Valsassina - Valvarrone -
Val d'Esino e Riviera
Linee guida per la progettazione della viabilità forestale in Lombardia: stabilità delle scarpate
e opere di stabilizzazione
Documento redatto nell’ambito del contratto di ricerca tra Università degli Studi di Milano, Regione
Lombardia – D.G. Agricoltura e C.M. della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esine e riviera,
“Interazione tra processi idrologici e viabilità forestale nel bacino sperimentale del t. Pioverna
orientale (Valsassina) - ipotesi di criteri di progettazione della viabilità forestale”.
Milano, 2002
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
INDICE
INDICE ......................................................................................................................................................I
1 INTRODUZIONE............................................................................................................................ 1
2.4 Tipologie di dissesto più frequenti nell’ambito della viabilità agro-silvo-pastorale ..11
I
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
5 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................52
II
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
7.1 Forze agenti e cenni sul calcolo della spinta delle terre..................................................68
III
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
IV
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
V
Istituto di idraulica Agraria VASP e Stabilità dei Versanti
VI
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 1
1 INTRODUZIONE
Tra tutti i possibili impatti della presenza di una strada agro-silvo-pastorale in ambito montano e
collinare vi sono quelli relativi al dissesto idrogeologico, che possono costituire un fattore
rilevante sia ai fini dell’efficienza della strada stessa (riduzione della sicurezza di transito fino
alla totale interruzione), sia un fattore di degrado a scala di versante e di bacino (aumento del
sedimento prodotto e peggioramento della qualità dei corpi idrici, sovralluvionamento degli alvei
e predisposizione all’innesco di colate detritiche).
In diverse aree del mondo numerosi Autori (McCashion e Rice, 1983; Meghan, 1984; Rood,
1984; Amaranthus et al., 1985; Sidle, 1985; McClelland et al., 1999), hanno dimostrato che la
presenza di strade negli ambienti agro-silvo-pastorali è una causa importante per l’innesco di
fenomeni di franamento superficiale; secondo Gucinski et al. (2000) in ambito forestale la
presenza di strade comporterebbe un aumento di frane in proporzione variabile tra 1 a 30 e 1 a
300.
In genere, le frane associate alle strade agro-silvo-pastorali sono fenomeni di tipo superficiale
che mobilitano piccole quantità di materiale, ma che a causa del loro numero (McClelland et al.,
1999) possono costituire un grosso problema di sicurezza della strada e un notevole onere in
termini di manutenzione. La movimentazione diffusa di materiale solido, inoltre, può intasare gli
impluvi predisponendo le condizioni per l’innesco di colate detritiche.
La presenza di strade come causa dei franamenti, in particolare, sembra essere particolarmente
rilevante in ambienti caratterizzati da basse pendenze, dove in condizioni naturali non si
avrebbero fenomeni di dissesto (McClelland et al., 1999; Jakob, 2000).
Le cause dei franamenti innescati dalla presenza di una strada sono dovuti sostanzialmente a due
ordini di fattori:
• la creazione di scarpate con minor stabilità rispetto al versante naturale a causa della
maggiore pendenza e delle caratteristiche del terreno (poco compatto con forte presenza
di materiale organico), che è anche più facilmente erodibile perché privo di copertura
vegetale;
• la maggior probabilità di saturazione della scarpata di valle a causa della cattiva gestione
del deflusso superficiale che vi si riversa;
• la diversione dei piccoli impluvi dovuta all’inadeguatezza e soprattutto all’inefficienza
dei manufatti idraulici (Donald et al., 1996; Furniss et al., 1997), che fa sì che il deflusso
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 1
si riversi dapprima sulla sede stradale e poi sulla scarpata di valle, determinandone
l’erosione o la saturazione.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
2.1 Introduzione
Le relazioni fra strade e territorio montano sono molto più intense di quanto si possa pensare,
soprattutto in un territorio, quale quello lombardo, dove la natura dei terreni e del clima portano
a fenomeni di dissesto idrogeologico (in atto o potenziale), che risultano spesso problematici
rispetto alle esigenze di mobilità dell’uomo. L’abbandono del territorio montano, inoltre, ha
spesso contribuito ad alterare il già precario equilibrio tra uomo e montagna, venendo meno
l’attenta opera di vigilanza e di capillare e tempestivo intervento eseguito sia dai proprietari, che
dal personale degli Enti preposti. La conseguenza di ciò è l’attivazione (o la riattivazione) di
fenomeni gravitativi indesiderati (frane, caduta massi e smottamenti di terreno), che risulta
particolarmente accentuata in concomitanza delle infrastrutture viarie in occasione degli eventi
meteorici intensi.
Nel presente capitolo verranno richiamati i principi inerenti la stabilità dei versanti e delle
scarpate artificiali, e descritte le principali forme che interessano la viabilità agro-silvo-pastorale.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
Crolli: movimenti di una massa di dimensioni variabili che si stacca da una parete lungo una
superficie con minimo spostamento di taglio e procede per caduta libera, rimbalzi, rotolamento e
talora scivolamento (Figura 1a). Il movimento è molto rapido od estremamente rapido e
normalmente il pendio da cui ha origine il crollo è fortemente inclinato (> 70°).
Ribaltamenti: movimenti per rotazione verso l’esterno del pendio in genere di elementi rocciosi
attorno ad un punto di rotazione situato al di sotto del baricentro della massa interessata, per
azione della gravità, di fluidi e/o di sollecitazioni sismiche.
Scivolamenti: spostamenti a blocchi multipli o a blocco singolo intatto per scorrimento lungo
una o più superfici di rottura o lungo una zona di limitato spessore soggetta a intense
deformazioni di taglio. Nel caso di scivolamenti rotazionali (Figura 1b) la superficie di rottura è
curva e concava verso l’alto; essi sono dovuti a forze che producono quindi un movimento di
rotazione attorno ad un punto situato al di sopra del centro di gravità della massa. Gli
scivolamenti traslazionali (Figura 1c) si verificano in prevalenza lungo una superficie piana o
debolmente ondulata, che corrisponde spesso a discontinuità geologico-strutturali come piani di
faglia o di strato e fratture maggiori, oppure lungo superfici di contatto tra substrato roccioso e
copertura di terreno.
Espandimenti laterali: fenomeni franosi in cui la modalità dominante di movimento è
rappresentata da una estensione laterale che si manifesta tramite fratture di taglio e/o trazione.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
a) b)
c) d)
Spesso la superficie di rottura non è sede di consistenti fenomeni di taglio, ma piuttosto avviene
liquefazione o flusso plastico del materiale debole sottostante.
Colamenti: secondo quanto descritto da Varnes (1978) possono includere tipologie abbastanza
differenti sia per caratteristiche dei materiali coinvolti (flussi in terreni asciutti e umidi o in
substrato roccioso), che per le morfologie ad essi connesse, che per le velocità di movimento (da
lentissimi movimenti di flusso o creep in roccia a estremamente veloci per fenomeni di
liquefazione e colamento). (Figura 1d) Le colate detritiche (debris flow) coinvolgono in genere
materiali grossolani lungo aste torrentizie, scavano solchi con profilo a V e lasciano depositi
laterali. Le colate in terra o fango (earthflow e mudflow) coinvolgono in genere materiali fini,
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
con morfologie variabili in funzione del contenuto d’acqua, ma generalmente presentano una
forma stretta e allungata con una zona di svuotamento prevalente a monte e con lobo di
accumulo al piede, mentre la zona intermedia è caratterizzata da un settore più o meno incanalato
(Crosta, 2001).
Frane complesse: la definizione di frana complessa è stata proposta e impiegata più volte con
significati differenti e quindi diverse tipologie di fenomeno sono state classificate in tale gruppo.
Varnes (1978), ad esempio, intende con tale termine il movimento di una massa risultante dalla
combinazione di una o più tipologie di movimento sia in settori diversi (suddivisione spaziale)
sia in fasi diverse di sviluppo del movimento stesso (suddivisione spaziale), mentre per frane
composite intende quelle in cui la superficie di movimento è formata dalla combinazione di
elementi piani e curvi. Secondo le indicazioni del WP/WLI (1993, 1994) le frane composite
prevedono invece la combinazione simultanea di più tipologie di movimento (Crosta, 2001).
2.2.3 Attività
Nell’ambito degli studi relativi alla stabilità dei versanti, soprattutto in fase di progettazione della
viabilità agro-silvo-pastorale, è fondamentale, oltre all’individuazione della tipologia del
fenomeno, anche la valutazione del suo stato d’attività, stile e distribuzione dell'attività del
movimento (WP\WLI, 1993, 1994).
Senza entrare nel dettaglio, di seguito vengono trattati alcuni aspetti riguardanti lo stato di
attività di una frana, mentre per quanto riguarda lo stile e la distribuzione di attività se ne danno
solo le definizioni, rimandando a testi specialistici per un approfondimento.
Lo stato di attività descrive le informazioni disponibili circa il momento in cui si è realizzato il
movimento ed è quindi utile per prevedere il tipo di evoluzione temporale; il fenomeno può
quindi essere distinto in:
• Attivo: se attualmente in movimento, ossia se al momento dell’osservazione o
dell’esecuzione dello studio si sono rilevati indizi di movimento
• Sospeso: se mossasi nell’ultimo ciclo stagionale, ma non è attualmente attiva
• Riattivato: se attiva dopo essere stata inattiva
• Inattivo: se mossasi per l’ultima volta prima dell’ultimo ciclo stagionale. Può dividersi
inoltre secondo le classi seguenti:
o Quiescente: quando inattiva ma riattivabile dalle sue cause originali tuttora esistenti
o Naturalmente stabilizzato: se inattiva e non più influenzata dalle sue cause originali
o Artificialmente stabilizzato: se inattiva e protetta dalle cause originali tramite misure
di stabilizzazione di origine antropica
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
CLASSE DESCRIZIONE
VII Edifici distrutti per impatto del materiale; qualsiasi tentativo di porsi in salvo è
impossibile; catastrofe di eccezionale violenza
VI perdita di alcune vite umane, l'evacuazione completa della popolazione è impossibile
V l'evacuazione della popolazione è possibile, distruzione di immobili ed installazioni
permanenti
IV possibile mantenimento di strutture temporanee o poco danneggiabili
possibilità di intraprendere lavori di rinforzo e restauro durante il movimento; strutture
III meno danneggiabili e mantenibili con frequenti lavori di rinforzo, salvo accelerazioni
del movimento
II alcune strutture permanenti possono essere danneggiate dal movimento
I movimento impercettibile senza monitoraggio; costruzione edifici possibile con
precauzioni
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
Tabella IV: fattori che governano la stabilità dei versanti (in evidenza i fattori che maggiormente interessano
la viabilità agro-silvo-pastorale)
erosione glaciale, fluviale, marina
Rimozione del
frane che modificano la topografia del versante
supporto laterale
azioni antropiche: strade, cave, scavo/riporto, canali, ecc.
FATTORI CHE AUMENTANO GLI SFORZI DI
sottoescavazione fluviale
Rimozione del alterazione ed erosione “sotterranea” di rocce solubili o
supporto sottostante materiali argillosi
estrazione mineraria
naturale (precipitazioni solide e/o liquide; accumulo di detrito
di versante; vegetazione; pressioni di filtrazione)
Sovraccarico
antropico (es.: rinterri e rilevati; discariche; peso di strutture
varie e/o mezzi meccanici; perdite di acqua dai sottoservizi)
TAGLIO
idratazione di minerali
Variazione delle immersione in acqua totale o parziale del versante
forze intergranulari
per contenuto
d’acqua e pressione
nei pori e/ o nelle
fratture
Variazioni nella fessurazione
struttura rimaneggiamento di materiali strutturati
riduzione dell’azione delle radici
Disboscamento
riduzione dell’evapotraspirazione
perdita progressiva di resistenza per creep
Altre cause presenza di tane di animali
...
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
ripidi, come nel caso delle strade realizzate attraverso la consueta tecnica “scavo-riporto”); in
tale caso risulta maggiormente appropriata più appropriata l’analisi di stabilità secondo il
metodo dello “scivolamento a cuneo” (cfr. Appendice a pagina 60);
• una terza tipologia, infine, è costituita dai dissesti più complessi che finiscono per interessare
il materiale posto al di sotto del riporto; in questi casi la superficie di scivolamento può
essere anche più profonda del contatto riporto-versante e presentare forme articolate. In
queste situazioni si consiglia di eseguire tutte le verifiche del caso (ad esempio attraverso il
“metodo dei conci”; cfr. Appendice a pagina 64), ipotizzando una serie di superfici di
scivolamento curve, al fine di individuare la più critica, e prevedere la realizzazione di opere
accessorie di sostegno del versante.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
Figura 2: Principali dissesti che possono verificarsi lungo una 2.5 Valutazione della
strada forestale: A) frana lungo la scarpata di scavo (“cutslope
slide”); B) frana che ha interessato la scarpata di riporto stabilità dei versanti
(“fillslope slide”); C) colata detritica che attraversa la strada in
corrispondenza di un impluvio. La valutazione della stabilità di un
versante, sia esso naturale o
artificiale, è tesa a verificarne le condizioni di sicurezza in
senso globale. A tal fine è possibile a ricorrere a diversi
metodi, tra cui i metodi per l’equilibrio limite, per valutare
la rottura o lo stato limite, e i metodi numerici (differenze
finite, elementi finiti, ecc.) per la valutazione dei limiti di
funzionalità delle strutture naturali o non (Crosta, 2001).
L’analisi della stabilità globale di un versante, effettuata
tramite l’applicazione dei metodi dell’equilibrio limite, in
genere ha come risultato il calcolo di un fattore di
sicurezza. I metodi dell’equilibrio limite, infatti, risolvono
il problema dell’equilibrio globale della massa di terreno
delimitato dalla superficie di rottura e inteso come corpo
Figura 3: effetto della diversione di un
corso d’acqua (da Furniss et al., 1997) rigido; essi si basano sulle seguenti ipotesi:
• si assume un meccanismo di rottura specifico (reale per frane avvenute, potenziale -la più
critica- per frane temute);
• il criterio di rottura è assunto in genere lineare, e spesso è adottato quello di Mohr-Coulomb:
τ = c ' + σ ' tanφ ' [1]
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
numero di monografie sui dissesti idrogeologici, riferite a zone specifiche del territorio
lombardo, tra cui ricordiamo:
• Cartografia geoambientale (in scala 1:10.000);
• Carte del Censimento dei Dissesti della Regione Lombardia (in scala 1:25.000);
• Atlanti dei Centri Abitati Instabili (nell’ambito del progetto SCAI);
• Atlante dei Conoidi (in corso di allestimento);
• Carte Inventario delle Frane e dei Dissesti Idrogeologici della Regione Lombardia (in scala
1:10.000).
Le considerazioni che possono essere tratte dall’analisi della documentazione reperita, non
devono prescindere dall’affidabilità, dall’aggiornamento e, nel caso delle carte, dalla scala di
rilevamento e di restituzione; nel caso in cui dalla documentazione emergesse una anche
moderata suscettività d’instabilità (in atto o potenziale) delle aree interessate dall’infrastruttura,
diviene quanto mai opportuno eseguire un sopralluogo con tecnici competenti.
Anche nel caso in cui la documentazione disponibile per la zona non presenti elementi di
preoccupazione è bene, sia nel corso dei sopralluoghi per la definizione del tracciato, sia durante
la realizzazione delle infrastrutture, prestare attenzione ad alcuni semplici indicatori di
instabilità, che sono di seguito richiamati:
• dissesti recenti, indicano una propensione al dissesto dell’area;
• erosioni o depositi di detrito sciolto o di materiale legnoso in concomitanza di impluvi o alla
base dei versanti, indicano il verificarsi di fenomeni di colate detritiche;
• fratture di trazione, indicano la presenza di movimenti in atto;
• segni di distacco recente da affioramenti rocciosi, sono costituiti da zone di colore più chiaro
o da accumulo di detrito alla base del pendio;
• segni di saturazione ricorrente, dati da orizzonti di suolo grigiastri o macchie giallo-rossastre;
• affioramenti di deflusso sottosuperficiale;
• depressioni del terreno sia nel senso della pendenza che trasversali, le prime indicano una
possibile scarpata di frana relitta o un punto di deflusso concentrato, le seconde indicano una
zona di concentrazione del deflusso sottosuperficiale;
• anomalie della rete di drenaggio superficiale;
• masse di terreno di forma irregolare più o meno lobata, rigonfiamenti lungo il versante,
indicano aree di accumulo;
• elementi rettilinei (strade, tubazioni, linee elettriche) traslati localmente o spezzati o ribassati;
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 2
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
3.1 Introduzione
La realizzazione di una strada che attraversa un versante comporta, come precedentemente
accennato, una serie di alterazioni alla geometria originaria del versante che possono essere
causa di successivi dissesti. In particolare, occorrerà prestare particolare attenzione ai seguenti
aspetti:
• avere cura che l’eventuale sbancamento non provochi il cedimento del versante a monte, e
che la pendenza della relativa scarpata sia compatibile con le caratteristiche del materiale e le
condizioni idrologiche, ricorrendo eventualmente alla realizzazione di opere di rinforzo o di
sostegno;
• avere cura che la scarpata di valle garantisca la stabilità del versante anche in condizioni di
eventi meteorici intensi, evitando un eccessivo appesantimento del versante dovuto al peso
del materiale e soprattutto all’eccesso idrico, ed evitando il rischio di diversioni degli impluvi
(cfr. § 2.4).
Dal punto di vista progettuale e costruttivo, si tratta di realizzare scarpate di pendenza
compatibile con le caratteristiche del materiale, di utilizzare tecniche costruttive adeguate e di
gestire adeguatamente il deflusso superficiale e sottosuperficiale.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
grado di saturazione della scarpata aumenta per l’inefficienza del sistema di drenaggio. Tali
indicazioni sono anche confermate dalle analisi condotte secondo lo schema del cuneo (cfr.
appendice a 60 (Bassi, 2002).
3.2.2 Riporto parziale
Questo tipo di schema viene utilizzato su
pendenze elevate, superiori al 60%, dove il
materiale proveniente dallo scavo e riversato
sul versante di valle non riesce a formare un
cuneo sufficientemente stabile, ma solamente
uno strato di terreno che si prolunga sul
versante fino ad una variazione di pendenza o
a ridosso di grossi massi o ceppaie; in
quest’ultimo caso, tuttavia, occorre avere cura
che non si formino zone con pendenze
eccessive, in quanto massi e ceppaie non
garantiscono la stabilità sul lungo periodo. Lo
scavo della banchina nel terreno naturale
Figura 6: schema di realizzazione con riporto parziale raggiunge i ¾ della larghezza dell’intera
strada.
Secondo Chatwin et al. (1994), questa soluzione è attuabile solamente in presenza di materiale
grossolano, mentre è da evitare in terreni a tessitura fine.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
3.2.3 Scavo
Il metodo prevede la realizzazione della sede
stradale interamente in scavo (Figura 7) e viene
utilizzato quando le caratteristiche del materiale e/o
le pendenze in gioco non garantiscono la
realizzazione di una seppur minima scarpata di
riporto. Il materiale di scavo viene riversato sul
versante di valle, con un forte impatto sull’ambiente
circostante, oppure riutilizzato per proteggere il
fondo stradale altrove o portato dove non crea
problemi richiedendo oneri aggiuntivi.
Questa soluzione è da evitare in presenza di un
substrato instabile, e in terreni a matrice fine e di
spessore elevato, dove può innescare movimenti
Figura 7: realizzazione in scavo profondi di tipo rotazionale, anche consistenti.
3.2.4 Rilevato
Questo schema prevede lo scavo di una
banchina interamente nel versante naturale ed il
deposito del materiale sul tratto retrostante; in
questo modo si viene a creare un rilevato
rispetto al versante naturale (Figura 8). È una
soluzione che può essere attuata per evitare di
riversare il materiale sul versante di valle, o di
doverlo trasportare altrove con costi aggiuntivi.
Condizione indispensabile affinché questa
soluzione non crei problemi, è che il materiale
sia sufficientemente grossolano e drenante.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
3.2.5 Gradonamento
Si tratta di realizzare una piccola banchina
completamente in scavo, alcuni metri sotto il
piano stradale di progetto; a causa del ridotto
volume, il materiale può essere riversato sul
versante senza grossi problemi. Completata la
prima banchina, ci si muove verso monte
scavandone un’altra e riversando il materiale
sulla prima banchina, e così via fino alla quota
di progetto del piano stradale (Figura 9). È una
buona soluzione per ottenere un piano stradale
stabile minimizzando la quantità di materiale
riversato lungo il versante; occorre però
prestare molta attenzione al drenaggio per
Figura 9: realizzazione con gradonamento evitare la saturazione della scarpata di valle.
3.2.6 Attraversamento di frane
superficiali con meccanismo rotazionale
Nel caso in cui non sia possibile evitare l’attraversamento di aree interessate da un dissesto di
tipo rotazionale in atto o potenziale, è possibile realizzare l’infrastruttura minimizzando il rischio
o addirittura incrementando la stabilità del versante. In generale, infatti, su di una frana, in atto o
potenziale, si può agire caricandone il piede ed alleggerendo la testata; nella costruzione della
strada scavi e riporti, quindi dovranno essere effettuati seguendo tale schema (Figura 10). Nel
caso l’unico tracciato possibile vada ad interagire con dissesti estesi, la strada dovrebbe
attraversarne il piede minimizzando lo sbancamento ed effettuando un riporto adeguato alla
pendenza; qualora si debba invece attraversarne la testata occorre lavorare completamente in
scavo evitando il riporto sul versante di valle instabile; in nessun caso lo si deve attraversare
nella porzione mediana.
Si sottolinea che una tale soluzione richiede tassativamente che la superficie di scivolamento e le
caratteristiche geomeccaniche siano correttamente identificate e supportate da adeguate
campagne di misura, e che la valutazione della stabilità sia eseguita da parte di tecnici
specializzati con comprovata esperienza nel settore.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
Se lo scavo viene realizzato in rocce stratificate e fratturate (caso piuttosto frequente nella
pratica), possono verificarsi problemi di stabilità, anche molto complessi, in funzione delle
caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso e delle caratteristiche delle discontinuità
presenti. Lo studio della stabilità in questi casi può diventare complesso, sia per la quantità di
informazioni geologiche necessarie, sia perché molto spesso la superficie di distacco non può
essere considerata piana. Per situazioni di questo tipo si raccomanda di ricorrere a tecnici
specializzati in grado di utilizzare una schematizzazione adeguata dei problemi di stabilità dei
pendii in roccia.
3.3.2 Scarpate in terreni
Quando lo scavo interessa i terreni sciolti, la pendenza della scarpata deve essere assegnata in
modo tale da garantire la stabilità del pendio con un opportuno coefficiente di sicurezza (si
ricorda che la normativa geotecnica in materia di pendii fissa il Fattore di Sicurezza minimo nel
valore di 1.3). Tralasciando qui ogni dettaglio circa i diversi metodi d’analisi di stabilità dei
pendii, vengono di seguito proposte alcune indicazioni di massima circa l’inclinazione delle
scarpate.
Nel caso in cui non siano disponibili studi specifici (per esempio relazioni geotecniche)
riguardanti la tipologia del terreno interessato dalle operazioni di scavo, di norma in Italia la
scarpata di monte si realizza con una pendenza di 1:1, anche se sono tuttavia possibili
inclinazioni maggiori sino a 3:2 sui terreni più stabili (di natura grossolana), mentre dovranno
1
Per una definizione particolareggiata delle litologie si rimanda all’Appendice a pag. 82.
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
essere ridotte a 2:3 per terreni fini coesivi, soprattutto in presenza di acque sottosuperficiali.
Nelle scarpate di riporto, il materiale può essere disposto secondo l’angolo naturale di attrito
interno (Bortoli, 1982).
Anche nella letteratura straniera i riferimenti relativi all’inclinazione delle scarpate sono scarsi,
soprattutto in relazione alla classificazione granulometrica del terreno interessato dallo scavo. In
Tabella VI si riportano i valori utilizzati in Canada e negli Stati Uniti d’America, in funzione
della granulometrica del materiale.
Tabella VI: Linee guida per la pendenza delle scarpate di scavo e di riporto (modificato da British Columbia
Forest Code, 1995)
Si noti che tali valori nell’ambiente italiano devono essere intesi come indicativi e soprattutto,
essi valgono per scarpate d’altezza inferiore a 5 metri. La fonte stessa della tabella, inoltre,
consiglia di ridurre le pendenze in corso d’opera, nel caso vi sia la presenza di fratture di trazione
di neoformazione (o a monte della scarpata o sulla superficie stradale) o nel caso in cui
insorgano fenomeni di instabilità lungo il pendio interessato dall’opera.
Altri valori che oltre alla classificazione granulometrica del terreno fanno riferimento anche alla
sua origine sono riportati in Tabella VII, che fornisce anche l’indicazione di alcuni parametri
geotecnici utili per i principali impieghi dei materiali in ambito ingegneristico.
2
classificazione USCS (Unified Soil Classification System)riportata nell’appendice a pag. 84.
24
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 3
Tabella VII: Proprietà fisico-meccaniche e indicazioni a scopo ingegneristico dei terreni (da:
Washington Division of Geology and Earth Resources Bulletin 78-1989, modificato)
classificazione Peso di angolo di coesione erodibilità capacità difficoltà inclinazione
volume resistenza relativa portante di scavo scarpata
origine USCS secco al taglio
3
g/cm ° kg/cm2 kg/ cm2 %
alluvionali
alta energia GW, GP, 1,85 - 2,10 30 - 35 0 bassa 0,75 – 1,00 bassa 50÷65
GM
bassa energia ML, SM, medio-
1,45 - 1,85 15 - 30 0 – 0,25 0,25 – 0,75 bassa 25÷50
SP, SW alta
glaciali
medio- medio-
till SM, ML 1,90 - 2,25 35 - 45 0,50 – 2,00 0,75 – 2,50 50÷100
bassa alta
fluvioglaciali GW, GP medio- medio-
1,85 - 2,10 30 - 40 0 – 0,50 0,75 – 1,50
SW,SP,SM bassa bassa 50÷70
glaciolacustri ML, medio-
1,60 - 1,90 30 - 40 0 – 1,50 0,50 – 1,00 media
SP,SM alta 25÷50
lacustri
inorganici ML, SM,
1,10 - 1,60 5,0 - 20 0 – 0,10 alta 0 – 0,25 bassa 0÷25
MH
organici
OL, PT 0,15 - 1,10 0 - 10 0 – 0,10 alta 0 – 0,25 bassa 0÷25
eolici
molto
loess ML, SM 1,25 - 1,60 20 - 30 0,25 – 0,50 0,25 – 0,50 bassa 25÷50
alta
25
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
4.1 Introduzione
Il principale modo per rendere stabili le sezioni che compongono la viabilità agro-silvo-pastorale
è, come precedentemente illustrato, quello di evitare di attraversare aree potenzialmente instabili
o peggio con dissesti in atto. Poiché ciò non è sempre possibile e la precisa identificazione di tali
aree non è né semplice, né scevra da incertezza, spesso ci si trova a dover effettuare interventi di
stabilizzazione in corso d’opera o su strade già realizzate. Nel caso della viabilità agro-silvo-
pastorale, gli interventi dovranno combinare la sicurezza con l’economicità delle opere ed il
ridotto impatto ambientale.
Gli interventi che possono essere realizzati in ambito agro-silvo-pastorale possono essere
essenzialmente suddivisi nei seguenti tipi:
• protezione del corpo stradale da caduta massi e franamenti:
la caduta massi è un fenomeno sottovalutato nell’ambito della viabilità agro-silvo-pastorale
anche se dal punto di vista del rischio per il transito rappresenta un evento estremamente
pericoloso, data anche la rapidità con cui si manifesta; per questo motivo, è fondamentale in
fase di realizzazione o di completamento dei lavori rimuovere gli ammassi instabili di
maggiore dimensione. Gli interventi di sistemazione sono costituiti da interventi puntuali di
disgaggio, effettuati mediante rimozione meccanica dei blocchi rocciosi pericolanti, e da
interventi di copertura e messa in sicurezza delle pendici di monte, costituiti dalla posa in
opera di reti metalliche tirantate e funi in acciaio; in taluni casi può essere sufficiente la posa
di stuoie e l’idrosemina. Le reti in aderenza, in particolare, ben si adattano alla morfologia del
territorio, costituiscono soluzione valida ed economicamente poco onerosa pur necessitando
di mano d’opera specializzata per la manutenzione ordinaria e straordinaria;
• consolidamento delle scarpate di monte:
in generale, la stabilità delle scarpate di monte dipende dalla pendenza che viene loro
conferita durante la realizzazione del corpo stradale, in relazione al tipo di substrato ed alla
presenza di acqua. Talvolta, le condizioni del versante attraversato richiedono di realizzare
scarpate con una pendenza che da sola non ne garantirebbe la stabilità con ragionevole
sicurezza; in tali casi, di conseguenza, occorre effettuare adeguati interventi, che
contribuiscono da una parte a favorire lo smaltimento delle acque, dall’altra a rinforzare o
sostenere la scarpata stessa.
26
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
27
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
i casi l’entità e la distribuzione delle azioni che il terreno esercita sull’opera dipendono
dall’entità e dalla tipologia di movimento che la struttura manifesta, pertanto la determinazione
di queste azioni richiede la risoluzione di un problema legato all’interazione terreno-opera di
sostegno. Nella totalità dei casi per le opere rigide si ricorre però a soluzioni di tipo approssimato
(ad esempio quelle ricavabili con il metodo “dell’equilibrio limite globale”), la cui validità
applicativa è giustificata, non tanto dall’impostazione del problema fisico più o meno corretta,
quanto dalle conferme che le previsioni teoriche hanno avuto da osservazioni e sperimentazioni
sul comportamento delle strutture reali o in scala (Lancellotta, 1993; Lambe e Whitman, 1997).
In base ai materiali con cui vengono costruiti oggi si possono individuare diverse tipologie di
muro di sostegno: muri in cemento armato, in calcestruzzo, in malta e pietrame, cellulari (“crib
walls”), in pietrame a secco, misti in legno e pietrame (“palificate”), gabbionate, terre rinforzate.
In ogni caso, fatta eccezione per i muri in cemento armato che consentono svariate soluzioni
costruttive tali da “alleggerire” l’intera struttura di sostegno, le tipologie sopra elencate possono
essere considerate a tutti gli effetti “muri a gravità” essendo opere massicce e pesanti che si
oppongo con il proprio peso alle sollecitazioni cui sono sottoposte.
I muri di sostegno vengono utilizzati frequentemente per sostenere terrapieni e manufatti quando,
per esigenze costruttive o topografiche, non si riesca a dare ai terreni rimossi una pendenza
inferiore all’angolo di attrito del materiale. In questo senso, tali opere trovano largo impiego
nell’ambito delle costruzioni stradali (ordinarie e agro-silvo-pastorali) lungo i versanti.
Nell’ambito della viabilità ordinaria e non, i muri di sostegno (indipendentemente dal materiale
con cui vengono realizzati) in base alla loro funzione possono essere distinti in (Figura 14):
• muri di sostegno propriamente detti, che sostengono un rilevato raggiungendo in genere il
piano della carreggiata;
• muri di sottoscarpa, che pur sostenendo un rilevato non si sviluppano in altezza sino al piano
viabile, per cui tra tale piano e il muro di contenimento, in genere, il terreno si dispone
secondo la scarpata naturale;
• muri di controripa, destinati a limitare la scarpata di una trincea o di uno scavo, sostengono
cioè il terreno dalla parte verso monte.
29
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Piano stradale
Nei primi due casi, l’opera indipendentemente dalle sue caratteristiche costruttive sarà sottoposta
sia all’azione della spinta delle terre del rilevato che dei carichi che transitano sulla strada, i muri
di controripa invece saranno, in linea di massima, sollecitati solo dalla spinta delle terre. Da ciò
risulta chiaro che forma e dimensioni di un’opera di sostegno dipendono, oltre che dal materiale
e dagli accorgimenti costruttivi che si intendono adottare, da vari fattori relativi alla natura e
condizioni dei terreni da contenere, nonché dai sovraccarichi ammissibili sul piano viabile.
4.3.2 Criteri di progetto
Il comportamento dell’opera di sostegno, intesa come complesso struttura-terreno, deve essere
esaminata tenendo conto di diversi fattori, fra cui:
• topografia del terreno prima e dopo l’inserimento dell’opera;
• modalità di esecuzione dell’opera e del rinterro;
• successione stratigrafica e proprietà fisico-meccaniche dei terreni di fondazione e di
eventuali materiali di riporto interessati dall’opera;
• eventuali falde idriche;
• drenaggi e opere accessorie per lo smaltimento delle acque superficiali e sotterranee;
• manufatti o altre opere antropiche circostanti;
• caratteristiche di resistenza e deformabilità dell’opera.
Andranno, inoltre, effettuate le verifiche previste dalla normativa vigente nel campo delle opere
di sostegno, nelle condizioni corrispondenti alle diverse fasi costruttive ed al termine della
costruzione, tenendo conto delle eventuali oscillazioni del livello dell’acqua nel sottosuolo.
Nella progettazione di un’opera di sostegno, così come previsto dal DM 11/03/88 (sezione D), a
prescindere dal materiale con cui si realizza il manufatto, devono essere eseguite le seguenti
verifiche di stabilità:
30
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Nel caso di terreni omogenei e nei quali le pressioni neutre siano note con sufficiente
attendibilità, il coefficiente di sicurezza non deve essere minore di 1.3 (DM 11/03/88, Sezione
G).
Per una trattazione di maggior dettaglio sulle verifiche delle opere di sostegno si rimanda
all’appendice a pagina 68 ed ai testi di scienza e tecnica delle costruzioni.
4.3.3 Palificate
4.3.3.1 Generalità
traversi
La palificata, o muro in legname e pietrame,
è costituita da una struttura portante in legno
strato
formata da elementi longitudinali (correnti) e
da elementi trasversali (traversi o tiranti). La
correnti sovrapposizione di un piano di correnti e uno
Figura 16: Palificata (vista frontale). di tiranti si definisce strato (o piano) e
l’opera viene realizzata sovrapponendo con cura uno strato all’altro sino a raggiungere l’altezza
di progetto (Figura 16).
Nel campo delle sistemazioni di versante, in funzione delle modalità costruttive le palificate di
sostegno si dividono in:
• Palificate a parete semplice, con correnti
disposti su una sola fila orizzontale esterna,
mentre i traversi appoggiano con la parte
terminale (in genere infissa) nella parete dello
scavo;
• Palificate a parete doppia, con i correnti
disposti su due file orizzontali, una esterna e
una interna alla struttura (Figura 17);
L’unione tra correnti e tiranti, rafforzata
dall’infissione di chiodi o bulloni, determina la
formazione di una sorta di gabbia di legno che
successivamente viene stabilizzata dal peso del
materiale di riempimento (normalmente il materiale
32
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
struttura con materiale lapideo e/o terroso conferisce all’opera alcune caratteristiche, tra cui
ricordiamo peso, rigidità, stabilità e permeabilità, che fanno della palificata un pregevole
intervento sistematorio nel campo dell'ingegneria naturalistica. L’opera, inoltre, possiede anche
una certa elasticità, che le permette di sopportare gli assestamenti del terreno senza subire
significative alterazioni strutturali.
È possibile inserire tra i correnti delle talee (palificata viva), che una volta radicate permettono di
combinare la funzione di sostegno con quella di rinforzo, che si prolunga nel tempo, oltre la
durata dell'opera stessa. Le piante sviluppate, infatti, sostituiscono gradualmente la funzione di
sostegno della palificata che via, via si disgrega, e riducono il contenuto idrico della scarpata
retrostante assorbendo acqua.
Le dimensioni delle opere sono molto variabili a seconda del tipo di dissesto, di norma però per
le palificate a doppia parete si mantiene una profondità di 2 m e un’altezza non superiore ai 2-2.5
m, in modo da garantirne la stabilità. Nell’ambito delle dimensioni indicate, infatti, il rispetto
della regola secondo cui l’altezza dell’opera (H) è pressoché uguale alla sua base (B) offre
soddisfacenti garanzie di stabilità globale anche nei terreni caratterizzanti da ridotta capacità
portante (cfr. § 4.3.3.5).
33
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
strato strato
Disposizione alternata
Disposizione continua
Figura 20: Disposizione continua ed alternata degli elementi trasversali (vista frontale).
34
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
di scarpate di frana ed è da utilizzarsi con cautela, poiché questo tipo di strutture in legname, con
un piano di fondazione ridotto, non si prestano in genere a situazioni caratterizzate da superfici
di scivolamento profonde.
I materiali costruttivi utilizzati per la realizzazione delle palificata possono essere distinti in base
alla loro funzione in (Cavalli e D’Agostino, 2000):
• materiali di struttura: legname tondo, legname squadrato, traversine ferroviarie in legno,
alberi scortecciati;
• materiali di assemblamento: chiodi, tondini di ferro o acciaio, graffe, bulloni da legno.
A seconda delle modalità e dei problemi costruttivi possono essere necessari:
• materiali di completamento: tubi drenanti, fascine drenanti, ramaglia, geotessuti di
contenimento, reti metalliche di acciaio zincato, funi;
• materiali di riempimento: pietrame per vespai drenanti, ciottoli, pietrisco, terra;
• materiali vivi: talee, piantine radicate.
La conoscenza delle caratteristiche fisico-meccaniche del legname utilizzato per la realizzazione
dell’opera condiziona sia la scelta operata dal progettista, che la previsione della durata della
palificata nel tempo. Al fine di garantire un tempo di esercizio sufficiente, indipendente dal tipo
di legno utilizzato, sarebbe conveniente scortecciare tutte le parti della costruzione non ricoperte
da terra per almeno 20 cm. Nella pratica di cantiere è però ormai consueto utilizzare tondame
interamente scortecciato, in quanto il maggior onere costruttivo costituisce una garanzia di
maggior durata soprattutto delle parti destinate alla fondazione del manufatto (Cavalli e
D’Agostino, 2000).
Per quanto riguarda le caratteristiche meccaniche del legno, va ricordato innanzitutto che tale
materiale è meccanicamente anisotropo, presentando valori di resistenza differenti in funzione
del tipo di sollecitazione a cui è sottoposto. Senza entrare nel dettaglio circa le sollecitazioni cui
può essere sottoposto il legno utilizzato nelle sistemazioni forestali, di seguito (Tabella VIII)
vengono proposti una serie di valori di resistenza per diverse specie legnose di facile reperimento
in Regione Lombardia:
36
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Tabella VIII: Valori di resistenza di alcuni tipi di legname sottoposti a differenti sollecitazioni meccaniche (da
Giordano, 1988).
Resistenza
specie Compressione trazione parallela flessione taglio
trasversale alle fibre alle fibre statica
(N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2)
abete bianco 5.0÷13.0 75.0÷195.0 41.0÷130.0 3.4÷6.7
abete rosso 4.2÷12.4 63.0÷186.0 49.0÷118.0 4.3÷11.2
larice 5.4÷14.8 81.0÷222.0 47.0÷132.0 4.9÷10.3
castagno 4.3÷12.8 64.5÷192.0 50.0÷140.0 5.7÷9.2
Oltre che dalle caratteristiche di resistenza meccanica la scelta del legname da costruzione deve
essere guidata anche dalla resistenza dello stesso, in particolare per quanto riguarda la resistenza
all’attacco di batteri, muffe e funghi lignivori. In questo senso il campo della scelta del legname
da impiegare nella realizzazione delle palificate si restringe a quello del larice, per le conifere, e
quello di castagno, per le latifoglie, poiché entrambi soddisfano sia la condizione di resistenza
meccanica che di durabilità all’attacco dei funghi. Caratteristiche simili di resistenza vengono
offerte anche dalla robinia e dalla quercia, ma i costi e la limitata disponibilità, in termini di
pezzi impiegabili nelle costruzioni, fanno sì che entrambe le specie perdano di validità nel campo
delle sistemazioni forestali.
Per la realizzazione di una palificata, secondo il “Quaderno opere tipo di ingegneria
naturalistica” (Regione Lombardia, 2000) si può far indicativamente riferimento alle seguenti
tipologie di materiali:
• legname tondo scortecciato, avente diametro compreso tra 20 e 30 cm di lunghezza superiore
a 1,5-2 m;
• chiodi di ferro o tondini di ferro con diametro compreso tra 10 e 14 mm;
• filo di ferro zincato con diametro pari a 3 mm;
• talee e/o piantine di specie legnose, dotate di buona capacità vegetativa, con lunghezza di 25
cm maggiore rispetto alla profondità della palificata e tale da arrivare al terreno naturale;
• stuoie e georeti in materiale biodegradabile (paglia-legno, juta, fibra di cocco, ecc.).
Per quanto riguarda i tempi di costruzione valori indicativi sono riportati in Tabella IX, mentre
per quanto riguarda la quantità di legname necessario, Palmeri e Zanoni (1999) propongono una
procedura di calcolo speditiva per avere un’indicazione circa la quantità di pali e il numero di
chiodi necessari per la realizzazione di una palificata viva di sostegno a doppia parete.
37
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Tabella IX: Materiale e tempi di costruzione per m2 di paramento 4.3.3.4 Messa a dimora delle
esterno (da Carbonari e Mezzanotte, 1993).
talee
Manodopera 4 h/operaio
noleggi (ragno meccanico e trattore) 0.6 h Nella realizzazione delle
legname tondo scortecciato (diametro 15-35 cm) 0.4 m3 palificate vive si utilizzano talee
chiodi o cambre 8
piantine a radice nuda o in fitocella 10 e ramaglia (in genere di salice
talee di salice 20 per la loro capacità di
radicazione); esse devono essere sistemate sui correnti (Figura 22) ed inserite nel terreno
retrostante, in modo che radichino più facilmente. Le talee dovranno essere disposte a pettine
una accanto all’altra, con una densità variabile, secondo la specie e le condizioni pedoclimatiche,
da 5 a 10 per metro. Come già detto, le piantine devono sporgere per circa 10÷25 cm dal
paramento esterno della palificata, infisse nel terreno per 15÷20 cm. Le talee devono essere
prelevate durante il riposo vegetativo e conservate in maniera adeguata fino all’impiego per
evitare la differenziazione delle gemme e l’essiccamento. La raccolta deve avvenire con tagli
netti delle piante che diventeranno così nuove ceppaie e riserva per altro materiale. Per la scelta
del materiale più idoneo nelle diverse situazioni, si rimanda al Quaderno delle opere tipo di
Ingegneria Naturalistica (Regione Lombardia, 2000) ed ai numerosi testi disponibili sul tema
dell’ingegneria naturalistica.
Nella progettazione delle palificate di sostegno a parete doppia molto spesso ci si basa solo
sull’esperienza e sulle tradizioni locali, senza le necessarie verifiche statiche. Per analogia alle
briglie in legname e pietrame, in genere, le palificate vengono costruite con una base (B) di
larghezza superiore alla metà dell’altezza (H) (D’Agostino e Mantovani, 2000), anche se già
all’inizio del secolo scorso Valentini (1912) suggeriva invece di porre la base pari all’altezza
(B/H=1).
Rimanendo nell’ambito di una
trattazione semplificata, in sintonia con
l’elementarità di queste opere, è
comunque possibile definire dei criteri di
dimensionamento trattando il problema
della stabilità esterna delle palificate
attraverso l’analisi statica del manufatto
Figura 22: Messa a dimora delle talee (da: Regione
Lombardia, 2000).
38
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
considerato come corpo un rigido indeformabile; occorre tuttavia ricordare che a complemento
andrebbe sempre eseguita la verifica dell’equilibrio globale prevista dalla normativa vigente (cfr.
§ 2.5).
Per la sola stabilità esterna, riferendosi ad una schematizzazione del problema in termini
bidimensionali (i calcoli si riferiscono sempre ad un metro di struttura), applicando lo schema
delle forze agenti sull’opera riportato nell’appendice a pagina 68 e il metodo dell’analisi
all’equilibrio limite, Simonato e Bischetti (2003) hanno sviluppato le relazioni del fattore di
sicurezza relative alla verifica alla traslazione lungo il piano di posa dell’opera e alla verifica al
ribaltamento attorno al vertice esterno. Nella Tabella X sono riportate le formule utilizzabili per
il calcolo della base B della palificata, ricavate in condizioni asciutte e di completa saturazione
del terreno di monte. Sulla base delle relazioni sviluppate, una volta assegnate le caratteristiche
dell’opera, è possibile determinare i valori del rapporto base/altezza corrispondenti a differenti
condizioni di pendenza e caratteristiche del substrato (riassunte in Tabella XI), tali da garantire i
coefficienti di sicurezza allo scivolamento e al ribaltamento.
terreno asciutto
FSsc γ Q
B≥ ∗ ter K a H cosα + Ka verifica allo scivolamento
f + FSsc tan α 2γ op γ op
2
H tan α FS rib γ H tan α
B≥ + H cos α ∗ ter K a H cosα + QKa − verifica al ribaltamento
2 γ op 2 2
terreno saturo
FSsc γ γ' Q
B≥ ∗ w h cosα + Ka H cosα + Ka verifica allo scivolamento
f + FSsc tan α 2γ op 2γ op γ op
2
H tan α FS rib γ γ' H tan α
B≥ + H cosα ∗ w H cosα + K a H cosα + QK a −
2 γ op 2 2 2 verifica al ribaltamento
Tabella XI: Parametri utilizzati nel calcolo del rapporto B/H delle palificate.
39
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Per quanto riguarda il peso proprio dell’opera, in accordo con quanto reperito in letteratura, si è
ipotizzata una disposizione del legname e del riempimento tale da garantire all’opera la massima
“leggerezza” (Pugi et al., 2000) in modo da operare a favore di sicurezza visto (l’opera deve
resistere per gravità alle sollecitazioni esterne). L’analisi dei pochi dati esistenti ha consentito di
assumere un valore per il peso dell’unità di volume dell’opera pari a 15 kN/m3 in caso di
riempimento asciutto e di 18 kN/m3 quando lo stesso risulti saturo (ipotizzando una porosità del
30%).
Per quanto riguarda, invece, la spinta delle terre, sono state analizzate le condizioni di terreno
asciutto e saturo; nel caso di terreno saturo è stato ipotizzato che il materiale di riempimento
della palificata si intasi con il passare del tempo impedendo la filtrazione dell’acqua, e che di
conseguenza a monte dell’opera si instaurino condizioni sostanzialmente idrostatiche, (Pugi et
al., 2000). Anche per il terreno naturale a tergo dell’opera sono stati ipotizzati valori del peso
dell’unità di volume, utilizzando 18 kN/m3 in caso di materiale asciutto e di 21 kN/m3 in
condizioni sature (porosità pari al 30%).
I risultati ottenuti sono riportati in Tabella XII, distinti per i casi esaminati con terreno asciutto e
terreno saturo. Una volta ottenuti i valori di B/H per ciascuna combinazione sono stati scartati i
valori del rapporto maggiori dell’unità (B/H>1) in quanto rappresentano soluzioni costruttive
troppo onerose ed è stato riportato, sempre a favore di sicurezza, il valore più alto di B/H,
confrontando di volta in volta la verifica allo scivolamento e quella al ribaltamento della
palificata.
In accordo con quanto riportato in letteratura per le briglie (D’Agostino e Mantovani, 2000; Pugi
et al., 2000) appare evidente come la regola empirica secondo cui la base dell’opera a cassoni
deve essere pari a 0.5 volte l’altezza della stessa, non garantisce il raggiungimento dei
coefficienti di sicurezza indicati dalla normativa vigente, ad eccezione di terreni caratterizzati da
buone proprietà meccaniche in condizioni asciutte e/o con contropendenze elevate. Nel caso più
critico, di spinta delle terre in condizioni sature, risulta altrettanto evidente che il criterio
empirico per cui la base è pari all’altezza si avvicini maggiormente alle condizioni che
assicurano la stabilità allo scivolamento e al ribaltamento; è tuttavia vero che la palificata è
un’opera di sostegno per sua natura drenante, ed i valori relativi alle condizioni sature potrebbero
sembrare eccessivamente cautelativi. Tale scelta è compito del progettista in relazione alla
situazione locale specifica ed a valutazioni inerenti il rischio che si genererebbe in caso di
cedimento.
40
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Risolvendo l’equazione [ 4] può essere ricavato il valore del rapporto (H/B) in funzione del
valore del fattore di sicurezza adottato, infatti:
dove:
[
b = 0.5 γ R cosα / sin 2 α + γK A ( FS )sin φ ] [ 6]
Gli Autori raccomandano poi di realizzare sempre una fondazione o di ammorsare il blocco
basale in una trincea scavata appositamente nel terreno naturale, avendo cura di costipare
preventivamente il terreno. Inoltre, per limitare l’infiltrazione a tergo del muro, gli stessi
consigliano di realizzare un filtro in ghiaia tra lo scavo e il manufatto o di posizione un tubo
drenante per allontanare le acque dalla base dell’opera (Figura 24).
Indicazioni più dettagliate circa le modalità costruttive, gli interventi sistematori collegati e il
periodo di intervento per le opere in pietrame (rinverdite o meno) si trovano all’interno del
“Quaderno opere tipo di ingegneria naturalistica” (Regione Lombardia, 2000). È bene comunque
ricordare che tali opere offrono notevoli vantaggi nei riguardi delle opere in malta e pietrame o
in calcestruzzo, ascrivibili alla loro “permeabilità”, che in genere consente un buon drenaggio del
terreno a tergo e di conseguenza una diminuzione della spinta delle terre e delle sovrapressioni
idrauliche. A tutto ciò si aggiungono la semplicità costruttiva, il costo ridotto e la perfetta
integrazione paesaggistica nell’ambiente montano; di contro, necessitano di periodiche
manutenzioni.
PARAMENTO
ESTERNO
RINFORZO
TALEA
RADICATA
Manuale delle opere tipo di Ingegneria Naturalistica (Regione Lombardia, 2000) ed ai testi
specializzati.
4.4.1.1 Dimensionamento
Facendo riferimento agli schemi sviluppati per le terre rinforzate, Bischetti e D’Agostino (2002)
hanno sviluppato uno schema di calcolo per valutare il fattore di sicurezza dei versanti sistemati
a gradonata in funzione sia delle caratteristiche geometriche e geotecniche del versante, sia ai
parametri progettuali della sistemazione (numero, lunghezza e diametro delle talee, distanza tra i
gradoni).
In analogia agli schemi di calcolo adottati per i pendii rinforzati con elementi sintetici, il rinforzo
esercitato dalle talee può essere calcolato basandosi sull’analisi delle forze all’equilibrio limite
(cfr. Appendice a pag. 58) ed in particolare calcolando la resistenza mobilizzata dal rinforzo al di
sotto del generico piano di scivolamento. Con riferimento alla Figura 27, il fattore di sicurezza
(FS) del pendio è dato dalla seguente relazione:
44
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
l3
l3-s*
l1
mz
β)
+
(α
Rsi
os
C n(
α+
Rc
s* 0.5(l3-s*) β)
α+β R
90-α-β
s
β
z
FS =
[ ]
c l1 + nR sin (α + β ) + (γ t − γ a m )z cos 2 β l1 tgφ
[7]
γ t l1 z sin β cos β − nR cos(α + β )
del generico piano di scivolamento [m], β è l’inclinazione del versante, α è l’inclinazione del
piano di posa delle talee, φ è l’angolo di resistenza al taglio del terreno, R è la resistenza allo
sfilamento mobilizzata dalla talea [kN/m].
Nel caso dei rinforzi sintetici, si assume che la forza mobilizzata, R, è rappresentata dalla
resistenza allo sfilamento assicurata dalle forze d’attrito all’interfaccia terreno-rinforzo. Nel caso
delle talee, tale meccanismo è valido solamente nel primo periodo dopo la messa a dimora, in
quanto già dopo pochi mesi la talea ha emesso una significativa quantità di germogli radicali.
Bischetti e Vitali (2001) hanno osservato, per talee di salice rosso dopo tre mesi dalla messa a
dimora, un numero medio dei germogli radicali (sebbene solamente di pochi centimetri) che
andava da alcune decine fino ad oltre cento per metro.
Nel caso delle talee radicate, quindi, oltre alle forze di attrito durante lo sfilamento, viene
mobilizzata una resistenza dovuta alla presenza delle radici che si originano dalla talea stessa.
45
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Per valutare tale resistenza è ragionevole ipotizzare che il punto più debole dei germogli radicali
sia la loro inserzione sulla talea. Infatti, la forza d’attrito complessiva che si genera tra il terreno
e le singole radici che compongono le ramificazioni di ciascun germoglio, può essere assunta
superiore alla resistenza alla trazione del germoglio nel suo punto d’inserzione.
Applicando lo schema illustrato sulla base dei dati di Bischetti e Vitali (2001) sono state
calcolate le distanze massime tra i gradoni affinché sia garantito un fattore di sicurezza superiore
a 1.3 nel caso di una gradonata realizzata con talee di salice rosso di 1 metro di lunghezza, poste
a dimora con un angolo di 10° e una densità di 10 talee/m. In Tabella XIII sono riportati i valori
per diverse tipologie di terreno, caratterizzati da angoli di resistenza al taglio di 27, 30, 35 e 40°,
senza considerare, in via cautelativa, l’eventuale coesione del terreno ed adottando un peso del
terreno di 20 kN/m3 (in tali casi il Fattore di Sicurezza per versanti non sistemati è sempre
inferiore a 1.3, salvo il caso di un terreno con φ di 40° e pendenza 25°); i calcoli sono stati
effettuati per due diversi gradi di saturazione (0.5 e 0.7) e per profondità di 50 cm e 70 cm,
ponendosi nella condizione di fine lavori, trascurando cioè il contributo delle radici. I valori
calcolati per la medesima situazione dopo un periodo di 15 mesi sono invece riportati in Tabella
XIV.
Dai risultati riportati è possibile evidenziare che l’efficacia della sistemazione aumenta
all’aumentare della pendenza del versante; tale effetto è dovuto sostanzialmente al fatto che a
parità di profondità (z, cfr. Figura 27) e mantenendo un’inclinazione della talea di 10°, la
porzione di talea che si trova dietro il piano di taglio aumenta con la pendenza del piano stesso
Tabella XIII: distanze tra i gradoni in funzione delle caratteristiche del materiale e la pendenza del versante a
fine lavori, per talee di salice rosso di 1 m di lunghezza, 5 cm di diametro e 10 pezzi/m
Tabella XIV: distanze tra i gradoni in funzione delle caratteristiche del materiale e la pendenza del versante
dopo 15 mesi dall’impianto, per talee di salice rosso di 1 m di lunghezza, 5 cm di diametro e 10 pezzi/m
(si ricorda che nel caso del pendio indefinito, il piano di taglio viene ipotizzato parallelo alla
superficie). Nel caso di pendenze inferiori a 30°, la porzione di terreno che può essere
stabilizzata (FS>1.3) con talee di 1 m, in genere non supera i 50 cm, mentre oltre i 30° supera i
70 cm. Per quanto riguarda la distanza tra i gradoni, per versanti caratterizzati da materiale
avente angolo di resistenza al taglio fino a 35°, la distanza minima non supera i 3 m (fino a 5 m
per φ pari a 40°) al termine dei lavori; dopo 15 mesi, l’effetto delle radici permette di ottenere la
stabilizzazione del versante anche con distanze tra i gradoni di 7-10 m.
Si ritiene comunque opportuno consigliare una certa cautela nell’adozione generalizzata di tali
valori, che pur essendo cautelativi (è stata trascurata l’eventuale coesione del terreno ed è stato
assunto un valore del terreno piuttosto elevato), sono frutto di una sperimentazione al momento
limitata e che andrà estesa ad altre specie e contesti di crescita.
Dal punto di vista puramente meccanico, infine, dai risultati emerge che, al fine di mantenere la
maggior porzione possibile di talea oltre il piano di taglio sarebbe opportuno variare
l’inclinazione delle talee in relazione all’inclinazione del versante; tali osservazioni devono però
essere contemperate con considerazioni relative alla distribuzione delle sostanze responsabili
della radicazione, che possono essere influenzate dall’inclinazione data alla talea stessa.
47
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
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VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
Oltre all’azione di copertura ad opera dell’apparato epigeo, le radici che si originano dagli astoni
forniscono un rinforzo che può essere espresso in termini di coesione aggiuntiva, consentendo di
creare scarpate con una pendenza superiore a quella consentita dal solo materiale. Tale effetto
che può esercitarsi fino ad una profondità nell’ordine del metro, può essere quantificato da alcuni
kPa ad alcune decine di kPa, in funzione della specie e soprattutto della densità (Hammod et al.,
1992; Bischetti, 2001; Bischetti et al., 2002).
L’esecuzione dell’opera, nel caso delle scarpate
stradali, si riduce alla posa di uno strato continuo
di astoni di salice o talee in senso trasversale alla
strada, collocando la base in un fosso al piede
della scarpata stessa; al fine di mantenere gli
astoni a contatto con il terreno e facilitarne la
radicazione, è opportuno fissare gli astoni con filo
di ferro zincato ancorato a paletti ed effettuare una
Figura 30: copertura diffusa su scarpata stradale
copertura con un sottile strato di terreno vegetale.
50
VASP e Stabilità dei Versanti – capitolo 4
51
VASP e Stabilità dei Versanti – Bibliografia
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56
VASP e Stabilità dei Versanti – Bibliografia
57
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
6.1 Introduzione
Quando il piano campagna non è orizzontale, come nel caso dei pendii naturali e delle scarpate
artificiali, le tensioni di taglio indotte dalle forze gravitazionali tendono ad innescare il
movimento del terreno stesso (o della roccia) lungo potenziali superfici di scorrimento. Quando
le tensioni tangenziali superano le resistenze al taglio, vengono a mancare le condizioni di
equilibrio globale per cui la massa di terreno scivola verso valle fino al raggiungimento di un
nuovo stato di equilibrio.
La complessità del sistema versante, la variabilità delle condizioni climatico-ambientali e i
diversi scopi di analisi fanno sì che i fattori da considerare nel corso di un’analisi di stabilità
siano differenti; tra questi ricordiamo:
• la geometria del pendio;
• il tipo di pendio (naturale, artificiale, in rilevato, in scavo);
• la struttura geologica dell’area in esame;
• il materiale geologico coinvolto (roccia, terreno, ecc.);
• le condizioni idrogeologiche (e loro variazioni);
• le forze esterne (sovraccarichi, sismicità, ecc.);
• le conseguenze di una ipotetica rottura.
Tra i diversi metodi a disposizione, quelli maggiormente utilizzati fanno riferimento al principio
dell’equilibrio limite; nel caso dei movimenti che caratterizzano l’ambiente agro-silvo-pastorale
particolarmente utili, sebbene drasticamente semplificati, sono i metodi lineari del pendio
indefinito e degli scivolamenti planari, e quello non lineare di Bishop.
58
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
59
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
FS =
( )
c '+ γ z cos2 β − u tan φ '
[ 14]
γ z sinβ cosβ
oppure:
c'
γz
(
+ cos 2 β − ru tan φ ' )
[ 15]
FS =
sin β cosβ
dove ru avrà valore controllato dalla pendenza del versante; nel caso di filtrazione parallela al
versante ed esprimendo l’altezza della superficie piezometrica in termini di frazione (m) della
profondità z:
c '+ z (γ − mγ w ) cos 2 β tan φ '
FS = [ 16]
γ z sin β cosβ
Un caso particolare è rappresentato dalla presenza di terreni incoerenti (c’=0) con falda a piano
campagna (m=1):
(γ − γ w ) tan φ '
FS = [ 17]
γ tanβ
In assenza di acqua nel versante (sempre per terreni non coesivi), il fattore di sicurezza si riduce
a:
tan φ '
FS = [ 18]
tan β
Casi decisamente più complessi, e in verità più realistici, saranno quelli con linee di flusso non
parallele all’inclinazione del versante e di conseguenza in grado di considerare condizioni di
deflusso locali o particolari. La soluzione generalizzata della stabilità di un pendio indefinito in
caso di filtrazione variabile è decisamente più complicata, per tanto si rimanda a pubblicazioni
specifiche di stabilità e di idrologia dei versanti (si veda ad esempio Crosta, 1998).
61
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
1
Pw = γ w H [ 20]
2
e la relativa sottospinta idraulica:
1 1
U= Pw L = γ w HL [ 21]
2 4
C ⋅ A + (W cos β − U ) ⋅ tan φ
FS = [22]
W sin β
Un’ulteriore opzione, meno rigorosa, è quella di trascurare le forze esterne e utilizzare nelle
verifiche il peso di volume sommerso del terreno γ’, dato dalla differenza tra il peso di volume
saturo del terreno e il peso di volume dell'acqua. Tale soluzione può essere utilizzata in prima
approssimazione, nei casi in cui non si riesca a tener conto della reale distribuzione delle
pressioni neutre.
6.3.2 Frattura di trazione
In presenza di movimenti franosi incipienti o in evoluzione è frequente che in superficie si
formino fratture di trazione. Queste, oltre a rappresentare vie preferenziali per l’infiltrazione e lo
scorrimento delle acque di superficiali nel corpo di frana, a lungo termine possono portare alla
formazione di ristagni superficiali, agenti come sovraccarichi sul pendio.
In questi casi è possibile adottare il meccanismo di rottura per scivolamento planare, senza
scorrimento o resistenza mobilitata lungo la frattura di trazione.
62
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
64
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
T=
1
[c'l + (P − ul ) tan φ '] [ 28]
FS
Risolvendo verticalmente si avrà:
65
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
FS m =
∑ [c' l + (P − ul ) tan φ '] [ 33]
∑W sin α
Questa equazione contiene FS nel termine di destra e la risoluzione è ottenuta in modo iterativo
con convergenza rapida. Il metodo è accurato salvo nel caso di problemi numerici; l’errore insito
nel metodo infatti è modesto e in genere minore del 5%, ma tende a crescere per cerchi profondi
(10-15%).
In ogni caso, al fine di ridurre al minimo le incertezze sui risultati ottenuti, è opportuno
confrontare tali valori con quelli ottenuti da analisi in condizioni simili, eseguire le verifiche con
altri metodi sia più semplici, che più complessi ed, infine, effettuare una analisi di sensitività in
modo da verificare se i risultati delle analisi condotte con parametri differenti mantengono una
loro ragionevolezza (Crosta, 2001).
Il metodo semplificato di Bishop è inoltre utilizzabile per superfici di scivolamento non circolari,
adottando un centro di rotazione fittizio. Comunque per quanto riguarda le assunzioni circa la
geometria della superficie di scivolamento, si ritiene che le superfici di forma circolare
rappresentino in genere le più critiche per tutti i casi che interessano materiali omogenei in
assenza di discontinuità geologiche e/o strutturali particolari.
66
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 1
67
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
7.1 Forze agenti e cenni sul calcolo della spinta delle terre
Secondo quanto previsto dalla normativa vigente circa le opere di sostegno, le forze agenti sul
manufatto dovranno essere calcolate in modo da pervenire, di volta in volta, alla condizione più
sfavorevole nei confronti delle diverse verifiche da effettuare. In particolare, tutte le ipotesi di
calcolo delle spinte sulle opere di sostegno devono essere giustificate con considerazioni sui
prevedibili spostamenti relativi del manufatto rispetto al terreno (D.M. 11/03/88).
Di conseguenza, per dimensionare correttamente una palificata si devono considerare le
principali forze che entrano in gioco, assicurandosi che le semplificazioni introdotte nello
schema di calcolo siano sempre a favore di sicurezza.
Se consideriamo lo schema riportato in Figura 38, è evidente come le forze agenti sull’opera
siano:
• il peso proprio dell’opera (P), di
Q
facile determinazione noti il volume
del manufatto e il peso specifico del
P materiale di riempimento;
Sa • la spinta attiva del terreno (Sa), che
Sp
dipende dall’altezza della palificata e
dalle caratteristiche del terreno;
Figura 38: schema delle forze agenti su un’opera di sostegno • la spinta passiva del terreno (Sp),
rappresenta la resistenza (forza
stabilizzante) del terreno alla pressione esercitata dal manufatto, poiché ne ostacola il
ribaltamento e lo scivolamento lungo il piano di posa dell’opera stessa; in genere risulta
modesta rispetto alle altre azioni sollecitanti e, a favore di sicurezza, si preferisce trascurarla
nei calcoli;
• l’eventuale sovraccarico (Q) esistente a tergo dell’opera, assunto uniformemente distribuito.
Per il calcolo della spinta delle terre si può far riferimento alla teoria degli stati di equilibrio
limite di Rankine (1857), della quale si richiamano brevemente le ipotesi:
• il terreno è assunto privo di coesione (c=0; φ≠0);
• la superficie di rottura è piana così come la superficie del terrapieno (che però può anche
essere inclinato);
68
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
• il cuneo di terreno contro il muro si comporta come un corpo rigido che subisce lo
spostamento senza deformarsi;
• non viene considerato l’attrito terreno-opera;
• la parete interna del muro è considerata verticale;
• il problema si riferisce ad una unità di opera (o terreno).
Come è noto, tali ipotesi portano a valori di spinta superiori, e quindi a favore di sicurezza,
rispetto a quelli calcolati secondo la teoria di Coulomb (1773) che tiene conto anche dell’attrito
che si genera tra l’opera di sostegno e il terreno.
Secondo la teoria di Rankine, in condizione di equilibrio limite attivo lo sforzo che agisce su un
piano verticale posto alla generica profondità z sotto il piano campagna, è perpendicolare al
piano stesso e vale:
σ a = γ t zK a [ 34]
dove γt è il peso dell’unità di volume del terreno e Ka è il coefficiente di spinta attiva del terreno,
il quale, sempre secondo Rankine, può essere calcolato come:
φ
K a = tan 2 45° − [ 35]
2
con φ angolo di resistenza al taglio del terreno.
Il diagramma delle pressioni che ne risulta è di forma triangolare (lo sforzo attivo aumenta infatti
linearmente con la profondità) e per unità di opera vale (area abc nella Figura 39):
H
1
S a = ∫ σ a dz = γ t H 2 K a [ 36]
0
2
Tabella XV: Valori di φ in relazione alla granulometria del terreno (da Terzaghi e Peck, 1967).
Addensamento
Terreno
sciolto compatto
sabbia a granuli arrotondati,
27.5 34
uniforme
sabbia a spigoli vivi, ben
33 45
gradata
ghiaia sabbiosa 35 50
sabbia limosa 27-33 30-35
limo inorganico 27-30 30-35
realizzate in lieve contropendenza (massimo 10-15%, che ad esempio per le palificate il legno e
pietrame costituisce tra l’altro la prassi costruttiva), introducendo nelle verifiche di stabilità, la
scomposizione della spinta attiva in due componenti, una normale e l’altra parallela al piano di
appoggio del manufatto.
72
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
dove: H
P H⊥
P = γ op ⋅ H ⋅ B [48]
Sa
Sa
bSa
equivale al peso proprio dell’opera
(adef), con γop peso di volume della a
x α d
palificata, H altezza e B larghezza
dell’opera stessa; e Figura 41: Schema statico di una palificata inclinata rispetto
all’orizzontale (sezione).
1 1
S a = γ w ⋅ H ⊥2 + γ '⋅ H ⊥2 ⋅ K a + QH ⊥ ⋅ K a
2 2
[ 49]
è la spinta attiva totale a tergo del muro e agisce perpendicolarmente alla parete di monte del
manufatto; essa comprende tre termini:
• la spinta esercitata dall’acqua interstiziale presente nel caso di terreno completamente saturo.
La sua intensità coincide con quella che l’acqua eserciterebbe sul muro in assenza del terreno
(spinta idrostatica);
• la spinta esercitata dallo scheletro solido (grani) del terreno per effetto del peso proprio. Si
noti che in questo caso compare il peso dell’unità di volume del terreno sommerso (γ’ = γsat -
γw):
• la spinta esercitata sul muro dal terreno per effetto di un eventuale carico Q (uniformemente
distribuito) presente a tergo del muro.
H⊥ è l’altezza verticale dell’opera H ⊥ = H cosα e Ka, coefficiente di spinta attiva (cfr. Figura
40).
La [ 49] introduce una serie di semplificazioni: nel caso di terreno a tergo saturo si suppone che
esso sia a grana grossolana in modo da poter considerare il problema in condizioni drenate e
trascurare il contributo della coesione, il fondo e l’opera sono considerate impermeabili, le
pressioni neutre a tergo sono idrostatiche in modo da non avere un moto di filtrazione.
73
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
Ovviamente, nel caso di terreno asciutto e in assenza di carichi sulla superficie il primo e il terzo
termine della [ 49] si elidono e nel secondo compare in luogo di γ’, il peso di volume del terreno
(γt).
Sostituendo la [48] e la [ 49] nella [47], si ottiene:
1 1 [ 50]
f ⋅ γ op ⋅ HB cosα = FS s γ w H 2 cos 2 α + γ ' K a H 2 cos 2 α + QK a H cosα − γ op BHsenα
2 2
e con opportuni passaggi si ricava:
γ γ' [ 51]
B ⋅ ( f + FS s tan α ) = FS s ⋅ w H cosα +
Q
HK a cosα + Ka
2γ op 2γ op γ op
infine, si arriva alla condizione:
γ γ' Q [ 52]
FS s ⋅ w H cosα + HK a cosα + Ka
2γ 2γ op γ op
B= op
f + FS s tan α
Adottando S il valore di 1.3 come previsto dal DM 11/03/88, si ottiene:
1.3 γ Q [ 54]
B≥ ⋅ t HK a cosα + Ka
f + 1.3 tan α 2γ op γ op
dove γt è il peso dell’unità di volume del terreno allo stato naturale.
7.3.2 Verifica al ribaltamento
Per assicurarne la stabilità, il rapporto tra il momento delle forze stabilizzanti (Ms) e quello delle
forze ribaltanti (Mr) calcolati rispetto allo spigolo di valle, dovrà essere ≥ 1.5. Tradotto in termini
di Fattore di Sicurezza, si può scrivere:
Ms
FS r = [ 55]
Mr
Lavorando nell’ambito della statica dei sistemi rigidi e con riferimento alla Figura 41, risulta
P ⋅ bP
FS r = [ 56]
S A ⋅ bS
dove bP è il braccio della forza peso:
74
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
1
bP = x ⋅ cos α = (B + H tan α ) cos α [ 57]
2
e bS è il braccio della spinta attiva.
Sebbene in realtà il punto di applicazione della spinta attiva cada tra 1/3 e 1/2 dell’altezza
dell’opera (cfr. § 7.2.2), in genere in assenza di carichi la spinta è applicata ad un terzo
dell’altezza dell’opera misurata verticalmente (come precedentemente illustrato e in accordo con
D’Agostino e Mantovani, 2000):
1 1
bS ≅ H ⊥ = H cosα [ 58]
3 3
Nel caso sia presente un sovraccarico, invece, il punto di applicazione della spinta totale viene
assunto, a favore di sicurezza, pari a ½:
1 1
bS ≅ H ⊥ = H cosα [ 59]
2 2
La [ 57] diviene quindi:
γ op ⋅ HB cosα ⋅ (B + H tan α )
1
FS r = 2
[ 60]
1 1 H
γ w ⋅ H ⊥ + γ '⋅H ⊥ ⋅ K a + QH ⊥ ⋅ K a ⋅ ⊥
2 2
2 2 2
da cui, risolvendo per B si ricava:
FS r γ γ'
B 2 + B ⋅ H tan α − H cos α ⋅ w H cos α + HK a cos α + QK a [ 61]
γ op 2 2
Considerando la sola radice positiva in B, si arriva alla condizione:
Assumendo come valore di FS quello di 1.5, come previsto dal DM 11/03/88 si ottiene la
condizione per la verifica al ribaltamento:
75
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
I carichi di sicurezza del terreno sono reperibili nella letteratura relativa alla meccanica delle
terre; in Tabella XVI se ne riporta un esempio.
Tabella XVI: Valori del carico di sicurezza del terreno in relazione alla caratteristiche del terreno di
fondazione (modificato da Colombo, 1977).
Fissate le dimensioni dell’opera di sostegno, la risultante (R) delle forze agenti sulla struttura
(peso proprio dell’opera, P, e spinta delle terre, Sa) può essere scomposta in una componente
normale ed una tangente alla base del manufatto, V e O; il in cui la retta di azione di R incontra la
base dell’opera, rappresenta il centro di sollecitazione C.
Con riferimento alla Figura 42 si possono distinguere tre casi (Benini, 1990):
• il centro di sollecitazione è interno al nocciolo centrale di inerzia della sezione di base:
Se definiamo eccentricità (e) la distanza del centro di sollecitazione C dal baricentro della
sezione, per un’opera con sezione rettangolare e base B vale:
76
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
C C C
u e
σm 3u
σ σ
M M
σM
B
e= −u [ 66]
2
dove u è la distanza della risultante dallo spigolo di valle della sezione:
M stab − M rib
u= [ 67]
V
Quando C è interno al nocciolo centrale, la condizione può essere vista come e<B/6 (o
u>B/3).
La tensione di pressoflessione massima viene esplicata dalla reazione del terreno in
corrispondenza dello spigolo di valle del piano di appoggio e vale:
V 6e
σM = 1 + [ 68]
B B
mentre la sollecitazione minima vale:
V 6e
σm = 1 − [ 69]
B B
In questo caso tutta la sezione di base è sollecitata a compressione e il diagramma delle
sollecitazioni è di tipo trapezoidale (Figura 42).
• il centro di sollecitazione coincide con uno degli estremi del nocciolo centrale di inerzia.
Se il centro di sollecitazione coincide con uno degli estremi del nocciolo centrale del muro,
cioè risulta che e=B/6 (o u=B/3), il diagramma delle sollecitazioni diventa triangolare poiché
σm=0 nello spigolo di monte, e la sollecitazione massima sul lembo di valle si ricava
facilmente come:
77
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
2V
σM = [ 70]
B
• il centro di sollecitazione è interno al terzo medio di valle
nel caso di opere di sostegno realizzate con materiali sopportano male gli sforzi di trazione
(ad es. muratura in pietrame; Benini, 1990), le formule viste in precedenza non valgono più, e
per determinare il diagramma delle tensioni si deve considerare solo la porzione di sezione
reagente. Perciò, quando il centro di sollecitazione C cade nel terzo medio di valle della
sezione (condizione per e>B/6, oppure u<B/3), la [ 67] deve essere sostituita con
l’espressione che considera come reagente la sola zona dell’opera sollecitata a compressione,;
questa può essere valutata come:
2V
σM = [ 71]
3u
mentre la σm è nulla ad una distanza dallo spigolo di valle pari a 3u.
La verifica allo schiacciamento può anche essere effettuata considerando il carico limite (Qlim)
dell’insieme fondazione-terreno, un parametro che dipende sia dalle caratteristiche fisico-
meccaniche del terreno sia dalla geometria dell’opera di sostegno, anziché il carico di sicurezza
del terreno. La verifica dovrà, inoltre, essere effettuata tenendo conto dell’inclinazione e
dell’eccentricità della risultante delle forze trasmesse dal manufatto al terreno di fondazione e il
fattore di sicurezza dovrà essere ≥ 2 (DM 11/03/88, Sezione D). Tale verifica prevede quindi il
calcolo della capacità portante del complesso terreno-fondazione (DM 11/03/88, Sezione C).
In termini di Fattore di Sicurezza deve risultare:
Qlim
FS cl = [ 72]
V
dove V è la componente normale della forza risultante delle azioni agenti sul piano di posa della
palificata.
Il carico limite è valutato sulla base della pressione limite, qlim:
Qlim = qlim B ' L [ 73]
Una volta ricavata la pressione limite del terreno di fondazione qlim si può calcolare il carico
limite Qlim e successivamente il Fattore di Sicurezza al carico limite dell’insieme terreno-
fondazione secondo la [ 72].
Per calcolare il valore di qlim occorre conoscere l’esatta forma della superficie di rottura del
terreno; poiché solitamente questa non è nota, in genere viene ipotizzato che il terreno si rompa
78
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
79
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
Tabella XVII: Valori dei fattori di capacità portante secondo Terzaghi (da Lancellotta, 1993).
φ Nγ Nc Nq
(°) (-) (-) (-)
0 0 5.7 1
5 0.5 7.3 1.6
10 1.2 9.6 2.7
15 2.5 13 4.4
20 5.0 18 7.5
25 10 25 13
30 20 37 22
35 42 53 41
40 100 95 81
Nel caso ci ritrovi in condizioni in cui si verifichi un’eccentricità della risultante sul piano di
base della fondazione e la conseguente deviazione di R dalla verticale, la [ 74] non è più valida e
deve essere modificata per tenere conto dei relativi effetti:
1
q lim = γB' N γ ⋅ sγ ⋅ iγ + cN c ⋅ s c ⋅ i c + qN q ⋅ i q [ 75]
2
dove B’ è la larghezza ridotta della fondazione, introdotta per tenere conto dell’eccentricità e
della risultante e pari a B' = B − 2e ; i γ, i c e i q sono i fattori correttivi che tengono conto
dell’inclinazione del carico rispetto alla verticale.
Secondo Vesic (1970) per ricavare tali fattori correttivi si possono utilizzare le seguenti
espressioni, ricavate empiricamente:
m +1
O
iγ = 1 − [ 76]
V + BLc ⋅ cot gφ
m
O
iq = 1 − [ 77]
V + BLc ⋅ cot gφ
1 − iq
ic = iq − [ 78]
N c ⋅ tan φ
2+ B/L
con m =
1+ B / L
I fattori di capacità portante possono essere valutati anche mediante espressioni diverse da quelle
proposte da Terzaghi (1943); per quanto Nc e Nq, ad esempio, in letteratura normalmente si fa
riferimento alle espressioni ricavate da Prandtl (1921) e Reissner (1924):
80
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 2
φ'
N q = tan 2 45° + ⋅ eπ ⋅ tanφ ' [ 79]
2
( )
N c = N q − 1 ⋅ cot φ ' [ 80]
mentre per Nγ la soluzione più accreditata risulta quella proposta da Caquot e Kérisel (1953),
approssimabile con l’espressione di Vesic (1970):
( )
Nγ = 2 ⋅ N q + 1 ⋅ tan φ ' [ 81]
In letteratura, infine, si possono trovare molte altre relazioni analitiche per valutare la capacità
portante di una fondazione di tipo superficiale, tra cui le più utilizzate e attendibili sono quelle di
Meyerhof (1951), Brinch Hansen (1970) e Vesic (1973), che introducono una serie di fattori
correttivi rispetto alla formulazione originale di Terzaghi (1943), per tener conto ad esempio
della profondità di posa e inclinazione della base della fondazione e/o della topografia originaria
(es. fondazioni su pendio).
81
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 3
Simbolo Descrizione
Rocce Ignee
IA rocce intrusive acide
IB rocce intrusive basiche
EA rocce effusive acide
EB rocce effusive basiche
FL rocce filoniane
Rocce sedimentarie
Ac arenaria massiccia o stratificata ben cementata
As arenaria poco cementata
Al argillite
Fl flysch
Am argille e marne con livelli e lenti arenacei e/o calcarei
Cm calcare massiccio e stratificato in grossi banchi
Cs calcare mediamente e sottilmente stratificato, non selcifero
Cn calcare selcifero
Dm dolomia massiccia o stratificata
Mc marna e marna calcarea
Ss roccia sedimentaria silicea
Rocce Metamorfiche
GN gneiss
FD filladi e argilloscisti
MQ micascisti
SR serpentiniti e altre rocce ultramafiche
MC rocce metamorfiche carbonatiche
82
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 3
83
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 4
Simbolo
del Denominazioni tipiche
gruppo
Terreni a grana grossolana (più del 50% è costituito da particelle con diametro > di 75 µm)
GW ghiaie ben classate, miscele di ghiaia e sabbia, senza o con poco fine
GP ghiaie mal classate, miscele di ghiaia e sabbia, senza o con poco fine
GM ghiaie limose, miscele di ghiaia-sabbia-limo mal classate
GC ghiaie argillose, miscele di ghiaia-sabbia-argilla mal classate
SW sabbie ben classate, sabbie ghiaiose, senza o con poco fine
SP sabbie mal classate, sabbie ghiaiose, senza o con poco fine
SM sabbie limose, miscele di sabbia e limo mal classate
SC sabbie argillose, miscele di sabbia e argilla mal classate
Terreni a grana fine (più del 50% è costituito da particelle con diametro < di 75 µm)
ML limi inorganici e sabbie molto fini, sabbie fini limose o argillose di bassa
plasticità, terreni limosi o sabbiosi fini
CL argille inorganiche di plasticità da media a bassa, argille ghiaiose, argille
sabbiose, argille limose; argille “magre”
OL limi organici e argille limose organiche di bassa plasticità
MH limi inorganici, terreni sabbiosi (sabbie fini) o limosi micacei, limi
“elastici”
CH argille inorganiche di elevata plasticità; argille “grasse”
OH argille organiche di plasticità da media ad elevata
Terreni ad alto contenuto di sostanza organica
Pt torbe e altri terreni ricchi di materia organica
Casi particolari:
- termini doppi: i terreni con caratteristiche a cavallo di due gruppi vengono designati con i simboli di entrambi i
gruppi. Ad esempio: GW-GC, GP-GM, etc. necessari qualora la % di fini sia compresa tra il 5 ed il 12%, o per
intervalli particolari della carta di plasticità;
84
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 4
- termini di confine: da adottare per terreni le cui proprietà variano in modo tale da non consentire una precisa
identificazione in un singolo gruppo (CL/CH, SC/CL, GM/SM, etc.). Per esempio quando la percentuale dei fini
varia tra 45% e 55% (es.: GM/ML, CL/SC) o quando la percentuale di sabbia e di ghiaia varia tra il 45% ed il 55%
(es.: GP/SP, SC/GC, GM/SM, etc.) mentre è difficile avere un simbolo del tipo GW/SW; nel caso di difficile
distinzione tra limo e argilla, specie in campagna, potremo avere: CL/ML, CH/MH, SC/SM così come quando sarà
difficile distinguere tra terreni molto o poco compressibili: CL/CH, MH/ML. In genere le sigle saranno ordinate in
funzione della frequenza e importanza con cui altri terreni sono stati classificati in prossimità delle aree dubbie.
85
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 5
% gradi rapporto
5 2.9 1: 20.00
10 5.7 1: 10.00
15 8.5 1: 6.67
20 11.3 1: 5.00
25 14.0 1: 4.00
30 16.7 1: 3.33
35 19.3 1: 2.86
40 21.8 1: 2.50
45 24.2 1: 2.22
50 26.6 1: 2.00
55 28.8 1: 1.82
60 31.0 1: 1.67
65 33.0 1: 1.54
70 35.0 1: 1.43
75 36.9 1: 1.33
80 38.7 1: 1.25
85 40.4 1: 1.18
90 42.0 1: 1.11
95 43.5 1: 1.05
100 45.0 1: 1.00
105 46.4 1: 0.95
110 47.7 1: 0.91
115 49.0 1: 0.87
120 50.2 1: 0.83
125 51.3 1: 0.80
130 52.4 1: 0.77
135 53.5 1: 0.74
140 54.5 1: 0.71
145 55.4 1: 0.69
150 56.3 1: 0.67
86
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 5
87
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
Vista la legge 2 febbraio 1974, n. 64, recante provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche;
Ritenuto che, in forza dell'art. 1 della citata legge n. 64/1974, devono essere emanate norme
tecniche per la disciplina delle costruzioni, norme che, ai sensi del secondo comma dello stesso
articolo, possono essere modificate o aggiornate ogni qual volta occorre;
Visto il decreto ministeriale 21 gennaio 1981 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 37 del 7 febbraio 1981 relativo a Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e
sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la
progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di
fondazione ;
Ritenuto che, le suddette norme tecniche di cui al decreto ministeriale 21 gennaio 1981 devono
essere modificate ed aggiornate;
Visto il nuovo testo delle norme tecniche in oggetto predisposto dal servizio tecnico centrale,
testo sul quale, sentito il Consiglio nazionale delle ricerche, ha espresso parere favorevole
l'assemblea generale del Consiglio superiore dei lavori pubblici con il voto n. 188 del 26
settembre 1986; Espletata la procedura di cui alla legge 21 giugno 1986 n. 317 in attuazione alla
direttiva CEE n. 83/189; Decreta:
1. Sono approvate le norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità
dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione,
l'esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione, di cui
alla legge 2 febbraio 1974 n. 64, predisposte dal servizio tecnico centrale ed allegate al presente
decreto.
88
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
2. Le anzidette norme entrano in vigore sei mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
3. In via transitoria continuano ad applicarsi le norme di cui al decreto ministeriale 21 gennaio
1981, per le opere in corso, per le opere per le quali sia stato stipulato regolare contratto, per le
opere per le quali sia stato pubblicato il bando di gara per l'appalto, per le opere comprendenti
strutture disciplinate dalla legge n. 1086/71 per le quali è stata già presentata la denuncia a sensi
dell'art. 4 della legge stessa.
Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e
delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo
delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione.
A. Disposizioni generali.
A.1. Oggetto e scopo delle norme.
Con le presenti norme si stabiliscono i principali criteri da seguire:
per il progetto e per l'esecuzione di indagini sui terreni, intesi quali terre o rocce nella loro sede;
per il progetto, per la costruzione e per il collaudo di opere di fondazione, opere di sostegno,
manufatti di materiali sciolti, manufatti sotterranei; per lo studio della stabilità dei pendii
naturali; per il progetto di stabilizzazione dei pendii naturali e per il progetto di scavi; per il
progetto delle discariche e delle colmate; per il progetto degli interventi di consolidamento di
ammassi di terreni e rocce; per il progetto degli interventi di ristrutturazione e consolidamento di
esistenti strutture di fondazione e di sostegno; per lo studio di fattibilità di opere e di insiemi di
opere e relativi interventi nel sottosuolo che interessano grandi aree o grandi volumi di terreno,
nonché per lo studio e la valutazione degli effetti di emungimenti di fluidi dal sottosuolo e di
perturbazione del regime delle pressioni interstiziali.
I principi ed i criteri hanno lo scopo di garantire la sicurezza e la funzionalità del complesso
opere-terreni e di assicurare in generale la stabilità del territorio sul quale si inducono
sollecitazioni e deformazioni.
Le presenti norme si applicano a tutte le opere pubbliche e private da realizzare nel territorio
della Repubblica, come disposto dall'art. 1 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, ivi comprese le
zone dichiarate sismiche ai sensi dell'art. 3, titolo II, della citata legge. Le presenti norme
valgono anche per le opere speciali di cui al punto D dell'art. 1 della sopra richiamata legge,
salvo quanto disposto dalle norme tecniche relative alle singole categorie di opere speciali.
Per quanto attiene al calcolo ed al dimensionamento delle strutture e dei manufatti considerati
89
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
nelle presenti norme, ai relativi materiali, ai procedimenti e metodi costruttivi si rimanda alle
vigenti norme specifiche e in particolare alle norme emanate in applicazione della legge 5
novembre 1971, n. 1086, salvo quanto diversamente prescritto nelle sezioni seguenti.
A.2. Prescrizioni generali.
Le scelte di progetto, i calcoli e le verifiche devono essere sempre basati sulla caratterizzazione
geotecnica del sottosuolo ottenuta per mezzo di rilievi, indagini e prove.
I calcoli di progetto devono comprendere le verifiche di stabilità e le valutazioni del margine di
sicurezza nei riguardi delle situazioni ultime che possono manifestarsi sia nelle fasi transitorie di
costruzione sia nella fase definitiva per l'insieme manufatto-terreno. Le situazioni di esercizio
tenendo conto delle possibili variazioni di sollecitazione e deformazione, devono ugualmente
essere verificate con la dovuta sicurezza. La scelta dei coefficienti di sicurezza deve essere
motivata in rapporto al grado di approfondimento delle indagini sui terreni, all'affidabilità dalla
valutazione delle azioni esterne, tenuto conto del previsto processo costruttivo e dei fattori
ambientali. L'assunzione di valori inferiori a quelli prescritti nei capitoli successivi deve essere
giustificata con una analisi documentata.
Il progetto deve comprendere anche una valutazione dei prevedibili spostamenti dell'insieme
opera-terreno, nonché un giudizio sull'ammissibilità di tali spostamenti in rapporto alla sicurezza
e funzionalità del manufatto e di quelli ad esso adiacenti.
L'intensità e la direzione delle azioni statiche e dinamiche da considerare nei calcoli geotecnici
deve essere stabilita sulla base di una analisi che tenga conto della probabilità e della frequenza
di applicazione, del tempo di permanenza, della natura dei terreni presenti nel sottosuolo e del
tipo di opera.
In presenza di azioni indotte da sismi si adotteranno i criteri di valutazione del carico limite e del
relativo coefficiente di sicurezza prescritti dalle norme tecniche per le costruzioni in zone
sismiche (D.R. 19 giugno 1984).
Nel progetto devono essere considerate le fasi e le modalità costruttive.
In corso d'opera si deve controllare la rispondenza tra la caratterizzazione geotecnica assunta in
progetto e la situazione effettiva, differendo di conseguenza il progetto esecutivo.
Nel caso di costruzioni di modesto rilievo in rapporto alla stabilità globale dell'insieme opera
terreno, che ricadano in zone già note, la caratterizzazione geotecnica del sottosuolo può essere
ottenuta per mezzo della raccolta di notizie e dati sui quali possa responsabilmente essere basata
la progettazione.
In questo caso i calcoli geotecnici di stabilità e la valutazione degli spostamenti possono essere
90
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
omessi, ma la idoneità delle soluzioni progettuali adottate deve essere motivata con apposita
relazione.
A.3. Elaborati geotecnici e geologici.
I risultati delle indagini, degli studi e dei calcoli geotecnici devono essere esposti in una
relazione geotecnica, parte integrante degli atti progettuali.
Nei casi in cui le presenti norme prescrivano uno studio geologico, deve essere redatta anche una
relazione geologica che farà parte integrante degli atti progettuali.
A.4. Collaudo.
Il collaudo dovrà accertare la rispondenza delle opere eseguite alle previsioni progettuali e la
rispondenza della esecuzione alla presente normativa, tenendo conto di tutti i dati rilevati prima e
durante la costruzione.
Ulteriori indagini e prove saranno effettuate nel corso del collaudo, se ritenute necessarie al fine
di accertare l'idoneità dell'opera all'uso cui è destinata.
B. Indagini geotecniche.
B.1. Oggetto delle norme.
Le presenti norme riguardano il progetto e l'esecuzione delle indagini geotecniche. Queste
indagini hanno lo scopo di raccogliere tutti i dati qualitativi e quantitativi occorrenti per il
progetto e per il controllo del comportamento dell'opera nel suo insieme ed in rapporto al
terreno.
B.2. Indagini nelle fasi di progetto e di costruzione.
Nelle fasi preliminari della progettazione si potrà far riferimento a informazioni di carattere
geologico e a dati geotecnici deducibili dalla letteratura oppure noti attraverso indagini eseguite
precedentemente sulla medesima area.
Per il progetto di massima dovranno essere effettuate indagini geologiche e geotecniche per
valutare la stabilità di insieme della zona, prima ed a seguito della costruzione dell'opera in
progetto, e per individuare i problemi che la natura e le caratteristiche geotecniche dei terreni
pongono nelle scelte delle soluzioni progettuali e dei corrispondenti procedimenti costruttivi
anche per confrontare le soluzioni possibili.
Nella fase di progetto esecutivo le indagini devono essere dirette ad approfondire la
caratterizzazione geotecnica qualitativa e quantitativa del sottosuolo per consentire la scelta della
soluzione progettuale, di eseguire i calcoli di verifica e definire i procedimenti costruttivi.
Per i manufatti di materiali sciolti, l'indagine deve comprendere anche la ricerca e lo studio dei
91
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
C. Opere di fondazione.
C.1. Oggetto delle norme.
Le presenti norme riguardano le fondazioni di manufatti di qualsiasi tipo.
Per quanto attiene al calcolo delle strutture costituenti la fondazione, ai materiali impiegati, ai
procedimenti e metodi costruttivi, valgono le vigenti norme specifiche.
Per le fondazioni di manufatti ricadenti in zone sismiche devono essere rispettate le prescrizioni
di cui al titolo II della legge 2 febbraio 1974, n. 64.
Per le fondazioni di opere speciali, le presenti norme devono essere integrate con quanto
prescritto nelle norme specifiche.
C.2. Criteri di progetto.
Il progetto delle fondazioni di un'opera deve essere sviluppato congiuntamente al progetto
dell'opera in elevazione tenendo conto delle modalità costruttive.
L'opera di fondazione deve avere i seguenti requisiti: lo stato di tensione indotto nel terreno deve
essere compatibile con le caratteristiche di resistenza del terreno stesso, nella situazione iniziale
ed in quelle che potranno presumibilmente verificarsi nel tempo; gli spostamenti delle strutture
di fondazione devono essere compatibili con i prefissati livelli di sicurezza e con la funzionalità
delle strutture in elevazione.
Deve essere tenuta in debito conto l'influenza che l'opera in progetto può avere su fondazioni e
su costruzioni esistenti nelle vicinanze.
93
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
Il progetto deve comprendere i risultati delle indagini, rilievi, studi atti ad individuare e valutare i
fattori che possono influire sul comportamento della fondazione; la scelta del tipo di fondazione;
la verifica di stabilità del complesso terreno-fondazione; la previsione dei cedimenti e del loro
andamento nel tempo; la scelta dei procedimenti costruttivi; le verifiche delle strutture e delle
opere di fondazione.
C.3. Prescrizioni per le indagini.
I rilievi e le indagini da effettuare in conformità alle direttive riportate alla sezione B hanno lo
scopo di accertare la costituzione del sottosuolo e la presenza di acque sotterranee a pelo libero
ed in pressione e di misurare e consentire la valutazione delle proprietà fisico-meccaniche dei
terreni.
La profondità da raggiungere con le indagini va computata dalla quota più bassa dell'opera di
fondazione. Essa va stabilita e giustificata caso per caso in base alla forma, alle dimensioni, alle
caratteristiche strutturali del manufatto, al valore dei carichi da trasmettere in fondazione, alle
caratteristiche degli stessi terreni di fondazione ed alla morfologia di un'area di adeguata
estensione intorno alla opera, nonché alla profondità ed al regime della falda idrica.
Indagini di carattere speciale devono essere eseguite nelle aree dove per motivate ragioni
geologiche o relative al precedente uso del territorio possono essere presenti cavità sotterranee,
possono manifestarsi fenomeni di subsidenza ed altri fenomeni che condizionino il
comportamento statico dei manufatti.
Nel caso di modesti manufatti che ricadono in zone già note, le indagini in sito ed in laboratorio
sui terreni di fondazione possono essere ridotte od omesse, sempreché sia possibile procedere
alla caratterizzazione dei terreni sulla base di dati e di notizie raccolti mediante indagini
precedenti, eseguite su terreni simili ed in aree adiacenti. In tal caso, dovranno essere specificate
le fonti dalle quali si è pervenuti alla caratterizzazione fisico-meccanica del sottosuolo.
C.4. Fondazioni dirette.
C.4.1. Criteri di progetto.
Il piano di posa deve essere situato al di sotto della coltre di terreno vegetale, nonché al di sotto
dello strato interessato dal gelo e da significative variazioni di umidità stagionali. Una scelta
diversa deve essere adeguatamente giustificata.
Le fondazioni devono essere direttamente difese o poste a profondità tale da risultare protette dai
fenomeni di erosione del terreno superficiale.
Nel progetto di una fondazione diretta si deve verificare che il comportamento della fondazione,
tanto nei suoi elementi quanto nel suo complesso, sia compatibile con la sicurezza e con la
94
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
funzionalità dell'opera.
A tal fine si devono determinare il carico limite del complesso di fondazione-terreno ed i
cedimenti totali e differenziali.
Limitatamente alle zone non sismiche, nei casi in cui una lunga e soddisfacente pratica locale
indirizzi il progettista nella scelta del tipo di fondazioni, i calcoli di stabilità e la valutazione dei
cedimenti possono essere omessi, ma le scelte devono essere documentate e giustificate in base
ad un giudizio globale con esplicito riferimento alla situazione geotecnica del sottosuolo.
C.4.2. Carico limite e carico ammissibile del complesso fondazione-terreno.
Il carico limite del complesso fondazione-terreno, deve essere calcolato sulla base delle
caratteristiche geotecniche del sottosuolo e delle caratteristiche geometriche della fondazione.
Nel calcolo devono essere considerate anche le eventuali modifiche che l'esecuzione dell'opera
può apportare alle caratteristiche del terreno ed allo stato dei luoghi.
Nel caso di manufatti situati su pendii od in prossimità di pendii naturali ed artificiali deve essere
verificata anche la stabilità globale del pendio stesso, secondo quanto disposto alla sezione G,
considerando nelle verifiche le forze trasmesse dalla fondazione.
Il carico ammissibile deve essere fissato come un'aliquota del carico limite.
Il coefficiente di sicurezza non deve essere inferiore a 3. Valori più bassi, da giustificare
esplicitamente, potranno essere adottati nei casi in cui siano state eseguite indagini
particolarmente accurate ed approfondite per la caratterizzazione geotecnica dei terreni con
riguardo anche alla importanza e funzione dell'opera, tenuto conto del grado di affidabilità della
valutazione delle azioni esterne, nonché dell'ampiezza del piano dei controlli da sviluppare
durante la costruzione.
Per le verifiche in presenza di azioni indotte da sismi si adotteranno i criteri delle citate Norme
Sismiche.
C.4.3. Cedimenti.
I cedimenti assoluti e differenziali ed il loro decorso nel tempo devono essere compatibili con lo
stato di sollecitazione ammissibile per la struttura e con la funzionalità del manufatto.
La previsione dei cedimenti deve essere basata sul calcolo riferito alle caratteristiche di
deformabilità dei terreni e delle strutture, tenendo in conto i valori dei carichi permanenti, il tipo
e la durata di applicazione dei sovraccarichi.
Tale previsione può essere limitata ad un giudizio qualitativo se una lunga, documentata e
soddisfacente esperienza locale consente di valutare il comportamento del complesso terreno-
strutture.
95
VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
negativo, si deve tener conto del corrispondente effetto nella scelta del tipo di palo, nel
dimensionamento e nelle verifiche.
C.5.2. Indagini specifiche.
Le indagini devono essere eseguite in conformità con quanto precisato nella sezione B e devono
essere dirette anche ad accertare la fattibilità e l'idoneità del tipo di palo in relazione alle
caratteristiche dei terreni e delle acque del sottosuolo.
Con le indagini si debbono accertare le caratteristiche del terreno di fondazione fino alla
profondità interessata da significative variazioni tensionali.
C.5.3. Carico limite e carico ammissibile del palo singolo. La determinazione del carico limite
del complesso palo-terreno deve essere effettuata con uno o più dei seguenti procedimenti:
a) metodi analitici per la valutazione della resistenza alla base e lungo il fusto;
b) correlazioni basate sui risultati di prove in sito; c) sperimentazione diretta su pali di prova
(vedi punto C.5.5.);
d) analisi del comportamento dei pali durante la battitura.
Nel progetto si deve giustificare la scelta dei procedimenti di calcolo adottati.
La valutazione del carico assiale sul palo singolo deve essere effettuata prescindendo dal
contributo delle strutture di collegamento direttamente appoggiate sul terreno.
La sperimentazione diretta con prove di carico su pali singoli o gruppi di pali, deve essere in
ogni caso eseguita per opere di notevole importanza e quando, per le caratteristiche dei terreni, i
risultati delle indagini non consentono di esprimere giudizi affidabili sul comportamento del
palo.
Il valore del carico ammissibile del palo singolo rispetto al carico assiale limite deve essere
fissato dividendo il corrispondente carico limite per un coefficiente di sicurezza da stabilire in
relazione alle caratteristiche del terreno, al tipo ed alle modalità costruttive del palo.
Il valore del coefficiente di sicurezza non deve essere inferiore a 2,5 nel caso che il carico limite
sia valutato con i metodi teorici. Nei casi nei quali vengano anche eseguite prove di carico fino a
rottura -- di cui al punto C.5.5. -- può essere accettato un coefficiente di sicurezza inferiore ma
non minore di 2, sempre che siano state eseguite approfondite e dettagliate indagini per la
caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni. Nel caso di pali di diametro uguale o maggiore di
80 centimetri, la scelta del valore del coefficiente di sicurezza deve essere adeguatamente
motivata e deve tener conto dei cedimenti
ammissibili.
Il palo dovrà essere verificato anche nei riguardi di eventuali forze orizzontali.
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
D. Opere di sostegno.
D.1. Oggetto delle norme
Le norme contenute nella presente sezione si applicano ai muri di sostegno, alle paratie, alle
palancolate ed alle armature per il sostegno di scavi e ad opere di sostegno costituite da terra
mista ad altri materiali.
D.2. Criteri di progetto.
Il comportamento dell'opera di sostegno, intesa come complesso struttura-terreno, deve essere
esaminato tenendo conto della successione e delle caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni di
fondazione e di eventuali materiali di riporto, interessati dall'opera; dalle falde idriche, del
profilo della superficie topografica del terreno prima e dopo l'inserimento dell'opera; dei
manufatti circostanti; delle caratteristiche di resistenza e di deformabilità dell'opera; dei drenaggi
e dispositivi per lo smaltimento delle acque superficiali e sotterranee e delle modalità di
esecuzione dell'opera e del rinterro.
Deve essere verificata la stabilità dell'opera di sostegno e del complesso opera-terreno. Le
verifiche debbono essere effettuate nelle condizioni corrispondenti alle diverse fasi costruttive ed
al termine della costruzione, tenendo conto delle possibili oscillazioni di livello dell'acqua nel
sottosuolo. Quando il terreno sia sede di moti di filtrazione l'opera deve
essere verificata nei riguardi del sifonamento. Nel caso di opere su pendio o prossime a pendii si
deve esaminare anche la stabilità di questi secondo quanto indicato alla sezione G.
Il progetto deve comprendere inoltre il dimensionamento delle opere di drenaggio e di raccolta
delle acque superficiali, tenuto conto anche di quanto indicato alla sezione N e con le limitazioni
prescritte alla sezione L. Nel caso di scavi armati o delimitati da pareti, deve essere verificata
anche la stabilità del fondo nei riguardi della rottura per sollevamento.
D.3. Indagini specifiche.
Per i criteri generali di indagine si fa riferimento alla sezione B ed alla sezione C.
Nel caso di modesti manufatti che ricadano in zone già note le indagini in sito ed in laboratorio
sui terreni di fondazione possono essere ridotte od omesse, sempreché sia possibile procedere
alla caratterizzazione dei terreni sulla base di dati e notizie raccolti mediante indagini precedenti,
eseguite su terreni simili ed in aree adiacenti. In tal caso devono essere specificate le fonti dalle
quali si è pervenuti alla caratterizzazione fisico-meccanica del sottosuolo.
Il volume significativo di cui al punto B.3. deve contenere le superfici di scorrimento possibili
relative alla stabilità globale dell'opera, del terreno di fondazione e del terrapieno. In particolare,
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
nei terreni sede di moti di filtrazione tale volume deve comprendere le zone dove possono aver
luogo fenomeni di sifonamento.
D.4. Verifiche dei muri di sostegno con fondazioni superficiali.
D.4.1. Azioni sul muro di sostegno.
Le azioni dovute al terreno, all'acqua, ai sovraccarichi ed al peso proprio del muro devono essere
calcolate e composte in modo da pervenire, di volta in volta, alla condizione più sfavorevole nei
confronti delle verifiche di cui ai punti seguenti. Le ipotesi di calcolo delle spinte sui muri
devono essere giustificate con considerazioni sui prevedibili spostamenti relativi del muro
rispetto al terreno. In particolare la spinta attiva può essere adottata nei casi in cui questo valore
della spinta sia compatibile con i possibili spostamenti del muro.
Ai fini della verifica di cui al successivo punto D.4.2., non si tiene conto, nel calcolo, del
contributo di resistenza del terreno antistante il muro; in casi particolari, da giustificare con
considerazioni relative alle caratteristiche meccaniche dei terreni ed ai criteri costruttivi del
muro, se ne può tener conto con dei valori non superiori al 50 per cento della resistenza passiva.
D.4.2. Verifica alla traslazione sul piano di posa.
Per la sicurezza lungo il piano di posa del muro, il rapporto fra la somma delle forze resistenti
nella direzione dello slittamento e la somma delle componenti nella stessa direzione delle azioni
sul muro deve risultare non inferiore a 1,3.
D.4.3. Verifica al ribaltamento del muro.
Il rapporto tra il momento delle forze stabilizzanti e quello delle forze ribaltanti rispetto al lembo
anteriore della base non deve risultare minore di 1,5.
D.4.4. Verifica al carico limite dell'insieme fondazione-terreno.
Questa verifica deve essere eseguita secondo quanto prescritto alla sezione C, tenendo conto
dell'inclinazione ed eccentricità della risultante delle forze trasmesse dal muro al terreno di
fondazione. Il coefficiente di sicurezza non deve risultare minore di 2.
D.4.5. Verifica di stabilità globale.
Questa verifica riguarda la stabilità del terreno nel quale è inserito il muro, nei confronti di
fenomeni di scorrimento profondo.
Il coefficiente di sicurezza non deve risultare inferiore ad 1,3.
D.5. Verifiche di muri di sostegno fondati su pali.
Le verifiche devono essere condotte come prescritto al paragrafo C.5.
D.6. Dispositivi di drenaggio per la riduzione delle pressioni neutre e modalità costruttive.
A tergo dei muri di sostegno deve essere realizzato un drenaggio in grado di garantire anche nel
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
tempo un adeguato smaltimento delle acque piovane e di falda. Il progetto del dreno deve
comprendere la scelta dei materiali (naturali od artificiali) tenendo conto dei requisiti richiesti
per la funzionalità e delle caratteristiche del terreno con il quale il dreno è a contatto, secondo i
criteri per il dimensionamento dei filtri, di cui alla sezione N.
Il muro deve essere interrotto da giunti trasversali, estesi alla fondazione, quando lo richiedano la
lunghezza del manufatto e la natura del terreno.
Nel caso in cui alle spalle del muro debba essere eseguito un rinterro, sono da eseguire le norme
del punto E.3.
Il costipamento del rinterro, quando previsto, deve essere eseguito secondo quanto prescritto alla
sezione E.
D.7. Verifica delle paratie.
D.7.1. Azioni sulla parete.
Le azioni dovute al terreno, all'acqua ed ai sovraccarichi anche transitori devono essere calcolate
e composte in modo da pervenire di volta in volta alle condizioni più sfavorevoli nei confronti
delle verifiche di cui al punto D.7.2.
Le ipotesi per il calcolo delle spinte e delle resistenze del terreno devono essere giustificate sulla
base di considerazioni sui prevedibili spostamenti relativi parete-terreno, in relazione alla
deformabilità dell'opera, alle sue condizioni di vincolo, alle modalità esecutive dell'opera e dello
scavo ed alle caratteristiche del terreno.
Nel caso di paratie che debbano essere incorporate nella costruzione con funzione statica, le
azioni sulle paratie dovranno essere calcolate con riferimento alle condizioni che si prevedono
nelle diverse fasi di costruzione e in quella di esercizio ad opera finita.
D.7.2. Verifiche.
I calcoli di progetto devono comprendere la verifica della profondità di infissione e quella degli
eventuali ancoraggi, puntoni o strutture di controventamento. Deve essere verificata la stabilità
del fondo dello scavo, nei riguardi anche di possibili fenomeni di sifonamento.
Per opere che ricadano in prossimità di altri manufatti devono essere valutati gli spostamenti del
terreno ed i loro effetti sulla stabilità e funzionalità dei manufatti.
Tale valutazione è prescritta anche nei casi nei quali sia necessario deprimere il livello della
falda idrica per poter eseguire gli scavi.
I valori dei coefficienti di sicurezza saranno assunti dal progettista e giustificati sulla base del
grado di affidabilità dei dati disponibili e del modello di calcolo adottato.
D.8. Armature per il sostegno degli scavi.
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
La verifica deve essere eseguita per scavi in trincea di profondità superiore ai due metri, nei quali
sia prevista la permanenza di operai e per scavi che ricadano in prossimità di manufatti esistenti.
Le azioni dovute al terreno, all'acqua ed ai sovraccarichi anche transitori devono essere calcolate
e composte in modo da pervenire di volta in volta alle condizioni più sfavorevoli.
Le ipotesi per il calcolo delle azioni del terreno sull'armatura devono essere giustificate con
considerazioni sulla deformabilità relativa del terreno e dell'armatura sulla modalità esecutiva
dell'armatura e dello scavo e sulle caratteristiche meccaniche del terreno e sul tempo di
permanenza dello scavo.
D.9. Relazione sulle opere di sostegno.
I risultati delle indagini sui terreni, degli studi e delle verifiche devono essere raccolti nella
relazione geotecnica facente parte integrante degli atti progettuali.
Sui materiali prescelti devono essere eseguite indagini di laboratorio per definire la
classificazione geotecnica e le caratteristiche di costipamento e, quando necessario, le proprietà
meccaniche e la permeabilità.
E.3. Criteri di progetto.
Il manufatto deve essere progettato tenendo conto dei requisiti richiesti per la sua funzione,
nonché delle caratteristiche dei terreni di fondazione. Devono altresì essere indicate le fonti di
approvvigionamento e le disponibilità dei materiali.
La stabilità dell'insieme manufatto-terreno di fondazione deve essere studiata nelle condizioni
corrispondenti alle diverse fasi costruttive, al termine della costruzione e all'esercizio, adottando
i valori delle caratteristiche fisico-meccaniche determinate con le indagini di cui al punto E.2.
Per i rilevati il coefficiente di sicurezza riferito alla stabilità del sistema manufatto-terreno di
fondazione non deve risultare inferiore a 1,3. Per gli argini vale quanto previsto dalle norme
tecniche per le dighe di ritenuta di materiali sciolti.
Per le opere costituite da terra mista ad altri materiali si dovranno eseguire anche le verifiche alla
traslazione, al ribaltamento, al carico limite, come indicato ai punti
D.4.2.-D.4.3. - D.4.4. Il progetto dovrà essere integrato con le
verifiche strutturali delle eventuali armature di rinforzo del rilevato.
Si deve verificare che i cedimenti, dovuti alle deformazioni dei terreni di fondazione e dei
materiali costituenti il manufatto, siano compatibili con la funzionalità e la sicurezza del
manufatto stesso.
Si deve inoltre valutare l'influenza del manufatto in progetto sui manufatti esistenti ed indicare
gli interventi occorrenti per limitare gli effetti sfavorevoli.
Nel caso di manufatti su pendii si deve esaminare anche l'influenza che la realizzazione dei
manufatti può avere sulle condizioni di stabilità generali del pendio.
L'analisi deve essere sviluppata come indicato dal punto G.2.
Il progetto di opere modeste per dimensioni e funzione, può essere basato su stime cautelative
delle caratteristiche fisico-meccaniche del materiale impiegato e del terreno di fondazione.
Il progetto deve considerare anche tutti gli interventi per proteggere il manufatto dagli agenti
esterni.
E.4. Posa in opera dei materiali.
I materiali costituenti i manufatti devono essere posti in opera a strati e costipati per ottenere
caratteristiche fisico-meccaniche in accordo con i requisiti progettuali. Al riguardo devono essere
indicati in progetto le prescrizioni relative alla posa in opera precisando i controlli da eseguire
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
Nel caso di terreni omogenei e nei quali le pressioni neutre siano note con sufficiente
attendibilità, il coefficiente di sicurezza non deve essere minore di 1,3.
Nelle altre situazioni il valore del coefficiente di sicurezza da adottare deve essere scelto caso per
caso, tenuto conto principalmente della complessità strutturale del sottosuolo, delle conoscenze
del regime delle pressioni neutre e delle conseguenze di un eventuale fenomeno di rottura.
Si deve tener conto dell'esistenza di manufatti e sovraccarichi in prossimità del ciglio di scavo.
Nel progetto deve essere esaminata l'eventuale influenza dello scavo sul regime delle acque
superficiali e sotterranee dell'area interessata.
caratterizzazione del territorio per la ricerca dei parametri di progetto in accordo con quanto
previsto dalle norme sismiche.
H.3. Verifiche di fattibilità.
Prima della progettazione delle singole opere per le quali valgono le norme specifiche, occorre
verificare e documentare con relazione tecnica la fattibilità dell'insieme dal punto di vista
geologico e geotecnico e, se necessario, individuare i limiti imposti al progetto dalle
caratteristiche del sottosuolo.
Per le zone sismiche si dovrà documentare il rispetto dei previsti vincoli.
I. Discariche e colmate.
La presente norma si applica agli accumuli di materiali sciolti di qualsiasi natura.
Nel rispetto degli strumenti urbanistici e delle norme vigenti sulla protezione delle acque, sulla
salvaguardia del paesaggio, e dell'igiene pubblica, la scelta delle aree da destinare a discarica o
colmata va eseguita sulla base di studi geologici, geotecnici e idrogeologici.
Le discariche e le colmate devono essere realizzate sulla base di un progetto che ne stabilisca le
dimensioni e le modalità di posa in opera, indichi i provvedimenti necessari per la conservazione
della stabilità nel tempo, tenendo conto anche della futura destinazione dell'area, esamini la
stabilità dell'insieme terreno di fondazione discarica con particolare riguardo alla stabilità dei
pendii e consideri l'influenza sulle opere presenti nei dintorni.
Lo studio dell'area da destinare a discarica o colmata deve prevedere tutte le opere di raccolta e
canalizzazione delle acque superficiali e profonde, nonché delle eventuali acque drenate nel
tempo dal corpo stesso della discarica.
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VASP e Stabilità dei Versanti – Appendice 6
N. Drenaggi e filtri.
Le presenti norme si applicano ai manufatti formati da uno o più strati di materiale sabbioso-
ghiaioso o di materiali sintetici, costruiti allo scopo di controllare e regolare la filtrazione e le
pressioni neutre delle acque nel sottosuolo, nell'interno dei manufatti di materiali sciolti ed al
contatto fra strutture e terreno.
Il progetto di drenaggi e filtri deve comprendere la scelta dei materiali tenendo conto dei requisiti
richiesti per la funzionalità dei filtri stessi e delle caratteristiche del terreno con il quale essi sono
a contatto.
O. Ancoraggi.
O.1. Oggetto delle norme.
Le presenti norme si applicano a tutti i tipi di armature (ancoraggi), attive o passive, inserite in
terreni od in rocce (tiranti, bulloni, chiodi) allo scopo di aumentare la resistenza al taglio, specie
lungo superfici di discontinuità.
O.2. Indagini specifiche.
Le indagini da eseguire in conformità alle direttive riportate nella sezione B, devono raccogliere i
dati occorrenti per il progetto degli ancoraggi, per la verifica della stabilità globale e per il
controllo del comportamento dell'insieme costituito dall'eventuale struttura ancorata, dagli
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