interna dipende essenzialmente da 3 criteri:

1. Scarico di inquinanti in ambiente umidi (bagni, cucine…)


2. Ventilazione generale di tutte le stanze dell’abitazione.
3. Ventilazione generale di tutte le stanze dell’abitazione con criteri di aria di rinnovo nelle stanze
principali (camere e salotti).

29 marzo 2021
PROGETTAZIONE EDILIZIA ECOSOSTENIBILE, IMPIANTI E DOMOTICA:
Concetto di ciclo di vita in edilizia nostrana: per sempre. Viceversa in altri paesi (soprattutto nordici) è molto
più breve. La fase di vita utile è predominante rispetto alla sostituzione edilizia, questo per quanto riguarda
la parte costruita. Se invece ci focalizziamo su un impianto la vita utile si trasforma in pochi anni, ad
esempio una caldaia dura una decina di anni, come il pannello solare… etc

ECOCOMPATIBILITA’ = impatto ambientale. È un problema che esiste da sempre ma mai come oggi va
risolto. Tutto ha un impatto ambientale, anche una persona che dorme, pertanto più il tempo passa più la
situazione si aggrava. Ne consegue il buco dell’ozono. ECOCOMPATIBILITA’ = La qualità di un prodotto, di
una tecnologia, ecc., che non ha un impatto negativo sull'ambiente o sull'ecosistema circostante.

ECOSOSTENIBILITA’= Ecosostenibile, dunque, è tutto ciò che ci porta ad agire in modo che le generazioni
future si trovino di fronte a un mondo che abbia una quantità di risorse pari a quella attuale.
L'ecosostenibilità è l'attività umana che regola la propria pratica.

Ora se torniamo a parlare di ecologia ed ecocompatibilità dobbiamo considerare che vi sono


ECOMATERIALI, materiali provenienti da prodotti di scarto, materiali riciclati, prodotti in fibre, in vetro,
alluminio, rigorosamente ricilcati. Un esempio è l’hailstone, materiale utilizzato per i rivestimenti di
pavimenti costituito quasi al 100% da vetro riciclato proveniente da rifiuti ospedalieri (fiale, flaconi, ecc). un
altro esempio e l’alulife, materiale realizzato in alluminio riciclato che unisce le qualità tecniche
dell’alluminio a un alto valore estetico.

Una visione più estesa ha portato ad una stima quantitativa dell’energia di un edificio e dell’impatto
energetico che esso ha. Tutto ha un impatto ecosistemico, qualunque azione entropica. L’entropia
contribuisce alla morte dell’universo, tutto ciò che crea disordine e si muove contribuisce. Come si pone
rimedio?

 Impiegando e valorizzando le risorse locali


 Riciclando i materiali impiegati
 Recupero dei prodotti di scarto
 Riduzione, riuso e valorizzazione dei rifiuti, per trasformarli in risorse.
 Razionalizzando i consumi e recupero di acqua.
 Impiegando energia rinnovabile

ICEA è tra i più importanti organismi di certificazione ambientale di prodotti in ITALIA e in EUROPA, sorge
con l’obiettivo di favorire uno sviluppo equo e socialmente sostenibile, in differenti ambiti produttivi,
dall’agricoltura, alla biologia, alla bioedilizia. Altri certificati sono WTA, EMAS.

MATERIALI COSTRUTTIVI:
La produzione e la lavorazione di materiali di costruzione hanno un forte impatto ambientale, poiché
consumano acqua ed energia, generano elevate quantità di rifiuti, di detriti in fase di dismissione e
comportano frequentemente l’emissione di materiali metallici e sostanze tossiche e inquinanti. Devono
essere resistenti, durevoli e sicuri, ma dovrebbero anche limitare i rischi per l’ambiente e per i lavoratori. I
migliori materiali da usare sono quelli naturali quali la pietra, legno laterizio e terra, facilmente reperibili e
riciclabili, il contro è la durabilità, la prestazione termica. La situazione va vista sotto due punti di vista. Non
si può risolvere un problema con un’involuzione, utilizzando paglia e argilla, però si deve cercare
un’alternativa. Per ogni materiale da costruzione vi sono delle schede che vanno ad evidenziare vantaggi e
svantaggi sotto ogni punto di vista.
Ad esempio nel caso del calcestruzzo si dice che ha una buona inerzia termica, è duttile e flessibile, facile
da produrre e lavorare, è naturale ma poco prestante, motivo per cui si aggiungono additivi che ne
migliorano la prestazione ma ne peggiorano l’impatto ambientali, essendo altamente tossici. Ha basse
capacità termoisolanti e acustiche, si fessura e la lavorazione è fastidiosa perché comporta rischi di allergie
e irritazioni. Il cls è una pietra artificiale che è andato a sostituire una pietra naturale.

Anche il laterizio, avendo più forature all’interno del blocco, consente di ridurre i moti convettivi che si
instaurano all’interno delle cavità e quindi migliora la resistenza termica, anch’esso facile da lavorare
(Quanto più bassa sarà l’inerzia termica, tanto minori saranno i consumi energetici, senza contare il
migliore confort interno.), è un materiale con buona capacità termoisolante, buona inerzia termica, discreta
capacità fonoassorbente, facile da produrre e lavorare, senza esalazioni tossiche, senza rischi di salubrità
per i lavoratori in fase di produzione e di dismissione e per i fruitori in fase di utilizzo. Non ha alta resistenza
alla compressione e assorbe umidità per capillarità.

Questi ragionamenti possono essere fatti così anche per il legno, materiale riciclabile, biodegradabile,
riutilizzabile, privo di emissioni nocive, naturale, ma non durevole, se non verniciato periodicamente e
allora diventa tossico, poiché la vernice e sintetica, quindi richiede una certa e frequente manutenzione.
Materiale facilmente trasportabile e locale, è un ottimo isolamento acustico. Si differenzia in legno
massiccio e lamellare per usi edili.

Il pietrame è un materiale da costruzione ampiamente usato in edilizia storica, di origine naturale, un tufo
(pietra porosa) ha una conducibilità termica bassa, un granito o ardesia invece avranno conducibilità molto
elevata. Si trova ovunque la pietra, si trasporta, lasciata alle intemperie può pero sfaldarsi ma varia dal tipo
di pietra, in ogni caso la durabilità non è il massimo. Ha una buona inerzia termica, è un’ottima barriera
all’umidità, è omogeneo. In fase di lavorazione però rilascia molte polveri.

La terra cruda è l’inverso della terra cotta, un miscuglio ottenuto dal mescolamento di sabbia, argilla e
limo. È un materiale molto antico. Ha elevata capacità termica e traspirabilità, buon isolante acustico,
intaccabile da insetti o micosi, facile da produrre e lavorare. Ha però bassa impermeabilità, modesta
resistenza all’impatto, bassa resistenza a compressione. È durevole, duttile e adattabile.

Calcestruzzo cellulare, formato da cemento e cellule spugnose riempite d’aria, un materiale nuovo
nell’edilizia, ha buon potere isolante e elevata permeabilità al vapore, resiste agli acidi, facile da lavorare e
posare, economico, durevole. Però soggetto a fenomeno di ritiro, formazione di microfessurazioni, delicato
da mettere in opera, assorbe una grande quantità di acqua quindi in ambienti umidi va posta particolare
attenzione.

Laterizio porizzato, laterizio alleggerito, ha un elevato grado di isolamento termico, elevata permeabilità al
vapore e inerzia termica. Ottima capacità di traspirazione che garantisce l’eliminazione dell’umidità, spesso
presenta componenti nocivi al suo interno.

Guardiamo ora gli ISOLANTI, materiali isolanti sono materiali che devono rendere lo scambio termico
ottimale, il miglior compromesso per quella specifica località tra prestazione estiva e invernale, e il migliore
compromesso tra costo e spessore del materiale isolante. Le normative impongono dei valori soglia da
raggiungere. Un isolante deve ridurre le dispersioni in inverno, ma non deve soffocare in estate, inoltre
deve essere economico e prestazionale. Definizione: sono definiti isolanti i materiali che possiedono una
conduttività termica non superiore a 0.10 W/mK, tra 0.025 e 0.055 sono ottimali. Si tratta generalmente di
prodotti porosi, fibrosi o con struttura alveolare. Vengono generalmente classificati in base alla loro origine,
in 4 ambiti:

 Isolanti vegetali, derivano dal legno o da vegetali. Molto sostenibili ma costano molto.
 Isolanti di origine animale, sono fibre a costituzione proteica a base di cheratina.
 Isolante di origine minerale, derivano da rocce di varia origine (lana di roccia)
 Isolanti sintetici, sono prodotti dell’uomo come polistireni o poliuretani. Presentano ottime
caratteristiche, sono generalmente i più convenienti dal punto di vista economico, ma spesso poco
sostenibili.

I primi due costano di più e isolano di meno degli ultimi due.

ISOLANTI CONVENZIONALI

Tra i materiali isolanti citiamo il calcio silicato, che è leggero, poroso fonoassorbente, insensibile
all’umidità, agli agenti atmosferici, alla formazione di condense, non tossico e incombustibile. Però poca
resistenza, richiede additivi inorganici per aumentarla.

Il poliestere, isolante di origine sintetica, elevate proprietà coibenti ed alta permeabilità al vapore, leggero
e flessibile, resistente ad agenti chimici e fisici, inattaccabile da muffe e insetti, costo non eccessivo e rapido
da posare. È però combustibile.

Lana di roccia (silicato amorfo) è un isolante di origine minerale, molto versatile, deriva dall’origine della
fusione della roccia vulcanica a una temperatura di 1500°C e scoperta sulle isole Hawaii agli inizi del secolo
scorso. Ha un buon comportamento termico, e un ottimo isolante termico e acustico, è incombustibile,
drenante, inattaccabile da insetti. È però delicatissima alla posa e deve essere abbinata ad una barriera al
vapore.

La lana di vetro è molto simile alla lana di roccia, ma anziché dai silicati amorfi deriva da una miscela di
vetro e sabbia. È un isolante di origine minerale. Ha buon comportamento termico e acustico,
incombustibile e inattaccabile. Anche qui la posa è delicata.

Polistirene, isolante di origine sintetica, proveniente da un polimero (PS) è il più utilizzato e il più
economico, si suddivide in due grandi categorie, espanso (EPS) ed estruso (XPS), è leggero, ottimo
termosiolante, impermeabile e incombustibile. Però è altamente tossico e altamente infiammabile.

Poliuretano, è una schiuma dura a struttura alveolare, di solito gialla, è un isolante di origine sintetica, ha
ottime caratteristiche termoisolanti, resiste all’umidità e alla pressione. Non è però igroscopico, inoltre
produce gas tossici in caso di incendio. Come il polistirene è un prodotto petrolchimico, ha un elevato
impatto ambientale. È più costoso del polistirene e più rigido.

Pomice, anche questa una schiuma solida a struttura alveolare, deriva da una roccia magmatica. È di origine
minerale, elastica e facilmente lavorabile, buone capacità termiche e acustiche, incombustibile,
inattaccabile e resistente all’umidità. Buona resistenza meccanica e di compressione però non facilmente
reperibile in loco.

ISOLANTI ECOEFFICIENTI.

Argilla espansa, isolante di origine minerale, utilizzata a secco in intercapedine o come materiale di
alleggerimento per massetti. Molto traspirabile, con buone qualità fonoassorbenti, incombustibile,
inalterabile, inattaccabile, priva di emissioni tossiche, la materia prima è abbondante e reperibile in loco,
riciclabile come inerte per calcestruzzo, ha però un elevato dispendio di energia in fase di produzione.
Scarso isolamento termico.

Canna palustre, isolante di origine vegetale, presente in zone paludose e lungo i fiumi, molto traspirabile e
buon comportamento termico e acustico, è naturale, ecologica, rinnovabile, riciclabile e riutilizzabile, ridotti
consumi energetici in fase di produzione, trasporto e utilizzo. Attaccabile però da roditori e insetti.
Fibra di cotone, come la fibra di cocco, la fibra di juta e la fibra di kenaf sono materiali di origine vegetale
che non sono però reperibili in loco, basse resistenze al fuoco, capacità isolanti medio-buone, costano di
più di altri materiali isolanti sintetici.

Fibra di canapa, isolante di origine vegetale, ottime capacità termoisolanti e fonoisolanti, elevata
traspirabilità, buona elasticità e resistenza meccanica, priva di sostanze nocive e intaccabile da roditori o
insetti, ma sensibile all’umidità e bassa resistenza al fuoco, come tutti i materiali di origine vegetale.

Fibra di cellulosa, si ricava dal legno, riciclo di carta di giornale etc, è tipico per isolamenti da intercapedine
(almeno 5cm), è un ottimo isolante termico, elettrico e acustico, respirante e buon regolatore igrometrico,
compatta e elastica, flessibile e facile da lavorare, ma attaccabile dai roditori, insetti e muffe.

Fibra di legno, da filiera corta, ottimo sotto tanti punti di vista. Deriva dagli scarti di legno, principalmente
conifera. Quindi materiali di origine vegetale. Ottimo isolante termico e acustico, elevata inerzia termica e
ottima capacità termo-igrometrica. Leggera e porosa, non attaccabile da muffe e roditori. Bassa resistenza
al fuoco, ridotta impermeabilità all’acqua.

Fibra di legno mineralizzata, impasto di scarti di legno, cemento bianco e cemento portland, simile alla
precedente, inerzia termica molto più elevata però. Rispetto alla fibra di legno migliori sono le
caratteristiche di resistenza e impermeabilità, maggior durabilità nel tempo, resiste agli attacchi biologici e
chimici. È minore però l’isolamento termico rispetto alla fibra di legno.

Fibra di lino, materiale naturale che si ottiene dalla pianta di lino. Isolante di origine vegetale. Molto
traspirabile, ottimo isolante termico e acustico, inalterabile nel tempo, bassa resistenza al fuoco, ridotta
impermeabilità all’acqua, attaccabile da insetti, funghi e roditori.

Lana di pecora, isolante di origine animale, fibra tessile di origine animale per eccellenza, isola
acusticamente, traspirabile, deformabile, elastica, infiammabile. È un materiale però molto costoso, è
combustibile, attaccabile da parassiti e acari. Reazione al fuoco non buona. È sicuramente riciclabile e
reperibile in loco.

Fibra di mais, si ricava dalla granella di mais, isolante di origine vegetale, non contiene sostanze tossiche,
isola termicamente e acusticamente, ottimo isolante termico e acustico, sensibile all’umidità e attaccabile
dai roditori. Bassa resistenza al fuoco.

Paglia, prodotto agricolo di scarto, isolante di origine vegetale, ottimo isolante termico e acustico ed
elevata resistenza, buon comportamento al fuoco (una volta compressa). Teme l’umidità.

Sughero, materiale di origine naturale e vegetale, ha tempi di riproduzione molto lenti, bello
esteticamente, ha un costo elevato per il suo tempo di rigenerazione naturale impermeabile e traspirante,
elastico, leggero, resiste all’usura, al fuoco e all’attacco di roditori e insetti. Può essere attaccato dalle
muffe.

Il materiale isolante ideale è a bassa conducibilità, bassa permeabilità, bassa massa volumica, elevato
calore specifico, durabile, filiera corta, riciclabile a fine vita, basso impatto ambientale delle materie prime
di realizzazione e basso consumo energetico in fase di produzione. Non esiste con tutte queste
caratteristiche, non esiste un materiale isolante per eccellenza. Va fatta una scelta a seconda
dell’applicazione, del luogo di impiego, del budget economico, dell’impatto ambientale, e così via.

ISOLANTI INNOVATIVI. Tipo gli isolanti termici trasparenti, ITT, quelli termoriflettenti, a cambiamento di
fase e sottovuoto.
Anche le FINITURE hanno un ruolo fondamentale sul comfort di un ambiente, quello di proteggere e di
rendere uniformi le superfici sulle quali vengono applicate, conferendone un aspetto esteticamente
gradevole. Devono essere:

 Lavabili
 Resistenti all’urto
 Avere buona aderenza per evitare il distacco
 Esercitare un effetto equilibrante sul clima interno
 Permettere la diffusione del vapore acqueo
 Assorbire umidità nell’aria.

Le finiture possono essere convenzionali, ossia eseguite con malte composte da inerti. La maggiormente
conosciuta è la Malta, la quale assolve l’importante compito di collegamento degli elementi che
costituiscono le murature e le solidità dell’elemento verticale. La malta costituisce inoltre la base degli
intonaci di finitura. Cosi le malte vengono classificate in:

 Malte aeree
 Malte idrauliche
 Malte composte

Un’altra finitura è l’intonaco. Regola le superfici murarie e protegge la superficie dagli elementi atmosferici.
Può fungere sia da finitura esterna che interna, è molto traspirabile, riduce i fenomeni di condensa
interstiziale e superficiale ed è facile da lavorare, non isola acusticamente e termicamente.

Finiture ecoefficienti, ad esempio l’intonaco di terra cruda. Si usa come finitura interna, ha un’elevata
capacità termica e traspirabilità, è intaccabile da insetti e micosi, facile da produrre e lavorare. Ha una bassa
impermeabilità e modesta resistenza all’impatto. Ha una buona resistenza al fuoco.

Finiture innovative. Non si può non parlare degli intonaci termoisolanti fibrorinforzati che uniscono le
caratteristiche di resistenza meccanica a quelle di coibenza termica. Ad esempio l’intonaco termoisolante.
Un intonaco minerale con particolare distribuzione granulometrica degli inerti leggeri, funge per finitura
esterna ed interna, ha elevata capacità termica, traspirabilità e regolazione dell’umidità, resiste agli agenti
atmosferici e omogeneo nell’impasto, non degradabile, inalterabile, inattaccabile da insetti e micosi. Ha
però un costo molto elevato.

Ricollegandomi alle considerazioni fatte sui SERRAMENTI posso affermare che è un elemento che negli
ultimi anni ha subito un avanzamento tecnologico energetico importante, migliorato molto. Il mercato offre
diverse tipologie di serramenti dotati di elevate prestazioni termiche, acustiche, luminose, per assicurare
l’idonea illuminazione naturale degli ambienti e la prestazione termoacustica. Tra i più innovativi ci sono i
TIM (materiali isolanti trasparenti), i quali si dividono in materiali inorganici non geometrici e materiali
organici geometrici. Tra i più interessanti degli inorganici vi è l’areogel, sostanza simile a gel composta dal
99.8 % di aria e 0.2 % di silice, alluminio, cromo, stagno, carbonio. È la sostanza meno densa che fino ad ora
sia stata scoperta dall’uomo.

I vetri a controllo solare, sono lastre di vetro opportunamente trattate per ottenere una riflessione
selettiva di parte dell’irraggiamento solare. Questa tipologia è diffusa nei climi più caldi perché, oltre a
ridurre l’apporto di calore solare, permette miglior controllo dell’abbagliamento.

I materiali cromogenici, materiali in grado di cambiare le proprie caratteristiche ottiche in funzione della
variazione delle condizioni al contorno. Si distinguono in due grandi categorie: materiali a comportamento
passivo che si modificano da soli (fotocromici e termocromici) e materiali a comportamento attivo che
vengono regolati dall’esterno (cristalli liquidi, elettrocromici e gasocromici). Nella maggior parte dei casi
vengono prodotti come sottili film da inserire nella vetrocamera.
I nanofilm, sono film siliconici ultrasottilissimi che vengono depositati sulla superficie del vetro con tecniche
CVD in camere a vuoto. Una volta subito il trattamento il vetro presenta una migliore trasparenza e risulta
inoltre più semplice da pulire, così il vetro ora ha una maggiore resistenza alle intemperie e ha proprietà
autopulenti se posizionato all’esterno perché polvere e residui vengono portati via dalla pioggia stessa. Si
trovano impieghi in edilizia, nel settore di arredo, nel settore di automobili per parabrezza etc, nel settore
nautico.

Le pellicole olografiche, sottili film che vengono inseriti all’interno di vetrocamera, vetri stratificati o
pannelli di materiale plastico e hanno la capacità di deviare la radiazione solare incidente. Vengono
collocate spesso su vetrate ruotabili poiché a seconda della posizione del sole possono deviare
costantemente la radiazione solare impedendo che essa penetri all’interno deli ambienti. A oggi il loro
utilizzo è limitato per progetti sperimentali.

IL SISTEMA EDIFICIO-IMPIANTO:
I sistemi impiantistici devono essere opportunamente scelti e dimensionati sulla base del fabbisogno
specifico dell’utenza, oltre che delle caratteristiche del complesso edile. Per quanto riguarda gli impianti di
climatizzazione invernale ed estiva, l’impianto ha la funzione di compensare, durante l’anno, i flussi di
calore in ingresso o in uscita a cui è inevitabilmente soggetto un sistema aperto. Alcune soluzioni sono i
generatori termici, i collettori solari (ad aria, piano, parabolico fisso), le caldaie a biomassa, le caldaie ad
idrogeno, pompe di calore, macchine frigorifere, raffrescamento ad energia solare… Per quanto riguarda gli
impianti di trattamento dell’aria abbiamo sistemi di ventilazione meccanica controllata, impianti elettrici. Si
pensa al contenimento dei consumi ogni volta che si progetta un impianto, ma non solo. Il contenimento va
fatto su molteplici tecnologie, tra le quali anche l’energia energetica tradotta in gergo casalingo come
elettrodomestici e lampade efficienti. Cosa si intende per lampade efficienti? Lampade a fluorescenza,
conosciute anche come neon, molto efficienti e hanno lunga durata, ma risentono di accensioni e
spegnimenti frequenti. Lampade a LED, hanno rese energetiche nettamente superiori grazie al fatto che
l’energia elettrica viene trasformata direttamente in energia luminosa (elettroluminescenza), senza
ricorrere ad alcuna forma intermedia di energia. OLED (o LED organici), sistemi molto versatili, flessibili ed
esteticamente belli. Anche nel sistema produttivo si parla di efficienza energetica, fotovoltaico, impianti
termosolari, minieolico, ovviamente vanno integrati architettonicamente nell’edifico senza che esso ne
risenta dal punto di vista estetico, lavorando sul colore e forma della cella, sulla distanza tra le celle ed il
loro posizionamento, sulle misure, materiali. Ad esempio il fotovoltaico può essere in tegole, in celle, in
vetrate, in piastrelle, vernici.

Da questa digressione deriva la PROGETTAZIONE INTELLIGENTE, progettare in sintonia con l’ambiente,

 utilizzare fonti rinnovabili


 sfruttare brezze estive
 orientare l’edificio secondo criteri in accordo con il percorso solare per sfruttare gli apporti solari
gratuiti
 rapportare superfici vetrate a superfici opache
 analizzare l’area geografica in oggetto
 impiegare materiali bioecologici, riciclabili o provenienti da recuperi
 utilizzare sistemi solari passivi (ossia un sistema di sfruttamento dell’energia solare privo di
impianti tecnologici, ad esempio un corretto dimensionamento ed orientamento delle
aperture all’interno di un’abitazione, un’opportuna scelta dei materiali da costruzione,
utilizzo di serre solari. I sistemi solari passivi si suddividono a loro volta in diretti ed indiretti:
quelli a guadagno diretto permettono di sfruttare in maniera semplice la radiazione solare
diretta e diffusa, ad esempio le superfici vetrate e quelle opache quando sono massive.
Quelli a guadagno indiretto sono sistemi solari passivi più sofisticati, ad esempio il muro
termico, il muro di trombe e le serre solari. Hanno il vantaggio di controllare meglio le
condizioni ambientali interne, ma lo svantaggio di essere meno efficienti. Il muro termico è
una parete di accumulo di elevata massa termica, esposta preferibilmente a sud, protetta
da una superficie vetrata esterna che svolge la funzione di ridurre le dispersioni termiche e
di aumentare la captazione della radiazione solare incidente. Il calore viene trasmesso per
conduzione attraverso la parete e successivamente ceduto per convenzione e
irraggiamento all’interno degli ambienti. Il muro di trombe (tipo collettore solare) si
differenzia dal muro termico per la sua capacità di trasferire il calore non solo per
conduzione ma anche per convenzione in particolare per termocircolazione naturale grazie
alle aperture poste nella parte bassa e alta della parete stessa che permettono il passaggio
dell’aria nei locali. Il funzionamento è questo: la radiazione incidente sulla parete riscalda
l’aria intrappolata nell’intercapedine tra muro e vetro e grazie all’effetto serra il calore
viene in parte assorbito dal muro termico, in parte trasportato, mediante dei fori,
all’interno degli ambienti da riscaldare. L’aria fredda esce dai fori inferiori e a sua volta
viene riscaldata dalla radiazione, così si crea un ciclo. La serra solare, un sistema molto
diffuso, anche per la sua valenza architettonica, è una chiusura vetrara direttamente
riscaldata dal sole, immagazzina calore e trasferisce esso nei vari locali, la chiusura
superiore della serra può essere vetrata o opaca secondo le esigenze termiche. La serra
deve essere apribile e regolabile per controllare meglio la radiazione e la temperatura, la
serra va posta preferibilmente a sud, con una tolleranza di +- 30°, vanno evitati
orientamenti ad est o ovest a causa di possibili fenomeni di surriscaldamento difficilmente
controllabili, anche il nord va evitato per l’assenza di radiazione solare diretta, inoltre è
meglio estenderla verticalmente per più di un piano, deve essere garantita le ventilazione
naturale mediante aperture per evitare il surriscaldamento, possono essere previste
schermature collocate preferibilmente all’esterno per garantire la protezione dei raggi
solari delle superfici trasparenti orizzontali e verticali, possono essere di diversi tipi, tende,
veneziane, pannelli, vegetazione. I vetri consigliati sono vetrocamere o vetri termici per
assicurare un buon comportamento termico e per ridurre il pericolo di condensa
superficiale. La copertura può essere piana o inclinata, deve essere anch’essa schermata e
apribile. Pareti ventilate, esse consentono di soddisfare le esigenze di isolamento termico,
risparmio energetico, leggerezza e valenza architettonica, le lastre di rivestimento sono
montate a secco su una sottostruttura ancorata alla muratura perimetrale. La camera di
ventilazione deve essere almeno 6cm per garantire il ricircolo d’aria. Durante il periodo
estivo si crea per effetto camino, un movimento ascendente di aria calda all’interno del
canale di ventilazione. A terra vi sono dei fori, come nella parte superiore, si crea così un
moto convettivo. Una facciata ventilata può essere realizzata anche su edifici esistenti,
dando luogo a un intervento di riqualificazione architettonica e non solo energetica.)
 coibentare maggiormente l’edificio per ridurre le dispersioni del calore
 utilizzare schermature solari fisse o mobili
 ottimizzare l’illuminazione naturale
 ottimizzare la ventilazione naturale
 progettare il verde esterno con funzione bioclimatica
 ottimizzare le prestazioni energetiche invernali ed estive.
Ridurre l’impatto ambientale significa ridurre le emissioni di anidride carbonica, sono obiettivi
perseguibili, la normativa italiana impone ormai uno standard di efficienza energetica che si aggira
intorno ad un range di 50-100 kWh/m^2 anno. Ovviamente l’utenza ha un ruolo fondamentale nel
risparmio energetico, si considera ‘buonusanza’ un microclima interno 18°-20° in inverno e 23°-25° in
estate, ovviamente per ragioni di comfort spesso l’utenza non rispetta questi ‘limiti’.

1) Se parlassimo di edificio malato faremmo riferimento ad un edificio che presenta sintomi di


malessere quali: areazione insufficiente, elevata concentrazione di composti organici volatili (VOC),
formazione di muffe. Affinché l’edificio risulti sano deve soddisfare precisi requisiti:
 Respirare per permettere lo scambio d’aria e la libera uscita dei vapori;
 Regolare lo scambio osmotico tra l’interno e l’esterno;
 Eliminare la condensa interstiziale almeno durante i mesi estivi;
 Consentire il passaggio di tutte le energie vitali.

La scelta dei materiali bioecologici si muove in questa direzione, così come l’impiego di fibre ed isolanti
naturali. Spesso però il termine naturale nasconde delle insidie, anche le risorse naturali hanno un impatto
ambientale soprattutto dopo essere state sottoposte a determinati trattamenti con sostanze chimiche
dannose. Anche la produzione ed il trasporto di questi materiali hanno un impatto. Abbattere un albero, ad
esempio, richiede molta energia, per la sega, per il trasporto… etc. per questo i materiali più sostenibili per
l’edilizia sono quelli che richiedono il minor dispendio di energia possibile.

Esistono due grandi famiglie di tecniche costruttive, quelle pesanti e quelle leggere.

 COSTRUZIONI PESANTI: le più diffuse nella nostra tradizione costruttiva e sono realizzate con
murature portanti in pietra, laterizio o terra cruda. Presentano un ottimo livello di isolamento
acustico ed un’elevata capacità di accumulo termico, proteggendo gli ambienti dal calore estivo.
 COSTRUZIONI LEGGERE: sono più diffuse nel nord Europa e nei paesi orientali. Impiegano strutture
leggere come il legno o la paglia realizzate a secco con la possibilità di prefabbricare gli elementi e
successivamente assemblarli in cantiere. Comportano la riduzione dei consumi energetici nella fase
di produzione dei materiali da costruzione che spesso derivano da fonti rinnovabili o poco
energivore. Non presentano in genere un elevato isolamento acustico e per tale motivo devono
essere adeguatamente coibentate.

La rivoluzione industriale della seconda metà del XIX secolo rese il sistema dei trasporti più rapido e fu
allora possibile far arrivare i materiali edili anche in luoghi lontani. Vennero introdotti nuovi materiali, ferro,
acciaio, queste nuove opportunità furono tutte accolte da architetti e progettisti del movimento moderno
come Walter Gropius (Bauhaus Germania), Le Corbusier (pioniere nell’uso del cemento) e Mies Van Der
Rohe. Il cemento così prende piede, per la sua disponibilità, per il costo nettamente inferiore, mentre
acciaio e vetro prendono piede per motivi estetici e architettonici. Vediamo le costruzioni in cemento.

Il cls armato si diffonde, diventando il materiale maggiormente utilizzato, ma l’abuso di questa risorsa
comporta il degrado ambientale ed un elevato consumo energetico soprattutto nella fase di produzione
(clincker). Inoltre essendo il cemento un materiale fortemente igroscopico, molto spesso, per limitare i
fenomeni di ritiro, viene addittivato con prodotti chimici spesso tossici.

Per quanto riguarda le costruzioni in vetro e acciaio, esse hanno una forte valenza estetica, anche per il
loro rapporto con la luce. C’è però da ammettere che le pareti in vetro sono punti critici di dispersione del
calore, soprattutto se orientate a nord, ma anche responsabili di fenomeni di abbagliamento e di
surriscaldamento (effetto serra). È però innegabile che sia acciaio che vetro possano essere totalmente
riciclabili o provenienti da prodotti riciclati.
2) Se parlassimo di edifici riciclabili, dovremmo dare uno sguardo al destino di vita dell’edificio, il ciclo
di vita dei materiali edili può essere suddiviso in 5 fasi:
 Estrazione delle materie prime
 Produzione
 Lavorazione e messa in opera
 Permanenza nell’edificio, manutenzione e sostituzione
 Rimozione, demolizione, smaltimento e riclaggio

Costruire edifici con elementi e materiali facilmente recuperabili, riutilizzabili, riciclabili, smaltibili, senza
provocare inquinamenti, è una strada da perseguire nell’ottica di sostenibilità economica, sociale,
ambientale. Edificio riciclabile si basa sul concetto secondo cui la materia impiegata in edilizia sia
semplicemente presa in prestito dalla natura. Difficilmente riciclabili sono le materie plastiche, le pitture e i
collanti che vanno quindi distrutti poiché l’eventuale riciclo è possibile solo attraverso processi chimici
energivori e ad alto rischio ambientale.

I sistemi costruttivi a secco, rappresentano una tecnica costruttiva, soluzione ideale per rispondere a
esigenze di comfort e benessere, i sistemi a secco sono caratterizzati da modularità, solidità, isolamento
termoacustico, protezione dal fuoco, resistenza meccanica, regolazione igrometrica dell’umidità dell’aria,
flessibilità, rapidità di esecuzione, semplificazione delle operazioni e massima economia costruttiva.

Oltre alla costruzione anche la prefabbricazione può essere pesante o leggera. La prefabbricazione è
un’altra tecnica costruttiva.

 PREFABBRICAZIONE LEGGERA, consiste nella produzione di elementi di dimensioni ridotte da


assemblare a secco, ovvero senza bisogno di cemento. Tipo i serramenti.
 PREFABBRIZACIONE PESANTE, consiste nella preparazione industriale di elementi complessi e
strutture edili. È una pratica che permette di velocizzare il lavoro in cantiere, limitandolo al
montaggio e alla rifinitura dei componenti, con notevole riduzione di imprevisti e ottimizzando il
controllo dei costi.

Un’ultima tecnica e l’autocostruzione, molto diffusa, riduce il costo della manodopera, della gestione,
riduce costi energetici e produce maggior comfort abitativo. Produttore e consumatore inoltre coincidono.

3) Gli Edifici ecoefficienti. Affinché un edificio possa considerarsi a basso consumo energetico il
fabbisogno termico per la climatizzazione invernale deve risultare inferiore a 50kWh/m^2 anno. Un
edificio per ottenere ciò deve essere ben progettato e realizzato secondo precisi criteri:
 Orientamento prevalente a sud per sfruttare al massimo gli apporti gratuiti del sole durante la
stagione invernale.
 Forma compatta, ovvero rapporto tra superficie e volume inferiore a 0.6
 Elevato isolamento termico degli elementi edili per limitare la dispersione del calore
 Infissi ad elevata efficienza caratterizzati da bassi valori di trasmittanza termica e adeguata
trasparenza.
 Elevata massa degli elementi edili
 Schermature, fisse o mobili, parziali o totali, per ombreggiare le facciate rivolte a sud.
 Isolamento dal vento poiché le infiltrazioni d’aria non controllate aumentano la dispersione
termica.
 Ricambi d’aria controllati.
 Impianti ad elevata efficienza energetica o alimentati da fonti rinnovabili, tipo caldaie a
condensazione, pompe di calore, fotovoltaico, geotermia…
 Impiego di controtermostati e termostati regolatori
 Impianti di riscaldamento a bassa temperatura
 Riduzione drastica dei ponti termici dovuti a discontinuità geometrica o di materiale al fine di
ridurre le dispersioni di calore ed evitare la formazione di muffe.
4) Gli Edifici passivi, la casa passiva, nota anche come PASSIVHAUS, rappresenta uno standard
energetico caratterizzato da perdite di calore così ridotte da poter essere compensate con i
guadagni derivanti dall’irraggiamento solare. Il fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale
deve risultare inferiore ai 15 kWh/m^2 anno.
 Orientamento ottimale a sud
 Forma compatta
 Ampie aperture a sud e zona tampone a nord
 Isolamento termico dell’involucro per ridurre le perdite di calore
 Bassa emissività dei serramenti e taglio termico dei telai
 Assenza di ponti termici
 Ventilazione meccanica controllata
 Sfruttamento passivo dell’energia solare
 Produzione di energia tramite fotovoltaico
 Impiego di collettori solari e pompe di calore
 Utilizzo di apparecchiature elettriche ad alta efficienza energetica
5) Gli Edifici attivi. O edifici energeticamente attivi, è un edificio a consumo 0, inoltre produce energia
elettrica e acqua calda sanitaria, con la possibilità di venderla agli enti pubblici.

Ma ha senso ora parlare di CERTIFICAZIONE ENERGETICA degli edifici, è una dichiarazione rilasciata da un
tecnico abilitato, in grado di attestare il consumo di un edificio in riferimento a tutti i fattori sopra citati ed
altri. Attualmente solo poche regioni hanno reso obbligatorio l’attestato di certificazione energetica, ACE,
per le altre regioni è ancora in vigore l’attestato di qualificazione energetica AQE. È uno strumento
importantissimo, pensato per ridurre i consumi energetici a livello globale. In ambito internazionale i
principali protocolli sono ITACA, GBC, CASBEE, LEED, SBC (Italia)…

Il protocollo ITACA è per la certificazione di sostenibilità energetico-ambientale degli edifici. È uno


strumento di supporto per la pubblica amministrazione per bandi destinati ad erogare incentivi per
interventi di edilizia sostenibile.

15 aprile 2021
UNI/TS 11300-1
ANALISI DELLA METODOLOGIA DI CALCOLO:
Quando affrontiamo le tematiche in analisi energetica troviamo 2 mondi diversi, quello della norma tecnica,
mondo specifico creato dal settore, è il mondo dei tecnici, del calcolo. Il secondo mondo è ciò che a partire
dalla commissione europea fino alla nostra regione accoglie una politica energetica che stabilisce degli
obiettivi, a breve o lungo termine, di natura politica, economica, o cos’altro. Tipo la 202020, che ha portato
all’attuale legge di calcolo gli APE e tanto altro. L’obiettivo di un APE è quello di informare l’utente finale
della spesa energetica che userà l’edificio che sta per andare a comprare, è una spiegazione semplificata.
La UNI/TS è un grande sintetizzatore di una serie molto più vasta di norme tecniche europee a supporto
della direttiva della commissione europea. Non è una norma a tutti gli effetti, è una specifica tecnica, vale in
Italia, non in Europa. Vediamo ora la parte 1.
UNI/TS 11300-1
È un’implementazione di una norma internazionale che è la norma fondamentale del calcolo energetico
degli edifici dal punto di vista edilizio, con riferimento al metodo mensile per il calcolo dei fabbisogni di
energia termica per umidificazione e per deumidificazione (sarebbe la UNI EN ISO 13790:2008), questa
norma individue il calcolo di progetto, il calcolo in condizioni standard e il calcolo in particolare condizioni
climatiche di esercizio.
Il tipo di valutazione per il calcolo del fabbisogno di energia per il riscaldamento e raffrescamento si traduce
in A1, A2, A3. Si considera un regime di conduzione dell’impianto continuo durante l’intera stagione di
riscaldamento e raffrescamento, questo in sede di valutazione standard. In sede di valutazione adattata
dell’utenza si considera un regime di conduzione dell’impianto intermittente o attenuato. Il calcolo è basato
su bilanci di energia in regime stazionario, il calcolo ha unità temporale pari ad un mese (passo mensile),
l’unità temporale è il mese mentre l’unità spaziale è la zona termica. I valori si differenziano così per mese e
per zona e vengono poi aggregati per costruire l’anno e l’edificio.
Ma cos’è la zona termica?
È parte dell’ambiente climatizzato mantenuto a temperatura uniforme attraverso lo stesso impianto di
climatizzazione.
Cos’è il fabbisogno di energia termica utile per riscaldamento o raffrescamento?
Una quantità di calore che deve essere fornita o sottratta ad un ambiente climatizzato per mantenere le
condizioni di temperatura desiderate durante un dato periodo di tempo.
Ambiente climatizzato è un ambiente dotato di impianti per cui non una PASSIVHAUS.
Step per comporre un ALGORITMO DI CALCOLO:
 Definizione dei confini dell’edificio
 Definizione dei confini delle zone climatizzate
 Definizione delle condizioni interne e dei dati climatici
 Calcolo, per ogni mese e per ogni zona dell’edificio, dei fabbisogni ideali di energia termica per
riscaldamento e raffrescamento.
 Calcolo delle stagioni di riscaldamento e raffrescamento
 Eventuale ricalcolo dei fabbisogni di energia sulle frazioni di mese per i mesi estremi delle stagioni
di riscaldamento e raffrescamento.
 Eventuale calcolo per ogni mese e per ogni zona dell’edificio, dei fabbisogni di energia termica per
umidificazione e deumidificazione.
 Aggregazione dei risultati relativi ai diversi mesi e alle diverse zone.
Ora quindi è necessario un ripasso dei dati climatici, devono essere conformi alla norma UNI 10349, per
ciascun capoluogo di provincia. Come si va a modellare un edificio?
Temperatura in climatizzazione invernale:
 Tutti edifici a T=20° tranne E6.1 E6.2 E8
E1= edifici residenziali di tutti i tipi
E2= edifici per uffici
E3= edifici ospedaliere
E6= strutture sportive
E7= strutture scolastiche
E8= struttura industriale
 E6 a T=28°
 E6.2 E8 T=18°
Umidità relativa in climatizzazione invernale ed estiva:
 50%
Temperatura in climatizzazione estiva:
 T=26° tranne per E6.1 E6.2
 E6.1 T=28°
 E6.2 T=24°
Le T cambiano per vari motivi, per l’attività, per i macchinari che ospita la struttura, per l’utenza che ne fa
uso e l’intensità di affollamento… quindi la TEMPERATURA è una prima suddivisione. La destinazione d’uso
serve a definire parametri caratteristici di fondamentale importanza.
Ci sono formule d’ausilio inoltre che definiscono le dispersioni per la modalità di riscaldamento e
raffrescamento, per individuare le stagioni, tramite rapporti adimensionali.
MODALITA’ DI RISCALDAMENTO e MODALITA’ DI RAFFRESCAMENTO, stabiliscono il fabbisogno di energia
termica o frigorifera. Laddove si fa un calcolo finalizzato a determinare il fabbisogno di riscaldamento gli
apporti interni e solari riducono il fabbisogno di energia termica. Per il raffrescamento lo scambio di
trasmissione e ventilazione riduce il fabbisogno di energia frigorifera.
Sia in modalità di raffrescamento che riscaldamento il bilancio termico è basato su fattori di scambio, di
apporti, di fattori di utilizzazione.
In particolare:
 Scambio termico per trasmissione
 Scambio termico per ventilazione
 Apporti termici interni
 Apporti termici solari
 Fattore di utilizzazione degli apporti termici (A)
 Fattore di utilizzazione degli scambi termici (B)
Si creano due equazioni, una fornisce il fabbisogno in riscaldamento (dispersioni-apporti) una in
raffrescamento (apporti-dispersioni).
1) Q risc= dispersioni – apporti utilizzati= (1+2) – A * (3+4)= fabbisogno di riscaldamento
2) Q raff= apporti – dispersioni utilizzate= (3+4) –B * (1+2)= fabbisogno di raffrescamento

19-22 aprile 2021


Lezione su software su programma di calcolo. Master cima. Software standard validato e che si utilizza per
la redazione degli APE. Ci consente di leggere tabelle che invece saremmo dovuti andare a prendere dalle
norme uni se non avessimo avuto il software. È uno strumento di calcolo a tutti gli effetti.
Il ragionamento di oggi riguarda la ventilazione.

Dal 2021 le trasmittanze termiche sono diventate più severe da quelle previste. (per entrare nelle
detrazioni). Al 99% dei casi si fa riferimento alle trasmittanze che rientrano nelle detrazioni fiscali. In base
alla destinazione d’uso sono univocamente determinati alcuni fattori come ventilazione, apporti etc. il
software ricava di per sé i dati.

PARAMETRI DINAMICI:
Costante di tempo della zona dell’edificio=Tao= capacità termica/3600/la somma degli scambi termici
Ad un edificio massivo e ben isolato corrisponde una costante di tempo alta e viceversa.

Fattore di utilizzazione degli apporti termici interni e solari, per il riscaldamento. Funzione della costante
di tempo e del rapporto di bilancio termico. Maggiore è la costante di tempo maggiore è il fattore di
utilizzazione.

Fattore di utilizzazione dello scambio termico per trasmissione e ventilazione, funzione della costante di
tempo e del rapporto di bilancio termico e del rapporto tra area finestrata e area di pavimento. Indice
dell’effetto serra, indice di quanto quell’edificio sia più o meno gravato dalla presenza di vetrature.

Per il riscaldamento il fattore di utilizzazione degli apporti termici interni e solari tiene in considerazione il
fatto che solo parte degli apporti termici solari e interni è utilizzata per ridurre il fabbisogno di energia
termica per il riscaldamento, poiché la restante parte porta ad un incremento indesiderato della
temperatura interna al di sopra del valore di regolazione.
Il fattore di utilizzazione è funzione di:
 Costante di tempo della zona dell’edificio
 Rapporto di bilancio termico adimensionale per la modalità di riscaldamento
Per il raffrescamento il fattore di utilizzazione dello scambio termico per trasmissione e ventilazione tiene in
considerazione il fatto che solo parte dello scambio termico per trasmissione e ventilazione è utilizzata per
ridurre i fabbisogni di raffrescamento in quanto scambi termici per trasmissione e ventilazione non utilizzati
si manifestano durante periodi o intervalli quando essi non hanno alcun effetto sui fabbisogni di
raffrescamento che si manifestano durante altri periodi o momenti.
Il fattore di utilizzazione è funzione di:
 Costante di tempo della zona dell’edificio
 Rapporto di bilancio termico adimensionale per la modalità di raffrescamento
 Rapporto tra area finestrata e area pavimento. Deve esserci un limite di questo rapporto (003 per
edifici residenziali e 004 per edifici non residenziali) non si può prescindere dal sovrariscaldamento
che può indurre una vetratura. Se metto tanti vetri e poi il raffrescamento deve funzionare giorno e
notte allora ho sbagliato qualcosa.
Vi sono delle relazioni analitiche per il calcolo del fattore di utilizzazione degli apporti e delle dispersioni.

REGIME DI CONDUZIONE INTERMITTENTE:


RISCALDAMENTO:
Il fabbisogno di energia termica utile in regime intermittente è dato dal rapporto tra fabbisogno di energia
termica utile in regime continuo e il fattore di riduzione adimensionale per il riscaldamento intermittente.

Q interm= a rid risc * Q cont

L’ipotesi alla base degli APE ad esempio è che il regime sia continuo. Tuttavia la realtà è diversa, vi è
discontinuità di uso ad esempio negli uffici o nelle scuole e da questa discontinuità deriva una non
convenienza economica nel mantenere l’impianto attivo sempre, e poi vi sono anche restrizioni legale, la
realtà è intermittente o attenuata. Intermittente vuol dire che si spegne e accende e quando si spegne
l’edificio si comporta come casa passiva. Da un regime continuo ad un regime intermittente applico un
fattore correttivo, fattore di riduzione che tiene conto dell’intermittenza, è un parametro temporale,
funzione di 3 fattori temporali: tao e altri due fattori.

RAFFRESCAMENTO:
Il fabbisogno di energia termica utile in regime intermittente è dato dal prodotto tra il fabbisogno di energia
termica utile in regime continuo e il fattore di riduzione adimensionale per raffrescamento intermittente.

Q interm = a rid raff * Q cont

Il calcolo è analogo a prima, si applica un fattore riduttivo anche qua, funzione di tao e delle ore del giorno
in cui l’impianto è regolato. Fattore che permette di passare da regime continuo a regime reale
(intermittente). Varia una cosa, in inverno il riscaldamento sta acceso in maniera quasi costante, in estate il
raffrescamento si interrompe più spesso, anche di notte.
Mentre il regime intermittente è semplice, il regime attenuato è più laborioso, calcolo con differenti deltaT,
ma questo ha senso per attenuazioni importanti, dai 4° ai 7°.

Diamo ora la definizione di:


 VENTILAZIONE = immissione e/o estrazione progettata di aria in e/o da uno spazio chiuso allo scopo
di mantenervi condizioni di salubrità. Si suddivide in ventilazione naturale, ventilazione meccanica e
ventilazione ibrida.
 VENTILAZIONE NATURALE = ventilazione dell’edificio che dipende dalle differenze di pressione e/o
temperatura, senza l’ausilio di sistemi di movimentazione dell’aria che richiedono potenza. Si
suddivide in areazione, ventilazione termica, ventilazione trasversale. (affidata totalmente
all’utente).
 VENTILAZIONE MECCANICA = ventilazione tramite l’ausilio di sistemi di movimentazione dell’aria
che richiedano potenza. Si suddivide in ventilazione per immissione, per estrazione, bilanciata. Ha
un difetto che è quello che tende a diffondere il contaminante.
 VENTILAZIONE MECCANICA INDIPENDENTE = ventilazione meccanica in zone climatizzate con
impianto in tutto indipendente dall’impianto di climatizzazione, compresa la generazione per
riscaldamento d’aria.
 VENTILAZIONE IBRIDA = ventilazione dove la ventilazione naturale può almeno per un certo periodo
essere supportata o sostituita dalla ventilazione meccanica.
 INFILTRAZIONE = immissione incontrollata d’aria in uno spazio attraverso fessurazioni del suo
involucro. Lo spiffero, dovuto nella maggior parte dei casi agli infissi, ma non sempre, a volte anche
le prese d’aria della cucina creano infiltrazioni (cappa, caminetto spento, etc).
Climatizzazione e ventilazione possono essere gestite mediante gli stessi impianti, ma anche in maniera
separata, non sono da confondere.
La stagione di ventilazione è tutto l’anno, quindi un impianto di ventilazione deve essere in grado di
cambiare l’aria anche con riscaldamento è raffrescamento spento. Per la ventilazione naturale non c’è
problema, se la ventilazione è separata dalla climatizzazione non c’è problema. Ma se sono regolate dallo
stesso dispositivo impiantistico allora è un problema.
Si distingue tra:
 Calcolo della prestazione termica del fabbricato. (rapporta lo scambio per ventilazione con
trasmissione e apporti, fase intermedia del calcolo, non si tratta di impianti.).
 Calcolo della prestazione energetica dell’edificio. (fabbisogno di energia primaria di cui l’edificio ha
bisogno, è un valore, una quantità di energia.)
Sono entrambe quantità di energia, calcolate però in punti diversi della catena energetica, poi uno riguarda
l’edilizia (fabbricato) e uno l’edificio (fabbricato + impianto).
Nel primo caso indipendentemente dall’eventuale presenza di un impianto di ventilazione meccanica si fa
convenzionalmente riferimento alla areazione in condizioni standard. (ventilazione di riferimento)
Nel secondo caso si considera la ventilazione effettiva e l’eventuale presenza dell’impianto di ventilazione
meccanica. (ventilazione effettiva)
Nel caso in cui non vi sia alcun impianto di ventilazione meccanica la ventilazione effettiva coincide con la
ventilazione di riferimento.
Negli edifici residenziali E1 e negli edifici abitati da attività industriali ed artigianali e assimilabili E8 la
portata minima di progetto di aria esterna è qve0 ed è espressa come:

qve0= n* V/3600
questo calcolo ci porta a stabilire rapporti e parametri semistazionari che ne derivano, si stima la quantità
di energia usata dall’edificio per quella specifica funzione (destinazione d’uso) e con quello specifico
impianto.
dove n= tasso di ricambio d’aria pari a 0.5
V= volume netto della zona termica considerata, espresso in m^3

Nelle condizioni di riferimento cioè di areazione, la portata media giornaliera media mensile si indica con:

qve,mn = qve0 * f ve,t


dove: f ve,t= fattore di correzione che rappresenta la frazione di tempo in cui si attua il flusso d’aria

Nelle condizioni effettive, cioè quando si prende in considerazione la ventilazione effettivamente esistente o definita
nel progetto, la portata mediata sul tempo del flusso d’aria nelle condizioni effettive è:

qve, mn = ( qve + qve’ ) * ( 1-B) + (qve * bve * FCve + qve ) * B


Vedi slides pagina 32-33 del 22 aprile per delucidazioni.
26-29 aprile 2021
Software.
L’edificio deve cercare di fare a meno dell’impianto, quanto più ragionevolmente possibile, usando il
proprio isolamento e i propri materiali, così da ridurre l’impatto sull’ambiente esterno. Entro certi limiti,
limiti ampi (se si pensa allo sfasamento di una parete in muratura si parla di ore). La tecnologia consente di
realizzare edifici performanti dal punto di vista termico, i costi sono accessibili ad oggi, con infissi
tecnologici ed economici, con isolamenti altrettanto tecnologici ed economici o comunque non troppo
costosi. se i costi prevalessero sui risparmi che la tecnologia comporta nel corso del tempo allora l’impianto
non ha senso, è un ragionamento tecnico-economico, sui costi iniziali ed i costi di esercizio. L’involucro non
può essere spinto oltre ad un certo livello. Un approccio di convenienza che tiene conto di comfort, requisiti
primari della termoregolazione umana, economia dell’edificio su tempi lunghi.
IMPIANTO:
1) che tipo di uso energetico stiamo andando a servire?
2) Con quale dispositivo?
3) Con quale vettore energetico alimentiamo quel dispositivo?

Primo step raffrescamento o riscaldamento?


Secondo step Caldaia, pompe di calore o cos’altro?
Terzo step Gas, pellet, energia elettrica…?

L’energia esiste in moltissime forme, dobbiamo valutare quale usare ed in che modo, ad esempio in un
edificio serve energia per la produzione di acqua calda sanitaria, ventilazione, raffrescamento,
riscaldamento, montacarichi, ascensori, scale mobili, tapis roulant etc... in Norvegia sarà 0 la necessità di
raffrescare, a Dubai sarà 0 la necessità di riscaldare. Ogni situazione va valutata con la dovuta attenzione ai
caratteri climatici ed ambientali. Non solo l’edificio va valutato.

Primo step scelgo il tipo di energia che serve per l’edificio. In base ai fabbisogni. (l’acqua calda sanitaria
va stimata in base alla destinazione d’uso, il riscaldamento in base alla zona, etc).

IMPIANTI AD ACQUA=IMPIANTI IDRONICI:


Impianti in cui il fluido termovettore è l’acqua. Un sistema idronico è formato da 3 elementi:
 Uno scalda l’acqua
 Uno la trasporta
 Uno funziona da scambiatore per l’ambiente servito.
Si dia la definizione di sistema termosingolo:
energia chimica stoccata in un combustibile che deve essere trasferita il più possibile al fluido
termovettore. Quel che non viene trasferito è una perdita. Il gas generalmente è metano, il comburente è
l’ossigeno e combinandoli si ottiene vapore acqueo e anidride carbonica. Si formano inoltre anche
sottoprodotti. Se pensiamo ad un combustibile lo possiamo identificare tramite un parametro che si chiama
potere clorifico: la capacità di trasferire energia termica. È un valore potenziale, energia termica rilasciata
nella camera di combustione del generatore che viene dissipata poi in 3 quote differenti:
 Quota ceduta al fluido vettore tramite lo scambiatore.
 Perdite al camino (canna fumaria va disperdere fumi in atmosfera)
 Perdite al mantello, una caldaia non è adiabatica. Il calore viene rilasciato attraverso la sua cassa
metallica.
Rendimento di combustione a potenza nominale: percentuale del potere calorifico trasferito al fluido
termovettore, il resto sono le perdite (pochissime al mantello e poche al camino). Solitamente il
rendimento è al 5%.
Si dà la definizione di:
 Terminale: apparecchi terminali, che cedono calore all’ambiente da riscaldare, ad esempio i
termosifoni (o radiatori), ventilconvettori, pannelli a pavimento… il terminale e la sua emissione
termica sono funzione di alcuni fattori quali: la superficie di scambio termico, la portata del fluido e
la temperatura del fluido. Per rendere un terminale modulante nell’emissione termica si può
operare con le valvole termostatiche sul terminale, o si può intervenire variando la temperatura
(controllo climatico) o entrambi. Quando si dimensiona un impianto termico lo si fa con il calcolo in
potenza, quei radiatori sono dimensionati in maniera da mantenere i 20° se fuori ce ne sono 0°, ma
la realtà è diversa, fuori ci sono 6°/5°/10°, quindi l’impianto necessita della potenza con cui è stato
dimensionato solo in poche circostanze l’anno. Se l’impianto è di tipo ON/OFF non può che
accendersi e spegnersi ciclicamente, con inefficienze dovute all’inerzia e una minore vita utile. Le
conseguenze energetiche, ambientali ed economiche sono immediate. L’impianto deve usare solo
l’energia di cui necessita per risparmiare sotto qualunque aspetto.

L’acqua è un flusso termovettore che serve a distribuire il calore. Si pensi al pannello solare, l’acqua
trasferisce il calore del sole mediante canalette. Il calore è fortemente localizzato, l’acqua serve per
diffonderlo, affinché non vi siano forti asimmetrie tra stanza e stanza. Il punto in cui l’acqua viene riscaldata
è detto centrale termica, il punto in cui l’acqua si reca si chiamano terminali, sono scambiatori di calore tra
acqua e ambiente in cui viviamo. Dal punto di vista normativo gli impianti idronici sono trattati in una parte
a sé, dedicata a sistemi di generazione termica e impianti ad acqua. L’impianto si ripercorre da valle a
monte. Dal terminale a ritroso verso la centrale. Così si stabilisce l’energia che passa al contatore.
L’approccio a ritroso poi ci porta dal contatore all’energia primaria.
Ogni impianto si scompone in sottosistemi, anche l’impianto idronico, così anche il programma di calcolo
già si presta a questa scomposizione in sottosistemi. Questo perché di fatto un impianto ragiona per parti,
parti tra esse complementari e che hanno di conseguenza un effetto di efficienza più o meno elevata sotto 2
punti di vista, come interagiscono tra di loro è il primo punto di vista, il secondo è l’interazione
dell’impianto con il fabbricato nella misura in cui i terminali sono scambiatori di calore ed i sistemi di
regolazione e controllo devono modulare l’impianto con obbiettivo però il fabbricato.

Riferimento normativo UNI-TS 11300 PT.2, riferimento per il calcolo della prestazione energetica. È una
specifica tecnica (TS sta per specifica tecnica), che quindi scompone in sistemi e sottosistemi per darci
indicazioni sui rendimenti di impianto complessivo (somma dei rendimenti dei singoli sottosistemi). Per
impianti di riscaldamento si individuano 4 sottosistemi:
 Sottosistema di regolazione (dove la regolazione può essere della zona, del singolo ambiente, della
zona e del clima.).
 Sottosistema di emissione.
 Sottosistemi di distribuzione.
 Sottosistemi di generazione.
Si può ampliare il panorama vedendo UNI-TS 11300 PT.4 che è il proseguimento della 2, ma restiamo nella
2, l’impianto tramite una serie di dispositivi di sensoristica e attuatori si autoregola per seguire l’edificio, ha
una sua rapidità di adattamento, più elevata rispetto a quella dell’edificio. Così l’edifico quando necessita di
caldo in maniera differenziata sull’arco della giornata o della stagione l’impianto soddisfa queste esigenze,
per rendere ottimale il concetto di comfort (escluse le preferenze dell’utente).
SENSORI: dispositivi che misurano una certa quantità, una grandezza fisica (tipo temperatura, umidità,
saturazione dell’aria e CO2 presente nella stanza, vi sono anche sensori di movimento, etc…). questi
consentono all’impianto di capire quando entrare in azione. Ci si muove nell’ambito termico e nell’ambito
illuminotecnico, noi restiamo nell’ambito tecnico, i sensori sono simili ai 5 sensi umani. Dopodichè
l’impianto ha due opzioni, la prima è ON/OFF, si spegne e accende, questa è la modalità di funzionamento
dell’impianto standard, la seconda è un sistema di modulazione, l’impianto è sempre attivo, in maniera più
o meno intensa in base alla necessità e al gap da colmare.
ATTUATORE: dispositivo, serve a rendere operativo un impianto, un terminale, in base a ciò che gli viene
detto dal sensore. Nella maggior parte dei casi fa parte del sensore, senza domotica e senza elettronica o
intelligenze artificiali. In altri casi invece vi è una centralina climatica che funge da intelligenza artificiale, ma
questi casi sono molti rari. Gli attuatori non sono solo valvole termostatiche, possono essere ventilatori che
muovo aria in modo più o meno intenso, attua in base alla necessità di ventilazione della stanza in
considerazione.
È un binomio tra sensori e attuatori che consentono all’impianto di autoregolarsi. Ma perché si parla di
rendimento di regolazione? Tramite la metodologia della norma si va a calcolare il fabbisogno energetico e
si fa nell’ipotesi di temperatura costante nel tempo e nello spazio sull’intero fabbricato e nell’arco di una
stagione, in realtà non è così, non vi è costanza nello spazio, il terminale va a creare un gradiente di
temperatura in ambiente, gradienti termici importanti che portano a stratificare l’aria da pavimento a
soffitto. Anche nel tempo non vi è costanza, ogni sensore ha la sua sensibilità, li vi è un’oscillazione. Una
seconda oscillazione sta nel quanto l’impianto è in grado di fare il più rapidamente ciò che gli dice un
sensore.
Nel caso più semplice si pensa ad un impianto spento, in un appartamento, la temperatura si porta sotto ai
19°, così si rileva che l’impianto deve accendersi, deve accendersi la caldaia (inizia la combustione del gas
per scaldare il fluido), poi si deve attivare la pompa di circolazione (nel caso di ventilazione forzata), però in
questo caso va da sé che da quando la caldaia si accende a quando si scalda il fluido (una certa quantità che
si trovava a temperatura ambiente che da 20° deve andare a 70° se si parla di radiatori) passa del tempo,
più o meno rispetto a quanta è l’acqua in circolo. Per fare ciò quindi da quando il termostato rileva 19° a
quando il fluido arriva a 70° passa del tempo e in questo tempo la temperatura della stanza può essere
scesa ulteriormente (magari di 1°) e a questo punto l’oscillazione aumenta, è dovuto anche all’inerzia
dell’impianto nell’adeguarsi alla situazione.
Più uno strumento di regolazione è sensibile, più alto è il suo rendimento.
Quanto più un terminale è inerte tanto più la sua regolazione è inefficace e viceversa.
Un impianto ON/OFF è un impianto che è spento oppure che va a regime, alla portata nominale. Esempio: il
frigorifero. Il rendimento di questa tipologia di impianto non è ottimale. Viceversa è ottimale quello di un
impianto P o PID, a prescindere dal tipo di regolazione. Quando il rendimento è pari ad 1 vuol dire che non
vi sono dispersioni ed il rendimento è totale.

REGOLAZIONE:
Ma la regolazione ha anche una sua architettura che si interfaccia con il fabbricato. Cosi la regolazione può
essere di zona (termostato in corridoio, rappresentativo di tutte le stanze di una casa) oppure per singolo
ambiente (ogni stanza ha un sensore di temperatura, più preciso) tutte queste sono regolazioni che si
effettuano solo in portata.
La regolazione poi può essere climatica (tramite una sonda si misura la temperatura esterna e quindi si va a
riscaldare più o meno il fluido termovettore in funzione alla rigidità climatica esterna).
La regolazione può essere un fattore penalizzante per il rendimento complessivo se si parla di pannelli e,
quando la serpentina va in temperatura può scaldare oltre che al pavimento anche il solaio strutturale se
non vi è isolamento adatto e questo porta a grosse dispersioni termiche e a temperature di mandata troppo
elevate in rapporto al comfort, crea disagio termico. La tecnologia attuale si basa sulla presenza di
isolamento, vi sono norme specifiche che impongono determinati spessori di isolamento in base alla
situazione, ma in ogni caso l’inerzia termica di un pannello radiante è fattore di pericolo in relazione ad altri
tipi di terminali. Effettuando un APE si fanno le considerazioni sopra citate, per il tipo di regolazione e di
terminali.
DISTRIBUZIONE:
Gli impianti si suddividono in:
 Impianti autonomi. Ogni unità immobiliare dispone dei propri terminali, di un proprio sistema di
distribuzione e sistema di generazione termica. Ciò che fa la differenza è il grado di isolamento delle
tubazioni, una volta non venivano isolate, passavano esterne alle pareti, non venivano nemmeno
incassate, correvano a vista. Successivamente vengono incassate in pareti/contropareti, ma senza
porsi il problema delle dispersioni termiche verso l’edificio. Solo dal 1993 è stato definito un preciso
criterio di coibentazione, che è rimasto quello attuale. Questo è un primo aspetto, individuare il
grado di isolamento della rete. Un secondo aspetto è, se siamo in un edificio singolo o un impianto
autonomo in edificio condominiale. L’isolamento va da A ad E, dal migliore al peggiore, e così si stila
una classifica.
 Impianti centralizzati. I più noti sono gli impianti centralizzati a colonne e montanti, non hanno mai
funzionato bene, sono sempre stati energivori. Al piano primo si avevano 25° e all’ultimo circa 18°,
totalmente inappropriati. Il fluido andava portato ai piedi della colonna montante, tramite tubi
sotterranei in garage o cantina, così il calore era usato inutilmente perché le cantine erano
caldissime e i garage pure e sono ambienti non abitativi. Poi vennero inserite le valvole
termostatiche che tappezzarono il problema. Altri impianti centralizzati sono quelli a distribuzione
orizzontale. Qui i montanti non isolati venivano inserite nelle intercapedini dei muri esterni, i
rendimenti a volte si portano al 90%, sono tecnologie prive di isolamento termico, ora gli impianti
centralizzati hanno la distribuzione orizzontale, una dorsale verticale, allineata al vano scala che
connette la centrale termica con i singoli appartamenti e poi ciascun appartamento si comporta
come un termosingolo. Ogni situazione pertanto viene differenziata, vi è controllo e regolazione. Vi
è un limite dei costi e dei consumi. I consumi si suddividono in volontari (apro il termosifone) ed
involontari (una tubazione disperde calore nello scantinato). La base tecnica di calcolo è la UNI
10300.
Una suddivisione a zona porta innumerevoli vantaggi, tra cui risparmio energetico effettivo, risparmio
economico, comfort totale. Questo bisogna ricordarlo per la redazione di un APE. La distribuzione si trova
anche in termini di acqua calda sanitaria, il fluido va dal punto di produzione al punto di utilizzo, sono
impianti a circuito termico che arrivano dalla sorgente alle utenze. L’acqua calda sanitaria serve durante
tutto l’anno (molto spesso) quindi anche la procedura di calcolo tiene conto che l’acqua calda è un servizio
obbligatorio e il calcolo va effettuato su base mensile tenendo conto dei mesi di utilizzo (se si pensa ad una
casa vacanza l’acqua serve solo 3-4 mesi in estate). Anche per il riscaldamento il calcolo andava fatto su
base mensile ma per motivi diversi, per il riscaldamento varia di mese in mese il deltaT, varia la
temperatura esterna, per l’acqua il deltaT è costante (sorgente=15° circa e rubinetto=40° circa) ma nei mesi
varia l’utilizzo.
L’acqua è tenuto all’interno di contenitori, tipo il puffer o il boiler, che di fatto ha un problema, il deltaT. Il
boyler si trova in cantina dove ci sono 16° se va bene e l’acqua che contiene è a 40°, vi è dispersione ed
inefficienza. E definisce l’inefficienza stagionale di tutto l’impianto. Si ovvia questo problema riscaldando la
stanza in cui è presente il boiler, o isolandola a dovere, in modo tale che non vi sia dispersione termica. Si
consideri sempre che più apparecchi in contemporanea necessitano di acqua calda sanitaria.

CALDAIA:

Tipo A, tipo B, C e a condensazione. Identificano tipologie di combustione.

Le tipo A sono introvabili, le tipo B sono a bruciatura atmosferica, l’aria per la combustione è prelevata
dall’ambiente in cui si trova la caldaia. Pertanto l’ambiente deve essere ventilato. Le caldaie atmosferiche
per il riscaldamento non si usano più (solo in edifici esistenti), si usano per l’acqua calda sanitaria. Viceversa
la caldaia di tipo C è detta camera stagna, preleva l’aria da altri ambienti, si riconoscono perché hanno 2
tubi grossi: presa d’aria e scarico dei fumi. La combustione è separata dall’aria che si respira (sicurezza), è
più confortevole, la camera stagna consente una combustione più regolare e di conseguenza un
rendimento più elevato. Quelle a condensazione preriscaldano l’acqua che dall’impianto torna in caldaia. Il
sistema è più efficiente.

Due questioni:

 Come è possibile trovare caldaie a condensazione con rendimento > del 100%?

Data la definizione di potere calorifero esso si divide in inferiore e superiore. Inferiore: combustione senza
condensazione. Superiore: combustione + condensazione. È inevitabile usare il potere inferiore perché è il
parametro che tutte le caldaie condividono. Così chi utilizza il superiore va oltre l’unità, perché ha pure
l’effetto condensante.

 Le caldaie a condensazione condensano? Non tutte. Solo se l’acqua è sufficientemente fredda, tale
da formare vapore acqueo.
Tra l’acqua che arriva alla valvola e l’acqua che parte vi è un salto di circa 10°. L’acqua che fluisce su un
terminale si raffredda pian piano cedendo calore all’ambiente, quindi se il salto termico è 10° l’acqua arriva
a 75, quando dimensiono un terminale il parametro di dimensionamento è il delta t: differenza di
temperatura tra aria ambiente e la media del fluido che circola. Il nominale è delta t = 50°.

COMPONENTI PRINCIPALI CALDAIA:

Da 1 a 4 circuiti che vanno in caldaia, uno è chiuso, circuito di riscaldamento, l’altro è un circuito aperto, del
sanitario, passa dalla caldaia e poi va ai rubinetti. Numero 14: scambiatore primario, si interfaccia con la
combustione, li avviene il passaggio di energia termica dall’effetto di combustione al fluido. Li il fluido si va
a riscaldare. L’acqua riscaldata dallo scambiatore va all’impianto, numero 4. Dall’impianto di riscaldamento
torna al 2 e anche qui si riconnette attraverso 11 allo scambiatore. Elemento 5: scambiatore sanitario,
interfaccia il circuito chiuso con il circuito aperto. 1 e 3 vanno sullo scambiatore 5 (circuito aperto sanitario),
il 5 si interfaccia con il circuito chiuso di riscaldamento e che va a chiudere il servizio ai terminali con una
serie di valvole nel momento in cui l’utenza usa l’acqua calda sanitaria. L’elemento 21 fa la differenza,
valvola elettrica 3 vie, consente di alimentare l’impianto di riscaldamento se è aperta oppure far circolare
l’acqua in caldaia se è chiusa in modo da servire l’impianto sanitario. Se il 23 rileva un rubinetto aperto
allora il 21 si chiude e l’acqua calda arriva all’utenza.

Se avessimo un boiler lo schema sarebbe il medesimo.

Tutti i dati si inseriscono così in una scheda tecnica della caldaia. Dati principali:

- Potenza termica nominale. Valore per cui la caldaia andrà ad operare a regime, e anche la
dispersione dell’edificio.
- Rendimento utile: efficienza.
- Rendimento di combustione.
- Portata gas minimo sanitario/riscaldamento
- Temperatura dei fumi.
- Indice eccesso d’aria
- … etc

CALDAIA A BIOMASSA: Biomassa come fonte rinnovabile, tutti materiali di origine biologica. La biomassa
indica qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale utilizzabile ai fini energetici; ovvero tutti
quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili solidi, liquidi o gassosi.
La trasformazione di questi materiali genera scarsissimi residui inquinanti. Si tratta generalmente di scarti di
attività agricole che possono essere facilmente modificabili attraverso vari procedimenti, per ricavarne
combustibili o direttamente energia elettrica e termica;

Bicombustibili: sono combustibili ricavati dalla biomassa. I più importanti sono etanolo e biodiesel.

Biomasse legnose: il più antico combustibile utilizzato dall’uomo per il riscaldamento delle abitazioni e la
cottura dei cibi.

Le caldaie a biomassa legnosa sono una valida alternativa alle caldaie alimentate a combustibile fossile e
possono essere utilizzate per riscaldare abitazioni e condomini così come attività commerciali, industriali e
centri sportivi con elevata richiesta di energia termica per l’acqua calda sanitaria e le piscine. Le principali
fonti di biomassa legnosa sono:

 Legna a pezzi: legna di provenienza boschiva spaccata in lunghezza di 33, 50 o 100 cm


 Tronchetti di legno: costituiti da residui di lavorazione del legno vergine pressato
 Segatura: derivata dalla lavorazione di latifoglie e conifere nelle segherie
 Cippato: legno naturale tritato con o senza corteccia, di provenienza boschiva.
 Pellet: segatura del legno pressata in cilindretti di 6-9 mm di diametro, dall'elevato potere calorifico
e certificati a seconda della qualità.

Trattandosi di derivati del legno, sono tutti combustibili a CO2 neutra. Ciò significa che le emissioni di
anidride carbonica nell’atmosfera dovute alla loro combustione sono praticamente azzerate, perché la
quantità di CO2 liberata è la stessa che la pianta ha assorbito durante il processo di crescita. Ricordiamo,
infine, che legna e pellet sono prodotti di origine molto spesso locale, o nazionale, quindi anche l'impatto
dovuto al suo trasporto è inferiore. La caldaia a biomassa funziona in modo molto simile rispetto alla
caldaia tradizionale a gas; il riscaldamento e l'acqua calda sanitaria per la casa è fornita dalla combustione
della biomassa. Il combustibile produce per combustione il calore che viene poi utilizzato per riscaldare
l'acqua.
Si noti che la legna ha un’umidità residua ed in fase di combustione una parte di calore è utilizzato per
asciugare il combustibile invece che per l’impianto. L’evaporazione dell’umidità della legna sottrae calore
all’impianto, perde di efficienza. Più è asciutta la legna maggiore è l’efficienza.

Caminetti e stufe sono, a tutti gli effetti, dei generatori a biomassa in grado di apportare riscaldamento ai
locali nei quali sono installati o anche a interi ambienti ed eventualmente di riscaldare acqua sanitaria.
Quelli di maggior utilizzo per caminetti e stufe sono senz’altro la legna e il pellet, mentre le principali
tipologie di generatori così alimentati sono:

 camini (o caminetti): costruiti con una struttura muraria sono elementi inamovibili, richiedono
sempre una presa d’aria esterna rispetto all’ambiente di installazione e una canna fumaria di grandi
dimensioni, proporzionata alla potenza termica e quasi mai inferiore al diametro 20 cm; la loro
caratteristica è di avere il focolare aperto direttamente nell’ambiente di installazione il che li rende
elementi esteticamente molto gradevoli che tuttavia hanno scarso rendimento, cioè la percentuale
del calore che viene effettivamente ceduta all’ambiente, variabile tra il 25 e il 30%: la maggior parte
del calore si disperde verso l’alto, nella cappa e nella canna fumaria generando uno spreco termico
elevato;
 termocamini: alimentati a legna, a pellet o entrambi, sono costituiti da un inserto termico in ghisa,
acciaio e refrattario da collocare nella struttura muraria e chiuso da un vetro apribile resistente alle
alte temperature; il calore sviluppato viene ceduto all’ambiente circostante mediante uno
scambiatore, supportato o meno da un ventilatore e il loro rendimento termico è del 65-75%;
 stufe: alimentate a legna o a pellet o altri tipi di biomassa, hanno la caratteristica fondamentale di
essere svincolate dalle mura dell’ambiente di collocazione, salvo la necessità di disporre di una
canna fumaria di almeno 12/15 cm di diametro (anche soli 8 cm per quelle a pellet), il che permette
una grande libertà di collocazione e la possibilità di spostarle nel corso del tempo; le stufe
prefabbricate sono costruite in ghisa, acciaio, pietra refrattaria, ceramica, maiolica o una
combinazione di questi materiali: i metalli si scaldano più in fretta ma si raffreddano altrettanto
velocemente, operano principalmente per convezione ed in parte per irraggiamento; refrattario,
ceramica e maiolica impiegano più tempo per riscaldarsi ma accumulano più calore e lo cedono
lentamente per irraggiamento. Esistono inoltre stufe piene in muratura o in pietra ollare, che
vengono costruite sul posto e che, naturalmente, perdono la libertà di essere ricollocate nel corso
del tempo. La combustione avviene in una camera chiusa e il loro rendimento è piuttosto elevato
essendo tra il 70 a oltre il 90%;
 termostufe: molto simili alla stufa a pellet, le differenze sono soprattutto tecniche: le termostufe
integrano tutte le caratteristiche della stufa, ma sono munite di uno scambiatore di calore in grado
di riscaldare grandi quantità di acqua. La termostufa è collegata al sistema termoidraulico
domestico e può provvedere a riscaldare i locali mediante i radiatori e a produrre acqua calda
sanitaria, a tale scopo una termostufa prevede l’affiancamento di un serbatoio d’accumulo grazie al
quale sarà possibile usufruire dell’acqua calda anche se il generatore è spento da molte ore;
 caldaie a pellet/biomassa: sono collegate all’impianto termoidraulico domestico e vanno a
sostituire i tradizionali generatori a gas; il meccanismo di funzionamento è il medesimo, la
differenza sta, appunto, nel tipo di combustibile Anche questi generatori provvedono a riscaldare i
locali mediante i radiatori e a produrre acqua calda sanitaria, tuttavia perdono la caratteristica del
riscaldamento per irraggiamento del locale di installazione in quanto vige l’obbligo di installazione
in un locale tecnico dedicato.
POMPA DI CALORE:

Le pompe di calore sono macchinari in grado di trasferire energia termica, ossia calore, da un ambiente più
freddo ad uno più caldo. Ad esempio, per il riscaldamento invernale di un edificio, una pompa di calore
opera sottraendo calore all’ambiente esterno, per fornirlo agli spazi interni, mantenendoli al caldo. Questo
è il processo inverso a quello spontaneo che succede solitamente, cioè lo spostamento di calore da un
corpo caldo ad uno più freddo. Per fare ciò le pompe di calore consumano una certa quantità di energia che
può essere fornita, a seconda della tecnologia impiegata, sotto forma di energia elettrica oppure di gas
metano. Una pompa di calore, infatti, estrae il calore da una fonte naturale (aria, acqua o terra) e lo
trasporta dentro l'edificio alla temperatura idonea, in funzione del tipo di impianto di riscaldamento. Le
pompe di calore posso portare vantaggi importanti per coloro che decidono di installare questo tipo di
impianto. Nello stesso tempo è evidente che i costi da sostenere sono molto elevati, anche se la spesa per
l'investimento viene ripagata nel tempo con il conseguente risparmio di energia. Esistono diversi tipi di
pompe di calore sul mercato, a seconda che prelevino calore dall’aria, dall’acqua o dal terreno:

1. ACQUA  IDROTERMIA
2. TERRENO  GEOTERMIA
3. ARIA  AEROTERMIA

Quindi di hanno una coppia di fluidi, quello esterno e quello interno. Questi fluidi si trovano a contatto con i
due elementi principali: evaporatre e condensatore.

Questo circuito è composto da 4 elementi: condensatore (dove il gas condensa e si porta in fase liquida e
cede quindi calore in questa transizione di fase). Evaporatore (accade l’opposto, il liquido evapora, diviene
gas, sottrae calore latente di evaporazione). Compressione (richiede energia da una sorgente esterna,
generalmente energia elettrica che alimenta un sistema meccanico in cui il gas viene compresso e inviato al
condensatore). Espansione.

La resa termica di una pompa di calore è funzione del delta t tra evaporatore e condensatore.

Un'altra distinzione è in base all'alimentazione: pompe di calore elettriche o a gas, anche se la maggior
parte di questi apparecchi funzionano con l'energia elettrica. Quasi tutti noi abbiamo in casa abbiamo una
sorta di pompa di calore modificata. Il frigorifero o il congelatore, infatti, funzionano come una pompa di
calore, ma a ciclo inverso: il frigorifero estrae il calore dall’interno e lo disperde all’esterno, sfruttando
quello che in gergo tecnico si chiama “ciclo freddo”. La Pompa di calore, invece, utilizza il “ciclo caldo”,
estraendo cioè il calore dall’ambiente esterno in cui è installata per convogliarlo verso uno scambiatore
interno, che surriscalda l’acqua che alimenta l’impianto di riscaldamento.
Vantaggi e svantaggi delle pompe di calore

Il vantaggio principale ovviamente è il rendimento energetico. Anche se per le pompe di calore è preferibile
parlare di resa, proprio per il fatto che non producono calore, ma lo trasferiscono. Hanno un rendimento
superiore a quello delle caldaie, anche se il costo dell’elettricità è più elevato di quello del gas.

Questo vantaggio ne porta un altro: ossia al fatto che con l’installazione di questi dispositivi, si migliora
sicuramente la classe energetica dell’edificio stesso.

Un impianto geotermico ben progettato e installato nelle condizioni corrette consente di risparmiare in
bolletta circa il 40% della spesa totale per i consumi energetici (sempre che l’impianto sia dotato di un
contatore separato). L’abbinamento della pompa di calore a un impianto di riscaldamento e raffrescamento
radiante garantisce un risparmio energetico dal 40% al 70% rispetto ai sistemi tradizionali. Dal punto di vista
ambientale, invece, la pompa di calore con funzione di riscaldamento incrementa l’utilizzo di energia
rinnovabile e in questo modo riduce le emissioni climalteranti. È necessario valutare però il costo di questi
macchinari rispetto ad una caldaia ad elevato rendimento.

Il primo svantaggio che si denota è che la temperatura dell’acqua da essa prodotta non è estremamente
elevata. Per rimediare è possibile utilizzare altri dispositivi, ma questo fa diminuire la convenienza
dell’impianto al momento dell’installazione.

Il secondo problema è che alcuni modelli di pompe di calore possono essere davvero rumorosi e per questo
è consigliabile la loro installazione fuori casa, preferibilmente sul balcone. Sarà lo stesso installatore a poter
consigliare la soluzione migliore, in base alle nostre esigenze e alle caratteristiche del modello che abbiamo
scelto. Naturalmente la rumorosità potrebbe in certe situazioni far virare la scelta su altra tipologia di
riscaldamento.

Nonostante il rapporto fra spese per l’energia e rendimento termico sia conveniente, a volte l’uso di una
pompa di calore può pesare in maniera non indifferente sulla bolletta. Ma c’è una soluzione, perché è
possibile anche installare un secondo contatore, che permette di usufruire di una tariffazione elettrica
appositamente dedicata alla pompa di calore, in modo da non penalizzare troppo, per ciò che riguarda il
costo della bolletta, il consumo di elettricità.

Una pompa di calore non è più identificata da un rendimento ma da un rapporto tra energia termica ed
energia elettrica usata per muovere la macchina, che si chiama COP se la pompa è usata per riscaldare.
Quanto più le temperature sono vicine tanto più elevato è il COP e viceversa. C’è poi un limite
termodinamico, non tutti i fluidi sono in grado di evaporare e condensare a temperature molto diverse tra
loro. In questi casi si usano impianti a doppio stadio, di circuiti ce ne sono 2 e gli effetti si sommano. Si
smezzano il lavoro, tutto questo nella stessa macchina.

Se è usato per raffrescare il parametro è EER, rapporto tra freddo ed energia consumata.

I termini COP (coefficiente di prestazione) e EER (rapporto di efficenza energetica) indicano l'efficienza di
riscaldamento e di raffrescamento dei climatizzatori: in particolare, essi si rifericono al rapporto di
riscaldamento o raffrescamento fornito da una pompa di calore in base alla potenza in ingresso necessaria
per generarlo.

GEOTERMIA:

Per quanto riguarda le pompe di calore che funzionano collaborando con il TERRENO.
La Geotermia è il principio su cui si fondano le sonde geotermiche, ovvero lo sfruttamento del calore della
terra prodotto naturalmente (come il decadimento naturale dell'uranio, sostanza che si trova naturalmente
all'interno della terra). Ovviamente rappresentano uno strumento innovativo che porta con sé una serie di
vantaggi notevoli: oltre ad essere un’energia rinnovabile e completamente ecosostenibile, con emissioni
nettamente inferiori rispetto a quelle degli impianti a combustibile fossile, permettono di contenere i costi
e di risparmiare fino all’80% e di acquisire maggiore indipendenza, abbattendo i rischi di guasti, incidenti o
emissioni dannose per gli umani e per l’ambiente. Per sonda si intende uno scambiatore, in cui fluisce del
liquido che andrà poi a finire in centrale termica.

Sono dispositivi silenziosi e discreti che non creano rumore o disturbo a chi li installa. Esistono tre tipologie
di sonde geotermiche:

 Le sonde geotermiche orizzontali


 Le sonde geotermiche verticali
 Le sonde geotermiche a scambio termico

Le sonde orizzontali vengono principalmente usate per zone prevalentemente soleggiate, poiché i suoli, con
il fluido presente nelle sonde, evapora facilmente generando l’energia destinata al riscaldamento. Sono
sonde che non arrivano molto in profondità e richiedono un minore investimento iniziale. Sono soluzioni
adatte a superfici molto ampie che presentino solo vegetazione con radici poco profonde, in modo che non
vadano a intaccare le variazioni termiche. Il vantaggio è che costi e tempi sono contenuti, è un vantaggio di
installazione. Lo svantaggio è la minore efficienza, perché il terreno prossimo all’edificio ha temperatura
prossima all’aria esterna e questo penalizza il rendimento sia in estate che in inverno.

Le sonde geotermiche verticali vengono inserite ad una profondità maggiore rispetto alle sonde orizzontali
e sono meno soggette a condizioni ambientali. Queste sonde utilizzano e sfruttano la capacità della terra di
mantenere la temperatura. Per generare calore devono avere una temperatura più bassa rispetto al suolo,
permettendo così lo scambio di calore tra i due. È un sistema completamente autonomo, in grado di
scaldare in modo efficiente anche edifici di grandi dimensioni. Vengono realizzate molto raramente per il
costo, eccessivamente elevato a causa del lavoro della manodopera richiesto lavorando in profondità,
(perforare 200m ha un costo). Inoltre quando la risorse geotermica la uso sia in caldo che in freddo non si
creano derive termiche, se la si usa solo in caldo il terreno va in deriva, si indebolisce di anno in anno. Il COP
della pompa peggiora drasticamente.

Le sonde a scambio termico si possono utilizzare solo nei casi dove il sottosuolo offre dell’acqua, quindi si è
in presenza di una falda acquifera che si può sfruttare come scambiatore termico. La temperatura di una
falda varia tra i 13° e 15°. Prima di installare una sonda a scambio termico serve intervenire con scavi e
trivellazioni per non inquinare l’acqua.

Si deve prestare attenzione a non piantare alberature nei pressi di una sonda, la quale potrebbe essere
danneggiata dalle radici. Anche perché se non c’è radiazione solare diretta sul terreno la temperatura va in
deriva.

IDROTERMIA:

Se si tratta di acqua superficiale il fatto di andarne a modificare la temperatura potrebbe avere un impatto
sul micro habitat locale, soprattutto per impianti medio grandi, potrebbero alterare l’ecosistema. Non è una
soluzione che viene proposta molto frequentemente. Talvolta si utilizza l’acqua di falda come acqua. In
modo tale che non vi siano animali o vegetali a risentire del delta T. quindi i sistemi idrotermici presentano
un problema di impatto per quanto riguarda l’acqua superficiale e gestione della risorsa idrica per quanto
riguarda l’acqua di falda.
CONTROLLO CLIMATICO:

la temperatura a cui mandare il fluido termovettore può essere impostata dall’utente (c’è il rischio che la
caldaia a condensazione non vada a condensare ed il che è un peccato) oppure un controllo automatico in
cui la caldaia si autoregola sulla temperatura di mandata e di ritorno. Nei periodi miti la temperatura di
ritorno è idonea all’effetto di condensazione. È un’ottica di accoppiamento tra caldaia e terminali, in modo
da consentire l’effetto di condensazione. Sono ragionamenti che valgono per termosingoli in primo luogo,
ma anche per termocentrali.

6 maggio 2021

CONCETTI DI ENERGY PERFORMANCE:


È un concetto fondamentale, più componenti creano un sistema e il nostro obbiettivo è farlo funzionare, la
Energy Performance è un numero in base al quale poi si giunge alla classe energetica.
ENERGY PERFORMANCE = EP, è calcolata o misurata, in base all’edificio, se è preesistente (misurata) o se è
un progetto ancora da realizzare (calcolata). Ad esempio l’APE si può fare solo ad edificio fatto e finito.
È una somma di energia pesata netta consegnata all’edificio, quindi è una quantità di energia, che ci
fornisce indicazioni.
La EP ci dice quanto consumiamo, la ENERGY RATING = ER è l’energia pesata, ci dice dove consumiamo,
energia che arriva al contatore. Si dice pesata perché diviene importante misurare gli impatti energetici
ambientali di tutta la catena energetica (gasdotti). L’energia di solito parte dal combustibile fossile, ci sono
attività minerario, di trasporto, trasformatori di energia, rete di gasdotti, tutto questo viene PESATO tramite
fattori di energia primaria, per stimare quanta energia primaria richiede il sistema in questione.
Vengono definiti 5 usi di energia:
 RISCALDAMENTO
 RAFFRESCAMENTO
 ACQUA CALDA SANITARIA
 ILLUMINAZIONE
 VENTILAZIONE

sono usi necessari per un calcolo, però non esauriscono tutti gli usi di un edificio (ad esempio la lavatrice
non rientra in questi). Riscaldamento e raffreddamento sono le fonti principali di consumo, con l’avvento
del led l’illuminazione è quasi sparita dalla scena, almeno per gli ambienti interni (per l’illuminazione
stradale è un’altra storia), l’acqua calda sanitaria dipende dell’utenza, è variabile. La ventilazione è naturale
di solito, non accompagna riscaldamento o raffrescamento, deve esserci 12 mesi l’anno, se è naturale
ovviamente non vi è consumo energetico, se è meccanica sì. Sono 5 usi energetici individuati dall’Europa e
sono quelli che troviamo nei software, ma non esauriscono tutti gli usi energetici.
Una volta stabilità una quantità di energia questa può essere espressa come Energy Rating basandosi sul
valore calcolato. Traduce in modo più semplificato la quantità di energia.

Si dia inoltre la definizione di:

 SORGENTE ENRGETICA: laddove l’energia si va a prelevare (ESEMPIO: SOLE), è una risorsa naturale
da cui può essere estratta energia utile (utilizzabile) o recuperata, sia direttamente (pannelli solari)
sia indirettamente, mediante sistemi di trasformazione o conversione, ad esempio il petrolio viene
trattato e poi ne deriva il gasolio (trasformazione), una centrale che trasforma energia chimica in
elettrica è un esempio di conversione energetica.
 VETTORE ENERGETICO: trasporta l’energia, anche l’acqua calda è un vettore energetico.
 ENERGIA RPIMARIA: energia che non ha subito nessun processo di trasformazione o conversione,
tipo sole, petrolio, vento. L’unica energia elettrica presente in natura è quella dei fulmini.
 FATTORE DI ENERGIA PRIMARIA: quantità di energia richiesta alla sorgente per fornire un’unità
della stessa energia all’utente finale, considerando tutta la catena energetica: (estrazione
trasformazione accumulo trasporto… etc). per avere un KW ora netto al contatore c’è in un mondo
globale tutta una filiera energetica che viene sintetizzata in un numero che tiene conto in modo
statistico della catena. L’energia primaria non potrà mai essere definita a fattore di conversione
unitario, ci sarà sempre qualcosa che ha un suo consumo. Dipende dai vettori energetici il fattore di
conversione, per il gas è uno circa perché non richiedo molto.
 ENERGIA RINNOVABILE: è diversa dall’energia primaria, che è una disponibilità naturale di una
risorsa. L’energia rinnovabile intende se quella risorsa ha una rapidità di riproduzione paragonabile
a quella che noi andiamo a consumare. Qui la differenza tra fossile e rinnovabile. Se noi
consumiamo in pochi minuti una cosa che ha richiesto ere geologiche per formarsi allora l’energia
di base è primaria ma non rinnovabile, fa di lei una fonte fossile e non rinnovabile. Nell’est Europa
le fonti fossili sono frequenti.
 COEFFICIENTE DI EMISSIONE DI CO2: dato un vettore energetico questo può essere rapportato alla
CO2 emessa. Vi è una differenza tra emissione locale e localizzata. Ed esprimere poi in ape una
forma energetica in termini di CO2 anziché di energia primaria. La CO2 è un parametro
rappresentativo di un impatto ambientale molto vasto, l’unione di azoto che combinandosi forma
ossido di azoto (nell’aria circa il 75% è azoto) e ha un impatto ambientale. La CO2 è causa del
surriscaldamento globale.
 COMBUSTIBILI FOSSILI: fonti non rinnovabili, non primarie, derivate, Esempio: gas (riscaldamento),
carbone (per produzione di energia elettrica), petrolio (per trasporto).

13 maggio 2021

Le norme UNI TS sono specifiche tecniche composte da più parti e definiscono tra le altre cose:

1. Fabbisogno energetico per riscaldamento e raffrescamento.


2. Sistemi di riscaldamento idronici.
3. Sistemi di raffrescamento.
4. Sistemi da finte rinnovabili (eolico, biomassa, fotovoltaico, pompe di calore per riscaldamento…)
5. Tele-riscaldamento. Tele-raffrescamento.
6. Movimentazione (ascensori, scale mobili, montacarichi…)

Ora vediamo i fattori di conversione, non rinnovabili, rinnovabili e totali, dove la somma tra i fattori non
rinnovabili e quelli rinnovabili dà il contributo totale. Racchiusi in una tabella delle NTS.
Un primo settore racchiude i prodotti di origine fossile, in primo luogo i gas naturali.
In secondo piano GPL, Gas di petrolio liquefatti. In terzo piano Carbone. Da qui si scopre una cosa intuitiva,
che i combustibili fossili sono 100% fossili, non vi è quota rinnovabile e comportano un dispendio
energetico quasi minimo perché i fattori di conversione sono quasi 1. Si ricordi che 1 KW/ora di energia al
contatore sottointende che a monte avevo 2,5 KW ora circa, vi sono sicuramente state disperse nei
trasporti, anche perché spesso le centrali elettriche sono lontane dal punto di utilizzo, sono isolate.
L’energia elettrica è in parte rinnovabile, ma la proporzione è 1:4, (esempio fotovoltaico) è quasi
totalmente non rinnovabile.
Passiamo alle biomasse, con il termine biomassa si indicano una serie di materiali di origine biologica (scarti
di attività agricole, legna da ardere…) la biomassa non è 100% rinnovabile poiché la sua filiera implica uso di
altra energia che non è rinnovabile. È rinnovabile l’80% nei casi solidi e il 60% nei casi liquidi e gassosi. La
biomassa solida è quotidiana (ad esempio il pellet).
Il rapporto tra energia primaria e fonti rinnovabili sarà la base dell’APE, introdotto circa 5 anni fa perché la
direttiva lo prevedeva, è un attestato di prestazione energetica. Si differenzia la prestazione di un fabbricato
nuovo, che tenesse conto di tutto, rispetto ad un certificato energetico, che non era più finalizzato agli
addetti ai lavori, ma al mercato immobiliare.
L’ape esplicita la quota di consumi non rinnovabile. Quindi l’impatto energetico è meno importante
dell’aspetto non rinnovabile.
Poi arriviamo al tele-riscaldamento, è una forma di riscaldamento che consiste nella distribuzione
attraverso reti di tubazioni coibentate di acqua calda, surriscaldata o vapore, proveniente da una grossa
centrale di produzione. Pertanto quasi interamente non rinnovabile. Così come il tele-raffrescamento
fornisce acqua refrigerata per il raffrescamento interno di edifici, tramite una rete di tubazioni.
Infine abbiamo l’energia solare, energia istantanea, filiera 0 perché si trova sul posto, sia in termini solari
che fotovoltaici. L’energia che si recupera dall’esterno è prevalentemente rinnovabile.
Se consideriamo la pompa di calore l’energia elettrica che essa utilizza non è rinnovabile, però il calore si.
Se la pompa funzionasse a fotovoltaico sarebbe interamente rinnovabile. Anche per il free cooling si fanno
le stesse considerazioni. Il free Cooling è un sistema di raffreddamento che sfrutta la sola differenza di
temperatura con l’ambiente esterno (entalpia), pertanto quasi interamente rinnovabile.

Quanto si può delocalizzare l’impianto rinnovabile rispetto all’edificio che lo utilizza? La risposta non c’è, si
individuano fonti rinnovabili sul posto, strettamente connesse, che si chiamano ON SITE, quelle distanti che
si chiamano OFF SITE. Poi c’è quella intermedia, che va a regolare quanto il fotovoltaico o altro siano in uso
dentro all’edificio o quanto siano disconnessi e quindi da trattare a parte. Si individua un confine energetico
di un sistema da analizzare e su questo confine si vanno a afre i bilanci di energia primaria. Il fattore di
energia primaria si applica su questo confine.
ENERGIA CONSEGNATA: energia consegnata all’edificio.
ENERGIA ESPORTATA: quando l’edificio l produce e non la consuma.
Più l’energia viene manipolata e peggio è perché si incontrano maggiori dispersioni. Nel momento in cui noi
abbiamo un edifico che consuma (100) energia e la esporta (80) allora il suo bilancio (Energy performance)
e la differenza di queste due quantità (20). Attualmente va per la maggiore il concetto di edificio a energia
zero, nel futuro si andrà verso edifici a energia positiva.
L’edificio si valuta come forma di energia primaria e come emittente di CO2 emessa sulla filiera energetica.
CERTIFICATO ENERGETICO: documento riconosciuto che esprime la prestazione energetica dell’edificio. Va
a dare un colore ed una lettera per classificarlo.

202020:
L’unione europea con l’obiettivo 202020 compone in modo variegato atti, direttive, documenti, con
l’intento di ridurre le emissioni di gas serra del 20%, alzare al 20% la quota di energia prodotta da fonti
rinnovabili e portare al 20% il risparmio energetico: il tutto entro il 2020. Si ricordi che l’anno di base, di
partenza è il 1990. È questo il contenuto del cosiddetto “PACCHETTO CLIMA-ENERGIA 202020” varato
dall’UE. Le delineazioni temporali sono prospettive 2020, 2030, 2050. Un primo passo, 2030, corregge il tiro
rispetto al 2020, variando le voci 202020. L’Europa quindi prende provvedimenti di politica energetica
ambientale in termini di CO2 ed energia rinnovabile. Dal punto di vista metodologico si individuano una
serie di quantità che caratterizzano un sistema energetico:
 Energia prodotta dall’Europa (MTOE)
 Energia importata da paesi fuori dall’Europa (MTOE)
 Energia disponibile (energia prodotta + energia importata)
 Potenza installata (GW), installando molta potenza i costi sono elevati e l’impatto ambientale è
notevole. Ecco perché nel settore idroelettrico le dighe si costruiscono in Asia e Sud America, sono
impianti di un costo non conveniente, lo si fa sui grandi fiumi (di cui Cina e America sono dotati).
 Energia prodotta (TWh)
 Produzione termoelettrica. Quanto un sistema è efficace nel produrre energia.
 PARAMETRI LATO DOMANDA. Espressi in energia prodotta, € su kg di petrolio…
 PARAMETRI ENERGIA RINNOVABILE. (RES) Espressi in %.
 PARAMETRI DI GAS A EFFETTO SERRA. (GHG) Espressi in CO2.

Al momento siamo al 30% res, 30% nucleare e 42% fossile. Per il 2050 si ipotizza una prospettiva di 55% res,
20% fossile 25% nucleare. Siccome il nucleare non è climalterante come il fossile lo scenario è questo, non
si può azzerare il nucleare perché diventerebbe fossile che è anche peggio (perché causa alterazioni
climatiche=climalterante). Non si costruiscono più reattori nucleari ma quelli esistenti non si spengono in
questa prospettiva. È una fonte stabile.
L’Europa dal punto di vista minerario dispone di un’unica risorsa: il carbone. Il petrolio no, che è il più
inquinante. Il carbone fornisce una fascia importante, è un sistema di produzione elettrica con resa bassa,
ma costante. A livello globale una fonte nucleare è produttiva il 90% del tempo sull’arco di un anno, il
fotovoltaico, solare ed eolico dal 20% al 25%, un impianto a carbone sul 55%. Perché ci si sposta dal
carbone verso il gas? Perché l’emissione specifica del carbone è maggiore rispetto al gas, il gas conviene
perché è efficiente ed emette quasi la metà del carbone a parità di efficienza. Se fossile deve essere si
preferisce un fossile meno inquinante.
Al 2030 la quota di energia fornita da fonti rinnovabili è spinta oltre al 32%, si considera che alcuni paesi
sono più avvantaggiati nell’uso di fonti rinnovabili, ad esempio Malta è talmente piccola che non ha
possibilità di scelta, se pur molto soleggiata, viceversa la Norvegia non vede il sole per parecchio tempo. Il
32% è un valore medio per i vari paesi. In Italia il concetto si è diviso per regioni. Nel 2050 si ha un aumento
delle fonti rinnovabili in percentuale, le rinnovabili elettriche faranno la differenza più che le rinnovabili
termiche. L’Europa sta spingendo molto verso usi di tipo elettrico, è questo il motivo, in termini concreti si
intende incentivare molto le pompe di calore rispetto alle caldaie. Poi per le rinnovabili si passa
dall’idroelettrico al solare, eolico, perché i corsi d’acqua grandi scarseggiano. Così le res si differenziano tra
continue e discontinue.
Res eolico, res solare discontinue.
Res biomassa, res idroelettrico  continue.

17 maggio 2021

ACUSTICA:
Il suono è caratterizzato dalla propagazione di onde di pressione in un mezzo elastico, dovute alla rapida
successione di compressioni ed espansioni del mezzo stesso. Il fenomeno nasce al nascere di una sorgente
sonora e laddove è presente un mezzo elastico che ne consenta la propagazione e proprio per questo
motivo il suono non può diffondersi nel vuoto. La sorgente sonora è composta da un elemento vibrante che
trasmette il suo movimento alle particelle del mezzo circostante, le quali oscillano attorno alla loro
posizione di equilibrio. Uno dei parametri che caratterizzano il suono è infatti proprio la FREQUENZA. La
frequenza è il numero di oscillazioni effettuate in un secondo, si parla di fenomeno sonoro quando la
frequenza è compresa tra 20 Hz e 20 KHz, (se maggiori di 20 KHz allora si parla di ultrasuoni, se minori di 20
KHz si parla di infrasuoni), quest’intervallo è dovuto alla sensibilità dell’orecchio umano e alla sua
percezione.
La frequenza è definita come l’inverso del periodo, indicato con T.
Un altro parametro è la lunghezza d’onda (λ) e la pulsazione (Ώ). C e la sua velocità di propagazione.
T= 2 π / Ώ
λ= C/f
λ= CT
All’aumentare della frequenza la lunghezza d’onda diminuisce e viceversa, esattamente come per le onde
luminose, sono sempre onde.
Esempio:
20 Hz  17 metri di lunghezza d’onda
20000 Hz  20 mm di lunghezza d’onda
C= 331.6 con -10°<t<40° (temperatura)

Onda acustica = urto meccanico che si propaga attraverso un mezzo a seconda della rigidità del mezzo.

PARAMETRI SPECIFICI DELL’ACUSTICA:


Pressione acustica = scostamento della pressione attorno al suo valore di equilibrio che generalmente è
rappresentato dalla pressione atmosferica. Tale scostamento può essere positivo o negativo.
È una grandezza oscillante, la sua formulazione viene semplificata introducendo il valore efficace della
pressione acustica, grandezza misurabile strumentalmente. Nel calcolo è composta da una parte reale ed
una immaginaria. È un calcolo complesso di conseguenza. (Le formule non sono da sapere).

Impedenza acustica = il rapporto tra la rappresentazione complessa della pressione acustica e la


rappresentazione complessa della velocità delle particelle. Questo perché per un fenomeno acustico i
numeri reali non bastano, servono i numeri complessi.

Intensità acustica = è l’energia che nell’unità di tempo attraversa una superficie unitaria, è energia
meccanica di un moto che si propaga.

Potenza sonora = W = potenza trasmessa dalla sorgente acustica al mezzo elastico.

Densità di energia sonora = è l’energia acustica per unità di volume che caratterizza lo stato del mezzo
acustico in un certo istante.

In un altoparlante una potenza elettrica viene trasformato una potenza acustica, un macchinario elettrico fa
vibrare una membrana che produce suono, quindi possiamo definire “eta” come rendimento tra ciò che si
vuole ottenere e ciò che serve per ottenerlo, il rendimento dei sistemi Hi-Fi (alta fedeltà) è molto basso.
Questo di per sé non è un problema, ma una circostanza.
Esempio:
un altoparlante di 50W di potenza elettrica ha 1W di potenza acustica.

LIVELLI SONORI:
Le grandezze acustiche caratteristiche hanno un ampio campo di variabilità e per tale motivo è nata
l’esigenza di fare uso della Scala di Bel, scala logaritmica che ci consente di misurare il livello sonoro nella
famosissima forma dei DECIBEL. Più comunemente la grandezza acustica viene espressa in decibel, Db,
ossia dieci volte il logaritmo in base dieci del rapporto tra quello stesso valore ed uno prefissato di
riferimento. Il Db è diventato una grandezza rispetto a cui tutta l’acustica fa riferimento. Come riferimento
si assume la norma 21-183.
Che valori hanno i fenomeni quotidiani in Db?
La soglia degli “udibile” è tendente agli 0 Db, 120 Db vicino ad un motore aereo, 60 Db parlato normale, 20
Db il respiro, 100 Db vicino ad un martello pneumatico, 40 Db sussurro…
in pascal si misura la pressione sonora:
20 Pa motore aereo, 0.0002 respiro…
Quello che è chiamato rumore ha una curva più ampia. Meno regolare rispetto alla curva grafica del sonoro.
È stato opportuno definire:
BANDE = come intervalli di frequenza, la banda è ampia dal taglio superiore a quello inferiore ed è sempre
individuata da un valore centrale. Sono gruppi caratterizzati da ampiezza percentuale costante. Quindi lo
spettro viene suddiviso in più bande.
SPETTRO = è un grafico che si utilizza nell’analisi del rumore o di un suono, in cui vi si riportano i livelli
sonori in funzione della frequenza. Per un TONO PURO, il grafico è caratterizzato da un’unica linea
semplice, per una serie musicale da una serie di linee in corrispondenza delle frequenze fondamentali e alle
loro armoniche, per il rumore lo spettro è costituito per banda (raggruppamento di frequenze). Ad esempio
banda di ottava e banda di terzo di ottava.
RUMORE BIANCO = stesso contenuto energetico in ogni frequenza, è quel rumore che ha densità spettrale
costante, in natura non esiste.
RUMORE ROSA = caratterizzato dal fatto di mantenere lo stesso livello energetico in ciascuna banda nella
rappresentazione in bande di ampiezza percentuale costante. Ciò implica che l’andamento del livello
spettrale in banda stretta tende a decrescere all’aumentare della frequenza e di conseguenza all’ampiezza
della banda.
SONO DEFINIZIONI DI RUMORI NON PRESENTI IN NATURA.
Per diverse frequenze percepite occorrono pressioni sonore più o meno elevate per poter essere percepite.
L’orecchio umano è più sensibile alle frequenze medio-alte che alle basse frequenze. L’andamento della
sensibilità dell’orecchio umano al variare dei livelli e della frequenza è stato studiato e rappresentato su un
diagramma chiamato AUDIOGRAMMA NORMALE. È un riferimento assoluto nell’acustica. Poi si possono
definire le CURVE DI PONDERAZIONE IN FREQUENZA, per tenere conto delle diverse sensibilità dell’orecchio
umano. Le curve sono chiamate A, B, C, D. Le curve B, C, D sono pensate per rumori eccessivamente forti, la
curva A è quella a cui si fa riferimento.

ASSORBIMENTO, RIFLESSIONE E TRASMISSIONE DEL SUONO:


Esattamente come per le onde luminose, le onde acustiche si comportano allo stesso modo. Quando
un’onda sonora urta contro una parete, generalmente, una parte di questa energia viene riflessa secondo
le leggi della meccanica classica, una parte viene dissipata all’interno del materiale di cui è costituito il
mezzo, una terza parte attraversa il materiale e procede liberamente oltre. Prendiamo come esempio una
parete e non il vuoto per ovvi motivi, quindi vi è una parte assorbita, una dispersa una trasmessa.
Esattamente come quando un’onda luminosa impatta su una superficie trasparente, con la differenza che il
suono non varia al variare dell’opacità di una parete, mentre per le onde luminose la trasparenza ha
un’importanza fondamentale.
La somma di queste 3 componenti deve essere pari all’unità. Quando si parla di FONOISOLAMENTO si
intende minimizzare la componente trasmessa facendola tendere a 0. Ciò che non è trasmesso beneficia
del fonoisolamento, può essere riflesso o assorbito (fonoassorbimento). L’esigenza di fonoisolare è molto
frequente nell’ambito edile, motivo per cui si utilizzano particolari isolamenti acustici all’interno delle
pareti. Per una questione di comfort e per una questione non più finalizzata al comfort, ma piuttosto per la
qualità, per consentire una buona attività, ad esempio è il caso di una sala di musica, un cinema, un’aula.
Quindi si introducono 2 coefficienti:
 α
 R
rispettivamente i coefficienti di assorbimento acustico apparente e il potere fonoisolante.
Essi sono tra loro correlati da una forma algebrica:
α=1–R
Si chiama “apparente” perché nella percezione di chi sta in un ambiente in cui vi è una sorgente sonora
l’effetto complessivo è assorbimento, solo una parte viene effettivamente assorbita, l’altra viene trasmessa,
quindi assorbimento apparente.
R = 10*log (1/t)
Le due grandezze hanno un significato fisico diverso, alfa fonoassorbenti, R fonoisolanti.
I materiali fonoassorbenti sono i materiali leggeri molto porosi, mentre i fonoisolanti sono quelli ad alta
massa e non porosi. Non esiste un materiale acustico universale in quanto ad esigenze diverse si fa fronte a
materiali diversi. Questo ci porta a pensare all’acustica come materiale composito  isolamento all’interno
di una massa.
Come riferimento fondamentale per descrivere il comportamento acustico di un qualunque mezzo che fa
da isolamento si utilizza una curva, in cui gli assi rappresentano il potere fonoisolante (y) e la frequenza (x).
in acustica si utilizza il criterio della massa, una parete ad elevata massa è una parete con alta capacità di
fonoisolamento. Questo comportamento ha andamento lineare nel grafico ed è vero per certi intervalli di
frequenze, ma non in generale (in seguito si vedrà nel dettaglio dove questo comportamento ha validità). Si
individuano dal grafico diverse zone, zone per cui il criterio della massa non vale. Zona di coincidenza e
zona di risonanza. La massa è in grado di isolare tanto più quanto più elevata è la frequenza dell’onda
sonora che attraversa la parete. Pareti massive funzionano meglio a frequenze medio-alte, ma non
funzionano così bene a frequenze basse.
Il comportamento reale di una qualsiasi parete dipende, dalla sua massa, dalle modalità con cui è vincolata
all’estremità, ovvero di quanto è in grado di vibrare o meno in maniera autonoma.
ACUSTICA EDILIZIA:
Si trattano tutti quegli aspetti che influenzano la qualità acustica all’interno degli ambienti abitativi. Si parla
quindi di una progettazione che deve tenere conto dei contesti acustici, stazioni, ferrovie, aeroporti, stadi…

TIPOLOGIE DI RUMORE NEL CONTESTO EDILIZIO:


le sorgenti del rumore possono essere esterne o interne all’edificio, le principali fonti di rumore esterne
sono caratterizzate da traffico, attività produttiva, centrali termiche ed elettriche, attività commerciali.
All’interno invece vi sono impianti, persone, attività.

Si hanno essenzialmente 3 modalità per attenuare l’effetto di riverberazione e del rumore. A seconda del
loro principio di funzionamento si suddividono 3 categorie:
 Materiali porosi. Buona capacità di assorbimento alle frequenze medio-alte, ma non idonei alle
basse frequenze
 Risuonatori acustici che sfruttano la risonanza delle cavità. Comportamento quasi perfetto, ma per
una banda limitata di frequenza.
 Pannelli o membrane vibranti. Idonei ad assorbire le basse frequenze e non le alte.
Forniscono smorzamento ed evitano risonanze, negative per l’isolamento acustico. Dall’unione di più
meccanismi di assorbimento si riesce ad avere materiali completi e ridurre il rischio di problematiche legate
all’aspetto acustico. Affrontiamo in maniera più dettagliata il comportamento di questi materiali.
I materiali porosi assorbono energia meccanica e la trasformano per attrito in energia termica. L’onda
meccanica impatta, struscia e si trasforma, quindi viene dissipata in forma termica dell’energia.
Esempi:
Lana di roccia, lana di vetro, fibre di canapa. Poliestere. Caratterizzati da microporosità.
Un unico svantaggio, alle basse frequenze ha potenziale nullo. Non funziona proprio. Ma per le nostre
situazioni non è molto rilevante.
A valori elevati di alfa si hanno alte frequenze, mentre alle medie e basse frequenze l’assorbimento acustico
aumenta con lo spessore dei pannelli. L’assorbimento può essere anche selettivo, usando spessori ridotti di
materiale collocato ad una certa distanza dalla parete rigida da trattare.
La scelta del materiale poroso dipende dal tipo di applicazione, dall’assorbimento, dalla facilità di
lavorazione, dal comportamento al fuoco…

Risuonatori acustici, formati da cavità, hanno una precisa geometria che si comporta in un modo MASSA-
MOLLA, la volta in cui l’onda raggiunge il risuonatore invece di essere rigidamente trasmessa alla parete
(effetto indesiderato) è trasmessa in maniera smorzata. Questi risuonatori possono essere usato come
impiego complementare dei materiali porosi.

Pannelli vibranti, costituiti da lastre di materiale non poroso, quale ad esempio il legno compensato,
montati su un telaio che li mantiene distanziati dalla superficie da trattare, formando così un’intercapedine
d’aria. Ancora una volta si deve evitare un impatto rigido tra onda sonora e superficie.
Esattamente come un diaframma i pannelli vibrano una volta colpiti dall’onda sonora e smorzano così
l’impatto. Il pannello deve essere sufficientemente elastico, deve deformarsi. Il fatto che sia vincolato alle
estremità gli consente di deformarsi, in caso contrario si muoverebbe come un piano rigido. I pannelli
vibranti hanno un comportamento selettivo, solo i materiali porosi possono essere usati su uno spettro
esteso, gli altri componenti hanno un comportamento complementare rispetto ai materiali porosi, quindi
agiscono su brevi tratti.

Sistemi misti: unione di più sistemi che vanno a risolvere il maggior numero di problematiche legate agli
isolanti, per ottenere una tecnologia il più completa possibile che vada a coprire le varie frequenze.

Se una parete ha molta massa la validità del criterio della massa si riduce, quindi non si risolve il problema
aumentando la massa. In linea generale il potere fonoisolante di un singolo pannello è definito dalla sua
massa, ma essendo la frequenza critica inversamente proporzionale allo spessore del pannello,
all’aumentare della massa la frequenza critica si porta a valori sempre più bassi, anche al di sotto di una
soglia di riferimento che è 5000 Hz, l’aumento di spessore è sensato a frequenze medio-basse, è
controproduttivo per le alte frequenze. Quanto più si aumenta lo spessore tanto più decade l’ipotesi di
flusso acustico monodimensionale, tanto è che il criterio fa riferimento a pareti sottili, pareti per cui
l’ipotesi di flusso acustico monodimensionale è verificata.
Esempio: l’effetto di risonanza di spessore si manifesta per spessori superiori ai 15-20 cm.
Sp = 5 cm  frequenza critica = 500 Hz  risonanza = 15100 Hz
Sp = 40 cm  frequenza critica = 60 Hz  risonanza 1890 Hz
Quando il criterio della massa è valido l’aumento della massa fa sì che vi sia un aumento di resistenza
acustica.

Studiamo ora diverse tipologie di parete:

Il laterizio è il materiale meno omogeneo, essendo forato, la teoria decade, non ha un comportamento
acustico isotropo. Qui si ha un effetto che va ad ampliare la zona di coincidenza e quindi il criterio della
massa si va a perdere perché le proprietà meccaniche dei materiali non sono costanti lungo la parete e
questo porta alla determinazione di valori incerti della frequenza critica e delle frequenze di risonanza.

Per pareti doppie in cartongesso lo studio è più complicato, cartongesso e lana di roccia per isolamenti
interni sono i materiali più usati. La massa viene raddoppiata, ma è disconnessa, inoltre vi è un materiale
fonoassorbente nella cavità che si va a realizzare tra le due pareti. La massa è stata raddoppiata affiancando
due cartongessi disconnessi tra loro quindi si ottiene un triplice effetto. Dopo ciò si vanno a separare i due
cartongessi ottenendo un’intercapedine (pannello doppio) e si hanno effetti indesiderati dovuti alle
risonanze che si verificano nell’intercapedine. Per prevenirle si inserisce nell’intercapedine del materiale
fonoassorbente, in modo tale da ripristinare quella validità di massa originaria. Si ottiene un
comportamento ottimo del potere fonoassorbente senza penalizzare le questioni relative alla risonanza.
Laddove si hanno cavità non gestite queste creano problemi di fonoisolamento, mentre le cavità gestite
(progettate) consentono il fonoassorbimento, perché la turbolenza della cavità diventa poi dissipazione in
attrito. Nel caso non progettato invece la cavità interrompe la linearità della parete e crea una debolezza.
Andare a distanziare i pannelli abbiamo detto che permette di inserire isolante, il che ha un effetto positivo.
Laddove abbiamo un aumento di distanza si ha un miglior comportamento del potere fonoisolante alle
basse frequenze.

PONTE ACUSTICO:
Risparmio energetico e comfort acustico sono ormai l’obiettivo fondamentale per i nostri edifici.
Ponte inteso come perdita marcata di fonoisolamento, dovuto ad una discontinuità. La volta in cui la parete
doppia abbia degli elementi di ancoraggio perimetrale si ha una trasmissione sonora diretta e anche un
effetto di disturbo laterale attraverso i ponti termici (giunti). E questo è inevitabile nella costruzione.
In linea generale il ponte acustico è più grave del ponte termico. I Ponti acustici sono a tutti gli effetti vie
preferenziali che collegano due ambienti diversi, il rumore percorre tali vie per oltrepassare agevolmente
pareti e solai che ci dividono da altri ambienti e dal mondo esterno. In una facciata esterna gli elementi più
deboli dal punto di vista acustico sono i componenti finestrati, questi assieme a prese d’aria e cassonetti
possono diventare ponti acustici molto importanti.

Ma la trattazione dell’acustica non riguarda solo le pareti, ma anche i solai. I quali propagano l’onda sia in
forma diretta che in forma indiretta, ovvero attraverso le strutture laterali che delineano la stanza (pareti al
piano di sotto) quindi si crea un ponte acustico, motivo per cui va progettato a dovere. Nasce un’esigenza
di una sconnessione che interrompa il propagarsi del rumore, sconnessione creata da un tappetino
acustico.
Di sicuro i materiali rigidi non aiutano per la questione acustica.
DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DEL POTERE FONOISOLANTE = R

Viene effettuata in laboratorio, due ambienti sono separati da giunti elastici e poggiano su fondazioni
distinte, le trasmissioni laterali di energia sono ridotte al minimo, per ciascuna frequenza si misurano i livelli
di pressione sonora nell’ambiente relativo.
S = superficie del divisorio
A = rea acustica del divisorio
L1 = distanza dalle pareti nella stanza 1
L2 = distanza dalle pareti nella stanza 2
R = l1 – l2 + 10log S/A

20 marzo 2021

Si è detto che la propagazione dell’onda è in funzione della rigidità del mezzo. Ora vengono rappresentate
una serie di modalità applicative e costruttive nei confronti dell’isolamento acustico:
 Divisorio, composto da montanti e lastre di cartongesso, a interasse di 60 cm (interasse tra i
montanti), tra i due pannelli vi è lana di roccia. Questo è il caso di parete leggera, stratificata a
secco. Ora vediamo il comportamento complessivo della parete: nel campo delle medio-basse
frequenze funziona molto bene rispetto alle medio-alte. Rw rappresenta il comportamento
complessivo della parete e lo si individua intorno ai 500 Hz. In questa curva il criterio della massa è
indiscutibile e va a cedere a frequenze medio-alte. L’andamento del potere fonoisolante di queste
pareti cresce con una pendenza molto ripida al variare della frequenza, alle alte frequenze si
osserva una brusca diminuzione del potere fonoisolante dovuta al fenomeno della coincidenza.
 Divisorio, composto da montanti, esattamente come nel caso precedente con la sola differenza che
le lastre di cartongesso sono 2 per lato (sovrapposte). Il raddoppio delle lastre di cartongesso
presenta un brusco andamento dalle basse alle medie frequenze e poi irregolarità alle alte
frequenze, pertanto come prima alle basse frequenze il potere fonoisolante è scarso e alle alte
frequenze si ha un rapido decadimento delle prestazioni (passati i 2000 Hz circa). Quindi si deduce
che il comportamento è migliore alle medie (medio-basse, medio-alte) frequenze.
 Divisorio disaccoppiato, composto da montanti, in cartongesso con due telai, due lastre per ciascun
lato e pannelli in lana di roccia. Quindi si presenta un’intercapedine tra i due telai (d’aria). Qui si ha
un comportamento in assoluto migliore, soprattutto nel campo delle frequenze medio-basse, ma
anche alle medio-alte, dove il comportamento è attenuato. Costa di più, è più impegnativa, richiede
più manodopera, ma ha prestazioni migliori. Anche in questo caso si può ottenere un valore per
Rw, il quale fornisce indicazioni riguardanti la tipologia costruttiva. Nell’espressione di Rw si
presenta “E”, spessore delle fibre minerali, “d” spessore dell’intercapedine, “M” massa areica
totale.
 Pareti monostrato, (Poroton), non siamo più nella tipologia leggera stratificata a secco, ma nelle
pareti pesanti (cls, pietra, laterizio, o derivati) stratificate ad umido. Non è necessariamente una
struttura piena, può essere anche forata. Quindi siamo in una casistica che segue il criterio della
massa. Ad una sollecitazione acustica questa parete risponde bene alle alte frequenze e meno bene
alle basse. A 500 Hz (settore stabile di comportamento) si ha un Rw di 53/54 Db. Si prende in
considerazione una parete con una massa pari a 5 volte quella di prima in cartongesso. Di
conseguenza l’utilizzo di tecnologie massive non si prende in considerazione solo per motivi
acustici, ma per motivi di attrezzabilità.
 Pareti multistrato, pareti pesanti, tecnologia ad umido, doppio tavolato, con intercapedine, o vuota
o riempita con materiale isolante (lana di roccia). Stratigrafia: intonaco + tavolato + intercapedine
di 12 cm + tavolato in cls alleggerito + intonaco. Qui si ha un comportamento che non risente più di
turbolenze a frequenze medio alte. È sicuramente più complessa e impegnativa come tecnologia,
più pesante. Sicuramente a seconda di cosa contiene l’intercapedine il comportamento varia,
un’intercapedine con isolante garantisce determinate prestazioni, alle alte frequenze sono
minimizzate le turbolenze e a 500 Hz si ha un valore di riferimento con Rw = 54/57 Db.
 Parete con placcaggio (con controparete) in lana di roccia e cartongesso, già preassemblati in
stabilimento. I sistemi placcanti vengono generalmente realizzati con lastre di cartongesso da 13
mm, preincollate ad uno strato di lana di roccia di spessore 4-8 mm. La controparete, applicata in
aderenza alla parete vera e propria, ne migliora il comportamento acustico, si va a 60 Db per
500Hz, intorno ai 1500 Hz si va quasi a 65 Db (valore di fonoisolamento). Aumentando la massa
complessiva si ha un beneficio acustico importante, senza avere però spessori eccessivi. Quindi il
criterio della massa vale, però alle estremità vi sono comunque turbolenze. Per estremità si
intendono frequenze molto alte e frequenze molto basse.

Ora si fa un ragionamento analogo per quanto riguarda le facciate. L’isolamento acustico di una facciata
dipende dalle proprietà acustiche di tutti gli elementi che la costituiscono, ma il risultato finale è influenzato
dagli elementi più debole cioè dalle finestre, porte, cassonetti, prese d’aria. Quindi si hanno poteri
fonoisolanti diversi a seconda delle aperture, in particolare dal numero di aperture presenti. In una facciata
vi sono diversi percorsi di trasmissione del suono: per via aerea, per via strutturale, attraverso le aperture,
attraverso gli elementi di facciata, per via ibrida.
In questa fase si considerano quindi più elementi, non a caso nei calcoli sono presenti i simboli di
sommatoria, una superficie complessiva di facciata è composta da molteplici componenti che influenzano la
sua tecnologia.

Per quanto riguarda invece i pavimenti galleggianti, è fondamentale definire le particolarità di questo in
termini acustici. L’uso dei pavimenti galleggianti è la soluzione più frequentemente utilizzata per la
riduzione del rumore da calpestio. Essi devono essere ovviamente dotati di resistenza a compressione,
quindi non possono essere eccessivamente deformabili. La posa in opera è essenziale ed è essenziale anche
inserire una disconnessione elastica perimetrale per evitare ponti. Quando è montato a regola d’arte il
pavimento galleggiante può ridurre il rumore fino a farlo arrivare anche a 30 Db.
Stesso solaio ma diverse finiture: parquet e ceramica. Il potere fonoisolante è il medesimo per frequenze
medio-basse, ma si ha poi una forte divergenza sopra i 500 Hz, dove la ceramica è essenzialmente più
stabile rispetto al parquet.
Quindi la progettazione acustica si può affrontare in termini verticali e orizzontali.

Per l’esame: di acustica studia grandezze di riferimento, frequenza, periodo… etc.


Definizioni di grandezze acustiche (a prescindere dalle formule che non ci saranno). Compresa potenza sonora ed efficienza acustica.
Concetto di grafico frequenza-decibel, audiogramma, curva di ponderazione, scala di Bel, approssimazione logaritmica dei decibel.

GLI IMPIANTI SOLARI:


Partendo dalle basi, l’inclinazione del raggio solare è massima il 21 giugno (29°) e minima il 21 dicembre
(22°). Lo studio del sole e dei suoi movimenti diviene fondamentale in termini di tecnologie impiantistiche.
È ormai evidente come l’energia solare sia fondamentale nella progettazione moderna. Il ragionamento
solare-termico va verso edifici NZEB, si correla il fabbisogno di energia termica con le caratteristiche
dell’edificio stesso (involucro e area geografica). La produzione solare avviene sull’arco dell’anno e
conseguentemente si individua un consumo che sia altrettanto esteso all’arco dell’anno. Il sole è una
risorsa disponibile tutto l’anno e inesauribile. Il pannello solare termico ha una particolarità, non può
rimanere ombreggiato (quindi non funzionare) per più di un certo periodo di tempo. Per un sistema solare
stare fermo è un rischio:
 Il gelo è un primo rischio, comporta di dover additivare sostanze per abbassare il punto di
congelamento dell’acqua contenuta nei pannelli. Essendo il ghiaccio espansivo questo andrebbe a
rompere i pannelli. Però l’additivo non è esattamente la soluzione ottimale.
 Il secondo rischio è l’ebollizione, se il sole è disponibile ma l’utente non fa uso dell’impianto. Ad
esempio a luglio si usa acqua fredda sanitaria, così il pannello rischia di andare in ebollizione. Cosi
parte della miscela evapora e si dissipa tramite la valvola di sicurezza, così i rapporti della miscela
variano. La miscela è composta da acqua e glicole. Se questo fenomeno va oltre un certo limite
(acqua evapora totalmente e il pannello è soggetto a continuo irraggiamento) si possono creare
disgiunzioni dovute a rotture date dall’eccessiva dilatazione dei componenti. L’impiantistica solare
deve essere così tarata sull’uso e sulla stagionalità.
L’impiantistica solare, necessita di manutenzione periodica, sia solare termico che fotovoltaico.
Manutenzione, pulizia e controlli devono essere periodici. Se ho pochi metri quadri da coprire e devo
scegliere tra solare termico e fotovoltaico devo guardare all’utenza. Se l’energia termica prodotta sull’arco
dell’anno è utilizzata va bene, se ci sono dubbi si lascia perdere. Il fotovoltaico non utilizzato non si
danneggia, il termico sì. Quindi si valuta la destinazione d’uso (la richiesta di acqua calda sanitaria deve
essere tale da motivare un impianto), l’uso sull’arco annuale, i metri quadri disponibili, la zona geografica,
l’inclinazione e l’orientazione della falda.
Si differenzia l’uso del sole tra aspetti termici passivi ed attivi. Il sole c’è quasi sempre sopra un edificio.
Pertanto sono necessarie le schermature per evitare eccessivi effetti serra e riscaldamenti.
Esistono varie tipologie di pannelli solari:
 Pannello a fluido liquido con protezione. A piastra piana vetrata. Funzionano meglio poiché la
protezione va ad innescare l’effetto serra. Il rapporto tra resa e costo di realizzazione è buono.
Motivo per cui questo sistema è più efficiente rispetto a quello successivo. L’effetto serra riduce la
dispersione rispetto l’ambiente esterno, inoltre mantiene il calore più a lungo al suo interno. Qui il
circuito solare è chiuso, l’acqua che circola non è la stessa fornita. Nell’intercapedine si formano
però moti convettivi.
 Pannello a fluido liquido senza protezione. Semplici ed economici, ma funzionano solo in condizioni
di soleggiamento molto elevato, se no non si attivano. Si usano quasi solamente per riscaldare le
piscine scoperte, poiché il riscaldamento è di qualche grado, in modo da rendere l’acqua più
confortevole. Qui l’acqua che circola è la stessa che si utilizza perché di fatto non ha esigenze
potabili. Funzionano quindi a CIRCUITO APERTO.

N.B.
Dentro le serpentine scorre dell’acqua gricolata (raramente solo acqua) in ogni caso, quel che varia è la
temperatura dell’acqua in funzione del soleggiamento. Poi vi è un elemento di contenimento, un materiale
isolante sul fondo, una piastra metallica piana posta sotto la serpentina. Poi una vetratura superiore che
può esserci come no.

 Pannello a fluido liquido con tubi sotto vuoto. In condizioni climatiche non favorevoli. L’isolamento
termico tra acqua che circola e ambiente esterno è ottenuto attraverso il vuoto. Impedisce
l’innescarsi di moti convettivi (cosa che invece si ha nell’intercapedine del pannello a piastra piana).
Questa tipologia ha principalmente due varianti: con tubi fluido separati o concentrici. L’impianto
idraulico è lo stesso ma l’effetto di conversione energetica è più efficiente. Questi pannelli però
sono più costosi e più fragili, sono più efficienti ma non sempre più convenienti. Costano di più e
durano meno rispetto ai tradizionali.
 Pannello ad aria tipo a cassetta. Il fluido che circola è aria. Tecnologia lontana, deriva dal muro di
trombe, dove l’intero edificio fungeva da collettore solare, qui invece il collettore è localizzato alla
cassetta. Il vetro innesca un effetto serra che riscalda l’aria di rinnovo. Può essere inteso come
accoppiamento della ventilazione degli ambienti interni oppure come preriscaldamento dell’aria
gestito poi da un sistema idraulico (impianti ad aria). La costruzione del pannello è semplice, la
durabilità è garantita, tuttavia presenta svantaggi: la capacità termica dell’aria è minore rispetto
all’acqua, la resa energetica è più bassa, il funzionamento è solo istantaneo, se il soleggiamento
non è diretto il sistema non funziona. Sono soluzioni rare.

Il pannello è l’elemento principale, ma anche il boiler ha una funzione rilevante. Nei circuiti solari idronici è
molto importante il boiler di accumulo che serve per accoppiare due profili che tendenzialmente sono
disaccoppiati: produzione e consumo.
Immagazzina energia termica quando la produzione >> consumo mentre la rende fruibile se il consumo è >>
della produzione. Boiler che nella maggior parte dei casei è cilindrico e disposto verticalmente, perché
l’acqua si va a stratificare, l’acqua dell’acquedotto in basso e si interfaccia con acqua dei pannelli solari. Nel
caso di impianto esclusivamente solare lo schema è:
acqua fredda che si riscalda a contatto con il serpentino (immerso nel boiler), si porta in alto nel boiler e
viene successivamente utilizzata. Nella parte alta del boiler la temperatura sarà elevata. I serbatoi possono
essere di più tipologie: a semplice serpentino (servono solo ad accumulare calore), ad intercapedine, a
doppio serpentino, serbatoio combinato, serbatoio semplice con scambiatore esterno.
In ogni caso c’è dell’acqua che da fredda diventa calda e si riscalda in queste modalità.
Altri due aspetti sono il criterio di controllo e l’idraulica generale.
Un pannello solare è uno scambiatore di calore, deve esserci un dispositivo che ferma o attiva la pompa di
calore, un dispositivo di REGOLAZIONE, termostati e attuatori (sensoristica) che consentano di accendere
l’impianto solo quando la temperatura di produzione solare è più elevata della temperatura di stoccaggio
del boiler, altrimenti si crea un effetto controproducente. La regolazione può essere con termostato o con
termoregolatore differenziale (la più diffusa), questo secondo sistema è di tipo ON/OFF. C’è un terzo caso,
con sistema di valvole a 3 vie comandato dalla centralina. Nel caso 4 ci sono 2 centraline e nel caso 5 due
boiler di accumuli (può divenire conveniente separare gli accumuli o i livelli di produzione solare in modo
tale che i funzionamenti siano su più dispositivi in serie).

GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI:


Argomento affine all’energia elettrica, gli usi su scala di energia elettrica sono esagerati. L’energia elettrica è
sempre stata interpretata come qualcosa di estremamente utile, in relazione anche alle normative vigenti.
L’incremento di fotovoltaico costituisce una rivoluzione ambita su grande scala ed in molti campi. In
mancanza di incentivi lo sviluppo stesso si è portato quasi a 0, ma ora con particolari strategie di bonus e
“superbonus” è nuovamente oggetto di ampia installazione.
La tecnologia fotovoltaica si basa su un concetto tipicamente discontinuo: la disponibilità solare. Questo
aspetto è in comune per pannelli solari e pannelli fotovoltaici, cambia poi l’utilizzo di questa disponibilità.
Partiamo quindi da alcune considerazioni.
La radiazione solare viene filtrata dall’atmosfera, la componente ultravioletta schermata e assorbita dallo
strato di ozono consentendo la sopravvivenza alle forme biologiche, ciò che arriva al suolo quindi è solo una
parte della radiazione totale emessa. Se si rapporta l’energia solare alla quota complessiva disponibile a
livello extratmosferico si ha:
25%  riflessa, 18%  diffusa e 5%  assorbita.
L’atmosfera si comporta come un materiale trasparente. La quota che ci interessa è la componente diretta
e la componente diffusa e (talvolta) la componente riflessa. La componente diretta ha una quota di potenza
molto più elevata della componente diffusa. N giornate serene la diretta è prevalente, in giornate nuvolose
la prevalente è la diffusa. Tuttavia ai fini delle tecnologie solari la diretta funziona meglio. Tutte le
applicazioni solari hanno come dato di partenza un dato climatico: la radiazione solare disponibile.
Quindi riassumendo, al diminuire dell’irraggiamento sulla cella diminuisce la corrente fotovoltaica generata.

Un impianto fotovoltaico è un impianto elettrico costituito essenzialmente dall'assemblaggio di più moduli


fotovoltaici che sfruttano l'energia solare per produrre energia elettrica mediante effetto fotovoltaico.

Come avviene questo meccanismo di conversione da energia radiante ad energia elettrica? Si fa


riferimento al silicio, elemento ampiamente diffuso sulla terra, è un semiconduttore ed è molto usato nel
fotovoltaico e nelle sue celle. La cella è un sistema a semiconduttore (quindi attivabile solo in determinate
situazioni).
Un pannello fotovoltaico è costituito da unità più piccole, chiamate celle fotovoltaiche. Se posto in termini
semplici, i fotoni, o particelle di luce, trasferiscono la loro energia agli elettroni liberi presenti sulla cella
composta da silicio che, a loro volta, si “agitano” e producono il flusso di elettricità. Ogni cella è formata da
due strati di silicio, un materiale semiconduttore appartenente alla categoria dei semimetalli, che viene
impiegato intensivamente anche nella microelettronica. Per funzionare, una cella fotovoltaica deve stabilire
un campo elettrico. Così come avviene per un campo magnetico, in cui sono presenti due poli opposti,
anche nel caso del campo elettrico si assiste alla presenza di due cariche opposte separate tra loro. Per
creare questo campo, chi produce pannelli fotovoltaici dà vita ad un processo chiamato “drogaggio del
silicio”, che prevede l’aggiunta di atomi di un preciso elemento ai semiconduttori con lo scopo di alterare la
loro stabilità elettronica. Nello specifico, allo stato di silicio soprastante viene aggiunto del fosforo, al fine di
caricarlo negativamente; allo strato sottostante, invece, viene aggiunto del boro, che gli permette di
assumere una carica positiva. Nel momento in cui un fotone colpisce un elettrone libero tra i due strati, il
campo elettrico lo spinge verso delle piastre metalliche presenti sui lati della cella che lo trasferiscono
all’interno dei cavi elettrici.
Più celle  pannelli, più pannelli  una stringa, più stringhe  generatore, impianto.
Per ottenere un effetto elettrico sufficientemente in scala con le applicazioni dell’edificio una cella non è in
grado, si deve dimensionare l’impianto, assemblando le celle e le stringhe, così da ottenere un valore di
corrente elettrica compatibile con gli usi.
Vi sono pannelli integrati architettonicamente e quelli ventilati, la norma va a premiare quelli ventilati per
l’ottimizzazione dell’efficienza.
Tutto il fotovoltaico si misura in KW di picco.
La potenza di picco, o potenza nominale di un impianto fotovoltaico è la potenza elettrica massima che
l’impianto fv è in grado di produrre nelle condizioni standard di temperatura 25 °C e radiazione solare
incidente di 1000 Watt/m2.
L’inverter è un trasformatore di corrente e serve per due motivi:
1. la cella per come è costituita eroga una corrente continua ma le applicazioni in uso civile sono in
corrente alternata, serve alternare la corrente per poterla rendere fruibile.
2. Serve per arrivare al portaggio nominale di 220 V.

Ed è proprio qui che entra in gioco l’inverter fotovoltaico. Il suo compito principale è proprio quello di
convertire la corrente continua generata dai pannelli, in corrente alternata a 230 volt e 50 Hz. Accanto a
questo, ci sono tutta una serie di funzioni altrettanto fondamentali:

 Contribuisce al rendimento energetico di un impianto fotovoltaico ottimizzandone la potenza


 Il suo rendimento determina la quantità di energia elettrica che da continua viene trasformata in
alternata.
 Segnala la presenza di eventuali anomalie.
 Protegge il sistema in caso di blackout o sovratensioni.
La potenza elettrica erogata è il prodotto del voltaggio per intensità di corrente.

TIPOLOGIA DEI MODULI FOTOVOLTAICI:


 Moduli in silicio cristallino.
o Monocristallino. 1 solo cristallo, omogeneo a cristallo singol, più efficiente.
o Policristallino. Prestazione intermedia.
o Silicio amorfo. Meno efficiente.
 Film sottile. Prezzi al kw inferiori ai tradizionali pannelli fotovoltaici (in silicio mono o poli cristallino)
ma sono utilizzati sul mercato soprattutto per i grandi impianti fotovoltaici, per le grandi
installazioni, spesso poste a copertura di vaste superfici non perfettamente orientante (o
orientabili) al sole: ad es. vaste coperture irregolari o pareti verticali o perfettamente orizzontali. La
caratteristica dei pannelli fotovoltaici a film sottile è infatti quella di produrre buoni rendimenti
anche in presenza di luce diffusa o in presenza di elevate temperature, che in genere fanno
abbassare i rendimenti dei classici pannelli in silicio cristallino. D’altro canto i pannelli a film sottile
hanno un minore rendimento, inteso come superficie occupata per kw prodotto. Hanno infatti
bisogno di maggiori superfici installative, rispetto ai tradizionali moduli in silicio cristallino, per
poter produrre lo stesso quantitativo di energia. Questa “pecca” è compensata da almeno quattro
fattori:
o costano meno;
o producono meglio in condizioni di scarsa luminosità;
o lavorano bene anche se non perfettamente orientati e inclinati verso il sole;
o producono meglio a temperature elevate.
 Ibrido. Con una sintesi estrema, possiamo definire il fotovoltaico ibrido come un sistema di pannelli
“doppio”: uno o più pannelli saranno dedicati alla generazione di energia elettrica, mentre una
seconda sezione sarà dedicata alla creazione di acqua calda sanitaria, grazie all’utilizzo di un
pannello termo solare. Questi pannelli ibridi nascono dalla fusione di due tecnologie pre esistenti; il
vantaggio principale è ottenuto in termini di spazio. Infatti, con una superficie minima sarà possibile
ottenere sia energia elettrica che acqua calda, senza dover gestire più sistemi
contemporaneamente. Ma questa tipologia di pannelli ha anche un altro, insospettabile beneficio:
quello di aumentare notevolmente l’efficienza energetica del fotovoltaico.
 Impianti isolati. Sono impianti non collegati alla rete elettrica e sono indicati in caso di assenza di
collegamento alla rete elettrica. In questo caso, il fotovoltaico rappresenta un’ottima soluzione
impiantistica in grado di coprire in tutto o in parte i carichi elettrici di un edificio isolato. Gli
componenti fondamentali di un impianto fotovoltaico isolato sono:
o i moduli fotovoltaici,
o l'inverter, nota bene: l’inverter costituisce un elemento indispensabile per tutti gli impianti
fotovoltaici connessi alla rete. Gli impianti isolati, invece, possono anche farne a meno, a
condizione però che tutte le apparecchiature elettriche dell’utenza (lampadine, frigoriferi,
ecc.) siano predisposte per essere alimentate con corrente continua a bassa tensione. Gli
impianti che possono fare a meno dell'inverter sono soprattutto quelli di piccole
dimensioni.
o le batterie di accumulo, le batterie di accumulo hanno la funzione di immagazzinare
l’energia prodotta dai moduli, per poter supplire alle esigenze elettriche dell’utenza nei
momenti in cui la radiazione solare non è disponibile (vedi anche "Batterie di accumulo" nel
menu di destra).
o il regolatore di carica, che serve sia a supervisionare il funzionamento dell'impianto che a
proteggere le batterie di accumulo da un eccesso di carica (dai moduli verso le batterie) o di
scarica (dalle batterie verso l’utenza). Grazie al regolatore di carica, le batterie di accumulo
danno il massimo delle prestazioni e hanno una maggiore durata.
 Impianti ad isola. Diviene necessario un sistema di accumulo a batteria. La rete fa da grande
accumulo per il sistema. Gli impianti fotovoltaici di connessione a rete hanno la particolarità di
lavorare in regime di interscambio con la rete elettrica locale. In pratica, nelle ore di luce l’utenza
consuma l’energia elettrica prodotta dal proprio impianto solare, mentre quando la luce non c’è o
non è sufficiente, oppure se l’utenza richiede più energia di quella che l’impianto è in grado di
fornire, sarà la rete elettrica che garantirà l’approvvigionamento dell’energia elettrica necessaria.
Dall'altro lato, nel caso in cui l’impianto produca più energia di quella richiesta dall’utenza, tale
energia potrà essere immessa in rete. In questo caso si parla di cessione delle “eccedenze” alla rete
elettrica locale. Tra gli esempi più comuni vi sono impianti solari installati su tetti di abitazioni,
capannoni industriali o aziende agricole, già collegate alla rete elettrica.

27 maggio 2021

ILLUMINOTECNICA:
La luce di fatto è una forma di radiazione elettromagnetica, è una piccola parte di uno spettro molto più
ampio, noi chiamiamo luce quello che il nostro occhio è in grado di percepire, ossia la una determinata
banda della radiazione solare. La luce è quella parte di radiazioni che viene recepita dai nostri occhi. Altri
animali vedono altro (come ultravioletto o infrarosso). La lunghezza d’onda dei fotoni (onda
elettromagnetica) varia ed al variare di questi abbiamo radiazioni infrarosse (visualizzate tramite
termocamere), microonde e tutte queste sono lunghezze d’onda molto elevate, intorno ai 10^5, sistemi a
bassa frequenza. Mentre lunghezze nell’ordine di 10^10 caratterizzano i raggi x, i raggi gamma, gli
ultravioletti. Infine onde radio, onde ultra corte, intorno ai 10^0.
La lunghezza d’onda va dai 380 nm ai 780 nm. Di giorno i fotoricettori che ci fanno vedere i colori sono i
coni, di notte invece si attivano i bastoncelli e vediamo solo toni di grigi.
Per differenti lunghezze d’onda la visione diurna ha uno spostamento di lunghezza d’onda rispetto alla
notturna ma il range 380-780 è quello utile ai fini visivi.
La luce ha 3 aspetti e relativi effetti:
 Funzione visiva. Illuminazione a norma dei posti di lavoro, gradevole e senza abbagliamenti.
 Luce per percezioni emotiva. Illuminazione che sottolinea le architetture, che struttura e crea
atmosfera.
 La luce con effetto biologico. Sostiene il ritmo circadiano, rende attivi o rilassa.
Ora definiamo le grandezze illuminotecniche:
o Flusso luminoso; Φ. Misurato in Lumen (lm), flusso emesso da una sorgente luminosa in tutte le
direzioni in cui sta emettendo. Si definisce flusso luminoso F l’intera potenza di radiazione emanata da
una sorgente luminosa, valutata in base alla sensibilità spettrale dell’occhio. Il quale si rapporta ad
una superficie o ad un angolo e crea:
o Illuminamento; E. Si misura in lm/m^2 ossia Lux. E=Φ/A. L’illuminamento E indica il rapporto
tra il lusso luminoso incidente e la superficie illuminata.
o Intensità luminosa, I. misurata in candele, cd. In generale una sorgente luminosa emana il
proprio lusso luminoso F in varie direzioni con diversa intensità. L’intensità della luce irradiata
in una determinata direzione viene definita intensità luminosa I.
Le cose possono essere sommate per ottenere
o La Luminanza, L. In cd/m^2. La luminanza L di una sorgente luminosa o di una supericie
illuminata è determinante per la sensazione di luminosità percepita.

Sia chiara la differenza tra Lux e Lumen. Il Lumen indica il flusso luminoso totale emesso da un apparecchio.
Lux indica la misura in cui viene illuminata una superficie da una luce. Una lampada da 1000 lumen, che
distribuisce la sua luce su una superficie di 1 m², illumina questa zona con 1000 lux. Gli stessi 1000 lumen
distribuiti su 10 m² illuminano la zona di 100 lux.

Definendoli concettualmente:
Flusso luminoso = quantità di luce emessa da una certa sorgente o apparecchio di illuminazione.
Efficienza luminosa = rapporto tra flusso luminoso e la potenza elettrica assorbita, lm/W. L’efficienza
luminosa h indica l’efficacia con la quale la potenza elettrica assorbita viene trasformata in luce.
Intensità luminosa = è la quantità di luce emessa in una certa direzione. Dipende da buona parte dagli
elementi che guidano la luce come ad esempio i riflettori. Il grafico che la rappresenta si chiama curva
fotometrica.
Illuminamento = è la quantità di flusso luminoso che incide su una superficie. Gli illuminamenti necessari
sono descritti dalle normative in materia. E= Φ/A  Flusso/superficie. L’illuminamento si può misurare, ed
è utile misurare ad esempio l’illuminazione esterna.
Luminanza = è l’unica grandezza fotometrica percepita dagli occhi. Descrive l’impressione di luminosità che
danno sia le sorgenti luminose che le superfici, e dipende soprattutto dal loro indice di riflessione. Consente
di connettere dispositivi tecnici a qualcosa di percettivo.
Requisiti qualitativi dell’illuminazione:
o Requisiti classici.
o Sufficiente livello di illuminazione.
o Brillanze distribuite armoniosamente.
o Limitazione dell’abbagliamento.
o Assenza di riflessioni.
o Buona ombreggiatura.
o Giusta colorazione.
o Resa cromatica adeguata.
o Requisiti nuovi.
o Cambiamento delle situazioni di luce.
o Variazioni individuali.
o Efficienza energetica.
o Integrazione della luce diurna.
o Luce come elemento caratterizzante dell’ambiente.

Illuminamento mantenuto = è il livello di luce che nella zona del compito visivo non si deve mai ridurre.
Uniformità = U = per svolgere le proprie mansioni visive è necessario che non ci siano differenze eccessive,
pertanto non si deve scendere sotto un livello di uniformità. U = Emin/E.
Abbagliamento = eccessiva illuminazione, di origine naturale o artificiale. Si suddivide in abbagliamento
diretto e riflesso. Diretto quando è la stessa sorgente luminosa ad essere eccessivamente luminosa. Riflesso
è quando una superficie riflette una radiazione (naturale o artificiale).
L’abbagliamento ha come origini apparecchi che attorno alla lampada non hanno un corpo lampada in
grado di gestire la luce, oppure superfici con forte brillanze, apparecchi posizionati male (schermi). Si può
ovviare questo problema modificando il corpo lampada o posizionandola in modo diverso, rendendola
meno luminosa. Per l’abbagliamento naturale si ricorre all’utilizzo di superfici opache per risolvere
sgradevoli inconvenienti. Per valutare l’abbagliamento di tutti i corpi si adotta il METODO UGR.

Metodo UGR:
Serve a valutare l’abbagliamento (psicologico). Il valore UGR si calcola con una formula. Questa tiene conto
di tutti gli apparecchi di un impianto che contribuiscono all’impressione di abbagliamento. I valori di UGR
degli apparecchi d’illuminazione si calcolano con una tabella come da norma.
Ad esempio:
< 16 per disegni tecnici
< 19 lettura, scrittura, scuole, riunioni, lavoro a computer.
< 22 industria e artigianato
< 25 lavori industriali e grezzi
Illuminamento eccessivo = abbagliamento = situazione da evitare.
C’è quindi un ampio range che passa dalla quantità alla qualità. La luce se è troppa non va bene, ma se è
scadente nemmeno. Da qui ne va la stanchezza dell’individuo, la sua resa, la sua salute visiva. C’è un fronte
quindi di qualità visiva che ha un effetto anche energetico (oltre che di comfort visivo).

Metodo delle curve limite:


Invece serve a valutare la luminanza media di un apparecchio sotto un angolo che va da 45° a 85°. Negli
uffici ad esempio è accettato come valore massimo UGR = 19.

Cromaticità:
è la specificazione oggettiva della qualità di un colore indifferentemente dalla sua luminanza, vale a dire,
così come determinato dalla sua tonalità e saturazione cromatica.
È un aspetto fondamentale nel riconoscere superfici e materiali, nel distinguerli tra loro.
La colorazione descrive l’aspetto cromatico. Fino ai 3300 K si definisce luce calda, oltre 5300 K luce fredda,
nell’ambito intermedio neutra. Oltre ai colori delle superfici degli oggetti, è anche la tonalità della luce a
formare l’atmosfera di un ambiente.
Resa cromatica: proprietà di una sorgente luminosa di restituire i colori, nel modo più fedele e possibile
rispetto ad una sorgente di riferimento. Viene espressa con l’indice di resa cromatica Ra, con un valore di
riferimento Ra=100
Ra>90  resa eccellente
Ra>80  resa buona
Sotto ad 80 sarebbe opportuno non andare. Soprattutto per posti di lavoro.
Possiamo contestualizzare la colorimetria sullo spettro di luce visibile, uno schermo è una modalità tecnica
che riproduce dei colori che tramite pixel crea un’immagine e consente di comunicare.
Definiamo quindi i MODELLI DI COLORE:
Un modello di colore è un modello matematico astratto che permette di rappresentare i colori in forma
numerica, tipicamente utilizzando tre o quattro valori o componenti cromatiche (per esempio RGB e CMYK
sono modelli di colore). Un modello di colore si serve cioè di un'applicazione che associa ad un vettore
numerico un elemento in uno spazio dei colori. Rosso, blu e verde possono essere chiamati colori primari,
da cui derivano tutti gli altri colori. Si può generare una vasta gamma di colori dalla mescolanza additiva dei
livelli dei colori primari rosso, blu e verde. Questi colori insieme determinano uno spazio di colori.
RGB = mondo di schermi, proiettori, etc
CMYK = mondo delle stampe.
Quindi ci sono due casistiche di mescolanze dei colori:
 Modalità additiva.  colori primari = rosso verde blu. Colori secondari = giallo, magenta, ciano.
Dalla sovrapposizione totale ottengo il bianco.
 Modalità sottrattiva.  colori primari = giallo, magenta, ciano. Colori secondari = rosso, verde, blu.
Dalla sovrapposizione totale ottengo il nero.

Qualunque tipo di lampada deve confrontarsi con una resa cromatica e si trova a dover fare i conti con
colori naturali e artificiali, riprodotta in questa modalità.

Tipi di illuminazione:
 Illuminazione diretta, riguarda un’area circoscritta, una scrivania, una postazione. Presenta dei
vantaggi: la luce arriva dove serve, nella misura in cui serve. Svantaggi: probabile abbagliamento.
 Illuminazione indiretta, portata su soffitti e pareti, quindi i piani di lavoro sono illuminati
indirettamente. L’effetto può apparire diffuso in quanto povero di ombre. Vantaggi: si evitano
abbagliamenti. Svantaggi: è un sistema meno efficiente, per un’illuminazione uguale richiede più
luce. in generale è una soluzione molto gradita dagli utenti, l’ambiente assume un’espressione
gradevole.
In questi ragionamenti si prescinde dalla frequenza e dalla continuità di utilizzo. Si può sempre modulare
con sensoristica in un’ottica di risparmio energetico.

EN 15193  norma sviluppata del 2007/2008 a supporto di una prima normativa, a livello europeo, l’uso
di energia elettrica per edifici (di tipo civile) è da valutare e ridurre e ottimizzare ai fini dell’efficienza.
Definisce un suo parametro: LENI, che conduce ad una formula per calcolare il consumo energetico
dell’illuminazione. Leni stabilisce l’indice di fabbisogno energetico tenendo conto solamente di parametri
illuminotecnici. Al fattore LENI bisogna aggiungere l’energia destinata alla carica dell’illuminazione di
emergenza e quella consumata in standby. Nell’equazione che riguarda LENI vi sono 3 contributi, in cui:
 Pn = potenza installata
 Tp = tempo di utilizzo annuo di giorno
 Tn = tempo di utilizzo annuo di notte
 A = superficie considerata

ILLUMINAZIONE:
Indispensabile per l’essere umano che non ha una visione notturna. La modalità primordiale era il fuoco e
l’illuminazione a fiamma è rimasta nel tempo fino a pochi decenni fa. Tutto ciò fino all’avvento dell’energia
elettrica, usata come vettore energetico per i dispositivi di illuminazione. Il primo uso elettrico in ambito di
edifici infatti è l’illuminazione. La luce è stata il primo e unico uso elettrico, con una tecnologia che era un
grande traguardo all’epoca. Si è trovato il modo di ottimizzare le lampade ad incandescenza mediante
alogeni e di diminuire le dimensioni dei neon, l’attuale fase è quella dominata dal LED. Concetto
rivoluzionario che si basa su diodi, una componentistica che emette luce, inizialmente era nato solo come
rosso (luce sul televisore o telecomando), successivamente si è ampliato e affermato. Ora si ottiene luce
nell’ampio spettro del visibile mediante sistemi a LED, che hanno avuto un grande vantaggio in durabilità ed
efficienza energetica. Durabilità perché sono dispositivi più robusti di un filamento di una lampada ad
incandescenza. Efficiente perché la quota dissipata è minima. Oramai i LED ha ottenuto una resa cromatica
che non gli impone vincoli. Il LED ha un unico svantaggio: il costo. Anche se correlato alla durabilità non è
poi molto maggiore.
ENERGY RATING  si trova anche sulle lampadine. Con una classe che va da A a G, con colori che vanno da
rosso a verde. La classe A si suddivide in A, A+, A++ (ed è la più efficiente). Per dare delle indicazioni:
A+, A++  LED
A, B  CFLs (fluorescenti compatte, derivano dal neon)
C, D, E  Alogene
G, F, E  Incandescenza.
In classe E il consumo energetico è pari al 100%. La classe G è oltre il 130%, la classe A è meno dell’11%.
L’Energy rating è un’espressione semplificata di un Energy performance.
Questo era per quanto riguardava l’efficienza energetica. Se ci si focalizza invece sulla tecnologia:

Lampada alogena, contiene un filamento immerso in un gas alogeno, operando ad alta temperatura
possono essere più efficienti della tradizionale incandescenza. Il tempo di accensione è istantaneo, come
per l’incandescenza, cosa che non è invece il Neon (se il neon prima di accendersi lampeggia vuol dire che la
densità del gas al suo interno sta scarseggiando, deve essere cambiato). Inoltre può durare dalle 1000 alle
3000 ore. Tuttavia hanno una prestazione non in linea con i requisiti odierni, non possono essere più
installate su nuovi impianti. Hanno vantaggi: basso costo, una buona temperatura di colore, una resa
prossima a 100, non c’è tempo di riscaldamento. Svantaggi: Energy rating (nella migliore delle ipotesi è B),
bollette alte per la bassa efficienza, vita utile breve (2000 ore).
Pertanto su 10 anni una lampada a LED non va mai sostituita e costa 10, l’alogena va sostituita 4 volte e
costa 4, non conviene.
Lampada fluorescente, contiene una scarica elettrica in un tubo che attiva del gas (mercurio) che per sua
natura origina luce UV (inutile ai fini visivi), ma l’interno del tubo è rivestito da sostanze fosforescenti e la
luce UV le attiva ed emettono luce nello spettro visibile. Per essere attivato necessita di apposito circuito
inserito o sul bulo della lampadina o in testa al tuo del neon. Svantaggi: contiene mercurio, metallo pesante
che deve essere adeguatamente smaltito per evitare inquinamenti, alcune tecnologie hanno resa cromatica
bassa. Vantaggi: efficienti (classe A), costi di gestione bassi, molto durevoli (20000 ore e passa),
temperatura di colore molto estesa, a tutta la gamma cromatica. Brevi tempi di riscaldamento.
CFLs, la prima sostituzione delle lampade alogene e incandescenza, nel tempo saranno sostituite dal led.
Vantaggi: efficienza, bassi costi in bolletta, vita utile media, resa cromatica buona, buona temperatura di
colore.
LED. La lampada a LED è un dispositivo di illuminazione basato sull'impiego di diodi ad emissione luminosa.
Sostituisce le ormai obsolete lampade a incandescenza. Materiale semiconduttore in silicone, si basa su un
principio molto semplice, si ha un passaggio di elettroni da una banda all’altra e si emettono quindi dei
fotoni. È la attuale tipologia più efficiente.
Vantaggi: efficienza, rapida innovazione, durata molto estesa (30000 ore). Il led inoltre può essere
mascherabile, a lampadina, a tubo neon, perché il dispositivo che emette la luce è protetto da un involucro.
Un tubo LED è una particolare lampada a LED che ha la stessa forma e attacchi delle lampade fluorescenti
lineari e circolari. Inoltre la temperatura di colore buona, dissipazione termica minima, buona resa di
calore.
Svantaggi: Costo elevato.

Si ricordi che un frequente ON/OFF potrebbe diminuire drasticamente la stima delle ore di queste
tecnologie. Per cui la stima è indicativa.

31 maggio 2021
UNI EN 15193
Impatto di valutazione energetica degli edifici. Questa norma è a supporto della pima normativa europea
sul fabbisogno energetico degli edifici. Come si valuta il consumo energetico elettrico? La UNI EN 15193
serve a valutare questo. Specifica la metodologia di calcolo per la valutazione del consumo energetico degli
impianti di illuminazione interni di edifici e fornisce un indicatore numerico dei requisiti energetici per
illuminazione da utilizzare. Qui gli edifici sono classificati in categorie: uffici, servizi di vendita al dettaglio,
all’ingrosso, impianti produttivi, strutture sportive, ristoranti, hotel, ospedali, edifici scolastici…
Parleremo quasi esclusivamente di illuminazione per interni, quella per esterni è competenza di
illuminazione stradale (perlopiù) e si basa su altri parametri, come la sicurezza.

POTENZA:
Energia per unità di tempo, si misura in Watt, possiamo definire:
 La potenza dell’apparecchio di illuminazione = potenza elettrica che proviene dalla rete di
alimentazione impiegata dalla lampada, dagli apparecchi di comando e dal circuito di comando
dell’apparecchio di illuminazione o da esso associato. Misurata in Watt.
 Potenza parassita dell’apparecchio di illuminazione : potenza elettrica che proviene dalla rete di
alimentazione impiegata dal circuito di caricamento degli apparecchi di illuminazione di emergenza
e dai circuiti stand-by dei sistemi di controllo.
Abbiamo a che fare con una potenza (nominale o parassita che sia) erogata da parte di un apparecchio per
un certo periodo di tempo. Il suo effetto visivo, più o meno accentuato, è in funzione del tipo di lampada.
Per un certo tempo forniscono energia:
continua ON/OFF
modulata  sistema modulante.
 ENERGIA:
 Energia totale usata per illuminazione = energia consumata nel periodo t, espressa dalla somma
delle potenze degli apparecchi di illuminazione con le lampade attive, alla quale si sommano i
carichi parassiti quando le lampade sono inattive. Misurata in KWh.
 Consumo energetico utilizzato per l’illuminazione = energia consumata nel periodo t, da parte
dell’apparecchio di illuminazione quando le lampade sono in funzione per soddisfare la
funzione di illuminazione e la finalità nell’edificio, misurata in KWh.
 Consumo di energia parassita dell’apparecchio di illuminazione = energia parassita consumata
nel periodo t, da parte del circuito di caricamento degli apparecchi di illuminazione di
emergenza.
 PERIODO:
 Periodo operativo= periodo di tempo a cui si riferisce il consumo energetico misurato in ore.
 Periodo operativo annuale (t0) = numero annuale di ore operative delle lampade e degli
apparecchi di illuminazione con lampade attive: t0= tD + tN [h]. Quindi ho una quota notturna
ed una diurna.
 FATTORI DI DIPENDENZA:
 Fattore di dipendenza della luce diurna = FD = fattore che correla l’utilizzo della potenza di
illuminazione installata totale alla disponibilità di luce diurna nel locale o nella zona.
 Fattore di dipendenza dell’occupazione = (FO) = fattore che correla l’utilizzo della potenza di
illuminazione installata totale al periodo di occupazione del locale o della zona.
 Fattore di assenza = (FA) = fattore correlato al periodo di assenza degli occupanti.
 Fattore di illuminamento costante = (FC) = correlato all’utilizzo della potenza installata totale
quando il comando di illuminamento costante è in funzione nel locale o nella zona.
 Fattore di manutenzione = (MF) = rapporto tra illuminamento medio sul piano di lavoro dopo
un certo periodo d’uso di un’installazione di illuminazione e l’illuminamento medio iniziale
ottenuto alle medesime condizioni dell’installazione. È il rapporto tra illuminamento mantenuto
e illuminamento iniziale. La manutenzione comprova efficienza, se un apparecchio viene
mantenuto a dovere nel tempo questo comporta efficienza.
FC = (1+MF) / 2
Ogni volta che il controllo di gestione è manuale il fattore di luce diurna è pari a FD = 1. Supponendo un
utente casuale. L’impatto della luce diurna non c’è ogni qualvolta abbiamo un controllo manuale, se il
sistema dispone di fotocellule con rilevazione della luce diurna allora c’è, FD = 0.9/0.8 in base alla funzione
dell’edificio.
FO = 0.7/0.8 per hotel o ospedali. Per uffici o scuole invece FO = 1. FO dovrebbe essere sempre uguale ad 1
se l’illuminazione è attivata “centralmente”, ovvero in più di un locale contemporaneamente, il controllo
ON/OFF è centralizzato (ad esempio scuole, ospedali…). FO dovrebbe essere uguale ad 1 anche se l’area
illuminata da un gruppo di apparecchi di illuminazione che sono attivati assieme (manualmente o
automaticamente), è maggiore di 30 m^2. Le eccezioni sono sale riunioni delle quali questa limitazione
dell’area non si applica. Qui il FO dovrebbe essere minore di 1, sintanto che siano attivate centralmente,
ovvero assieme ad apparecchi di illuminazione di altre sale. Nel caso di sistemi con rilevamento automatico
di presenza/assenza l’area coperta dal rilevatore dovrebbe corrispondere strettamente all’area illuminata
dagli apparecchi di illuminazione controllati da quel rilevatore.
La regolazione per singolo ambiente consente più efficienza della regolazione di zona, che a sua volta
consente più efficienza della regolazione centralizzata. Questo concetto era uguale per l’aspetto termico!
Occorre pensare ad un sezionamento di impianto, controlli e sensori. Se ho a che fare con ambienti estesi
poi (università, in cui una stanza è occupata e altre 10 no) il centralizzato non è per nulla efficiente.
Per i sistemi sprovvisti di rilevamento automatico della presenza o dell’assenza l’apparecchio di
illuminazione dovrebbe essere attivato o disattivato da un interruttore manuale nel locale.
 POSSIBILI CONFIGURAZIONI:
 Accensione automatica/regolazione automatica. C’è un sensore che rileva la presenza nell’area
illuminata. Dopo 15min la lampada è portata a potenza ridotta e dopo ulteriori 15min si spegne
definitivamente.
 Accensione/spegnimento automatico. Il sistema attiva e poi disattiva, non c’è una fase di
attenuazione, non è graduale. La seconda fase è direttamente lo spegnimento. Il tempo relativo
è sempre 15min.
 Accensione manuale, regolazione o spegnimento automatico . L’accensione iniziale non è basata
su un sensore ma su un comando manuale, ad esempio nei vani scala dei condomini.
L’accensione è manuale, si attiva solo se qualcuno lo preme, però poi si spegne da sola dopo un
periodo di tempo consono.
 Accensione manuale e spegnimento manuale .
Per quanto riguarda gli FA, si suddividono gli ambienti per ciascun tipo di edificio, ed ognuno ha il proprio
valore di riferimento. Prendendo come esempio di edificio uno per gli uffici: ufficio per 1 persona: FA=0.4.
Ufficio 2-6 persone: FA=0.3. Ufficio open space rilevamento > 6 persone/30m^2: FA=0.0. Corridoio: FA=0.4.
Per un ospedale, considero la corsia: FA=0.0 poiché c’è sempre necessità di illuminazione. Laboratorio:
FA=0.2. Camera operatoria: FA=0.0. Per hotel o ristoranti: reception: FA=0.0, per servizi di vendita, area
vendita: FA=0.2. Etc…
Per fare efficienza occorre interpretare un edificio (dal punto di vista illuminotecnico) inquadrandolo
innanzitutto dal punto di vista funzionale. Così come per gli aspetti termici e acustici. Si suddivide l’edificio
in zone funzionali, si individua l’utenza e la sua presenza più o meno continuativa, e poi si procede con
analisi. Detto ciò noi facciamo questi ragionamento per stimare l’energia.
ENERGIA STIMATA TOTALE: energia stimata totale richiesta per un periodo in un locale o in una zona deve
essere stimata in base alla seguente equazione:

Wt = Wl,t + WP,t [KWh]

Wl,t = energia per illuminazione. Effetto utile.


WP,t = energia parassita. Effetto inutile.
t = periodo di tempo
ENERGIA TOTALE ANNUA USATA PER L’ILLUMINAZIONE:

W = WL + WP [KWh]
INDICATORE NUMERIO DI ENERGIA PER ILLUMINAZIONE (LENI):

LENI = W/A [KWh/m^2 * anno]

W = energia totale annuale usata per l’illuminazione


A = area pavimento utile totale dell’edificio

10 GIUGNO 2021

RIPASSO:

- Elementi di fisica tecnica, termofisica dell’edificio.


- Effetto serra, dati climatici e parametri derivati, analisi radiazione solare, comportamento
dell’involucro edilizio durante la stagione invernale.
- Cenni di Psicrometria, analisi termoigrometrica dei componenti edilizi. Condensa interstiziale e
superficiale. Diagramma di Glaser. Comportamento dell’involucro edilizio in regime estivo.
- Database materiali da costruzione, calcolo parametri stazionari e dinamici.
- Comfort e qualità ambientale. Ergonomia degli ambienti termici. Comfort adattivo, abbigliamento e
metabolismo. Temperatura operante.
- Esempi di calcolo termoigrometrico, analisi parametrica infissi vetrati.
- Bioedilizia e sostenibilità, impatto ambientale dei materiali da costruzione. Prestazioni termiche dei
prodotti termoisolanti, rassegna di tecniche e tecnologie.
- Analisi termica dell’edificio. Destinazioni d’uso, concetto di zona termica, passo e regime di calcolo,
assemblaggio del sistema.
- Calcolo parametrico del fabbisogno di acqua calda sanitaria e calcolo parametrico apporti termici,
introduzione software di calcolo.
- Impianti di riscaldamento idronici, tecnologie attuali, tipologie di terminali e rendimento dei
sottosistemi di emissione. Tipologie di regolazione.
- Rapporto fabbricato impianto.
- Concetto di Energy performance, energia primaria, vettori energetici e fattori di conversione,
impatto ambientale.
- Energy policy dell’unione europea, 202020, scenari e prospettive ambientali ed economiche.
- Acustica. Grandezze acustiche, scala decibel.
- Illuminotecnica, sistemi solari termici e fotovoltaici, spettro elettromagnetico, effetto fotoelettrico,
parametri elettrici, tipologie di celle e tipologie di impianti.
- Impianti di riscaldamento idronici, caldaie a combustibile fossile e a biomassa.
- Pompe di calore, principi di funzionamento, prestazioni, sorgenti termiche.

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