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L’adattamento di Rotterdam e Copenaghen al cambiamento

climatico

Sommario

Il riscaldamento globale 2
Gli effetti del climate change 3
Effetti ambientali 3
Effetti economici 6
Effetti sociali 7
Effetti sanitari 7
Le cause del cambiamento climatico 8
Gas serra e incremento dell’effetto serra 9
I meccanismi di feedback (retroazioni) 10
La mitigazione del cambiamento climatico 13
Il protocollo di Kyoto 14

Rotterdam e Copenhagen come smart cities 15


Rotterdam 15
Le 5 iniziative fondamentali 16
Interventi di forte interesse urbanistico 18
Copenaghen 23
L’adattamento di Copenhagen 23
Interventi di forte interesse urbanistico 26

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Il riscaldamento globale
Per riscaldamento globale s'intende un fenomeno di incremento delle temperature medie
della superficie della Terra non riconducibile a cause naturali e riscontrato a partire dall'inizio
del XX secolo. Secondo il quarto rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento
climatico (IPCC) del 2007 la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di 0,7 ±
0,2 °C durante il XX secolo.
I dati delle serie storiche termiche in possesso degli scienziati indicano che il riscaldamento non
è uniforme in tutto il globo: è maggiore sulla terraferma che sugli oceani. Inoltre, per via della
maggiore distribuzione di terre emerse e relativa antropizzazione, è più accentuato
nell'emisfero boreale che in quello australe e superiore a latitudini settentrionali piuttosto che a
quelle medie e basse, le zone dell'Artide della Siberia e del Canada sono in forte riscaldamento,
all'opposto la zona dell'Antartide è in raffreddamento.
L'aumento delle temperature sta causando importanti perdite di ghiaccio e l'aumento del livello
del mare. Sono visibili anche conseguenze sulle strutture e intensità delle precipitazioni, con
conseguenti modifiche nella posizione e nelle dimensioni dei deserti subtropicali.
L'oscuramento globale, causato dall'incremento della concentrazione in atmosfera di aerosol,
rilevato tra gli anni 1960 e 1980, bloccando i raggi del sole, avrebbe mitigato almeno in parte gli
effetti del riscaldamento globale.

L’IPCC
Per analizzare in modo accurato le variazioni del clima, le Nazioni Unite hanno costituito nel
1988 una Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (IPCC, Intergovernment
Panel on Climate Change) che raccoglie rappresentanti provenienti dalle nazioni aderenti alle
Nazioni Unite. L'IPCC si occupa di valutare le informazioni disponibili negli ambiti tecnico,
scientifico, e socio-economico, legati al tema dei cambiamenti climatici, al loro possibile
impatto e alle opzioni di adattamento e di mitigazione. I rapporti dell'IPCC sono usciti in varie
edizioni a partire dal 199 e fanno da ponte tra la comunità scientifica e i decisori politici
(attraverso il cosiddetto Summary for Policymakers). Secondo quanto riportato dalla
commissione, la temperatura superficiale globale del pianeta sarebbe aumentata di 0,74 ±
0,18 °C durante gli ultimi 100 anni, fino al 2005. I cambiamenti climatici non comportano solo il
riscaldamento globale, ma anche una grande intensificazione del ciclo idrogeologico. Mentre a
livello globale ciò comporta un aumento dell'evaporazione e della precipitazione, a livello
regionale, gli impatti dipendono dalla regione.

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Gli effetti del climate change
Effetti Ambientali
Desertificazione
Un aumento della temperatura media globale porterebbe ad avere aree delle medie latitudini
più soggette a fenomeni di desertificazione, in virtù anche di assenza prolungata
di precipitazioni atmosferiche per effetto di fenomeni siccitosi e ondate di caldo.
Innalzamento del limite delle nevi perenni e scioglimento dei ghiacci
La recessione o il ritiro dei ghiacciai dal 1850 è il fenomeno idrogeologico per cui la superficie e
lo spessore dei ghiacciai terrestri sono generalmente diminuiti rispetto ai valori che avevano nel
1850. Si tratta di un processo che ha influenza sulla disponibilità di acqua fresca per
l'irrigazione e per uso domestico, sulle escursioni in montagna, su animali e piante che
dipendono dalla fusione del ghiacciaio e, a lungo termine, anche sul livello degli oceani.
Studiato dai glaciologi, la coincidenza del ritiro del ghiacciaio con l'aumento di gas serra
atmosferici è spesso citata a sostegno probatorio del riscaldamento globale. Le catene
montuose di media latitudine come l'Himalaya, le Alpi, le Montagne Rocciose, la Catena delle
Cascate e le Ande meridionali, non escluse le vette tropicali isolate come
il Kilimangiaro in Africa, stanno mostrando i segni della più grande perdita glaciale.

Il riscaldamento sperimentato negli ultimi anni sta inoltre sciogliendo i ghiacci artici, tanto che
l'ESA il 14 settembre 2008 ha annunciato la riapertura del celeberrimo passaggio a nord-ovest a
settentrione del continente nord americano, per il discioglimento dei ghiacci. Si è aperto inoltre
anche il passaggio a nord-est (a settentrione della Russia) nel mare glaciale artico. Il primo
precedente documentato risale al 1903 quando Roald Amundsen riuscì nell'impresa di
traversare il passaggio a nord-ovest. Per il passaggio a nord-est si può risalire al 1878 e alla
spedizione del barone Adolf Erik Nordenskjöld (epoche in cui i rompighiaccio moderni non
erano ancora disponibili).
Nel settembre 2007 i ghiacci antartici hanno invece raggiunto la loro massima estensione (16,3
milioni di km², leggermente superiore alla media) da quando si effettuano registrazioni (1978)
sulla calotta glaciale dell'Antartico; viceversa, l'anno seguente, l'estensione è stata fra le minori
mai registrate.
La spedizione DAMOCLES (Developping Arctic Modelling and Observing Capabilities for Long-term
Environmental Studies) in ogni caso prevedeva la fusione totale della calotta artica prima del
2020.[17] La marina americana ritiene che, sebbene vi siano delle significative incertezze, il
consenso scientifico corrente sia tale per cui l'Artico sarà quasi completamente privo di ghiaccio
in estate a partire da un anno tra il 2030 e il 2040. Ritiene pertanto che potrebbe essere
necessario incrementare le sue capacità operative in tale regione.

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Innalzamento, riscaldamento e acidificazione degli oceani
L'incremento di CO2 dovuto alle fonti fossili potrebbe essere amplificato dal conseguente
riscaldamento degli oceani. Le acque marine contengono disciolta una grande quantità di CO 2 e
il riscaldamento dei mari potrebbe causarne l'emissione in atmosfera. Inoltre il riscaldamento
dovuto all'aumento della temperatura potrebbe produrre una maggior evaporazione dei mari
liberando in atmosfera ulteriori quantità di vapore acqueo, il principale gas serra, accrescendo
ulteriormente la temperatura globale.
Le proiezioni del modello climatico adottato dall'IPCC indicano che la temperatura media
superficiale del pianeta si dovrebbe innalzare di circa 1,1 °C - 6,4 °C durante il XXI secolo. Questo
intervallo di valori risulta dall'impiego di vari scenari sulle emissioni future di gas serra, assieme
a diversi valori di sensibilità climatica. Benché molti studi riguardino l'andamento nel XXI secolo,
il riscaldamento e l'innalzamento del livello dei mari potrebbero continuare per più di un
migliaio di anni, anche se i livelli di gas serra verranno stabilizzati. Il ritardo nel raggiungimento
di un equilibrio sarebbe dovuto alla grande capacità termica degli oceani. Secondo alcuni
studi la stasi delle temperature globali negli ultimi dieci anni (2000-2009) sarebbe imputabile
proprio all'accumulo di calore da parte degli oceani per le loro elevate capacità termiche con
conseguente riscaldamento anche degli strati sotto superficiali come alcune evidenze
sperimentali sembrano confermare.
Nel mar Mediterraneo si assiste da alcuni anni a un ingresso di specie tropicali (tropicalizzazione
del Mediterraneo), in molti casi penetrati dal mar Rosso attraverso il Canale di Suez; nei bacini
più settentrionali come quelli italiani si assiste invece a un aumento delle specie termofile
meridionali prima presenti solo sulle coste nordafricane (meridionalizzazione del Mediterraneo):
questi cambiamenti faunistici sono messi in relazione al riscaldamento climatico. Soprattutto
nella parte orientale del Mediterraneo questi processi stanno avendo effetti consistenti sulle
specie autoctone e si hanno esempi di gravi danni ecologici (come quello, molto noto,
dell'invasione di Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa) anche lungo le coste italiane.

Cambiamento del pH della superficie marina causato da CO2 di origine antropogenica tra il 1700
e il 1990.

Oltre al rischio di inondazione di molte zone costiere del mondo, un altro effetto del
riscaldamento globale è l'acidificazione degli oceani ovvero la riduzione del pH degli oceani per
effetto dell'aumento della CO2 nell'atmosfera e di conseguenza l'aumento della quantità

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disciolta in acqua. Infatti la CO2 disciolta in acqua forma acido carbonico, che ne aumenta
l'acidità. Si stima che il valore del pH all'inizio dell'era industriale fosse pari a 8,25 e che sia
diminuito a 8,14 nel 2004, con proiezioni che prevedono un'ulteriore diminuzione del valore di
una quantità variabile tra 0,14 e 0,5 per il 2100. Poiché molti organismi ed ecosistemi sono in
grado di adattarsi solo a uno stretto intervallo di valori del pH, è stato ipotizzato un possibile
evento di estinzione, che distruggerebbe la catena alimentare.
Cambiamenti nella circolazione atmosferica ed oceanica
Un effetto diretto intermedio sarebbe la modifica della circolazione atmosferica e dei
suoi pattern (teleconnessioni atmosferiche) e un'accelerazione del ciclo dell'acqua a livello
globale e una modifica in loco dei regimi di piovosità. Alcuni effetti sull'ambiente sono, almeno
in parte, già attribuibili al riscaldamento del pianeta. Nel suo rapporto del 2001 l'IPCC suggerisce
che il generale ritiro dei ghiacci continentali, l'arretramento della calotta polare artica,
l'aumento del livello dei mari, in particolare in quelli con minori tassi di evaporazione, a causa
dell'espansione termica e dello scioglimento dei ghiacci continentali oltre che
dei ghiacciai montani, le modifiche nella distribuzione delle piogge e l'aumento nell'intensità e
frequenza di eventi meteorologici estremi sono attribuibili in parte al riscaldamento globale.
Il riscaldamento a livello meteorologico si sta manifestando e si manifesterà proprio attraverso
un aumento della "meridianizzazione" della circolazione atmosferica, ovvero con una spiccata
predisposizione verso scambi meridiani con conseguente aumento della frequenza e
dell'intensità di eventi estremi quali alluvioni, siccità, ondate di caldo e di gelo. L'IPCC sottolinea
poi alcuni effetti, come l'aumento delle morti, degli esodi in massa e le perdite economiche, che
potrebbero essere esacerbati dall'aumento della densità di popolazione in alcune regioni del
globo, nonostante che il numero di vittime potrebbe essere mitigato per le conseguenze dei
climi freddi.
Gli effetti del riscaldamento climatico potrebbero essere più significativi se non vi fosse stata
una relativa riduzione dell'irraggiamento solare dovuta all'inquinamento atmosferico cioè
al particolato atmosferico e ai solfati nel fenomeno noto come oscuramento globale.
Paradossalmente, una riduzione dell'inquinamento (in particolare degli SOx e del particolato)
potrebbe portare quindi a un aumento delle temperature globali superiore a quanto
inizialmente ipotizzato.

Aumento di eventi estremi

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In generale, oltre allo scioglimento dei ghiacci nei ghiacciai e nelle calotte polari con
conseguente innalzamento del livello dei mari e riduzione delle terre emerse, un aumento della
temperatura significa un aumento dell'energia presente nell'atmosfera e quindi eventi
meteorologici estremi (quali cicloni, alluvioni, siccità, ondate di caldo e di gelo, ecc.) di maggior
numero con una maggior violenza; l'alterazione chimica dell'atmosfera causa un'alterazione
chimica di tutti gli ecosistemi. Risulta tuttavia tuttora molto difficile prevedere come realmente
influirà sul sistema pianeta l'attuale riscaldamento globale. Il clima globale è un sistema non
lineare multifattoriale, per cui la climatologia può stabilire delle tendenze, ma non eventi di
dettaglio a breve periodo tipici invece delle analisi meteorologiche.
Secondo gli studiosi, a livello meteorologico, ovvero a scale temporali stagionali e inferiori,
un'atmosfera più energetica provocherebbe un'accelerazione del ciclo dell'acqua e maggiori
scambi d'aria lungo i meridiani (forti ondulazioni dell'onda di Rossby) con un aumento dei
fenomeni estremi associati (alluvioni, nubifragi, uragani, siccità, ondate di caldo, ondate di
freddo, ecc.), con forti ripercussioni sulle colture agricole e in generale sulle aree antropizzate e
no.
Il quarto rapporto dell'IPCC del 2007 riporta alcuni dati sull'incremento nell'intensità dei cicloni
tropicali nell'oceano Atlantico settentrionale a partire dal 1970, correlato all'aumento delle
temperature superficiali del mare, ma le previsioni a lungo termine sono complicate dalla
qualità dei dati antecedenti l'inizio delle osservazioni satellitari. Il rapporto stesso afferma
inoltre che non esiste un andamento chiaro nel numero annuale dei cicloni tropicali nel
mondo. Altri effetti paventati dall'IPCC comprendono l'innalzamento del livello dei mari di 180
— 590 mm nel 2090-2100 rispetto ai valori del periodo 1980-1999, ripercussioni sull'agricoltura,
rallentamenti nella corrente nord-atlantica causati dalla diminuzione della salinità dell'oceano
Atlantico (dovuta allo scioglimento dei ghiacci), riduzioni dello strato di ozono, aumento
nell'intensità di eventi meteorologici estremi, acidificazione degli oceani e la diffusione di
malattie come la malaria e la dengue. Uno studio prevede che di un campione di 1 103 specie di
piante e animali, dal 18% al 35% si estingueranno per il 2050, in base ai futuri mutamenti
climatici. Tuttavia, pochi studi hanno documentato una relazione diretta tra l'estinzione di
specie e i mutamenti climatici e uno studio suggerisce che il tasso di estinzione è ancora incerto.

Effetti economici
Alcuni economisti hanno cercato di stimare i costi economici aggregati netti dei danni causati
dai mutamenti climatici. Tali stime sono lontane dal presentare conclusioni definitive: su circa
un centinaio di stime, i valori variano da 10 $ per tonnellata di carbonio (3 dollari per tonnellata
di anidride carbonica) fino a 350 dollari (95 dollari per tonnellata di anidride carbonica), con una
media di 43 dollari per tonnellata di carbonio (12 dollari per tonnellata di anidride carbonica).

Effetti sociali

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I climatologi mettono in guardia dalla possibile influenza del riscaldamento climatico sulla
stabilità dei popoli, con possibile incremento delle emigrazioni di massa dal Paesi del Sud del
Mondo verso i paesi del mondo occidentale in virtù del peggioramento della loro qualità della
vita.

Effetti sanitari
Secondo l'IPCC il riscaldamento globale potrebbe portare con sé l'aumento di malattie
tropicali alle medie latitudini

L'aumento di temperatura alle medie e alte latitudini potrebbe favorire la diffusione di malattie
di origine tropicali come malaria e altre malattie portate da insetti (es. zanzare, zecche, ecc.) in
particolare in concomitanza con le ondate di calore.
Secondo un articolo pubblicato sulla rivista medica Lancet nel 2021, il riscaldamento globale ha
un impatto negativo sulla salute umana a causa dell'aumento degli eventi meteorologici estremi
e indirettamente per l'effetto negativo che ha sulla produzione di cibo; sono ritenuti
particolarmente vulnerabili coloro che svolgono per lavoro attività all'aperto.

Le cause del cambiamento climatico

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I cambiamenti recenti del clima sono stati analizzati più in dettaglio solo a partire dagli ultimi
cinquanta anni, cioè da quando le attività umane sono cresciute esponenzialmente ed è
diventata possibile l'osservazione dell'alta troposfera. Tutti i principali fattori ai quali è
attribuito il cambiamento climatico sono legati alle attività dell'uomo. In particolare questi
sono:

 incremento della concentrazione di gas serra nell'atmosfera;


 cambiamenti sulla superficie terrestre come la deforestazione;
 incremento di aerosol;
 allevamento intensivo.
Un rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico conferma la certezza che
l'aumento di CO2, metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) nell'atmosfera durante l'era
industriale sia il risultato delle attività umane; conferma anche che le attività umane sono il
principale motore di molti cambiamenti osservati nell'atmosfera, nell'oceano, nella criosfera e
nella biosfera. Il riscaldamento interessa sia l'oceano sia l'atmosfera. La comunità scientifica è
concorde all’unanimità nell’indicare come responsabili della crisi climatica le attività umane, in
particolare questo fenomeno sarebbe da imputare all’aumento dei gas serra immessi
nell’atmosfera. La concentrazione di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto livelli record: la CO2 è
aumentata del 147%, il CH4 del 259% e il N2O del 123% rispetto ai livelli preindustriali. La CO2 in
atmosfera viene attualmente stimata, in media, in 413 parti per milione; si tratta di una
concentrazione che non si registrava da almeno 650mila anni, ma probabilmente da molto
prima.
La CO2 di cui si parla proviene principalmente dall’uso di combustibili fossili (petrolio, carbone,
gas); il CH4, invece, proviene dall’agricoltura intensiva e dalle discariche a cielo aperto. Anche
la deforestazione è una delle maggiori cause dell’effetto serra antropico: nel momento in cui gli
alberi vengono abbattuti o incendiati il potenziale degli ecosistemi di immagazzinare CO2 si
indebolisce e, conseguentemente, le nostre emissioni aumentano indirettamente. La
combustione di combustibili fossili e la deforestazione corrispondono attualmente a un rilascio
annuo di CO2 in atmosfera di circa 40 miliardi di tonnellate. La metà di queste emissioni viene
assorbita dalla vegetazione, dal suolo e dagli oceani (i quali reagiscono aumentando la loro
acidità), ma l’altra metà si accumula alle emissioni degli anni precedenti modificando di fatto la
composizione chimica dell’atmosfera. Dal 1850 la CO2 in atmosfera è aumentata del 40%. Era
270 ppm alla fine del XIX Secolo. Oggi ha raggiunto l’allarmante valore sopracitato, 413 ppm, la
concentrazione più alta dell’ultimo milione di anni. Nello stesso arco temporale, la temperatura
media superficiale della terra è aumentata fino a raggiungere, nel 2016, il valore più alto mai
registrato dal 1850, ovvero 1,2 °C in più rispetto al periodo preindustriale. La scienza ha ormai
dimostrato inequivocabilmente come il progressivo aumento della CO2 e del CH4 nell’atmosfera
sia la causa principale del riscaldamento globale (IPCC, 2013). Secondo l’Organizzazione
Meteorologica Mondiale (WMO, 2018) i 20 anni più caldi si sono verificati tutti negli ultimi 22 anni

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e i primi 4 solo negli ultimi 4 anni. La WMO riferisce inoltre che nel decennio 2006-2015 la
temperatura media globale era già aumentata di 0,86 °C rispetto a quella del periodo
preindustriale. Per il decennio (2009-2018) la temperatura media è stata più alta di circa 0,93 °C,
e per i secondi cinque anni di tale decennio (2014-2018) la media si è attestata a 1,04 °C al di
sopra di quella del periodo preindustriale.
Gas serra e incremento dell'effetto serra
L'effetto serra è l'insieme dei meccanismi che rende la temperatura superficiale di un pianeta
superiore a quella che si avrebbe per puro equilibrio radiativo, calcolato secondo la legge di
Stefan-Boltzmann. Tale concetto è stato proposto per la prima volta da Joseph
Fourier nel 1827 ed è stato studiato poi da Svante Arrhenius nel 1896. L'effetto serra è un
fenomeno naturale, che produce sulla superficie terrestre un aumento di temperatura di circa
33 °C (dato calcolato considerando la temperatura media terrestre nel 1850). I principali gas
serra sono: il vapore acqueo, responsabile dell'effetto serra in una percentuale variabile tra il
36–70%; l'anidride carbonica (CO2), che incide per il 9-26%; il metano (CH4), che incide per il 4-
9%; l'ozono (O3), che incide tra il 3-7%.
L'attività dell'uomo, già dalla rivoluzione industriale, ha incrementato l'ammontare di gas serra
nell'atmosfera modificando l'equilibrio radiativo e la partizione energetica superficiale
(atmosfera radiativa-convettiva). La concentrazione di CO2 e metano ha subito un incremento
rispettivamente del 36% e del 148% dal 1750. Queste concentrazioni sono tra le più alte degli
ultimi 650 000 anni, periodo che è misurabile in base ai dati estratti da carotaggi nel
ghiaccio. Tale incremento di circa 2 ppm all'anno è legato principalmente all'uso di combustibili
fossili che durante il periodo carbonifero (tra 345 e 280 milioni di anni fa) avevano "fissato" la
CO2 nel sottosuolo, trasformandola dalla forma gassosa a quella solida o liquida
di petrolio, carbone o gas naturale. Negli ultimi 150-200 anni, a partire dalla rivoluzione
industriale, la combustione dei giacimenti fossili ha invertito il processo avvenuto durante il
periodo carbonifero liberando grandi quantità di anidride carbonica (circa 27 miliardi di
tonnellate all'anno).
Secondo le stime, il pianeta riuscirebbe oggi a riassorbire, mediante la fotosintesi clorofilliana e
l'azione delle alghe degli oceani, meno della metà di tali emissioni, anche a causa
della deforestazione. Alcuni indizi di carattere geologico indicano che gli attuali valori di
CO2 sono più alti di quelli di 20 milioni di anni fa. Il bruciare i combustibili fossili ha prodotto
circa 3/4 dell'incremento di anidride carbonica negli ultimi venti anni. La restante parte di
incremento è largamente dovuta all'uso che l'uomo ha fatto della superficie terrestre (ad es. la
deforestazione). L'attività umana ha infatti ridotto la biomassa vegetale in grado di assorbire la
CO2 fin dalla rivoluzione agricola neolitica, trasformando i boschi in campi o città. Oggi
la deforestazione (in particolare in Amazzonia) continua ad aumentare e aggrava ulteriormente
la situazione. A contribuire ulteriormente vi è la maggior produzione di metano dovuto

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a fermentazione, tipico dell'allevamento anch'esso cresciuto in modo significativo e delle
colture a sommersione (ad esempio il riso).
Un comitato di esperti delle Nazioni Unite (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico)
ha rilevato come l'attuale riscaldamento non può essere spiegato se non attribuendo un ruolo
significativo anche a questo aumento di concentrazione di CO2 nell'atmosfera (c.d.
riscaldamento globale antropico).
Nell'arco degli ultimi tre decenni del XX secolo, la crescita del PIL pro capite e la crescita della
popolazione sono stati i volani dell'aumento dell'emissione di gas serra. Alla luce di questi studi
sono stati creati degli strumenti per prevedere gli scenari futuri. Gli Special Report on Emissions
Scenarios redatti dall'IPCC disegnano il possibile scenario per il 2100: la concentrazione di CO2 in
atmosfera potrebbe variare tra i 541 e i 970 ppm. Questo significa un incremento del 90-250% di
concentrazione di anidride carbonica rispetto al 1750. Le riserve di combustibile fossile sono
sufficienti per raggiungere questi livelli e andare anche oltre nel 2100. La distruzione dell'ozono
presente nella stratosfera a causa dei clorofluorocarburi è altresì menzionata in relazione al
riscaldamento globale. Tuttavia il legame non è così forte poiché la riduzione della fascia di
ozono ha effetti raffreddanti. L'ozono presente nella troposfera (cioè la parte più bassa
dell'atmosfera terrestre) contribuisce invece al riscaldamento della superficie della Terra.

Gli eventi di feedback (retroazioni)


Quando una tendenza al riscaldamento provoca effetti che inducono ulteriore riscaldamento si
parla di retroazione positiva, mentre quando gli effetti producono raffreddamento si parla di
retroazione negativa. La principale retroazione positiva nel sistema climatico comprende il
vapore acqueo, mentre la principale retroazione negativa è costituita dall'effetto della
temperatura sulle emissioni di radiazione infrarossa: all'aumentare della temperatura di un
corpo, la radiazione emessa aumenta in proporzione alla potenza quarta della sua temperatura
assoluta (legge di Stefan-Boltzmann). Questo effetto fornisce una potente retroazione negativa
che stabilizza il sistema climatico nel tempo.
Ghiacci-albedo-ghiacci
Un altro importante processo a retroazione è costituito dall'albedo del ghiaccio: quando la
temperatura globale aumenta, i ghiacci polari si sciolgono a un tasso superiore. Sia la superficie
emersa sia le acque riflettono meno la luce solare rispetto al ghiaccio, quindi la assorbono
maggiormente. Per questo motivo aumenta il riscaldamento globale, che incrementa lo
scioglimento dei ghiacci facendo continuare il processo.

Permafrost e metano

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Il riscaldamento è anche un fattore scatenante per il rilascio di metano da varie sorgenti
presenti sia sulla terre emerse sia sui fondali oceanici. Il disgelo del permafrost, come
nelle torbiere ghiacciate in Siberia, crea una retroazione positiva a causa del rilascio di anidride
carbonica (CO2) e metano (CH4).
Oceani e correnti marine
Con il riscaldamento degli oceani si prevede inoltre un feedback positivo sulla concentrazione di
CO2 in atmosfera a causa della diminuzione della capacità di assorbimento diretto
per solubilità e anche da parte degli ecosistemi oceanici. Infatti il livello mesopelagico (situato a
una profondità compresa tra 200 m e 1000 m) subisce una riduzione delle quantità di nutrienti
che limitano la crescita delle diatomee in favore dello sviluppo del fitoplancton. Quest'ultimo è
una pompa biologica del carbonio meno potente rispetto alle diatomee.
Infine un altro feedback climatico molto discusso è quello delle correnti oceaniche: lo
scioglimento dei ghiacci polari dovuto al riscaldamento globale porterebbe a un'alterazione
della circolazione termoalina e a una conseguente alterazione del cosiddetto Nastro
Trasportatore Oceanico, in particolare del ramo superficiale nord-atlantico ovvero la Corrente
del Golfo, con effetto di raffreddamento sull'emisfero settentrionale, in particolare sul
continente europeo, contrastando, annullando o addirittura invertendo la tendenza al
riscaldamento degli ultimi decenni.
Deforestazione e incendi boschivi
Anche la riduzione a livello globale della superficie forestale ha un impatto sul riscaldamento
globale in quanto diminuisce la capacità della biosfera di assorbire la CO2 incrementandone
dunque la concentrazione in atmosfera e con essa l'effetto serra.
Vapore acqueo e nubi
Uno degli effetti a retroazione positiva invece è in relazione con l'evaporazione dell'acqua: se
l'atmosfera è riscaldata, la pressione di saturazione del vapore aumenta e con essa aumenta la
quantità di vapore acqueo nell'atmosfera; poiché esso è un gas serra, il suo aumento rende
l'atmosfera ancora più calda, e di conseguenza si ha una maggiore produzione di vapore
acqueo; questo processo continua fino a quando un altro fattore interviene per interrompere la
retroazione. Il risultato è un effetto serra molto più grande di quello dovuto alla sola CO2, anche
se l'umidità relativa dell'aria rimane quasi costante.
Gli effetti di retroazione dovuti alle nuvole sono invece attualmente un campo di ricerca: viste
dal basso, le nuvole emettono radiazione infrarossa verso la superficie, esercitando un effetto di
riscaldamento; viste dall'alto, le nuvole riflettono la luce solare ed emettono radiazione verso lo
spazio, con effetto opposto. La combinazione di questi effetti risulta in un raffreddamento o in
un riscaldamento netto a seconda del tipo e dell'altezza delle nuvole: ricerche degli anni 2000
indicano che le nubi alte e stratiformi (es. cirri) riscaldano, mentre le nubi basse e cumoliformi

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(cumuli e nembostrati) raffreddano. Queste caratteristiche sono difficili da includere nei modelli
climatici, in parte a causa della piccola estensione delle stesse nei modelli simulativi.
Un effetto più sottile è costituito dai cambiamenti nel gradiente adiabatico mentre l'atmosfera
si scalda. La temperatura atmosferica diminuisce con l'aumentare dell'altezza nella troposfera.
Poiché l'emissione di radiazione infrarossa è legata alla quarta potenza del valore della
temperatura (Legge di Stefan-Boltzmann), la radiazione emessa dall'atmosfera superiore è
minore rispetto a quella emessa dall'atmosfera inferiore. La maggior parte della radiazione
emessa dall'atmosfera superiore viene irradiata verso lo spazio mentre quella dell'atmosfera
inferiore viene riassorbita dalla superficie o dall'atmosfera. Quindi l'intensità dell'effetto serra
dipende da quanto la temperatura decresce con l'altezza: se essa è superiore, l'effetto serra sarà
più intenso, mentre se è inferiore l'effetto sarà più debole.
Attività solare e altri fattori cosmici
Variazioni nelle emissioni solari sono state concausa, in passato, dei cambiamenti climatici. Gli
effetti sul clima dei cambiamenti delle emissioni solari negli ultimi decenni sono piccoli, così
come suggerito, d'altro canto, da diversi studi.
Gas serra e raggi solari incidono sulle temperature in modo diverso. Sebbene entrambi tendano
a riscaldare la superficie terrestre e l'immediata porzione di troposfera che poggia su di essa,
l'incremento dell'attività solare dovrebbe riscaldare la stratosfera mentre i gas serra la
dovrebbero raffreddare. Le osservazioni della stratosfera mostrano come la sua temperatura si è
andata abbassando a partire dal 1979, da quando è possibile la misurazione della stessa tramite
i satelliti. Le stesse radiosonde, usate prima dei satelliti, mostrano un raffreddamento della
stratosfera a partire dal 1958, sebbene vi siano alcuni dubbi sulle prime misurazioni effettuate
con questi dispositivi.
Un'ipotesi correlata, proposta da Henrik Svensmark, è che l'attività magnetica del Sole devii
i raggi cosmici che possono così influenzare la formazione di nubi di condensa e causare quindi
degli effetti sul clima. Altre ricerche invece non rilevano legami tra il riscaldamento climatico e i
raggi cosmici. L'influenza dei raggi cosmici sulle nubi ha tuttavia un'incidenza cento volte più
bassa di quella necessaria a spiegare i cambiamenti osservati nelle masse nuvolose o per
contribuire significativamente al riscaldamento climatico.

12
La mitigazione del climate change
Il consenso scientifico attorno al riscaldamento globale e le previsioni di aumento delle
temperature hanno convinto vari paesi, aziende e individui ad adottare delle misure per cercare
di limitare questo fenomeno. Le contromisure correttive più immediate si articolano intorno alla
riduzione della concentrazione di CO2 nell'atmosfera come effetto mitigatore attuabile
attraverso varie possibili azioni:

 riduzione delle emissioni di CO2 da parte dei paesi industrializzati e contenimento di


quelli emergenti (BRICS), attraverso l'abbattimento dell'uso dei combustibili fossili e
utilizzo di fonti di energia alternativa o rinnovabili o aumento dell'efficienza
energetica, in ragione anche di uno sviluppo sostenibile e in vista dell'esaurimento
dei combustibili fossili. Questa soluzione è considerata problematica dal punto di
vista economico dal momento che sono in gioco le economie nazionali e gli interessi
dei singoli stati ovvero il loro livello di sviluppo economico in termini
di occupazione, ricchezza e qualità della vita, situazione peraltro aggravatasi con
la grande recessione del XXI secolo.
 sequestro di CO2 in atmosfera attuabile ad esempio con una maggiore tasso
di alberi piantati (rimboschimento) oppure appositi filtri industriali e relativo
stoccaggio. Quest'ultima soluzione risulta problematica dal punto di vista tecnico
oppure nel primo caso dipende strettamente dalla volontà e dagli impegni presi dai
singoli paesi.
Molti gruppi ambientalisti incoraggiano inoltre linee di condotta per i consumatori, ed è stato
suggerito l'impiego di quote sulla produzione mondiale di combustibili fossili, indicandoli come
una fonte diretta di emissioni di CO2. È stata altresì suggerita una tassa sulle emissioni di
carbonio che eviterebbe l'imposizione di un sistema di quote sulle emissioni (quote che
potrebbero essere allocate su base individuale o nazionale, e potrebbero essere commerciate
tra i vari beneficiari). Una tassa sulle emissioni è in vigore in Danimarca dal 1990 e ha portato
alla riduzione delle emissioni del 15% dal 1990 al 2008.
Sono attualmente in progetto delle misure per ridurre le emissioni causate dalla deforestazione,
specialmente nei paesi in via di sviluppo. In un tentativo di adattarsi al riscaldamento globale, è
stato anche proposto di sviluppare delle metodologie di controllo meteorologico. Sono allo
studio anche progetti di geoingegneria più ambiziosi ma che potrebbero avere degli effetti
imprevisti, quali per esempio il rilascio su scala massiccia di solfati nell'atmosfera che
dovrebbero ridurre l'irraggiamento solare oscurando leggermente il cielo. Sempre per mitigare
il riscaldamento globale, è stato proposto di introdurre nuove leggi che obblighino a costruire
case più efficienti dal punto di vista energetico.

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Protocollo di Kyoto
Il principale accordo internazionale per il controllo del riscaldamento globale è il Protocollo di
Kyoto, un emendamento allo United Nations Framework Convention on Climate
Change negoziato nel 1997. Il Protocollo copre 180 nazioni globalmente e più del 55% delle
emissioni di gas serra globali. Fu messo in atto il 16 febbraio 2005. Solo gli Stati Uniti e
il Kazakistan non hanno ratificato il trattato.
Il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha contestato il Protocollo di Kyoto giudicandolo
ingiusto e inefficace per la soluzione del problema del riscaldamento globale, affermando che
"esclude l'80% del mondo, tra i principali stati per popolazione come Cina e India e potrebbe
costituire una seria minaccia per l'economia degli Stati Uniti". Il governo statunitense ha invece
proposto il miglioramento delle tecnologie per l'energia, mentre alcuni stati e città statunitensi
hanno incominciato a supportare localmente il Protocollo di Kyoto, attraverso la Regional
Greenhouse Gas Initiative. Lo U.S. Climate Change Science Program è invece un programma di
cooperazione tra più di 20 agenzie federali per indagare sui cambiamenti climatici.
L'Unione Europea ha proposto nel 2008, come parte della soluzione al riscaldamento globale,
oltre al supporto al Protocollo di Kyoto, il cosiddetto "Pacchetto Clima 20-20-20", che prevede
l'aumento del 20% nell'efficienza energetica, la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra e
l'aumento del 20% della quota di energie rinnovabili entro il 2020.

14
Rotterdam e Copenhagen come smart cities
Rotterdam p
La città portuale di Rotterdam, situata sulle rive del fiume Maas, con una popolazione totale di
615,000 abitanti, è sede del più grande porto internazionale d’Europa. Il 90% della città è
costruita sotto il livello del mare e quindi a forte rischio alluvione, nella città olandese il
rapporto città-acqua è stato completamente rovesciato: da minaccia ambientale quale era a
opportunità economica, considerando che l’80% della città è collocata nel cuore del delta del
Reno, sia al di sotto del livello del mare. Ciò determina un forte impatto sulla tenuta del sistema
idrico cittadino, e poichè presenza dell’acqua è una caratteristica storica, la città è obbligata a
fare i conti con gli effetti tragici delle alluvioni. Il tema della resilienza urbana è però
all’attenzione della municipalità già da almeno 20 anni e lavora a questo obiettivo di convivenza
con le acque e i suoi effetti. È del 2001, infatti, il primo piano d’azione contro le alluvioni,
strumento che è stato implementato nel 2005 con un documento che offriva un orizzonte
temporale degli interventi pubblici al 2035. Nel 2007, Rotterdam ha varato un secondo piano
d’azione, mettendo a punto una strategia di adattamento, completata nel 2013. Per prima cosa
Rotterdam ha deciso di adottare un nuovo approccio, confidando nella capacità della natura di
autoregolarsi. In passato, infatti, si cercava (invano) di arginare e incanalare l’acqua,
realizzando barriere e dighe che ne limitassero il vigore. Vista l’inefficacia di questo sistema si è
deciso di lasciare incolta una ampia area situata nella periferia della città,
chiamata Eendragtspolder, fatta di campi e canali, che viene ora utilizzata come area di
esondazione per il bacino del fiume Rotte quando anche il vicino Reno esce dal suo letto. La
nuova strategia di gestione delle esondazioni ha non solo ridotto il rischio di alluvioni, ma ha
perfino aumentato l’attrattività della città, diventata una meta molto frequentata dagli amanti
degli sport acquatici. I ventidue ettari di terreno ospitano infatti anche un avvincente percorso
di canottaggio. Così facendo, senza costringere i fiumi in canali artificiali, si è inoltre garantito il
mantenimento o la rinaturalizzazione degli ambienti fluviali. Attraverso vari programmi, tra cui
il Rotterdam Climate Initiative, la città punta a diventare sempre più smart, fissando obbiettivi
ambiziosi, adottando un programma per diventare la capitale mondiale con il più basso indice
di emissioni di CO2.

Attualmente la città ha una della più alte percentuali di emissione pro capite del mondo,circa
29,8 tonnellate. Il RCI prevede che, attraverso la collaborazione di governo, organizzazioni,
imprese, centri di conoscenza e cittadini, entro il 2025 vengano ridotte del 50% le emissioni
inquinanti. Il punto centrale per raggiungere questi obiettivi è quello di fare in modo
di adattare la città ai cambiamenti climatici in atto, così da creare anche una nuova spinta
all’economia della città.

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Le 5 iniziative fondamentali
Cinque sono le iniziative principali per raggiungere questi obiettivi, tutte incentrate sul concetto
della resilienza:
 le case galleggianti;
 le piazze d’acqua;
 sistemi potenziati di raccolta delle acque;
 i tetti verdi;
 il porto sostenibile.
Le case galleggianti
Per far fronte con l’aumento del livello del mare, Rotterdam prevede di costruire quartieri
urbani galleggianti. Per mostrare come questo potrebbe funzionare, il Rotterdam Climate
Initiative ha commissionato il “padiglione galleggiante”. Le tre cupole trasparenti
interconnesse sono facilmente posizionabili, realizzate con una speciale plastica 100 volte più
leggera del vetro, sono energeticamente autosufficienti grazie all’energia solare utilizzata per
riscaldamento e rinfrescamento.

Le piazze d’acqua
L’acqua nella città Rotterdam è un elemento onnipresente, ha contribuito sicuramente alla sua
prosperità ma al contempo può essere una minaccia, soprattutto in previsione dei previsti
aumenti della piovosità dovuti ai cambiamenti climatici. Per questo la pianificazione
urbanistica ha studiato la realizzazione di un sistema di “piazze d’acqua” come soluzione per
trattenere l’acqua in eccesso e diminuire la pressione sul sistema fognario. Finita l’emergenza
l’acqua piovana in eccesso può essere convogliata verso il mare.

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Sistemi potenziati di raccolta delle acque
Il cambiamento dell’intensità delle piogge porta con se conseguenze anche sul piano
della siccità.Per questo la sfida è quella di saper ovviare agli inconvenienti dovuti ai fenomeni di
allagamento e a quelli di periodi prolungati di siccità. Per fare questo a Rotterdam stanno
studiano un sistema olistico di stoccaggio e raccolta delle acque piovane attraverso i tetti e
altre superfici impermeabili, che vengono poi pulite ed immagazzinate a seconda delle
necessità, così da avere una riserva pronta in caso di lunghi periodi senza pioggia.

Tetti verdi
Attualmente Rotterdam ha circa 160.000 metri quadrati di tetti verdi. L’amministrazione ha
pensato ad un programma di incentivi economici per stimolare i cittadini ad aderire
all’iniziativa. Il sistema di tetti verdi, oltre ad aumentare l’assorbimento di CO2 è importante
anche per l’assorbimento dell’acqua piovana in eccesso. Molti edifici pubblici in città hanno già
il tetto verde tra cui l’Archivio Comunale, la Biblioteca Centrale, la sede di Unilever Nederland,
l’Ospedale Maasstad, Ospedale Pediatrico di Sophia.

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Porto sostenibile
Per raggiungere l’obbiettivo di riduzione delle emissioni di carbonio della metà rispetto al 1990
entro il 2025, la città prevede di assegnare 80 ettari di terreno intorno al porto ad aziende che
producono energia attraverso fonti rinnovabili. Attualmente solo 10 aziende presenti nel porto
utilizzano energie rinnovabili a fronte di 45 aziende chimiche, cinque raffinerie di petrolio e
diverse centrali elettriche. Un’altra proposta prevede l’utilizzo di nuovi contenitori per i trasporti
navali, che consentano di ottimizzare lo spazio e quindi diminuire il numero di viaggi.

Una questione di mentalità

La strategia di adattamento climatico di Rotterdam non si limita ad adottare soluzioni per


prevenire o arginare i fenomeni metereologici estremi, mira a creare cittadini consapevoli. La
città investe infatti molto nell’educazione dei bambini: per utilizzare le piscine pubbliche senza
restrizioni, ad esempio, i bambini olandesi devono prima ottenere un certificato che attesti la
loro capacità di nuoto con indosso vestiti e scarpe. “La resilienza è una parte fondamentale della
nostra cultura – ha affermato l’architetto e urbanista olandese Rem Koolhaas – proprio come
andare in bicicletta”.

Interventi di forte interesse urbanistico


Può la lotta ai cambiamenti climatici e la riconversione ecologica di una città divenire occasione
per un nuovo modello di concezione degli spazi urbani e di sviluppo di una neo-
imprenditorialità all’insegna dei principi dell’economia circolare? La risposta, in linea teorica, è
assolutamente positiva. A dimostrare come dalla teoria si possa passare alla pratica, a
Rotterdam – città olandese che nasce nel delta del fiume e che ospita il porto più grande
d’Europa – tanti progetti, già realizzati o in fase di esecuzione, testimoniano come una città
possa cambiare volto rispondendo anche alle esigenze di adattamento agli effetti
del climate change. Ecco alcuni dei luoghi imperdibili da visitare a Rotterdam per scoprire la
nuova anima circolare della città.

Dall’ex piscina nasce la BlueCity

Qualche anno fa, venne chiusa la piscina Tropicana di Rotterdam: uno stabilimento


dall’ambientazione subtropicale che, con i suoi scivoli e piscine, donava relax agli abitanti. La
struttura – molto ampia e luminosa grazie alle coperture trasparenti – ha trovato nuova vita ed

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oggi si divide tra diverse anime che hanno tutte come filo comune la sostenibilità secondo i
principi della blue economy.

Il primo esempio circolare è l’edificio stesso che è attualmente in piena trasformazione: gran
parte della struttura, nella parte sotterranea, ospita il BlueCity Lab un hub innovativo che ospita
circa 40 aziende che lavorano per proporre soluzioni all’insegna della bioarchitettura,
dell’economia circolare, dell’uso sostenibile delle risorse, del recupero delle materie prime
seconde, della salvaguardia dei mari e degli oceani, con un occhio costante alla applicazione
immediata delle innovazioni proprio nella città in cui ha sede il Biolab.

A dare il proprio contributo alla riqualificazione della struttura ci sono inoltre realtà come
il Superuse Studios  che ha aiutato nella trasformazione dell’area del seminterrato in spazi di
produzione e uffici.

BlueCity è ideata come prototipo di città circolare da replicare su larga scala. Pensate che la
gran parte dei materiali impiegati per la sua rigenerazione sono frutto di recupero e ciò ha
consentito un risparmio di circa 60 di tonnellate di CO2.

Tra i tanti progetti che hanno trovato la propria genesi o uno sviluppo in questo luogo non può
essere dimenticata Waterweg, start up che produce mattoni e piastrelle permeabili
riutilizzando i residui del dragaggio del fiume cittadino. I prodotti di Waterweg sono studiati
per combattere l’impermeabilità tipica delle città che, in occasione di forti piogge (sempre più

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frequenti nei contesti urbani anche a seguito dell’intensificarsi dei fenomeni a causa del climate
change), contribuiscono a causare allagamenti.

Altro progetto che trae origine dal rapporto simbiotico con l’acqua è quello che ha portato alla
nascita di SeaWood: si tratta di pannelli di fibra da usare come materiali da costruzione e
realizzati…con le alghe. Naturali e compostabili al 100%, privi di sostanze chimiche, con
proprietà acustiche isolanti, possono essere utilizzati per la rifinitura delle pareti interne delle
case.

Funghi dai fondi del caffè a km zero

Usciti dall’hub imprenditoriale non dovrete andare molto lontano: basterà salire di un piano.
Uno dei primi (ri)usi dell’ex piscina ha avuto ad oggetto l’ampio spazio dell’ex
stabilimento Tropicana che è stato impiegato per coltivare funghi grazie ai fondi dei caffè
recuperati dai locali dei dintorni: una produzione a km zero che si è così sviluppata da rendere
necessario il trasferimento in aree più estese.

Tra le particolarità di questa iniziativa si registra il fatto che, all’interno della BlueCity, quegli
stessi funghi sono utilizzati come ingredienti in diversi ristoranti tra i quali l’Aloha Bar-
Restaurant, localizzato nella parte alta dell’ex piscina, che ha l’obiettivo di offrire cibo buono,
genuino, con ingredienti locali e del territorio, il tutto con una minima produzione dei rifiuti
(inclusi i fondi del caffè, ovviamente!): una tappa ideale per chi voglia visitare gli edifici oggetto
di rinascita a Rotterdam.

Dormire dentro alla sede di un giornale

Se siete giornalisti, o avidi lettori di giornali, potreste alloggiare o fermarvi per una cena da The
Slaak, un hotel situato all’interno di un edificio storico. La particolarità? La sua storia
comincia all’inizio del ventesimo secolo per poi divenire la sede del quotidiano
socialdemocratico Het Vrije Volk (“Il popolo libero”) che, a quei tempi, fu addirittura il
magazine più letto nei Paesi Bassi. Divenuto, nel 2019, struttura alberghiera, l’edificio continua a
raccontare la sua storia: macchine da scrivere situate negli spazi comuni e giradischi
conducono gli ospiti a viaggiare nel tempo per ricordare come un edificio possa avere molte
anime nella sua storia, senza dover dimenticare o cancellare il suo passato.

Scenari da waterworld: il FOR, Floating Office di Rotterdam

Parliamo di un edificio in legno di 3700 metri quadrati, ancorato nell’ex porto industriale di
Rijnhaven nel cuore della città – progettato da Powerhouse Company e sviluppato da RED

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Company – che è peraltro casa del Global Center on Adaptation (GCA). Fu inaugurato dall’ottavo
Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, con il lancio dell’evento “An Adaptation
Acceleration Imperative for COP26” che vide la partecipazione di oltre 50 leader mondiali per
un confronto sulle iniziative di adattamento ai cambiamenti climatici.

Esempio di edilizia resiliente e di architettura a prova di cambiamenti climatici, il Floating


Office è una costruzione in legno progettata per essere ad emissioni nette zero ed è in grado di
rimanere a galla nonostante i due metri di dislivello quotidiani tra innalzamento e
abbassamento del livello del mare. I materiali impiegati per la sua realizzazione sono
riutilizzabili e riciclabili, gli elementi architettonici sono disassemblabili per consentire una
modularità interna ed un adattamento alle future diverse esigenze. Incantano poi il tetto che,
per metà, è ricoperto dai pannelli solari e, per l’altra metà, da un giardino pensile che ospita la
piccola avifauna locale, le casette per gli uccelli alle pareti esterne dedicate ai pipistrelli, gli
spazi condivisi come i tavoli e le panche esterne, realizzate con materiali di recupero della
costruzione stessa e lo spazio piscina che consente di vivere in un rapporto più sinergico con lo
specchio d’acqua che ospita il FOR.

Depot: le opere d’arte dei depositi al centro dell’innovativo sistema museale

Nel novembre 2021 a Rotterdam ha aperto le porte Depot. Come suggerisce il nome stesso, la
struttura è il più grande deposito di opere d’arte aperto al pubblico. Ad essere recuperata e a

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trovare una seconda vita, in questo caso, non è la struttura in sé quanto il contenuto: solo una
minima parte delle oltre 150 mila opere d’arte in esso contenute venivano esposte al pubblico. Il
Depot nasce quindi per far cadere i muri tra i capolavori e i cittadini e per mostrare anche come
dipinti e statue vengano conservati o restaurati. Pareti trasparenti, opere d’arte inserite nei
divisori tra i piani e scale che consentono di girare intorno alla opere permettono agli spettatori
di vivere una visita letteralmente immersi nella storia, viaggiando dal Medioevo ai giorni nostri.
Una particolarità è data dalla modalità di esposizione: non vi sono divisioni in base a temi o
epoche. La distribuzione delle opere nelle quattordici sale avviene in base alle
caratteristiche di conservazione come, ad esempio, la temperatura o l’umidità migliore per
quel gruppo di beni artistici. A completare l’edificio magnificente anche un tetto verde che,
oltre ad ospitare pannelli solari, è dimora di 100 alberi, sarà interessante sapere che l’acqua
utilizzata proviene dalla raccolta piovana collocata sul tetto e viene usata anche per innaffiare il
giardino pensili

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Copenaghen

L’adattamento di Copenaghen
Era il 2 luglio del 2011 quando su Copenaghen si sono abbattuti, in meno di tre ore, quindici
centimetri di pioggia, allagando quartieri, abitazioni e strade e provocando danni per oltre sei
miliardi di corone danesi, pari ad oltre un miliardo di dollari. Dopo quella catastrofe la città
danese non ha più avuto dubbi, urgeva attrezzarsi per resistere a fenomeni analoghi, diventare
più resilienti insomma. Nello stesso anno viene pubblicato l’ormai noto Piano di adattamento ai
cambiamenti climatici, primo passo per diventare la prima città al mondo “carbon free” entro il
2025. Da allora la capitale della Danimarca, che nel 2014 è stata nominata Capitale verde
d’Europa dalla Commissione europea per l’Ambiente, è diventata una delle città più ecologiche
al mondo (nonostante sia sempre stata all’avanguardia per quanto riguarda la tutela
dell’ambiente e quest’ultimo abbia sempre giocato un ruolo importante nella pianificazione
della città) integrando letteralmente la natura nella città per renderla meno vulnerabile ai
fenomeni climatici estremi.

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Il primo quartiere resiliente di Copenaghen
La realizzazione del primo quartiere resiliente della città, il quartiere di San Kjeld, è stata solo
l’inizio di un piano ventennale che rivoluzionerà Copenaghen rendendola più pronta ad
affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto. Il quartiere prescelto, antica zona
operaia vicina al porto, in cui i lavori sono iniziati nel 2015, è stato profondamente trasformato e
ora ospita zone piantumate, dune verdi e piste ciclabili. Ma, soprattutto, il quartiere è stato reso
permeabile proprio per favorire l’assorbimento di grandi quantità di pioggia: le pavimentazioni
impermeabili sono state sostituite con prati e parchi, mentre i marciapiedi sono stati
sopraelevati per migliorare la raccolta e il deflusso delle acque in eccesso verso il porto.

Una città verde è più resiliente ai cambiamenti climatici, anche per questo Copenaghen ha
incrementato la superficie di giardini, parchi e riserve naturali attraverso un grande progetto di
restauro naturale . San Kjeld rappresenta la (parziale) rivincita della natura in ambito urbano,
con le piante che si riappropriano degli spazi usurpati dalle automobili. “Dobbiamo rendere
Copenaghen più resistente ai fenomeni climatici estremi – ha dichiarato Morten Kabell sindaco
degli Affari tecnici e ambientali della città – per farlo dobbiamo avere meno asfalto e più spazi
verdi”.

Come Copenaghen è diventata a prova di pioggia


Considerata la probabilità dell’intensificazione delle piogge torrenziali Copenaghen si è adattata
a sopportare tali quantità di acqua. Innanzitutto, come detto, l’aumento delle aree verdi
garantisce un notevole assorbimento, dopodiché sono state trasformate alcune strade, in grado

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ora di assorbire l’acqua piovana. L’asfalto è stato sostituito con apposite piastrelle che
permettono all’acqua di filtrare attraverso la superficie, così facendo l’acqua prosegue poi la sua
corsa verso le falde acquifere sotterranee. Sono stati inoltre creati canali nelle strade più ampie
attraverso i quali l’acqua sfocia direttamente nel mare.

Nel 2013 Copenaghen è stata insignita dell’importante premio internazionale in tema di design
Index award, in virtù del notevole sviluppo di soluzioni di design ecosostenibili
Da problema a risorsa
Nonostante il disastro del 2011 Copenaghen ha cercato di affrontare l’adattamento climatico in
modo olistico, utilizzandolo come molla per lo sviluppo urbano. I cambiamenti climatici sono
stati dunque un’opportunità per migliorare la città, rendendola più verde e a misura d’uomo.
L’acqua piovana, inoltre, da problema è stata trasformata in risorsa, realizzando punti di
raccolta sui tetti l’acqua può essere immagazzinata e riutilizzata per molteplici scopi, come
l’irrigazione delle aree verdi. Copenaghen, duramente colpita dalla forte alluvione appena sette
anni fa, è riuscita a rialzarsi facendo tesoro della lezione e puntando sull’intrinseca resilienza
della natura per ricostruire la città.

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Interventi di forte interesse urbanistico
La spinta sul ciclabile

Copenaghen è la città più grande della Danimarca. La popolazione urbana supera le 590 mila
unità, ma la capitale è il centro di un’area più vasta che raccoglie 1 milione e 200mila persone.
Nonostante i grandi numeri, è riuscita a diventare un centro virtuoso e ad eccellere
nella sostenibiità ambientale. La Danimarca ha istituito un ministero dell’Ambiente nel 1971 e
due anni dopo era diventata già la prima nazione al mondo a dotarsi di una legislazione
ambientale. Questa sensibilità è evidente nella capitale: le direttive locali hanno permesso di
avviare una politica a favore dell’uso della biciletta in città. E l’obiettivo oggi è portare al
lavoro o a scuola su due ruote il 50 per cento degli abitanti. Questo progetto si accompagna a
provvedimenti per rendere più sicura la circolazione dei ciclisti e ridurre così il numero di quelli
feriti dell’80 per cento. Molto è stato già fatto grazie alla realizzazione di piste ciclabili che
corrono in città per oltre 400 chilometri. Ma soprattutto l’uso della bicicletta per spostarsi è
stato incoraggiato da una ragione pratica: in molti casi è il modo migliore e più veloce per
raggiungere un posto, senza sentire il bisogno di affidarsi all’automobile.

Ora di punta a Copenaghen dove il 45-50 per cento dei pendolari si sposta in bici. Foto di Heb

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La metropolitana con tecnologia italiana

Gli sforzi per una mobilità urbana senza emissioni passano anche per il sistema dei trasporti
pubblici. L’esempio più significativo sta nella metropolitana. È completamente automatizzata
grazie a una tecnologia che è italiana perché è stata sviluppata da Ansaldo. I treni si spostano
senza il bisogno di macchinisti e senza interruzioni durante l’anno: il servizio è garantito anche
di notte e nei giorni festivi. La frequenza dei trasporti, 4 minuti di attesa al massimo, rende poi la
metropolitana un sistema più che affidabile negli spostamenti cittadini. Italiana è anche la
nuova linea che sarà realizzata entro il 2019. Si tratta della Cityringen, la linea circolare con 17
stazioni che la Salini-Impregilo costruirà nella capitale danese. Anche in questo caso
l’amministrazione ha deciso di affidarsi alla tecnologia di treni senza conducente di Ansaldo che
assicureranno i collegamenti agli oltre 130 milioni di passeggeri che usano la metropolitana
ogni anno.

ll parcheggio subacqueo che ha traformato il porto

L’uso dei mezzi di trasporto pubblico e il forte incentivo a spostarsi a piedi o in bicicletta non ha
però significato l’eliminazione completa del traffico di automobili. Per questo motivo
Copenaghen ha di recente inaugurato un innovativo parcheggio subacqueo in grado di

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contenere 500 automobili. La straordinarietà della struttura, però, è legata alla nuova vita che
l’amministrazione cittadina ha voluto dare al porto industriale. Il Kvæsthusmolen – così si
chiama il parcheggio – sorge infatti sotto una penisola artificiale in quello che prima era il luogo
di attracco dei traghetti per Oslo. In superficie è stato realizzato uno spazio per attività ed
eventi. È possibile stare seduti a guardare il mare, giocare a pallavolo o andare a teatro nella
rinata Kvæsthus Square e godere della Ophelia Beach, creata per non lasciare inesplorata
nessuna delle potenzialità del posto.

Ophelia Beach. Foto: Det Kgl Teater

Come produrre energia pulita

Copenaghen sfiora la perfezione anche nel ciclo dei rifiuti. Il dato è impressionante e fa
invidia a qualsiasi città: il 90 per cento degli scarti viene riutilizzato: il 58 per cento attraverso
il sistema di riciclo. Il restante 40 per cento per alimentare le centrali energetiche. Il
riscaldamento del 98 per cento degli edifici è assicurato dalla produzione proveniente da
centrali di cogeneramento e la fonte di energia è soprattutto quella delle biomasse. Inoltre, in
giro per la città ci sono dei cassonetti intelligenti alimentati a energia solare: grazie al segnale
Gps e agli speciali sensori di cui sono dotati, i bidoni fotovoltaici comunicano con la centrale
quando sono pieni e permettono di ottimizzare la spesa per gli operatori ecologici.  Nel piano
climatico della capitale c’è anche una riduzione dell’uso delle automobili a combustibili fossili a
favore dell’impiego di veicoli elettrici che saranno parte del sistema di car pooling cittadino. Tra
i metodi di produzione di energia pulita adottati dalla città ci sono anche le pale eoliche che

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caratterizzano il panorama della costa nella cosiddetta wind farm Middelgrunden. Poi c’è
Copenhill, lo ski resort più singolare del mondo: ovvero il nuovo termovalorizzatore di
Copenaghen, che con i suoi 85 metri di altezza e la sua elegante silhouette è già diventato
un punto di riferimento della skyline della capitale danese, al pari della Sirenetta o del Diamante
Nero. Disegnato dall’archistar Bjarke Ingels , che si aggiudicò il concorso internazionale nel 2011
proprio grazie alla pazza idea di un termovalorizzatore con stazione sciistica e pareti di
arrampicata incluse, l’impianto è in funzione da un paio d’anni. Mancava la ciliegina sulla torta:
le piste da sci, perennemente chiuse per infiniti test di sicurezza.

La pista si snoda dal tetto del termovalorizzatore fino alla base della struttura per una lunghezza
di circa 400 metri e 10mila metri quadrati di estensione, servita da quattro fra skilift e tappeti,
con tanto di noleggio sci, piccolo rifugio in vetta e maestri di sci. La pista sintetica è stata
costruita ad Albano Sant’Alessandro, in provincia di Bergamo.

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Le pale eoliche della wind farm Middelgrunden. Foto di Politikaner

Il ponte tra Svezia e Danimarca

Dal 2000, quando è stato inaugurato il ponte Øresund che collega la capitale danese con Malmö
in Svezia, Copenaghen si è imposta come punto di riferimento di un’area urbana ancora più
vasta che va al di là dei confini nazionali. La struttura è costata 3 miliardi di dollari e consiste in
un ponte, un’isola artificiale e un tunnel. Assicura oggi un collegamento stradale e ferroviario di
16 chilometri tra le due nazioni. In realtà, ha fatto molto di più di questo: ha creato una regione
economica di 3,7 milioni di abitanti. Il ponte ha ridotto di molto le spese di spostamento di
lavoratori tra i due Paesi e ha addirittura ispirato una serie televisiva svedese, The
Bridge appunto.

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Fonti
Slides e materiale del corso “Mitigazione dei cambiamenti climatici” tenuto dal prof. Stefano Papirio

Cambiamento climatico - Wikipedia

Copenaghen, la prima città al mondo a emissioni zero (startupitalia.eu)

Copenaghen, la prima città al mondo a emissioni zero – Reloader Italia

Copenaghen, così si scia sul termovalorizzatore con pista italiana - Il Sole 24 ORE

Copenaghen ha restituito spazi alla natura per diventare resiliente - LifeGate

Copenhagen –ITA Wikipedia

Copenaghen –ENG Wikipedia

Come Rotterdam ha domato l’acqua, l’efficace piano contro i cambiamenti climatici - LifeGate

Smart city, l'esempio di Rotterdam città resiliente - greenMe

Rotterdam -ITA Wikipedia

Rotterdam -ENG Wikipedia

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