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ISTOLOGIA
TESSUTO EPITELIALE. Gli epiteli sono costituiti da cellule a mutuo controllo con spazio intracellulare di 15-30
nm. Gli epiteli possono avere origine da tutti e tre i foglietti embrionali: ectoderma, endoderma, mesoderma.
Gli epiteli sono innervati, ma non vascolarizzati, ma sono in stretto rapporto con il connettivo, che, essendo
vascolarizzato svolge una funzione trofico-meccanica. Le cellule epiteliali poggiano su una membrana basale
che ha il compito di separarle dal connettivo sottostante, ma anche di consentire gli scambi metabolici tra il
connettivo e le cellule epiteliali.
Le cellule epiteliali presentano spesso una marcata polarità morfo-funzionale, in quanto la loro superficie
libera o apicale, differisce notevolmente, dal punto di vista strutturale e funzionale, dalla superficie basale.
Questa polarità appare particolarmente marcata nel caso di cellule degli epiteli che, oltre alla funzione di
rivestimento, svolgono anche quella di assorbimento e secrezione, in quanto, la parte apicale è più complessa
e rispecchia le specifiche funzioni della cellula, mentre la parte basale è più semplice e svolge le normali
attività metaboliche della cellula.
Epiteli di rivestimento. Sono lamine costituite da uno o più strati di cellule. Rivestono la superficie esterna
del corpo e le cavità interne, comunicanti o meno con l’esterno. Gli epiteli di rivestimento delle cavità interne
ed il connettivo sottostante, costituiscono, nel loro insieme, le mucose. Il connettivo di una mucosa
costituisce la tonaca propria.
Funzioni degli epiteli di rivestimento: protettiva (epidermide); assorbente (cellule dell’epitelio intestinale e
dei tubuli renali); scambio (endoteli, epitelio degli alveoli polmonari); sensoriale (epitelio olfattorio, acustico,
gustativo).
- Microvilli: espansioni della superficie cellulare, difficilmente osservabili in microscopia ottica (orletto
a spazzola). L’epitelio dei tubuli renali e dell’intestino presenta cellule la cui superficie libera è ricca
di microvilli. Partecipano ai fenomeni di trasporto attivo, aumentano la superficie di assorbimento,
hanno uno sviluppato glicocalice. Sono connessi alla trama terminale tramite microfilamenti e
contengono actina.
- Ciglia: sono sottili processi cellulari sorretti da un citoscheletro. Alla base presentano corpi basali
che li differenziano dai microvilli. Tappezzano le vie respiratorie e le vie genitali femminili. Nel primo
caso, sono incaricate di spingere verso l’esterno particelle solide; nel secondo caso, facilitano la
progressione della cellula uovo verso l’utero.
- Stereociglia: hanno le lunghezza delle ciglia, ma con l’organizzazione interna dei microvilli. Non sono
dotate di movimento. Rivestono l’epididimo e i condotti referenti. Hanno funzione di secrezione e
assorbimento.
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- Membrana basale: Tra il tessuto epiteliale e il connettivo (scambio e ancoraggio); ciò comporta un
aumento della superficie di scambio delle cellule epiteliali tramite introflessioni della membrana
plasmatica.
- Labirinto basale: introflessioni molto sviluppate con funzione di riassorbimento (tubuli renali, dotti
ghiandole salivari)
Le superfici laterali della membrana plasmatica sono caratterizzate dalla presenza di sistemi giunzionali di
diverso tipo. Negli organismi pluricellulari, le cellule si coordina a formare tessuti, organi, apparati per lo
svolgimento di funzioni complesse. A tale scopo, le cellule hanno la capacità di comunicare e di aderire fra
loro o con la matrice extracellulare. Ad esempio, il tessuto cardiaco è striato, ma si contrae in maniera
involontaria e la propagazione dell’impulso che si propaga avviene grazie alla presenza delle giunzioni
comunicanti tra le cellule del miocardio che si contraggono in maniera costante e continua, dando origine al
battito cardiaco. L’adesione cellula-cellula (giunzioni cellula-cellula) è mediata da molecole di adesione di 4
tipi: selectine, immunoglobine, integrine, caderine. La prima e la quarta, intervengono tra molecole uguali
(adesione omofilica), le 2 centrali tra molecole diverse (eterofilica). L’adesione cellula-matrice extracellulare
(giunzione cellula-matrice), è mediata da integrine.
Giunzioni tight. Nelle giunzioni tight (zonula occludens, giunzione serrata), le membrane di cellule adiacenti
sono strettamente unite in più punti tramite particolari proteine integrali di membrana. Le principali proteine
integrali di membrana coinvolte nelle giunzioni tight sono: occludina e claudina. Le estremità
carbossilterminali di queste proteine legano numerose proteine citoplasmatiche (ZO) e citoscheletriche,
regolando il traffico, la polarità, la trasmissione dei segnali e l’adesione cellulare. Queste proteine hanno un
coinvolgimento primario in molte patologia, in particolare tumori. Dove si viene a perdere questi sistemi di
giunzione tra le cellule, gli agenti patogeni sono liberi di andare nel sangue.
Giunzioni ancoranti:
- La giunzione ancorante a fascia (zonula adhaerens), a notevole sviluppo superficiale, occupa tutto il
perimetro cellulare. Le membrane delle due cellule contigue sono separate fra loro da uno spazio di
15-20 nm. Al ME le giunzioni ancoranti a fascia appaiono come placche elettrocondense costituite da
proteine (catenine) che legano, verso il citoplasma, microfilamenti di actina e, verso la membrana,
proteine transmembrana della famiglia delle caderine.
- Le giunzioni ancoranti a macchia (desmosomi) hanno funzione meccanica. Nel desmosoma (macula
adhaerens), le membrane sono separate da uno spazio di 20nm. Nello spazio inter cellulare, sono
presenti proteine integrali di adesione della famiglia delle caderine che si collegano con filamenti
intermedi. I filamenti intermedi, possono essere di: cheratina (cellule epiteliali) o desmina (cellule
muscolari).
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- Emidesmosomi, sono giunzioni che si istaurano tra la membrana basale di una cellula e la matrice
extracellullare. Sono costituiti da una placca intracellulare che fa da ponte tra il citoscheletro e le
proteine transmembrana.
Giunzioni comunicanti (gap junction oppure nexus), caratterizzate da canali specializzati per il passaggio da
cellula a cellula di ioni e piccole molecole. Nelle giunzioni gap, lo spazio tra le due membrane adiacenti si
riduce a circa 2nm.
Epitelio pavimentoso semplice, è costituito da cellule appiattite disposte su un unico strato. La sua funzione
è di regolazione della diffusione di molecole (ad esempio gli alveoli polmonari, al cui livello ci sono scambi di
anidride carbonica e ossigeno). Ci sono due particolari tipi di epitelio pavimentoso semplice: endotelio, che
riveste il lume dei vasi sanguigni e linfatici; mesotelio, che tappezza le cavità sierose (pleura, peritoneo,
pericardio). Derivano dal mesoderma.
Epitelio cubico: presenta margini ben evidenti, a causa della presenza di quadri di chiusura detti terminal
bars; il nucleo è sferico e si trova al centro della cellula, inoltre può presentare microvilli e ciglia. La funzione
principale è quella secretoria. Lo possiamo trovare nell’epitelio ovarico, nei dotti secretori, nei follicoli tiroidei
(la tiroide è l’unica ghiandola endocrina follicolare), nei bronchioli respiratori.
Epitelio cilindrico semplice, è costituito da un unico strato di cellule prismatiche, con il nucleo, ovalare,
presente alla base della cellula. Esso svolge un importante ruolo meccanico di protezione ed è
particolarmente indicato per compiere funzioni di assorbimento e di secrezione, inoltre, l’aspetto varia in
relazione alla sede nella quale il tessuto si trova ed alle funzioni che esso svolge. Può essere: cigliato, non
cigliato (con microvilli). Nell’intestino l’epitelio, non cigliato, ma ricco di microvilli, ha spiccate funzioni di
assorbimento. Tra le comuni cellule cilindriche si trovano anche particolari cellule a forma di calice, dette
appunto caliciformi o anche cellule che producono muco, dette mucipare.
L’epidermide è un tipo particolare di epitelio pavimentoso stratificato, detto cheratinizzato, perché le sue
cellule subiscono il processo di cheratinizzazione. Le cellule fondamentali dell’epidermide, che subiscono il
processo di cheratinizzazione prendono il nome di cheratinociti. Le cellule basali (cellule staminali) si
moltiplicano per mitosi dando origine a nuove cellule che si differenziano, a mano a mano che si spostano
verso la superficie (citomorfosi cornea). Portandosi verso la superficie le cellule elaborano cheratina, la quale
si accumula all’interno del citoplasma; successivamente le cellule perdono organelli e nucleo e muoiono
trasformandosi in lamelle cornee desquamanti, che hanno il compito di formare una barriera che protegge i
tessuti sottostanti e ostacola l’eventuale evaporazione dei liquidi tissutali.
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L’epidermide risulta composta da due strati: uno profondo composto da cellule viventi, denominato strato
basale di Malpighi ed uno superficiale, denominato strato corneo che comprende gli strati delle cellule che
hanno subito il processo di cheratinizzazione. Il primo strato comprende: strato basale e strato spinoso; il
secondo lo strato granuloso, lucido e corneo. Ci sono zone in cui l’epidermide è molto sottile, in cui manca lo
strato lucido.
Strato basale. Appaiono alte e sono disposte in ordine, unite tra loro da piccoli desmosomi disposti nelle
facce laterali. Inoltre esse presentano, nella loro faccia basale, a contatto con il connettivo sottostante, piccoli
prolungamenti che hanno la funzione sia di fissare meglio la cellula sulla membrana basale, ma anche di
aumentare l’assorbimento con il connettivo sottostante, dove si trovano i capillari sanguigni. L’adesione fra
cellula e cellula è favorita da proteine della famiglia delle caderine; all’adesione fra cellula e membrana
basale, partecipano, invece, le integrine. Hanno i caratteri di cellule staminali, cioè posseggono un’intensa
attività proliferativa (si dividono mitoticamente).
Strato spinoso. Delle due cellule figlie che derivano dalla divisione mitotica di una cellula dello strato basale,
una conserva i caratteri embrionali di cellula staminale e rimane nello strato basale, mentre l’altra si sposta
verso lo strato spinoso ed acquista i caratteri delle cellule di questo strato. Al MO, le cellule di questo strato
appaiono separate le une dalle altre da ampi spazi extracellulare e sembrano fornite di brevi prolungamenti
(spine), che danno la falsa impressione di connettersi con quelli delle cellule adiacenti. Infatti, il ME ha
dimostrato che non esiste continuità citoplasmatica tra cellule adiacenti. Le cellule più superficiali di questo
strato, contengono grandi vacuoli elettrondensi del diametro di 0,1-0,3 micron, chiamati cheratinosomi, il
cui contenuto è rappresentato da una piccola pila di lamelle lipidiche parallele.
Strato granuloso. Le cellule dello strato spinoso, migrando verso la superficie dell’epitelio, si fanno sempre
più appiattite, fino a raggiungere lo strato granuloso. Il citoplasma di queste cellule contiene granuli di
cheratoialina (che si colora intensamente con coloranti basici), associati a cheratina, costituiti principalmente
dalla proteina filaggrina.
Lo strato lucido è particolarmente evidente, in quelle porzioni di tessuto dove l’epidermide è più spessa
(come il palmo della mano). Quando è presente, ha un aspetto rifrangente, rifrangenza dovuta a ciò che è
contenuto nelle cellule di questo strato, cioè l’eleidina, sostanza proteina, acidofila, ricca di lipidi e zolfo.
Dopo lo strato lucido, si ha lo strato corneo: in questo strato, le cellule sono pavimentose, appiattite e
completamente cheratinizzate. In queste cellule non c’è nucleo né organuli, infatti, sostanzialmente è una
cellula morta, sono filamenti impacchettati di cheratina.
Nell’epidermide, oltre alle cellule epiteliali, ci sono altre cellule con funzioni diverse che originano da altri
tessuti e poi migrano tra i cheratinociti (pur non subendo il processo di cheratinizzazione) svolgendo la loro
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funzione nell’epidermide. Queste cellule, denominate cellule intrusive o migranti (non derivano dallo strato
basale, ma “migrano” verso di esso), sono ad esempio:
- I melanociti, cellule che si formano a livello delle creste neurali, durante lo sviluppo embrionale, e
migrano nella cute per stabilirsi nel derma; attraversano la membrana basale e si concentrano nello
strato basale. I melanociti non formano desmosomi con le cellule vicine, ma elaborano un particolare
pigmento di colore marrone/nero, la melanina, che protegge i cheratinociti, dall’azione mutagenica
dei raggi UV. La quantità di melanina, è responsabile delle differenze che si riscontrano nel colore
della cute delle varie razze. In assenza di melanociti o in caso questi siano incapaci di produrre
melanina, si ha l’albinismo. Un aumento di melanina nell’epidermide, si ha quando quest’ultima
viene esposta ai raggi solari: ne consegue l’abbronzatura, che deriva, oltre che da una più intensa
produzione di melanina, anche dal fatto che, con l’esposizione ai raggi solari, il pigmento diventa più
scuro.
- Le cellule di Langerhans, si trovano negli strati sovrabasali dell’epidermide. Esse mostrano un corpo
cellulari di forma stellata, da cui si dipartono lunghi e sottili filopodi ramificati. Contengono granuli
specifici a forma di racchetta, denominati, granuli di Birbeck. Possono considerarsi istiociti
specializzati, appartenenti alla linea dei monociti macrofagi e hanno funzione di riconoscere antigeni
per presentarli a cellule immunocompetenti.
- Le cellule di Merkel, sono piccole cellule simili ai cheratinociti, possiedono desmosomi e pochi
particolari microvilli che si incuneano tra i cheratinociti spinosi. Sono presenti nello strato basale
dell’epidermide e sono da considerarsi elementi sensoriali.
Epiteli sensoriali, hanno il fine di percepire segnali esterni, per cui gli troviamo:
- Epitelio olfattivo. E’ fatto da 3 tipi di cellule: neuroni olfattivi (neuroni bipolari), cellule basali, cellule
di supporto;
- Epiteli gustativi. Composti da calici gustativi, con all’interno cellule gustative, ma anche cellule basali
e di supporto. Le cellule gustative hanno un nucleo alla base, terminazione nervose e i peli gustativi
sulla sommità, che danno la sensazione del gusto;
- Epiteli acustici, all’interno dell’organo del Corti. Hanno nucleo alla base, terminazione nervose e
stereociglia sull’apice. Sono privi di cellule basali. Si dividono in: cellule acustiche esterne e cellule
acustiche interne. Le prime presentano forma cilindrica, con la porzione basale allargata a causa della
presenza del nucleo; le seconde sono sempre cilindriche, ma prive del rigonfiamento basale.
Entrambe le cellule sono in rapporto con 2 tipi di terminazioni sinaptiche. La prima terminazione
sinaptica è di tipo afferente, cioè conduce gli impulsi dalla cellula acustica alle cellule nervose. Le
terminazione di secondo tipo, sono più grandi ed efferenti, cioè conducono gli impulsi dal tronco
encefalico alle cellule acustiche e possono modulare l’attività funzionale di queste ultime.
GHIANDOLE
Si possono classificare in: ghiandole esocrine (riversano il secreto in cavità comunicanti con l’esterno) ed
endocrine (riversano il loro secreto, cioè gli ormoni, nei vasi sanguigni). Gli organi sui quali agiscono gli
ormoni, sono detti organi bersaglio.
Le ghiandole sono costituite da cellule epiteliali specializzate per la funzione secretoria. Le ghiandole esocrine
restano collegate all’epitelio di rivestimento, da cui hanno avuto origine, tramite un dotto escretore,
attraverso il quale riversano all’esterno il loro secreto. Si differenziano in due componenti: l’adenomero,
formato da cellule secernenti; e il dotto escretore che ha sia la funzione di collegare l’adenomero all’epitelio,
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sia di convogliare il secreto sulla superficie libera dell’epitelio. Le ghiandole endocrine non presentano dotti
escretori e perdono il collegamento con l’epitelio di rivestimento da cui hanno avuto origine. Inoltre tutte le
ghiandole sono vascolarizzate e innervate.
- Merocrine (la maggior parte delle ghiandole): le cellule riversano il secreto attraverso esocitosi senza
far variare il volume della cellula
- Apocrine (ghiandole mammarie, alcune ghiandole sudoripare): perdita di parte della cellula, in
quanto parte del citoplasma viene ceduto, fenomeno della gemmazione
- Olocrine (ghiandole sebacee): trasformazione di tutta la cellula in secreto, e si ha la completa
distruzione della cellula. Ci sarà presenza di adenomeri che hanno il compito di rimpiazzare le cellule
che subiscono la trasformazione in secreto
In base alla loro origine, possono dividersi in: ghiandole intraparietali e extraparietali. Le prime, rimangono
a livello del tessuto epiteliale; le seconde si dividono in: parietali, se si trovano nella parete dell’organo al
quale appartengono; invece, nel caso in cui la ghiandola è troppo grande da essere contenuta all’interno
dell’organo, si parla di ghiandole extraparietali.
Le ghiandole merocrine, vengono classificate ulteriormente in base alla natura del secreto:
- Sierose: producono enzimi, hanno nucleo eucromatico, esteso RER e Golgi, l’apparato sintetico si
trova alla base. I granuli di secreto (hanno forma sferica) sono nella zona apicale, dispersi nel
citoplasma;
- Mucose: stesso tipo di struttura, però la secrezione mucosa è quantitativamente maggiore, pertanto
i granuli si impacchettano strettamente fra di loro (perdono la forma sferica), rendendo la parte
apicale estremamente elettrondensa. Inoltre questi pacchetti schiacciano l’apparato sintetico (infatti
il nucleo è schiacciato).
Le ghiandole esocrine, possono essere classificate in base al numero di cellule: unicellulari e pluricellulari
(dotto + adenomero).
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Tipologie delle ghiandole esocrine pluricellulari: nell’immagine, le prime sono semplici, le seconde composte
Ghiandole endocrine. Possono essere unicellulari e pluricellulari. Le pluricellulari possono essere: cordonali,
ad ammassi, a follicoli. Cordonali, secernono polipeptidi (proteine) oppure secrezione steroidea.
o Capsula connettivale
Zona glomerulare
Produce l’aldosterone che ha ala funzione di mantenere l’equilibrio idrico, il cortisolo che metabolizza gli
zuccheri e gli androgeni, ormoni mascolinizzanti.
Adibita alla produzione di neurotrasmettitori come l’adrenalina, la noradrenalina e la dopamina che hanno
effetti sul metabolismo
Fegato
Sono costituiti da una sostanza amorfa detta colloide e risultano essere polarizzate le più diffuse sono:
Ad isolotti
Interstiziali
Cellule del Leydig del testicolo: atte a produrre testosterone. Inoltre agisce sulle
cellule del Sertoli tramite il diidrosterone (DHT) e la inibina.
A organizzazione diffusa:
Di derivazione nervosa
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TESSUTO CONNETTIVO. I tessuti connettivi, possono essere divisi in: propriamente detti (in associazione a
tessuti epiteliali di rivestimento, ghiandolari, hanno funzione di supporto, in quanto gli epiteliali non sono
vascolarizzati) e specializzati (cartilagine, osso, sangue, linfa e tessuto adiposo). I tessuti connettivi hanno
origine dal mesenchima, quarto foglietto embrionale di origine dal mesoderma. I connettivi sono costituiti
da diversi tipi di cellule e da abbondante sostanza intercellulare, amorfa e fibrillare. Sono vascolarizzati e
innervati e svolgono funzioni: trofiche, meccaniche, di difesa (le azioni di difesa, si svolgono nel connettivo)
e di accumulo di grassi.
- Mesenchima: è il tessuto connettivo dell’embrione. Sono cellule immature con forte capacità
proliferativa e di differenziabilità. Da questo tessuto connettivo prendono origine tutti gli altri.
- Tessuto connettivo mucoso. Si trova nel funicolo ombelicale, dove viene definito “Gelatina di
Wharton”, inoltre è particolarmente diffuso nell’embrione;
- Tessuto connettivo fibrillare. Possono essere lassi o densi.
- 1. I densi si dividono in: a fasci intrecciati (derma cutaneo, tonaca albuginea del testicolo); capsulare
(capsulare esterna di numerosi organi); lamellare (capsula dei corpuscoli di Pacini, cioè strutture sensoriali
che si trovano a livello epidermico); a fibre parallele (tendini, legamenti); a fasci incrociati (cornea). Nel
tessuto fibrillare denso, prevalgono i fasci di fibre. La sostanza fondamentale amorfa è scarsa. I tipi cellulari
prevalenti sono, generalmente, fibroblasti, fibrociti e macrofagi.
- 2. Il lasso, invece, è un tessuto ubiquitario (non si trova dappertutto), ed è costituito da diversi tipi di cellule
del connettivo proprio, immerse in abbondante sostanza intercellulare ricca di acido ialuronico. Sono
presenti i 3 tipi di fibre (collagene I II III). Il connettivo lasso si distingue in: interstiziale (che occupa gli interstizi
fra organi e tessuti); membranoso (costituisce le tonache proprie delle mucose). Il connettivo lasso ha
funzione: meccanica, trofica e di difesa.
presente soprattutto nei roditori e negli animali ibernanti. In questi produce calore al momento del
risveglio. In questi adipociti (del bruno), i mitocondri hanno una particolarità, cioè mancano delle
particelle F0 e F1 (ATP sintetasi). Il REL è sviluppato, nella fase di accumulo del grasso. Il connettivo
reticolare che avvolge i singoli adipociti, si presenta più ricco di vasi, rispetto al tessuto adiposo
bianco, uniloculare.
Tutte le cellule connettiviali derivano dalla cellula mesenchimiale. Le cellule dei connettivi propriamente
detti, si dividono in due grandi classi.
- Macrofagi o istiociti: derivano dai monociti del sangue. Sono dotati di movimento
ameboide e attività fagocitaria. Hanno funzione di difesa. Anche questi sono
momenti funzionali differenti di uno stesso tipo cellulare.
I macrofagi hanno forma irregolare e dimensioni di 10-30 micron. In genere sono fagociti mononucleati. A
volte molti macrofagi mononucleati si uniscono per dare origine alle cellule giganti da corpo estraneo,
plurinucleate. Si distinguono in:
o Macrofagi fissi, riconoscibili dai prolungamenti che gli permettono di aderire meglio
alla cellula.
Questi sono tutti fagociti mononucleati. Anche microciglia del tessuto nervoso e gli osteoclasti nel tessuto
osseo sono macrofagi.
Sostanza intercellulare dei connettivi. Costituita da: sostanza fondamentalmente amorfa; fibre collagene;
fibre reticolari; fibre elastiche.
Vi sono diversi tipi di collagene, che differiscono per la sequenza degli aminoacidi della catena alfa. Quelli più
comuni sono:
- Collagene di tipo I: è il più come ed è costituito da 2 catene uguali alfa 1 e una diversa alfa 2. E’
prodotto da fibroblasti, osteoblasti etc. E’ localizzato nel derma, nei tendini e nel tessuto osseo.
- Collagene di tipo II: è costituito da 3 catene uguali alfa 1. E’ prodotto dai condroblasti nel tessuto
cartillagineo.
- Collagene di tipo III: E’ costituito da 3 catene alfa 1. E’ prodotto da fibroblasti, fibrocellule muscolari
lisce etc. E’ presente nelle fibre reticolari.
- Collagene di tipo IV: E’ costituito da 2 catene alfa 1 e da una catena alfa 2. E’ prodotto dalle cellule
epiteliali muscolari. E’ presente nella membrana basale.
Le fibre reticolari, sono più sottili di quelle collagene, si anastomizzano a formare reti tridimensionali. Sono
costituite da collagene di tipo III. Sono argirofile (Sali d’argento) e PAS positive (una cosa che colora le
glicoproteine di rosso).
Le fibre elastiche, a fresco appaiono gialle. Presentano scarsa resistenza alla trazione. Si allungano del 150%,
della loro lunghezza, prima di rompersi. Sono composte da elastina, una proteina ricca di glicina, prolina,
lisina e valina.
La sostanza amorfa è abbondante nei connettivi lassi. Ad essa i connettivi debbono la resistenza alla
pressione. E’ un gel semifluido che permette lo scambio di metaboliti con il sangue, attraverso capillari e la
migrazione cellulare. La sostanza amorfa è prevalentemente costituita da GAG, come acido jaluronico, acido
condroitinico, condroitin 4 solfato, 6 fosfato, cheratansolfato, eparina; oltre i GAG stanno i proteoglicani. I
GAG hanno la capacità di assorbire e trattenere acqua, in questo modo conferiscono turgore ai tessuti
connettivi. Tra le glicoproteine, alcune sono enzimatiche, altre strutturali, quali la laminina, la fibronectina,
proteine con proprietà adesive delle cellule alla matrice extracellulare.
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CONNETTIVI DI SOSTEGNO
Cartilagine e osso, sono connettivi specializzati per la funzione di sostegno e costituiscono l’apparato
scheletrico. La cartilagine, è costituita da cellule (condroblasti, condrociti), accolti in lacune presenti
nell’abbondante matrice extracellulare da esse prodotte. I condroblasti sono più attivi metabolicamente ed
elaborano la sostanza extracellulare. Presentano sviluppato RER e Golgi. I condrociti più maturi presentano
scarsa attività metabolica. Condroblasti e condrociti hanno attività mitotica. In seguito alle divisione cellulari,
vengono a formarsi i gruppi isogeni.
Il tessuto cartilagineo, non è vascolarizzato e non è innervato. Le cellule cartilaginee, ricevono sostanze
nutritive dai vasi dei tessuti circostanti, per diffusione.
La cartilagine è avvolta da una membrana connettiviale che è detta pericondrio, con uno strato esterno
fibroso e uno strato interno più ricco di cellule (condroblasti) che elaborano la matrice extracellulare. Solo la
cartilagine articolare, non è rivestita da pericondrio. Il pericondrio ha funzione trofica e condrogenica.
- Cartilagine ialina. E’ la più diffusa, costituisce lo scheletro embrionale e nell’adulto è localizzata nel
setto nasale, negli anelli tracheali, nei bronchi, nelle superfici articolari. A fresco, è di colore grigio
bluastro e ha consistenza plastica. Le cellule della cartilagine ialina sono condrociti e condroblast
- La cartilagine elastica assomiglia molto a quella ialina. Differisce da quest’ultima per la prevalenza di
fibre elastiche. Si trova nel padiglione auricolare, nel condotto uditivo, nell’epiglottide e nella laringe.
- La cartilagine fibrosa è particolarmente ricca di fasci di fibre di collagene di tipo I. La matrice amorfa
è scarsa. I condrociti (C) sono disposti in file. Si trova nei dischi intervertebrali, nei dischi articolari,
nella sinfisi pubica.
La matrice extracellulare è gelificata, a causa dell’alto grado di polimerizzazione delle sua macromolecole,
glicoproteine e proteoglicani a cui è dovuta, rispettivamente, la PAS positività e la basofilia. Fra le
glicoproteine è presente la condronectina, con proprietà adesive delle cellule alla matrice. Nella matrice sono
presenti fibre collagene di tipo II, non osservabili nei comuni preparati istologici perché mascherate dalla
sostanza amorfa, che ha lo stesso indice di rifrazione. Nella matrice extracellulare, si possono distinguere:
capsula (basofila), zona territoriale (basofila), zona interterritoriale (acidofila).
Tessuto osseo.
Il tessuto osseo è il principale tessuto che costituisce lo scheletro. Ha funzione meccanica, protettiva e di
regolazione dell’omeostasi minerale. Contiene il midollo osseo rosso, parte del quale ha funzione
ematopoietica. Il tessuto osseo è costituto da cellule e dà sostanza amorfa e fibrillare. A differenza della
cartilagine è vascolarizzato e presenta fibre nervose. Le cellule del tessuto osseo derivano tutte dal tessuto
mesenchimiale e sono:
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Osteoblasti: sono cellule dotate di attività mitotica e osteoformativa; di forma cuboide, elaborano
tutti i costituenti della sostanza intercellulare, comprese le fibre, e regolano la deposizione dei sali di
calcio (mineralizzazione della matrice). Gli osteoblasti per ulteriore differenziamento, danno origine
agli osteociti che sono le cellulare prevalenti nell’osso adulto. Perdono la capacità di dividersi e sono
metabolicamente meno attivi degli osteoblasti.
Osteociti: sono cellule di forma lenticolare e sono accolti nelle lacune presenti nella matrice ossea
calcificata. Presentano numerosi prolungamenti citoplasmatici accolti in canalicoli scavati nella
matrice ossea, nei quali fluiscono nutrienti provenienti dal sangue. Attraverso i prolungamenti gli
osteociti entrano in contatto fra loro mediante giunzione nexus, e si scambiano ioni e piccole
molecole.
Osteoclasti: sono grosse cellule (150 micron), mobili, multi nucleati. Sono accolti in depressioni, dette
lacune di Howship, che corrispondono a zone di riassorbimento del tessuto osseo. Sono cellule simili
ai macrofagi, presentano numerosi lisosomi e agiscono nei processi erosivi dell’osso esocitando
enzimi lisosomiali.
SOSTANZA INTERCELLULARE
È costituita da una componente organica (35%) e una componente inorganica (65%). La componente organica
è in parte fibrillare (90%), in parte amorfa (10%). Le fibre della sostanza intercellulare del tessuto osseo sono
costituiti da collagene di tipo I. Ad esse il tessuto osseo deve la sua acidofilia e la resistenza alla trazione. La
sostanza amorfa è ricca di glicoproteine (osteonectina) e proteoglicani, gli stessi della cartilagine, ma in
percentuale diversa. A questa è dovuta la resistenza alla pressione.
La matrice ossea è mineralizzata per la presenza di sali di calcio sotto forma di cristalli di idrossiapatite. I sali
minerali sono rappresentati da:
Ai sali minerali il tessuto osseo deve la sua durezza. La parte inorganica rappresenta il 65% del peso secco del
tessuto osseo. Il tessuto osseo può essere suddiviso in:
Tessuto osseo non lamellare, tipico dei vertebrati non mammiferi, che costituisce anche il tessuto
osseo di prima formazione dei mammiferi.
Tessuto osseo lamellare, che è quello definitivo dello scheletro dei mammiferi. Il tessuto osseo
lamellare si distingue in:
- Tessuto osseo spugnoso, presente nelle epifisi delle ossa lunghe, nel corpo delle ossa brevi
e nella diploe delle ossa piatte del cranio. Nel tessuto osseo lamellare spugnoso, le lamelle
ossee, costituite da cellule, da fibre e dà sostanza fondamentale amorfa, si associano a
costituire trabecole ossee che delimitano cavità occupate da midollo osseo rosso. Le
trabecole sono rivestite da una membrana connettivale detta endostio, a contatto con il
midollo osseo.
- Tessuto osseo compatto, presente nella diafisi della ossa lunghe, nei tavolati delle ossa
piatte e sulla superficie della ossa brevi.
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Gli osteoni costituiscono la maggior parte dell’osso compatto. Ogni osteone è costituito da un cilindro
formato da lamelle concentriche (4-24) organizzate attorno ad una cavità vascolare, detta canale di Havers,
ogni osteone è delimitato da una sottile linea cementante di sostanza amorfa calcificata con scarse fibre. Le
fibre collagene, in ogni singola lamella, sono parallele tra loro, e formano un angolo di 90° rispetto alle fibre
della lamella adiacente. I canali di Havers di osteoni sono collegati tra loro tramite i canali di Volkmann,
riconoscibili in quanto mancano di lamelle concentriche.
I sistemi di lamelle interstiziali tra i vari osteoni costituiscono residui di osteoni in parte erosi durante il
processo di rimaneggiamento dell’osso.
La superficie esterna della maggior parte delle ossa è rivestita da una membrana connettivale detta periostio.
Il periostio è ricco di fibre collagene, alcune delle quali penetrano nell’osso corticale (fibre di Sharpey) e di
cellule osteogeniche. Il periostio interviene nell’accrescimento per apposizione dell’osso e nei processi di
riparazione delle fratture.
Il canale midollare contiene midollo osseo giallo, ricco di cellule adipose e privo di funzione emopoietica. Il
canale midollare è rivestito da una membrana connettivale, detta endostio, ricca di cellule con funzione
osteogenica. L’endostio, oltre a rivestire le trabecole ossee della spugnosa e il canale midollare, riveste anche
i canali di Havers e di Volkmann.
La formazione del tessuto osseo (ossificazione), durante lo sviluppo embrionale, può avvenire secondo due
modalità:
La maggior parte delle ossa lunghe e corte si origina per ossificazione indiretta, che consiste nella
sostituzione, da parte del tessuto osseo di un preesistente modello cartilagineo. Avviene che le ossa
cartilaginee cessano di proliferare e si ipertrofizzano a causa della calcificazione della matrice ialina, e
contemporaneamente gli osteoblasti del pericondrio depongono attorno alla diafisi uno strato di tessuto
osseo detto manicotto osseo pericondriale. Successivamente le cellule cartilaginee ipertrofizzate rilasciano
un fattore angiogenico che richiama dal pericondrio verso la cartilagine calcificata fattori di apoptosi per le
stesse. La morte di queste cellule lascia delle lacune colmate da cellule emopoietiche e osteoprogenitrici. Gli
osteoblasti iniziano a deporre uno strato di tessuto osseo primario (lamellare o fibre intrecciate), poi viene
riassorbito dagli osteoclasti costituendo il canale midollare e gli osteoni. In seguito a rimaneggiamenti si
creano osteoni di generazioni successive. L’ossificazione procederà dalla diafisi verso l’epifisi.
Fra diafisi ed epifisi si trova la metafisi, o cartilagine seriata, dove i condrociti disposti in colonne provvedono
all’accrescimento in lunghezza delle ossa lunghe, sotto controllo ormonale, per mitosi dal lato epifisiario.
L’accrescimento termina nell’adolescenza e anche la metafisi si ossifica. Permane solo la cartilagine
articolare.
Il rimodellamento dell’osso avviene sotto il controllo ormonale e vitaminico. Il paratormone (prodotto dalla
paratiroidi) stimola i processi erosivi dell’osso, la calcitonina (prodotta da cellule tiroidee) stimola i processi
osteoformativi. Anche gli ormoni sessuali agiscono sul metabolismo dell’osso. Tra le vitamine che hanno
effetti sullo sviluppo dello scheletro troviamo le vitamine A, C, D.
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SANGUE
È un connettivo specializzato costituito da una parte figurata (globuli rossi o eritrociti, globuli bianchi o
leucociti, piastrine), e da una parte liquida, detta plasma, che costituisce la matrice extracellulare. Nell’adulto
vi sono, in media, 5-6 litri di sangue; il 45% è rappresentato dagli elementi figurati, il restante 55% dal plasma.
Gli elementi figuranti del sangue hanno vita breve e vengono continuamente rinnovati a livello del midollo
rosso delle ossa, attraverso un processo detto emopoiesi.
- Trasporto di ormoni
- 90% acqua
Il plasma attraversa la parete dei capillari e si porta nei tessuti a costituire il fluido tissutale.
Il metodo più comune per studiare gli elementi figurati del sangue è rappresentato dallo striscio su vetrino,
fissato e colorato mediante colorazioni policromatiche (es. Giemsa, Wright, …)
• ERITROCITI
Sono le cellule più numerose (4-5 milioni/mm3). Sono responsabili del trasporto di ossigeno e di parte della
CO2. Nei mammiferi, gli eritrociti maturi, presenti nel circolo sanguigno, sono privi di nucleo e di organuli, ad
eccezione della membrana cellulare e del sottostante citoscheletro, che permettono all’eritrocita di
mantenere l’integrità strutturale e funzionale.
L’emocitoblasto è la cellula capostipite di tutti gli elementi figurati del sangue che dà origine sia agli
eritroblasti che agli altri elementi. Dall’emocitoblasto si forma l’eritroblasto, cellula staminale unipotente.
Presenta nucleo sferico, cromato. Questo si differenzia in pro-eritroblasto basofilo, chiamato così per l’alta
quantità di ribosomi, il differenziamento consiste nel poter arrivare a svolgere in maniera efficiente la sintesi
dell’emoglobina. Dall’eritroblasto basofilo si passa al policromatofilo dove il citoplasma presenta sia zone
basofile, dove si trovano i ribosomi, che acidofile, dove troviamo l’emoglobina. Arriviamo, poi, all’eritroblasto
ortocromatico con nucleo eterocromatico e citoplasma acidofilo per l’enorme quantità di emoglobina. In
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questa fase il nucleo sta per essere espulso. Dall’ortocromatico, una volta espulso il nucleo e gli organuli, si
passa al reticolocita, che prende il nome dalla presenza di ribosomi che però vengono successivamente
eliminati e si forma l’eritrocita maturo. Come reticolocita viene immesso nel sangue.
I globuli rossi appena immessi nel circolo sanguigno (reticolociti) presentano nel citoplasma residui di
ribosomi. Gli eritrociti o emazie nei mammiferi hanno forma di dischi biconcavi, con un diametro di 7.5 micron
ed uno spessore alla periferia di 2 micron e al centro di 1 micron. Questa forma rappresenta una condizione
vantaggiosa per gli scambi successivi. Nell’uomo gli eritrociti hanno una vita media di 120 giorni, dopo di che
vengono fagocitati e distrutti dai macrofagi a livello della milza, del midollo osseo e del fegato (emocateresi).
Alla fine dei 120 giorni, essi perdono l’acido sialico sulla superficie mostrando il galattosio e la N-acetil-
galattossimina, così da poter essere riconosciuti dai macrofagi, che li fagocitano al livello di organi quali la
milza, il fegato e il midollo.
Gli eritrociti contengono emoglobina, una cromoproteina responsabile del colore rosso del sangue.
L’emoglobina è formata da 4 catene polipeptidiche, dette globine. Le globine sono uguali a due a due: alfa 1
e alfa 2, ciascuna con 141 aminoacidi; beta 1 e beta 2 con 146 aminoacidi. Questo processo avviene negli
eritroblasti. Ogni globina è legata ad un gruppo eme contenente ferro, che allo stato ridotto (Fe++) lega
l’ossigeno e diventa ossiemoglobina (il ferro allo stato ossidato (Fe+++) non lega l’ossigeno). L’ossigeno che
si lega al ferro è quello proveniente dall’inspirazione, questo infatti diffonderà dagli alveoli polmonari nel
sangue si lega al ferro con un legame debole per poi potersi staccare e diffondere negli organi. La CO2 viene
trasportata in parte in soluzione nel plasma sanguigno, in parte sotto forma di bicarbonati, in parte legata ai
gruppi aminici dell’emoglobina (carbaminoemoglobina). Glicoproteine e glicolipidi della superficie cellulare
costituiscono gli antigeni A e B responsabili dei quattro gruppi sanguigni primari (A, B, AB, 0).
• LEUCOCITI
I leucociti sono 6-10.000/mm3 di sangue. I leucociti, veicolati dal sangue, svolgono le loro funzioni nel
connettivo lasso dei vari distretti corporei, dopo aver attraversato l’endotelio dei vasi (diapedesi), grazie al
movimento ameboide. Posseggono una durata di vita in genere molto limitata e muoiono al di fuori del
circolo sanguigno, per apoptosi. La loro funzione è quella di difendere l’organismo da sostanze estranee
(antigeni). La risposta immunitaria parte in seguito alla presenza di antigeni. I leucociti si dividono in
granulociti ed agranulociti:
Granulociti, con granuli specifici presenti nel loro citoplasma. I granulociti, a loro volta, si distinguono in: in
base alle caratteristiche chimiche
Neutrofili (50-70% dei leucociti): I neutrofili (9-12 micron) sono detti così, perché non hanno affinità
né per coloranti acidi ne basici. Si riconoscono per dimensioni e forma del nucleo (plurilobato). Hanno una
vita media di circa 24 ore.
L’osservazione di preparati di sangue fissati e colorati permette di riconoscere, in una piccola percentuale di
granulociti neutrofili, il sesso femminile dell’individuo per la presenza di un cromosoma X eterocromatico,
visibile sotto forma di una piccola appendice contenuta in uno dei lobi del nucleo, detta Corpo di Barr. I
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neutrofili attuano la risposta immunitaria, tramite 3 tipi di granulazioni. Nel citoplasma sono presenti tre tipi
di granulazioni e l’aumento di un tipo o di un altro, è indicativo per il tipo di malattia:
- piccoli granuli specifici (0.1 micron), contenenti enzimi e sostanza farmacologiche con funzione
antimicrobica.
Basofili (0.5-1%): hanno dimensioni di 8-10 micron. Hanno nucleo ad S mascherato dalla presenza di
numerosi granuli specifici basofili (blu – viola) di 0.5 micron di diametro contenenti eparina (anticoagulante)
e istamina (vasodilatatore). Contengono anche granulazione azzurrofile (lisosomi). Sono sostanze che si
liberano in caso di “shock anafilattico”. Prima si riconosce l’antigene estraneo e una volta riconosciuto, si
innesca la reazione immunitaria con lo shock anafilattico che è la fase finale della risposta immunitaria.
Presentano sulla superficie recettori per le immunoglobuline E (IgE) prodotte dai linfociti B. A contatto con
gli antigeni che hanno provocato la formazione degli anticorpi (allergeni) si formano complessi antigene –
anticorpo e ad un secondo contatto con quella sostanza, si formano sulla membrana di queste cellule, dei
recettori che riconoscono il complesso antigene-anticorpo, con conseguente rilascio dei granuli contenuti
all’interno del basofilo e quindi un massiccio rilascio di istamina, che determina vasodilatazione con caduta
della pressione sanguigna e conseguente shock anafilattico.
Agranulociti, che non presentano granulazioni specifiche. Ambedue i tipi di leucociti presentano granuli
aspecifici (azzurrofili) che corrispondono a lisosomi. Si distinguono in:
Linfociti (20-40%): nel sangue circolante i linfociti hanno forma sferica, nucleo regolare, sferoidale,
prevalentemente eterocromatico, popolano anche gli organi e i tessuti linfoidi nonché la linfa. In base alle
dimensioni si distinguono in:
- piccoli linfociti (8-10 micron), il nucleo sembra occupare quasi tutta la cellula, prevalentemente
eterocromatico
- grandi linfociti (15-18 micron) il nucleo appare più chiaro e c’è un maggiore quantità di citoplasma.
Nel sangue circolante prevalgono i piccoli linfociti. In base alla loro origine e funzione, i linfociti si classificano
in:
- NK natural killer
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Dal punto di vista morfologico i due tipi di linfociti (B e T) non sono distinguibili. I linfociti B hanno durate di
vita di qualche mese, quelli T anche di qualche anno. I linfociti svolgono le loro funzione immunitarie
specifiche nel tessuto connettivo.
I linfociti B sono responsabili della risposta immunitaria umorale (mediata da anticorpi): sono in grado di
differenziarsi in plasmacellule, capaci di produrre anticorpi contro l’antigene. Gli anticorpi, prodotti da
linfociti B e plasmacellule, sono delle immunoglobuline capaci di inattivare gli antigeni. Ciascun anticorpo
agisce nei confronti di un antigene specifico. Nell’uomo sono presenti cinque classi di immunoglobuline: IgG,
IgM, IgA, IgD, IgE.
I NK rilasciano direttamente, mediante rottura di membrana, nella cellula infetta o malata, dei granuli che
contengono una sostanza che porta alla morte dell’elemento cellulare.
Monociti (3-8%): I monociti hanno dimensioni di 12-15 micron, nucleo voluminoso a forma di ferro
di cavallo o reniforme, prevalentemente eucromatico e citoplasma con numerosi granuli azzurrofili.
Permangono nel circolo sanguigno per pochi giorni, attraversano l’endotelio dei capillari e nel connettivo si
trasformano in macrofagi. I monociti e soprattutto i macrofagi fagocitano e distruggono cellule morte o
invecchiate, antigeni e materiali estraneo corpus colato (es. batteri), grazie ad un ricco apparato lisosomiale.
In presenza di antigeni corpuscolati voluminosi i macrofagi si fondono tra loro e formano le cellule giganti da
corpo estraneo capaci di fagocitare il materiale estraneo.
Le piastrine sono piccoli frammenti cellulari, privi di nucleo, discoidali. Hanno un diametro di 2-4
micron. Nel sangue periferico sono 200.000-400.000 per mm3. Hanno una vita media di 14 giorni. Derivano
dalla frammentazione del citoplasma di grosse cellule presenti nel midollo osseo, i megacariociti. Al
microscopio ottico appaiono più chiare alla periferia (ialomero) e più scure nella zona centrale (granulomero).
Le piastrine contengono al loro interno microtubuli, proteine contrattili, alcuni mitocondri, lisosomi, depositi
di glicogeno, serotonina, calcio. Intervengono nei processi di coagulazione del sangue limitando la perdita di
sangue nel caso di danno vascolare.
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TESSUTO MUSCOLARE
• STRIATO SCHELETRICO
L’unità morfologica e funzionale del muscolo scheletrico è la fibra muscolare striata. Il muscolo è avvolto da
una guaina di connettivo compatto detta epimisio. All’interno del muscolo, il perimisio, derivante
dall’epimisio, avvolge fasci di fibre muscolari, il muscolo è l’insieme di più fasci di fibre muscolari. All’interno
di ciascun fascio di fibre, una guaina connettivale di tipo reticolare (endomisio) avvolge le singole fibre
muscolari. I muscoli scheletrici sono generalmente collegati alle ossa tramite i tendini.
Le fibre muscolari hanno una forma cilindrica, spessore variabile da 10 a 100 micron e lunghezza anche di
alcuni centimetri. Sono elementi multinucleati (sincizi) derivanti dalla fusione di mioblasti (cellule non
differenziate) embrionali mononucleati. I nuclei si trovano nel citoplasma periferico, subito al di sotto della
membrana cellulare (sarcolemma) (ATLANTE). Il sarcolemma è molto elastico e resistente, per cui segue i
cambiamenti di forma della fibra, restandovi aderente anche nel corso di una forte contrazione. All’esterno
della fibra, a ridosso del sarcolemma, sono presenti cellule mononucleate, cellule satelliti, interpretate come
mioblasti quiescenti, che conferiscono alla fibra, capacità rigenerative.
Il citoplasma delle fibre muscolari, detto sarcoplasma, è occupato prevalentemente da miofibrille striate,
disposte longitudinalmente, costituite da miofilamenti spessi e sottili, disposti in registro e responsabili della
striatura trasversale delle fibre.
Ciascun filamento spesso è costituito da 200-300 molecole di miosina. Ogni molecola di miosina è costituita
da due catene pesanti, identiche, e da due paia di catene leggere. Se trattata con tripsina la molecola si divide
in meromiosina leggera (MML) e meromiosina pesante (MMP); se invece viene trattata con papaina la zona
MMP viene suddivisa in due subframmenti:
- S1, sito di legame dell’ATP con funzione di scindere lo stesso in ADP + P durante la contrazione
- S2
I filamenti sottili sono composti da due filamenti di F – actina, costituiti da monomeri di G actina, avvolti ad
elica. Ogni monomero di G actina possiede un sito per il legami con il frammento S1 (testa) della MMP. Tra i
due filamenti di F – actina vengono a posizionarsi due filamenti di tropomiosina, coprenti i siti attivi
dell’actina. Ad intervalli regolari, sui filamenti di F – actina sono disposte molecole di troponina, costituite da
tre polipeptidi globulari (A,C,T). Le sub unità A e T si legano all’actina e alla tropomiosina, mentre la troponina
C presenta siti di legame per il calcio. Quando la sub unità C della troponina lega il calcio, si hanno
cambiamenti conformazionali che liberano il sito di legame, presente sui monomeri di G actina, per le teste
della miosina (S1).
L’allineamento ordinato delle miofibrille all’interno di ciascuna fibra è responsabile dell’alternanza di bande
chiare e bande scure. Le bande scure vengono dette bande A (anisotrope) se osservate a luce polarizzata,
mentre quelle chiare vengono dette bande I (isotrope). Ciascuna banda I (chiara) è divisa in due semibande
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da una linea Z. La parte della miofibrilla compresa tra due linee Z è detta sarcomero, lunga 2,5 micron, e
costituente l’unità contrattile della miofibrilla.
Ogni sarcomero è costituito da due semibande I, alle estremità, e una banda A, al centro. Nelle semibande I
sono presenti esclusivamente filamenti sottili. Nella banda A sono presenti sia filamenti sottili che spessi che
si interdigitano, tranne che al cento della banda A (banda H) dove sono presenti solo filamenti spessi. Al
centro della banda H è presente la linea M, costituita da filamenti proteici che collegano tra loro i filamenti
spessi. La linea Z è costituita da proteine Z, fra le quali alfa – actinina.
Il sarcoplasma contiene anche un reticolo liscio particolarmente sviluppato (reticolo sarcoplasmatico), che
avvolge le singole miofibrille, numerosi mitocondri allineati lungo le miofibrille, Golgi e RER poco sviluppati.
Tra gli inclusi vi sono rosette di glicogeno, lipidi e una cromoproteina (mioglobina), responsabile del colore
rosso di muscoli. Il reticolo sarcoplasmatico è formato da tubuli a decorso longitudinale, anastomizzati
(cisterne fenestrate) in corrispondenza della banda H, che danno origine a dilatazioni trasversali (cisterne
terminali) in prossimità dei tubuli T. L’insieme di due cisterne terminali con l’interposto tubulo T formano la
triade. I tubuli T (tubuli trasversali) sono invaginazioni del sarcolemma all’interno della fibra e si insinuano
tra le miofibrille. Nei mammiferi si trovano in corrispondenza del confine tra banda A e banda I. I tubuli T e il
reticolo sarcoplasmatico sono coinvolti nella contrazione della muscolatura scheletrica. Il reticolo
sarcoplasmatico costituisce un importante serbatoio di ioni calcio.
Placca motrice
Le fibre muscolari scheletriche si contraggono in risposta ad eccitazioni che si originano nel sistema nervoso
centrale e sono condotte lungo l’assone di un nervo motore. Ogni neurone motore innerva più fibre muscolari
in punti specifici detti placche motrici. Nei mammiferi (uomo compreso), la ramificazione dell’assone avviene
in corrispondenza di una zona di sarcoplasma priva di miofibrille, che prende il nome di suola della placca
motrice. Il muscolo è innervato da due diversi tipi di fibre nervose:
Il prolungamento assonico di ciascun neurone motore, in prossimità delle fibre muscolari si ramifica e termina
con espansioni bottoniformi (bottoni sinaptici), che determinano delle impronte sulla superficie del
sarcolemma, dette docce sinaptiche (senza mai penetrare all’interno della fibra muscolare). Il bottone
sinaptico è rivestito dalla membrana dell’assone (membrana presinaptica); contiene mitocondri, vescicole
contenenti acetilcolina, e microfilamenti di F-actina polimerizzata che ha la funzione di gelificare il bottone
impedendo il passaggio di neurotrasmettitori.
Le zone di contatto tra terminazioni assoniche e fibre muscolari costituiscono le giunzioni neuromuscolari.
La funzione della giunzione neuromuscolare è quella di assicurare la trasmissione dell’impulso nervoso dalla
fibra nervosa alla fibra muscolare. La stimolazione del nervo, determina una depolarizzazione della
membrana dell’assone. L’onda di depolarizzazione si propaga lungo tutto l’assone e l’arrivo dell’impulso al
bottone sinaptico determina l’esocitosi dell’acetilcolina che si lega a recettori specifici sulla membrana
postsinaptica. L’onda di depolarizzazione si propaga dal sarcolemma ai tubuli T e da questi si diffonde
all’intero sistema di cisterne che circondano ogni miofibrilla. La depolarizzazione del reticolo
sarcoplasmatico, comporta la liberazione di ioni calcio da parte del reticolo stesso. Infatti, in stato di riposo,
il calcio è accumulato nel reticolo e, la sua liberazione sulle miofibrille, è sufficiente per attivare il sistema
contrattile. Questo provoca la diffusione del calcio dal reticolo sarcoplasmatico al citosol, dove va a legarsi
alla troponina C. L’aumento di calcio nel citosol determina una modificazione strutturale della troponina
(inseguito al legame con gli ioni Ca++) e conseguente smascheramento dei siti attivi dell’actina per l’attacco
della miosina. La formazione del complesso actina – miosina è alla base della contrazione muscolare.
A. A riposo, le teste della miosina portano sempre legata una molecola di ATP; sono, inoltre, staccate
dal filamento di actina e formano, rispetto a quest’ultimo, un angolo di 45°.
B. Con l’arrivo del calcio, le teste di miosina idrolizzano l’ATP, sfruttando l’energia liberata per assumere
una configurazione a 90° rispetto al filamenti di actina.
D. Il legame actina/miosina favorisce il rilascio dei prodotti di idrolisi dell’ATP dalla testa della miosina.
Questo fatto permette alla testa di ritornare nella configurazione a 45°. Durante quest’ultimo fenomeno, la
miosina trascina il filamento di actina verso il centro del sarcomero con conseguente accorciamento del
muscolo e contrazione muscolare.
Quando un’altra molecola di ATP si lega alla testa della miosina si ha il distacco della miosina dall’actina con
conseguente rilassamento del sarcomero e quindi della fibra muscolare. La cessazione dello stimolo,
comporta il recupero degli ioni calcio da parte del reticolo, tramite una pompa del calcio.
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Il tessuto muscolare cardiaco costituisce la struttura più importante del cuore, detta miocardio, responsabile
della contrazione dell’organo. Il muscolo cardiaco (miocardio) è un muscolo striato a contrazione
involontaria. È costituito da cardiociti, corti cilindri biforcati, lunghi 80 micron e spessi 15 micron,
mononucleati o binucleati. Tra i cardiociti è presente abbondante connettivo ricco di vasi e terminazioni
nervose. Le estremità dei cardiociti adiacenti sono collegate tra loro a livello di dischi intercalari o strie
scalariformi, sempre a livello di una stria Z. In corrispondenza dei dischi intercalari le membrane dei cardiociti
adiacenti sono a stretto contatto tra loro, con un interstizio di 15-20 nm. I dischi intercalari hanno tratti a
decorso trasversale con numerosi desmosomi e giunzioni aderenti, e tratti a decorso longitudinale ricchi di
giunzione gap. Attraverso le giunzioni gap si trasmettono da un cardiocita all’altro gli impulsi per la
contrazione. Anche i cardiociti presentano un citoplasma (sarcoplasma) ricco di miofibrille striate disposte
longitudinalmente, con sarcomero identico a quello delle fibre striate scheletriche e uguale meccanismo di
contrazione. Il reticolo sarcoplasmatico è formato da sarcotubuli che terminano con brevi dilatazioni a
ridosso di ampi tubuli T formando diadi. Mancano le cisterne terminali, e quindi le triadi delle fibre striate
scheletriche. Tra le miofibrille sono presenti numerosi e voluminosi mitocondri. Nel citoplasma dei cardiociti
atriali sono presenti granuli contenenti un peptide che agisce abbassando la pressione del sangue. L’impulso
per la contrazione del cuore insorge spontaneamente nel tessuto di conduzione, che si trova all’altezza del
nodo seno-atriale, formato da fibre muscolari specializzate. L’innervazione dei cardiociti da parte delle fibre
nervose del sistema nervoso autonomo serve solo a regolare il battito del cuore.
La muscolatura liscia è localizzata nella parete dei visceri cavi (tratto gastro – intestinale, vie uro – genitali),
nelle pareti dei vasi sanguigni, nella pelle (muscoli erettori dei peli e delle penne). Il tessuto muscolare liscio
è costituito da fibrocellule lisce, fusiformi, lunghe in media 0.2 mm e spesse 5-10 micron. Le estremità delle
fibrocellule sono assottigliate e la loro parte centrale è dilatata a contiene il nucleo e la maggior parte degli
organuli. Tra cellule adiacenti sono presenti numerose giunzioni nexus, tramite cui si trasmette l’impulso
nervoso. Il citoplasma contiene filamenti spessi di miosina e quelli sottili di actina e tropomiosina. Manca la
troponina, me è presente la calmodulina, altra proteine che lega calcio. Questi filamenti non sono disposti in
registro, per cui le fibrocellule muscolari lisce non presentano striatura. Al microscopio elettronico sono
osservabili corpi densi citoplasmatici e subsarcolemmali, su cui convergono filamenti sottili di actina e
intermedi di desmina. Al di sotto del sarcolemma sono prevalenti caveole, vescicole del sarcolemma
contenenti calcio, che viene liberato durante la contrazione. Il calcio si lega alla calmodulina formando un
complesso calmodulina – calcio che porta all’interazione dell’actina con la miosina, consentendo la
contrazione. La contrazione della muscolatura liscia è involontaria. È innervata dal sistema nervoso
autonomo dalle terminazione nervose del quale vengono liberati mediatori chimici (acetilcolina,
noradrenaline), che regolano la contrazione muscolare. La contrazione può anche essere indotta da ormoni,
quali l’ossitocina e la vasopressina.
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TESSUTO NERVOSO
Il sistema nervoso è costituito da miliardi di cellule nervose (neuroni) e da cellule di supporto (glia). I neuroni
sono funzionalmente collegati tra di loro tramite le sinapsi. I neuroni sono cellule perenni dotate di intensa
attività metabolica. Hanno dimensione variabili, tra 5 e 150 micron. Il neurone è costituito da un corpo
cellulare (pirenoforo) dal quale prendono origine due tipi di prolungamenti:
- I dendriti sono prolungamenti del pirenoforo, spesso ramificati, lunghi fino a 700 micron. Il loro
citoplasma contiene tutti gli organuli del pirenoforo, ad eccezione del Golgi. La superficie dei dendriti
presenta protrusioni dette spine dendritiche, sedi di numerosi contatti sinaptici. Il pirenoforo e i dendriti
costituiscono il polo ricevente dei neuroni, ricevendo stimoli da altre cellule nervose.
- L’assone costituisce il polo trasmittente del neurone; trasmette gli impulsi ad altri neuroni o a cellule
muscolari o ghiandolari. L’assone è generalmente unico, più sottile è più lungo dei dendriti (fino a un metro).
Prende origine dal pirenoforo in un punto detto cono di emergenza, sede di numerosi contatti sinaptici.
L’estremità dell’assone si ramifica terminando con espansione bottoniformi detti bottoni sinaptici. La
membrana che riveste l’assone è detta assolemma. Il citoplasma dell’assone contiene tutti gli organuli del
pirenoforo ad eccezione del Golgi e del RER, per cui dipende metabolicamente dal pirenoforo stesso. Oltre a
condurre l’impulso nervoso l’assone ha la funzione di trasportare materiale dal pirenoforo fino alle
terminazioni assoniche e viceversa (flusso assonico). Il flusso assonico è regolato da neurotubuli,
neurofilamenti e filamenti intermedi. Il flusso assonico può essere sia anterogrado che retrogrado, ovvero
può avvenire in entrambe le direzioni. Il flusso anterogrado trasposta verso l’estremità assonica organuli,
vescicole e varie proteine sintetizzate nel pirenoforo. Il flusso retrogrado traporta verso il pirenoforo
materiale che deve essere degradato dai lisosomi.
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L’assone con i suoi rivestimenti (guaine) costituisce una fibra nervosa. Più fibre nervose tenute insieme da
un tessuto connettivo costituiscono, nel loro insieme, un nervo. Le fibre nervose si distinguono in:
- Mieliniche, provviste di guaina mielinica formata dalle cellule di Schwann, nel sistema nervoso
periferico, e dagli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale
- Amieliniche, localizzate nel sistema nervoso autonomo e nel nervo olfattorio prive di guaina
mielinica.
- Unipolari (neuroni gangliari, neuroni di senso), sono provvisti di un solo prolungamento (assone o
dendrite).
- Sensitivi (afferenti)
- Motori (efferenti)
Il sistema nervoso riceve stimoli dall’ambiente esterno ed interno, attraverso recettori (cellule nervose
specializzate). I recettori possono essere costituiti da:
I diversi tipi di stimoli (meccanici, termici, chimici…) vengono trasformati dai neuroni in impulsi nervosi. Gli
impulsi vengono inviati ai centri nervosi, deputati alla percezione degli stimoli e alla elaborazione delle
risposte.
Processo di mielinizzazione delle fibre: Nelle fibre mieliniche, singole cellule di Schwann si avvolgono attorno
all’assone formando strati spiralizzati di membrana plasmatica, detta guaina mielinica. In alcuni tratti della
guaina mielinica, sono presenti interruzioni dette incisure di Schmidt – Lanterman, contenti residui di
citoplasma, in cui è possibile lo scambio di nutrienti tra l’assone, la cellula di Schwann e il fluido extracellulare.
Lungo la fibra nervosa la guaina mielinica si interrompe in corrispondenza dei nodi di Ranvier. Ogni tratto di
fibra compreso tra due nodi di Ranvier costituisce un tratto internodale.
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La guaina mielinica ha una funzione isolante e velocizza la conduzione dell’impulso nervoso lungo la fibra. Al
microscopio elettronico, la guaina mielinica, appare costituita da strati concentrici di lamelle lipoproteiche
che presentano una tipica alternanza di linee chiare e scure. Caratteristica delle cellule nervose è l’elevata
eccitabilità, che in risposta ad uno stimolo, si manifesta con una depolarizzazione della membrana. L’onda di
depolarizzazione (potenziale d’azione) si propaga lungo i dendriti (conduzione centripeta) e lungo l’assone
(conduzione centrifuga). L’impulso nervoso (onda di depolarizzazione) si trasmette da un neurone all’altro
attraverso le sinapsi, che possono essere asso-dendritica, asso-somatica oppure asso-assonica. La guaina
mielinica intorno all’assone, costituisce un isolante e quando si trova questa guaina, la conduzione sarà di
tipo saltatorio (da un Nodo di Ranvier e un altro), altrimenti si parla di conduzione continua (più lenta).
• SINAPSI
Le sinapsi sono i siti di trasmissione dell’impulso tra cellule nervose (sinapsi interneuronali) o tra neuroni e
cellule di altra natura (sinapsi citoneuronali). Esempio di sinapsi citoneuronale è la placca motrice. Le sinapsi
interneuronali possono essere:
- Asso – dendritiche
- Asso – somatiche
- Asso – assoniche
Nella sinapsi, la trasmissione dell’impulso nervoso è unidirezionale. La trasmissione dell’impulso avviene con
l’ausilio di un mediatore chimico rilasciato dalla estremità dell’assone (bottone sinaptico). La sinapsi è
costituita da:
- Membrana postsinaptica, porzione di membrana del secondo neurone, che entra in contatto con il
bottone terminale
Nel bottone terminale sono presenti mitocondri, microfilamenti e vescicole contenenti il mediatore chimico
(acetilcolina, noradrenalina…). Nella porzione postsinaptica non sono presenti vescicole con mediatore
chimico, motivo della unidirezionalità. Per effetto dell’arrivo di un impulso nervoso i neurotrasmettitori
vengono liberati dalla vescicole del bottone terminale nello spazio intersinaptico. Le molecole dei
neurotrasmettitori si legano a specifici recettori della membrana postsinaptica provocando l’apertura dei
canali ionici e l’insorgenza del potenziale d’azione. Le sinapsi possono essere:
- Eccitatorie
- Inibitorie
Nelle sinapsi inibitorie il neurotrasmettitore provoca una iperpolarizzazione della membrana postsinaptica,
bloccando altri impulsi eccitatori. Il bottone terminale è privo di guaine ed è rivestito dalla sola membrana
plasmatica (assolemma).
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• NEVROGLIA o GLIA
Le cellule della nevroglia hanno funzione di supporto meccanico e metabolico dei neuroni. Le cellule della
glia sono:
- Oligodendrociti; forniscono la guaina di mielina alle fibre del sistema nervoso centrale
- Cellule ependimali; rivestono il canale ependimale del midollo spinale e i ventricoli encefalici
- Cellule di Schwann; forniscono la guaina mielinica alla fibre del sistema nervoso periferico
- Cellule satellite; rivestono i corpi cellulari dei neuroni gangliari, con significato trofico – meccanico
- Sistema nervoso periferico (gangli, nervi cranici e spinali) (entrambi possono essere considerati come
agglomerati di fibre)
- Sensitiva o afferente (cioè dal recettore che recepisce, fino al SNC), che riceve gli impulsi al sistema
nervoso centrale
- Motoria o efferente, che origina dal sistema nervoso centrale e trasmette impulsi ai vari distretti
corporei.
- Sostanza grigia, costituita di pirenofori, dai dendriti e dal tratto iniziale degli assoni, oltre a cellule
della glia. La sostanza grigia è localizzata nei nuclei e nelle aree corticali dell’encefalo e nell’area centrale (a
forma di H) del midollo spinale.
- Sostanza bianca, costituita dalle fibre nervose, oltre alle cellule della glia. La sostanza bianca sia
nell’area centrale dell’encefalo che nell’area periferica del midollo spinale.
Nel cervelletto la sostanza grigia è superficiale ed è localizzata nella corteccia cerebellare. Nella corteccia
cerebellare si distinguono 3 strati: strato molecolare, strato delle cellule di Purkinje e strato dei granuli.
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