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2.4.6.5 Ecosistema fiume Tione..............................................................................................................................................282
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QUADRO AMBIENTALE
Nell’ambito di questo quadro sono stati affrontati i seguenti aspetti:
- descrizione dell’attuale qualità delle componenti ambientali interferite dal progetto;
- individuazione delle azioni e/o caratteristiche delle opere quali potenziali cause di
impatto (diretto e indiretto) sulle diverse componenti ambientali.
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1 USO DEL SUOLO
La conoscenza della tipologia, struttura e densità delle associazioni vegetali, delle colture e
delle forme di inserimento presenti nelle varie aree del suolo, ha grande importanza nel campo
della pianificazione sia per mettere in evidenza i caratteri essenziali del paesaggio naturale ed
antropizzato, sia per valutare il grado di efficienza di azioni quali la regimazione delle acque, la
difesa del suolo e l’utilizzazione agraria e forestale.
L’area di progetto è sita in Comune di Vigasio e come prima operazione è stata individuata
un’area centrata sulla zona d’intervento per poter caratterizzare anche l’intorno dell’area di
progetto. Il buffer di analisi è rappresentato da un buffer rettangolare centrato sull’ambito di
progetto.
Per la valutazione della copertura del suolo sono stati utilizzati i dati della Corine Land Cover
(abbreviata in CLC) del 2006, tratti dal Geoportale della Regione Veneto.
Il programma CORINE (Coordinated Information on the European Environment) è stato istituito,
a livello comunitario, nel 1985 allo scopo di raccogliere, coordinare e garantire l’uniformità dei
dati sullo stato dell’ambiente nell’intera Europa. Il programma ha realizzato un riferimento
cartografico comune (Land Cover Map) basato sull’interpretazione d’immagini da satellite
Landsat.
La Carta della Copertura del Suolo, realizzata nel Progetto Corine è stata realizzata attraverso
l’interpretazione d’immagini Landsat MSS, TM di più periodi (le più recenti sono datate 2006-
2007), Spot XS, affiancate dalla fotointerpretazione d’immagini pancromatiche. La dimensione
minima dell’area cartografata è di 25 ha, corrispondente, alla scala di 1:100.000, ad un
quadrato di 5x5 mm; non sono rappresentati gli oggetti lineari di larghezza inferiore ai 100 m
(1 mm sulla carta). La restituzione cartografica è alla scala 1:100.000.
Il criterio gerarchico che caratterizza il sistema di nomenclatura CLC2000 (CORINE LAND
COVER 2000) è quello più utilizzato nelle classificazioni dei tipi di copertura e d'uso del suolo:
esso consente, infatti, di dettagliare progressivamente le categorie sfruttando il diverso grado
di risoluzione a terra delle fonti d'informazione. Al contempo, quest’approccio classificatorio si
presta bene ad essere utilizzato ai diversi livelli della pianificazione.
In Italia, il 3° livello CLC per le categorie delle superfici agricole utilizzate, territori boscati e
ambienti semi-naturali è stato implementato al 4° livello in grado di restituire una lettura di
maggior dettaglio di queste categorie di uso e copertura del suolo. Come tale, l'impianto
generale della classificazione tematica proposta è dunque quello gerarchico a disaggregazione.
Nel Novembre del 2004 il Management Board dell’AEA, a seguito delle discussioni tra gli Stati
Membri, l’Unione Europea e le principali istituzioni della stessa (DG ENV, EEA, ESTAT e JRC), ha
valutato la possibilità di aumentare la frequenza di aggiornamento del Corine Land Cover ed ha
avviato un aggiornamento del CLC, riferito all’anno 2006 e sviluppato nell’ambito dell’iniziativa
Fast Track Service on Land Monitoring (FTSP) del programma Global Monitoring for
Environment and Security (GMES).
Con questo progetto si è inteso realizzare un mosaico Europeo all’anno 2006 basato su
immagini satellitari SPOT-4 HRVIR, SPOT 5 HRG e/o IRS P6 LISS III, ed è stata derivata dalle
stesse la cartografia digitale di uso/copertura del suolo all’anno 2006 e quella dei relativi
cambiamenti.
Operativamente, l’aggiornamento al 2006 della base informativa CLC si distacca dai precedenti
prodotti, in quanto lo strato vettoriale risultante è il prodotto dell’intersezione dei cambiamenti
fotointerpretati tra il 2000 ed il 2006 con lo strato vettoriale CLC2000. Utilizzando questo
approccio si pretende, inoltre, di identificare e correggere eventuali errori di classificazione
presenti nello strato CLC 2000.
Di seguito si riporta un’elaborazione della copertura del suolo del buffer dall’area interessata
dal progetto in esame.
Da tale elaborazione si ricava che l’ambito interessato dalle compagini di progetto è
classificato prevalentemente come 2.1.2. Seminativi in aree irrigue ed in minima parte come
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2.3.1 Prati stabili (foraggiere permanenti); l’ambito, inoltre, interseca i corsi d’acqua (5.1.1
Corsi d’acqua, canali e idrovie) e le fasce vegatate lungo gli stessi (3.1.1 Boschi di latifoglie e
3.2.2 Brughiere e cespuglieti), per connettersi a 1.2.2 Reti stradali, ferroviarie e infrastrutture
tecniche.
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Figura 1/II: Carta dell’uso del suolo - CLC 2006 Livello 2.
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1. SUPERFICI ARTIFICIALI
1.1. Zone urbanizzate di tipo residenziale
1.1.2. Zone residenziali a tessuto discontinuo e rado
1.1.3. Strutture residenziali isolate
1.2. Zone industriali, commerciali ed infrastrutturali
1.2.1. Aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati
1.2.2. Reti stradali, ferroviarie e infrastrutture tecniche
1.3. Zone estrattive, cantieri, discariche e terreni artefatti e abbandonati
1.3.3. Cantieri
1.3.4. Aree in attesa di una destinazione d'uso
1.4. Zone verdi artificiali non agricole
1.4.1. Aree verdi urbane
1.4.2. Aree ricreative e sportive
2. SUPERFICI AGRICOLE UTILIZZATE
2.1. Seminativi
2.1.2. Seminativi in aree irrigue
2.1.3. Risaie
2.2. Colture permanenti
2.2.1. Vigneti
2.2.2. Frutteti e frutti minori
2.2.4 Arboricoltura da legno
2.3. Prati stabili (foraggiere permanenti)
2.3.1. Prati stabili (foraggiere permanenti)
2.3.2 Superfici a prato permanente ad inerbimento spontaneo, comunemente non lavorata
2.4 Zone agricole eterogenee
2.4.2. Sistemi colturali e particellari complessi
3. TERRITORI BOSCATI E AMBIENTI SEMI-NATURALI
3.1. Zone boscate
3.1.1. Boschi di latifoglie
3.2. Zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea
3.2.2. Brughiere e cespuglieti
5. CORPI IDRICI
5.1. Acque continentali
5.1.1. Corsi d’acqua, canali e idrovie
5.1.2. Bacini d’acqua
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2 FATTORI E COMPONENTI AMBIENTALI PERTURBATI DAL PROGETTO
NELLE SUE DIVERSE FASI
2.1 Atmosfera
2.1.1 Caratterizzazione climatologica e meteorologica dell’area
L’area interessata dal Progetto è individuata dalle coordinate geografiche 45° 19’ Nord e 10°
55’ Est. Il sito si trova ad una quota altimetrica di circa 110 m sul livello del mare, nella parte
nord dell’alta Pianura Padana, circa 20 km in linea d’aria a sud - ovest del lago di Garda.
Le caratteristiche climatologiche del sito sono determinate in maniera sostanziale dal quadro
territoriale di scala regionale in cui esso è inserito, un contesto che presenta caratteristiche
uniche, dal punto di vista climatologico, indotte dalla conformazione orografica dell'area. Si
tratta di una vasta pianura circondata da catene montuose (le Alpi a Nord e ad Ovest, gli
Appennini a Sud) che, raggiungendo quote elevate, determinano peculiarità climatologiche dal
punto di vista sia fisico sia dinamico. Soprattutto nelle aree lontane dalle grandi aree lacustri e
dalle coste dell’alto Adriatico, il clima assume infatti un carattere continentale. Secondo la
classificazione climatica di Köppen il clima della Pianura Padana è di tipo Subtropicale Umido
“temperato senza stagione secca e con estate calda” (Cfa).
Dal punto di vista dinamico, la catena alpina svolge una funzione di barriera orografica nei
confronti delle correnti fredde provenienti dalle regioni artiche dell'Europa settentrionale e
delle masse d'aria umide e temperate provenienti dall'Atlantico settentrionale. La chiusura del
sistema Alpi-Pianura-Appenini determina la prevalenza di situazioni di occlusione ed un
generale disaccoppiamento tra le circolazioni nei bassissimi strati atmosferici e quelle degli
strati superiori. L’area risulta così soggetta a subsidenza atmosferica, con ristagno d'aria nei
bassi strati, e quindi ad un marcato riscaldamento estivo e ad un forte raffreddamento
invernale che la distingue nettamente sia dalle altre zone della penisola italiana, sia dalle aree
limitrofe della Francia sud-orientale, della Svizzera e dell'Austria. Le caratteristiche di limitata
estensione e profondità del mar Adriatico non consentono, inoltre, lo sviluppo di azioni
mitiganti dall’intensità analoga a quelle esercitate dal Mar Tirreno, ampio e profondo, sul
versante occidentale della Penisola italiana.
Le principali caratteristiche fisiche sono quindi riassumibili in un clima dalle caratteristiche
continentali, un debole regime anemologico e condizioni persistenti di stabilità atmosferica. Il
carattere continentale del clima della pianura padana è costituito da inverni rigidi ed estati
calde. L’umidità relativa dell'aria è sempre piuttosto elevata, con valori massimi nei mesi
invernali. Le precipitazioni di norma sono poco frequenti e concentrate in primavera ed
autunno. La ventilazione è scarsa in tutti i mesi dell’anno. Durante l’inverno la circolazione di
masse d’aria al suolo è scarsa, la temperatura media è piuttosto bassa e l'umidità relativa è
generalmente molto elevata, condizioni che consentono una frequente presenza di nebbia che,
nei i mesi più freddi, può persistere per l’intera giornata e per più giorni consecutivi.
Occasionalmente, in questa stagione sono possibili giornate più secche ma comunque sempre
rigidissime, indotte dall’intrusione in Pianura di venti freddi orientali, tra cui Bora e Buran. Alla
prima possono essere associate perturbazioni fredde provenienti dalle zone polari, portatrici di
maltempo con temperature bassissime e neve. Talvolta, venti di foehn (correnti di aria secca
che si riscaldano scendendo dai rilievi nella zona centro-occidentale della pianura Padana),
presenti specie in prossimità delle Prealpi tra dicembre e maggio con massimo in marzo,
possono raggiungere il suolo, generando effetti positivi sul ricambio della massa d'aria nel
bacino padano. In alcune occasioni essi possono permanere in quota, determinando intensi
fenomeni di accumulo degli inquinanti, per compressione degli strati d'aria sottostanti e
l’induzione di una inversione di temperatura in quota. In estate invece l'effetto cuscinetto della
Pianura Padana produce effetti opposti, favorendo il ristagno di aria calda e umida che produce
alte temperature connesse a tassi di umidità altissimi che causano giornate molto calde ed
afose, specialmente in presenza dell'anticiclone africano.
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L'inversione termica rappresenta un altro fenomeno molto frequente nella valle Padana. Tale
termine indica un cambio di segno nel gradiente lungo il profilo della temperatura che, in
assenza di inversione, si presenta decrescente con la distanza dal suolo. L’inversione può
essere dovuta ad un andamento decrescente della temperatura dell'aria avvicinandosi al
terreno oppure, ad un aumento del parametro con la quota. Se l'aumento di temperatura parte
dal suolo, per irraggiamento notturno in condizioni di cielo sereno o poco nuvoloso e di calma
di vento o di vento debole, si ha inversione da irraggiamento con base al suolo; se l'aumento di
temperatura lo si incontra a partire da una certa quota sul suolo si ha l'inversione con base in
quota, come nel caso di subsidenza anticiclonica. Nei mesi invernali si hanno spesso
combinazioni di inversione con base al suolo con inversioni da subsidenza, in questo caso lo
spessore della colonna d’aria interessata dal fenomeno può essere assai superiore a quello
della semplice inversione da irraggiamento con base al suolo. Dopo l'alba, la radiazione solare
aumenta l’energia presente in atmosfera, inducendo moti turbolenti che erodono
progressivamente l'inversione a partire dal suolo. Al tramonto, il progressivo raffreddamento
del terreno comporta un rapido raffreddamento dell’aria sovrastante, con la creazione di un
nuovo piede d’inversione al suolo.
L’andamento climatologico dei principali parametri meteoclimatici nell’area è ben descritto
dalla serie storica registrata dalla postazione dell’Aeronautica Militare1 di Verona – Villafranca,
posta nelle vicinanze del sito oggetto di studio, e relativa al clino di riferimento, ovvero il
trentennio 1971-2000.
Dato che si prevede che l’influenza ed il contributo, in termini di concentrazioni al suolo,
dell’area di Progetto possa essere relativamente esteso, si è deciso di effettuare un’analisi
meteorologica di dettaglio (attraverso lo studio e l’esame di un anno meteorologico completo)
su un’area che misura un raggio di 8-10 km, tenendo come centro la localizzazione del
progetto stesso.
A tale scopo si sono utilizzate le stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e
Mantova Centro, relative all’anno 2009, per ricostruire il quadro clima-meteorologico di
dettaglio dell’area (vedasi la figura seguente). L'anno 2009 è stato preso come anno di
riferimento per la climatologia della zona rispetto alla serie storica.
Per l’interpolazione e l’elaborazione delle stazioni meteo di dettaglio si è utilizzato il modello
meteorologico diagnostico CALMET, di cui si fa una breve descrizione nel paragrafo successivo.
1
www.meteoam.it
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Figura 2.1.1/I: ubicazione delle stazioni meteo e rappresentazione dell’area di studio
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sinottici per calcolare una velocità verticale forzata dal terreno e soggetta ad una funzione
esponenziale di smorzamento dipendente dalla classe di stabilità atmosferica. In secondo
luogo, sono introdotti gli effetti dell’orografia sulle componenti orizzontali del vento mediante
l'applicazione iterativa di uno schema di minimizzazione della divergenza sul campo
tridimensionale fino al soddisfacimento del vincolo di minima divergenza:
∂u ∂v ∂w
+ + <ε
∂x ∂y ∂z
Dove u, v sono le componenti orizzontali del vento (x e y), w la velocità verticale ed ε è il valore
massimo assegnato alla divergenza.
Dopo averne elaborato gli effetti termodinamici, il campo passa alla seconda fase procedurale
che introduce i dati osservati nelle stazioni meteo di riferimento, al suolo ed eventualmente in
quota, in modo da ottenere il campo nella sua versione finale. L'introduzione dei dati osservati
è effettuata tramite una procedura d’analisi oggettiva. L’attribuzione di pesi, inversamente
proporzionali alla distanza tra punto e stazione di misura, garantisce l'ottenimento di un campo
che riflette maggiormente le osservazioni in prossimità dei punti di misura e che è dominato
dal campo di primo passo nelle zone prive d’osservazioni. Infine, il campo risultante è
sottoposto ad un’operazione di smoothing e di ulteriore minimizzazione della divergenza.
Il modello CALMET è infine parte del sistema CALPUFF per la diffusione di inquinanti. Il sistema
é costituito da tre modelli principali CALMET, CALPUFF e CALPOST e da un insieme di
preprocessori che hanno lo scopo di permettere al sistema l’utilizzazione dei dati di routine
Americani sia meteorologici che geofisici. Se tali dati non sono adattabili ai domini di calcolo
scelti (come nel caso di domini esterni agli Stati Uniti) occorrerà preparare apposi file di input
(con appositi formati).
Il modello CALMET produce una ricostruzione diagnostica oraria tridimensionale del campo di
vento e può essere utilizzato sia come input meteorologico al modello di diffusione CALPUFF (e
da altri modelli diffusivi) che come modello a sè.
Nel primo caso permetterà di inserire nel calcolo della diffusione le caratteristiche legate alle
particolarità specifiche del territorio (orografia complessa, presenza di coste, uso del suolo ...)
in quanto tali caratteristiche si ripercuotono sulla meteorologia calcolata. Questo è lo scopo
principale del modello e ne rappresenta il modo di utilizzo più efficace.
Nel secondo caso il modello produrrà un campo di vento in formato binario che potrà essere
analizzato ed estratto in formato utilizzabile per scopi di rappresentazione grafica.
Nel nostro caso, il dominio meteorologico risulta completamente definito dalle seguenti
caratteristiche:
• sistema di coordinate: UTM32, datum WGS84;
• coordinate dello spigolo SW: 640,40 km Est; 5.001,23 km Nord
• numero di celle in direzione Est e Nord: 21 x 27
• superficie complessiva: 21km x 27km = 567 km2
• dimensione della singola cella: 1.000x1.000 m2
• numero livelli verticali: 7
• quote facce livelli verticali:10, 30,100, 200, 500, 1.000, 2.000 msls.
I livelli verticali sono stati dedicati in particolare alla ricostruzione dei flussi negli strati più bassi
dell’atmosfera, dove avverranno effettivamente il trasporto e la dispersione delle emissioni
(ovvero emissioni areali e diffuse).
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Definizione dei livelli dei layer verticali
2500
2000
1500
msls
1000
500
0
639 641 643 645 647 649 651 653 655 657 659 661 663 665 667 669 671 673 675 677 679 681 683
X, UTM
Figura 2.1.1/II: Definizione dei livelli dei layer verticali, considerati nel presente studio
Nelle figure seguenti è rappresentata l’area di studio ed il modello digitale del territorio (DTM)
calcolato con CALMET.
130
125
120
115
110
105
100
95
90
85
80
75
70
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
Pressione atmosferica
La pressione atmosferica è la pressione presente in qualsiasi punto dell'atmosfera terrestre.
Nella maggior parte dei casi il valore della pressione atmosferica è equivalente alla pressione
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idrostatica esercitata dal peso dell'aria presente al di sopra del punto di misura. Le aree di
bassa pressione hanno sostanzialmente minor massa atmosferica sopra di esse, viceversa aree
di alta pressione hanno una maggior massa atmosferica. Analogamente, con l'aumentare
dell'altitudine, il valore della pressione decresce. Al livello del mare il volume di una colonna
d'aria della sezione di 1 cm² ha un peso di circa 1,03 kg. Ne consegue che una colonna d'aria
della superficie di 1 m², pesa approssimativamente 10,3 tonnellate. Il valore della pressione
atmosferica varia anche in funzione della temperatura e della quantità di vapore acqueo
contenuto nell'atmosfera e decresce con l'aumentare dell'altitudine, rispetto al livello del mare,
del punto in cui viene misurata.
La pressione atmosferica normale o standard è quella misurata alla latitudine di 45°, al livello
del mare e ad una temperatura di 15°C, che corrisponde ad una colonna di mercurio di 760
mm. Nelle altre unità di misura corrisponde a:
Le figure successive mostrano i dati relativi alla pressione atmosferica registrata nella stazione
AM di Verona Villafranca ed i dati registrati alla stazione ARPAV di riferimento per il Veneto, a
Cavallino Treporti (VE) che è posta alla quota 0,0 mslm.
Si nota che i valori più bassi di pressione si registrano principalmente in primavera ed in estate
(1.014 e 1.015 mbar).
In via generale si nota che i valori invernali ed autunnali sono più bassi rispetto alla serie
storica, mentre i valori delle altre stagioni risultano in linea con la serie storica, con alcune
limitate anomalie nei mesi estivi.
1019
1017
1015
1013
1011
1009
1007
1005
GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC
Figura 2.1.1/IV: Stazione AM Verona Villafranca – andamento medio mensile della pressione atmosferica
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Pressione atmosferica mensile - anno 2009
1021.0
1019.0
1017.0
P atm, mbar 1015.0
1013.0
1011.0
1009.0
1007.0
1005.0
GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC
Figura 2.1.1/V: Stazione ARPAV di Cavallino Treporti (VE) – andamento orario della pressione atmosferica
1018
1017
1016
1015
1014
1013
1012
Inverno Primavera Estate Autunno
Figura 2.1.1/VI: Stazione AM Verona Villafranca – andamento medio stagionale della pressione atmosferica
1018.0
1017.0
P atm, mbar
1016.0
1015.0
1014.0
1013.0
1012.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/VII: Stazione ARPAV di Cavallino Treporti (VE) – andamento stagionale della pressione atmosferica
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Temperatura
In senso stretto, la temperatura non costituisce una vera e propria grandezza fisica (per
esempio non ha senso dire che un corpo ha una temperatura doppia di quella di un altro). La
proprietà che il concetto di temperatura intende quantificare può essere ricondotta
essenzialmente a una relazione d'ordine fra i sistemi termodinamici rispetto alla direzione in
cui fluirebbe il calore se fossero messi a contatto.
La temperatura dell’aria è, quindi, una misura di una serie di fattori che concorrono a
determinarne l’effetto finale: la radiazione solare in primis, l’umidità e la presenza di vapore
acqueo nell’aria, ecc…
Le figure successive mostrano l’andamento delle temperature massime e minime in regione
Veneto, mostrando per l’area di interesse rispettivamente valori pari a 28 e 0 °C.
Figura 2.1.1/VIII: Andamento delle temperature massime in Regione Veneto, nel trentennio 1971-2000
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Figura 2.1.1/IX: Andamento delle temperature minime in Regione Veneto, nel trentennio 1971-2000
Le figure successive mostrano dati relativi alla stazione AM di Verona Villafranca per il clino 71-
00 e dati delle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro per l’anno
2009.
Il differenziale termico tra le stazioni è minimo e risente principalmente dell’orografia e della
continentalità in cui la stessa è posta; difatti la stazione di Mantova (essendo quella posta nella
zona più centrale della Pianura Padana) è quella in cui si registra la temperatura con la media
più bassa rispetto alle altre: il clima continentale in quel punto si fa sentire maggiormente.
Ovviamente il tutto è relativo dato che la media annuale risulta più alta di soli 0,5°C.
Mediamente i mesi più caldi sono luglio ed agosto e i più freddi gennaio e dicembre.
Le temperature medie stagionali sono in linea con la serie storica (clino 71-00).
Per quanto riguarda l’andamento giornaliero, si nota l’andamento sinusoidale nelle 24 ore: i
picchi di temperatura si hanno intorno alle 13-14 in inverno ed intorno alle 16-17 in estate.
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Temperatura media mensile - trentennio 71-00 a Verona
Villafranca
35.00
30.00
Temperatura, °C 25.00
20.00
T min (media)
15.00
T max (media)
10.00
T media
5.00
0.00
APR
NOV
MAR
LUG
SET
GEN
MAG
OTT
DIC
GIU
FEB
AGO
-5.00
Figura 2.1.1/X: Stazione AM Verona Villafranca – andamento della temperatura media mensile dal 1971 al 2000.
25.0
Temperatura, °C
20.0
Buttapietra
15.0
Villafranca
10.0 Mantova
Progetto
5.0
0.0
Figura 2.1.1/XI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento delle
temperature medie mensile nel 2009.
25.00
20.00
Temperatura, °C
min
15.00
media
10.00
max
5.00
0.00
Inverno Primavera Estate Autunno
-5.00
Figura 2.1.1/XII: Stazione AM Verona Villafranca – andamento della temperatura media stagionale dal 1971 al 2000.
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Temperatura media stagionale - anno 2009
30.0
25.0
Temperatura, °C
20.0
Buttapietra
15.0 Villafranca
Mantova
10.0
Progetto
5.0
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XIII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento delle
temperature medie mensile nel 2009.
2007 1989
20.00 1986
1954 2004 T min (assoluta)
1974
10.00 1974
19731976 1997 T max (assoluta)
1995
0.00 1953
APR
MAR
LUG
SET
NOV
GEN
DIC
MAG
OTT
FEB
GIU
AGO
-10.00
2005 1975
-20.00 2009
19851956
-30.00
Figura 2.1.1/XIV: Stazione AM Verona Villafranca – andamento delle temperature massime e minime registrate nel
periodo dal 1951 al 2009.
10
5
0 gg gelo (T<0°C)
APR
LUG
MAR
NOV
DIC
GEN
SET
MAG
OTT
FEB
GIU
AGO
-5 gg calura (T>30°C)
-10
-15
-20
-25
Figura 2.1.1/XV: Stazione AM Verona Villafranca – numero medio dei giorni di calura e di gelo registrati nel trentennio
dal 1971 al 2000.
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Andamento giornaliero della temperatura - calcolo CALMET nei pressi
dell'area del Progetto
35
30
25
20 01-gen
01-mar
°C
15
01-giu
10 01-set
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
-5
Figura 2.1.1/XVI: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, dell’andamento giornaliero della
temperatura.
20
15
10
5
0
-5 inverno primavera estate autunno
-10
Figura 2.1.1/XVII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, del box plot stagionale della
temperatura.
Umidità
L’umidità relativa è un valore che indica il rapporto percentuale tra la quantità di vapore
contenuto da una massa d'aria e la quantità massima (cioè a saturazione) che il volume d'aria
può contenere nelle stesse condizioni di temperatura e pressione. Alla temperatura di rugiada
l'umidità relativa è, per definizione, del 100%. L'umidità relativa è un parametro dato dal
rapporto tra umidità assoluta e l'umidità di saturazione. È svincolato dalla temperatura e dà
l'idea del tasso di saturazione del vapore atmosferico, e delle ripercussioni sui fenomeni
evapotraspirativi delle colture. Il deficit di saturazione è dato dalla differenza tra umidità
assoluta e umidità di saturazione.
I valori elevati di umidità relativa (unitamente a basse temperature) sono i maggiori
responsabili della formazione delle nebbie.
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Le figure successive mostrano dati relativi alla stazione AM di Verona Villafranca per il clino 71-
00, e dati delle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro per l’anno
2009.
Per quel che riguarda la serie storica (Villafranca), i valori massimi sono registrati nel trimestre
da novembre a gennaio, e sono prossimi a 85%. L’umidità relativa resta comunque elevata
anche nella restante parte dell’anno, con valori mensili minimi superiori a 70%.
Per quanto riguarda i dati osservati nel 2009 si discostano pochissimo dalle serie storiche,
soprattutto per quel che riguarda i valori medi.
Il differenziale tra le stazioni è minimo e risente principalmente della latitudine e dell’orografia
e della continentalità in cui la stessa è posta; difatti la stazione di Mantova Centro (essendo
quella posta più a sud e quindi nel mezzo della Pianura Padana) è quella in cui si registrano i
valori di umidità relativa più elevati. La media annuale risulta più alta a Mantova Centro di circa
6 punti percentuali rispetto a alla stazione più settentrionale (79% contro 73% di Villafranca e
74% di Buttapietra).
È evidente che i valori più elevati si riscontrano nel periodo invernale e nei territori più
pianeggianti.
Per quanto riguarda l’andamento giornaliero, si nota l’andamento sinusoidale nelle 24 ore: i
valori più alti si registrano nelle prime ore del mattino e nelle ore serali, con un minimo verso le
13-14 più o meno accentuato a seconda della stagione in cui ci si trova.
80
78
76
74
72
70
68
66
GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC
Figura 2.1.1/XVIII: Stazione AM Verona Villafranca – andamento dell’umidità relativa, media mensile dal 1971 al 2000.
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Umidità relativa media mensile - anno 2009
120.0
100.0
Umidità relativa, %
80.0
Buttapietra
60.0
Villafranca
40.0 Mantova
Progetto
20.0
0.0
Figura 2.1.1/XIX: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento dell’umidità
relativa media mensile nel 2009.
80.00
78.00
76.00
74.00
72.00
70.00
68.00
Inverno Primavera Estate Autunno
Figura 2.1.1/XX: Stazione AM Verona Villafranca – andamento dell’umidità relativa, media stagionale dal 1971 al 2000.
70.0
60.0 Buttapietra
50.0 Villafranca
40.0 Mantova
30.0 Progetto
20.0
10.0
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XXI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento dell’umidità
relativa media stagionale nel 2009.
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Andamento giornaliero dell'umidità relativa - calcolo CALMET nei
pressi dell'area del Progetto
120
100
80
01-gen
%
60 01-mar
01-giu
40
01-set
20
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
Figura 2.1.1/XXII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di Progetto, dell’andamento giornaliero
dell’umidità relativa.
100
Umisità relativa, %
80
60
40
20
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XXIII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, del box plot stagionale dell'umidità
relativa.
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100
95
90
85
80
Umidità relativa, %
75
70
65
60
55
50
-10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35
Temperatura dell'aria, °C
Figura 2.1.1/XXIV: Andamento dell’altezza della base delle nubi (msls), al variare dell’umidità relativa e della
temperatura dell’aria.
Le figure successive mostrano dati relativi alle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR)
e Mantova Centro per l’anno 2009.
Il differenziale tra le stazioni è minimo e risente principalmente della latitudine, dell’orografia e
della continenantilità in cui la stessa è posta; difatti la stazione di Mantova Centro (essendo
quella posta più a sud e quindi nel mezzo della Pianura Padana) sono quelle in cui si registrano
i valori di altezza dello strato nuvoloso più bassi, ovvero casi più frequenti di nebbia al suolo. La
media annuale risulta la più bassa a Mantova Centro (circa 560 msls, contro gli oltre 700 msls
di Villafranca e Buttapietra).
È evidente che i valori più elevati si riscontrano nei periodi più freddi e nei territori più
pianeggianti.
Per quanto riguarda l’andamento giornaliero, si nota l’andamento sinusoidale nelle 24 ore: i
valori più bassi si registrano nelle prime ore del mattino e nelle ore serali, con un massimo
verso le 14-15 più o meno accentuato a seconda della stagione in cui ci si trova.
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Altezza delle nubi - media mensile 2009
1400.0
1200.0
600.0 Villafranca
Mantova
400.0
Progetto
200.0
0.0
Figura 2.1.1/XXV: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento dell’altezza
delle nubi media mensile nel 2009.
1000.0
800.0
Buttapietra
600.0
suolo
Villafranca
Mantova
400.0
Progetto
200.0
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XXVI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – andamento dell’altezza
delle nubi media stagionale nel 2009.
Altezza delle nubi, andamento giornaliero - calcolo CALMET nei pressi dell'area
del Progetto
2500
2000
Altezza nubi, msla
1500 01-gen
01-mar
1000 01-giu
01-set
500
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
Figura 2.1.1/XXVII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di Progetto, dell’andamento giornaliero
dell’altezza delle nubi
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Altezza delle nubi, andamento stagionale - Blox Plot nei
pressi del Progetto
4000
3500
Figura 2.1.1/XXVIII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, del box plot stagionale
dell'umidità relativa.
Piovosità
La pioggia è la forma più comune di precipitazione atmosferica e si forma quando gocce
separate di acqua cadono al suolo da delle nuvole. Una parte della pioggia che cade dalle
nuvole non riesce a raggiungere la superficie ed evapora nell'aria mentre cade, specialmente
se attraversa aria secca.
L'ammontare della pioggia caduta si misura in millimetri: una precipitazione di 1 mm equivale
a dire che su una qualunque superficie si è depositata una quantità di acqua uniformemente
alta 1 mm. La misura è indipendente dalla grandezza della superficie considerata.
Le figure successive mostrano dati relativi alla stazione AM di Verona Villafranca per il clino 71-
00 e dati delle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro per l’anno
2009.
Il numero di giorni di pioggia evidenzia la maggiore frequenza primaverile ed autunnale dei
fenomeni, presenti in forma di eventi dalla durata prolungata e dall’intensità non
particolarmente elevata. Tali periodi temporali contribuiscono alla precipitazione totale annua
con i maggiori contributi mensili, pari a circa 85 mm/mese. Un contributo analogo è apportato
anche dal mese di agosto, frutto di eventi temporaleschi di minore durata ma maggiore
intensità.
Per quel che riguarda il raffronto tra la serie storica ed i dati relativi al 2009, è verificabile una
leggera anomalia, visibile nel periodo estivo ed invernale; tali periodi sono stati nel 2009,
rispettivamente, più siccitoso e più piovoso rispetto al clino 71-00.
Il differenziale tra le stazioni è minimo: i giorni di pioggia sono pressocchè gli stessi tra le
stazioni mentre varia leggermente la pioggia cumulata nei mesi di aprile e giugno.
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Figura 2.1.1/XXIX: Andamento della piovosità cumulata in Regione Veneto, nel trentennio 1971-2000
Figura 2.1.1/XXX: Andamento dei giorni di pioggia in Regione Veneto, nel trentennio 1971-2000
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Pioggia cumulata giornalmente - anno 2009
70
60
50
mm/giorno 40
Buttapietra
30
Villafranca
20
Progetto
10
18-set
01-gen
21-gen
10-feb
20-lug
10-giu
30-giu
17-nov
07-dic
27-dic
11-apr
01-mag
21-mag
08-ott
28-ott
09-ago
29-ago
02-mar
22-mar
Figura 2.1.1/XXXI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – pioggia cumulata giornalmente nel 2009.
100.00 10
80.00 8
mm di pioggia
gg di piopggia
60.00 6
40.00 4
20.00 2
0.00 0
Figura 2.1.1/XXXII: Stazione AM Verona Villafranca – andamento della precipitazione cumulata mensile dal 1971 al
2000.
80 Buttapietra
60 Villafranca
40 Progetto
20
0
Figura 2.1.1/XXXIII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – pioggia cumulata mensilmente nel 2009.
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Piovosità media stagionale - trentennio 71-00 a Verona
Villafranca
90.00
80.00
70.00
mm/stagione 60.00
50.00
40.00
30.00
20.00
10.00
0.00
Inverno Primavera Estate Autunno
Figura 2.1.1/XXXIV: Stazione AM Verona Villafranca – andamento della precipitazione cumulata mensile dal 1971 al
2000.
100
Buttapietra
80
Villafranca
60
Progetto
40
20
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XXXV: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – pioggia cumulata stagionalemente nel
2009.
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rapporti tra le due componenti sono in relazione alle condizioni atmosferiche. La radiazione
globale deve essere sempre inferiore a quella massima teorica calcolata al di fuori
dell’atmosfera ma può essere, al limite, uguale ai valori massimi teorici calcolati tenendo conto
dell’atmosfera.
La radiazione diffusa è la componente, misurata su un piano orizzontale, della radiazione solare
che arriva a terra non direttamente dal Sole ma per effetto dell’atmosfera (gas, nubi, ecc..).
La radiazione diretta è la radiazione proveniente solo direttamente dal Sole.
La radiazione riflessa è la radiazione solare riflessa da una superficie entro la banda 0,3 - 3
mm. Il rapporto tra la radiazione riflessa e la radiazione globale dà l’albedo.
La radiazione netta è la differenza tra la radiazione proveniente dal cielo e quella in arrivo dalla
superficie in esame nella banda 0,3 – 60 mm.
Le figure successive mostrano dati relativi alle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR)
e Mantova Centro per l’anno 2009.
Il differenziale tra le stazioni è minimo: la radiazione solare è pressoché identica tra le stazioni
considerate.
È evidente che i valori più elevati si riscontrano nei periodi estivi e nei territori posti più a sud.
I mesi con i valori più alti sono luglio ed agosto.
30
25
20
Buttapietra
15
Villafranca
10
Progetto
5
0
01-ott
01-feb
01-lug
01-ago
01-set
01-gen
01-nov
01-mar
01-giu
01-dic
01-apr
01-mag
Figura 2.1.1/XXXVI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – radiazione solare, media giornaliera, nel
2009.
600
500
Buttapietra
400
Villafranca
300
Progetto
200
100
0
GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC
Figura 2.1.1/XXXVII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – radiazione solare, cumulo mensile, nel
2009.
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25
Radiazione solare media stagionale - anno 2009
20
15
MJ/mq
Buttapietra
10
Villafranca
Progetto
5
0
Inverno Primavera Estate Autunno
Figura 2.1.1/XVIII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – radiazione solare, media giornaliera, nel
2009.
Vento e anemologia
Il vento è l'esito di moti convettivi ed advettivi di masse d'aria.
Il vento è un fenomeno naturale che consiste nel movimento ordinato, quasi orizzontale, di
masse d'aria dovuto alla differenza di pressione tra due punti dell'atmosfera. Per questo
motivo, solitamente, la componente orizzontale del vettore intensità del vento è un ordine di
grandezza (o più) maggiore rispetto alla componente verticale.
In presenza di due punti con differente pressione atmosferica si origina una forza detta forza
del gradiente di pressione o forza di gradiente che agisce premendo sulla massa d'aria per
tentare di ristabilire l'equilibrio. Il flusso d'aria non corre in maniera diretta da un punto
all'altro, cioè con stessa direzione della forza di gradiente, ma subisce una deviazione dovuta
alla forza di Coriolis che tende a spostarlo verso destra nell'emisfero settentrionale e verso
sinistra nell'emisfero meridionale. A causa di questo effetto il vento soffia parallelamente alle
isobare. In questo caso si parla di vento geostrofico. Tuttavia alle basse quote (meno di 600 m)
è necessario tenere anche conto delle variabili micro meteorologiche come ad esempio l'azione
dell'attrito con la superficie terrestre; tale azione è infatti in grado di modificare la direzione del
vento di circa 10° sul mare e 15-30° sulla terra rispetto a quella del vento geostrofico,
rendendo il percorso dall'alta pressione alla bassa pressione più diretto. La velocità del vento, o
meglio la sua intensità, dipende dal gradiente barico, cioè dalla distanza delle isobare.
In via del tutto generale l’intensità del vento aumenta con l’aumentare della quota sul livello
del suolo.
Le figure successive mostrano dati alle stazioni ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e
Mantova Centro per l’anno 2009.
Il filo conduttore tra le stazioni di riferimento considerate è quello di mostrare valori di intensità
del vento bassi, caratterizzate da situazioni di calma molto frequenti. Il 75% dei dati orari è, in
generale, inferiore a 1,5 m/s, mentre la media annuale non supera il valore di 1 m/s.
Lo scostamento tra le stazioni è minimo poichè tutte e 3 rilevano la situazione comune a tutta
la Pianura Padana: velocità del vento molto basse e tendenza molto frequente al ristagno delle
masse d'aria.
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Le classi di frequenza della velocità del vento più numerose sono quelle con la velocità
compresa tra 0 (ovvero situazione di calma di vento) e 1 m/s.
Per quanto riguarda l’andamento giornaliero, si notano picchi di intensità del vento nelle ore
centrali della giornata.
Tabella 2.1.1/I: Indicatori statistici relativi all’intensità del vento, per le stazioni meteo ARPAV di Buttapietra, Villafranca
e Mantova Centro. Tutto è espresso in m/s.
media DVST moda mediana 25 percentile 75 percentile
Buttapietra 0,91 0,90 0,10 0,60 0,20 1,40
Villafranca 0,97 0,91 0,20 0,70 0,30 1,30
Mantova 1,06 0,87 0,37 0,80 0,37 1,48
Figura 2.1.1/XXXIX: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro– rosa dei venti per l'area
di Progetto.
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Velocità e direzione del vento media mensile - Velocità e direzione del vento media mensile -
Buttapietra 2009 Villafranca 2009
250.0 1.6 250.0 1.6
1.4 1.4
Direzione, gradi N
1.2 1.2
150.0 1.0 150.0 1.0
0.8 0.8
direzione direzione
100.0 0.6 100.0 0.6
velocità velocità
0.4 0.4
50.0 50.0
0.2 0.2
0.0 0.0 0.0 0.0
APR
APR
MAR
MAR
LUG
SET
NOV
LUG
SET
NOV
GEN
OTT
DIC
GEN
OTT
DIC
FEB
MAG
GIU
AGO
FEB
MAG
GIU
AGO
Velocità e direzione del vento media mensile - Progetto
2009
250.0 1.6
1.4
1.2
150.0 1.0
0.8
direzione
100.0 0.6
velocità
0.4
50.0
0.2
0.0 0.0
APR
MAR
GEN
LUG
SET
NOV
MAG
OTT
DIC
FEB
GIU
AGO
Figura 2.1.1/XL: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) – velocità e direzioni prevalenti del vento,
medie mensili, per l’anno 2009.
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Figura 2.1.1/XLI: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro– rose dei venti
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Figura 2.1.1/XLII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro – classi di frequenza della
velocità del vento, nei pressi dell'area di Progetto, per l’anno 2009.
2.0
1.5
Buttapietra
Villafranca
1.0
Mantova
0.5 Progetto
0.0
Figura 2.1.1/XLIII: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro– velocità media mensile del
vento nel 2009.
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Velocità media stagionale del vento - anno 2009
1.6
1.4
0.4 Progetto
0.2
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XLIV: Stazioni meteo ARPAV di Buttapietra e Villafranca (VR) e Mantova Centro– velocità media stagionale
del vento nel 2009.
2.5
2
01-gen
m/s
1.5 01-mar
01-giu
1 01-set
0.5
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
Figura 2.1.1/XLV: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di Progetto, dell’andamento giornaliero della
velocità del vento.
5
Velocità del vento, m/s
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XLVI: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, del box plot stagionale dell'intensità
del vento.
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Direzione del vento, andamento stagionale - Box Plot nei
pressi del Progetto
400
Direzione del vento, gradi 350
300
250
200
150
100
50
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.1/XLVII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di progetto, del box plot stagionale della
direzione del vento.
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Figura 2.1.1/XLVIII: Calcolo con CALMET, del campo vettoriale di vento generatosi nell’area di studio. Giorno 26 aprile
2009, ore 6 del mattino.
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Figura 2.1.1/XLIX: Calcolo con CALMET, del campo vettoriale di vento generatosi nell’area di studio. Giorno 26 aprile
2009, ore 7 del mattino.
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Figura 2.1.1/L: Calcolo con CALMET, del campo vettoriale di vento generatosi nell’area di studio. Giorno 26 aprile 2009,
ore 3 del pomeriggio.
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Figura 2.1.1/LI: Calcolo con CALMET, del campo vettoriale di vento generatosi nell’area di studio. Giorno 26 aprile 2009,
ore 11 del pomeriggio.
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Altezza dello strato limite o di rimescolamento
La capacità dispersiva dell’atmosfera è influenzata soprattutto dall’altezza del cosiddetto strato
limite. Lo strato limite o di rimescolamento è la porzione dell’atmosfera in cui il gradiente di
temperatura potenziale è all’incirca nullo, e dove si instaura una circolazione ad area limitata di
grandi strutture coerenti che lo rimescolano costantemente e completamente, consentendo tra
l’altro la dispersione degli inquinanti ed il trasporto in quota del vapor d’acqua per la
formazione delle nuvole.
Beyrich nel 1997 così definiva l’altezza di rimescolamento: “... è l’altezza di quello strato di
atmosfera adiacente al suolo in cui gli inquinanti o ogni altro costituente emesso nel suo
interno o inglobato per entrainment diviene ben rimescolato o per convezione o per turbolenza
meccanica con un tempo di scala dell’ordine dell’ora.”
Visto questo, ecco perché diventa fondamentale determinare con una certa precisione l’altezza
dello strato di rimescolamento, visto che, a fini modellistici, rappresenta il “volume di controllo”
entro cui avvengono la totalità dei fenomeni dispersivi.
L’altezza dello strato limite è influenzata dalla turbolenza meccanica e convettiva. Non potendo
essere misurata direttamente, viene stimata al variare di alcuni parametri fondamentali: dalla
latitudine, dalla velocità del vento, dalla radiazione solare, dalla rugosità del suolo e dal flusso
turbolento di calore al suolo.
Nella figura successiva è mostrato il risultato del calcolo effettuato con CALMET, nell’area
dell’area di Progetto, dell’andamento giornaliero dell’altezza di rimescolamento al variare del
periodo considerato.
Si nota che, in via generale, l’altezza dello strato limite è minima nelle ore notturne, ovvero
quando la radiazione solare è nulla; nei periodi più freddi (gennaio e marzo) l’altezza di
rimescolamento presenta valori più bassi: è il motivo principale per cui in inverno ci sono i
problemi principali di inquinamento urbano, essendo il volume d’aria, in cui avvengono i
fenomeni di diffusione e trasporto degli inquinanti, minore rispetto ad altri periodi dell’anno.
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Calcolo dell'altezza di mescolamento - Calmet nell'area del Progetto
1800
1600
1400
Hmix, metri sul livello del suolo
1200
1000
01-gen
01-mar
800
01-giu
01-set
600
400
200
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
ore
Figura 2.1.1/LII: Anno 2009. Calcolo con CALMET, nei pressi dell’area di Progetto, dell’andamento giornaliero
dell’altezza dello strato limite.
Profili verticali
Come già ribadito diverse volte nel presente capitolo, il processore meteorologico CALMET è in
grado di ricostruire matematicamente il campo tridimensionale delle principali variabili
meteorologiche. Infatti la variabilità di tali parametri non è solamente nel piano xy, ma anche
(e, spesso, soprattutto) al variare della quota sul livello del suolo.
Nelle figure successive sono mostrati, a titolo di esempio, i profili verticali di temperatura
dell’aria, intensità e direzione del vento elaborati da CALMET il 26 aprile 2009, nei pressi
dell’area dell’area di Progetto
In via generale, si nota come il valore della temperatura, nelle ore notturne, aumenti fino alla
quota di circa 200 msls, per poi subire una netta inversione all’aumentare della quota.
L’intensità del vento, invece, cresce (più o meno rapidamente) esponenzialmente
all’aumentare della quota sul livello del suolo.
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Figura 2.1.1/LIII: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 1 del mattino.
Figura 2.1.1/LIV: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 4 del mattino.
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Figura 2.1.1/LV: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 6 del mattino.
Figura 2.1.1/LVI: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 8 del mattino.
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Figura 2.1.1/LVII: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 11 del mattino.
Figura 2.1.1/LVIII: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 20.
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Figura 2.1.1/LIX: Calcolo con CALMET, dei profili verticali di temperatura, intensità e direzione del vento. Giorno 26
aprile 2009, ore 23.
È stato analizzato il clino 71-00 della stazione AM di Verona Villafranca (il cui dato viene preso
come riferimento generale), ed è stato implementato un modello meteorologico di dettaglio per
la definizione esatta della situazione climatologica di un’area che misura 21x27 km, che si
ritiene essere di gran lunga più ampia dell’area di influenza di eventuali impatti sulla
componente atmosferica, considerate le caratteristiche del sito in esame.
Le medie annue e stagionali delle variabili meteorologiche analizzate sono sostanzialmente
concordi con la serie storica (clino 71-00).
Per tale motivo si ritiene che l’effettiva ricostruzione del campo meteorologico tridimensionale
possa essere rappresentativa della meteorologia generale dell’area e quindi utilizzata come
base matematico/fisica per sovrapporre i fenomeni di trasporto e di diffusione di inquinanti
eventualmente emessi dall’area di Progetto.
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2.1.2 Caratterizzazione della qualità dell’aria
Per quanto riguarda la qualità dell’aria ci si è soffermati ad analizzare alcuni componenti
presenti in atmosfera, responsabili dell’inquinamento della qualità dell’aria a seguito di attività
antropiche.
Per effettuare analisi approfondite si sono esaminati i dati relativi alla stazione ARPAV di
Verona Cason: essa è una stazione di cosiddetto “Background Rurale”, ovvero una stazione
nelle cui vicinanze non sono presenti sorgenti emisssive particolari, per cui ben rappresenta il
valore di “fondo” dell’inquinamento nella Provincia di Verona. I dati disponibili sono quelli dal
2004 al 2009. Inoltre si sono analizzati i dati relativi a due stazioni di telerilevamento limitrofe
all'area di Progetto: Villafranca e Bovolone, stazioni, rispettivamente, di Traffico Urbano e di
Background Urbano.
VR - CASON PROGETTO
BOVOLONE
VILLAFRANCA
Figura 2.1.2/I: Posizione delle centraline ARPAV per il monitoraggio della qualità dell'aria
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Polveri sottili
In figura seguente vi è un estratto dello Stato dell’Ambiente 2006 della Provincia di Verona.
Essa mostra le aree a concentrazione omogenea di PM10 e si vede che l’ubicazione dell’area di
Progetto in oggetto ricade nell’ara definita a concentrazione alta di PM10.
Le figure sucessive (5.1.2/III e 5.1.2/IV) mostrano le quantità annuali emesse in atmosfera,
divise per tipologia (da traffico veicolare o da attività industriale). Si vede che l’ubicazione
dell’area di Progetto è in una zona sollecitata per quanto riguarda le emissioni da traffico
veicolare, meno per quel che riguarda il contributo dato dalle attività industriali.
Figura 2.1.2/II: Aree a concentrazione omogenea di PM10 nella Provincia di Verona, (ARPAV – Provincia di Verona 2006,
Rapporto Stato dell’ambiente). Nel riquadro, l’ubicazione dell’area di studio per la caratterizzazione meteocliamtica
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Figura 2.1.2/III: Emissione di polveri sottili dovuti al traffico veicolare, (ARPAV – Provincia di Verona 2006, Rapporto
Stato dell’ambiente). Nel cerchio, l’ubicazione delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei dintorni
dell’area di Progetto
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Figura 2.1.2/IV: Emissione di polveri sottili dovuti all’attività industriale, (ARPAV – Provincia di Verona 2006, Rapporto
Stato dell’ambiente). Nel cerchio, l’ubicazione delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei dintorni
dell’area di Progetto
Le figure successive mostrano i dati registrati alla stazione ARPAV di Verona Cason nel periodo
che va dal 2004 al 2011 .
Si nota come l’andamento stagionale sia molto netto: i periodi freddi (inverno ed autunno) non
contribuiscono alla dispersione naturale degli inquinanti e quindi (unitamente al fatto che in tali
periodi vi è la totalità dei riscaldamenti domestici ed industriali accesi) la media stagionale
risulta molto alta.
La tendenza generale è di un abbassamento dei valori con l’aumentare degli anni, evento
probabilmente dovuto al miglioramento delle combustioni (migliori tecnologie per le caldaie,
rinnovo del parco auto, ecc…) e all’affinarsi di strategie di contenimento del problema.
Si passa da giorni totali di superamento della soglia giornaliera (50 µg/mc) pari a oltre 130
giorni nel 2005 e 2006 a circa 80 giorni/anno dal 2007 in poi.
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Valori medi giornalieri per PM10 - Verona Cason
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2011
250
200
150
ug/mc
100
50
01-ott
01-set
01-gen
01-feb
01-lug
01-ago
01-nov
01-mar
01-dic
01-apr
01-giu
01-mag
Figura 2.1.2/V: Andamento della concentrazione giornaliera di PM10 registrata dal 2004 al 2011 nella centralina ARPAV
di Verona Cason
50.00
40.00 2007
30.00 2008
20.00
10.00 2009
0.00 2010
2011
Figura 2.1.2/VI: Media mensile dell’andamento della concentrazione giornaliera di PM10 registrata dal 2004 al 2011
nella centralina ARPAV di Verona Cason
Figura 2.1.2/VII: Media stagionale dell’andamento della concentrazione giornaliera di PM10 registrata dal 2004 al 2011
nella centralina ARPAV di Verona Cason
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Verona Cason - Polveri sottili - Box Plot della media
giornaliera
250
200
150
100
50
0
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 media
04-11
Figura 2.1.2/VIII: Box plot delle medie annuali delle concentrazioni di PM10 registrate dal 2004 al 2011 nella centralina
ARPAV di Verona Cason
La figura successiva mostra il dato registrato presso la stazione di Bovolone per il 2009, visto
che è l'unico dato a disposizione sia come stazione che come periodo temporale. Si notano,
come prevedibile essendo una stazione di background urbano, valori leggermente più alti
rispetto a quanto registrato a Verona Cason nello stesso anno, con la stessa distribuzione
stagionale.
60.0
50.0
40.0
ug/mc
30.0
20.0
10.0
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/IX: Media stagionale dell’andamento della concentrazione giornaliera di PM10 registrata nel 2009 nella
centralina ARPAV di Bovolone
Ossidi di azoto
Le figure successive mostrano le quantità annuali emesse in atmosfera, divise per tipologia (da
traffico veicolare o da attività industriale). Si vede che l’ubicazione dell’area dell’area di
Progetto è in una zona sollecitata per quanto riguarda le emissioni da traffico veicolare, meno
per quel che riguarda il contributo dato dalle attività industriali.
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Figura 2.1.2/X: Emissione di ossidi di azoto dovuti al traffico veicolare, (ARPAV – Provincia di Verona 2006, Rapporto
Stato dell’ambiente). Nel riquadro, l’ubicazione delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei dintorni
dell’area di Progetto
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Figura 2.1.2/XI: Emissione di ossidi di azoto dovuti all’attività industriale, (ARPAV – Provincia di Verona 2006, Rapporto
Stato dell’ambiente). Nel riquadro, l’ubicazione delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei dintorni
dell’area di Progetto
Le figure successive mostrano i dati registrati alla stazione ARPAV di Verona Cason nel periodo
che va dal 2004 al 2011.
Si nota come l’andamento stagionale sia molto netto: i periodi freddi (inverno ed autunno) non
contribuiscono alla dispersione naturale degli inquinanti e quindi (unitamente al fatto che in tali
periodi vi è la totalità dei riscaldamenti domestici ed industriali accesi) la media stagionale
risulta molto alta.
La tendenza generale (soprattutto negli anni 2010 e 2011) è di un abbassamento dei valori con
l’aumentare degli anni, evento probabilmente dovuto al miglioramento delle combustioni
(migliori tecnologie per le caldaie, rinnovo del parco auto, ecc…) e all’affinarsi di strategie di
contenimento del problema.
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Valori massimi orari per NO2 - Verona Cason
2004 2005 2006 2007 2008 2009
250
200
150
ug/mc
100
50
01-ott
01-feb
01-ago
01-set
01-gen
01-lug
01-giu
01-nov
01-mar
01-mag
01-dic
01-apr
Figura 2.1.2/XII: Andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di azoto. Il valore limite per la
salute umana è 200 µg/mc
50.00
2007
40.00
30.00 2008
20.00
2009
10.00
0.00 2010
2011
Figura 2.1.2/XIII: Media mensile dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di azoto. Il
valore limite per la salute umana è 200 µg/mc
Figura 2.1.2/XIV: Media stagionale dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di azoto.
Il valore limite per la salute umana è 200 µg/mc
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Verona Cason - Biossido di azoto - Box Plot della media
giornaliera
250
200
150
100
50
0
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 media
04-11
Figura 2.1.2/XV: Box plot delle medie annuali delle concentrazioni di NO2 registrate dal 2004 al 2009 nella centralina
ARPAV di Verona Cason
50
40
ug/mc
VILLAFRANCA
30
BOVOLONE
20 DISTRICT (interpolato)
10
0
2007 2008 2009
Figura 2.1.2/XVI: Medie annuali di NO2 registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso l'area di Progetto
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Anno 2009 - Biossido di azoto
60.0
50.0
ug/mc 40.0
VILLAFRANCA
30.0
BOVOLONE
20.0 DISTRICT (interpolato)
10.0
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XVII: Medie stagionali di NO2, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione
presso l'area di Progetto
60.0
50.0
40.0
ug/mc
VILLAFRANCA
30.0
BOVOLONE
20.0 DISTRICT (interpolato)
10.0
0.0
APR
MAR
LUG
NOV
SET
GEN
DIC
MAG
OTT
FEB
GIU
AGO
Figura 2.1.2/XVIII: Medie mensili di NO2, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
80
60
40
20
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XIX: Box Plot per NO2, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
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Le figure successive si riferiscono a valori registrati di NOx (NO+NO2) presso le centraline
ARPAV di Villafranca e Bovolone. Si nota una tendenza generale alla diminuzione della media
annuale e differenza molto marcata tra le concentrazioni registrate nel periodo invernale
rispetto a quello primaverile/estivo..
120
100
80
ug/mc
VILLAFRANCA
60 BOVOLONE
40 DISTRICT (interpolazione)
20
0
2007 2008 2009
Figura 2.1.2/XX: Medie annuali di NOx registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso l'area di Progetto
80.0
VILLAFRANCA
60.0
BOVOLONE
40.0
20.0 DISTRICT (interpolazione)
0.0
Figura 2.1.2/XXI: Medie stagionali di NOx, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione
presso l'area di Progetto
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Anno 2009 - Ossidi di azoto totali
200.0
180.0
160.0
140.0
ug/mc 120.0
100.0 VILLAFRANCA
80.0 BOVOLONE
60.0 DISTRICT (interpolazione)
40.0
20.0
0.0 APR
NOV
MAR
LUG
SET
GEN
MAG
OTT
DIC
GIU
FEB
AGO
Figura 2.1.2/XXII: Medie mensili di NOx, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
250
200
150
100
50
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XXIII: Box Plot per NOx, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
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Valore massimo orario per SO2 - Verona Cason
100
90
80
70
µg/mc 60
50
40 2008
30 2009
20
10
0
01-set
01-gen
01-feb
01-lug
01-nov
01-dic
01-giu
01-apr
01-mag
01-ott
01-ago
01-mar
Figura 2.1.2/XXIV: Andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di zolfo. Il valore limite per la
salute umana è 350 µg/mc
5.00
4.00
2008
3.00
2009
2.00
1.00
0.00
Figura 2.1.2/XXV: Media mensile dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di zolfo. Il
valore limite per la salute umana è 350 µg/mc
5.00
4.00
SO2, ug/mc
3.00 2008
2.00 2009
1.00
0.00
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XXVI: Media stagionale dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il biossido di zolfo.
Il valore limite per la salute umana è 350 µg/mc
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Verona Cason - Anidride solforosa- Box Plot dei massimi
giornalieri
100
90
80
70
60
ug/mc
50
40
30
20
10
0
2008 2009
Figura 2.1.2/XXVII: Box plot delle medie annuali delle concentrazioni di SO2 registrate nel 2008 e nel 2009 nella
centralina ARPAV di Verona Cason
Monossido di carbonio
La figura successiva mostra l’andamento del valore massimo giornaliero della concentrazione
di monossido di carbonio (CO), misurato nel 2008 e nel 2009 nella stazione ARPAV di Verona
Cason. Il valore da non superare per la protezione della salute umana è 10.000 µg/mc, e tale
valore non viene mai superato né nel 2008 né nel 2009. Nello specifico si nota come le
concentrazioni più alte siano durante il periodo invernale. Da notare un leggero miglioramento
nel 2009 rispetto al 2008.
1000
800 2008
600 2009
400
200
0
01-set
01-gen
01-feb
01-lug
01-nov
01-giu
01-dic
01-mag
01-ott
01-apr
01-ago
01-mar
Figura 2.1.2/XXVIII: Andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il monossid0 di carbonio. Il valore
limite per la salute umana è 10.000 µg/mc
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Andamento medio mensile della concentrazione
massima giornaliera di CO - Verona Cason
1,200.00
1,000.00
Co, ug/mc 800.00
600.00
2008
400.00 2009
200.00
0.00
Figura 2.1.2/XXIX: Media mensile dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il monossid0 di
carbonio. Il valore limite per la salute umana è 10.000 µg/mc
500.00
2008
400.00
300.00 2009
200.00
100.00
0.00
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XXX: Media stagionale dell’andamento del valore massimo di concentrazione oraria per il monossid0 di
carbonio. Il valore limite per la salute umana è 10.000 µg/mc
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2008 2009
Figura 2.1.2/XXXI: Box plot delle medie annuali delle concentrazioni di CO registrate nel 2008 e nel 2009 nella
centralina ARPAV di Verona Cason
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Le figure successive si riferiscono a valori registrati di CO presso le centraline ARPAV di
Villafranca e Bovolone. Si nota la medesima tendenza rispetto a quanto registrato a Verona
Cason: tendenza generale alla diminuzione della media annuale ma valori generalmente più
bassi per quanto si tratti di stazioni una di Traffico Urbano e l'altra di Background Urbano.
Questo fatto è probabilmente da interpretarsi con un minor traffico nelle zone di rilevamento
rispetto al volume di traffico nei pressi della città di Verona.
0.5
0.4
mg/mc
VILLAFRANCA
0.3
BOVOLONE
0.2 DISTRICT (interpolazione)
0.1
0
2007 2008 2009
Figura 2.1.2/XXXII: Medie annuali di CO registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso l'area di Progetto
0.6
0.5
mg/mc
0.4 VILLAFRANCA
0.3 BOVOLONE
0.1
0.0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XXXIII: Medie stagionali di CO, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione
presso l'area di Progetto
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Anno 2009 - Monossido di carbonio
1.0
0.9
0.8
0.7
mg/mc 0.6
0.5 VILLAFRANCA
0.4 BOVOLONE
0.3
DISTRICT (interpolazione)
0.2
0.1
0.0
MAG
OTT
GIU
FEB
APR
AGO
MAR
LUG
NOV
SET
GEN
DIC
Figura 2.1.2/XXXIV: Medie mensili di CO, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
2
1.5
1
0.5
0
inverno primavera estate autunno
Figura 2.1.2/XXXV: Box Plot per CO, relative al 2009, registrate a Villafranca e a Bovolone ed interpolazione presso
l'area di Progetto
Sono stati analizzati dati relativi ad una stazione ARPAV di “Background Rurale” (il cui dato
viene preso come riferimento generale) con riferimento ad una serie temporale relativa al
periodo 2003-2009. Per corroborare tale dato si sono analizzati i dati di ulteriori due centraline
ARPAV per il rilevamento della qualità dell'aria, Villafranca e Bovolone, stazioni,
rispettivamente, di Traffico Urbano e di Background Urbano.
Lo stato attuale della qualità dell’aria mostra forti criticità per quanto riguarda le
concentrazioni di polveri e di biossido di azoto. Gli altri elementi presi in esame, anidride
solforosa e monossido di carbonio, mostrano valori di concentrazione non prossimi ai livelli
limite stabiliti dalle normative vigenti.
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2.2 Ambiente Idrico
L’area in esame si situa a circa 17,5 km a sud ovest della città di Verona, ricade all’interno
dell’Autorità Interregionale di Bacino del Fissero – Tartaro – Canalbianco. Tale bacino
idrografico si sviluppa interamente in un ambito di pianura e confina verso Nord con i bacini
idrografico dell’Adige, Brenta – Bacchiglione e Bacino scolante nella laguna di Venezia e verso
Ovest e Sud con il bacino idrografico del fiume Po, interessando una superficie areale di 2.885
km2 tra le provincie di Mantova, Verona, Rovigo e Venezia.
Figura 2.2/I: Bacini idrografici e lineamenti idrografici principali del territorio circostante l’area di progetto (in rosso)
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depositi grossolani dell’Alta Pianura interseca la superficie topografica, determinando, specie
negli ambiti più depressi, scaturigini o fontanili da cui si dipartono i fiumi di risorgiva che
costituiscono il sistema idrografico principale della media e bassa pianura.
Figura 2.2.1/I: Carta dell’idrografia superficiale estratta dal Piano di Stralcio per l’Assetto Idrogeologico redatto
dall’Autorità di Bacino del Fissero - Tartaro - Canalbianco. In giallo l’area di progetto.
• fiume Tartaro che passa circa 200 m a nord del perimetro settentrionale dell’ambito del
PUA del Parco della Logistica Avanzata;
• fiume Tione che passa a circa 4,1 km a sud dell’ambito del PUA del Parco della Logistica
Avanzata.
Il Fiume Tartaro ed il Fiume Tione, quindi, non interessano direttamente l’area di progetto. Si
evidenzia tuttavia la presenza di altri corsi d’acqua di entità minore con i quali si crea una
interferenza diretta con gli interventi progettuali previsti.
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Figura 2.2.1/II: Immagine tratta dal sito WebGis del Portale del Consorzio di Bonifica Veronese da cui si evince lo
sviluppo della rete idrografica in corrispondenza dell’area di interesse progettuale. In rosso l’area del PUA del Parco
della Logisitica avanzata e la viabilità esterna oggetto del presente Studio d’Impatto Ambientale, in magenta l’area del
PUA del Motorcyti ed in blu l’area del Agroalimentare..
Si riporta di seguito una breve descrizione degli elementi idrografici principali presenti nel
territorio considerato.
Il Fiume Tartaro
Il fiume Tartaro è l'unico fiume che sbocca fra l'Adige ed il Po nel mar Adriatico. È uno dei pochi
fiumi italiani che assieme ai suoi affluenti nasce dalle polle di pianura. Le risorgive o fontanili
dalle quali nasce il Tartaro (sorgenti Rivare, Vo e Dosso Poli) sono localizzate sul confine dei
comuni di Villafranca e Povegliano, comune quest'ultimo con 44 risorgive censite. A valle di
Vigasio, in corrispondenza dell’area di studio, il fiume scorre nell’ampia valle del Tartaro nella
quale sono ancora presenti numerose zone palustri. Il tratto finale del suo corso è artificiale e
prende il nome di Canalbianco.
Presso il comprensorio di bonifica Veronese (già consorzio di bonifica Agro Veronese Tartaro
Tione) si sono reperiti valori di portata media mensile per il periodo febbraio – settembre 2007.
La stazione di misura è posta in località Livelloni di Vigasio; è sita a monte di un salto di fondo
cosa che permette l’utilizzo della formula dello stramazzo in parete larga per calcolare le
corrispondenti portate. Nella tabella successiva se ne riportano le portate riferite all’anno 2007.
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h [m] Q [m3/s] 6
Febbraio 0.65 3.0 5
4
Marzo 0.66 3.0
3
Aprile 0.78 3.9
2
Maggio 0.80 4.1
1
Giugno 0.70 3.3 0
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Luglio 0.85 4.4
Agosto 0.98 5.5
Settembre 0.68 3.2
Figura 2.2.1/III: Valori di altezza idrometrica e portata medie mensili per il periodo febbraio – settembre 2007.
Il Fiume Tione
In epoca tardi glaciale (14000 – 10300 anni b.p.) le acque provenienti dalla valle dell’Adige
defluivano attraverso una profonda incisione modellata nelle morene di Rivoli, scorrevano
lungo il progno del Tasso e, dopo aver inciso con ampi meandri le morene wurmiane del Garda,
proseguivano più oltre, in pianura, lungo il Tione; quest’ultimo rappresenta pertanto il primo
paleo-Adige di età Tardiglaciale.
Il Fiume Tione scorre a circa 4100 m a Sud-Ovest dell’area in oggetto, con direzione da ONO-
ESE. Si distingue in due tratti, il primo tratto denominato Tione dei Monti ed il secondo Tione di
Grezzano.
Il Tione dei Monti nasce, tra Pastrengo e Castelnuovo, nell’ambito dei terrazzi fluvioglaciali
raccordati alle cerchie moreniche würmiane; dopo aver profondamente inciso queste ultime,
prosegue in pianura – con percorso a meandri – lungo un paleoalveo atesino, sottopassa presso
Custoza il Canale (Diramazione) di Sommacampagna, procede quindi in direzione di Villafranca
di Verona (dove assume il nome di Fosso di Sant’Andrea) e confluisce in Tartaro oltre
Povegliano. Immediatamente a monte della confluenza nel Tartaro, il Tione dei Monti era
collegato al Tione di Grezzano da un canale rettilineo (chiuso da una chiavica) esistente già
verso la metà del XIV secolo.
Il Tione di Grezzano si origina da alcune modeste risorgive in comune di Mozzecane e scorre in
direzione sud. Il corso d’acqua, che decorre nell’ambito di una paleovalle (“Valle del Tione”),
presenta – soprattutto nel tratto tra Nogarole Rocca ed Erbè – un assetto planimetrico con anse
ad ampio raggio di curvatura. L’incisione, sebbene meno ampia e caratteristica di quelle di altri
fiumi di risorgiva, è ben riconoscibile sino a San Pietro in Valle (a sud di Gazzo Veronese), dove
il fiume confluisce in Tartaro. Il Tione è alimentato da numerosi canali tra i quali Fosso Grande,
Tioncello di Nogara, Fossa Demorta, Tioncello di Trevenzuolo, F. Osone.
Nel tratto iniziale (Tione dei Monti) il regime idrico del corso d’acqua segue le variazioni
climatiche stagionali con portate piuttosto variabili che rispecchiano l’entità delle precipitazioni
meteoriche. A valle delle risorgive le portate del corso d’acqua risultano essere invece più
costanti in quanto l’apporto idrico è assicurato dalla presenza di sorgenti e affluenti più che
dalle precipitazioni.
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Il termine risorgiva identifica, generalmente, affioramenti naturali della falda, mentre i fontanili
sono il risultato delle opere d’intercettazione e regimazione degli stessi affioramenti da parte
dell’uomo.
I primi interventi di questo tipo nella Pianura Padano-veneta sono fatti risalire al XI-XII secolo,
probabilmente allo scopo di drenare le acque sorgentizie affioranti su vaste superfici a palude,
in modo da bonificare i terreni e renderli adatti alle coltivazioni.
Oltre allo scopo di ottenere una sufficiente sicurezza idraulica del territorio, l’escavazione dei
fontanili è stata attuata per migliorare la disponibilità idrica, sia al fine di irrigare le colture sia
per soddisfare i fabbisogni legati alla residenza ed alle altre attività antropiche. L’escavazione
dei fontanili infine aveva talora lo scopo di limitare gli effetti delle oscillazioni di falda,
ottenendo portate più costanti.
In base al meccanismo d’emergenza si possono distinguere fondamentalmente due tipi di
risorgive: di sbarramento e d’affioramento (Baraldi e Pellegrini, 1978).
Nelle prime la risalita dell’acqua è dovuta alle variazioni di permeabilità in senso orizzontale
che si realizzano con il graduale passaggio dai sedimenti fortemente permeabili caratteristici
dell’alta pianura a quelli via via più fini ed impermeabili, tipici della bassa pianura.
Nelle risorgive d’affioramento invece, localizzate solitamente ai piedi di terrazzi fluviali, la
fuoriuscita dell’acqua è dovuta all’intersecarsi tra la superficie freatica e quella topografica,
quando quest’ultima subisce una diminuzione di quota a causa dell’incisione del terrazzo
operata dal fiume.
Nel caso delle risorgive poste in corrispondenza dell'area di studio, si tratta di risorgive di
sbarramento che alimentano una vasta rete idrografica comprensiva d’importanti corsi d’acqua
ed una fitta rete di canali che caratterizzano l’ambiente naturale ed antropico di larga parte
della pianura veronese.
Il territorio della pianura veronese è suddivisibile (Dal Prà e De Rossi - 1989) in una serie di
“sistemi” omogenei dal punto di vista idraulico e caratterizzati da uno sviluppo allungato in
direzione NW-SE all’interno dei quali scorrono i corsi d’acqua maggiori ed i loro tributari. La
portata media complessiva dei fontanili veronesi è stata stimata pari a circa 11 / 12 m3/s (Dal
Prà e altri, 1991).
Nello specifico, la porzione di territorio in esame, ricade pressoché interamente all’interno del
sistema del Tione e solo secondariamente all’interno di quello del Tartaro.
In particolare i principali fiumi di risorgiva che interessano la porzione di territorio in esame si
originano a Nord Ovest dell’area di intervento. La figura seguente tratta dalla “Carta delle
Particolarità Idrogeologiche” del PTP del la Provincia di Verona evidenzia appunto la posizione
delle principali risorgive presenti e dei corsi d’acqua che da esse si originano.
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Figura 2.2.1/IV: Estratto dalla Carta delle Particolarità Idrogeologiche del PTP del la Provincia di Verona indicante le
risorgive (in arancione) presenti ed i corsi d’acqua che si sviluppano dalle stesse andando poi ad interessare l’area di
progetto (in rosso).
La figura seguente evidenzia i sopra citati elementi della rete idrografica locale con cui si
verificano le interferenza col progetto in esame.
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Figura 2.2.1/V: Dal sito del Consorzio di Bonifica Veronese indicante la rete idrica consortile ed in particolare i corsi
d’acqua che attraversano l’area di progetto
Rischio idraulico
L’equilibrio idraulico di un’area risulta essere direttamente connesso con le caratteristiche
pluviometriche, geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche nonché con le caratteristiche
idrodinamiche dei corsi d’acqua che lo attraversano. In tal senso si possono verificare criticità
di tipo idraulico in presenza di terreni a bassa permeabilità che rallentano il deflusso in
profondità delle acque meteoriche, presenza di aree ribassate che impediscono il deflusso
superficiale delle acque meteroiche, presenza di una falda superficiale che rallenta il deflusso
nel sottosuolo. In questi casi la difficoltà di drenaggio daranno luogo ad allagamenti o quanto
meno a ristagni superficiali in corrispondenza degli eventi meteorici. Un secondo ordine di
problematiche di tipo idraulico risulta collegato al rischio di esondazione dei corsi d’acqua.
Infatti, specie in corrispondenza di terreni a bassa permebilità, in concomitanza con gli eventi
meteorici, i corsi d’acqua superficiali sono soggetti a significativi e rapidi aumenti di portata
che possono comportare anche episodi di esondazione nel caso di sezioni idrauliche o
arginature inadeguate.
In tal senso, la porzione di territorio in esame ed in particolare l’area di interese progettuale,
benchè caratterizzata da terreni limo argillosi poco permeabili e falda poco profonda presenta
un buon equilibrio idraulico del sistema acque superfiacili e acque sotterranee. In tal senso,
l’analisi degli strumenti pianificatori esistenti (PTCP della provincia di Verona PAT comunali e
PAI) evidenziano l’assenza di aree sia soggette a ristagno idrico sia di aree soggette a
esondazione per tutta la porzione di territorio interessata dagli interventi progettuali in esame.
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Si riporta a tal proposito un estratto della Carta delle Fragilità del PTCP della Provincia di
Verona da cui si evince l’esistenza di aree soggette a ristagno idrico situate in corrispondenza
della valle del Tartaro, al di fuori delle aree di interesse progettuale.
Ambito di progetto
Figura 2.2.1/VI: Localizzazione area di progetto sulla Tavola 2b del P.T.C.P denominata “Carta delle fragilità”. Progetto
di Piano. Marzo 2015. In rosso l’area di progetto.
Anche l’analisi del PAT del comune di Vigasio, di cui si riporta di seguito un estratto della “Carta
delle Fragilità”, evidenzia l’assenza di aree a richio idraulico in corrispondenza delle aree di
intevento.
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Ambito di progetto
Figura 2.2.1/VII: Stralcio della Carta delle Fragilità del PAT del Comune di Vigasio. In rosso l’area di progetto.
Infine la consultazione delle tavole del Piano di Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino
Fissero – Tartaro – Canal Bianco non evidenzia la presenza di aree a rischio idraulico:
Figura 2.2.1/VIII: Stralcio della Carta del Rischio Idraulico del PAI del bacino Idrografico del Fissero – Tartaro – Canal
Bianco. In rosso l’area di progetto.
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Qualità delle acque superficiali
La qualità delle acque sotterranee è stata desunta da dati di bibliografia. In particolare si farà
riferimento al documento Arpav "Stato delle acque superficiali del Veneto. Corsi d’acqua e
laghi. Anno 2014”.
La Direttiva Europea 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque), recepita dall’Italia con il
Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 abrogando il D.Lgs. 152/99, ha introdotto un
approccio innovativo nella gestione europea delle risorse idriche ed ha comportato profondi
cambiamenti nel sistema di monitoraggio e classificazione delle acque superficiali. Le reti
stesse di monitoraggio sono state reimpostate per adeguarsi ai “corpi idrici”, indicati dalla
Direttiva come le unità elementari, distinte e significative all’interno dei bacini idrografici, per
la classificazione dello stato e per l’implementazione delle misure di protezione, miglioramento
e risanamento.
Nel 2014 è stato redatto un rapporto sulla base dei dati rilevati dalla rete di monitoraggio delle
acque superficiali relativa all’anno 2014. Tale rapporto è denominato “Stato delle acque
superficiali del Veneto. Corsi d’acqua e laghi. Anno 2014”. In Figura seguente si riporta la
mappa dei punti di monitoraggio attivi nel 2014 nell’ambio della porzione del Bacino Fissero-
Tartaro-Canalbianco.
Figura 2.2.1/IX: Mappa dei punti di monitoraggio del Bacino del Fiume Fissero Tartaro Canalbianco – Anno 2014.
Di seguito si riportano i dati tratti dal suddetto rapporto tecnico per le stazioni più vicine
all’area di progetto.
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Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo Stato Ecologico (LIMeco)
L'indice LIMeco, introdotto dal D.M. 260/2010 (che modifica le norme tecniche del D.Lgs.
152/2006), è un descrittore dello stato trofico del fiume.
Con riferimento alla tabella seguente, dove, in colore grigio sono evidenziati i parametri più
critici, espressi dai punteggi inferiori o uguali a 0,33, il risultato della classificazione dell’indice
Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo Stato Ecologico (LIMeco) per l’anno 2014, è
risultato generalmente Sufficiente o Scarso e Buono per alcuni corsi d’acqua.
Tabella 2.2.1/I: Estratto della tabella dell’Indice LIMeco nel bacino del fiume FTC. (Fonte:ARPAV)
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Tabella 2.2.1/II: Etratto della tabella “Monitoraggio dei principali inquinanti non appartenenti all’elenco di priorità nel
bacino del sistema Fissero-Tartaro-Canalbianco – Anno 2014” (Fonte: ARPAV).
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Monitoraggio elementi di qualità biologica EQB
La normativa prevede una selezione degli EQB da monitorare nei corsi d’acqua sulla base degli
obiettivi e della valutazione delle pressioni e degli impatti; in particolare, sui corpi idrici che
sono definiti a rischio di non raggiungere lo stato “Buono” entro i termini previsti dalla
normativa, vanno selezionati e monitorati gli EQB più sensibili alle pressioni alle quali i corpi
idrici sono soggetti. Sui corpi idrici che sono stati indicati come non a rischio di raggiungere lo
stato “Buono” invece vanno monitorati tutti gli EQB.
Allo stato attuale, non essendo ancora disponibili le metriche di valutazione specifiche per i
corpi idrici al momento definiti come “fortemente modificati” o “artificiali”, tutte le valutazioni
relative alle classi di qualità sono state eseguite applicando i criteri normativi previsti per i
corpi idrici “naturali”.
Il monitoraggio degli Elementi di Qualità Biologici nel bacino del fiume Fissero-Tartaro-
Canalbianco ha previsto i campionamenti biologici relativi a macroinvertebrati bentonici e
diatomee.
Nella Tabella seguente si riporta, per ciascuno dei 3 corpi idrici monitorati, la valutazione
complessiva ottenuta dall‟applicazione dei vari EQB. I macroinvertebrati sono stati monitorati
in due siti e hanno dato il risultato di Buono, mentre le diatomee sono state campionate in un
solo sito e hanno dato il risultato di Buono.
Tabella 2.2.1/III: Estratto della tabella della valutazione complessiva ottenuta dagli EQB nel bacino del fiume FTC –
Anno 2014 (Fonte: ARPAV).
Stato Chimico
Un corpo idrico raggiunge il Buono Stato Chimico se vengono rispettati gli Standard di Qualità
Ambientale delle sostanze prioritarie, prioritarie pericolose e le altre sostanze appartenenti
all’elenco di priorità in tutte le stazioni rappresentative della qualità dell’acqua del corpo idrico.
Le sostanze dell’elenco di priorità sono indicate dalla tabella 1/A, Allegato 1 del Decreto
Ministeriale n. 260 dell’8 novembre 2010. Per il Fiume FTC non sono stati rilevati superamenti
degli standard di qualità (SQA-MA e SQA-CMA).
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Tabella 2.2.1/IV: Estratto della tabella del monitoraggio delle sostanze prioritarie nel bacino del sistema Fissero Tartaro
Canalbianco – Anno 2014 (Fonte: ARPAV).
Si riportano infine i risultati di una campagna di campionamento effettuata nel gennaio e nel
dicembre 2008 nell’ambito della redazione del SIA per il progetto Motorcity, dove sono stati
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eseguiti prelievi ed analisi chimiche nei corsi d’acqua Tartaro e Tione, nonché in altri corsi
d’acqua, al fine di caratterizzare chimicamente i corpi idrici ricettori delle acque superficiali. Le
analisi dei parametri chimico fisici e degli inquinanti sono stati eseguite su n° 12 campioni
prelevati da n° 12 stazioni per la cui ubicazione si rimanda alla planimetria seguente estratta
dal SIA del Motorcity (Georicerche, 2010).
Figura 2.2.1/X: Planimetria punti di campionamento acque superficiali (estratto dal SIA del Motorcity, Georicerche
2010)
I risultati delle analisi effettuate sono state comparate con i valori riportati in Tab. 1/A -
Parametri di base da controllare nelle acqua superficiali (Allegato 1 alla Parte III del D. Lgs.
152/2006 e s.m.i. relativa agli standard di qualità delle acque superficiali). I valori limite fissati
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da tale tabella individuano gli obiettivi di minima di qualità dei corpi idrici significativi per
consentire il conseguimento dei requisiti dello stato “sufficiente” entro il 31 dicembre 2008 e
dello stato di “buono” per il 22/12/2015. La presenza di inquinanti con concentrazioni superiori
a quelle di tabella 1/A determina la classificazione del corso d’acqua nelle classi “scadente” o
“pessimo”.
Per tutti i punti di campionamento eseguiti nel gennaio 2008 non si è registrato alcun
superamento dei limite per i parametri di base ed in molti casi i valori sono risultati inferiori alla
soglia di rilevabilità. Il prelievo eseguito nel Dicembre 2008 (Fiume Tione) ha riportato invece il
superamento del limite fissato per il Cromo totale a fronte di un valore misurato di 73 mg/l
contro i 50 mg/l del limite tabellare.
Pertanto, pur con i limiti della singolarità e dell’unicità della misura effettuata, fatto salvo per il
Tione, per tutti gli altri corsi d’acqua analizzati si può ipotizzare uno stato chimico “sufficiente”.
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Tabella 2.2.1/V: Tabella riassuntiva delle analisi per le acque superficiali
acque superficiali Limite Tartaro Giona Gambisa Gambisol Demorta Demorta Tione o Demorta Gambisa Gambisa Giona Tione
u.m. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Parametro
Ossigeno mg/l 6,87 7,71 7,75 7,25 7,68 7,68 7,39 7,45 7,95 8,05 8,15
Durezza totale (caco3) mg/l 332 328 362 390 328 342 360 356 336 322 330 381,0
Durezza totale F° 33,2 32,8 36,2 39 32,8 34,2 36 35,6 33,6 32,2 33 38,1
Azoto Totale mg/l 7,5 6,6 6,8 5,2 6 6,2 6,3 9,8 7,2 7,4 8 0,11
Ammoniaca mg/l 1 < 0,06 0,66 0,45 0,28 0,39 0,5 0,41 0,49 0,4 0,18 0,11
Nitriti mg/l 70 < 30 50 40 < 30 < 30 40 30 40 40 < 30 0,29
Nitrati mg/l 28,0 28,9 33,9 20,2 24,7 24,7 24,7 40,2 28,3 29,8 33,9 28,20
BOD 5 mg/l <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5
C.O.D. mg/l < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 < 20 11,2
Fosforo totale mg/l 0,2 < ,1 < 0,1 < 0,1 0,5 0,3 0,1 0,4 < 0,1 <0,1 < ,1 0,02
Cloruri mg/l 25,2 11,9 19,6 24,8 34,6 34 22,5 33,1 17,2 17,3 12 22,8
Solfati mg/l 44,8 35,9 43,8 65 38,8 41,8 46,6 42,3 41,8 41,4 36,4 48,90
Calcio mg/l 89,6 92 104 106,4 83,2 99,2 101,6 90,4 85,6 80,8 84 130,0
Magnesio mg/l 25,9 23,5 24,5 29,8 28,8 22,6 25,4 31,2 29,3 28,8 28,8 26,50
Potassio mg/l 3,9 2,4 3,5 2,8 7,7 5,9 3,8 6,4 3,2 3,2 5,9 3,90
Sodio mg/l 17,2 7,5 11,9 13,2 19,6 21 13,5 19,5 10,5 10,5 7,4 3,70
Ferro µg/l 59 46 218 148 95 164 264 209 169 196 51 26,00
Arsenico µg/l 10 1 1 2 2 3 2 3 2 2 2 1 3,0
Cadmio µg/l 1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1
Cromo totale µg/l 50 1 1 1 <1 1 1 1 1 1 1 <1 71,00
Nichel µg/l 20 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 <5 1,0
Piombo µg/l 10 2 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1
Rame µg/l 2 1 2 1 1 2 3 2 1 1 <1 <1
Zinco µg/l 10 5 5 <5 6 8 <5 8 <5 <5 <5 6,00
1,1,2, tricloroetano µg/l < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 <5
1,1,1-tricloroetano µg/l < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 <5
Triclorometano µg/l 12 0,1 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0,1 0,1 < 0,1 0,15 <5
Tetracloroetilene µg/l 10 < 0,1 0,1 < 0,1 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0,1 <5
Tricloroetilene µg/l 10 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 <5
Benzene µg/l 1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <1 <0,03
Toluene µg/l <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <0,08
Etilbenzene µg/l 50 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <0,03
Xileni µg/l <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <2 <0,06
Solidi in sospensione mg/l 3 2 2 4 1 2 3 3 2 2 1 38,40
tensioattivi anionici mg/l < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0,34
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acque superficiali Limite Tartaro Giona Gambisa Gambisol Demorta Demorta Tione o Demorta Gambisa Gambisa Giona Tione
tensioattivi non anionici mg/l < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0,26
fenoli µg/l < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 <0,1
Alachlor µg/l 0,1 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 <1
Atrazina µg/l 0,1 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 <1
Metolaclor µg/l < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 <1
Terbutilazina µg/l < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 < 0,02 <1
coliformi totali - 120000 210 1100 95000 140000 130000 180000 9600 1000 500 7300 400
coliformi fecali - 8400 180 580 7400 9000 6400 9500 7600 620 210 260 22
escherichiacoli coli - 7600 160 360 100 230 210 320 140 480 190 140 5
streptococchi fecali - 4800 270 480 220 280 130 230 380 280 300 320 8
salmonella spp assente assente assente assente assente assente assente assente assente assente assente assente
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2.2.2 Idrogeologia
In generale, la pianura veronese, come tutta la pianura veneta, può essere distinta da nord
verso sud in tre ambiti idrogeologici fra di loro interconnessi ma contraddistinti da peculiari
caratteristiche idrogeologiche:
• ALTA PIANURA:caratterizzata da un materasso alluvionale ghiaioso - sabbioso indistinto
che contiene un unico acquifero indifferenziato a superficie libera;
• FASCIA DELLE RISORGIVE:
in tale ambito si assiste al passaggio fra i depositi ghiaiosi dell’alta
pianura ed i depositi sabbioso – limosi della bassa pianura con conseguente venuta a
giorno delle acque sotterranee;
• BASSA PIANURA: posta a sud della fascia delle risorgive, è caratterizzato da un sistema
idrogeologico multistrato determinato dalla presenza di un’alternanza di orizzonti
sabbiosi ed orizzonti argillosi.
Nello specifico l’area su cui verrà realizzata l’opera in oggetto si sviluppa nella bassa pianura,
appena a valle della fascia delle risorgive.
Figura 2.2.2/I: Schema della pianura Veronese da “Studio per la revisione del piano regolatore generale per gli
acquedotti del Veneto I.R.S.E”, 1997. In rosso l’area di progetto.
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fluviale. In questo ambito l’alimentazione dell’acquifero è originata principalmente dalle perdite
di subalveo dell’Adige a cui si aggiungono le infiltrazioni efficaci delle piogge e le infiltrazioni
legate all’irrigazione agricola. Nella porzione pedemontana, infine, un importante contributo
all’alimentazione è fornito dagli apporti idrici sotterranei provenienti dall’acquifero roccioso e
dagli acquiferi di fondovalle lessinei nonché dagli apparati morenici del Garda.
La FASCIA DELLE RISORGIVE individua il settore di territorio nel quale la falda freatica superficiale,
contenuta nei depositi grossolani dell’alta pianura, interseca la superficie topografica
determinando, specie negli ambiti più depressi, scaturigini o fontanili da cui si dipartono i fiumi
di risorgiva. La tracimazione in superficie della circolazione idrica sotterranea nella fascia dei
fontanili è determinata dalla chiusura dei depositi alluvionali permeabili e trasmissivi dell’alta
pianura all’interno dei sedimenti fini limosi, argillosi impermeabili di bassa pianura.
Nella BASSA PIANURA i depositi sono rappresentati da materiali progressivamente più fini,
costituiti da ghiaie e sabbie con digitazioni limose ed argillose le quali diventano sempre più
frequenti da monte a valle. Pertanto in tale zona la struttura degli acquiferi è regolata
dall’interdigitazione fra unità grossolane permeabili ed unità più fini impermeabili o
semipermeabili. Si passa quindi da un sistema acquifero indifferenziato dell’alta pianura ad un
sistema acquifero differenziato con una serie di falde, di cui la prima è generalmente libera e
quelle sottostanti in pressione, localizzate negli strati permeabili ghiaiosi e/o sabbiosi intercalati
alle lenti argillose dotate invece di bassissima permeabilità. Si tratta pertanto di un sistema
multifalde in cui acquiferi indipendenti sono separati da livelli poco o per nulla permeabili
(acquitard, acquiclude) di spessore variabile. Il sistema delle falde in pressione è strettamente
collegato, verso monte, all’unica grande falda freatica dell’Alta Pianura, dalla quale trae
alimentazione e che ne condiziona la qualità di base.
La figura seguente illustra lo schema idrogeologico della pianura veronese con indicata la
posizione dell’area di progetto.
Figura 2.2.2/II: Modello idrogeologico della Pianura Veneta con indicata l’ubicazione dell’area in studio (freccia rossa)
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e le acque raggiungono e talora superano in modo spontaneo la quota del piano campagna. Le
oscillazioni stagionali del livello piezometrico sono attestate in 1- 2 m.
Si riportano a tal proposito alcune immagini tratte rispettivamente dalla “Carta Isofreatica”
della Regione Veneto (rilievo del 1983), dalla “Carta Isopiezometrica” della Regione Veneto
(rilievo del 1983) ed infine dalla “Carta Idrogeologica” del PAT del Comune di Vigasio.
Figura 2.2.2/III: Carta Isofreatica (in alto) e Carta Isopiezometrica (in basso) della Regione Veneto, rilievi del 1983.
In rosso l’ubicazione dell’area in di progetto
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Ambito di progetto
Sulla base della cartografia sopra riportata emerge quindi che in corrispondenza dell’area di
progetto si riscontra una soggiacienza da piano campagna compresa fra 1 e 2 m
Ciò detto va debitamente evidenziato che, in un simile contesto idrogeologico, il valore della
soggiacenza assume un significato puntuale in funzione delle caratteristiche di permeabilità dei
terreni presenti in superficie.
Pertanto, per un’analisi di maggior dettaglio si rimanda a quanto riportato nel paragrafo
successivo nonché alla Relazione Geotecnica per il Progetto relativo alla viabilità
extracomparto annessa e complementare al PUA “DIsctrict Park” redatta dallo Studio Nucci
s.r.l. ed alla Relazione geologica ed idrogeologica per il 1° ambito del PUA del Parco della
Logistica Avanzata (District Park) redatta dalla Dott. Geol. Valeria Zusi nonché alle
considerazioni contenute nel paragrafo successivo.
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2.2.2.1 Idrogeologia locale
Le acque presenti nel sottosuolo sono contenute in un acquifero multifalda artesiano con falde
sovrapposte separate da livelli impermeabili. La struttura idrogeologica dell’area di studio è
schematizzata nella tabella sottostante:
Unità idrogeologica Spessore (m)
La struttura degli acquiferi è stata ricostruita sulla base di oltre 40 stratigrafie di pozzi per
acqua analizzate e raccolte presso l’archivio del Genio Civile di Verona. Si riconoscono entro i
primi 100 m di profondità almeno tre falde acquifere caratterizzate da diverso grado di
risalienza e da contenuti chimici tra loro differenti specie in termini di contenuti di Nitrati e
Ferro (talora anche con Manganese).
Nella regione sono numerosi i punti di emungimento, per uso civile, industriale e agricolo. La
produttività media di un pozzo all’interno degli orizzonti trasmissivi presenti nei primi 70 m di
profondità può raggiungere i 20 l/sec con abbassamenti del livello dinamico dell’ordine di
qualche metro. I pozzi con emungimenti più consistenti compresi tra 20 e 45 l/s attingono dalla
III Falda, la più profonda. I pozzi della prima falda risentono di un elevato tenore di ferro che
danneggia irrimediabilmente gli impianti di risalita e adduzione. Le falde più profonde non
soffrono di tale problema ma nel recente hanno mostrato fenomeni di inquinamento, in
particolare da Ferro e Manganese.
Quindi, l’assetto idrogeologico dell’area di studio è caratterizzato dalla presenza, entro i primi
100 m di profondità, di tre falde sovrapposte. La prima falda ha sede nel primo orizzonte di
sabbie che si sviluppa per uno spessore di 20 - 25 m (da - 5 a -25/30 m dal piano campagna)
ed è confinata al di sotto dell’unità superficiale limo – argillosa, generalmente poco o nulla
permeabile.
Vale infine debitamente evidenziato che entro i primi 2-5 m di sottosuolo la presenza di terreni
argillosi, generalmente inibisce la presenza di una falda superficiale s.s.. Tuttavia in
corrispondenza di lenti di materiali granulari variamente estese ed arealmente discontinue o in
corrispondenza di paleo alvei si può riscontrare la presenza di orizzonti saturati dalle
infiltrazioni idriche locali.
Si riporta a tal proposito, al fine di illustrare la variabilità idrogeologica locale, un estratto della
documentazione elaborata per le trincee T3 e T4, eseguite nell’ambito della campagna indagini
2008 per il SIA del Motorcity.
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In corrispondenza della trincea T3, prossima alla parte più meridionale del tracciato di progetto
è stata intercettata la falda s.s. a 4,00 m di profondità in corrispondenza del livello sabbioso.
Tuttavia nel corso dello scavo sono state intercettate consistenti venute d’acqua anche alla
profondità di -1,50 m da piano campagna in corrispondenza di un livello di sabbia intercalato ai
depositi limosi.
In corrispondenza della trincea T4, eseguita a circa 400 m dalla T3, entro il paleo alveo della
Gambisa, l’acqua di falda è stata invece intercettata alla profondità di -2,50 m dal piano
campagna.
Figura 2.2.2.1/I: Estratto della documentazione relativa alla trincea T3 e T4 eseguite nell’ambito della campagna
indagini 2008 per il SIA del Motorcity. Nella T3 si noti l’acqua a fondo scavo (-4,00 m) e le venute d’acqua laterali a -1.5
m. Nella T4 si noti l’acqua già a – 2,5 m di profondità.
Si ravvisa che sulla base delle indagini eseguite, i cui risultati sono esposti nella Relazione
Geotecnica per il Progetto relativo alla viabilità extracomparto annessa e complementare al
PUA “DIsctrict Park” redatta dallo Studio Nucci s.r.l. e nella Relazione geologica ed
idrogeologica per il 1° ambito del PUA del Parco della Logistica Avanzata (District Park) redatta
dalla Dott. Geol. Valeria Zusi, non è emersa la presenza di paleoalvei in corrispondenza delle
aree di intervento.
Infine, in merito alla piezometrica della falda più superficiale, in corrispondenza dell’area di
interesse, in relazione all'assetto topografico del piano campagna, i livelli idrici si attestano
mediamente tra 1 e 2 m di profondità.
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2.2.2.2 Permeabilità
L’assetto idrogeologico locale individua unità idrogeologiche caratterizzate da una permeabilità
primaria per porosità.
Nel corso della campagna geognostica eseguita per il S.I.A. del Motorcity è stato dato largo
spazio alla verifica della permeabilità dei terreni costituenti l’Unità litologica più superficiale (5-
7 m di profondità) mediante l’esecuzione di specifiche prove di permeabilità in pozzetto.
Con specifico riferimento a tali indagini, i terreni più superficiali presentano una bassa
permeabilità superficiale con valori del coefficiente di permeabilità dell’ordine di 10-8 - 10-9
m/sec che limitatamente alle aree di paleoalveo, ove sono presenti terreni a granulometria
maggiore, raggiunge valori maggiori compresi fra 10-5 - 10-6 m/sec.
La figura seguente tratta dal SIA del Motorcity documenta l’esecuzione di una prova di
permeabilità in corrispondenza dei terreni superficiali a bassa permeabilità.
Figura 2.2.2.2/I: Documentazione prova di permeabilità eseguita nell’ambito del SIA del Motorcity
Per le sabbie sottostanti, che contengono il primo orizzonte acquifero, sono stati individuati
valori di permeabilità che variano tra 10-5 e 10-4 m/sec grazie a prove di permeabilità realizzate
nei fori di sondaggio nell’ambito della campagna indagini eseguita per il P.U.A. del Motorcity.
I valori della permeabilità K sopra riportati e desunti da indagine dirette eseguite nell’area del
Motorcyti, trovano riscontro nella tabella seguente che mette in correlazione i diversi litotipi
con la permeabilità intrinseca.
Figura 2.2.2.2/II: Valori indicativi del coefficiente di permeabilità K (da: Casagrande e Fadum).
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2.2.2.3 Pozzi Idropotabili
I pozzi utilizzati ad uso idropotabile più prossimi all’area di progetto appartengono alla rete
acquedottistica del Comune di Vigasio e Povegliano Veronese. Vengono qui riportati nella figura
successiva, assieme alle distanze dai confini dell’area di progetto.
Figura 2.2.2.3/I: I pozzi idropotabili presenti nel territorio (in azzurro, con fascia di rispetto di 200 m), con indicate le
distanze dall’area di progetto (in rosso).
L’area di progetto risulta esterna alle fasce di tutela assoluta (200 m) attorno alle opere di
presa a scopo idropotabile.
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2.2.2.4 Vulnerabilità dell’acquifero
La vulnerabilità intrinseca o naturale degli acquiferi si definisce come la suscettibilità specifica
dei sistemi acquiferi, nelle loro diverse parti componenti e nelle diverse situazioni geometriche
ed idrodinamiche, ad ingerire e diffondere, anche mitigandone gli effetti, un inquinante fluido
od idroveicolato tale da produrre impatto sulla qualità dell’acqua sotterranea, nello spazio e nel
tempo (Civita, 1987).
Essa dipende fondamentalmente da tre processi: il tempo di transito dell’inquinante, le
caratteristiche del deflusso sotterraneo, la capacità dell’acquifero di attenuazione dell’impatto
degli inquinanti.
Per esempio, l’elevata permeabilità degli acquiferi dell’alta pianura veronese rappresenta un
fattore dal duplice aspetto per il problema della protezione delle acque; essa, infatti, se da un
lato determina un’elevata vulnerabilità dell’acquifero per la facilità di infiltrazione di potenziali
inquinanti, permette anche un’elevata diluizione delle eventuali sostanze estranee che
dovessero giungere nella falda superficiale.
Ai fini della valutazione della vulnerabilità degli acquiferi, il Piano di Tutela delle Acque della
Regione del Veneto ha prodotto una tavola dell’intera regione in cui vengono classificate le
aree in differenti classi di vulnerabilità, da elevatissima a molto bassa (in Figura 2.2.2.4/I si
riporta uno stralcio di tale cartografia). Tale elaborato è stato determinato con il metodo
SINTACS che attribuisce pesi diversi ai seguenti parametri: soggiacenza della falda (S);
infiltrazione efficace, omogenea nell’area (I); capacità autodepurante del non saturo (N);
tipologia della copertura (T); caratteristiche dell’acquifero (A); conducibilità idraulica
dell’acquifero (C); andamento della superficie topografica (S).
A ciascun parametro selezionato, suddiviso per intervalli di valore e/o tipologie dichiarate,
viene attribuito un punteggio crescente, variabile da 1 a 10, in funzione dell’importanza che
esso assume nella valutazione complessiva finale. Infine i punteggi ottenuti per ciascun
parametro sono moltiplicati per stringhe di pesi che descrivano la situazione idrogeologica e/o
d’impatto, enfatizzando in varia misura l’azione e l’importanza dei vari parametri (pcsm = Point
Count System Models, quale è appunto SINTACS).
Area di progetto
Figura 2.2.2.4/I: Stralcio della Carta della Vulnerabilità intrinseca della Falda freatica della Pianura Veneta (PTA) con
indicata nel cerchio nero l’area di progetto.
Con riferimento alla figura soprastante tratta dal Piano di tutela delle acqua della Regione
Veneto l’area oggetto di studio ricade in una fascia di confine fra i valori di vulnerabilità
intrinseca dell’acquifero MEDIA ed ALTA.
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Per determinare la vulnerabilità intrinseca alla scala dell’intervento sulla base dei caratteri
litologici ed idrogeologici del territorio, per il PUA del Motorcity era stato effettuato il calcolo di
dettaglio per l’applicazione del metodo Sintacs.
L’analisi era stata compiuta mediante GIS ed il risultato è una mappa con valori disposti
secondo la griglia quadrata con 30 m di lato. I valori ottenuti del grado della vulnerabilità
intrinseca dell’acquifero, migliorano il dettaglio dell’analisi riportata nel P.T.A.. In particolare
emergono chiaramente i rapporti a differente vulnerabilità tra le piane alluvionali ed i
paleoalvei.
La vulnerabilità intrinseca dell’acquifero valutata col metodo Sintacs è risultata:
• ALTA: nella porzione più meridionale dell’area di progetto;
• MEDIA: nella porzione più settentrionale dell’area di progetto
Figura 2.2.2.4/II: Carta della vulnerabilità intrinseca dell’acquifero determinata con il metodo SINTACS
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2.2.2.5 Qualità della acque sotterranee
La qualità delle acque sotterranee è stata desunta da dati di bibliografia, in particolare si fa
riferimento al “rapporto sullo stato dell’ambiente della provincia di Verona” (anno 2006, ARPAV
e Provincia di Verona) ed al rapporto in materia redatto da ARPAV, denominato “Qualità delle
acque sotterranee 2014”.
Il “rapporto sullo stato dell’ambiente della provincia di Verona” (anno 2006, ARPAV e Provincia
di Verona) riporta un’analisi sulla qualità dell’acqua sotterranea di prima falda basata sul
monitoraggio di circa 200 pozzi artesiani e freatici diffusi sul territorio provinciale. Di seguito si
riportano le planimetrie provinciali relative ai parametri monitorati, con indicata l’area di
progetto. Da tali elaborazioni grafiche è possibile dedurre il valore tipico per ciascun parametro
considerato del territorio in cui l’area d’impianto è inserita, per poterlo confrontare da un lato
con la media provinciale e poi con quanto rilevato nelle campagne di indagini effettuate sulle
acque sotterranee dell’area in oggetto.
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Figura 2.2.2.5/I: Elaborazioni cartografiche della distribuzione delle sostanze inquinanti nelle acque sotterranee” (anno
2006, ARPAV e Provincia di Verona)
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Dallo studio emerge la distribuzione areale di alcuni tipi di contaminanti di origine antropica
(quale ad esempio quella da nitrati e solventi organoclorurati), nonché la diffusione nelle acque
di alcuni contaminanti riconosciuti come naturali (arsenico, ferro, manganese, ammoniaca)
riscontrabili nella media e bassa pianura veronese.
Le elevate concentrazioni di ammoniaca, manganese ed anche arsenico che in modo
discontinuo si riscontrano in tutto il territorio a sud est di Isola della Scala e Bovolone, derivano
infatti da una causa geologica a seguito della presenza nel sottosuolo di torba e argilla.
I dati indicati dall’ARPAV nel rapporto sullo stato dell’ambiente del 2006 per l’area in oggetto
sono in generale in linea con la media provinciale, fatta eccezione peri cloruri ed il magnesio.
Più recentemente, il rapporto in materia redatto da ARPAV, denominato “Qualità delle acque
sotterranee 2014 presenta i risultati del monitoraggio regionale delle acque sotterranee del
Veneto svolto nel 2014.
Nel 2014 il monitoraggio qualitativo ha interessato 282 punti, 175 dei quali (pari al 62%) non
presentano alcun superamento degli standard numerici individuati dal Dlgs 30/2009 e sono
stati classificati con qualità buona, 107 (pari al 38%) mostrano almeno una non conformità e
sono stati classificati con qualità scadente.
Il maggior numero di superamenti dei valori soglia è dovuto alla presenza di inquinanti
inorganici (81 superamenti) e all’arsenico (29), prevalentemente di origine naturale. Per le
sostanze di sicura origine antropica le contaminazioni riscontrate più frequentemente e
diusamente sono quelle dovute a: composti organo-alogenati (30 superamenti) e nitrati (9). Le
altre categorie di sostanze che hanno portato ad una classificazione di stato non buono sono:
pesticidi (2) e clorobenzeni (1).
Da un punto di vista normativo, il 19 aprile 2009 è entrato in vigore il decreto legislativo 16
marzo 2009, n. 30 ”Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque
sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento” (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4
aprile 2009 n. 79), che rappresenta la normativa di riferimento in materia di tutela delle acque
sotterranee. Rispetto alla preesistente normativa (Dlgs 152/1999), restano sostanzialmente
invariati i criteri di effettuazione del monitoraggio (qualitativo e quantitativo); cambiano invece
i metodi e i livelli di classificazione dello stato delle acque sotterranee, che si riducono a due
(buono o scadente) invece dei cinque (elevato, buono, sufficiente, scadente e naturale
particolare).
Ciò detto, lo stato quali-quantitativo dei corpi idrici sotterranei regionali è controllato attraverso
due specifiche reti di monitoraggio:
• una rete per il monitoraggio quantitativo;
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Tabella 2.2.2.5/I: Estratto di “Elenco dei punti monitorati. [cod, codice identificativo del punto di monitoraggio;tipo,
tipologia di punto: C=falda confinata, L=falda libera; SC=falda semiconfinata; S=sorgente; prof, profondità del pozzo in
metri; Q, punto di misura per parametri chimici e fisici; P, punto di misura piezometrica; GWB, sigla del corpoidrico
sotterraneo.]” (Fonte: ARPAV)
Il corpo idrico sotterraneo interessato è quello dell’Alta Pianura Veronese (VRA) per il punto di
monitoraggio di Villafranca di Verona, quello di Media Pianura Veronese (MPVR) per i punti di
monitoraggio di Buttapietra, Isola della Scala cod.624 e Mozzecane. Il punto di monitoraggio
cod. 187 di Isola della Scala interessa il corpo idrico sotterraneo degli Acquiferi Confinati Bassa
Pianura (BPV).
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Lo stato chimico
La definizione dello stato chimico delle acque sotterranee, secondo le direttive 2000/60/CE e
2006/118/CE, si basa sul rispetto di norme di qualità, espresse attraverso concentrazioni limite,
che vengono definite a livello europeo per nitrati e pesticidi (standard di qualità), mentre per
altri inquinanti, di cui è fornita una lista minima all’Allegato 2 parte B della direttiva
2006/118/CE, spetta agli Stati membri la definizione dei valori soglia, oltre all’onere di
individuare altri elementi da monitorare, sulla base dell’analisi delle pressioni. I valori soglia
(VS) adottati dall’Italia sono quelli definiti all’Allegato 3, tabella 3, Dlgs 30/2009.
Per quanto riguarda la conformità, la valutazione si basa sulla comparazione dei dati di
monitoraggio (in termini di concentrazione media annua) con gli standard numerici (tabella 2 e
tabella 3, Allegato 3, D lgs 30/2009).
Nel 2014 la valutazione della qualità chimica ha interessato 282 punti di monitoraggio, 175 dei
quali (pari al 62%) non presentano alcun superamento degli standard numerici individuati dal
Dlgs 30/2009 e sono stati classificati con qualità buona, 107 (pari al 38%) mostrano almeno
una non conformità e sono stati classificati con qualità scadente.
Il maggior numero di superamenti dei valori soglia è dovuto alla presenza di inquinanti
inorganici (81 superamenti, 67 dei quali imputabili allo ione ammonio), e all’arsenico (29),
prevalentemente di origine naturale. Per le sostanze di sicura origine antropica le
contaminazioni riscontrate più frequentemente e diffusamente sono quelle dovute a: composti
organo-alogenati (30 superamenti) e nitrati (9). Le altre categorie di sostanze che hanno
portato ad una classificazione di stato non buono sono: pesticidi (2) e clorobenzeni (1).
Osservando la distribuzione dei superamenti nel territorio regionale si nota una netta
distinzione tra le tipologie di inquinanti presenti a monte ed a valle del limite superiore della
fascia delle risorgive: nell’acquifero indifferenziato di alta pianura la scarsa qualità è dovuta
soprattutto a nitrati, pesticidi e composti organo alogenati, mentre negli acquiferi differenziati
di media e bassa pianura è dovuta a sostanze inorganiche e metalli.
In tabella seguente è riportata la qualità chimica per il 2014. Il punto è classificato come buono
(B) se sono rispettati gli standard di qualità ed i valori soglia per ciascuna sostanza controllata,
scadente (S) se uno o più valori sono superati.
Tabella 2.2.2.5/II: Estratto della tabella dello “Qualità chimica” (Fonte: ARPAV).
. .
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Come si ricava dalla tabella precedente, la maggior parte dei punti di monitoraggio sono
classificati come in buono stato, ad eccezione dei punti di monitoraggio a Bovolone, Cologna
Veneta, San Giovanni Lupatoto e Zevio classificati in stato scadente. I punti di monitoraggio più
vicini all’area di progetto presentano tutti uno stato definito buono.
Concentrazione di nitrati
La concentrazione di nitrati nelle acque sotterranee riflette l’importanza relativa e l’intensità
delle attività agricole sui corpi idrici sotterranei.
La “direttiva nitrati” (91/676/CEE) fissa a 50 mg/l la concentrazione oltre la quale le acque
sotterranee sono da considerarsi inquinate da nitrati, definendo vulnerabili le zone di territorio
che scaricano direttamente o indirettamente su tali acque.
Anche per le direttive “acque sotterranee” (2006/118/CE) e “acque potabili” (98/83/CE) il
valore limite di nitrati è pari a 50 mg/l.
Analogamente agli anni precedenti, la distribuzione spaziale delle concentrazioni medie annue
evidenzia che i valori più elevati sono localizzati soprattutto nell’acquifero indifferenziato di alta
pianura (maggiormente vulnerabile) e in particolare nell’area trevigiana.
Tabella 2.2.2.5/III: estratto della tabella “Nitrati: risultati del test di Mann-Kendall ( α = 0.05 ). Legenda: n=numero dati;
n.cen=numero dati <LQ; sen.sl=pendenza della retta col metodo di Sen in mg L-1 anno-1, S=statistica di Mann-Kendall,
p-value=livello di significatività del test” (Fonte: ARPAV).
2.3.1 Pedologia
Per suolo i intende la parte più superficiale di terreno originata dall’alterazione degli strati più
profondi atta ad ospitare la vegetazione. Costituito da un frazione inorganica (minerali, acqua,
aria) e da una frazione organica prodotta dagli organismi animali e vegetali che trasformano i
composti chimici con la loro attività biologica, il suolo è un sistema multifase (solido, liquido,
gas) e multicomponente, variabile nel tempo e lungo il suo profilo. La tipologia di suolo
presente in un’area è fortemente influenzata dal tipo di roccia del substrato, ma soprattutto dal
clima della zona.
La Provincia di Verona comprende una grande varietà di ambienti caratterizzati da diverse
condizioni geologiche, geomorfologiche, climatiche e di vegetazione, con conseguente
diversificazione dei suoli.
In tal senso si fa riferimento alla “Carta dei Suoli” edita dalla Regione Veneto nel 2005 alla
scala 1:250.000 che cartografa le unità in una struttura gerarchica a quattro livelli, in accordo
con quanto proposto a livello nazionale per il Progetto “Carta dei Suoli d’Italia in scala
1:250.000”.
Il primo livello è quello delle Regioni di Suoli (L1 - Soil Regions), rappresentato in carta in scala
1:5.000.000 ed è il risultato della rielaborazione a livello nazionale della carta delle Soil Regions
d’Europa, elaborata dall’European Soil Bureau e allegata al Manuale delle Procedure per un
Database Georeferenziato dei Suoli Europei. Il secondo livello, riprodotto in carta in scala
1:1.000.000 corrisponde alle Province di Suoli (L2 - Soil Subregions). Il terzo livello, chiamato
dei Sistemi di Suoli (L3 – Great Soilscapes) è concettuale ed è illustrato solo nella legenda della
carta in scala 1:250.000. Il quarto livello corrisponde a quello delle unità cartografiche (L4 -
Sottosistei di Suoli – Soilscapes) ed è riportato in carta come sigla all’interno delle singole
delineazioni.
Facendo riferimento alla figura 2.3.1/I (“Carta dei suoli” della Provincia di Verona in scala
1:500000) si verifica che i suoli presenti in corrispondenza dell’area in esame appartengono
alle provincie di suoli “BA” e, più precisamente, al sistema di suoli “BA1.1” (vedi tabella 2.3.1/I)
rappresentativo delle aree della bassa pianura antica.
Tabella 2.3.1/I: Descrizione del sistema di suolo presente in corrispondenza del sito.
Figura 2.3.1.2/I: Mappa con interpolazione spaziale delle concentrazioni di Piombo misurate nei suoli della Provincia di
Verona (Dipartimento provinciale ARPAV Verona)
Lo Zinco non si trova libero in natura allo stato nativo, ma sempre sottoforma combianta con i
suoi minerali. La concentrazione di zinco nel suolo è riconducibile a processi naturali di
degradazione dei substrati geologici da cui traggono origine. Lo zinco è utilizzato nella
produzione di pesticidi e fungicidi, e pertanto il contenuto è funzione dell’uso del suolo. Come
nel caso del rame, anche lo zinco può essere presente in quantità elevate nelle deiezioni
zootecniche per l’uso nell’allevamento di integratori e additivi che lo contengono.
Nell’area di interesse i valori di Zinco risultano essere comprese tra 50 e 75 mg/kg, inferiore
alla media provinciale, pari a 86.6 mg/kg per le aree agricole.
La concentrazione di Cadmio nel suolo è funzione delle caratteristiche delle rocce originarie e
dell’utilizzo di sostanze quali antiparassitari e fertilizzanti, pertanto anche in questo caso i
valori di cadmio saranno più elevati nelle zone agricole che in quelle residenziali.
Nell’area di studio le concentrazioni di cadmio risultano essere in linea con la media provinciale
(0.6 mg/kg) in quanto l’area di studio ricade nel range 0.3-0.6 mg/kg.
Il contenuto di Nichel nel suolo è funzione delle caratteristiche dei materiali geologici di origine
e dall’utilizzo sul suolo di sostanze contenenti metalli pesanti utilizzate per la difesa
antiparassitaria o per la fertilizzazione.
Nell’area di studio il contenuto in Nichel dei suoli in area agricola è compreso nel range 0-25
mg/kg, valore inferiore alla media provinciale per le aree agricole pari a 46.4 mg/kg.
La gran parte delle rocce e dei suoli contengono piccole quantità di cromo.
Il contenuto in cromo nel suolo è riconducibile in parte a processi di degradazione dei substrati
geologici da cui i suoli traggono origine ma in parte è funzione dell’utilizzo sul suolo di sostanze
contenenti metalli pesanti, connessi per esempio ad alcuni sottoprodotti dell’industria
conciaria. Anche le aree agricole presentano concentrazioni sensibilmente più elevate della
media.
Nell’area di progetto i livelli di cromo risultano inferiori alla media provinciale relativa alle aree
agricole (31.1 mg/kg), in quanto l’area ricade nel range di valori 0-20 mg/kg.
A differenza dei metalli pesanti la cui presenza può essere ricondotta a fattori naturali, alcuni
macroinquinanti organici come i PCB (Policlorobifenili) sono stati introdotti nell’ambiente
dall’uomo e la loro origine è riconducibile esclusivamente alle attività antropiche civili e
industriali. Tali composti sono da considerarsi molto persistenti in quanto attraverso una serie
di condensazioni ed evaporazioni successive queste sostanze poco mobili possono essere
trasportate per lunghe distanze.
Dall’osservazione della figura precedente, risulta evidente come la distribuzione di PCB su tutto
il territorio provinciale sia ubiquitaria e piuttosto omogenea a dimostrazione che tale territorio
è ben rimescolato. In ogni caso la concentrazione di PCB in aree urbanizzate è più elevato
rispetto a quello delle aree montane, a dimostrazione che le aree urbane ed industriali
rappresentano una fonte di emissione di PCB.
L’area di studio è caratterizzata da valori di PCB in linea con la media provinciale, pari a 2,4
µg/kg, in quanto l’area è classificata con valori di PCB compresi fra 1 e 5 µg/kg.
Figura 2.3.2/I: Stralcio della Carta Geologica del Veneto scala 1:250.000 (Università di Padova, Regione Veneto) con
indicata l’area di studio in rosso
Dati bibliografici (pubblicazioni, PRG comunali, PTP provinciale, censimento pozzi, ecc.).
Campagna indagini per P.U.A. di Motorcity (2005).
Campagna indagini per il P.U.A del Parco della logistica Avanzata “District park” (2009).
Campagna indagini il Progetto relativo alla viabilità extracomparto annessa e
complementare al PUA “DIsctrict Park” (2015).
I risultati delle indagini geognostiche vengono illustrati nelle pagine seguenti mentre si
rimanda alla “Carta Geologica Geomorfologica” riportata nelle pagine seguenti ed
appositamente elaborata per la rappresentazione cartografica delle litologie di superficie in
corrispondenza dell’ambito di studio.
Dati bibliografici
Dalla raccolta bibliografica eseguita ed in particolare grazie agli studi geologici dei PRG
comunali ed alla cospicua raccolta di stratigrafie di pozzi per acqua eseguita presso l’archivio
del Genio Civile di Verona, è stato possibile ricostruire la sequenza stratigrafica comprensiva
dei primi 70 - 80 m di profondità. La sequenza risulta costituita da una alternanza di orizzonti
sabbiosi permeabili ed orizzonti limo – argillosi poco o nulla permeabili. In particolare si
possono individuare 5 unità litostratigrafiche fra di loro sovrapposte e costituite da :
Unità superficiale (I). Si tratta delle alluvioni postaglaciali ed attuali spessa alcuni metri (2-6 m)
con variazioni notevoli in termini compositivi. All’interno di tale unità si assiste ad un generale
aumento della frazione fine procedendo dalle zone di NW verso quelle di SE. Netta è inoltre la
differenziazione tra le unità di piana alluvionale e quelle dei paleoavei, all’interno dei quali si
assiste alla massima variabilità litologica e geotecnica.
Sabbia (II). Si tratta di un orizzonte sabbioso talora con locale presenza di matrice fine o
intercalazioni limo-argillose sottili che si estende al di sotto dell’unità superficiale per uno
spessore variabile da alcuni metri a qualche decina di metri andandosi progressivamente ad
assottigliare procedendo da NW a SE. Corrisponde al primo orizzonte acquifero.
Argilla e limo (III). Si tratta di un livello di spessore variabile e compreso fra alcuni metri ad
alcune decine di metri. Costituisce un livello impermeabile che separa il primo banco sabbioso
dal successivo.
Alternanza di sabbie e ghiaie (IV). Si sviluppano per una potenza variabile da alcuni metri ad
alcune decine di metri e costituiscono il secondo orizzonte acquifero. Si tratta delle Alluvioni
tipiche del conoide atesino caratterizzate dai tipici clasti arrotondati di ghiaia poligenica.
Alternanza di banchi di ghiaie sabbiose (conglomeratiche) e argille o limi (V). Nelle unità IV e V
sono attestati gli acquiferi artesiani sfruttati con pozzi di uso idropotabile sia pubblici che
privati.
SONDAGGIO n. 1 (piezometro)
Profondità (m dal p.c.) Litologia Unità
0.0 0,8 Sabbia limosa
0,8 2,2 Limo argilloso debolmente sabbioso
I
2,2 3,0 Sabbia limosa
3,0 3,3 Limo
3,3 20,0 Sabbia media satura
20,0 24,0 Sabbia debolmente limosa
24,0 28,0 Sabbia media
II
28,0 29,1 Sabbia con scarso ghiaietto
29,1 29,5 Torba
29,5 30,0 Limo argilloso
SONDAGGIO n. 2
Profondità (m dal p.c.) Litologia Unità
0.0 0,8 Terreno vegetale – limo
0,8 2,0 Limo sabbioso
2,0 2,5 Sabbia limosa
I
2,5 3,0 Limo sabbioso
3,0 4,5 Sabbia limosa
4,5 5,2 Sabbia fine limosa
5,2 12,0 Sabbia da media a grossolana
II
12,0 15,0 Sabbia fine debolmente limosa
SONDAGGIO n. 3
Profondità (m dal p.c.) Litologia Unità
0.0 0,8 Terreno vegetale – limo sabbioso con laterizi
0,8 1,5 Terreno vegetale – limo sabbioso
I
1,5 2,5 Sabbia fine limosa
2,5 3,0 Limo debolmente argilloso compatto
3,0 6,0 Sabbia fine con livelli limosi nella parte inferiore
II
6,0 15,0 Sabbia media
SONDAGGIO n. 5 (piezometro)
SONDAGGIO n. 6
Ciò detto, va debitamente evidenziato che tale assetto stratigrafico è riferibile alle aree della
piana alluvionale extra paleoalvei. In corrispondenza di paleoalvei (Demorta e Gambisa) le
caratteristiche geotecniche decadono in particolare per la presenza di acqua e il modello
litostratigrafico e litotecnico che ne deriva è schematizzato nella tabella seguente:
Si riporta di seguito l’ubicazione delle indagine eseguite secondo quanto riportato nella
“Relazione geologica ed idrogeologica” di progetto redatta dalla Dott. Geol. Valeria Zusi.
Figura 2.3.2.1/II: Diagrammi delle prove penetrometriche eseguite nell’ambito del PUA del Parco della Logistica
Avanzata (Dalla Relazione geologica e idrogeologica di progetto)
4
2
5 1
3
6
7 1
2 3
4 5
Figura 2.3.2.1/III: Ubicazione e documentazione delle trincee esplorative eseguite nell’ambito del PUA del Parco della
Logistica Avanzata (Dalla Relazione geologica e idrogeologica di progetto)
Le indagini eseguite per la cui ubicazione si rimanda alla figura seguente tratta dalla Relazione
Geotecnica di progetto, hanno confermato il modello geotecnico prospettato in base ai dati
bibliografici ed alle risultanze delle indagini eseguite in precedenza nelle aree limitrofe e
costituito da un modello a due unità sovrapposte-
È presente una prima unità costituita da terreni prevalentemente limosi che si estendono in
profondità fino al massimo a circa 5-6 m celando la sottostante unità costituita da terreni più
spiccatamente sabbiosi.
Si riporta di seguito l’ubicazione delle indagine eseguite secondo quanto riportato dalla
relazione geotecnica di progetto redatta dallo Studio Nucci srl mentre si rimanda alla relazione
medesima per la consultazione delle stesse.
Il modello geotecnico elaborato sulla base delle indagini condotte e di cui si riporta un estratto
grafico nella figura successiva tratta dalla relazione geotecnica è schematizzabile come segue:
Si rileva a tal proposito che non sono state eseguite prove di permeabilità e pertanto i dati
riportati assumono un carattere indicativo da confermare sulla base di specifiche prove in situ
da eseguire in corrispondenza delle unità di interesse progettuale.
Infine si riscontra che in tale fase di indagine è stata eseguita anche l’analisi chimica sui 5
campioni prelevati entro il primo metro da cui è emerso per tutti i campioni il rispetto della
Colonna A della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla Parte IV del D. Lgs. 152/2006 e smi.
Figura 2.3.3/I: DEM – 20 m dell’area di studio. La nuova viabilità e l'area del District Park in rosso.
Il modello digitale del terreno (Vedi Figura 2.3.2/I) sviluppato su una scala ben più ampia
dell’area di progetto, realizzato con una definizione di 10 m, evidenzia e chiarisce i rapporti tra
le forme alluvionali e mette in risalto aspetti e forme non emersi nello studio geologico di
progetto.
In base alle indagini condotte, il 1° Ambito del PUA del Parco della Logistica Avanzata “District
Park” e le strade extracomparto non risultano interferiranno con alcun paleoalveo.
Figura 2.3.4/I: Zone sismotettoniche nel dominio geografico dell’Arco Alpino e nord Appennino (fonte: INGV – C. Meletti
e G. Valensise Appendice 2 – Rapporto conclusivo Zonazione sismogenetica ZS9 - marzo 2004)
La recente Zonazione Sismica (ZS9-2004) prodotta dal GNDT (Gruppo Nazionale per la Difesa
dai Terremoti) ha permesso la definizione della pericolosità sismica nazionale. In tal senso la
regione esaminata ricade nella fascia assiale della Pianura Padana tra le zone sismogenetiche
906 e 912 delimitate rispettivamente a nord dalle Prealpi veneto-bresciane ed a sud dagli
Appennini emiliani e romagnoli.
La ZS9-2004 fornisce, inoltre, una stima della profondità ”efficace”, definita come l’intervallo di
profondità nel quale viene rilasciato il maggior numero di terremoti in ogni zona sorgente. Essa
fornisce, infine, l’indicazione del meccanismo di fagliazione prevalente. In particolare il
meccanismo di fagliazione prevalente nelle zone 906 e 912 è di tipo inverso con profondità
comprese tra gli 8 ed i 12 km. Tale stima definisce il meccanismo che ha la massima
probabilità di caratterizzare i futuri terremoti nelle zone simogenetiche più vicine.
Figura 2.3.4/II: Mappa degli epicentri dei terremoti i cui dati compongono il DBMI11 con espresso il Momento
magnitudo Mw dell’evento. La stella indica l’area presa in esame nel presente studio (Fonte: INGV).
Per l’ambito di studio il DBMI04 individua una magnitudo variabile tra 4,50 - 5,0 e 5,0 – 5,5
(Vedi Figura 6/II) con maggior frequenza per sismi con Ma compresa tra 5,0 e 5,5.
La zonazione sismica e l’analisi dei database degli eventi sismici passati ha consentito una
stima della pericolosità sismica nazionale tradottasi nella OPCM 3274/2003 e più recentemente
nella OPCM 3519/2006.
Il territorio del Comune di Vigasio è inserito in zona sismica 4 con l’OPCM n. 3274 del 2003.
L’O.P.C.M. del 28 aprile 2006, n. 3519 (“Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche
e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone”) recepita ed
adottata dalla Regione Veneto con DGR n. 71 del 22/01/2008, distribuisce geograficamente i
valori di ag su 12 fasce, secondo una maglia quadrata di 8 km di lato, definendo inoltre i valori
di accelerazione massima ag su suolo rigido caratterizzato da Vs30 > 800 m/s, con probabilità
di superamento del 10% in 50 anni. In tal senso l’area di progetto risulta caratterizzata da
accelerazioni orizzontali (ag) al suolo comprese tra 0,125 e 0,150g, con possibilità da parte del
progettista di incrementare o ridurre il valore di calcolo di 0.025g.
Alla luce dell’orografia del territorio è infine da trascurare l’effetto topografico sulla risposta
sismica locale, ovvero si ritiene che il coefficiente topografico debba essere posto pari a: ST=1.
Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, il D.M. 14 gennaio 2008, circolare n. 617
del 2 febbraio 2009, definisce varie categorie di “suolo di fondazione” (A, B, C, D, E, S1, S2)
secondo cui il sottosuolo locale viene classificato sulla base delle specifiche caratteristiche
geotecniche. Queste categorie, correlate alla specifica accelerazione orizzontale su suolo di
categoria A (ag), definiscono le azioni sismiche di progetto.
Per determinare tale dato si è fatto riferimento alle indagini sismiche eseguite nell’ambito del
PUA del Motorcity e nell’ambito del Progetto per la realizzazione delle strade extra comparto
del PUA del Parco della Logistica Avanzata “District Park”.
Da tali indagini è risultata la categoria di suolo sismico C - “Depositi di sabbie e ghiaie
mediamente addensate, o di argille di media consistenza, con spessori variabili da diverse
decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di VS30 compresi tra 180 e 360 m/s
(15<NSPT<50, 70<cu<250 kPa)”. Tale dato andrà verificato con indagini sito specifiche da
eseguirsi in corrispondenza dei manufatti di progetto.
Questa parte dello studio ha lo scopo dunque di riportare gli esiti dell’indagine sul contesto
floro-faunistico-ecosistemico della porzione occidentale del territorio del Comune di Vigasio,
con particolare attenzione all’area oggetto di studio.
Lo studio svolto è fondato su elementi rilevati con:
• esplorazione diretta nel Comune in oggetto e nell’area d’intervento;
• l’ausilio della bibliografia disponibile, in modo da confrontare le rilevazioni operate con
dati certi e assodati.
Lo studio si concretizza attraverso:
1) Suoli con condizioni idriche intermedie: in questi suoli trovano dimora formazioni arboree di
boschi misti di latifoglie caducifoglie centroeuropee meso-igrofile dominati dalla farnia
(Quercus robur, Classe Querco-Fagetea, Ordine Fagetalia sylvaticae).
I suoli freschi, profondi senza ristagno idrico sono caratterizzati boschi mesofili (querco-
carpineto) (Alleanza Carpinion betuli).
I suoli a drenaggio ridotto o con ristagno idrico (idromorfia) sono caratterizzati da boschi igrofili
(Alleanza Alno-Padion).
2) Suoli con condizioni idriche estreme: in questi suoli si possono riscontrare formazioni
arbustive – erbacee xerofile (Classe Festuco-Brometea, Alleanza Stipo-Poion xerophilae) e
formazioni igrofile (Classe Phragmitetalia).
La vegetazione naturale potenziale del sistema Padano planiziale, dunque, è rappresentata da
formazioni forestali di latifoglie decidue (Classe Querco-Fagetea) mesofile e igrofile di impronta
centro-europea (Ordine Fagetalia sylvaticae) dominate dalla farnia (Quercus robur) la cui
composizione varia principalmente in funzione dello stato idrico del suolo.
Il querco-carpineto (Alleanza Carpinion betuli) con la farnia codominante insieme al carpino
bianco (Carpinus betulus) è il modello prevalente e rappresenta la vegetazione climax nelle
unità con suoli profondi, freschi, dotati di buona disponibilità d'acqua e ben drenati che
caratterizzano gran parte del sistema planiziale.
Su suoli con drenaggio ridotto, ma ancora affrancati dalla falda, il querco-carpineto compare in
facies igrofila, caratterizzata dalla maggior presenza di alcune specie, come l'olmo campestre
(Ulmus minor) che possono diventare codominanti con la farnia (querco-ulmeto).
Come già detto, la vegetazione potenziale del comune di Vigasio, secondo la classificazione del
Pignatti (1994), è rappresentata da formazioni boschive planiziarie del querco-carpineto, con
presenza di farnia (Quercus peduncolata). La zona fitoclimatica di appartenenza, secondo la
definizione del Pavari, è quella del Castanetum, sottozona calda del secondo tipo.
Tuttavia è da considerare che alcune variabili sono legate alle caratteristiche pedologiche e
idrologiche di porzioni definite del territorio. Così, in terreni pesanti e maggiormente esposti si
ha la presenza di ontani (Alno glutinosa); in terreni a falda superficiale o costantemente allagati
si trovano formazioni dominate da varie specie di elofite, soprattutto cariceti (Caricetum elatae
e ripariae), canneti (Phragmites australis) ed idrofite natanti (Spirodeletum polyrhizae).
Figura 2.4.2/I: Estratto della “Carta delle distribuzioni delle Regioni Forestali” (Fonte: “I Boschi delle regioni Alpine Italiane” di R. Del Favero ed altri 2004)
Figura 2.4.2/II: Estratto della “Carta delle precipitazioni medie annue” (Fonte: “I Boschi delle regioni Alpine Italiane” di R. Del Favero ed altri 2004)
Figura 2.4.2/III: Estratto della “Carta delle temperature medie annue” (Fonte: “I Boschi delle regioni Alpine Italiane” di R. Del Favero ed altri 2004)
Figura 2.4.2/IV: Estratto della “Carta delle fasce Altitudinali Funzionali della Vegetazione Forestale” (Fonte: “I Boschi delle regioni Alpine Italiane” di R. Del Favero ed altri
2004)
Tabella 2.4.3.1/I: Specie vegetali erbacee coltivate, anche saltuariamente, nel territorio (fonte: rilievo su campo e dati
di bibliografia)
Allium spp. Ocimum basilicum Petroselinum sativum Oryza sativa Eruca sativa
Phaseolus vulgaris Arachis hypogaea Festuca arundinacea Pisum spp. Cucumis melo
Asparagus officinalis Foenículum vulgare Poa spp. Avena spp. Fragaria spp.
Raphanus sativus Glycine max Secale cereale Brassica spp. Heliantus annuus
Solanum spp. Capsicum annuum Hordeum vulgare Sortghum spp. Cichorium spp.
Lactuca spp. Spinacia spp. Citrullus vulgaris Lolium spp. Trifolium spp.
Dactylis glomerata Triticum aestivum Cucurbita spp. Medicago sativa Triticum durum
Cynara cardunculus Nicotiana spp. Vicia faba Zea mais
Parte dei fossi, nonostante non venga coltivata, è comunque soggetta ad un periodico taglio, in
modo da limitare le componenti arboree e arbustive lungo di essi. La pulizia dei fossi viene
effettuata per evitare l’ostruzione dei fossi con conseguente esondazione dell’acqua. Inoltre
alcuni fossi, oltre ad essere sfalciati, sono soggetti a periodica pulizia del fondo con l’utilizzo di
un escavatore con una piccola benna. La pulizia dei fondi ha sicuramente un effetto sulla
vegetazione del fosso, poiché va ad eradicare le piante spontanee che riescono a radicare in
esso, lasciando un fondo fangoso ricoperto di terra. I fossi si presentano quindi composti dalla
sola componente erbacea lungo le sponde in alcune aree, mentre in altre zone sono presenti
anche le componenti arboree e arbustive.
Figura 2.4.3.1/VII: Tratto di fosso soggetto a sfalcio della componente erbacea e arbustiva, non di quella arborea.
Figura 2.4.3.1/XIX: Foto del fosso nei pressi dell’autostrada lungo la strada via Carbonara.
Figura 2.4.3.1/XXI: Vegetazione erbacea annuale infestante lungo il fosso nei pressi dell’autostrada.
Figura 2.4.3.1/XXIII: Foto di uno dei punti in cui il nuovo tracciato stradale incrocerà il fosso.
Figura 2.4.3.1/XXV: Foto di uno dei punti in cui il nuovo tracciato stradale incrocerà il fosso.
Figura 2.4.3.1/XXVII: Foto di uno dei punti in cui il nuovo tracciato stradale incrocerà il fosso.
Tabella 2.4.3.3/I: Elenco floristico delle specie rilevate nell’area vasta di studio
Introduzione
Lo studio ha indagato la zona di pianura veneta dove scorrono la fossa Fracastora e la Fossa
Giona, tra C.te Bernardette e l'Autostrada A22, ca. 1,5-2,0 km a ovest di Vigasio. L’area, situata
a ca. 37 m s.l. m, si inserisce in un contesto agrario di appezzamenti interrotti da strade
poderali sterrate e affossature. Strade e fossi fanno parte del complesso di opere inerenti alla
“sistemazione” del suolo che, in passato, oltre al primitivo disboscamento, ha reso coltivabili
questi suoli pianeggianti e che ha visto da una parte la realizzazione di una serie di opere volte
a risolvere il problema del tendenziale ristagno d’acqua, quindi idraulico, e dall’altra la
suddivisione del terreno in particelle. La superficie occupata da queste due componenti, non
potendo essere coltivata, va a far parte delle quote improduttive del fondo chiamate tare
(insieme alla superficie coperta dai fabbricati, dall’aia, dal letamaio,..). Per ovvi motivi, il
coltivatore dunque ha sempre cercato di ridurre al massimo questa parte di suolo per produrre
il più possibile. A questo tradizionale motivo, si è aggiunta la necessità di avvalersi di macchine
sempre più complesse e ingombranti, per cui negli ultimi decenni si è vista una drastica
rarefazione sia di fossi che di strade campestri.
Le affossature in pianura vascolarizzano, solcano, rigano e incidono il terreno agricolo
mediante una sorta di più o meno fitto reticolo scolante i cui componenti soggiacciono ad una
precisa gerarchia: le più piccole scaricano su una più grande, le più grandi su un’altra ancora
più ampia e così via sino a confluire in fiumi e canali che a loro volta si riversano in mare.
All’interno di un singolo fondo, le affossature vere e proprie, intese come cavità lineari, hanno il
principale scopo di liberare i terreni pianeggianti dall’eccesso di acqua e soprattutto dall’acqua
stagnante. Possono essere precarie, come i solchi acquai, che devono essere ripristinati ogni
volta che si lavora il terreno, oppure stabili. Nel tempo, con l’affermazione del modello di
Metodologia
L’indagine del sito ha comportato l’individuazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE
presenti nella zona, associata al rilevamento delle specie floristiche più rappresentative.
Particolare attenzione è stata inoltre riservata al censimento di eventuali specie rare e/o di
Lista Rossa.
L’area oggetto dello studio è stata percorsa dallo scrivente in data 24/12/2015. La raccolta dei
dati floristici si è avvalsa del sistema GPS mentre l’individuazione degli habitat Natura 2000 ha
avuto come base l’ortofoto di google earth più recente disponibile liberamente.
La nomenclatura adottata per le specie segue quella proposta da Pignatti, 1992.
Risultati
Si riporta qui di seguito la suddivisione in 4 settori dei fossi che scorrono nell’area oggetto di
studio in base alle caratteristiche morfologiche ed ecologiche riscontrate nei vari tratti dei corpi
idrici durante il sopraluogo (vedi Figura 2.4.3.3/I).
L'unico Habitat Natura 2000 rilevato è il codice 3260: Fiumi delle pianure e montani con
vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho- Batrachion.
L'unica specie di Lista Rossa della Provincia di Verona è Groenlandia densa che rientra nelle
specie a "basso rischio".
Per ciascun settore si riporta una breve descrizione dell’ambiente rilevato, gli habitat
eventualmente presenti e le specie più rappresentative censite.
Negli elenchi floristici sono riportate in grassetto le idrofite rinvenute nell'acqua corrente.
Descrizione:
tratto di fosso completamente interrato, privo di vegetazione acquatica e colonizzato dal
fragmiteto. La diversità floristica è ridotta, sono presenti specie igrofile comuni e di poco
interesse a livello conservativo.
Descrizione:
tratto di fosso completamente asciutto, privo di vegetazione acquatica, colonizzato dal
fragmiteto e invaso da rovi. La diversità floristica è scarsa. Sono presenti poche specie igrofile
e piuttosto banali. L’avanzato stadio di interramento favorisce l’insediamento di rovi e di specie
arbustive come il sambuco nero.
Le principali specie che compongono la copertura sono il platano (Platanus orientalis e P. x
acerifolia), il sambuco (Sambucus nigra) e il rovo (Rubus spp.), mentre nella zona adiacente
alla piccola area abbandonata sono presenti anche piante di robinia (Robinia pseudoacacia).
Tutte le piante arboree sono state ceduate in passato, per cui si presentano con numerosi
polloni di differenti età. Alcune piante sono state da poco tagliate ed il materiale tagliato è
ancora sul posto.
Descrizione:
affossature caratterizzate da poca acqua stagnante spesso legata a situazioni temporanee. La
natura effimera di questi fossi non consente l’affermazione della vegetazione acquatica. Di
basso interesse floristico vista la presenza di specie igrofile comuni non rilevanti a livello
conservativo.
Da quanto emerso dalle indagini, da specifici rilievi e dagli studi effettuati, si può asserire che
nell’area in cui è localizzato il progetto in esame e nei dintorni della medesima, la vegetazione
è costituita essenzialmente da specie coltivate o comunque antropofile, caratterizzata da un
Basso Indice di Naturalità.
Come ulteriore conferma di quanto precedentemente espresso sul valore della naturalità della
zona, al fine di determinare a livello numerico il valore naturalistico dei diversi tipi di
vegetazione presenti nell'area in esame, sono stati presi in considerazione alcuni parametri
espressi sotto forma di indici sintetici di tipo numerale.
In genere è possibile suddividere i parametri in due categorie, rappresentative della qualità (Q)
e della vulnerabilità (V), che combinate esprimono il valore naturalistico della vegetazione ed il
suo livello di criticità ovvero la sensibilità (S).
Per il calcolo della qualità e della vulnerabilità si è utilizzato il metodo additivo, sommando i
punteggi assegnati ad ogni attributo biologico secondo scale ordinali. La costruzione della scala
è arbitraria ma deve essere omogenea per tutti i parametri considerati. E’ stata scelta una
scala geometrica con quattro valori (1-2-4-8).
Per costruire una scala gerarchica della qualità e della vulnerabilità alla tipologia con punteggio
totale più elevato è stato attribuito un valore di 10 ed in rapporto a questo sono stati calcolati i
valori delle altre tipologie.
L'intervallo tra il valore massimo e quello minimo è stato suddiviso in cinque intervalli regolari
corrispondenti ad altrettante classi di qualità e vulnerabilità a cui è stato attribuito un
LIVELLO DI ATTENZIONE
Per l’analisi della sensibilità i diversi tipi di vegetazione considerati corrispondono alle
formazioni individuate nell’area di progetto, su base fisionomico-strutturale riportate di seguito:
VEG1 Fasce ripariali / Vegetazione acquatica: sono l'interfaccia tra la terra e un corpo acqueo
che scorre in superficie. Le comunità vegetali lungo i bordi del fiume sono chiamati
vegetazione ripariale, caratterizzata da piante idrofile. Le zone ripariali esistono in molte forme,
comprese la prateria, il terreno boscoso, la zona umida o perfino quella non vegetativa.
VEG2 Filari alberati: sono costituite da formazioni composite delle seguenti specie: sambuco
(Sambucus nigra), gelso (Morus spp.), pioppo (Populus spp.), tiglio (Tilia platyphyllos), robinia
(Robinia pseudaocacia), acero (Acer pseudoplatanus, Acer campestre) e bagolaro (Celtis
australis); si trovano ubicate tipicamente ai confini dei fondi agricoli.
VEG3 Colture arboree: tipicamente in questa zona di territorio le superfici a frutteto sono
coltivate prevalentemente a vite (Vitis spp.) e pesco (Prunus spp.).
VEG4 Colture erbacee: le colture erbacee maggiormente coltivate sono quelle a granoturco
(Zea mays) e soia (Soja hyspida).
VEG5 Vegetazione sin antropica: caratterizza gli incolti ed i terreni a riposo di colture principali
presenti nella zona della pianura veronese. Si tratta di popolamenti di specie appartenenti a
diversi gruppi di vegetazione che si insediano nei campi coltivati abbandonati.
Per quanto riguarda le colture a mais nel territorio preso in esame non è possibile parlare di
cenosi infestanti: il diserbo permette lo sviluppo di un numero assai limitato di specie, quali ad
esempio il panico (Panicum crus-galli) e la setaria (Setaria viridis) del tutto insufficienti a
costituire cenosi tipizzabili.
In linea del tutto teorica si potrebbe ipotizzare che la vegetazione infestante delle della zona,
come del resto in tutta la Pianura Padana, è inquadrabile nell’associazione Panico-Polygonetum
persicariae Pignatti 1953 le cui specie più comuni hanno un ciclo di tipo estivo-autunnale,
analogo a quello di Zea mays.
La coltura praticata sui terreni a riposo è quella di erba medica (Medicago sativa), per la quale
risulta indefinita le vegetazione delle specie infestanti, convergendo in essa entità appartenenti
a classi diverse (classe Stellarietea, classe Molinio-Arrhenatheretea, classe Artemisietea,
Compagne).
UNI2
UNI3
UNI4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
VEG1 X
VEG2 X
VEG3 X
VEG4 X
VEG5 X
Naturalità (Q2)
Come detto a proposito della vegetazione reale, l'utilizzo di questo termine ha un significato
relativo nell'area in esame. In questo caso si vuole esprimere il grado di presenza di specie
autoctone proprie della vegetazione naturale potenziale e il grado di spontaneità della
fitocenosi.
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La vicinanza al climax stazionale non è stata presa in stretta considerazione, come pure il
livello di complessità strutturale. In un territorio fortemente antropizzato è infatti del tutto
aleatorio stabilire per ogni formazione il tipo di vegetazione climax corrispondente.
NAT2
NAT3
NAT4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
VEG1 X
VEG2 X
VEG3 X
VEG4 X
VEG5 X
Stabilità (Q3)
Questo parametro rappresenta la capacità della vegetazione di mantenere le proprie
caratteristiche fisionomico-strutturali costanti nel tempo in assenza di perturbazioni esterne (ad
esempio il disturbo antropico). La scala utilizzata è la seguente:
STAB2
STAB3
STAB4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
VEG1 X
VEG2 X
VEG3 X
VEG4 X
VEG5 X
Risultati
La qualità totale e specifica Qs è riportata nella Tabella sottostante ed è pari alla somma dei tre
tipi di qualità sopra riportati.
Tabella 2.4.4/IX: Indicazione del punteggio complessivo di qualità per ogni classe vegetazionale
CARATTERIZZAZIONE
Q1 Q2 Q3 Q
VEGETAZIONALE
VEG1 2 8 4 14
VEG2 2 2 4 8
VEG3 1 1 1 3
VEG4 1 1 1 3
VEG5 1 1 1 3
CARATTERIZZAZIONE DELLA
PUNTI IDENTIFICAZIONE
RESISTENZA
Bassa resistenza 8 RES1
Resistenza medio-bassa 4 RES2
Media resistenza 2 RES3
Alta resistenza 1 RES4
RES2
RES3
RES4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
X
VEG1
X
VEG2
X
VEG3
X
VEG4
X
VEG5
V2) Resilienza
Rappresenta la capacità della vegetazione di ritornare alle condizioni iniziali, senza apporti
energetici, dopo aver subito una perturbazione esterna di degrado.
I punteggi sono stati assegnati secondo la seguente scala:
Tabella 2.4.4/XII: Indicazione della scala delle caratteristiche di resilienza.
RESIL1
RESIL2
RESIL3
RESIL4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
VEG1 X
VEG2 X
VEG3 X
VEG4 X
VEG5 X
V3) Ripristinabilità
Con questo parametro viene indicata la possibilità di ricostituire artificialmente la formazione
vegetale dopo che questa ha subito una perturbazione esterna.
La scala utilizzata è la seguente:
RIPRIS2
RIPRIS3
RIPRIS4
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
VEG1 X
VEG2 X
VEG3 X
VEG4 X
VEG5 X
Risultati
La vulnerabilità totale e specifica Vs è riportata nella Tabella sottostante è pari alla somma dei
tre tipi di vulnerabilità sopra riportati.
CARATTERIZZAZIONE
V1 V2 V3 V
VEGETAZIONALE
VEG1 4 4 4 12
VEG2 4 4 4 12
VEG3 8 1 1 10
VEG4 8 1 1 10
VEG5 8 1 1 10
Tabella 2.4.4/XVII: Indicazione del punteggio di sensibilità per ogni classe vegetazionale.
VULNERABILITA’
SENSIBILITA’SP
SENSIBILITA’
SENSIBILITA’
CLASSE DI
QUALITA’
CARATTERIZZAZIONE
VEGETAZIONALE
La maggior parte delle classi vegetazionali appartengono alla classe di sensibilità trascurabile,
mentre la classe riferita alle fasce ripariali ed alla vegetazione acquatica appartiene alla classe
di sensibilità media. Tale componente costituisce la rete ecologica tipica della pianura veneta,
caratterizzata da coltivi di tipo estensivo ed aree urbanizzate. L’elemento principale di
naturalità è rappresentato, appunto, dai fossi e dalla relativa vegetazione ripariale ed
acquatica.
Come evidenziato in precedenza, le specie di maggior interesse floristico presenti all’interno
dell’area vasta di studio si concentrano lungo i corsi d’acqua e al loro interno.
2.4.5.1 Vertebrati
L’ambiente agrario ospita un contingente faunistico piuttosto semplice, che si accomuna a
tutta la media-bassa pianura veneta.
La mancanza di elementi di pregio non permette l’insediamento di specie di particolare
interesse, anche dal punto di vista protezionistico. A questo quadro fa eccezione l’ambiente
idrico, dove è possibile, ma non accertabile, la presenza di micromammiferi legati all’acqua.
Tra gli insettivori, il riccio (Erinaceus europaeus), specie in aumento numerico, è comune nei
coltivi e vicino alle abitazioni.
Tra i toporagni è probabile la presenza del toporagno comune (Sorex araneus) e della crocidura
minore (Crocidura suaveolens), che comunemente sono presenti negli ambienti agrari.
Possibile, anche se difficile, la presenza del toporagno acquatico (Neomys anomalus), specie
legata agli ambienti acquatici freschi e poco inquinati, segnalata poco distante da Vigasio,
presso la zona di Isola della Scala.
Tra i Lagomorfi unico rappresentante è la lepre comune (Lepus europaeus), specie piuttosto
comune ed abbondante in tutta la pianura veneta.
Tra le specie di anfibi elencate, solo la rana di Lataste rientra nell'allegato II della Direttiva
Habitat relativa alla salvaguardia e alla conservazione della flora e della fauna selvatica
d’interesse comunitario.
Per contro quasi tutte le specie di anfibi elencate sono contenute nell'allegato IV della stessa
Direttiva e fanno parte di quelli animali che richiedono una protezione rigorosa.
Nell'appendice II della Convenzione di Berna rientrano il rospo smeraldino e la rana di Lataste.
Le rimanenti specie rientrano nell'appendice III di tale Convenzione.
Come già evidenziato la rana di Lataste risulta pure essere un endemismo italiano ed è inserita
nella Red List come specie vulnerabile secondo le categorie IUCN a causa dell'occupazione di
un territorio ristretto e dell'alterazione dell'habitat.
Questa specie è infatti minacciata dalla distruzione di molte delle originali foreste umide
decidue della Pianura Padana e della regione Istriana, dovuta allo sviluppo dell'agricoltura
estensiva incluso il drenaggio e la deforestazione (con frammentazione della popolazione).
Minacce aggiuntive alla specie sono l'introduzione di pesci predatori, l'abbassamento del livello
dell'acqua e l'inquinamento acquatico. La ridotta diversità genetica nelle popolazioni
occidentali può portare ad una maggiore vulnerabilità a malattie emergenti
(http://www.iucnredlist.org/).
Per quanto riguarda i rettili potenzialmente presenti nel sito, sono poche le specie legate
all'acqua: la testuggine palustre e quelle del genere Natrix.
Tutte le specie di sopra riportate sono a rischio minimo (LR/Ic) secondo le categorie IUCN o non
presentano alcun tipo di minaccia, eccezion fatta per la testuggine che rientra in categoria NT o
Figura 2.4.5.3/I: Check-list aggiornata delle specie della classe Aves segnalati nella provincia veronese (Fonte:
http://www.naturadiverona.org/atlanti/index.htm)
2
Fonte: http://www.naturadiverona.org/atlanti/index.htm.
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Specie nidificanti in Provincia di Verona Nidificazione
Coccothraustes
Frosone X
coccothraustes
Tabella 2.4.5.3/II: elenco, non esaustivo, delle principali specie di uccelli nidificanti nell’area vasta di indagine (fonte:
Atlante degli uccelli nidificanti in Provincia di Verona (1983-1987) di Paolo de Franceschi e allegato B dell’Atlante degli
uccelli nidificanti in Provincia di Verona del 2005.
Nidificazione
Specie potenzialmente nidificanti nell’area vasta d’esame
certa probabile possibile
ALLODOLA (Alauda arvensis) X
ALZAVOLA (Anas crecca) X
AVERLA PICCOLA (Lanius collurio) X
BALESTRUCCIO (Delichon urbica) X
BALLERINA BIANCA (Motacilla alba) X
BARBAGIANNI (Tyto alba) X
BECCAMOSCHINO (Cisticola juncidis) X
CANNAIOLA (Acrocephalus scirpaceus) X
CANNAIOLA VERDOGNOLA (Acrocephalus palustris) X
CANNARECCIONE (Acrocephalus arundinaceus) X
CARDELLINO (Carduelis carduelis) X
CIVETTA (Athene noctua) X
CORNACCHIA GRIGIA (Corvus corone cornix) X
CUCULO (Cuculus canorus) X
CUTRETTOLA (Motacilla flava) X
FAGIANO (Phasianus colchicus) X
FRINGUELLO (Fringilla coelebs) X
GALLINELLA D’ACQUA (Gallinula chloropus) X
GAZZA (Pica pica) X
MARTIN PESCATORE (Alcedo atthis) X
MERLO (Turdus merula) X
PASSERA D’ITALIA (Passer d. Italiane) X
PASSERA MATTUGIA (Passer montanus) X
PAVONCELLA (Vanellus vanellus) X
PENDOLINO (Remiz pendulinus) x
PIGLIAMOSCHE (Muscicapa striata) X
QUAGLIA (Coturnix coturnix) X
RIGOGOLO (Oriolus oriolus) X
RONDINE (Hirundo rustica) X
SALTIMPALO (Saxicola torquata) X
STARNA (Perdix perdix) X
Di seguito si riporta una tabella in cui è riportata l’appartenenza o meno delle specie sopra
elencate a Leggi, Convenzioni e Direttive di tutela, quali le Direttive 79/409/CEE denominata
“Uccelli”, integrata dalla successiva Direttiva 147/2009/CEE, la Direttiva 92/43/CEE denominata
“Habitat”, le Convenzioni Internazionali sulla conservazione delle specie di uccelli selvatici, ad
esempio quelle di Berna e di Bonn.
s pe c ie _ la t s pe c ie _ it
Per quanto riguarda la dicitura “CITES”, essa fa riferimento al Manuale Operativo “Modalità e
Procedure relative ai controlli in ambito doganale sul commercio internazionale di esemplari di
specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES), in attuazione del
Regolamento Comunitario n. 338/97 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna
selvatiche mediante il controllo del loro commercio”.
La Legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio” regola la caccia della fauna selvatica ed all’art 2, in particolare, elenca le specie di
mammiferi e di uccelli oggetto della tutela della presente legge, specie dei quali esistono
Per la valutazione della sensibilità si è scelto di considerare le specie indicate come nidificanti
(certe, probabili o possibili) riportate in tabella 2.4.5.3/II.
Per definire il valore naturalistico delle specie di uccelli sono stati considerati particolari
parametri (attributi biologici) espressi sotto forma di indici sintetici, di tipo numerale, con lo
scopo di risalire al valore naturalistico dell’intera comunità ornitica presente in un determinato
ambiente.
Riguardo agli indici sintetici, si possono distinguere due categorie: quelli che rappresentano la
qualità (Q) e quelli che rappresentano la vulnerabilità (V). Una volta assegnato il modo di
combinare insieme i vari indici, sarà possibile esprimere il valore naturalistico della fauna ed il
suo livello di criticità, ovvero la sensibilità (S). Per il calcolo della qualità e della vulnerabilità
complessiva si è deciso di utilizzare il metodo additivo, sommando i punteggi (valore numero
degli indici) assegnati ad ogni attributo biologico secondo scale ordinali.
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Gli attributi biologici relativi alla qualità ed alla vulnerabilità che si è deciso di considerare sono
quelli proposti da vari Autori (Brichetti e Garboli, 1992; Fornasari, 1996). I punteggi sono
assegnati agli attributi biologici secondo una scala aritmetica variabile da 0 a 3 (Fornasari,
1996). La qualità e la vulnerabilità faunistica derivano dalla somma dei tre punteggi relativi ai
rispettivi attributi biologici e possono assumere valori compresi tra 0 e 9.
La qualità specifica è data dalla somma dei tre precedenti parametri, come da seguente
formula:
Qs=Q1+Q2+Q3
L’attribuzione della classe di sensibilità (da trascurabile a critica) è stata fatta riportando i
valori su una scala da 0 a 100 dove 0 corrisponde al punteggio minimo possibile (pari a 0 punti)
e 100 al punteggio massimo possibile (pari a 81 punti). I valori percentuali finali sono stati
ripariti secondo la seguente scala ad intervalli (Fornasari, 1996).
Livello di attenzione
HABITAT Ap.2
HABITAT Ap.4
BERNA Ap.2
BERNA Ap.3
LISTA ROSSA
BONN Ap.2
L. 157/92
specie_it
SPEC
specie_lat
Dir. Ucc. all. I: Allegato I della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30
novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
Berna all. II, Berna all. III: Allegati II e/o III della Convenzione relativa alla Conservazione della Vita
Selvatica e dell’Ambiente Naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 e ratificata con la
Legge Nazionale 5 agosto 1981, n. 503.
Bonn App. II: Appendice II della Convenzione relativa alla Conservazione delle Specie Migratrici di Animali
Selvatici, adottata a Bonn il 26 ottobre 1985 e ratificata con la Legge Nazionale 25 gennaio 1983 n. 42.
Specie
Specie
minacciata
vulnerabile o Specie a status
di Specie non rispondente ai criteri precedenti
rara per indeterminato per l'Italia
estinzione
l'Italia
in Italia
Specie
compresa
a
qualunque SPEC1
titolo nella SPEC2 SPEC 3 Specie con priorità di
lista rossa secondo conservazione SPEC 4 e NON
mondiale Tucker e secondo Tucker e Hearth secondo Tucker e Hearth SPEC secondo Tucker e Hearth
o Hearth (1994) (1994) (1994)
minacciata (1994)
di
estinzione
in Europa
Specie particolarmente
Specie particolarmente
protette dalla
protette dalla legislazione
legislazione italiana e Specie escluse dall'elenco di quelle particolarmente
italiana (L. 157/92) che non
che rientrano nelle protette dalla legislazione italiana
rientrano nelle categorie
categorie più elevate(L.
più elevate
157/92 art. 2)
Punti 3
Punti 2
Punti 1
Punti 0
Specie
Tabella 2.4.5.3/IX: Identificazione della corologia delle specie di uccelli secondo la classificazione corologica di Boano
G. & Brichetti P., 1989 e Boano G., Brichetti P. & Micheli A. ,1990 e relativo valore di Q2.
VALORI
COR1
COR2
COR3
COR4
DI Q2
Specie
Dalla tabella sopra riporta si evince il fatto che la Passera d’Italia ha un endemismo di scala
nazionale, cioè è una specie che vive solo in Italia, sia pure con elevati numeri e distribuito su
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un ampio territorio. Quanto più ristretto è l’areale della specie endemica, tanto più la specie è
da considerarsi rara in assoluto.
Tabella 2.4.5.3/X: Indicazione della classificazione della rarità su scala provinciale che si è scelta per l’attribuzione dei
punteggi della rarità a livello sub-regionale.
Tabella 2.4.5.3/XI: Identificazione della rarità a livello provinciale secondo l’Atlante degli uccelli nidificanti in provincia
di Verona (anno 2005) e relativi valori di Q3.
VALORI
QUAD1
QUAD2
QUAD3
QUAD4
DI Q3
Specie
QUALITÀ QS
La qualità totale e specifica Qs è riportata nella tabella sottostante ed è pari alla somma dei tre
tipi di qualità riportati di sopra.
Qs=Q1+Q2+Q3
Tabella 2.4.5.3/XII: Individuazione dei punteggi assegnati alla qualità Qs per ciascuna specie di uccelli.
Q1
Q2
Q3
Qs
Specie
V1 ABBONDANZA
Per la determinazione di questo attributo si è considerato il numero di specie con nidificazione
certa all’interno della tavoletta dell’I.G.M. utilizzata per il censimento delle specie di uccelli
presenti nel territorio provinciale veronese, secondo l’Atlante degli uccelli nidificanti in
provincia di Verona (De Franceschi P. (1994)) ed il successivo parziale aggiornamento
dell’Atlante del 2005. I punteggi relativi alle diverse classi di abbondanza sono stati assegnati
secondo la seguente tabella.
Tabella 2.4.5.3/XIII: Indicazione della classificazione dell’abbondanza e attribuzione dei punteggi relativi.
Tabella 2.4.5.3/XIV: Individuazione dell’appartenenza delle classi di abbondanza per ciascuna specie di uccelli e
relativo valore di V1.
Valori di
ABB1
ABB2
ABB3
ABB4
V1
Specie
Tabella 2.4.5.3/XV: Individuazione della classificazione relativa all’estensione dell’habitat e relativa attribuzione dei
punteggi
Tabella 2.4.5.3/XVI: Individuazione dei punteggi per ciascuna specie di uccelli in relazione all’estensione dell’habitat e
relativi valori di V2.
Valori di
HAB1
HAB2
HAB3
HAB4
V2
Specie
V3 FRAGILITÀ
Questo attributo esprime la suscettibilità della specie considerata nei confronti di alterazioni
ambientali anche ridotte e comunque non strutturali (che dunque non modificano la struttura
fisica del territorio considerato). E’ stata, infatti, considerata una fragilità di tipo funzionale, che
si verifica quando le relazioni di tipo ecosistemico vengono compromesse.
Contribuirà ad innalzare la fragilità una ridotta resilienza (capacità di recupero della specie) che
può dipendere da un alto grado di sedentarietà, spesso associata ad una forte specializzazione
della specie nell’habitat di riferimento. Verrà inoltre presa in considerazione la distribuzione
areale dell’habitat della specie di uccello in relazione al territorio provinciale. Pertanto, una
distribuzione areale marginale nel territorio indagato si tradurrà in una maggiore fragilità.
Per l’attribuzione dei punteggi relativi alle diverse classi di fragilità, si veda la seguente tabella:
Tabella 2.4.5.3/XVIII: Individuazione delle classi di fragilità per ogni specie di uccelli e relativi punteggi di V3.
Valori di
FRA1
FRA2
FRA3
FRA4
V3
Specie
VULNERABILITÀ VS
La vulnerabilità totale e specifica Vs è riportata nella tabella seguente ed è pari alla somma dei
tre tipi di vulnerabilità riportati di sopra.
Vs=V1+V2+V3
V2
V3
Vs
Specie
Tabella 2.4.5.3/XX: Valori assegnati alla caratterizzazione di qualità e vulnerabilità della fauna ornitica. Calcolo della
sensibilità.
normalizzata
Vulnerabilità
Sensibilità
sensibilità
Giudizio
Qualità
a 100
Specie
Nell’area d’insediamento delle compagini di progetto non sono stati rilevati particolari habitat o
segni di nidificazione delle suddette specie. Ad ogni modo la realizzazione di quanto in progetto
non comporta alterazioni significative alla vegetazione locale ed alle componenti di avifauna ivi
presenti: i fossati, con la relativa vegetazione, saranno prevalentemente mantenuti, come le
aree agricole che si ricorda essere ambienti già altamente condizionati dalla presenza
antropica.
2.4.5.4 Ittiofauna
I popolamenti ittici presenti nei corsi d’acqua di origine sorgiva hanno caratteristiche
particolari, in quanto risultano con temperature piuttosto basse e lievi oscillazioni termiche,
molto limpide ed ossigenate, una variabilità elevata di granulometria fondale, che crea una
diversificazione del popolamento vegetale, ricco anche in relazione alla velocità della corrente.
Queste caratteristiche permettono l’instaurarsi di reti trofiche complesse, con un numero
elevato di unità sistematiche relative ai macroinvertebrati, capaci di soddisfare le esigenze di
molte specie ittiche che in queste acque possono convivere. I tratti superiori dei corsi d'acqua
di risorgiva della media pianura veronese vengono classificati come una zona a spinarello.
L'ittiofauna è rappresentata tipicamente dallo spinarello (Gasterosteus aculeatus), ormai
divenuto ovunque raro, dal luccio (Esox lucius), dal panzarolo (Padogobius martensii) e dal
ghiozzo padano (Padogobius martensii). Specie accompagnatorie sono la lampreda padana
(Lampetra zanandreai), anch’essa specie rara e protetta, nonché quelle della zona a Ciprinidi
limnofili e in particolare, il triotto (Rutilus erythrophthalmus o Rutilus aula), la scardola
(Scardinius erythrophthalmus) e il cavedano (Leuciscus cephalus).
Altre specie potenzialmente presenti sono: l’anguilla (Anguilla anguilla), l’alborella (Alburnus
alburnus alborella), il pesce gatto (Ictalurus melas), il cobite comune (Cobitis taenia) e il cobite
mascherato (Sabanejewia larvata), tra le specie alloctone il carassio dorato (Carassius auratus)
e il rodeo amaro (Rhodeus sericeus).
CYPRINIDAE
Triotto Rutilus aula
Alborella Alburnus alburnus alborella
Cavedano Leuciscus cephalus
Tinca Tinca tinca
Scardola Scardinius erythrophthalmus
Carassio dorato Carassius auratus
Barbo comune Barbus plebejus Direttiva Habitat - All. II, All. V BERNA Ap.3
Carpa Cyprinus carpio Lista Rossa IUCN: VU
COBITIDAE
Cobite comune Cobitis taenia Direttiva Habitat - All. II BERNA Ap.3
ESOCIDAE
Luccio Esox lucius
GOBIIDAE
Ghiozzo padano Padogobius martensii BERNA Ap.3
Panzarolo Knipowitschia punctatissimus
PERCIDAE
Persico reale Perca fluviatilis
Fra tutte le specie, solo la carpa Cyprinus carpio risulta inclusa nella lista rossa IUCN, dove è
segnalata come VU- Vulnerabile.
In alcune fosse all’interno dell’area vasta di studio è stata rilevata la presenza del Gambero di
fiume Austropotamobius pallipes (Lereboullet, 1858). Questa è una specie tipica dell’Europa
occidentale ed in rarefazione in tutto il suo areale distributivo. In Italia è presente come
sottospecie Austropotamobius pallipes italicus (Faxon, 1984) in tutto il territorio nazionale.
Il tipico habitat del Gambero di fiume è rappresentato dalle acque correnti, limpide, fresche e
ben ossigenate. Colonizza preferibilmente torrenti con fondali duri ricoperti di limo, ma si
adatta anche a fondali fangosi e ad ambienti lacustri.
Oltre a questa specie di gambero, è stata rilevata anche la presenza del Gambero della
California. Quest’ultimo, originario del Nord America-Canada, è stato introdotto in Europa nel
1860. Successivamente si è stabilito in Svezia, Finlandia, Francia, Spagna, Russia e Isole
Britanniche e nella maggior parte dei casi ha sostituito la specie autoctona.
Il Gambero della California colonizza corsi d’acqua a lento scorrimento, grandi fiumi, laghi di
pianura ed alpini; tollera anche acque a bassa salinità. La maturità sessuale precoce, la lunga
carriera riproduttiva e la velocità di crescita ne hanno fatto un gambero ideale per
l’allevamento e sta sostituendo la specie autoctona Astacus astacus in molti Paesi europei.
2.4.5.5 Invertebrati
Gli invertebrati, e in particolare gli insetti, costituiscono il gruppo zoologico più importante, sia
per diversità specifica che per biomassa.
NOTA Di COROLLARIO:
Invertebrati acquatici e Indice Biotico Esteso I.B.E.. ".Fonte: Studio Impatto Ambientale “Parco
della Logistica Avanzata District Park”.
Gli invertebrati dei corsi d’acqua sono animali che vivono, almeno una parte della loro vita, su
substrati disponibili utilizzando meccanismi di adattamento in grado di resistere alla corrente.
Gli invertebrati vengono suddivisi in microinvertebrati e macroinvertebrati: i microinvertebrati
raramente superano il millimetro di lunghezza.
Il valore di I.B.E. è dato dal valore corrispondente alla casella che si trova all’incrocio della riga
di entrata orizzontale con la colonna di entrata verticale. I valori 1-12 sono suddivisi in cinque
Classi di Qualità delle acque. Ad ogni classe corrisponde un giudizio di qualità e un determinato
colore per la redazione di una mappa della qualità delle acque.
Dai rilievi effettuati nello Studio Impatto Ambientale “Parco della Logistica Avanzata District
Park”. si può dedurre che tutti i fossi e gli scoli campionati, interessati dalle opere oggetto del
presente studio, risultano appartenere a una classe di valore mediamente elevata e quindi
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vanno protetti e preservati, soprattutto la fossa Giona che risulta essere quella più naturale con
la più alta percentuale di taxa presenti e di conseguenza quella con minor impatto antropico.
3
fonte: Geoportale Regione Veneto
4
http://serverbau.bio.uniroma1.it/gisbau/ren.php
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CATEGORIA CORINE LAND COVER
CATEGORIA
SPECIE E
CLC5
IDONEITÀ DELL’HABITAT
Fenologia nidificante
Lanius
collurio 231
Averla 322
piccola
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Saxicola 212
torquatus 231
Saltimpalo 322
5
Categoria Cotine Land Cover con alta o media idoneità presente nel buffer di valutazione
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CATEGORIA CORINE LAND COVER
CATEGORIA
SPECIE E
CLC5
IDONEITÀ DELL’HABITAT
Anas
platyrhynch
os 511
Germano
reale
Fenologia nidificante
Anas
querquedul
a /
Marzaiola
Perdix
231
perdix Fenologia nidificante Fenologia sedentaria
322
Starna
Fenologia nidificante
Coturnix
coturnix 231
Quaglia 322
comune
Phasianus 212
colchicus
Fenologia nidificante Fenologia sedentaria 231
Fagiano
comune 322
Fenologia nidificante
Ixobrychus
minutus 511
Tarabusino
Fenologia nidificante
Nycticorax
311
nycticorax Fenologia svernante
511
Nitticora
Fenologia nidificante
Ardeola
ralloides 311
Sgarza 511
ciuffetto
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Egretta
311
garzetta
511
Garzetta
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Fenologia nidificante
Ardea
311
purpurea
511
Airone rosso
Circus
aeruginosus 212
Falco di 511
palude
Circus
cyaneus
Nessun dato REN /
Albanella
reale
Falco
columbarius Nessun dato REN /
Smeriglio
Rallus
aquaticus
511
Porciglione
eurasiatico
Fenologia nidificante
Porzana
parva
/
Schiribilla
eurasiatica
Gallinula
chloropus 212
Fenologia nidificante Fenologia svernante
Gallinella 511
d'acqua
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Fulica atra
Folaga
eurasiatica 511
o folaga
comune
Himantopus
himantopus
Fenologia nidificante /
Cavaliere
d'Italia
Pluvialis
apricaria
Nessun dato REN /
Piviere
dorato
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Vanellus
212
vanellus
231
Pavoncella
Fenologia svernante
Numenius
arquata
Nessun dato REN /
Chiurlo
maggiore
Larus
ridibundus 212
Fenologia nidificante Fenologia svernante
Gabbiano 511
comune
Columba
Fenologia nidificante Fenologia sedentaria
livia
Piccione /
selvatico
occidentale
Columba
palumbus 212
Fenologia nidificante Fenologia svernante
Colombacc 311
io
Tortora dal /
collare o
tortora
orientale
Streptopelia
turtur 212
Fenologia nidificante
Tortora 311
comune
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Alcedo
atthis
Martin 511
pescatore
comune
Calandrella
brachydact
yla Fenologia nidificante 231
Calandrella
Fenologia svernante
Fenologia nidificante
Alauda 212
arvensis 231
Allodola 322
Fenologia nidificante
Fenologia svernante
Turdus
merula 311
Merlo
Turdus pilaris
311
Cesena
Lanius minor
Fenologia nidificante
Fenologia sedentaria
Garrulus
glandarius 311
Ghiandaia
Pica pica
Fenologia nidificante Fenologia sedentaria 212
Gazza
Corvus
cornix
Nessun dato REN /
Cornacchia
grigia
Sturnus
vulgaris 212
Fenologia nidificante Fenologia svernante
Storno 231
comune
Pipistrellus 122
kuhlii
212
Pipistrello
albolimbato 322
Mustela 311
putorius
322
Puzzola
europea 511
Triturus
carnifex
311
Tritone
322
crestato
italiano
Bufo viridis
Rospo /
smeraldino
Hyla
intermedia 311
Raganella 322
italiana
Pelophylax 212
synkl.
Esculentus 322
Lacerta
bilineata
/
Ramarro
occidentale
Podarcis
muralis
311
Lucertola
muraiola
Hierophis
311
viridiflavus
322
Biacco
Natrix
tessellata 212
Biscia 511
tassellata
Rana
latastei 311
Rana di 511
Lataste
2.4.5.7 Conclusioni
Da quanto emerso dalle indagini e dagli studi effettuati, si può asserire che nel territorio in cui
si insedierà il progetto in esame non sono state rilevate specie faunistiche rare o in via
d’estinzione. La fauna presente è costituita essenzialmente da specie normalmente gravitanti
in aree di pianura. In particolare si segnala la presenza di una zona di ripopolamento e cattura
di fasianidi e lepori.
Tutti e due questi ecosistemi rappresentano un habitat umano nel senso che rappresentano
ecosistemi di origine antropica la cui struttura e dinamica sono direttamente controllate
dall'uomo. Unica eccezione è rappresentata dall’ecosistema di acqua dolce rappresentato dai
limitrofi corsi d’acqua, rappresentati dai fossi presenti nel contesto agricolo.
La mappa delle unità ecosistemiche è stata ricavata da un sopralluogo nell’area vasta di studio
e di seguito si riportano le caratteristiche principali per ciascun ecosistema riscontrato:
Nel proseguo della relazione saranno esaminate anche le aree soggette a tutela più vicine
all’area di progetto, quali:
1. L’ecosistema dei Fontanili di Povegliano;
2. L’ecosistema dei Fiumi Tartaro e Tione.
Tra siepe e campo si instaura un sistema source-sink: è il caso di un mosaico rurale come
quello presente nell’area analizzata in cui possono verificarsi certe concentrazioni di uccelli
attratti da abbondante cibo nei campi, ma queste popolazioni non possono riprodursi in questi
ambienti e, per altro, gli ambienti forestali ove di solito si riproducono sono indisponibili. La
siepe, o la ripa in questo caso, funziona da patch source.
Ecologicamente non esiste una linea netta di divisione tra campo ed elementi naturali,
sviluppandosi piuttosto una zona ecotonale definibile come zona di transizione tra elementi
paesaggistici diversi. Queste zone, come è noto, sviluppano una grande attività biologica e
svolgono un ruolo rilevante.
Proprio attraverso le fasce ecotonali si sviluppano, infatti, i maggiori flussi di energia: acqua,
spore, semi, animali, ecc. che fluiscono da un elemento all'altro del mosaico ambientale.
Relativamente al territorio in questione, le fasce ecotonali risultano essere ridotte in superficie
al limite inesistenti poiché gli eventuali elementi naturali,come le siepi delle fasce ripariali,
sono costretti ai margini dei campi.
l sistema campo/elementi naturali ha un indice di resistenza più elevato delle strutture formate
da soli campi coltivati, anche se minore ovviamente di quella di un bosco. Ma deve essere
detto che la stabilità di resilienza è importante quanto quella di resistenza (Haber e Klomp) in
quanto i sistemi che ne sono dotati resistono meglio ai disturbi esterni, perchè, in alcuni casi,
più flessibili.
In questa luce se misuriamo attraverso l'indice di Biopotenzialità (B.T.C.) (Ingegnoli, V.) – il
sistema campo-siepe ha un indice più basso, per esempio, di quello di un bosco che svolge dal
punto di vista biologico analoghe funzioni. Il che indica una minor evoluzione del sistema ma
una più elevata capacità di recupero.
La presenza di una vegetazione naturale e/o naturaliforme, in alcune specifiche organizzazioni
agricole, può dare una serie di ulteriori vantaggi dal punto di vista microclimatico, idraulico ed
idrogeologico, della produzione secondaria ed ultimo ma non ultimo dal punto di vista scenico
Tabella 2.4.6.1/I: Stima teorica degli equivalenti energetici del cibo ottenibile da diversi ecosistemi che si sono
succeduti nelle aree agricole italiane.
Sebbene l’agro-ecosistema della pianura veronese possieda una sua unitarietà, al suo interno
sono distinguibili diversi habitat e/o biotopi quali:
• i campi a coltura annua, caratterizzati dalla presenza prevalente di un’unica specie
vegetale, che varia di anno in anno, provocando modifiche, con medesima periodicità,
delle altre specie vegetali (“infestanti”), animali (fitofagi e loro utilizzatori) e fungine, con
particolare sviluppo di alcune specie di fitofagi e saprofagi. Gli output di materia ed
energia sono molto elevati, favoriti anche dalle periodiche lavorazioni dei terreni che,
oltre ad eliminare la flora spontanea, provocano l’interramento della sostanza organica e
una sua più rapida ossidazione.
• i campi a coltura poliennale, costituiti essenzialmente da vigneti, frutteti, pioppeti e
campi di foraggere, che permangono anche per 10÷30 anni sul medesimo terreno,
favorendo quindi l’instaurarsi di biocenosi relativamente più stabili, anche se comunque
caratterizzate da una elevata semplificazione e da predominanti influssi antropici.
• le piante arboree isolate o a filari, che hanno caratteristiche simili all’habitat sopra
descritto, ma una situazione nettamente più instabile per la limitata estensione e la forte
influenza dei biotopi limitrofi.
L’azione umana può modificare, e spesso modifica, gli habitat e i biotopi dell’agroecosistema,
trasformandoli l’uno nell’altro attraverso la variazione delle colture, l’impianto o la
soppressione della vegetazione arborea e le opere di bonifica, anche a livello aziendale.
É quindi opportuno considerare l’agroecosistema nel suo complesso, come sopra accennato,
evitando differenziazioni tra i sottosistemi che assumono solo valore transitorio e comunque
non possiedono le necessarie caratteristiche di completezza e stabilità. Le caratteristiche
ecologiche dell’agroecosistema nel territorio esaminato non presentano sostanziali differenze
con quelle tipiche degli agroecosistemi che possono realizzarsi in condizioni analoghe.
L’agroecosistema è invece completamente diverso dall’ecosistema naturale che dovrebbe
essere presente nell’area in esame in assenza di intervento umano.
Poiché, come si diceva, l’ecosistema è un insieme di relazioni tra la componente abiotica e
quella biotica, il valore della sensibilità ecosistemica, dunque, deriva dalla correlazione dei
valori di qualità e vulnerabilità della componente vegetale, della comunità ornitica nidificante e
dei fattori abiotici come per esempio la protettività nei confronti della falda acquifera
sottostante da parte della componente vegetale dell’ecosistema.
Il valore della sensibilità dell’ecosistema agricolo è stato quindi ipotizzato essere uguale al solo
valore della componente faunistico/vegetazionale presente.
In aggiunta all’attività agricola intensiva, nell’area vasta di studio sono presenti allevamenti
zootecnici, generalmente di bovini ed avicoli, che causano la necessità di spandere su questi
terreni grandi quantità di deiezioni. Questo fenomeno ha causato, e causa tutt’ora, una
contaminazione dovuta ad inquinanti di origine zootecnica, sia nei suoli che nelle acque
superficiali e sotterranee, come peraltro puntualmente rilevato nel piano di tutela delle acque
(tav. 19 PTA).
Si riportano di seguito delle immagini relative all’area vasta di studio, esemplificative
dell’attività agricola intensiva presente.
Foto 2.4.6.1/II: coltivazioni lungo il corso di una fossa presente nell’area vasta di studio
UNITA' ECOSISTEMICHE
Allodola 6 6 6
Alzavola 4
Averla piccola 6 6
Balestruccio 4
Ballerina bianca 3
Barbagianni 6 6
Beccamoschino 7 7
Cannaiola comune 6
Cannaiola verdognola 7
Cannareccione 6
Cardellino 4 4
Civetta 8
Cornacchia grigia 1 1
Cuculo 4 4
Cutrettola 4 4 4
Fagiano 3 3 3
Fringuello 4
Gallinella d'acqua 3
Gazza 3 3 3
Martin pescatore 4
Merlo 2 2 2
Passera d'Italia 3
Passera mattugia 4 4
Pavoncella 7 7 7
Pendolino 6
Pigliamosche 3 3
Quaglia 4
Rigogolo 4 4
Rondine 2
Saltimpalo 3 3
Starna 7 7 7
Storno 4 4
Tarabusino 5
Topino 4 4
Torcicollo 5 5
Tortora dal collare 4 4
Nuclei Ecositema
Agroecosistemi Nuclei
Siepi arborei e d'acqua Incolto
intensivi urbani
arbustivi dolce
valore
Qc/numero di Classe di scala
unità ecosistemica normalizzato
specie qualità cromatica
a 10
UNITA' ECOSISTEMICHE
Allodola 1 1 1
Alzavola 9
Averla piccola 6 6
Balestruccio 0
Ballerina bianca 1
Barbagianni 6 6
Beccamoschino 7 7
Cannaiola comune 9
Cannaiola verdognola 5
Cannareccione 8
Cardellino 4 4
Civetta 6
Cornacchia grigia 2 2
Cuculo 7 7
Cutrettola 8 8 8
Fagiano 5 5 5
Fringuello 4
Gallinella d'acqua 5
Gazza 7 7 7
Martin pescatore 7
Merlo 1 1 1
Passera d'Italia 0
Passera mattugia 3 3
Pavoncella 8 8 8
Pendolino 6
Pigliamosche 7 7
Quaglia 4
Rigogolo 8 8
Rondine 1
Saltimpalo 3 3
Starna 8 8 8
Storno 0 0
Tarabusino 7
Topino 9 9
Torcicollo 7 7
Tortora dal collare 3 3
Nuclei Ecositema
Agroecosistemi Nuclei
Siepi arborei e d'acqua Incolto
intensivi urbani
arbustivi dolce
valore
Qc/numero di Classe di scala
unità ecosistemica normalizzato
specie qualità cromatica
a 10
MEDIO-
Agroecosistemi intensivi 4,9 6,7 4
ALTA
MEDIO- 4
Siepi 5,0 6,8
ALTA
Nuclei abitati 3,7 5,0 MEDIA 3
Nuclei arborei e arbustivi in
6,0 8,1 ALTA 5
degrado
Ecosistema d'acqua dolce 7,4 10,0 ALTA 5
Incolto 6,3 8,5 ALTA 5
livello di attenzione
Le classi di sensibilità faunistica sono state attribuite utilizzando la stessa scala di valori
percentuali adottata per la sensibilità specifica (Ss).
I risultati relativi al calcolo della sensibilità faunistica complessiva (Sc) sono riportati di seguito:
Nuclei urbani
Allodola 6 6 6
Alzavola 36
Averla piccola 36 36
Balestruccio 0
Ballerina bianca 3
Barbagianni 36 36
Beccamoschino 49 49
Cannaiola comune 54
Cannaiola verdognola 35
Cannareccione 48
Cardellino 16 16
Civetta 48
Cornacchia grigia 2 2
Cuculo 28 28
Cutrettola 32 32 32
Fagiano 15 15 15
Fringuello 16
Gallinella d'acqua 15
Gazza 21 21 21
Martin pescatore 28
Merlo 2 2 2
Passera d'Italia 0
Passera mattugia 12 12
Pavoncella 56 56 56
Pendolino 36
Pigliamosche 21 21
Quaglia 16
Rigogolo 32 32
Rondine 2
Saltimpalo 9 9
Starna 56 56 56
Storno 0 0
Tarabusino 35
Topino 36 36
Torcicollo 35 35
Tortora dal collare 12 12
Nuclei Ecositema
Agroecosistemi Nuclei
Siepi arborei e d'acqua Incolto
intensivi urbani
arbustivi dolce
valore
Qc/numero di Classe di scala
unità ecosistemica normalizzato
specie qualità cromatica
a 10
MEDIO-
Agroecosistemi intensivi 25,9 7,4 4
ALTA
Siepi 20,3 5,8 MEDIA 3
Nuclei abitati 14,7 4,2 MEDIA 3
Nuclei arborei e arbustivi in
29,2 8,3 ALTA 5
degrado
Ecosistema d'acqua dolce 35,2 10,0 ALTA 5
Incolto 30,9 8,8 ALTA 5
livello di attenzione
1,7 km ca.
1,8 km ca.
Figura 2.4.6.3/I: Rappresentazione della distanza fra il SIC/ZPS IT3210008 Fontanili di Povegliano e l’area di progetto e
le bretelline di progetto.
Figura 2.4.6.3/II: Individuazione del SIC/ZPS “Fontanili di Povegliano”. Fonte: sito web Ministero dell’Ambiente.
Nel Formulario Standard del sito è stato rilevato un solo Habitat Natura 2000, fatto non
confermato dalla successiva Cartografia degli Habitat elaborata dalla Regione Veneto, nella
quale è stata riscontrata la presenza di un altro habitat, il 91E0 *Foreste alluvionali di Alnus
glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-padion, Alnion incanae, Salicion albae).
Di seguito si riporta una breve descrizione degli habitat riscontrati:
3260: Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho-
Batrachion
Questo habitat include i corsi d'acqua, dalla pianura alla fascia montana, caratterizzati
da vegetazione sommersa o galleggiante di Ranunculion fluitantis e Callitricho-
Batrachion (con bassi livelli di acqua nel periodo estivo) o con muschi acquatici. Si
tratta, in generale, di acque in cui la corrente è più o meno veloce, da fresche a tiepide,
tendenzialmente meso-eutrofiche, in cui le comunità vegetali, quasi sempre radicanti, si
dispongono spesso formando tipici pennelli in direzione del flusso d’acqua. Gli ambienti
che rientrano in questo tipo sono caratterizzati da portata quasi costante, non
influenzati da episodi di piena, spesso in zone di risorgiva.
Vulnerabilità e indicazioni gestionali: Gli ambienti acquatici sono notoriamente tra i più
sensibili ai fattori inquinanti. In particolare il carico di nutrienti, oltre ad eventuali e
comunque deleteri metalli pesanti o sostanze organiche tossiche, determina condizioni
di eutrofizzazione prontamente rivelate dall’impoverimento floristico e dalla scomparsa
delle specie sentinella. Spesso i danni sono di tipo indiretto e si manifestano
gradualmente in quanto derivanti da alterazioni della falda, successive a emungimenti e
prelievi. Da segnalare l’indubbia valenza attrattiva dei paesaggi fluviali con macrofite
acquatiche.
91E0 *Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-padion, Alnion incanae,
Salicion albae)
Questo habitat comprende diversi tipi di boschi igrofili caratterizzanti le fasce ripariali
dei fiumi in pianura e dei torrenti in montagna (fino a circa 1500 m). Si tratta di alneti di
ontano bianco e/o nero, alno-frassineti, salici-populeti e saliceti a Salix alba. Queste
formazioni ripariali si sviluppano su suoli pesanti in corrispondenza di depositi alluvionali
con matrice limoso-sabbiosa, soggetti a periodiche inondazioni, ben drenati nei periodi
di magra ma senza la siccità estiva che tollerano i consorzi individuati con il codice
3240. Lo strato erbaceo è rappresentato da specie di taglia robusta che talora formano i
consorzi di 6430 e, nelle stazioni ben conservate, da un ricco corredo di geofite a
fioritura primaverile.
Vulnerabilità e indicazioni gestionali: Anche le foreste ripariali vengono governate a
ceduo e interventi piuttosto pesanti rischiano di favorire la diffusione della robinia (pur
Figura 2.4.6.3/III: Cartografia degli Habitat (Dir. 92/43/CEE) del SIC/ZPS “Fontanili di Povegliano” sulla base dei dati
della Regione Veneto.
FLORA
Nell’ecosistema del fontanile è possibile trovare oltre 300 specie di vegetali appartenenti a
diverse tipologie: alghe, piante acquatiche, arbusti e alberi. Il biotopo è principalmente
occupato da vegetazione sommersa di ranuncoli dei fiumi submontani e delle pianure come il
Ranunculion fluitantis e la Callitricho-Batrachion. Trattandosi di aree particolari i fontanili
FAUNA
La zona intorno al fontanile rappresenta un ambiente di rifugio di grande importanza per molti
animali: pesci, insetti, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Numerosissimi sono gli insetti tra i
quali i più comuni e conosciuti sono la zanzara (Culex spp.), le varie specie di libellula dagli
splendidi colori e lo zanzarone degli orti (Tipula oleracea ) che, nonostante le grosse
dimensioni, non punge né succhia sangue. Gli abitanti acquatici più caratteristici del fontanile
restano comunque i pesci: il Luccio (Esox lucius), la Tinca (Tinca tinca), il Ghiozzo (Padogobius
martensii), ecc. Infatti è un ambiente perfetto per la riproduzione di quasi tutti i pesci di
pianura che risalgono spesso per chilometri le risorgive provenienti dai fiumi dove si trovano.
Lucci, persici reali, carpe, tinche, ma spesso anche cavedani e barbi cercano questi ambienti
tranquilli perché garantiscono un migliore successo riproduttivo. I pesci sanno, infatti, che nella
risorgiva le uova non andranno perse con la piena stagionale e le piogge di maggio e giugno e
che gli avannotti avranno tanta vegetazione a disposizione per sfuggire ai predatori.
Passando dall’acqua alla terra non si può non accennare agli anfibi come il Rospo (Bufo bufo),
la Rana verde (Rana lessonae) e il Tritone punteggiato (Triturus vulgaris); mentre i rettili
presenti sono: il Ramarro (Lacerta viridis), la Biscia dal collare (Natrix natrix) e la Lucertola dei
Muri (Podarcis muralis). Altri animali legati all’ambiente acquatico sono uccelli come: la
Gallinella d’Acqua (Gallinula chloropus), il Germano Reale (Anas platyrynchos) e l’Airone
cinerino (Ardea cinerea) . È presente anche la Saxicola Torquata, il saltimpalo, che è un uccello
in grave pericolo a causa della diffusione sempre più massiccia di colture intensiva ha fatto e
sta facendo sparire le condizioni ambientali gradite alla specie.
Infine è importante ricordare che nel fontanile è possibile studiare anche una fauna particolare
costituita da tutti quegli animali che popolano la falda d’acqua sotterranea: crostacei,
molluschi, anellidi come la sanguisuga e il Tubiflex Tubiflex, un vermetto rosso lungo qualche
decina di millimetri.
Altre specie importanti di pesci segnalate sono Orsinigobius punctatissimus e Padogobius
martensi.
Nella tabella succesiva sono elencate le specie incluse nella direttiva “Habitat” e nella direttiva
“Uccelli”.
6
La rotta della Cucca del 17 ottobre 589 è stata una disastrosa alluvione causata dallo straripamento dell'Adige che,
secondo la tradizione storiografica veneta, sarebbe stata la causa dello sconvolgimento idrografico che tra il VI e l'VIII
secolo modificò sostanzialmente il panorama fluviale del basso Veneto. La Cucca che dà il nome alla rotta è l'attuale
Veronella, presso la quale anticamente passava un meandro dell'Adige oggi abbandonato.
CLASSI DI DESTINAZINE D’USO Valori limite assoluti di Valori limite di Valori di qualità
DEL TERRITORIO immissione emissione
I – Aree particolarmente 50 40 45 35 47 37
protette
V- Aree prevalentemente 70 60 65 55 67 57
industriali
I valori limite riportati in tabella non si applicano al rumore prodotto dalle infrastrutture di
trasporto all’interno delle rispettive fasce territoriali di pertinenza mentre valgono per le
singole sorgenti sonore diverse dalle infrastrutture di trasporto anche quando il ricettore è
all’interno della fascia di pertinenza.
I livelli della tabella precedente- ridotti di 5 dB(A) – definiscono i valori limiti di emissione che
devono essere applicati al rumore generato da ogni singola sorgente (con l’esclusione delle
infrastrutture di trasporto).
I livelli differenziali7, Ldiff, misurati all'interno degli ambienti abitativi, non devono superare i
limiti fissati dal DPCM 14/11/1997, Art. 4, comma 1:
Per Lamb si intende il livello di pressione sonora equivalente, pesato in curva A, misurato con
tutte le sorgenti sonore rumorose in funzione, compresa quella ritenuta disturbante.
Per Lres si intende il livello di pressione sonora equivalente, pesato in curva A, misurato con
tutte le sorgenti sonore rumorose in funzione, ad esclusione di quella ritenuta disturbante.
Figura 2.5.3.1/III: Stralcio zonizzazione acustica dell’area di interesse – Comune di Nogarole Rocca.
A - autostrada 250 m 50 40 65 55
C - extraurbana C1 250 m 50 40 65 55
secondaria C2 150 m 50 40 65 55
E - urbana di quartiere 30 m Definiti dal Comune nel rispetto dei valori in Tabella C del
DPCM 14.11.97 e comunque in modo conforme alla
F - locale 30 m zonizzazione acustica delle aree urbane (art. 6 Legge
447/1995).
La tabella che segue riporta invece i limiti fissati per le infrastrutture esistenti.
- 100 m fascia A 70 60
A - autostrada 50 40
- 150 m fascia B 65 55
100 m fascia A 70 60
CA 50 40
C - extraurbana 150 m fascia B 65 55
secondaria 100 m fascia A 70 60
CB 50 40
150 m fascia B 65 55
D - urbana di DA 100 m - 70 60
50 40
scorrimento DB 100 m - 65 55
8 CA: strade a carreggiate separate e tipo IV CNR 1980; CB: tutte le altre strade extraurbane secondarie; DA: strade a carreggiate separate e interquartiere; DB: tutte le altre
Definendo W la potenza sonora alla sorgente, l’intensità I dell’energia sonora è data da:
W
I=
4πr 2
dove r è la distanza espressa in metri.
Sia ora LW il livello di potenza sonora riferito ad una potenza W0 = 10-12 Watt:
W
Lw = 10 log
W0
Indicato con Lp il livello di pressione sonora:
p I
L p = 20 log ≅ 10 log
p0 I0
Il livello di pressione sonora a distanza, ricordando che l’intensità di riferimento è 10-12 Wm-2,
può essere allora espresso dalla seguente relazione:
( )
L p = Lw − 10 log 4πr 2 ≅ Lw − 20 log(r ) − 11
nella quale r è espresso in metri.
Da questa relazione si calcola quale sia la riduzione della pressione in funzione della distanza.
Questa riduzione è causata semplicemente dalla divergenza geometrica delle onde sonore.
Attenuazione in eccesso
Nella propagazione libera delle onde sonore, oltre all’attenuazione imputabile alla divergenza
che abbiamo descritto, si hanno altre riduzioni del livello che sono quindi considerate in
eccesso rispetto a quanto prevedibile sulla base della sola divergenza.
Le cause dell’attenuazione in eccesso sono molteplici:
• Attenuazione per riflessione del terreno;
• Attenuazione per la presenza di ostacoli/rilievi;
• Assorbimento atmosferico, Ae1;
• Precipitazioni o nebbie, Ae2;
• Presenza di vegetazione Ae3;
• Fluttuazioni dovute al vento, ai gradienti di temperatura, a turbolenza atmosferi-ca, ecc
Ae4.
Di seguito verranno analizzate le varie tipologie di attenuazioni in eccesso.
Assorbimento atmosferico
L’energia sonora nell’aria viene gradualmente trasformata in energia termica soprattut-to
attraverso meccanismi di vibrazione delle molecole d’ossigeno: ciò provoca il cosid-detto
Precipitazioni o nebbie
L’attenuazione in eccesso dovuta a questi fattori può ritenersi trascurabile.
Presenza di vegetazione
Quando sia la sorgente che l’osservatore si trovano ad una distanza ridotta dal suolo esiste un
sensibile effetto di attenuazione del terreno, esaltato dalla presenza di vegetazione fitta (erbe,
cespugli, alberi).
Disomogeneità, fluttuazioni
Le variazioni della temperatura dell’aria con la quota e la diversa velocità del vento possono
influenzare in maniera rilevante la propagazione del suono all’aperto. Un fronte d’onda che si
propaga con una certa direzione dalla sorgente al di sopra di una superficie piana viene piegato
verso l’alto, se la velocità del suono diminuisce con la quota, o verso il basso se invece la
velocità del suono aumenta con la quota. Se il fronte d’onda si piega verso l’alto si formeranno
delle zone d’ombra acustica viceversa se piega verso il basso si avranno dei cospicui rinforzi
rispetto ai livelli relativi ad aria omogenea.
Q DIR
LDIR = LW + 10 log 2
4πrDIR
2 ⋅δ 2 ⋅δ ⋅ f
N= =
λ c
Dove λ è la lunghezza d’onda, c la velocità del suono che in aria vale 340 m/s, f è la frequenza
e δ è il percorso dell’onda diffratta meno quello dell’onda diretta. Quindi:
δ = SB + BR − SR
All’aumentare di f cresce l’attenuazione.
Tra attenuazione e numero di Fresnel, quindi, esiste una legge lineare; essa è descritta dal
diagramma di Maekawa e dalle relative formule:
se la sorgente è puntiforme
∆LBAR = 10 log[3 + 20 N ]
se la sorgente è lineare
∆L BAR = 10 log[2 + 5.5 N ]
Attraverso il modello Maekawa si calcola l’attenuazione prevista sui ricettori più vicini.
KPA KI
Strade
Sono state utilizzate sorgente di tipo pseudo-lineari così come definite dallo standard NMPB
Routes -2008.
Il TGM è stato calcolato tramite i dati dichiarati nel capitolo dedicato.
Le zone Origine / Destinazione sono definite come segue:
Zona 01: Uscita casello autostrada A22;
Zona 02: S.P. n. 52;
Zona 03: S.P. n. 24;
Zona 04: S.P. n. 25;
Zona 05: S.P. n. 24;
Zona 06: S.P. n. 50b in Trevenzuolo;
Zona 07: S.P. n. 50a (Strada Guasto) in Trevenzuolo;
Zona 08: S.P. n. 3 in Pradelle di Nogarole Rocca;
Zona 09: Via Mediana in Nogarole Rocca;
Zona 10: Via Olmo;
Zona 11: Via Dante;
Zona 12: Via Crocetta;
Ai fine dalla valutazione di impatto acustico, le zone di traffico n. 6 e 7 sono state accorpate, la
n. 13 è stata esclusa e successivamente riattribuita al District Park per mantenere coerenza
formale con i successivi scenari.
O/D 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
2 63 0 0 126 0 0 0 723 0 0 0 0
8 0 0 0 0 199 0 1614 0 0 0 0 0
10 0 0 168 0 157 0 0 0 0 0 0 0
11 0 0 0 115 0 692 0 0 0 0 0 0
12 0 0 0 734 0 0 0 0 0 0 1509 0
Parcheggi
I parcheggi sono stati caratterizzati tramite lo standard tedesco Parkplatzlarmstudie del 2007. I
parametri di tipologia e spettro di emissione tipici come da modello LFU Bayern 2007.
Sorgenti industriali
Le emissioni artigianali/industriali esistenti sono state assimilate a sorgenti puntuali. Tale
approssimazione non produce errori apprezzabili nel “campo lontano” pertanto, considerando
la posizione dei ricettori rispetto alle fonti di rumore si può considerare l’approssimazione come
“accettabile”.
Lo standard di propagazione utilizzato per le sorgenti puntuali è tratto dalla norma tecnica
ISO9313-2 del 1996.
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 33306.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 01/05/2013 12.44.54
20
20
10
LAeq = 67.4 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
110
P1-1D - LAFmax
dBA
P1-1D - LASmax
100
P1-1D - LAeq
90 P1-1D - LAeq
80
70
60
50
40
30
12.44.54 hms 14.44.54 16.44.54 18.44.54 20.44.54 22.44.54
P1-1D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 12.44.55 09:15:06 67.4 dBA
Non Mascherato 12.44.55 09:15:06 67.4 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 28800.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 01/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 60.9 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-1N - LAFmax
dBA
P1-1N - LASmax
90
P1-1N - LAeq
80 P1-1N - LAeq
70
60
50
40
30
20
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-1N
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 22.00.01 08:00:00 60.9 dBA
Non Mascherato 22.00.01 08:00:00 60.9 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
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Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 02/05/2013 6.00.00
20
20
10
LAeq = 68.8 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-2D - LAFmax
dBA
P1-2D - LASmax
90
P1-2D - LAeq
P1-2D - LAeq
80
70
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50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00 18.00.00 20.00.00 22.00.00
P1-2D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 6.00.01 16:00:00 68.8 dBA
Non Mascherato 6.00.01 16:00:00 68.8 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
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Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 02/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 60.7 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-2N - LAFmax
dBA
P1-2N - LASmax
80
P1-2N - LAeq
P1-2N - LAeq
70
60
50
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30
20
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-2N
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Nome Inizio Durata Leq
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Non Mascherato 22.00.01 08:00:00 60.7 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 57600.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 03/05/2013 6.00.00
20
20
10
LAeq = 69.2 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-3D - LAFmax
dBA
P1-3D - LASmax
90
P1-3D - LAeq
P1-3D - LAeq
80
70
60
50
40
30
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P1-3D
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Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
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Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 03/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 62.0 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-3N - LAFmax
dBA
P1-3N - LASmax
90
P1-3N - LAeq
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70
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30
20
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P1-3N
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Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
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Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 04/05/2013 6.00.00
20
20
10
LAeq = 68.2 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
110
P1-4D - LAFmax
dBA
P1-4D - LASmax
100
P1-4D - LAeq
90 P1-4D - LAeq
80
70
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50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00 18.00.00 20.00.00 22.00.00
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Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 28800.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 04/05/2013 22.00.00
20
20
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LAeq = 63.7 dB 10
MAF
0
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Frequency
Annotazioni:
90
P1-4N - LAFmax
dBA
P1-4N - LASmax
80
P1-4N - LAeq
P1-4N - LAeq
70
60
50
40
30
20
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-4N
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 22.00.01 08:00:00 63.7 dBA
Non Mascherato 22.00.01 08:00:00 63.7 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 57600.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 05/05/2013 6.00.00
20
20
10
LAeq = 67.0 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-5D - LAFmax
dBA
P1-5D - LASmax
90
P1-5D - LAeq
P1-5D - LAeq
80
70
60
50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00 18.00.00 20.00.00 22.00.00
P1-5D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 6.00.01 16:00:00 67.2 dBA
Non Mascherato 6.00.01 14:28:06 67.0 dBA
Mascherato 20.28.07 01:31:54 68.5 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 28800.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 05/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 59.3 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-5N - LAFmax
dBA P1-5N - LASmax
80 P1-5N - LAeq
P1-5N - LAeq
70
60
50
40
30
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-5N
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 22.00.01 08:00:00 62.7 dBA
Non Mascherato 2.16.02 03:43:59 59.3 dBA
Mascherato 22.00.01 04:16:01 64.4 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 57600.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 06/05/2013 6.00.00
LAeq = 69.5 dB 10
10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
100
P1-6D - LAFmax
dBA
P1-6D - LASmax
90
P1-6D - LAeq
P1-6D - LAeq
80
70
60
50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00 18.00.00 20.00.00 22.00.00
P1-6D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 6.00.01 16:00:00 70.0 dBA
Non Mascherato 6.00.01 13:15:18 69.5 dBA
Mascherato 16.29.59 02:44:42 71.7 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 28800.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 06/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 60.0 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-6N - LAFmax
dBA P1-6N - LASmax
80 P1-6N - LAeq
P1-6N - LAeq
70
60
50
40
30
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-6N
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 22.00.01 08:00:00 60.0 dBA
Non Mascherato 22.00.01 08:00:00 60.0 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 57600.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 07/05/2013 6.00.00
20
20
10
LAeq = 69.1 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-7D - LAFmax
dBA P1-7D - LASmax
80 P1-7D - LAeq
P1-7D - LAeq
70
60
50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00 18.00.00 20.00.00 22.00.00
P1-7D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 6.00.01 16:00:00 69.1 dBA
Non Mascherato 6.00.01 16:00:00 69.1 dBA
Mascherato 00:00:00 0.0 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 28800.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 07/05/2013 22.00.00
20
20
10
LAeq = 62.1 dB 10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-7N - LAFmax
dBA P1-7N - LASmax
80 P1-7N - LAeq
P1-7N - LAeq
70
60
50
40
30
22.00.00 hms 0.00.00 2.00.00 4.00.00 6.00.00
P1-7N
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 22.00.01 08:00:00 61.3 dBA
Non Mascherato 22.00.01 03:54:28 62.1 dBA
Mascherato 1.54.29 04:05:32 60.4 dBA
Località: Vigasio
Strumentazione: 831 0001890
Durata misura [s]: 32880.0
Nome operatore: ing. Andrighetti Michele
Data, ora misura: 08/05/2013 6.00.00
LAeq = 69.5 dB 10
10
MAF
0
10Hz20 50 100 200 500 1K 2K 5K 10K 20K
Frequency
Annotazioni:
90
P1-8D - LAFmax
dBA P1-8D - LASmax
80 P1-8D - LAeq
P1-8D - LAeq
70
60
50
40
30
6.00.00 hms 8.00.00 10.00.00 12.00.00 14.00.00 16.00.00
P1-8D
LAeq
Nome Inizio Durata Leq
Totale 6.00.01 09:08:00 69.4 dBA
Non Mascherato 6.00.01 07:57:07 69.5 dBA
Mascherato 6.16.41 01:10:53 68.4 dBA
File ricettore_sud.CMG
80
Inizio 09/05/13 15.01.18
dB
20
LAeq = 48.1 dB
0
20H z
3 1.5H z
50H z
80H z
125H z
200H z
315H z
500H z
800H z
1.25kH z
2kH z
3.15kH z
5kH z
8kH z
12.5kH z
20kH z
#1 Leq 1s A GIO 09/05/13 15h01m18 41.8dB GIO 09/05/13 16h13m42 53.5dB
#1 Fast Max 1s A GIO 09/05/13 15h01m18 41.9dB GIO 09/05/13 16h13m42 59.3dB
#1 Slow Max 1s A GIO 09/05/13 15h01m18 39.7dB GIO 09/05/13 16h13m42 53.2dB
#1 Impuls 1s A GIO 09/05/13 15h01m18 42.5dB GIO 09/05/13 16h13m42 61.1dB
80
70
60
50
40
30
15h10 15h20 15h30 15h40 15h50 16h00 16h10
Note:
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(1) 831_Data.015 - LAeq
(1) 831_Data.015 - LAeq - Running Leq
70
dBA
60
50
40
17:20:59 hms 19:20:59 21:20:59
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 50,0 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(2) 831_Data.015 - LAeq
(2) 831_Data.015 - LAeq - Running Leq
70
dBA
60
50
40
30
22:00:00 hms 00:00:00 02:00:00 04:00:00 06:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 49,0 dB
30 30
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(3) 831_Data.015 - LAeq
(3) 831_Data.015 - LAeq - Running Leq
90
dBA
80
70
60
50
40
06:00:00 hms 08:00:00 10:00:00 12:00:00 14:00:00 16:00:00 18:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 53,5 dB
#1062 Leq 1s A THU 17/12/15 18h43m18 54.9dB THU 17/12/15 19h18m54 55.9dB
60
59
58
57
56
55
54
53
52
51
50
18h45 18h50 18h55 19h00 19h05 19h10 19h15
Spectrum
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 55,0 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
831_Data.016_1new - LAeq
831_Data.016_1new - LAeq - Running Leq
80
dBA
70
60
50
40
30
18:33:44 hms 20:33:44
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 52,0 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(2) 831_Data.016 - LAeq
(2) 831_Data.016 - LAeq - Running Leq
70
dBA
60
50
40
30
22:00:00 hms 00:00:00 02:00:00 04:00:00 06:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 44,5 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(3) 831_Data.016 - LAeq
(3) 831_Data.016 - LAeq - Running Leq
80
dBA
70
60
50
40
30
06:00:00 hms 08:00:00 10:00:00 12:00:00 14:00:00 16:00:00 18:00:00 20:00:00 22:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 51,5 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(4) 831_Data.016 - LAeq
(4) 831_Data.016 - LAeq - Running Leq
70
dBA
60
50
40
30
22:00:00 hms 00:00:00 02:00:00 04:00:00 06:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 43,5 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(5) 831_Data.016 - LAeq
(5) 831_Data.016 - LAeq - Running Leq
80
dBA
70
60
50
40
30
06:00:00 hms 08:00:00 10:00:00 12:00:00 14:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 51,0 dB
#1062 Leq 1s A MON 21/12/15 18h09m17 64.1dB MON 21/12/15 18h44m20 54.8dB
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
18h10 18h15 18h20 18h25 18h30 18h35 18h40
Spectrum
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 70,5 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(1) 831_Data.017 - LAeq
(1) 831_Data.017 - LAeq - Running Leq
90
dBA
80
70
60
50
40
30
15:40:27 hms 17:40:27 19:40:27 21:40:27
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 64,5 dB
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(2) 831_Data.017 - LAeq
(2) 831_Data.017 - LAeq - Running Leq
80
dBA
70
60
50
40
30
22:00:00 hms 00:00:00 02:00:00 04:00:00 06:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 62,5 dB
30 30
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(3) 831_Data.017 - LAeq
(3) 831_Data.017 - LAeq - Running Leq
90
dBA
80
70
60
50
40
30
06:00:00 hms 08:00:00 10:00:00 12:00:00 14:00:00 16:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 69,0 dB
30 30
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(1) 831_Data.018 - LAeq
(1) 831_Data.018 - LAeq - Running Leq
90
dBA
80
70
60
50
40
17:40:08 hms 19:40:08 21:40:08
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 64,5 dB
30 30
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(2) 831_Data.018 - LAeq
(2) 831_Data.018 - LAeq - Running Leq
90
dBA
80
70
60
50
40
30
22:00:00 hms 00:00:00 02:00:00 04:00:00 06:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 63,5 dB
30 30
20 20
10 10
MAF
0
8 16 31.5 63 125 250 500 1K 2K 4K 8K 16K
(3) 831_Data.018 - LAeq
(3) 831_Data.018 - LAeq - Running Leq
100
dBA
90
80
70
60
50
40
06:00:00 hms 08:00:00 10:00:00 12:00:00 14:00:00 16:00:00 18:00:00
KT 0 dB KB 0 dB KI 0 dB Lc = 67,0 dB
C.TE BERNARDETTE
VIGASIO
Figura 2.6/I: posizione dei recettori civili (in verde), rispetto alle sorgenti. I punti in blu sono i ricettori discreti. Indicati
con la freccia i due ricettori discreti sui cui sono stati calcolati i rischi per la salute umana.
Pertanto nel presente capitolo si analizzeranno i rischi attribuibili alla contaminazione dell’aria,
all’aumento del rumore e al rischio di inquinamento accidentale del suolo, oltre a stilare un
quadro generale della situazione attuale della salute pubblica.
Alcuni effetti sono difficilmente dimostrabili in quanto soggetti ad ampia variabilità sia di reale
comparsa dei sintomi, sia in rapporto alla diversa sensibilità individuale degli esposti.
In tabella 5.6.1/I sono riportati per l’Europa e per i Paesi industrializzati, di cui fa parte l’Italia i
dati relativi alla quota di mortalità e il numero di morti attribuibili all’inquinamento atmosferico,
stimati dall’OMS e relativi alle patologie ad esso correlabili.
Malattie cardiopolmonari
frazione attribuibile 2% 2% 2% 2%
totale morti attribuibili 37.000 41.000 31.000 33.000
Mortalità totale
frazione attribuibile 1% 2% 1% 1%
totale morti attribuibili 42.000 42.000 39.000 37.000
Nel presente studio si può ritenere che la frazione di morti attribuibili all’inquinamento
atmosferico sia sovrapponibile a quella dei Paesi industrializzati e quindi stimabile intorno al
3%, al 2% e all’ 1% rispettivamente per la mortalità per cancro trachea, bronchi e polmone, per
la mortalità da patologie cardiopolmonari e per la mortalità totale: a tali valori si fa riferimento
nel presente studio.
Benzene
Il primo step in una valutazione del rischio sanitario è la definizione delle dosi assunte dai
recettori individuati e la caratterizzazione degli stessi.
Senza entrare in dettagli facilmente reperibili in letteratura, la dose assunta o meglio
l’esposizione (Intake) è espressa come massa del COC su peso corporeo per giorno [mg/(kg x
giorno)] ed è definita dalla seguente relazione:
Cair ⋅ IR ⋅ ET ⋅ EF ⋅ ED ⋅ 0,001mg / µg
I=
BW ⋅ AT ⋅ 365 gg / anno
Cair = concentrazione in aria ambiente del COC [ g/m3]
IR = coefficiente di inalazione [m3/h]
ET = tempo di esposizione [ore/anno]
EF = frequenza dell’esposizione [giorni/anno]
ED = durata dell’esposizione [anni]
BW = peso corporeo [kg]
AT = durata dell’esposizione [anni]
Tasso di inalazione
outdoor [m3/h] IR 0,9 0,7 3,2 1,9 2,5
Frequenza giornaliera di
esposizione outdoor
[h/giorno] ET 24 24 3 3 8
Frequenza di esposizione
[giorni/anno] EF 350 350 350 350 250
Durata di esposizione
[anni] ED 24 6 24 6 25
Tempo medio di
esposizione per le
sostanze cancerogene
[anni] ATcanc 70 70 70 70 70
Tempo medio di
esposizione per le
sostanze non
cancerogene [anni] ATnon canc 24 6 24 6 25
Per considerare le diverse nature dei rischi cancerogeni e tossici, devono essere usate delle
concentrazioni differenti: in particolare le medie annuali per il rischio cancerogeno (effetti a
lungo termine prodotti dall’esposizione prolungata) e i massimi orari per il rischio tossico
(effetti a breve termine prodotti da un’elevata esposizione estemporanea).
La curva dose-risposta è la relazione esistente tra la dose di un particolare COC e l’incidenza di
un effetto avverso alla salute. Tale valutazione è intesa a determinare la natura e l'incidenza
degli effetti avversi nella popolazione "bersaglio". Ciò solitamente si ottiene da studi
sperimentali su animali, essendo insufficienti i dati disponibili che si riferiscono all'uomo.
A causa delle differente natura delle sostanze a carattere tossico rispetto a quelle a carattere
cancerogeno le relazioni dose-risposte tra le due categorie sono molto diverse.
Per le sostanze tossiche esiste infatti una soglia al disotto della quale non si manifestano effetti
avversi (NOEL No Observed Effect Level) anche a seguito di esposizioni prolungate.
Ottenuto il NOEL da analisi di laboratorio e dividendolo per un opportuno fattore di incertezza
(tra 10 e 1000) si ricava la Reference Dose (RfD) [mg/(kg x g)], quantità giornaliera di un
composto chimico che, assunta da una persona per tutto il periodo della vita, appare essere
priva di apprezzabili rischi per la salute.
Per quello che concerne invece le sostanze chimiche cancerogene, è comunemente accettato
che anche una sola molecola possa indurre la formazione di cellule tumorali. La stima del
rischio è ottenuta da due fattori:
• la potenzialità cancerogena e
Per questa categoria di sostanze la curva dose-risposta può essere ricavata solamente per alti
dosaggi, ai bassi dosaggi si deve ricorrere necessariamente a tecniche statistiche per
estrapolare la risposta. Non essendoci quindi una dose soglia si ricorre allo Slope Factor (SF)
[(mg/(kg x g))-1], definito come il coefficiente di correlazione tra l’effetto incrementale di
Per quanto concerne, invece, il pericolo connesso all’esposizione a sostanze tossiche si deve
valutare se l’Intake calcolato è inferiore alla Reference Dose della sostanza in esame attraverso
il calcolo del quoziente di pericolo (HQ Hazard Quotient) che deve essere inferiore a 1:
1.00E+00 1.00E+00
1.00E+00 1.00E+00
8.00E-01 8.00E-01
6.00E-01 6.00E-01
4.00E-01 4.00E-01
2.00E-01 2.00E-01
4.99E-02
2.11E-02 1.92E-02 9.39E-03 6.50E-03 1.46E-02 2.11E-02 1.92E-02 9.39E-03 6.50E-03
0.00E+00 0.00E+00
adulto res bambino res adulto ricr bambino ricr adulto lav soglia adulto res bambino res adulto ricr bambino ricr adulto lav soglia
Figura 2.6.1/II: Rischio tossico cumulato da inalazione benzene, Corte Bernardette a sx, Vigasio a dx
1.00E-06 1.00E-06
1.00E-06 1.00E-06
8.00E-07 8.00E-07
6.00E-07 6.00E-07
4.72E-07
4.29E-07
4.00E-07 4.00E-07
3.25E-07
2.66E-07
2.41E-07
2.10E-07
1.83E-07
2.00E-07 1.45E-07 2.00E-07
1.18E-07
8.18E-08
0.00E+00 0.00E+00
adulto res bambino res adulto ricr bambino ricr adulto lav soglia adulto res bambino res adulto ricr bambino ricr adulto lav soglia
Figura 2.6.1/III: Rischio cancerogeno cumulato da inalazione benzene, Corte Bernardette a sx, Vigasio a dx
Polveri sottili
Il valore di PM10 al quale si stima che non siano associati effetti sulla salute è di 15 µg/m3
(Global Burden of Disease, Comparative Quantification of Mortalità and Burden of Disease
Attributable to Selected Major Risk Factors, pag 244). L’OMS Europa propone come valore
guida 20 µg/m3 per la media annuale e 50 µg/m3 come valore medio giornaliero da non
superare per più di 3 giorni l’anno: a questi livelli di contaminazione non dovrebbero essere
osservati effetti sulla salute, sia di tipo acuto che cronico (Air Qualità Guidelines, Global update
2005, pag. 175).
Attualmente si ritiene che il modello predittivo più idoneo per stimare gli effetti delle variazioni
di contaminazione sia di tipo lineare semplice. In tabella 5.6.1/II sono riportati i coefficienti di
incremento dei casi in rapporto all’incremento della contaminazione da PM10.
Tabella 2.6.1/III: Valori di riferimento dei coefficienti per il calcolo dei casi attribuibili in rapporto alle modificazioni della
contaminazione da PM10.
Variabile Incremento
Nei recettori civili considerati si nota come il contributo da traffico veicolare sia assolutamente
al di sotto di tale soglia.
Ossidi di azoto
In studi di popolazione il biossido di azoto è stato associato con effetti cronici ed acuti.
Il valore guida stabilito dall’OMS per la concentrazione media annua, per altro recepito anche
dalla normativa italiana, è di 40 µg/m3: tale valore, nelle attuali condizioni, è un compromesso
fra la minimizzazione degli effetti dell’ esposizione cronica e la possibilità di raggiungerlo con le
tecnologie a disposizione. Vi è da sottolineare che risulta difficile con gli studi a disposizione
scorporare l’effetto del biossido di azoto da quello degli altri inquinanti che vengono liberati
dalle medesime sorgenti (ad esempio polveri sottili).
In esperimenti condotti sull’uomo, la concentrazione alla quale sembra si verifichino effetti
acuti è stata stimata superiore a 500 µg/m3 orario, mentre una meta-analisi condotta su studi
ecologici riporta un valore di 200 µg/m3 come valore medio orario: tale valore, recepito dalle
normative nazionali sembra di garanzia per la tutela da effetti acuti.
Attualmente, a causa della difficoltà di separare il contributo del biossido di azoto da quello di
altri inquinanti non sono disponibili dati relativamente all’incremento di casi di malattia in
rapporto all’incremento della contaminazione specifica.
Nei recettori civili considerati si nota come il contributo da traffico veicolare sia assolutamente
al di sotto di tale soglia.
Tabella 2.6.2/I: Stima del grado di associazione tra rumore da traffico veicolare e incidenza di infarto del miocardio,
ottenuta con studi prospettici.
Per quanto concerne il suolo ed il sottosuolo, si consiglia, nel caso si verificasse un’emergenza
con spandimento di inquinanti (es. guasto di un mezzo d’opera oppure incidente di automezzi
con sversamento di sostanze liquide), l’utilizzo di materiale assorbente e/o la raccolta del suolo
eventualmente contaminato; i suddetti materiali (possibile identificazione con la
Dec.2000/532/CE e s.m.i. CER 150203 oppure 150203: comunque da definire in fase di attività)
verranno così adeguatamente raccolti e smaltiti in appositi centri autorizzati. In ogni caso
verranno garantite le seguenti operazioni, al fine di evitare ogni possibile tipo di inquinamento
per la falda sottostante l’attività del comparto
• le riparazioni e/o manutenzioni ordinarie dei mezzi verranno effettuate in una officina
coperta ed adeguatamente pavimentata;
• regolamentazione del traffico per evitare incidente tra mezzi.
Per quanto concerne la falda sotterranea, va ricordato che la risorsa idrica utilizzata per fini
idropotabili viene estratta dal sottosuolo a profondità elevate (oltre i 150 m di profondità dal
piano campagna), questo proprio per ovviare ai problemi connessi con eventuali sversamenti
superficiali di inquinanti, per lo più connessi con le attività zoo-tecniche presenti nel territorio.
Pertanto anche un eventuale inquinamento della falda presente nel primo sottosuolo dell’area
investigata non comporterebbe problematiche relative alla salute pubblica.
Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per
malattie dell'apparato circolatorio - VIGASIO malattie dell'apparato circolatorio - TREVENZUOLO
130 130
125 125
120 120
115 115
110 110
BMR
BMR
maschi maschi
105 105
100 femmine 100 femmine
95 95
90 90
85 85
1981-1990 1991-2000 1981-1990 1991-2000
10
Atlante di mortalità regionale. Regione del Veneto, anni 1991-2000.
BMR
maschi
105
100 femmine
95
90
85
1981-1990 1991-2000
Figura 2.6.4/I: Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per malattie dell'apparato cirolatorio (se BMR=100, in linea
con media regionale)
La figura 5.6.5/II mostra i decessi causati da malattie respiratorie nel comprensorio territoriale
analizzato. La tendenza generale è quella di avere valori sotto la media regionale, a parte la
mortalità femminile a Trevenzuolo e Nogarole Rocca. (ND: non determinata).
Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per
malattie dell'apparato respiratorio - VIGASIO malattie dell'apparato respiratorio - TREVENZUOLO
130 130
125 125
120 120
115 115
110 110
BMR
BMR
maschi maschi
105 105
100 femmine 100 femmine
95 95
90 90
85 85
1981-1990 1991-2000 1981-1990 1991-2000
maschi
105
100 femmine
95
90
85
1981-1990 1991-2000
Figura 2.6.4/II: Mortalità reale rispetto alla mortalità attesa per malattie dell'apparato respiratorio (se BMR=100, in
linea con media regionale)
11
Convenzione Europea del Paesaggio del 2000
1-Corte Carbonara
2 Corte Vò di Rua
Nel 1665 le dimensioni dell’azienda aumentano fino ad arrivare a 413 campi dei quali 269 ad
uso di risaia, dimensione che porterà i manufatti architettonici ad assumere una struttura che è
rimasta praticamente invariata nei suoi elementi principali fino ad oggi.
Figura 2.7.3.1/II: vista aerea e dell'ingresso alla corte di Villa Rossi a Vò di Rua.
La medesima torre, perno dell’edificio, va inoltre considerata fulcro generatore del complesso:
si trattava di una consueta torre abitativa edificata da proprietari cittadini a presidio del fondo
agrario.L’elegante cornice – posatoio intermedia (in cotto con dentellatura e mensole a
gradino) indica che l’edificio aveva altresì funzione di colombaia.
Proprietari della torre, o comunque del fondo agrario, erano forse in origine i Morando che
possedevano beni in Vo di Rua almeno dal 1496.
Foto 1
Stilisticamente affine è il portico – androne, a tre campate architravate, dal lato est, come
mostrano i due pilastri centrali anch’essi in bugnato rustico.
Dal portico d’ingresso si accede a quello che un tempo era l’abitazione padronale mediante tre
porte ad arco mentre il piano primo, ritmato, sembra aver subito maggiori alterazioni.
Agli Spolverini, proprietari anche del vicino fondo di Carbonara, la villa rimase anche nel
Seicento.
Foto 2
Foto 3
L’edificio rusticale è scandito da una sequenza di sei arcate ad arco ellittico (di cui le due
terminali attualmente murate) ed è chiuso in alto da un piano granaio su cui si aprono, in
regolare successione, dodici finestre quadrate (due per ogni campata).
Ultimo degli Spolverini a detenere la villa di Vo di Rua fu Gentile, che figura come proprietario
dal 1682. Successivamente il complesso passò ai discendenti di quest’ultimo per poi passare
ad altre famiglie fino agli attuali proprietari.
12
Estratto da sito del Ministero dell’Ambiente – Geoportale nazionale 2011
Per la descrizione della Carta dell’Uso del Suolo si rimanda al paragrafo dedicato (Capitolo 1
Uso del suolo). Da tale elaborazione si ricava che l’ambito interessato dalle compagini di
progetto è classificato prevalentemente come 2.1.2. Seminativi in aree irrigue ed in minima
parte come 2.3.1 Prati stabili (foraggiere permanenti); l’ambito, inoltre, interseca i corsi
d’acqua (5.1.1 Corsi d’acqua, canali e idrovie) e le fasce vegatate lungo gli stessi (3.1.1 Boschi
di latifoglie e 3.2.2 Brughiere e cespuglieti).
Questa carta è stata utilizzata a sua volta come base essenziale per uno studio approfondito
del suolo e l’identificazione delle unità di paesaggio (UdP).
Opere di progetto
Dalle analisi svolte emerge che il territorio non ha subito grandi trasformazioni evolutive.
Foto 2
Foto 4
Foto 6
Foto 8
Foto 10
Foto 12
Foto 14
Atmosfera
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