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UMANESIMO E RINASCIMENTO

Nella seconda metà dell'800, il tedesco Burcart teorizzò la distinzione tra l'umanesimo,
periodo filosofico-culturale, e il rinascimento, periodo filosofico-scientifico. Nel '900
Burdach riavvicinò i due periodi affermando che uno era la causa dell'altro. Questi periodi
sono caratterizzati dalla ripresa degli antichi. L'uomo era presentato come libero fautore di
se stesso, come si evince dall'opera di Pico della Mirandola "De dignitate hominis" in cui
diceva "Homo faber ipse fortunae". Questo comporta uno scambio dei ruoli tra Dio e
uomo, ora l'uomo è al centro e Dio alla periferia. L'esigenza di riconoscere una dimensione
storica degli eventi, portò a un ritorno al mondo classico. Nell'umanesimo si propone uno
studio con una prospettiva storica, cioè oggettiva, che può essere temporale (epochè) e
esistenziale, per:

- Riportare la lingua genuina della classicità, alla sua forma originaria;

- Scoprire falsificazioni;

- Comprendere le figure di letterati e filosofi, in riferimento al loro mondo di appartenenza.

La prima interpretazione dei rapporti tra Medioevo e Rinascimento, risale al Rinascimento


e si identifica con la "tesi delle frattura" tra le due età, di Jacob Burckhard; di segno
opposto è la cosiddetta "teoria della continuità" di Konrad Burdach, che ha insistito sui
nessi tra le due civiltà; Eugenio Garin, ha finito per sostenere una specie di conciliazione
critica delle tesi precedenti, affermando la tesi dell'"originalità nella continuità".

LA DISPUTA TRA PLATONICI E ARISTOTELICI

In questo periodo si ha, da un lato la riscoperta di Platone e dall'altro il rinnovato interesse


per Aristotele. La polemica fu iniziata da Pletone, legato al platonismo, polemizzata da
Trapenunzio, aristotelico, a prendere una posizione moderata fu Bessarione.
L'antagonismo derivava dalla diversa visione della filosofia:

- Platonici: ponevano in primo piano la rinascita religiosa;

- Aristotelici: tendevano soprattutto alla rinascita della ricerca razione; inoltre


l'aristotelismo contribuì a indirizzare la ricerca sul problema della natura e difese i diritti
della ragione, individuando in essa lo strumento primario dell'indagine filosofica.
TELESIO

Pubblicò nel 1565 "La natura secondo i propri principi". Egli considera la natura come un
mondo che si regge sui propri principi. La sensibilità non è altro che l'auto rivelazione della
natura a quella parte di se che è l'uomo. Telesio ritiene che la natura debba essere
spiegata mediante le due forze principali che agiscono su di essa: il caldo e il freddo,
considerate forze incorporee, hanno bisogno di una massa corporea che possa subire la
loro azione, cioè il terzo principio naturale. La fisica di Telesio si mantiene sul piano
qualitativo, tuttavia egli avverte l'esigenza di un'analisi quantitativa, necessaria per
determinare la quantità di calore sufficiente a produrre i singoli effetti naturali.

La vita morale dell'uomo è ricondotta a principi naturali. Il bene supremo è la


conservazione dello spirito vitale nel mondo ed è anche la misura del piacere e del dolore:
si prova piacere per tutto ciò che aiuta a conservarsi e si prova dolore per tutto ciò che
tende a danneggiare o distruggere. La virtù è la condizione necessaria per la conservazione
dell'uomo nel mondo.

BRUNO

Tutti i suoi scritti presentano un tratto comune: il dionisiaco, cioè l'amore per la vita in
tutte le sue forme, quest'amore per la vita gli fece vedere il chiostro come una prigione.
Dall'amore per la vita, nasce l'interesse per la natura, che considerò viva e contenente la
natura divina (pampsichismo). Predilige la magia e la mnemotecnica. Il punto d'incontro tra
Bruno e la rivoluzione scientifica moderna, è la concezione di un universo infinito.

Bruno non accetta la religione, in quanto la ritiene un insieme di credenze vuote che
vengono usate per dominare l'uomo, ma non è ateo e per lui Dio è:

- Trascendente: al di là della realtà;

- Immanente: è all'interno delle cose (panteismo e pampsichismo)

Inoltre parla di Dio in un duplice modo:

- Mente al di sopra di tutto: Dio è fuori dal cosmo e di lui ci parla sola la rivelazione;

- Mente presente in tutte le cose: Dio risulta accessibile alla ragione umana.
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

La rivoluzione scientifica è quel periodo che va dal 1543 con "Le rivoluzioni dei corpi celesti" di
Copernico, fino al 1687 con "I principi matematici di filosofia naturale" di Newton. La natura viene
vista come un ordine causale, in cui tutto avviene per una ragione e nulla per caso, sotto una
condizione di "causa-effetto". I fatti sono quindi governati da leggi; la natura diventa quindi
l'insieme di leggi che regolano i fenomeni e li rendono prevedibili. La scienza viene vista come un
sapere sperimentale poichè ha una base fondata sull'esperimento e sull'esperienza. E' un sapere
matematico, teoria ripresa dai pitagorici; è un sapere intersoggettivo, cioè pubblico e accessibile a
tutti. Il fine della scienza diventa conoscere le leggi che governano la natura per governarla.

Il contesto storico in cui nasce la scienza moderna (XV-XVI) era caratterizzato dai mutamenti di
struttura dell'economia europea e dal nuovo tipo di società venutosi a delineare. Per la prima
volta lo scienziato frequenta le botteghe e il tecnico parla per la prima volta con lo scienziato.
Scienza intesa come sapere teorico e la tecnica intesa come la realizzazione pratica delle scoperte
scientifiche. Si sviluppò quindi l'utilizzo di strumenti scientifici. Un elemento fondamentale dello
sviluppo della rivoluzione scientifica è il naturalismo (Telesio) e particolarmente importanti
risultano:

- L'aristotelismo rinascimentale che difese i diritti della ragione indagatrice;

- La filosofia naturale;

- La riscoperta dei pitagorici che avevano sostenuto la struttura geometrica della natura;

- La magia;

- La nascita delle accademie scientifiche.

Le forze ostili furono:

- La cultura ufficiale: metteva in discussione teorie cosmologiche e fisiche, proponeva uno schema
teorico anti-finalistico (chiesa) e anti-essenzialistico (magia), svuotava di senso ogni dogma
intellettuale legato all'autorità del passato;

- La chiesa: veniva messa in discussione l'autorità di Aristotele e anche la parola divina, espressa
dalla Bibbia, a inquietare la chiesa era anche il metodo fondato sul principio di libera ricerca che
permetteva una libera interpretazione delle sacre scritture;

- I maghi: gli scienziati stavano progressivamente distruggendo il concetto di sapere occulto;

- Gli astrologi: contestate tutto quell'insieme di credenze cosmologiche, legate all'universo


copernicano.

L'universo degli antichi era: unico, chiuso, finito, fatto di sfere concentriche, con la Terra al centro
di tutto, diviso in mondo sopralunare (costituito da etere) e mondo sublunare (formato da terra,
acqua, aria e fuoco).
GALILEO GALILEI

La vita di Galilei è divisa in 4 periodi, distinguibili in base ai testi che scrisse:

- Periodo pisano, durante il quale abbandona gli studi di medicina, in quanto di basavano su testi di
autorità, piuttosto che sull'osservazione, ed iniziò i suoi studi di matematica. Già in questo periodo è
convinto che la matematica sia lo strumento più efficace per conoscere la natura.

- Periodo padovano, gli anni più fecondi per le sue osservazioni con il cannocchiale e scrisse nel 1610 il
"Siderius Nuncius".

- Periodo fiorentino, in questo periodo professò apertamente le sue dottrine. E' il periodo in cui scrive "La
lettera a don Benedetto Castelli" nel 1613 e a Cristina di Lorena nel 1615, dove cercava di spiegare che le
sue idee non erano incompatibili con la fede. Infatti operò una distinzione tra fede e ragione e tra scrittura
sacra e natura. Nel 1623 pubblica il "Saggiatore" nel quale inizia ad affermare il carattere matematico della
natura. Nel 1616 subisce il primo processo che si concluse con un'ammonizione voluta da Bellarmino
mentre nel 1632 pubblica il "Dialogo sopra i due massimi sistemi" che gli costò nel 1633 un altro processo
nel quale abiura.

- Periodo di arcetri, quando si ritira dopo il suo secondo processo e muore cieco nel 1642.

Galilei aveva intuito la verità del copernicanesimo fin dall'inizio dei suoi studi e in seguito, grazie all'uso del
telescopio, egli pervenne ad alcune importanti scoperte, comunicate nel "Sidereus nuncius" nel 1610.

Il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" venne scritto in forma dialogica e in fiorentino, per
diffondere l'opera. Galileo ha bisogno di personaggi dietro cui nascondersi per pubblicare le sue tesi, in
quanto sarebbe entrato in collisione con la chiesa, che aveva paura che cambiasse il modo di vedere il
mondo e di mettere in discussione che Dio fosse perfetto. Dunque sceglie Simplicio dalla mentalità
conservatrice e tradizionalista, per rappresentare il papa Urbano VIII; Salviati che incarna l'intelligenza
anticonformista, per rappresentare Copernico; Sagredo che rappresenta un tipo di personalità portata a
simpatizzare entrambe le dottrine. Il dialogo è diviso in 4 giornate:

1) Galilei pone sotto accusa la distinzione aristotelica tra l mondo celeste e quello terrestre;

2) è dedicata alla confutazione degli argomenti contro il moto della Terra;

3) viene dimostrato il moto di rotazione della Terra;

4) Galilei espone la sua dottrina delle maree.

Nella lettera a Don Benedetto Castelli , Galilei parla di sensate esperienze e necessarie dimostrazioni: la
prima indica il momento osservativo-induttivo della scienza o momento sperimentale; la seconda indica i
ragionamenti logici condotti su base matematica che portano a delle ipotesi in seguito da verificare. Nel
primo caso si parla di induzione, cioè dall'osservazione si scoprono le leggi che regolano i fenomeni; nel
secondo caso si parla di deduzione, che si basa più sui ragionamenti.

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