Sei sulla pagina 1di 44

1

ECOLOGIA
Secondo piano Dipartimento di Biologia.

Prof. Gianfranco D’Onghia


gianfranco.donghia@uniba.it

Elementi di Ecologia (Thomas M. Smith, Robert Leo Smith).


2
3

La vita è organizzata in sistemi con differente complessità, dagli atomi e le cellule alle popolazioni e al pianeta
stesso. L’ecologia studia le interazioni tra gli organismi e tra questi e l’ambiente.

78% N, 21% O, 0,04% CO2.

Ogni cosa è collegata a ciascun altra e ogni azione a livello locale, può avere influenze dirette a livello globale
e viceversa, secondo un processo di interdipendenza.

L’ecosistema è l’unità fondamentale dell’organizzazione ecologica. La base della visione sistemica


dell’ecologia è l’interazione funzionale tra componenti biotiche ed abiotiche, entro unità paesaggisticamente
percepibili come unitarie. Ad esempio il bosco, è un insieme di piante, terreno, atmosfera, acqua, animali
etc., quindi è una somma tra ambiente fisico-chimico (componente abiotica) e comunità biologica
(componente biotica).

Un sistema, è un insieme di componenti che ne definiscono la struttura e il funzionamento che necessitano


di energia per funzionare, pertanto, l’ecosistema è un insieme di unità fondamentali e imprescindibili che
utilizza energia, ad esempio dal Sole, per funzionare.

Il funzionamento dei sistemi viventi è un sistema aperto, che scambia continuamente energia e materia con
l’ambiente esterno. Il pianeta Terra, invece, è per lo più un sistema chiuso, in cui si ha uno scambio di energia,
ma raramente di materia. Un’automobile, se non ha carburante, diventa un sistema isolato, ovvero non
scambia né materia né energia, con l’esterno; se ha carburante, diventa un sistema aperto.

Salendo la scala dei livelli di organizzazione dei biosistemi, dalle cellule fino alla biosfera, aumenta la
complessità strutturale e funzionale ed emergono qualità e proprietà nuove, non presenti in ciascuno dei
livelli precedenti. Infatti, i sistemi più grandi includono i più piccoli (organi formati da tessuti, a loro volta
formati da cellule), acquisendo nuove proprietà, ma l’influenza tra grandi e piccoli è reciproca (ad esempio
vivere in maniera insalubre, mette a dura prova il funzionamento del corpo).

Nei sistemi viventi si verificano processi “anti-entropici” che determinano condizioni di stato stazionario,
lontani dall’equilibrio termodinamico. Il secondo principio della termodinamica, dice che, l’energia si degrada
ogni volta che viene usata, portando alla formazione di energia di scarto, ad esempio calore.

Nell’ecosistema, l’energia è fornita dal Sole sotto forma di energia radioattiva e viene trasformata in energia
chimica dalle piante; gli erbivori mangiano le piante e quindi trasformano di nuovo l’energia; i carnivori
mangiano gli erbivori; infine, i decompositori smaltiscono gli scarti e portano alla formazione, di nuovo, delle
materie prime (Sali minerali, anidride carbonica, acqua etc.).

La misura di resistenza, è la capacità del sistema di resistere alla perturbazione. La resilienza, è il tempo
necessario per il sistema, per tornare alla condizione originaria precedente alla perturbazione. Resistenza e
resilienza, rappresentano le funzioni della stabilità dei sistemi. Il sistema però, non è detto che torni alla
condizione originaria, in quel caso, si parla di metastabilità.

L’ecosistema presenta un punto fisso che viene mantenuto costante tramite l’azione di feedback negativi,
ad esempio: maggiori concentrazioni di CO2 nell’aria -> aumenta la fotosintesi che consuma la CO2 in
eccesso; aumento delle popolazioni erbivore che mettono a rischio la flora -> aumento delle popolazioni
carnivore.

Un altro meccanismo è l’omotassi congenerica, ovvero la ripetizione delle componenti, che svolgono una
stessa funzione. Ad esempio, se c’è un’eccedenza di cinghiali e 3 tipi di predatori che controllano la
popolazione, se si toglie 1 o 2 tipi di predatori, non cambia il sistema, ma, se ne vengono tolti tutti e 3, allora
il sistema si squilibra e può arrivare in una condizione di metastabilità.
4

L’insieme degli ecosistemi che costituiscono la biosfera:

- Ricevono un grosso quantitativo di energia da fonti esterne (soprattutto dal Sole);


- L’acqua in forma liquida esiste in notevoli quantità;
- Al suo interno ci sono interfacce tra gli stati liquido, solido e gassoso.

La gaia ipotesi di Lovelock. Secondo la gaia ipotesi, le condizioni favorevole per la vita sulla Terra, sono rese
possibili proprio dagli organismi viventi che non subirebbero passivamente le condizioni dell’ambiente fisico-
chimico ma lo trasformerebbero a misura delle proprie esigenze.

LA STRUTTURA DEL PIANETA

La biosfera è costituita da suolo (litosfera), acqua (idrosfera), aria (atmosfera). Il clima è una condizione
media di lungo periodo che può riguardare temperature o precipitazioni etc., in una data area geografica. Le
specie viventi sul pianeta, sono il risultato di miliardi di anni di evoluzione, operata dalla selezione naturale.
La selezione naturale, è il successo degli individui di una popolazione, che dipende dalla loro interazione con
l’ambiente.

Il Sole, emette radiazioni con lunghezze d’onda molto piccole che attraversano l’atmosfera, mentre la Terra,
emette radiazioni con lunghezze d’onda maggiori, soprattutto radiazioni termiche. La costante solare, è 1.94
Langley/min (g di caloria/cm2/min), ovvero le radiazioni che arrivano dal Sole alla Terra. Il 30% di questa
energia è riflessa nello spazio, il 19% è assorbita da nuvole e atmosfera e il 51% va sulla Terra. Questa energia,
riscalda la Terra e la Terra restituisce questa energia sotto forma di radiazioni a lunghezze d’onda lunghe
(117%) altrimenti si surriscalderebbe costantemente nel tempo. Il 23% se ne va per evaporazione di acqua e
il 7% tramite le correnti ascensionali calde. Ma l’energia non va via tutta, infatti, l’effetto serra, permette un
bilanciamento tra energia in entrata e in uscita, facendo tornare il 96%. Con l’aumento dei gas nell’atmosfera,
una maggior radiazione tornerà sulla Terra e il pianeta si riscalderà più del dovuto.

Energia in entrata = 51% + 96% = 147%.

Energia in uscita = 30% + 117% = 147%.

Della radiazione solare che arriva: il 10% è ultravioletto (UVA e UVB, l’UVC è schermato); il 45% è costituito
dalla radiazione visibile; il restante 45% è infrarosso (radiazione termica). All’equatore arriva più energia
solare, in quanto è presente meno atmosfera, poiché i raggi sono perpendicolari; ai poli, i raggi sono più
inclinati e quindi arriva meno energia.

Il pianeta non è una sfera omogenea, infatti, nell’emisfero boreale ci sono più terre, mentre in quello australe,
più acqua. L’acqua ha un’elevata capacità termica (calore specifico), cioè assorbe e cede il calore, molto
lentamente, pertanto l’acqua agisce come regolatrice del clima e mitiga l’escursione termica, ecco perché le
zone vicino al mare, sono più miti di quelle continentali.

All’aumentare dell’altitudine, densità e pressione dell’aria, si riducono. Nell’atmosfera, è presente un


gradiente termico: nella troposfera si riduce la temperatura all’aumentare dell’altitudine; nella stratosfera la
temperatura aumenta con l’aumentare dell’altitudine; nella mesosfera si riduce di molto all’aumentare
dell’altitudine ed, infine, nella termosfera, all’aumentare dell’altitudine, la temperatura aumenta di molto, a
causa della vicinanza col Sole. Queste variazioni di temperatura sono dette gradiente termico.

Arriva una quantità maggiore di energia solare all’equatore e, questa energia riscalda il suolo ma anche l’aria,
ma il pianeta è diviso in 6 celle convettive, cioè 3 celle ripetute a Nord e Sud, chiamate: cella polare, cella di
Ferrel e cella di Hadley. Inoltre, si parla di effetto di Coriolis, cioè un corpo che si muove nell’emisfero
5

boreale, verrà spostato verso destra, invece, un corpo che si muove nell’emisfero australe, verrà spostato
verso sinistra. L’aria calda, salendo, porta con sé umidità, ovvero il vapore acqueo che c’è nell’aria, questo
movimento dell’aria, sono i venti alisei. In questo modo, l’energia termica ricevuta all’equatore, può
trasferirsi al polo Nord e Sud e quindi, senza atmosfera, l’equatore sarebbe più caldo e i poli più freddi.

L’energia solare, i venti alisei che soffiano sul mare e la rotazione terrestre, generano le correnti oceaniche.
Le correnti vanno da zone calde a zone fredde, ridistribuendo l’energia termica. Pertanto, grazie ad atmosfera
ed oceani, il surplus radioattivo che arriva all’equatore, va verso le zone a deficit radioattivo (cioè che cedono
più calore di quanto ne prendono), acquistano un input radioattivo.

Le zone in cui piove poco sono ad alta pressione e sono dette zone di divergenza, quelle in cui piove molto,
sono a bassa pressione e sono dette zone di convergenza. Tutto questo, porta ad una distribuzione dei biomi
sulla Terra.

L’umidità, indica la quantità di vapore acqueo in atmosfera, nello specifico, se si misura l’umidità in un metro3
d’aria, allora si parla di umidità assoluta. L’umidità relativa, è il rapporto tra la pressione di vapore e la
pressione di vapore a saturazione (cioè la quantità di pressione necessaria per arrivare a saturazione)
moltiplicato per 100 per avere un rapporto percentuale. Il vapore in surplus rispetto il valore di saturazione,
condensa e si trasforma allo stato liquido, infatti piove quando si ha il 100% di umidità relativa. All’aumentare
della T, più vapore può essere contenuta nell’aria, quindi in inverno pioverà molto più facilmente che in
estate. Pertanto, temperatura, venti, correnti e umidità, determinano le precipitazioni sulla Terra e la
combinazione di tutti questi fattori abiotici, determinano i vari biomi sulla Terra.

Anche a livello locale, la topografia ha un ruolo molto importante, in quanto alcuni meccanismi su piccola
scala, si ripetono, ad esempio: una montagna con un versante esposto al mare ed uno con l’entroterra,
determinerà un versante umido, in quanto, le radiazioni solari determineranno l’evaporazione dell’acqua e
quindi un aumento di umidità relativa e porteranno alla formazioni di piogge, mentre, l’altro versante sarà
arido. Questo porterà dunque, in un’area circoscritta, a differenze abiotiche e di conseguenza anche di
biodiversità del bioma. Infatti, oltre che un effetto latitudinale (cioè dall’equatore verso Nord o Sud),
l’ambiente è influenzato anche da effetti altitudinali, in quanto non tutto può crescere ovunque.

Tra l’Australia e il Sud America, si ha un fenomeno chiamato El Nino (in quanto si verifica sotto Natale ogni
circa 10-15 anni). In condizioni normali, i venti di superficie soffiano verso ponente e le acque calde pure; in
condizioni di El Nino, i venti si indeboliscono causando correnti ascensionali e tempeste, si ha una siccità in
Australia e in Asia Sud-Orientale e, contemporaneamente, il flusso d’acqua calda si interrompe o cambia
direzione, portando ad aumento di acqua calda in Sud America e una diminuzione della stessa in Australia.
Un aumento di acqua calda, impedisce la risalita di acqua fredda dal basso e quindi impedisce la risalita di
nutrimenti e questo si ripercuote su tutta la catena alimentare. Se il riscaldamento globale andrà avanti,
fenomeni come quello di El Nino, potrebbero diventare la norma. Il fenomeno della Nina, invece, è un
fenomeno legato al raffreddamento del clima.

La vegetazione è un elemento fondamentale nel ciclo dell’acqua. Infatti, gli alberi riducono l’erosione del
suolo da parte delle piogge e del vento, inoltre, le radici degli alberi, rendono più stabile il terreno e regolano
il flusso dell’acqua a valle. In seguito a deforestazione, l’allevamento del bestiame accelera l’erosione del
suolo ad opera di acqua e vento, inoltre, i venti rimuovono i fragili suoli superficiali provocando frane che si
riverseranno a valle, riempiendo di sedimenti i terreni da coltivare; inoltre, in assenza di regolazione del flusso
d’acqua da parte delle piante, i fiumi saranno più pieni e ciò determinerà una maggiore quantità di acqua
evaporata che si traduce in un aumento delle piogge e quindi alluvioni. Infine, si perderanno habitat necessari
a determinate specie, pertanto si avrà anche un calo della biodiversità di piante ed animali.
6

AMBIENTE ACQUATICO

La sua densità è massima a 3,84° C, ma dipende anche dalla salinità e dalla pressione. L’acqua evapora a tutte
le T e, nel farlo, sottrae energia all’ambiente, pertanto, alcuni organismi possono sfruttare questo per termo
regolamentarsi. Copre i 7/10 del pianeta e di questi 7/10, il 97% sono oceani; il 2% acque dolci (di cui 1/5 è
presente nelle calotte polari e ghiacciai); il resto è presente sotto forma di corsi d’acqua, umidità e vapore
acqueo.

L’impronta idrica rappresenta i litri di acqua necessaria per avere un kg di alimento. Oltre all’acqua, è
necessaria un’area coltivata per produrre cibo, ad esempio, per ottenere 1000 calorie dal grano, bastano 0.4
m2, mentre, per ottenere le stesse calorie dalla carne bovina, servono 8 m2.

Le attività umane, però, contaminando ed inquinando l’acqua, non solo riducono la quantità di acqua
utilizzabile, ma i contaminanti possono entrare nella catena alimentare. L’acqua, infatti, ha un proprio ciclo,
detto ciclo idrologico che ha come “motore” la radiazione solare che favorisce l’evaporazione.
L’evaporazione, non porta i Sali, ma “acqua pura”, ciononostante, il mare è salato in quanto, miliardi di anni
fa, la forte attività vulcanica ha emesso una serie di ioni, tra cui il cloro, che sono andati nell’atmosfera.
L’acqua evaporata, condensando, si è legata a questi ioni in atmosfera ed è ricaduta sotto forma di pioggia,
riempiendo così le cavità di acqua con Sali. Il sodio, proviene invece con il trasporto fluviale. In un litro di
acqua, ci sono in media 35 grammi di Sali. L’acqua può provenire anche dal processo di sublimazione, cioè il
passaggio dallo stato solido a quello di vapore a partire dai ghiacciai, che concorre alla formazione di sistemi
nuvolosi. Pertanto si parla di meccanismo di circolazione locale e meccanismo di circolazione globale, causato
dai venti, ad esempio, nei deserti evapora più acqua di quanto cade, il contrario nelle foreste tropicali.

L’entità dei flussi, dipende dalle quantità di acqua di oceani, ghiacciai, nuvole etc., cioè più grandi sono i
serbatoi, più acqua evapora. Il sistema si mantiene però in equilibrio. Il comparto atmosferico è quello più
piccolo, ma è importantissimo in quanto è proprio l’umidità che determina le piogge. Per “ricambiare” tutta
l’acqua presente negli oceani, sono necessari circa 3000 anni. Invece, ci vogliono solo 9 giorni per ricambiare
l’acqua in atmosfera, pertanto è un comparto molto dinamico.
7

La convergenza evolutiva è il risultato della necessità, da parte degli organismi, di vincere la resistenza che
l’acqua oppone al loro movimento. Nell’ambiente acquatico si trovano gli organismi animali più grandi del
pianeta, ad esempio, la balenottera azzurra è lunga circa 30 metri e può pesare quasi 200 tonnellate.
Organismi così grandi, vivono in acqua, in quanto sulle terre emerse, la forza di gravità gli renderebbe
inadatti, cosa che non accade in acqua a causa della forza di Archimede.

La radiazione solare e quindi l’illuminazione, varia con la profondità dell’acqua. Infatti, ad 1 metro di
profondità, il 55% è già assorbito, a 10 m rimane solo il 16% e a 100 m, rimane solo l’1%. Inoltre, il colore più
assorbito dall’acqua è proprio il blu e, dato che il rosso è un colore poco penetrante, se si è rossi a notevoli
profondità (oltre i 400 m), si è praticamente invisibili. All’equatore, dove la radiazione arriva in maniera
perpendicolare, la radiazione può raggiungere anche i 250 m. Questo condiziona la fotosintesi degli organismi
marini, infatti non esistono organismi fotosintetici sotto i 250 m, eppure, la massima profondità degli oceani
è di ben 11 km, pertanto la gran parte delle fonti di vita, vivono al buio. Pertanto, il cibo prodotto per
fotosintesi, arriva per “caduta” nelle zone più profonde. Un altro modo per produrre cibo, però, è la
chemiosintesi, fatta dai batteri.

Nel mare, ogni 10 metri, si aggiunge 1 atm di pressione, pertanto, chi vive a 1000 m, è sottoposto ad una
pressione di 100 atm. Eppure, ci sono esseri viventi anche a migliaia di metri di profondità, che vivono anche
a T piuttosto basse.

In mare esiste anche la bioluminescenza, dotati di fotofori, che realizzano una reazione con un E chiamato
luciferasi che permette l’emissione di luce a partire da una proteina chiamata luciferina. Questi flussi
bioluminescenti, vengono usati per la riproduzione, per sviare i predatori oppure attirare prede.

La temperatura degli oceani, è fortemente condizionata dalla radiazione solare e ovviamente la parte
superficiale è quella più calda. Durante l’estate, l’acqua in superficie è più calda e diminuisce la temperatura
con l’aumento della profondità, fino ad un punto in cui si ha una variazione brusca negativa e continua a
scendere gradualmente. L’acqua degli oceani, infatti, è divisa in fasce di temperature:

- Epilimnio = acque superficiali calde e poco dense;


- Termoclino = zona in cui la T cambia rapidamente;
- Ipolimnio = acque profonde, fredde e molto dense.

In autunno, si ha una condizione di omeotermia (uguale T) a tutte le profondità. In inverno, invece, l’acqua in
superficie può congelare, diventa più leggera rispetto a quella in profondità, in quanto il ghiaccio è meno
denso dell’acqua e quindi è più fredda rispetto a quella in profondità.

In un fiume, poiché lo spessore dell’acqua è minore, le variazioni termiche si hanno in rapporto alla
topografia, ad esempio a causa dell’altitudine, oppure in base alla presenza o meno di vegetazione, che può
schermare la radiazione solare.

Nell’ambiente acquatico si diffondono i gas presenti in atmosfera, infatti, un gas tende a diffondere sempre
in un sistema con concentrazione minore dello stesso gas. L’O può entrare nell’acqua ed essere utilizzato
dagli organismi acquatici, che utilizzano le branchie. La diffusione in acqua dell’O, però, è 10.000 inferiore
rispetto a quanto diffonde in aria, pertanto, in acqua, pur essendoci la fotosintesi (ma solo nei primi m di
profondità) e la diffusione, c’è poco O. In superficie, ovvero l’interfaccia aria-acqua, c’è più ossigeno, non solo
a causa della diffusione, ma anche perché arriva la radiazione solare. Man mano che si va in profondità, si
riduce la fotosintesi a causa della diffusione della radiazione solare, inoltre sono presenti organismi viventi
che consumano ossigeno e non lo rinnovano.

La T condiziona la densità dell’acqua, l’acqua calda è più leggera e si ha quindi una stratificazione della T. In
estate, lo strato leggero prende O dall’aria e prende O dalla fotosintesi, lo strato profondo non ha fotosintesi
e si consuma l’O. D’inverno, il ghiaccio non fa passare l’O e non fa fare fotosintesi. In autunno o primavera,
8

le acque fredde che si formano in superficie, aumentano di densità, sprofondano e portano con loro l’O
diffuso dall’atmosfera e arricchiscono così la zona profonda di O. Nelle zone fredde del pianeta, quando il
ghiaccio si scioglie, l’acqua aumenta di densità e sprofonda.

Un altro gas presente in piccole quantità, l’anidride carbonica, prodotto da tutte le combustioni o dalle
respirazioni, è presente molto di più negli oceani rispetto alla Terra. “Un gas in acqua, si solubilizza in maniera
inversamente proporzionale alla T e alla salinità (Legge di Henry)”. L’anidride, legandosi con l’O, porta alla
formazione di acido carbonico, un acido debole che si dissocia in ione H+ più acido carbonico HCO3-.
All’aumentare del pH, aumenta lo ione bicarbonato che si dissocia in carbonato, che precipita. Una grande
quantità di organismi nel mare, accumula carbonato di calcio negli esoscheletri. Alla loro morte, gli
esoscheletri si accumulano e formano rocce e sedimenti, che costituiscono parte della litosfera, che con i
movimenti nel corso di milioni di anni, si possono trovare nelle terre emerse.

L’acqua è in grado di sciogliere le sostanze inorganiche, dunque separare gli ioni costituenti di queste
sostanze. Nell’acqua di mare, sono disciolte sostanze gassose e solide. Un campione di 1000 g di acqua,
contiene circa 35 g di Sali. In altri termini, il 96,5% di acqua marina, è acqua ed il 3,5% sono sostanze disciolte.
La salinità, rappresenta l’ammontare di tali sostanze, che è frequentemente espressa come %o.

Le sostanze solide disciolte, includono Sali inorganici e composti organici. I primi, rappresentano la più grossa
frazione, presente soprattutto sotto forma di ioni:

- Sei ioni inorganici, comprendono il 99,28% in peso, della frazione solida e sono: cloro, sodio, solfato,
magnesio, calcio e potassio.
- Quattro ioni, costituiscono lo 0,71% in peso: bicarbonato, bromo, boro e stronzio.

Lo ione solfato, è una molecola ossidante (come l’ossigeno), pertanto, molti esseri viventi realizzano la loro
respirazione cellulare, grazie allo ione solfato, il 3° ione più abbondante nei mari.

Pertanto, gli organismi necessitano di osmoregolazione in quanto, in acqua degli oceani, si trovano in
soluzioni ipertoniche, quindi l’acqua tende ad uscire. Dunque i microrganismi, si sono evoluti con la necessità
di espellere i Sali. Gli organismi in acque dolci, invece, si trovano in soluzioni ipotonica, quindi l’acqua tende
ad entrare e l’organismo si gonfierebbe, dunque l’acqua viene eliminata con urine povere di Sali.

Come risultato della differente T, salinità e densità, l’acqua dell’oceano può essere separata in differenti
masse d’acqua. Si distinguono masse d’acqua superficiali e profonde, rispettivamente sopra e sotto il
termoclino. Le prime, sono in continuo movimento, in quanto l’azione dei venti sulla superficie del mare
determina movimenti variabili, le onde, e movimenti costanti, le correnti.

Le masse d’acqua, possono avere anche movimenti verticali, oltre che orizzontali, infatti, acque calde con
densità maggiori, vanno giù (down welling). Ma ci possono essere anche le correnti di risalita (up welling),
che si generano quando, due correnti che si incontrano in direzione orizzontali, generano un vortice e, di
conseguenza, una risalita di acqua dal basso. Queste correnti dal basso, portano N e P disponibili per l’uso.
Un altro fenomeno di up welling, è dovuto al fenomeno di Coriolis vicino una costa: una corrente viene
deviata verso destra o sinistra, provocando una risalita di acqua, nel 1° caso a sinistra e nel 2° a destra.

Le acque profonde, sono isolate dal vento, ma condizionate da variazioni che si verificano in superficie. La
densità dell’acqua cresce al diminuire della T e con l’incremento della salinità. L’incremento di densità in
superficie, determina l’affondamento delle asse d’acqua in profondità, pertanto questo porta ad una
connessione tra le masse d’acque, che non rappresentano sistemi isolati.

Un ultimo movimento delle masse d’acqua, è un movimento periodico (maree), dovuto all’attrazione
gravitazionale della luna e del sole. La massima escursione di marea, è detta marea sigiziale, altrimenti, si
parla di quadratura. La superficie che si trova tra le linee dell’alta e della bassa marea è nota come zona
9

intertidale, un’ambiente estremo, sottoposto a marcati cambiamenti nelle condizioni ambientali. Infatti,
quando la marea si ritira, gli organismi che colonizzano gli strati più alti, vengono esposti all’aria, aumento di
temperatura e di radiazione solare. Alcuni organismi come i mitili (cozze), sono abituati a questi cambiamenti
d’ambiente infatti, quando c’è alta marea il guscio è aperto, quando l’acqua si ritira il guscio si chiude
trattenendo al suo interno l’acqua.

AMBIENTE TERRESTRE

Pag. 64 a 68.

Il suolo è un’interfaccia che consente la vita nella biosfera. Il suolo, oltre ad avere una matrice inorganica,
presenta una matrice organica costituita da radici ed organismi animali, inoltre, nel suolo, la sostanza
organica morta si decompone e viene riciclata. Il suolo è una componente dinamica, in quanto richiede del
tempo per formarsi e, durante il tempo, si modifica per effetto delle condizioni climatiche e metereologiche
e anche in base agli organismi viventi che lo popolano.

La formazione del suolo, prende il nome di pedogenesi e dipende da 5 fattori:

- Materiale parentale, cioè il materiale di origine, che nel corso del tempo subisce l’azione degli agenti
atmosferici e degli organismi, fino a diventare un suolo più o meno maturo. Questa roccia, a seconda
della concentrazione mineralogica, darà una colorazione al suolo.
- Clima.
- Fattori biotici, cioè gli esseri viventi che interagiscono con i suoli modificando il pH della rizosfera
(dove sono presenti le radici) o la composizione idrica del suolo (assorbendo acqua) o formando
gallerie e quindi portando aria nel suolo. Un’area pianeggiante può accumulare più materia e quindi
il suolo si inspessisce.
- Topografia, cioè l’origine del suolo stesso.
- Tempo, infatti una roccia ha bisogno di tempi lunghi per diventare suolo maturo, anche più di 10.000
anni.

La pedogenesi ha anche una sua sequenza. Inizialmente la roccia madre si disgrega a causa degli agenti
atmosferici e il materiale organico penetra e favorisce questi processi, portando alla formazione di un suolo
stratificato ben differenziato. Esistono 4 orizzonti, che insieme costituiscono il profilo del suolo, cioè un
comparto dinamico che si modifica costantemente a causa di agenti abiotici e biotici:

- Orizzonte O è uno strato organico dominato dal materiale organico che consiste di materiali vegetali
inalterati o parzialmente decomposti, come le foglie morte.
- Top soil (orizzonte A), dove c’è molta componente minerale, che proviene dalla roccia madre ed è
caratterizzata da un colore scuro, dovuto alla presenza di sostanza organica.
- Sub soil (orizzonte B), si accumulano particelle minerali come argilla e Sali provenienti dal top soil. Si
distingue in base al colore (generalmente più chiaro del top soil), alla struttura e al tipo di materiale
che si accumula da sopra.
- Orizzonte C, costituito da materia non consolidato, derivato dal materiale parentale originale da cui
il suolo si è sviluppato.

Un aspetto importante del suolo, è la sua tessitura, cioè la composizione granulometrica del suolo, ovvero la
composizione delle particelle che lo costituiscono. La tessitura di un suolo, può essere molto articolata, ma
fondamentalmente si trovano 3 tipi di particelle: la sabbia, è la componente con particelle di maggiori
dimensione (0.05-2 mm); il limo ha dimensioni di particelle 0.002-0.05 mm; l’argilla, presenta particelle con
diametro inferiore a 0.002 mm. A seconda della percentuale di ciascun componente granulometrico, si ha
una differente tessitura del suolo, ad esempio:
10

- Suoli argillosi, in presenza di componente prevalente di argilla e di limo. Un suolo argilloso tende a
compattarsi e mantenere l’acqua, in quanto la distanza tra le particelle è molto piccola, essendo
piccole le particelle stesse. Non è ideale per la crescita di piante, in quanto le radici non riescono a
penetrare e non sono presenti neanche le talpe o lombrichi.
- Suoli sabbiosi, fatti di particelle più grandi, avrà spazi inter granulari più grandi, dove l’acqua penetra
e va via per gravità.
- Un buon suolo, presenta una percentuale granulometrica più o meno assortita e si parla dunque di
un suolo franco.

Tutto questo si riflette sull’acqua disponibile nel suolo.

L’acqua nel suolo, infatti, varia a seconda del tipo di suolo, ad esempio, in terreni a tessitura sabbiosa, c’è
una maggiore quantità di acqua di drenaggio, ovvero acqua che drena liberamente sotto forza di gravità; c’è
poca capacità di campo (acqua disponibile) che verrà utilizzata in parte dai vegetali, grazie ad una proprietà
dell’acqua, seconda solo al mercurio, ovvero la capillarità. L’acqua può essere presa fino ad un punto, detto
punto di avvizzimento. Infine, al di sotto del punto di avvizzimento, c’è l’acqua non disponibile, a causa del
tipo di terreno che impedisce la risalita di acqua. Pertanto un terreno ideale, presenta una differenza tra
capacità di campo e punto di avvizzimento, maggiore.

Ma anche l’umidità è importante, infatti, se l’aria è secca richiama acqua, che verrà presa dalle foglie che la
prendono dal fusto che, a sua volta, la prende dalla radici. Raggiunto il punto di avvizzimento, l’acqua rimarrà
nel suolo. Se l’aria è molto lontana dalla saturazione (deficit di saturazione), tende a richiamare acqua; se c’è
tanta acqua nell’atmosfera, quindi siamo vicini alla saturazione, la pompa di richiamo è bassissima. Questa
pompa di richiamo sarà alta nei climi secchi dove le piante rischiano di avvizzire.

Il suolo presenta anche sostanze organiche che si attacca alla sostanza inorganica (ad esempio argilla ed
humus), dette colloidi del suolo. Queste particelle eterogenee, hanno la capacità di trattenere ioni, in base
alla carica dei colloidi stessi (colloidi positivi, trattengono colloidi negativi e viceversa). Maggiore è la capacità
di scambio ionico, maggiore sarà la fertilità del suolo.
11

Anche i suoli dunque, in base alla latitudine e a questi meccanismi, sono molto diversificati. Il clima influenza
suolo e vegetazione, la vegetazione influenza a sua volta un po’ il clima e, infine, suolo e vegetazione si
influenzano tra loro. Pertanto, la deforestazione in aree tropicali, può:

- Esaltare l’effetto serra, in quanto si tolgono elementi viventi che consumano CO2.
- Viene impedito il consumo di CO2 per mancato accumulo di humus.
- Incremento di CO2, per degradazione più rapida dell’humus.
- Si ha un incremento di CO2, per combustione immediata o posticipata delle parti legnose e di altre
contenenti carbonio.
- Incremento di
- Incremento di CO2 in relazione ad attività agricole e uso di combustibili fossili.
- Le piogge torrenziali, accelerano la lisciviazione e quindi la perdita dei nutrienti solubili, impoverendo
il suolo, mentre i nutrienti meno solubili, come Fe o alluminio, si accumulano, dando un colore rosso
al suolo che può essere usato solo per fare mattoni (lateriti), infatti, si parla di laterizzazione.
- Toglie biodiversità ed ossigeno al pianeta.

IL RUOLO DELLE DIMENSIONI NEGLI ORGANISMI

Avere un rapporto superficie/volume più alto, vuol dire avere un metabolismo più veloce per unità di massa
e questo implica un’accelerazione di scambio termico (quindi accelera il raffreddamento).

Esistono variazioni rilevanti, tra gli individui di una popolazione, per caratteri ereditabili. Queste variazioni,
devono comportare differenze tra gli individui, nelle potenzialità di sopravvivenza e riproduzione, ossia
differenze nella fitness tra gli individui. Si può assistere a differenti tipi di selezione: direzionale, stabilizzatrice
(il carattere più comune, viene favorito dalla selezione) e divergente (i caratteri estremi, sono i più favoriti,
portando ad una distribuzione bimodale, ovvero due tipi di caratteri opposti).
12

Gli adattamenti, inoltre, derivano dal rapporto tra costi e benefici, rispetto ai condizionamenti ambientali.
Quando i costi superano i benefici, un determinato processo non è favorito. Pertanto, l’espressione del
fenotipo, è influenzata dall’ambiente, ma la composizione genetica nell’individuo è la stessa, infatti si parla
di plasticità fenotipica. Questo processo è reversibili per quanto riguarda l’acclimatazione.

Esistono gradienti di fenotipi e di genotipi e si parla di ecoclini ed ecotipi. Gli organismi che variano un
carattere morfologico, rispetto ad un gradiente ambientale, sono organismi ecoclini, i vari organismi che si
comportano in questo modo, sono ecotipi.

Ad esempio, l’Achillea millefolium, in pianura è alta ed in montagna è bassa, in quanto in montagna i venti
forti la spezzerebbero. Quindi due fenotipi diversi, ma genoma uguale. Sono due ecotipi della stessa specie.
Se queste piante dovessero mantenersi isolati per tempi molto lunghi, questi due ecotipi potrebbero
diventare due sotto specie, portando ad una fissazione dei caratteri.

Ci sono 3 leggi generali a riguardo:

- Legge di Bergmann: nelle specie omeoterme, la dimensione degli individui aumenta all’aumentare
della latitudine o del rigore del clima (caratteristica favorita dal migliore rapporto volume/superficie,
che riduce in proporzione la dispersione termica). Ciò vuol dire che, nell’ambito della stessa specie, è
stato osservato che gli individui sono più grandi a latitudini maggiori, dove il clima è più rigido, infatti,
l’aumento della massa corporea, diminuisce il rapporto volume/superficie e quindi diminuisce la
dispersione del calore. Gli elefanti, animali grandi e presenti a latitudini con T calde, compensano
questo con la legge di Allen.
- Legge di Allen: nelle specie omeoterme, la dimensione delle appendici (orecchie, coda, naso etc.),
diminuisce all’aumentare della latitudine o del rigore del clima;
- Legge di Gloger: la pigmentazione degli individui di una specie tende ad aumentare negli ambienti
dove la radiazione solare è più intensa e il clima più umido.

Altre due leggi importanti sono: Legge di Liebig (legge del minimo), la presenza e il successo di un organismo
o di un gruppo di organismi, dipende da un insieme di fattori e condizioni. Qualsiasi fattore o condizione
presente in quantità inferiori al minimo necessario, tende a divenire limitante per la sopravvivenza e la
crescita dell’organismo. Un fattore limitante può essere non soltanto un fattore o una sostanza presente in
quantità troppo esigue, ma anche un fattore o una sostanza presente in eccesso. Gli organismi hanno un
minimo ed un massimo ecologico per i differenti fattore e le differenti condizioni ecosistemiche, ossia
conducono la loro esistenza in un intervallo di tolleranza (Legge di Shelford o legge della tolleranza).

L’ampiezza dell’intervallo di compatibilità di un organismo, rispetto ad uno o più fattori è definita valenza
ecologica. Al centro di questo intervallo, esiste un ambito ottimale, essendo questo intervallo una curva a
campana; se ci si distanzia dall’ambito ottimale, si arriva in condizioni di stress fisiologico fino ad arrivare a
zone di non tolleranza. Chi ha un’ampia valenza ecologica, si adatta a differenti condizioni (organismi eurieci
o euritipici), chi non ha un’ampia valenza ecologica, ha bisogno di trovare condizioni ideali per la propria
sopravvivenza (organismi stenoeci o stenotipici).

Ad esempio il cefalo, ha un’ampia valenza ecologica rispetto alla salinità dell’acqua e si dice eurialino, il
contrario è sterialino; i cani, dato che vivono a tutte le T sono detti euritermici; i serpenti sono sterotermici
caldi e gli orsi polari sterotermici freddo; il panda, mangia solo il bambù, quindi si dice sterifagico, il contrario
è eurifagico. Dunque, l’ambito di compatibilità risulta di differente ampiezza, in relazione ai differenti
processi biologici considerati. L’ambito di compatibilità, varia anche in funzione di sopravvivenza,
accrescimento o riproduzione, ad esempio: l’uomo può vivere tra -5° e 40°; a 0 gradi però, la crescita è meno
favorita rispetto a una T di 20°; tutto ciò diventa ancora più selettivo, in ambito di riproduzione.
13

A questi riguardi, esistono dei corollari alla legge della tolleranza:

- Gli organismi possono avere un ampio intervallo di tolleranza per un fattore e un intervallo più
limitato per un altro.
- Gli organismi con ampi intervalli di tolleranza per tutti i fattori, sono probabilmente quelli più
ampiamente diffusi.
- Se per una specie, le condizioni non sono ottimali, relativamente ad un fattore ecologico, i limiti di
tolleranza possono ridursi anche per altri fattori ecologici. Ad esempio, se una specie si trova in una
situazione di stress rispetto alla T, anche altri fattori possono diventare più restrittivi, in quando viene
usata energia per compensare la condizione di stress relativa alla T.
- Non sempre gli organismi in natura vivono entro l’intervallo ottimale di un certo fattore ecologico.
- La riproduzione è di solito un periodo critico in cui i fattori ambientali diventano più limitanti.

L’insieme dei fattori, condizioni e risorse compatibili con la funzionalità di una specie, costituisce la nicchia
ecologica della specie. Per ogni specie, è possibile individuare una posizione di nicchia ed un’ampiezza di
nicchia. Il concetto di nicchia, contiene anche il concetto di valenza ed esprime la funzione di una specie
nell’ecosistema, in alcuni casi, una specie potrebbe avere anche più di una nicchia ecologica, ovvero svolgere
più di una funzione specifica nell’ecosistema.

ECOLOGIA DELLE POPOLAZIONI

Una popolazione è un gruppo di individui della stessa specie che occupa una data area. Questa definizione
comporta due aspetti importanti: in primo luogo, il fatto che gli individui siano della stessa specie, implica
interfecondità tra i membri della popolazione. In secondo luogo, nella definizione di popolazione, è implicito
il riferimento a un confine spaziale definito, per esempio la popolazione di fringuelli di Darwin nelle isole
Galapagos. Inoltre, gli organismi possono essere:

- Unitari, cioè lo zigote che si forma in seguito a riproduzione sessata, dà origine ad un organismo
geneticamente unico.
- Modulari, sono quegli organismi come piante, coralli o spugne, che generano cloni.

Una popolazione può essere definita tramite numeri, soprattutto nel caso di organismi piccoli oppure tramite
biomassa, soprattutto nel caso di organismi grandi (basta un elefante per fare milioni di insetti). Inoltre, una
popolazione presenta determinate caratteristiche:

1] La distribuzione di una popolazione, descrive la sua localizzazione nello spazio, cioè l’area in cui essa è
presente.

Assumendo che ciascuno dei punti nella figura, rappresenti la posizione nel paesaggio di un individuo
appartenente ad una popolazione, si può tracciare un confine spaziale all’interno del quale risiedono gli
individui della popolazione. Quando l’area include tutti gli individui di una data specie, si parla di areale o
range geografico della popolazione.
14

Ogni organismo ha un intervallo limitato di condizioni ambientali abiotiche e di risorse nel quale può
sopravvivere, crescere o riprodursi. Il fattore principale che influenza la distribuzione di una popolazione è
l’idoneità dell’habitat.

Una specie con un’ampia distribuzione geografica, è definita ubiquitaria. Al contrario, una specie con una
distribuzione geografica ristretta a una particolare località o ad un habitat limitato, è definita come endemica.
Gli individui di una popolazione, possono essere distribuiti:

- Casualmente, se la posizione di ciascun individuo è indipendente da quella degli altri.


- Uniformemente, se, al contrario, gli individui sono distanziati più o meno regolarmente. In genere,
una distribuzione uniforme è il risultato di qualche forma d’interazione negativa tra gli individui,
come ad esempio la competizione per il territorio o le risorse.
- La distribuzione spaziale più comune, è detta raggruppata, cioè quando gli individui si presentano in
gruppi che derivano da diversi fattori, ad esempio: habitat adatti; risorse distribuite a macchia, nel
paesaggio; motivi sociali, come nel caso dei pesci che si muovono in banchi e gli uccelli in stormi.

Inoltre, come risultato dell’eterogeneità ambientale, la maggior parte delle popolazioni è divisa in sub-
popolazioni, ognuna delle quali occupa un habitat adatto ed è separata dalle altre da habitat non idonei. Un
insieme di sub-popolazioni locali viene definito meta-popolazione.

Forze che favoriscono l’isolamento:

- Competizione fra individui per le risorse più scarse;


- Antagonismo diretto per fenomeni riproduttivi o per sovraffollamento.
- Comportamenti territoriali, che determinano un aumento della fitness e selezione degli individui più
idonei, favorendo la ripartizione delle risorse e la riduzioni di predazione e malattie.

Ci sono anche forze che favoriscono l’aggregazione e si parla di distribuzione aggregata:

- Differenze locali dell’habitat.


- Variazioni delle condizioni atmosferiche. Ad esempio pinguini o buoi muschiati, che si aggregano per
proteggersi dal vento.
- Fenomeni riproduttivi.
- Migrazione.
- Interazioni sociali, che spesso diventano interazioni gerarchiche (non solo nell’uomo).
- Riparo dalla predazione, ad esempio, banchi di pesci piccoli, spaventano un pesce grande predatore.

2] Se la distribuzione definisce l’estensione spaziale di una popolazione, l’abbondanza ne definisce la densità.


Nella figura precedente, l’abbondanza è il numero totale dei punti (individui). La densità di popolazione
(densità aspecifica) è il numero di individui per unità di area (n°/m2) o di volume (n°/litri oppure m3) e, in
alcuni casi, si può misurare anche come kg/m2.

La densità, fornisce informazioni importanti sulla nicchia ecologica, in quanto è condizionata dall’habitat e
dalle risorse disponibili.
15

3] La dispersione degli individui, consiste nell’allontanamento di individui da altri, con movimento attivo o
passivo. La dispersione degli individui all’interno della popolazione, ne determina la distanza reciproca e,
quindi, la modalità di distribuzione nello spazio, come ad esempio piante con semi spinosi che si agganciano
su agenti di dispersione (dispersione zoocora, cioè dovuta dagli animali). Infatti, un seme corre il rischio,
cadendo sotto la pianta madre, di non germogliare o a causa di sostanze allelopatiche (che non fanno
germogliare) oppure a causa di un ombreggiamento. Oppure dispersione anemocora (dovuta al vento).
Oppure, nel caso del cocco, che viaggia via mare e germoglia a riva, si parla di dispersione idrocora. L’evento
di dispersione, è favorito dalla selezione, in base ai fattori abiotici o biotici.

Spesso, nella dispersione degli individui nello spazio, anche attraverso i continenti, interviene l’uomo, per
motivi commerciali o alimentari. Spesso capita che, questi individui siano invasivi, nel caso in cui questo
individuo non ha controllo (non ha un predatore) in un nuovo ambiente.

Anche l’uomo, si sposta alla ricerca di condizioni idonee per la propria esistenza. Infatti, circa 100.000 anni
fa, a partire dall’Africa centro orientale, l’Homo Sapiens si è diffuso gradualmente in tutto il mondo. Quando
si parla di emigrazione, si intende un flusso uni direzionale di organismi; immigrazione, è un flusso che va da
un habitat non idoneo ad un habitat idoneo.

4] Quando invece si parla di migrazioni, si parla di movimenti direzionali di molti individui di una specie, da
un’area ad un’altra, con andata e ritorno. Anche l’uomo migra, ad esempio: da zone di alimentazione a zone
di servizi. Le popolazioni di molte specie, si muovono da un habitat ad un altro, ripetutamente, nel corso della
vita.

Questo movimento può essere anche giornaliero, ad esempio: alcuni organismi marini si muovono con le
maree; oppure organismi marini che di notte vivono in superficie e di giorno in profondità, per nascondersi
ai predatori. I motivi principali quindi, sono per motivo trofico (nutrimento) e genetico (riproduzione).

I movimenti stagionali, sono causati dalla disponibilità delle risorse nell’ambiente, che variano in funzione
delle stagioni. Le migrazioni tendono infatti, ad assicurare le migliori condizioni di foraggiamento e, di
conseguenza, di riproduzione. Ad esempio, le rondini, in primavera, dall’Africa arrivano in Europa per
alimentarsi di insetti e fare nidi. Questo perché, all’equatore, ci sono sempre 12 ore di Sole e 12 ore di buio
mentre, in Europa, c’è una temperatura simile, ma, in primavera le giornate si allungano, facilitando la
predazione delle rondini che predano a vista e hanno più tempo per nutrirsi e per nutrire i piccoli; inoltre in
questo periodo c’è un’esplosione di crescita demografica di insetti. Il riscaldamento globale del clima però,
può determinare prima uno sviluppo demografico degli insetti e questo può portare all’arrivo di rondini
quando gli insetti non sono più idonei alla loro alimentazione, determinando quindi ulteriori squilibri
ambientali.

Inoltre, molte specie marine nectoniche (abili nuotatori), compiono spostamenti ciclici caratteristici, in
funzione delle fasi del loro ciclo vitale. Esistono dunque: aree di riproduzione in cui si depongono le uova,
denominate nursery; gli organismi giovanili, in seguito si uniscono agli adulti nelle aree di pascolo e, raggiunto
l’accrescimento necessario, torneranno nelle aree di nursery per riprodursi. Questo triangolo migratorio, può
interessare aree altitudinali (profondità marine) o latitudinali.

Le popolazioni di molte specie migranti, compiono uno solo viaggio di andata e ritorno, nel corso della vita.
Si nasce in un posto, si va a vivere in un altro e in seguito si torna nel posto di nascita per riprodursi e morire.
Ad esempio: le anguille sono animali catadromi, che vivono nei fiumi e si riproducono in mare. Le anguille
che nascono, subiranno metamorfosi e migreranno nei fiumi. Al contrario, il salmone, vive nel mare e si
riproduce nei fiumi ed è detto una specie anadroma. I salmoni, viaggiano contro corrente, per deporre le
uova, attirati e guidati da segnali chimici olfattivi e sensoriali.
16

Alcune specie migranti, compiono un unico viaggio di sola andata. Accade per alcuni insetti che nascono e
vivono in Europa Settentrionale, migrano, lasciano le uova in Europa Meridionale e moriranno. Chi nasce in
Europa Meridionale, vivrà, raggiungerà la maturità sessuale, migrerà in Europa Settentrionale lascia le uova
e muore.

5] Struttura per età della popolazione. La vita degli esseri viventi, può essere divisa in età funzionali: pre
riproduttiva, riproduttiva e post riproduttiva. Le specie, mostrano differenti durate per ciascuna fase e alcune
specie, non hanno una fase post riproduttiva.

La popolazione è composta da gruppi di individui, ciascuno con caratteristiche demografiche peculiari e si


parla di popolazione strutturata. Ogni classe di età, differisce per caratteristiche ecologicamente rilevanti
(utilizzazione delle risorse, sensibilità alle condizioni ambientali etc.). La struttura di popolazione non dipende
solo dall’età, ma anche dal sesso.

Sulla base di tutto questo, è possibile fare una piramide d’età, cioè una descrizione istantanea della struttura
di una popolazione. Sulla X va la popolazione relativa, divisa in maschi e femmine; sulla Y, vanno le fasce di
età. All’aumentare dell’età, diminuisce la popolazione relativa e questo porta alla formazione di una
piramide. Questa piramide, può essere ulteriormente divisa, sulla base dell’età funzionale, soprattutto
quando non si ha l’età cronologica.

La forma della piramide, può essere molto differente, ad esempio, in popolazioni più poveri, gli individui pre
riproduttivi sono molto di più rispetto agli individui riproduttivi, che sono a loro volta di più dei post
riproduttivi e questo determina una condizione di crescita rapida. In popolazioni ricche, si ha crescita zero,
cioè nascite e morte sono compensate o addirittura crescita negativa, quando gli individui pre riproduttivi
sono uguali o di meno, in quantità, rispetto agli individui post riproduttivi. Una popolazione in crescita
negativa, è destinata ad estinguersi, ciò nonostante, in Italia, nonostante ad oggi ci sia una crescita negativa,
la popolazione negli ultimi hanno è aumentata a causa dei flussi migratori.

In più si è osservato che nella popolazione francese del 1965 ci sono stati dei crolli demografici dovuti alle
guerre e dei momenti definiti boom demografici dove invece c’è stato un aumento demografico consistente,
ad esempio immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Un crollo demografico si propaga nel tempo,
se riguarda entrambi i sessi in età riproduttiva, in quanto si può riproporre nuovamente nell’anno successivo
quando dovrebbero nascere nuovi individui che non nascono.

Le popolazioni non sono sistemi statici, ma variano nel tempo condizionate da 4 fattori (i primi due
determinano un aumento di popolazione, mentre i secondi un decremento):

- Natalità, cioè il n° di nati in un certo intervallo di tempo (n° nati/T). Mentre il tasso di natalità è
rappresentato da n° nati/NT (N= n° di individui presenti).
- Immigrazione.
- Mortalità, cioè il n° di morti in un certo intervallo di tempo (n° morti/T). Il tasso di mortalità funziona
in maniera analoga al tasso di natalità.
- Emigrazione.

Gli organismi che si riproducono più di una volta nell’arco della loro vita, sono detti iteropari (maggior parte
dei vertebrati). In particolare, si parla di iteroparità discreta, nel caso di organismi che si riproducono a
cadenza stagionale; iteroparità continua se si hanno riproduzioni in modo continuato. Per gli organismi
iteropari, la tempistica della riproduzione comporta dei compromessi tra costi e benefici. Una riproduzione
17

precoce comporta: maturità anticipata, riduzione dell’accrescimento e della sopravvivenza. Una riproduzione
tardiva comporta invece maggiore accrescimento e aumentata sopravvivenza. Al fine di fornire il maggior
contributo possibile alle future generazioni, un organismo agisce in una via di mezzo.

Un’altra strategia di riproduzione, prevede un investimento iniziale di tutte le energie nell’accrescimento e


sviluppo, seguito da un massiccio sforzo riproduttivo, che si conclude con un unico atto riproduttivo suicida.
In questo caso, si parla di semelparità, tipica della maggior parte degli insetti e di alcune specie di pesci, come
il salmone.

Lo stato della popolazione può variare quindi in:

- Tempo discreto: se gli eventi che modificano una popolazione sono raggruppati in periodi definiti e
la variazione è discontinua. In questo caso si parla di generazioni separata, come nel caso del
salmone, dove i figli non conoscono i proprio genitori in quanto questi muoiono come succede per
gli insetti e le piante e per tutti gli individui semelpari.
- Tempo continuo: se gli eventi che modificano una popolazione sono distribuiti uniformemente nel
tempo. Nell’uomo e negli individui eteropari, si parla di generazioni sovrapposte in quanto
continuamente possono nascere nuovi individui, ma anche morire.

6] Accrescimento di una popolazione.

Il primo passo per capire come varia nel tempo la densità di una popolazione è quello di scrivere
un’equazione di bilancio N (dove N indica il numero degli individui) relativa ad un certo intervallo di tempo.

Nfuturo = Npresente + B – D + I – E

Dove: Nfuturo e Npresente corrispondono al numero di individui rispettivamente futuro e presente; B = nuovi
nati (dall’inglese born); D= morti (dall’inglese death); I= nuovi immigrati; E= emigrati.

La popolazione a cui faremo riferimento deve pensarsi come distribuita omogeneamente nello spazio e in
condizioni di isolamento rispetto ad eventuali popolazioni limitrofe. Questo vuol dire che dobbiamo trovarci
all’interno di un sistema chiuso, dove nessuno può entrare e nessuno può uscire, quindi si assume che I ed E,
nell’equazione precedente, vengano eliminati oppure si può anche assumere che lo stesso numero di
individui che lasciano il paese vengano compensati da quelli che arrivano e quindi si annullano.

Pertanto l’equazione precedente diventa: Nfuturo = Npresente + B – D

Considerando un intervallo di tempo breve, l’equazione diventerà così: N (t+1) futuro = Nt presente + B – D

Il numero complessivo dei nuovi nati cresce proporzionalmente in base:

- Al potenziale riproduttivo medio di ogni individuo nell’unità di tempo in esame (indicato come b);
- Al numero totale di individui presenti nella popolazione al tempo (indicato con N);
- Alla durata dell’intervallo di tempo considerato (indicato con Δt).

Possiamo quindi sostituire nella formula superiore B= bNΔt.

Per cui diventa: N (t+1) futuro = Nt presente + bN Δt – D.

Lo stesso discorso vale per il numero di morti che diventa D=dNΔt. Sostituendo anche questo valore
all’equazione otteniamo: N (t+1) futuro = Nt presente + bNΔt – dNΔt.
18

Se portiamo “Nt presente” dall’altra parte, si ottiene: N (t+1) futuro - Nt presente = bNΔt – dNΔt. A questo
punto andiamo a definire N (t+1) futuro - Nt presente, come un ΔN e mettiamo in evidenza NΔt ottenendo:
ΔN= (b-d) NΔt. Abbiamo ottenuto l’equazione di una retta dove ΔN corrisponde alla variabile dipendente (Y)
e Δt corrisponde alla variabile indipendente (X). Visto che ci interessa come varia il numero degli individui nel
tempo possiamo portare Δt al denominatore e l’equazione diventa: ΔN/Δt = (b-d) N.

Riportando l’equazione in grafico andiamo a porre sull’asse delle y ΔN e sull’asse delle X Δt. Dal grafico si
nota che la curva di accrescimento della popolazione non parte mai da zero in quanto, per definire come
varia la popolazione nel tempo deve essere sempre presente un numero anche minimo di individui. In
secondo luogo si può osservare che l’accrescimento è esponenziale.

Per cui dall’equazione: ΔN/Δt = (b-d) N, ponendo Δt=0, avremo che (b-d) = r, cioè al tasso istantaneo di
crescita oppure tasso di variazione istantanea. A questo punto si otterrà l’equazione differenziale della
crescita esponenziale di una popolazione: ΔN/Δt = rN.

Questa corrisponde alla variazione istantanea del numero di individui rispetto al tempo. Dipenderà dal tasso
istantaneo di crescita (r) e sarà direttamente proporzionale al numero degli individui (N).

Inoltre, essendo r=(b-d):

- Se b>d, r>0 e quindi la popolazione crescerà esponenzialmente;


- Se b = d, r=0 e quindi la popolazione sarà in uno stato stazionario;
- Se b<0 la popolazione declina esponenzialmente.
19

Facendo l’integrale dell’equazione differenziale, ∆N/∆t=rN, otterremo: Nt = N0 ert.

Il tipo di crescita esponenziale, è visto anche come modello Maltusiano. Malthus era un economista che si
occupava di risorse e popolazioni. Egli constatò che la popolazione umana cresceva più rapidamente, rispetto
alle risorse per mantenerla.

La variazione nell’unità di tempo del numero di individui è proporzionale, secondo il tasso istantaneo di
crescita, al numero di individui presenti nella popolazione. Nel grafico esponenziale, sulla x c’è il t, sulla y c’è
la popolazione (la linea non parte da 0, in quanto non può esserci popolazione 0).

Per realizzare questa crescita, le risorse non devono essere limitanti, cioè devono essere disponibili per tutti,
ma questo vale solo per tempi brevi, in quanto è inevitabile l’intervento della resistenza ambientale, per cui
la crescita non può essere illimitata e, prima o poi, le risorse diventano limitanti, cioè non più disponibili per
tutti. Infatti, spesso, dopo crescite esponenziali di questo tipo, ci sono veri e propri crolli demografici.

Le due ipotesi fondamentali che devono essere verificate, perché la dinamica di una popolazione segua un
andamento esponenziale (modello Malthusiano), sono:

- L’ambiente in cui la popolazione vive, deve garantire a ciascun individuo di poter attingere alla stessa
quantità di risorse, indipendentemente dal numero di individui presenti;
- Nessun individuo danneggia o è danneggiato da altri individui della popolazione.

Pertanto, le capacità di sopravvivere e di riprodursi di ciascun individuo, non sono influenzata dalla densità
degli individui presenti, ma questo vale solo per tempi brevi, prima o poi interverrà la resistenza ambientale
sotto forma di assenza di risorse.

I fattori demografici, permettono un’analisi al dettaglio della popolazione e della sua dinamica. Si parla di
fattori densità dipendenti, quando il crollo demografico è deputato proprio alla densità di popolazione. Ci
sono però, anche i fattori densità indipendenti, ovvero i cambiamenti abiotici (clima, quantità di acqua etc.).

Gli individui di una popolazione, hanno caratteristiche che gli distinguono tra loro, ad esempio: ci sono
individui pre riproduttivi, riproduttivi o post riproduttivi (quindi per età); si differenziano per sesso etc.
20

A differenti età, cambia la probabilità di sopravvivere.

Le aree ombreggiate in alto e in basso sono i costi legati allo sviluppo e all’invecchiamento dell’organismo. Il
crollo maggiore, si ha proprio nella fase giovanile e nella fase senescente.

Il log alla Y, serve a ridurre le asimmetrie tra numeri contenuti e numeri elevati, ad esempio: se si vuole
rappresentare sulla stessa curva una popolazione di pesci (migliaia di individui) e di insetti (milioni di
individui). Si utilizza il log, in quanto contiene le eccedenze numeriche che possono presentarsi in un caso
studio (il log10 di 1000 è 3, il log10 di 10.000 è 4, etc.).

L’andamento della sopravvivenza può essere molto differente, a seconda della popolazione in esame. Ad
esempio: nello scoiattolo, c’è una decadenza costante nel tempo e si parla di perdita costante; nell’ostrica,
nelle prime fasi di vita, gli individui della popolazione si riducono con una esponenziale negativa, per poi
mantenersi costante e si parla di perdita precoce; l’uomo ha un andamento detto perdita ritardata, in quanto
la sopravvivenza diminuisce in fase senescente.
21

I fattori demografici, di una popolazione, vengono inseriti nelle tabelle di vita e, tramite queste tabelle, è
possibile fare le curve di sopravvivenza, viste prima. Una tabella di vita si costruisce, innanzitutto andando in
campo e studiando gli individui, capendo quanti sono e capendo che differenti età hanno. Altro non è che lo
studio di una coorte nel tempo (individui con caratteristiche in comune). Un esempio di tabelle di vita in una
coorte di scoiattolo:

X è l’età; nx è il numero di individui per età; lx è la possibilità di rimanere in vita (sopravvivenza per età).

Nella seconda tabella, è presente dx, cioè il numero di individui che muoiono, in un intervallo di tempo
(mortalità), per ogni classe di età.

Nella terza tabella, è presente anche qx, ovvero tasso di mortalità per età, dato da: mortalità / il numero di
individui inizialmente nella coorte.

Se si va a fare un campionamento, in mare, per quanto riguarda dei pesci, è possibile individuare: la prima
classe di età (più piccoli e numerosi); la seconda classe di età (più grandi e meno numerosi); la terza classe di
età (più grandi ancora e meno numerosi); questo studio è detto tabella di vita statica. E’ possibile fare uno
studio di coorte, seguendo la prima classe di età nel tempo, questo studio è chiamato tabella di vita per
coorte o dinamica. Tramite queste tabelle, è possibile fare le curve di sopravvivenza, viste prima.
22

Un altro fattore demografico importante da considerare oltre la sopravvivenza, è la fecondità. Le differenti


fasi del ciclo vitale, possono fornire differenti contributi alla dinamica della popolazione, non soltanto in
termini di sopravvivenza, ma anche in termini di fecondità che è il numero di figlie femmine che una femmina
può dare ad ogni età. La fecondità si esprime in tassi di natalità specifica per età ed è un fattore demografico
che interessa solo gli individui femmina.

Bx rappresenta la fecondità per età. Una femmina appena nata non può generare femmine, ma, col passare
del tempo, aumenta la fecondità fino al raggiungimento di una fase senescente, in cui la fecondità diminuisce
ulteriormente.

La somma di tutte le fecondità, nell’arco della vita, è uguale al tasso riproduttivo lordo. Ma, questo valore
lordo, va rapportato alla sopravvivenza. Dunque, il valore della fecondità, si moltiplica per lx (sopravvivenza)
e si ottiene lxbx, detto tasso riproduttivo netto e si può scrivere anche come R0. All’aumentare di R0, maggiore
sarà il contributo in femmine. A seconda della specie, il tasso riproduttivo netto, può essere molto diverso,
ma anche all’interno della stessa specie, questo può variare.

Sx è la sopravvivenza considerata per ogni età, mentre lx considerava la possibilità di arrivare ad una data
classe di età (sopravvivere) a partire dall’età 0 della coorte.

Come si legge una tabella di proiezione nel tempo per una popolazione: in obliquo verso in basso a destra è
l’andamento di sx (% di individui che sopravvivono), al variare di x. Gli individui x0, al variare del tempo, sono
dati dalla somma di tutte le caselle sottostanti per il loro rispettivo valore di bx.

Una popolazione che si riproduce in un ambiente costante, tende ad una stabile distribuzione dell’età.
Lambda è il tasso finito di moltiplicazione o di crescita, dato dal rapporto tra il numero di individui nell’anno
successivo e gli individui dell’anno precedente. Se lambda è maggiore di 1, la popolazione cresce; se è uguale
a 1, la popolazione non cresce; se è inferiore a 1, la popolazione decresce.
23

L’uomo interviene spesso in vari sistemi ambientali, trasformando, degradando, riducendo o omogenizzando
gli habitat, alterando tutti i sistemi ecologici infatti, cambiando i fattori ambientali, cambiano anche i
meccanismi vitali di determinate specie e quindi la loro dinamica di popolazione. L’impatto sulla specie, da
parte dell’uomo, è maggiore se la specie è endemica (sta solo in un posto), rispetto ad una ubiquitaria.

Tutti gli organismi viventi spendono energia per soddisfare i proprio bisogni. Parte dell’energia è spesa per la
riproduzione e la crescita, parte per la sopravvivenza e il mantenimento. Poiché l’energia a disposizione è
limitata, ogni specie deve affrontare la scelta dell’allocazione dell’energia, nell’ambito del proprio ciclo vitale.
Questa scelta, viene detta strategia vitale. La scelta della strategia è condizionata dalle disponibilità
energetiche legate ai limiti fisiologici della specie e all’habitat in cui la specie vive. Ad esempio:

- In un ambiente a bassa competizione e bassa predazione, ci sono organismi che devolvono molta
energia per la riproduzione, rispetto alla competizione o all’evitare la predazione.
- In un ambiente ad alta competizione, molta energia se ne va nella competizione. Ad esempio, una
pianta sfrutta sostanze allelopatiche per mantenere a distanza altre piante. Se non ci fosse stata
quella competizione, l’energia sarebbe stata utilizzata per crescere meglio.
- In ambienti in cui la predazione è elevata, l’energia se ne va per evitare la predazione. Ad esempio,
le zebre devono bere con attenzione, per evitare un predatore.

La Rafflesia Arnoldii produce il fiore più grande del mondo che produce un odore di carne putrescente,
attirando quindi mosche o altri insetti, che fanno la pollinazione. Oppure ci sono altri fiori che assomigliano
proprio agli insetti impollinatori, che si chiamano insetti pronubi.

Infatti, anche i vegetali hanno un investimento energetico per la riproduzione. I frutti, servono a diffondere i
semi, in quanto il frutto, ricco di sostanze zuccherine, attrae l’animale che ingoia il frutto e ne determina la
dispersione nello spazio.

C’è sempre un rapporto di costo-beneficio: se un adattamento ha un costo superiore al beneficio, non sarà
premiato dall’evoluzione.

L’acquisizione di un partner presuppone la selezione sessuale e la scelta del partner è condizionata dalla
disponibilità di risorse. Ci sono vari meccanismi riproduttivi: monogamia, poliginia (un maschio e più
femmine), poliandria (una femmina e più maschi). Questi meccanismi, variano di specie in specie e in base
all’habitat, infatti, se le risorse sono poche, si usa associarsi ad un maschio che può garantire risorse ad un
harem.

Maggiore è l’energia e le risorse dedicate alla riproduzione, minore sarà quella dedicata alla crescita e al
mantenimento e quindi l’organismo rallenta la sua crescita. La ripartizione dell’energia tra le varie attività di
un organismo, riflette gli equilibri tra i costi e i benefici di ciascuna attività. Esistono scelte di compromesso
(trade-off) nella destinazione dell’energia disponibile. Si parla di bilanci ottimali tra energia spesa per la
sopravvivenza presente ed energia spesa per la sopravvivenza futura. Attraverso la selezione naturale, gli
organismi tendono a raggiungere il rapporto costi/benefici più favorevole (quindi basso) possibile.

Esistono regole generali che governano l’allocazione di tempo e risorse nelle strategie vitali di piante e
animali. L’insieme delle scelte e delle regole riguardanti il programma di riproduzione, costituisce la storia
biologica di un organismo. La riproduzione implica la prima scelta indispensabile tra le varie opzioni: la
maturità, indica quando realizzare la riproduzione; parità (semelparità o iteroparità) indica quante volte;
fecondità indica quanti figli.
24

Una storia biologica ottimizzata, rappresenta la soluzione di compromessi tra esigenze di sopravvivenza e di
riproduzione in competizione con loro.

Quando un animale o una pianta dovrebbe cominciare a riprodursi? Ci sono specie a ciclo vitale breve, in cui
la riproduzione precoce è favorita, in quanto riduce i rischi di una bassa sopravvivenza. In specie longeve,
invece, la riproduzione ritardata è favorita e permette di aumentare la capacità competitiva e la
sopravvivenza.

Quante volte dovrà farlo nell’arco della vita? Una sola volta, semelparità (si riproduce e muore); iteroparità
discreta (più volte nell’arco della vita, ma con cadenza stagionale); iteroparità continua (più volte, senza
cadenza stagionale). Per le specie semelpare, l’evento riproduttivo è unico, senza risparmio di risorse per la
sopravvivenza futura, infatti lo sforzo dei salmoni di nuotare contro corrente, richiede l’impegno della
maggior parte dei tessuti, con conseguente morte programmata. Per le specie iteropare, la riproduzione
ripetuta nel tempo necessita che una parte delle risorse sia destinata alla sopravvivenza, per ulteriori episodi
riproduttivi.

Quale è il numero e la dimensione dei figli da generare? Molti figli, con taglia piccola, muoiono nelle prime
fasi di vita oppure pochi, di taglia grande, protetti per mantenere bassa la mortalità.

Lo sforzo riproduttivo, riguarda il numero e la dimensione dei semi (nei vegetali) e dei figli prodotti (negli
animali), ad esempio: tanti piccoli semi, pochi grandi semi, tanti piccoli cuccioli, pochi grandi cuccioli.

Inoltre, lo sforzo riproduttivo è regolato dall’equilibrio tra fecondità e sopravvivenza, ad esempio: se ci sono
più cuccioli, bisogna andare più spesso a cercare cibo e rischiare di trovare competitori o predatori e quindi
implicherà uno sforzo metabolico maggiore, riducendo il tasso di sopravvivenza degli adulti.

Inoltre, se si è pochi nel nido o nella tana, la massa corporea aumenta (più risorse disponibili) e viceversa,
pertanto, un aumento dei cuccioli, determina una minore percentuale di sopravvivenza anche nei cuccioli. I
mammiferi, hanno come obiettivo biologico, generare pochi individui, di maggiori dimensioni, da proteggere
fino all’età della riproduzione.

Ma, persino nella stessa specie, possono riscontrarsi situazioni differenti a seconda dell’ambiente, ad
esempio: in una pianta, se le dimensioni dei semi sono piccoli, si avranno tanti semi e viceversa. Ma questa
pianta, può crescere sia in ambienti umidi, che in ambienti secchi. La probabilità di sopravvivenza delle piante
in ambiente umido è maggiore; se sono in ambiente secco, i semi piccoli, hanno una probabilità di
sopravvivenza quasi nulla. Pertanto in ambienti umidi, non ci sono costrizioni, per quanto riguarda la
produzione, tra semi piccoli e semi grandi; mentre, in ambiente secco, la pianta è “costretta” a produrre semi
grandi.

Molte specie, presentano figli precoci (pulcini o cavalli) e figli inetti (scimpanzé, orso e uomo). Le specie con
figli inetti, sono costrette a produrre pochi individui, in quanto sono costretti a seguirli e quindi ad avere un
dispendio di energia.

Lo sforzo riproduttivo può variare anche con la latitudine (espresso in gradi), ad esempio il numero di uova
per covata, aumenta andando verso Nord, in quanto le giornate si allungano e diventa più facile sfamare
nuovi individui (esempio della rondine).

Il successo riproduttivo dipende dall’habitat selezionato, ad esempio gli uccelli hanno dei pattern particolari
per conquistare un determinato territorio. Gli organismi definiscono il proprio trade-off, in relazione alla
tipologia dell’habitat. In habitat imprevedibili o effimeri (che non ha stabilità di condizioni), in cui ci sono
fluttuazioni ambientali marcate, ci sono specie con elevato potenziale riproduttivo. In habitat stabili, con
fluttuazioni ambientali casuali, ci sono specie con elevato investimento in mantenimento e sopravvivenza.
25

Nel 1° caso (selezione r o R-strategia), quando piove e si formano pozzanghere, potrebbero esserci forme di
vita in criptobiosi, che attivano il loro metabolismo e in pochi minuti o ore, attuano già la riproduzione; dopo
poco, la pozzanghera evapora (ecco perché habitat effimero), ma queste forme di vita hanno già lasciato
discendenti, che attueranno lo stesso ciclo, quando troveranno di nuovo un habitat idoneo. Al contrario, nel
2° caso (selezione k o K-strategia) in habitat stabile, c’è la possibilità di investire in crescita e mantenimento,
prima di riprodursi.

R-strategia (scarafaggi). K strateghi (ad esempio elefanti).


- Molti figli piccoli; - Pochi figli grandi;
- Poche o nessuna cura parentale e - Mole cure parentali e protezione della
protezione della prole; prole;
- Anticipata attività riproduttiva; - Ritardata attività riproduttiva;
- La maggioranza dei figli muore prima di - La maggioranza dei figli, sopravvive fino
raggiungere l’età riproduttiva; all’età riproduttiva;
- Adulti piccoli; - Adulti grandi;
- Adattati a climi e condizioni ambientali - Adattati a climi e condizioni ambientali
instabili; stabili;
- Alto tasso di crescita (r) della popolazione; - Basso tasso di crescita (r) della popolazione;
- La grandezza della popolazione, fluttua - La grandezza della popolazione è quasi
molto sopra e sotto, la capacità portante stabili e vicina alla capacità portante (K);
(K); - Nicchia specializzata (quando si insediano,
- Nicchia generalista (ben adattati a varie diventano più forti nella competizione);
condizioni e poche risorse); - Alta capacità di competizione;
- Scarse capacità di competizione; - Ultime specie nella successione.
- Prime specie nella successione.

R e K strategie, sono due estremi di un continuum, cioè, non esistono solo specie strettamente R e K, infatti,
ci sono anche tante situazioni intermedie. Ad esempio, il tonno vive molti anni (20-30 anni), può crescere
fino a 300 kg di peso ed è iteroparo (tutti elementi generalmente K); però, un tonno, quando sviluppa le
gonadi, produce milioni di uova fecondate dai maschi, che rimangono nell’ambiente e, da queste uova,
nascono i piccoli pesci e la mortalità sarà elevata (tutti elementi generalmente R). Un altro esempio, anche
all’interno della stessa specie, si ha nel caso delle salamandre dove, quella maculata fa più uova e non se ne
preoccupa, mentre quella dal dorso rosso ne fa meno e le protegge.

dN/dt = r N -> Accrescimento esponenziale di una popolazione (modello di crescita maltusiano indipendente
dalla densità) è un accrescimento che avviene solo per tempi brevi. Le cose cambiano con la densità infatti,
ad elevata densità, la sopravvivenza cade più rapidamente se il cibo è scarso; invece, se la densità diminuisce,
diminuisce anche la mortalità in caso di cibo scarso. Non solo la sopravvivenza, ma anche le dimensioni di un
individuo, variano con la densità degli stessi (alta densità, individui più piccoli a parità di cibo, rispetto a bassa
densità). Per quanto riguarda specie vegetali, se la capacità idrica è bassa, ci sono meno individui e più
distanziati l’uno dall’altro e viceversa.

Per cui, in condizioni di affollamento, le interazioni fra gli individui diventano sempre più importanti: essi
competono fra loro per lo spazio, per le risorse oppure per la riproduzione. Per cui, i tassi di natalità e di
mortalità, dipendono dalla densità.
26

B = b0 – (a N).

B (tasso di natalità); b0 (intercetta della retta, cioè il valore di b quando n è 0); a (pendenza negativa della
retta); N (natalità). Se aumenta il numero di individui, il tasso di natalità si riduce. Se N aumenta, b si riduce.

Ma anche: d = d0 + (c N).

D (mortalità); d0 (cioè il valore di d quando n è 0); c (pendenza positiva della retta). D aumenta per N grandi.

Mentre nell’accrescimento esponenziale, è indipendente dalla densità, pertanto le rette sono parallele
all’asse x.

K è la capacità portante dell’ambiente (il numero massimo di individui che l’habitat può contenere), in cui
b=d è la popolazione ne cresce ne decresce. Invece, quando b>d la popolazione cresce e quando b<d la
popolazione decresce.
27

Competizione. Pag. 264-266, 268-271, 277-282.

312 a 317; 319 a 321; 326-327-335.

INTERAZIONE TRA SPECIE.

Pag. 290 a 295; 302 a 304;

Predazione. 338 a 359; 362 a 364; 370.

Parassitismo e mutualismo. 372 a 381; 384-385-387-390.

Struttura delle comunità. Pag. 396 a 398; 401 a 408; 410-412.

Fattori che influenzano la struttura delle comunità. 425-426; 434 a 437; 439 a 444.

Dinamiche della comunità. 452 a 454; 458-459-461; 464 a 468.

Dinamiche del paesaggio. 480 a 490; 493 a 495; 498 a 500.

Energetica degli ecosistemi.516 a 523. Continuare con gli appunti.


28

Relazione tra biomassa e produttività.

P/B = PPNR = produttività per unità di biomassa;

B/P = turnover (tempo di ricambio).

Gli ecosistemi terrestri sono fatti da produttori molto grandi (alberi che formano boschi e foreste), con
notevoli strutture di mantenimento. La biomassa più esigua (le foglie) fa fotosintesi, mentre il resto serve a
mantenere l’albero. Nella barriera corallina, si ha la stessa produttività che nella foresta tropicale, ma con
molta meno biomassa.

Pertanto P/B (produttività / biomassa) è più alta nel mare (ovviamente sulla terra ferma la produttività è
maggiore). Sulla terra, le foglie fanno fotosintesi ma è presente molta biomassa di sostegno.

Il ricambio (turnover = B/P) nel mare è molto più veloce, rispetto alle terre emerse, in quanto, mentre sulle
terre emerse vivono organismi anche secolari (sequoie), nel mare ci sono organismi unicellulari, alghe etc.
che vivono molto meno e si rinnovano continuamente.

Inoltre, la produttività primaria netta tende a diminuire con l’età del sistema. Ad esempio, quando un albero
è molto esile, la frazione di biomassa totale è bassa, man mano che passa il tempo, la biomassa aumenta,
grazie soprattutto all’aumento del tronco, che porta verso l’alto la biomassa fotosintetica. Con l’aumento
della biomassa, aumentano i costi di mantenimento e quindi diminuisce l’efficienza del sistema.

La produttività netta (PPN) della comunità, corrisponde alla produttività primaria netta, meno il consumo
degli eterotrofi (respirazione), ovvero: PNC = PPN – Re.

La produttività dei livelli trofici successivi, ossia quelli dei consumatori, rappresenta la produttività
secondaria, ma è più comunemente nota come assimilazione.

Se aumenta la produttività prima, ci si aspetta un incremento della produttività secondaria, ad esempio: se


aumenta la produttività primaria degli autotrofi, aumenta anche la biomassa degli erbivori.

L’8% della produttività primaria globale del mare, sostiene la pesca a livello mondiale. Nella trasformazione
di energia radiante in sostanza organica, ci sono delle perdite di energia radiante, in quanto non tutta
l’energia finisce su sistemi fotosintetici.
29

Dunque, chi è carnivoro, è meno numeroso, in quanto l’energia, in ogni suo passaggio, si perde.

Gli organismi che ottengono energia alimentare dal sole, con lo stesso numero di passaggi, appartengono
allo stesso livello trofico (1° livello trofico gli organismi fotosintetici; 2° gli erbivori; 3° i carnivori primari etc.).

L’energia alimentare, in seguito a digestione o assimilazione, viene utilizzata per:

- Respirazione: energia perduta sotto forma di calore e non più disponibile per la comunità, ma che
incrementa l’entropia dell’universo;
- Accrescimento e produzione: energia disponibile per il livello trofico superiore (se c’è);
- Morte, escrezione ed eliminazione: energia disponibile per la catena alimentare del detrito.

Migliore è il foraggiamento, maggiore sarà l’assimilazione e minore sarà l’escrezione e eliminazione. Ad


esempio: per un neonato l’omogenizzato è meglio di una bistecca (a parità di peso); per gli erbivori, le foglie
tenere sono migliori rispetto alla corteccia degli alberi.

Man mano che si sale lungo la catena alimentare, l’energia si riduce, per questo non esistono predatori di
tigri o leoni. Lindeman stimò che, da un livello trofico al successivo, riesce a passare solo il 10% dell’energia
(principio di Lindeman).

Inoltre, l’efficienza delle diverse specie di consumatori, nel trasformare in produzione secondaria l’energia
assunta, può variare considerevolmente. Queste differenze possono essere illustrare usando il modello del
flusso di energia attraverso un consumatore, sapendo che:

I = Ingerito; R = Respirazione;

W = Rifiuti; A = Assimilazione; P = Produzione.

L’efficienza di assimilazione (A/I) è di circa l’80% per quanto riguarda i carnivori; 30-50% per gli erbivori e
20% per i detritivori.

L’efficienza di produzione (P/A) è del 40% per erbivori e carnivori; fino al 10% per vertebrati ectotermi
(perché devono termoregolarsi e quindi si riduce l’efficienza), cioè organismi la cui temperatura corporea
dipende dall'ambiente esterno; fino al 2% per i vertebrati endotermi (organismi viventi la cui temperatura è
regolata dalla produzione di calore metabolico interno); i detritivori fino al 40%.

L’efficienza, cambia anche in base agli ecosistemi. Ad esempio, i piccoli crostacei che si nutrono di
fitoplancton, prendono più energia, in quanto il fitoplancton sono cellule e hanno meno scarti; mentre se si
mangiano i vegetali, ci sono più scarti e meno energia presa. Il pianeta è verde, in quanto la biomassa e la
natura delle strutture vegetali, riducono di tanto il consumo nell’ambiente terrestre, a causa della loro
complessità, che li rende più difficili da assimilare.

La struttura trofica di un ecosistema può essere descritta mediante le piramidi ecologiche, che possono
essere: piramidi dei numeri, piramidi di biomassa e piramidi di energia.

- Nel caso di piramidi dei numeri, si contato: i produttori; gli erbivori (consumatori primari) e i carnivori
(consumatori secondi).
- Nel caso di piramidi di biomassa, si usano i kg/m2.
- Nel caso di piramidi di energia, si trasforma la biomassa in calorie o in joule.
30

Il mondo si sfama prevalentemente tramite produttori in quanto, solo i paesi ricchi possono permettersi di
allevare consumatori primari o addirittura secondari. Inoltre, anche l’area coltivata necessaria per ottenere
1000 kcal da produttori (0.4 m2 per il grano, 0.26 m2 per il mais, 0.8 m2 per la soia e 0.5 m2 per il riso), è molto
inferiore rispetto a quanto necessario per consumatori primari (8 m2 per la carne bovina).

Le piramidi di numeri e di biomasse possono essere capovolte, ma non quella di energia perché non si può
andare contro il 2° principio della dinamica.

Ad esempio: nel canale della manica, la piramide di biomassa è capovolta (va in crescendo dai produttori a
consumatori). Questa anomalia, è comune nelle aree marine ad elevata produttività. Nel caso della del canale
della manica, i produttori sono prevalentemente fitoplancton unicellulari e i consumatori 1° sono
zooplancton (piccoli crostacei pluricellulari). Quindi questa anomalia è dovuta alla dimensione degli
organismi. Ma, mentre il fitoplancton si riproduce più volte, avendo un ciclo vitale di un giorno, i piccoli
crostacei che possono vivere 2-3 mesi, sono sempre loro, stessa cosa per i pesci che vivono anche anni.

Un altro esempio: su un ettaro di campo, il prato (produttore) pesa fino a 400 kg, una mucca pesa più di 300
kg. Su un campo del genere, più mucche possono sostenersi (nonostante anche in questo caso ci sia una
piramide di biomassa rovesciata), perché il prato ogni giorno continua a crescere, in quanto gli organismi
piccoli hanno un metabolismo molto maggiore per unità di massa.

E’ vero che la quantità dell’energia si riduce, ma la qualità dell’energia aumenta. L’energia si concentra
all’aumentare dei livelli trofici passando da carboidrati a lipidi e proteine (ecco perché ai malati si danno
bistecche e non verdura). La qualità cresce, formando molecole più energetica e con minori scarti.

Le catene alimentari si incrociano nella rete trofica. Le catene alimentari più studiate, sono le catene
alimentari del pascolo, cioè erbivori che mangiano vegetali, carnivori che mangiano erbivori oppure farfalla
che succhia il nettare dal fiore e libellula che mangia farfalla. In natura però ci sono anche le catene alimentari
del detrito, cioè catene alimentari che presentano molta energia e che partono da organismi morti. In una
foresta, ci sono flussi energetici molto maggiori nella catena del detrito (tutte le foglie che cadono e formano
la lettiera). Una gran parte di energia non consumata nella catena del pascolo, va nel detrito.
31

Le catene del pascolo e del detrito, possono anche incrociarsi, quando i carnivori del pascolo mangiano i
decompositori erbivori o i carnivori del detrito mangiano gli erbivori del pascolo. Ad esempio, un uccellino
mangia uno scarabeo stercorario e una scolopendra mangia una farfalla. Quindi, anche nella decomposizione,
l’energia fluisce strutturando una rete di relazioni in cui è possibile individuare diversi livelli trofici.

Peculiarità delle reti trofiche:

Reti trofiche terrestri Reti trofiche marine


I grandi vegetali terrestri sono costituiti da strutture Mancano i grandi organismi vegetali. Gli autotrofi
di sostegno complesse. dominanti sono rappresentati da singole cellule
microscopiche.
I vegetali terrestri sono generalmente longevi e I vegetali marini sono generalmente short-lived e la
costituiscono la matrice della comunità matrice delle comunità è costituita da animali più
longevi.
I grandi vegetali sono poco sfruttabili dagli erbivori. I piccoli erbivori del mare consumano interamente
gli organismi produttori.
Gli erbivori dominanti sono di grossa taglia. Gli erbivori dominanti sono piuttosto piccoli e
spesso microscopici.
I grandi animali terrestri sono spesso erbivori. La maggior parte dei grandi animali marini sono
carnivori e situati a più alti livelli trofici dei carnivori
terrestri.

Classificazione energetica degli ecosistemi:

Categoria Flusso di energia


Ecosistemi ad energia solare, senza altre fonti 1000-10.000 kcal/m2/anno. Producono poca
energetiche (oceani aperti, foreste montane, energia ma contribuiscono al riciclo di acqua,
praterie etc.). ossigeno etc.
Ecosistemi ad energia solare con altre fonti energia 10.000-40.000 kcal/m2/anno.
sussidiarie naturali (estuari, foreste pluviali, zone di
up welling etc.).
Ecosistemi ad energia solare con altre fonti 10.000-40.000 kcal/m2/anno.
energetiche sussidiarie fornite dall’uomo
(agricoltura).
Con la comparsa dell’homo sapiens, ci sono anche i 100.000-3.000.000 kcal/m2/anno. Essendoci una
sistemi urbani industriali, alimentati da combustibili notevole concentrazione di vita, di uomini che
fossili, che comunque derivano dall’energia solare vivono in strutture verticali (grattacieli).
(città, metropoli, megalopoli etc.).

Le risorse per le città, arrivano dalle prime 3 categorie. Inoltre nella 4° categoria, vengono fornite una grande
quantità di scarti e rifiuti che vanno a finire nelle prime 3 categorie. Ma, nel 4° sistema, si fa cultura e si
trasmettono conoscenze che possono servire per continuare a usufruire dei servizi dei primi 3 sistemi, quindi
l’homo sapiens ha la possibilità di rendere le sue azioni più sostenibili per l’ambiente.
32

Decomposizione e ciclo dei nutrienti.

I vegetali prendono acqua e Sali (molecole inorganiche), organizzando questi atomi in macromolecole
organiche. Quando la sostanza organica muore o quando si producono scarti, la materia organica si
decompone e ritorna ad essere sostanza inorganica.

Le decomposizione, coinvolge numerosi organismi, ad esempio: l’uomo trasforma molecole organiche in


sostanze di scarto oppure, sempre l’uomo, mangiando i funghi, mangia dalla catena del detrito; iene, avvoltoi
etc. mangiano animali morti.

I degradatori sono innumerevoli: dalle iene e avvoltoi fino alla mega-fauna, macro-fauna, micro-fauna e
meso-fauna. Ma, la decomposizione vera e propria, in cui si trasforma l’organico in inorganico, avviene grazie
agli organismi microscopici come batteri, protozoi e funghi. Man mano che si va avanti nella decomposizione,
rimangono molecole sempre più difficili da demolire, come ad esempio la lignina.

La decomposizione si realizza ovunque, anche in ambienti remoti, freddi e bui, come le profondità degli
oceani ed è influenzata da diversi fattori. Gli ecologi studiano la decomposizione utilizzando le “litter bag” o
le “mesh bag” (nel caso di ambiente acquatico), ovvero buste contenenti materia che deve decomporsi. E’
possibile studiare i fattori che influenzano la decomposizione.
33

1] Nel grafico, si nota come la decomposizione di una foglia sia influenzata dalla composizione della sostanza
organica. All’inizio dell’esperimento, la curva viola è un esponenziale negativa che mostra come viene persa
la massa di carbonio totale. Se si fa un’analisi chimica del carbonio, si nota che:

- Le proteine vengono degradate in circa una settimana, in quanto facili da decomporre.


- Una frazione del carbonio, è fatto da cellulosa ed emicellulosa, che degrada in circa 20 giorni.
- Una frazione di circa il 30%, è costituita da lignina e, dopo 60 giorni, è ancora presente a circa il 20%
(ci vorrà 1-2 anni per smaltire completamente quella lignina).

2] Inoltre, la decomposizione è influenzata dalle condizioni metaboliche, in cui viene effettuata. In caso di
metabolismo aerobio, è più rapido rispetto a quello anaerobico.

3] La decomposizione è influenzata dalle condizioni climatiche in cui si realizza. Dove fa più freddo, la
decomposizione è rallentata. In una foresta tropicale, la lettiera si decompone molto più velocemente,
rispetto ad una foresta boreale, a parità di sostanza organica decomposta. La decomposizione, infatti, è
massimizzata nelle ore più calde della giornata e questo si nota dalle maggiori emissioni di CO2 in quelle ore.

Nella sostanza organica morta, la qualità dei composti che costituiscono la fonte di energia per i
decompositori microbici è variabile. Ad esempio: maggiore è il contenuto di azoto, maggiore sarà il valore
nutritivo della sostanza organica morta, di cui si nutrono funghi e microorganismi.

Con il consumo della sostanza organica, i decompositori microbici, convertono l’azoto e gli altri elementi, da
forma organica a inorganica attraverso un processo noto come mineralizzazione, in cui l’azoto e altre
sostanze, vengono liberate nel suolo, dopo essere state utilizzate.
34

Ma, gli stessi organismi responsabili della mineralizzazione, richiedono a loro volta azoto per la crescita e la
riproduzione. Il processo di mineralizzazione entra quindi in conflitto diretto con l’assorbimento e
l’assimilazione di N da parte dei decompositori, ovvero con il processo di immobilizzazione.

Entrambi i processi avvengono durante il consumo del residuo vegetale, per cui l’apporto netto di minerali al
suolo è: Tasso di mineralizzazione netto: Tasso di mineralizzazione – Tasso di immobilizzazione.

Di norma si succedono 3 fasi:

- Inizialmente, il contenuto totale di azoto nel residuo vegetale diminuisce. Questa fase può essere
anche molto breve e dipende, in ambiente terrestre, dalle condizioni di umidità del suolo.
- Dopo questa prima fase, il contenuto di azoto totale cresce, in seguito all’immobilizzazione da parte
dei decompositori microbici. La concentrazione di N può, in questa fase, di fatto superare la
concentrazione iniziale. E’ necessario ricordare che la sostanza organica residua nella litter bag
include anche gli organismi vivi e morti che hanno colonizzato la sostanza organica. Il contenuto di
azoto di funghi e batteri è considerevolmente più alto rispetto a quello del materiale vegetale di cui
essi si nutrono. Il rapporto tra C/N per la biomassa vegetale è generalmente compreso tra 50:1 e
100:1, mentre per batteri e funghi varia da 10:1 a 15:1. Man mano che il materiale vegetale viene
consumato e l’N viene immobilizzato per soddisfare le esigenze metaboliche dei decompositori, il
rapporto C/N declina.
- Con l’avanzare della decomposizione e il deperimento della qualità del C (a causa dell’aumento della
frazione % di lignina), il tasso di mineralizzazione può superare quello di immobilizzazione e ne risulta
un rilascio netto di N nel suolo.

Il processo di decomposizione, implica differenti reazioni chimiche. Al procedere della decomposizione, il


detrito è convertito in sostanza organica del suolo (humus). Sebbene sia abbondante in N, l’humus è la
sostanza organica del suolo più difficile da demolire (in una foresta fredda, ci voglio anche migliaia di anni) a
causa della scarsa qualità dei suoi composti di C.

Quando si parla di rizosfera, si parla di una parte di suolo ad intensa attività microbica e fungina, in cui ci sono
le radici e la distanza tra le radici può essere diversa a seconda del tipo di suolo considerato. Le radici alterano
la chimica della rizosfera, secernendo carboidrati nel terreno. La crescita dei batteri nella rizosfera è favorita
dall’abbondante sorgente di C di qualità elevata, contenuta negli essudati rilasciati dalle radici. Ma, la crescita
batterica è limitata, in quanto questi essudati sono sì ricchi di C ma poveri di N.

Dunque per crescere, i batteri devono procurarsi N e altri nutrienti tramite la degradazione dell’humus. In
altre parole, le radici delle piante, usano essudati ricchi di C per sostenere i processi di decomposizione della
sostanza organica del suolo, contenente C di bassa qualità.

I nutrienti vengono immobilizzati durante la crescita batterica e rimarrebbero sequestrati nella biomassa
batterica se la predazione da parte di protozoi e nematodi non rimettesse costantemente in circolo i nutrienti
essenziali destinati ad essere assorbiti dalle piante.

A causa della loro relativamente scarsa efficienza di assimilazione, protozoi e nematodi utilizzano solo una
parte del C delle prede, per la produzione di biomassa; il resto viene perso come CO2, nella respirazione
cellulare. L’N in eccesso è invece eliminato come ammoniaca e risulta quindi immediatamente disponibile
per l’assorbimento da parte delle radici. Questo processo ciclico è detto loop microbico del suolo o microbial
loop.

Quando le foglie terminano la loro attività, si verifica un processo chiamato ritraslocazione, in cui l’azoto
viene trasferito e le foglie cadono nella lettiera. Pertanto, se c’è elevata disponibilità di nutrienti: ci sarà un
forte assorbimento di nutrienti e un’elevata produttività primaria netta. Inoltre ci sarà un elevato ritorno di
nutrienti al suolo a causa di un’alta concentrazione di nutrienti nelle foglie e quindi un alto tasso di
35

mineralizzazione netta. Se i nutrienti sono scarsi invece, si avrà uno scarso assorbimento di nutrienti e, di
conseguenza, tutto il resto del ciclo ne risentirà.

Zone di produzione e decomposizione, in ambiente terrestre e acquatico.

Le zone di produzione, nella terra e nel mare, possono essere vicine o distanti dalle zone di decomposizione.
In un ambiente terrestre, la zona di produzione primaria è la biomassa fotosintetica; tutto quello che muore
va sul suolo, quindi il suolo è la sede dalla decomposizione. In una foresta, la zona di decomposizione non è
lontana dalla zona di decomposizione, anzi i vegetali fanno da ponte tra produzione e decomposizione, in
quanto riutilizzano le sostanze decomposte.

In un ambiente marino invece, si possono avere situazioni anche di elevate profondità. La produzione può
avvenire solo sull’acqua superficiale, in cui arriva l’energia radiante; la decomposizione invece, avviene sul
fondo. Quindi la zona di decomposizione, può essere anche molto lontana dalla zona di produzione. Inoltre,
a 11.000 m di profondità, ci sono T di 1° C e pressioni di 1000 atm, quindi la decomposizione è incredibilmente
rallentata. Quando si formeranno i Sali minerali, potrebbero anche rimanere lì e vengono resi disponibili con
le correnti di up welling.

Nella profondità del mare però, lungo le dorsali oceaniche, fuoriesce vapore, zolfo ed altri minerali, che
depositandosi, formano alti camini chiamati vents (sorgenti idrotermali). Qui c’è un’alta produttività primaria
da chemiosintesi, infatti alcune specie di batteri, utilizzano l’acido solfidrico e CO2 per sintetizzare sostanza
organica (carboidrati + zolfo). CO2+O2+4H2S -> CH2O+4S+3H2O

In ambiente acquatico lotico (dove l’acqua scorre, il contrario è ambienti lentici), il riciclo, ritenzione e
trasporto, sono molto influenzati dalla velocità della corrente. Si parla di spirale dei nutrienti. Anche in
questo caso, è presente macrofauna (scavatori, raschiatori, collettore e trituratori) che agisce da degradatori
e accelerano i processi di decomposizione.

In zone costiere ed estuari, il ciclo di nutrienti è influenzato dal trasporto fluviale e dal flusso delle maree che
risale lungo la foce. Gli estuari sono tra le zone più produttive del mondo in quanto c’è una maggiore
concentrazione dei nutrienti a causa di movimento di maree e fiume e la distanza tra zona di produttività e
di decomposizione è minore. L’acqua del mare è più pesante e salata e determina zone di accumulo di
sedimenti e nutrienti inoltre, essendoci acque dolci leggere e salate pesanti, si parla di picnoclino (gradienti
di densità).

Nei sistemi in cui interviene l’uomo, il ciclo dei nutrienti è alterato, in quanto i nutrienti se ne vanno con il
raccolto (agricoltura). In natura invece, chi vive in un posto, muore e viene riciclato sul posto o poco distante.
Pertanto l’uomo toglie al suolo la possibilità di rinnovo di Sali minerali. Esistono modi di uso sostenibile in
una foresta, per fare agricoltura:

- La foresta viene disboscata e si interviene con il fuoco che produce ceneri e quindi Sali minerali di
pronta utilizzazione. Si procede con la semina.
- Il prelievo del raccolto continua per 2-5 anni ma, a furia di raccogliere, si tolgono nutrienti al suolo
che a lungo andare ridurrebbero la fertilità. Per questo, il terreno va lasciato incolto per 10-30 e
avviene una successione ecologica di 2° tipo e il bosco tornerà alla sua situazione iniziale. Intanto
l’uomo si sposta in zone diverse della foresta e fa lo stesso ciclo.

L’uomo può utilizzare concimi organici, presi dagli animali che alleva oppure utilizzare concimi inorganici
sintetizzati. In particolare, Habe e Bosh, hanno creato un concime a base di Sali di ammonio, dopo la 2° guerra
mondiale.
36

CICLI BIOGEOCHIMICI

I cicli biogeochimici riguardano la circolazione degli elementi e sono legati al ciclo dell’acqua e quindi al
motore solare. Si tratta di movimento di elementi chimici tra i viventi e i non viventi. Possono implicare
condizioni globali quando sono cicli gassosi, cioè presenti in atmosfera. Esempi di cicli globali sono quelli del
C O e N, mentre P e S hanno un ciclo misto.

Nei cicli biogeochimici, ci sono serbatoi di accumulo (dove gli elementi si accumulano) e serbatoi di
circolazione (dove gli elementi si muovono). La scala spazio tempo di un ciclo biogeochimico può essere
molto grande, ad esempio: ci vogliono 2.000.000 di anni per riciclare tutta l’acqua sulla terra; 2000 anni per
l’ossigeno e 300 anni per l’anidride carbonica.

Un ecosistema ha meccanismi di circolazione locali: un ambiente di entrata (input) di nutrienti


dall’atmosfera, ad esempio: quando piove, la pioggia fa cadere elementi chimici. Output, è quando qualcosa
esce dal sistema, ad esempio una foglia portata via dal vento.

Il tempo di turnover è il tempo richiesto per sostituire, in un dato ecosistema, la quantità di un dato
elemento, pari a quella già presente. La velocità di turnover, è una stima relativa della quantità di elemento
che esce o che entra in un dato ecosistema per unità di tempo.

Ciclo biogeochimico del CARBONIO

E’ un ciclo globale, in quanto la molecola con cui circola il carbonio è l’anidride carbonica (gassosa). L’anidride
carbonica è prodotta in tutte le combustioni che avvengono sul pianeta, inoltre, anche la respirazione
aerobica o anaerobica, produce CO2. I processi che consumano la CO2 sono la fotosintesi e la chemiosintesi.

La CO2 si accumula nella torba, carbone, petrolio e gas naturale. Le combustioni fatte dall’uomo, immettono
altra CO2 nell’atmosfera, a discapito di un prelievo dalle riserve, per utilizzarlo in industrie e attività urbane.

E’ possibile misurare variazioni giornaliere e stagionali della CO2. Ci si aspetta di trovarla di più durante la
notte (non c’è fotosintesi che la consuma) e vicino al livello del suolo (essendo un gas pesante). Dal punto di
vista stagionale, in autunno e inverno, la concentrazione è maggiore, in quanto l’attività di fotosintesi è
minore.
37

Nell’humus (suoli e resti animali e vegetali), ci sono 1500 Gt (giga tonnellate). La sostanza organica non
vivente nel mare, ha 1650 Gt, con sedimentazione di 0.5 Gt l’anno, quindi una quantità maggiore rispetto a
quella presente nell’humus, in quanto nel mare, la necromassa è maggiore. Invece, mentre nel mare ci sono
3 Gt nella sostanza organica vivente e 560 Gt sulla Terra, in quanto, sulla Terra, la biomassa è di gran lunga
maggiore, rispetto ai mari.

I meccanismi che tamponano l’incremento di anidride carbonica (controllo cibernetico), dovuto all’uomo
sono:

1] La pompa chimica. Una volta entrata nelle acque superficiali per diffusione, l’anidride carbonica reagisce
con l’acqua per produrre acido carbonico (reazione reversibile <-->): CO2 + H2O <--> H2CO3.

L’acido carbonico successivamente si dissocia in ione bicarbonato e ione idrogeno: H2CO3 <--> HCO3- + H+.

Il bicarbonato può dissociarsi ulteriormente in un altro ione idrogeno e in ione carbonato:


HCO3- <--> H+ + CO2-3.

Questo sistema è all’equilibrio, infatti le reazioni sono tutte reversibili. Quindi, se dall’acqua viene rimossa
CO2, l’equilibrio viene modificato e le reazioni si sposteranno verso sinistra, con acido carbonico e
bicarbonato che daranno origine ad un maggiore quantitativo di CO2, fino al raggiungimento dell’equilibrio.

La pompa biologica, è quella della fotosintesi.

La pompa fisica, in quanto nel mare, tutto ciò che muore va in profondità, sedimenta e viene sottratto
all’atmosfera.

Ma, l’anidride carbonica comincia ad uscire dal controllo cibernetico ed aumenta la sua concentrazione
nell’atmosfera (290 ppm all’inizio della rivoluzione industriale; 360-370 ppm oggi), a causa dell’uso dei
combustibili fossili (soprattutto nei paesi ricchi) e la deforestazione e le moderne pratiche agricole
(soprattutto nei paesi poveri).

Questo incremento della CO2, determina un incremento dell’effetto serra. Altri gas serra sono: i CFC, che
determinano il buco nell’ozono. Il metano, prodotto dalle risaie e dagli allevamenti. Il protossido di azoto
prodotto dalle combustioni dei motori e dai fertilizzanti usati a base di ammonio, nell’agricoltura.

A fronte di tutto questo, si può dire che la T del pianeta stia aumentando. Dal 1860 ad ora, la T è aumentata
di 0.8° C.
38

Possibili effetti del riscaldamento globale:

- Agricoltura. Cambiamenti nella produzione; aumento della richiesta di irrigazione.


- Risorse idriche. Variazione del rifornimento d’acqua; diminuzione della qualità dell’acqua; aumento
della siccità e delle inondazioni.
- Foreste. Cambiamento nella tipologia delle foreste e nella loro collocazione geografica; scomparsa
di alcune foreste; aumento degli incendi da siccità; riduzione degli habitat della vita selvatica e di
specie.
- Livello del mare e zone costiere. Aumento del livello del mare, inondazione delle isole e delle basse
città costiere; erosione costiera; distruzione della pesca costiera.
- Salute umana. Aumento della mortalità per calore o per diffusione di malattie tropicali nelle zone
temperate; dissesto delle riserve di cibo e acqua; aumento delle malattie respiratorie; aumento
dell’inquinamento dell’acqua per inondazione costiere.
- Popolazione umana. Aumento della mortalità; aumento delle migrazioni.
- Climi estremi. Prolungate ondate di calore e siccità; aumento delle inondazioni, uragani, tifoni,
tornado etc.
- Biodiversità. Estinzione di alcune specie animali e vegetali; diminuzione degli habitat; distruzione
della vita acquatica.

Ciclo biogeochimico di N, P, S e O. Pag. 586 a 593.


39

BIODIVERSITA’

Ci si riferisce alla varietà delle forme di vita presenti sul pianeta. Dalla biodiversità otteniamo beni e servizi
ecosistemici. Ci sono 4 gruppi di servizi ecosistemici:

- Supporto della vita: infatti, senza fotosintesi non si formano le reti trofiche; senza ciclo di nutrienti,
non c’è pronta disponibilità di azoto, ossigeno etc.; la presenza di habitat; tanti organismi si
riproducono tramite impollinazione etc.
- Approvvigionamento: ovvero la produzione di cibo, fibre, medicinali e acqua potabile.
- Servizi di regolazione. Ad esempio i coralli hanno funzione di sequestro dell’anidride carbonica
(pompa chimica ciclo del carbonio).
- Servizi culturali. L’umanità ricava questo servizio dalla natura, ad esempio andando in vacanza.

Sono state individuate e catalogate 1.8 M di specie, ma si stima che ci siano tra le 3-30 M di specie! I livelli
della biodiversità, sono:

- Diversità genetica cioè, nell’ambito di una specie, la diversità di ciascun individuo rispetto ad un
altro.
- Diversità interspecifica, cioè differenze tra i vari organismi;
- Diversità ecosistemica, cioè la diversità degli ambienti del pianeta (laghi, fiumi, montagne, baie etc.).

La diversità del pianeta è cambiata nel tempo e l’evoluzione che il pianeta vive, si riflette anche sulle forme
di vita che si sono estinte o trasformate in altre, come l’uomo che ora è homo sapiens ma presenta dei geni
di Neanderthal. Quindi, le specie hanno un destino inevitabile che porta all’estinzione o alla trasformazione.

I fattori che influenzano la biodiversità:

- Energetica del sistema ambientale. Le zone più ricche di biodiversità, sono quelle con più energia,
come la foresta tropicale o le barriere coralline.
- Età del sistema ambientale. Se è giovane o appena formato e quasi ovvio trovare pochi tipi di
organismi.
- Dimensione del sistema ambientale. Un’isola più grande ha più specie di un’isola più piccola.
- Eterogeneità del sistema ambientale. Quanto più è eterogeneo, tanto più la biodiversità aumenta.
- Stabilità climatica e disturbi intermedi. L’eccessiva stabilità può portare alla dominanza di alcune
specie, mentre un disturbo intermedio impedisce questo.
- Interazioni specifiche. Favoriscono la biodiversità.

Tutto ciò è confermato dalle osservazioni infatti, se si studia la distribuzione di formiche o pesci o alberi, da
Nord a Sud si può notare un gradiente del numero di specie. Questo vale anche per gradienti altitudinali,
infatti andando più in alto, l’habitat diventa più duro.

Ma, la biodiversità si può anche perdere. Infatti, il tempo di vita media di una specie animale, ricavata dai
fossili, è di 1-10 M di anni.

La principale causa della perdita della biodiversità è dovuta alla crescita della popolazione umana. Se
aumenta la popolazione, aumenterà l’uso delle risorse, spesso con scarsa considerazione per l’ambiente.
40

Inoltre, la scomparsa di una specie è più probabile se:

- L’aria geografica di distribuzione è piccola. Se l’area è piccola, è più facile che un disturbo vada a
colpire l’area totale.
- Le popolazioni sono piccole.
- Ha una posizione elevata nella catene alimentare in quanto, una posizione elevata determina: che si
è più rari, arriva meno energia e si è più a rischio (biomagnificazione). Rischiano di meno gli gnu (che
hanno grandi quantità di cibo) che i leoni.
- E’ di grande dimensione. Più facile da essere avvistato, colpito etc. (ad esempio la balena).

Il grande sviluppo dell’industria chimica, dopo la seconda guerra mondiale, ha portato alla sintesi di un
incredibile numero di nuove molecole. Gli organismi viventi non sono adattati a molecole con strutture
chimica differente da quelle delle molecole naturali. Questi composti sintetici sono detti xenobionti, cioè
sono estranei agli esseri viventi. I sistemi enzimatici degli organismi decompositori non sono sempre in grado
di mineralizzare queste molecole, che possono quindi persistere a lungo negli ecosistemi e danneggiare
gravemente la componente biotica in cui rimangono.

Gli xenobionti sono caratterizzati da:

- Persistenza, cioè la resistenza alla degradazione batterica naturale.


- Possibilità di concentrazione.
- Liposolubilità: Accumulo in tessuti di riserva (grassi animali e vacuoli vegetali).
41

Il bio-accumulo di sostanze tossiche può avvenire:

- Direttamente dal mezzo in cui l’organismo vive (bio-accumulo). Assorbimento di una sostanza dal
mezzo circostante (di solito acqua) in maniera tale che le concentrazioni della sostanza nei tessuti
dell’organismo, diventano più alte di quelle presenti nell’ambiente circostante. Avviene nel singolo
individuo.
- Attraverso le ingestioni lungo le catene trofiche (bio-magnificazione). Tendenza di alcune sostanze
chimiche a diventare sempre più concentrate man mano che si sale di livello nelle catene trofiche
(ecco perché i predatori superiori sono più a rischio). Ad esempio il DDT si accumula nei tessuti
adiposi animali e si trasferisce con le uova o la prole, alla generazione successiva.

I rifiuti, seguendo i movimenti delle masse d’aria, secondo un effetto chiamato grasshopping (effetto
cavalletta) si diffondono. Ma si diffondono anche attraverso gli oceani, grazie alle correnti. Anche attraverso
la migrazione dei viventi, in quanto gli organismi si spostano.
42

30 Maggio

Laboratorio

Esercitazione sulle popolazioni. Gli ecologi lo fanno normalmente sul campo, per raccogliere organismi o resti
di organismi come gli escrementi, che danno informazione su: presenza, passaggio e livello trofico dei vari
organismi; nidi e tane etc.

Se si lavora su popolazioni vegetali, il campionamento è più facilitato, in quanto gli organismi vegetali non si
muovono. Un campione è una frazione di una popolazione, che sia rappresentativo della popolazione. Ad
esempio, se si vuole misurare l’altezza media delle persone dell’aula, non si misurano tutti gli studenti, ma si
misura un campione rappresentativo di studenti tenendo conto che, in media i maschi sono più alti delle
femmine e prendendo un numero non troppo piccolo sul totale.

L’obiettivo dell’esercitazione è riuscire a capire (FOTO):

- Se la popolazione ha una distribuzione casuale, in cui la posizione di ciascun individuo è indipendente


da quella degli altri. Non c’è interazione tra gli individui.
- Se la popolazione ha una distribuzione uniforme, in cui gli individui sono distanziati più o meno
regolarmente. Interazione negativa tra gli individui.
- Se la popolazione ha una distribuzione aggregata, in cui gli individui si presentano in gruppo.
Interazione positiva tra gli individui.

Il metodo che gli ecologi utilizzano per stimare densità e distribuzione degli organismi nello spazio, si chiama
metodo dei quadrati casuali o latini. Gli individui vanno scelti casualmente quindi, ciascun individuo deve
avere la stessa possibilità di essere scelto.

Per scegliere in maniera casuale, se gli individui totali sono 80 e ne servono 30 per lo studio, si assegna ad
ogni individuo un numero a 2 cifre (01, 02, 03, 04, 78, 79, 80) e si utilizza un generatore casuale per la scelta
dei 30 individui. Questo approccio statistico è necessario, per evitare di incorrere in situazioni in cui si
definisce impropriamente una popolazione casuale, uniforme o aggregata (e magari non è vero).

Per definire se una distribuzione è casuale, uniforme o aggregata, si contano gli individui in ogni quadrato e
si calcola media (m) e varianza (s2). Quando s2/m = circa 1, la distribuzione è casuale; se è s2/m << 1 è regolare;
se è s2/m >> 1 è aggregata.

Un altro metodo è quello della prima minore distanza. Si ha un ecosistema e si individuano 10 individui;
bisogna sapere l’area dell’ecosistema, contare gli individui (tane, alberi, fiori etc.), misurare la prima minore
distanza di ciascuno rispetto all’altro. Misurate tutte le prime minori distanze, si calcola la distanza media tra
tutti gli individui. Da (distanza attesa), Dm (distanza media). (FOTO) (FOTO)

Quando si vuole misurare l’abbondanza della popolazione, ma anche la crescita degli individui e la loro
distribuzione nello spazio, si utilizza il metodo della marcatura-ricattura (utilizzato su animali, in quanto sono
organismi mobili):

1) Catturare un certo numero di individui (M), con cura e mantenendoli in vita, altrimenti l’esperimento
viene alterato;
2) Gli individui M vengono marcati e rilasciati nell’ambiente;
3) Dopo un certo tempo, si torna sul campo e si effettua una seconda cattura, di altri individui (R);
4) Individuare tra gli individui catturati nella fase 3, quelli che risultano già marcati precedentemente in
fase 2 e che indichiamo con Rm.
5) Stimare la dimensione della popolazione (N), considerando che M: N = Rm: R.

N = (M x R) /Rm.
43

Esempio:

1) Catturiamo M = 190 individui;


2) Marchiamo i 190 individui M e rilasciamo nell’ambiente;
3) Dopo un certo tempo, effettuiamo una seconda cattura, di individui che chiamiamo R = 178;
4) Individuare, tra gli individui catturati nella fase 3, quelli marcati già precedentemente Rm = 46;
5) Stimare la dimensione della popolazione (N), considerando che:
6) [M: N = Rm: R], quindi 190: N = 46: 178.

I limiti di questo metodo sono:

- Soggettività delle catture (operatori e metodi di cattura utilizzati);


- Ridistribuzione insufficiente degli individui (tempo insufficiente fra marcatura e ricattura, dovuta a
ridotta motilità degli esemplari). Se sto distribuendo lumache e il giorno dopo torno sul campo, non
ho dato tempo alle lumache di ridistribuirsi; se torno dopo 1 anno invece, le lumache saranno tutte
morte.
- Turnover degli individui (natalità, mortalità, emigrazione, immigrazione).

Un altro metodo per misurare gli organismi mobili, è detto metodo delle strisciate o degli itinerari campione.
Camminando da A verso B, si trova il primo organismo alla distanza d1; poi d2. Da C a D, si trovano individui
a d3, d4 e d5 etc. (FOTO).

Esempio. (FOTO).

Il metodo dell’area spazzata è utilizzato in ambiente acquatico (mare, fiumi, oceani, laghi), raccogliendo i
campioni con una rete. Si divide l’area di studio in quadrati e si estrae casualmente, il quadratino in cui
avverrà il campionamento. (FOTO).

Fine esercitazione.

31 Maggio

Laboratorio

INDICI DI DIVERSITA’ (guarda dal libro, lezione non fatta dal prof)

1] Il primo indice trattato, è l’indice di ricchezza in specie di Margalef.

D = (S-1) / ln N S = numero delle specie; N = numero di individui; D varia tra 0 (quando


c’è una sola specie) e infinito.

NB. Una comunità è un insieme di specie; una popolazione è un insieme di individui.

Ad esempio. Se il numero di specie è 31 e il numero di individui totali è 28922 –> D = 2.93.

Se il numero di specie è 28 e gli individui sono 15233 (la specie 30 era di 11900 esemplari) -> D = 2.80.

Se il numero di specie è 15, il numero di individui è ora 7867 -> D = 15.

Questo perché, riducendo il numero di specie, diminuiscono gli individui e si abbassa D. Se aumenta N, a
parità di numero di specie, D diminuisce. Quindi le due componenti che fanno variare sono: il numero di
specie e il numero di individui.
44

2] Indice di dominanza di Simpson: D = sommatoria (ni / N)2.

Misura la probabilità che due individui scelti a caso da una comunità, appartengono alla stessa specie; ovvero
misura il grado di eventuale prevalenza della specie nella comunità.

Ni = numero di individui della singola specie;

N = numero di individui di tutte le specie;

Il valore di D varia tra 0 teorico (non può esserci mai 0) e 1.

Quando abbiamo una sola specie, l’indice di Simpson è = 1. Se la dominanza è alta, la diversità del sistema è
bassa. Se l’indice è più vicino allo 0, rispetto a 1, non c’è una dominanza marcata, più va verso 1 e più ni (gli
individui di una specie), dominano.

1-D indica la diversità quindi se c’è una specie che predomina sulle altre, c’è alta dominanza e bassa diversità;
1/D ?

3] Indice di diversità di Shannon-Wiener.

H’ = - sommatoria (Pi x ln Pi).

E’ un indice molto completo, in quanto considera il numero di specie e l’abbondanza relativa di ciascuna
specie. Misura il grado di diversità specifica della comunità, rilevata in base alla distribuzione degli individui
di ciascuna specie.

Pi = ni/N (probabilità di importanza di ogni singola specie);

Ni = numero di individui della specie i-esima.

N = numero totale di individui di tutte le specie.

In profondità marine, si abbassa la diversità, nessuna specie prende il sopravvento e quindi l’omogeneità si
alza.

Il valore di H’, varia tra 0 e lnS (S = numero delle specie). L’indice sarà uguale a 0 quando Pi = 1 (perché
logaritmo di 1 è 0); quando Pi = 1, allora ni/n è uguale a 1 e quindi c’è un’unica specie nella comunità.

4] Indice di equi ripartizione o di omogeneità di Pielou (eveness). Misura il grado di equi ripartizione ddegli
individui tra le specie. J = H’ / ln S

H’ = indice di Shannon-Wiener;

S = numero della specie.

Il valore di J, risulta compreso tra 0 e 1. Il valore massimo è raggiunto nel momento in cui tutte le specie sono
presenti con la stessa abbondanza. Il valore minimo si ha quando è presente una specie dominante e le altre
hanno pochi individui.

Potrebbero piacerti anche