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KIERKEGARD

Tende a ridurre l’intera esistenza alla possibilità, mettendone in luce i caratteri negativi di ognuna
di esse, poiché qualunque possibilità minaccia il nulla (può essere sia “possibilità-che-sì, ma anche
“possibilità-che-non”). Egli vive e scrive sotto il segno di questa minaccia, per questo viene
nominato “il discepolo dell’angoscia”, che sente gravare su di sé tutte le alternative negative.

Il punto zero è l’indecisione permanente, l’equilibrio instabile tra le opposte alternative (tra il
caldo e il freddo), una condizione di indecisione. L’impossibilità di ridurre la propria vita a un
compito preciso, di attuarsi in una possibilità unica, induce il filosofo a riconoscere che la propria
personalità è una condizione di indecisione e instabilità.

Una seconda caratteristica della sua filosofia è lo sforzo di chiarire le possibilità fondamentali che
si offrono all’uomo, ovvero gli stadi della vita che rappresentano le alternative fondamentali
dell’esistenza; per questo motivo la sua attività è contemplativa.

Il terzo elemento portante della sua filosofia è la concezione della fede e del cristianesimo, unica
religione e ancora di salvezza.

CRITICA A HEGEL

La filosofia hegeliana per lui è antitetica e illusoria. Kierkegard presenta l’istanza del singolo, e
contesta Hegel di aver trasformato il genere dell’uomo in genere animale (il genere è superiore al
singolo), in realtà il genere umano presente la caratteristica tale che il singolo è superiore al
genere.

Egli afferma che la verità “è tale solo quando lo è per me”, non è dunque l’oggetto del pensiero,
ma il processo con cui l’uomo se ne appropria: l’appropriazione della verità è la verità. Alla
riflessione oggettiva contrappone una soggettiva, connessa con l’esistenza, in cui l’uomo è
direttamente coinvolto; per questo non è oggettiva e disinteressata, ma appassionata.

Egli sostiene anche la differenza qualitativa che c’è tra infinito e finito, contestando il panteismo
idealistico.

L’idealismo hegeliano abolisce l’individuo, in quanto lo priva della capacità di pensare, sostenendo
che è il pensiero a pensare se stesso attraverso l’individuo, e che quando l’uomo pensa
all’assoluto, perde la sua individualità diventando assoluto. Tutto ciò per Kierkegard è
inaccettabile. Hegel avvia la propria riflessione con la posizione astratta di idea di essere, ma chi
pensa tale idea? In Hegel manca il soggetto concreto del pensiero. L’annientamento hegeliano
dell’individuo è una posizione anti-cristiana (errore etico di Hegel).

La posizione di Kierkegard della scelta individuale, non equivale a negare che la storia e politica le
influenzino, piuttosto afferma che l’individuo si inserisce in essi. Gli stessi valori sono interiori, e
non possono attuarsi in maniera oggettiva nella storia, ma solo nel soggetto che agisce. Per questo
motivo la storia non deve essere intesa come mezzo di attuazione dell’assoluto, ma come il farsi
incerto dell’individuo.
La dialettica di Kierkegard è qualitativa, poiché non si sviluppa da un vuoto gioco di pensiero, ma
dalla concretezza della vita, e si compie nell’impostazione di un aut-aut. È un’opposizione tra due
contrari, che non trova mai conciliazione.

GLI STADI DELL’ESISTENZA

Il libro Aut-aut, presenta i due stadi fondamentali della vita: estetica e morale. Il titolo dimostra
quanto tra i due stadi della vita vi sia un “abisso”. Ogni stadio si presenta come un’alternativa che
esclude l’altra.

Lo stadio estetico è forma di vita di chi esiste nell’attimo irripetibile; l’esteta si rapporta alle
situazione della vita come fossero frutto dell’immaginazione poetica. La vita estetica non tollera
una vita regolare e monotona e ha come soggetto il Don Giovanni. La vita estetica tuttavia
conduce per forza alla noia e alla disperazione, che è il sinonimo dell’ansia di avere una vita
diversa; ciò dipende nell’incapacità del Don Giovanni di trovare nella donna il piacere di
realizzazione.

Lasciandosi andare alla disperazione si raggiunge con un salto la vita etica.

Lo stadio etico nasce dalla disperazione, e implica una stabilità e continuità, che la vita estetica
esclude; è il dominio del dovere e della fedeltà a se stessi. Nella vita etica l’uomo si adegua
all’universale. Il protagonista di questa vita e il marito. Le espressioni dell’eticità sono matrimonio
e lavoro (l’individuo etico lavora con piacere, perché il lavoro lo mette in relazione con altre
persone). La scelta della vita etica è una scelta assoluta, la scelta della scelta. In virtù della scelta
l’individuo non può rinunciare alla propria storia, neanche agli aspetti più brutti; qui nasce il
pentimento.

Arrivato al pentimento si passa dalla vita etica a quella religiosa.

La vita religiosa ha come soggetto Abramo. Egli riceve da Dio l’ordine di uccidere suo figlio; questo
sacrificio non è comandato da esigenza morale, ma da comando divino, anche se contrasta la
legge morale. L’uomo di fede sceglie di seguire i comandi divini anche a costo di infrangere la legge
morale, rompendo con gli altri uomini. La vita religiosa è il dominio della solitudine. Da ciò deriva il
carattere rischioso di tale vita. La fede è un paradosso e una contraddizione in quanto Cristo si
deve riconoscere come Dio, ma muore come gli uomini. Se da un lato è il singolo uomo a dover
scegliere, dall’altro ogni iniziativa umana è esclusa perché Dio è tutto e da lui deriva anche la fede.

L’ANGOSCIA

Analizza le situazioni di radicale incertezza e dubbio in cui l’uomo si trova. L’angoscia è la


condizione generata nell’uomo dal possibile, ed è connessa con il peccato. L’angoscia è il puro
sentimento della possibilità. Non è né necessità, né libertà astratta, ma libertà finita, che si
identifica con il sentimento della possibilità.
La connessione tra angoscia e possibile, si rivela con quella tra possibile e avvenire: il possibile
corrisponde solo all’avvenire, al futuro; il passato genera angoscia solo se c’è la possibilità che si
ripeta nel futuro.

L’angoscia è inoltre legata alla condizione umana: se l’uomo fosse angelo o bestia non la
conoscerebbe.

Kierkegard collega l’angoscia al principio dell’infinità che esprime “nel possibile, tutto è possibile”,
anche il negativo. Per questo ogni possibilità favorevole è annientata dall’infinito numero delle
possibilità sfavorevoli. Quindi l’infinità delle possibilità rende l’angoscia insuperabile.

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