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STORIE DAI FONDALI OCEANICI

La plastica negli oceani

C’è un’isola enorme nell’oceano pacifico, tra le Hawaii e il Giappone, grande quanto la
Spagna. Anzi, secondo alcune stime è molto più grande, quasi quanto gli Stati Uniti. È un’isola
di pattume galleggiante, di plastica soprattutto, chiamata “Pacific Trash Vortex” ovvero
Vortice di spazzatura del Pacifico.
L’isola si è formata per azione del vortice subtropicale del Nord Pacifico che è una corrente
oceanica, cioè uno di quegli enormi movimenti d’acqua che rimescolano continuamente gli
oceani. Le correnti hanno raccolto la spazzatura di plastica gettata in mare da tutto il mondo
e il vortice l’ha concentrata lì, in pieno oceano.
La marina degli Stati Uniti stima che l’isola pesi 3 milioni di tonnellate.

Ma quanta plastica c’è negli oceani?


Ogni minuto, in mare finisce l’equivalente di un camion pieno zeppo di spazzatura.
Il Parlamento europeo dice che negli oceani fluttuano 150 milioni di tonnellate di plastica,
mentre una valanga di plastica del peso stimato di 5-12 milioni di tonnellate finisce in mare
ogni anno.
La plastica procura ingenti danni soprattutto alla fauna e agli ecosistemi. I rifiuti di plastica
feriscono gli animali che possono restare intrappolati nei pezzi più grandi. Possono essere
ingeriti e uccidere uccelli, mammiferi e pesci.

Il 49% della plastica in mare deriva da prodotti monouso, imballaggi, bottiglie, posate,
bicchieri, mozziconi e i bastoncini per le orecchie, ecc. Il 27% da materiali da pesca, molto
pericolosi per la fauna, come reti, lenze e funi.
La commissione europea ha fatto la lista dei dieci rifiuti di plastica che si trovano più di
frequente sulle spiagge:
- Bottiglie e tappi
- Mozziconi
- Cottonfioc
- Carte di caramelle
- Assorbenti igienici
- Sacchetti
- Posate e cannucce
- Bicchieri
- Brandelli di palloncini e bastoncini che reggono i palloncini
- Contenitori per il cibo, tipo quelli dei fast food

Alcuni degli oggetti nella lista saranno presto messi al bando: i cotton fioc, le posate e le
cannucce, i bastoncini dei palloncini. L’impegno generale è ridurre drasticamente
l’inquinamento da plastica.
Diffusione, versatilità ma soprattutto durabilità sono le virtù della plastica ma anche un serio
problema per l’ambiente. Se non viene riciclata o smaltita correttamente, la plastica dispersa
nell’ambiente ci resta per anni, anche per centinaia di anni.
Semplicemente eliminando le bottiglie di plastica, ognuno di noi, può ridurre il proprio impatto
sull’ambiente di circa 150 Kg di CO2 all’anno. Per una famiglia, non acquistare acqua in
bottiglia, si traduce in un risparmio economico di 800€. Paghiamo 800€ per inquinare, a causa
di un bene di cui possiamo fare a meno.

La questione principale è che la plastica non deve arrivare al mare. Secondo una stima della
Ellen MacArthur Foundation se andiamo avanti così entro il 2050 il peso delle plastiche
presenti nei mari sarà superiore a quello dei pesci.
Un ulteriore problema della plastica in mare è che essa non si decompone, ma si sbriciola:
l’azione dei raggi ultravioletti, dell’abrasione, della pioggia e del vento, sminuzza la plastica in
pezzetti sempre più piccoli, le microplastiche.
Nel mare, esse entrano nella catena alimentare perché pesci, molluschi e crostacei le
scambiano per plankton e se le mangiano. E dal mare la microplastica entra nelle nostre
cucine. Ma c’è microplastica anche nell’acqua che beviamo, nelle bibite, nel sale.

I ricercatori dell’università di Newcastle, in Australia, hanno calcolato per il WWF che ognuno
di noi in media beve o mangia circa 5 grammi di plastica alla settimana. Un peso pari a quello
di una carta di credito. Fanno 21 grammi al mese, circa 250 grammi all’anno. 250 grammi è
l’equivalente di 6 bottiglie di plastica.
Un gruppo di ricercatori italiani ha trovato microplastica addirittura nella placenta delle donne
in gravidanza. Cosa fa la microplastica nel nostro corpo non è ancora chiaro, ma spesso la
plastica contiene degli additivi, come coloranti, composti ignifughi o stabilizzanti, che possono
essere dannosi.

Ma tra i problemi dei mari e degli oceani non c’è solo la plastica, c’è anche il surriscaldamento
climatico e la distruzione dei fondali marini per varie cause, tra cui le reti da pesca.

Riscaldamento degli oceani

Nel 2020 gli oceani del mondo hanno raggiunto il loro livello più caldo nella storia registrata,
sovralimentando gli impatti meteorologici estremi dell'emergenza climatica 1.
Più del 90% del calore intrappolato dalle emissioni di carbonio viene assorbito dagli oceani,
rendendo il loro calore un segnale innegabile dell'accelerazione della crisi.
I ricercatori hanno scoperto che i cinque anni più caldi negli oceani si sono verificati dal 2015,
e che il tasso di riscaldamento dal 1986 è stato otto volte superiore a quello dal 1960-85.

Le persone non vivono sugli oceani, quindi perché dovremmo preoccuparci?


C’è l’estinzione di specie animali e vegetali che non sopravvivono a date temperature. Mentre
una persona su quattro nel mondo trae dalla pesca le proteine fondamentali per la propria
dieta.
Poi c’è la perdita di potenza della corrente del golfo, che controlla il meteo su metà del pianeta.
Perché gli uragani sono sempre più frequenti? È colpa della troppa differenza di temperatura
della corrente del golfo, tra l’acqua che parte e l’acqua che torna. C'è stato un record di 29
tempeste tropicali nell'Atlantico nel 2020.
Gli oceani più caldi interrompono i modelli di pioggia, che portano a inondazioni, siccità e
incendi. Il calore causa anche l'espansione dell'acqua e l'innalzamento del livello del mare e
lo scioglimento dei ghiacci.
Gli scienziati si aspettano circa 1 metro di aumento del livello del mare entro la fine del secolo,
mettendo in pericolo 150 milioni di persone in tutto il mondo.

Inoltre, l'acqua più calda è meno capace di dissolvere l'anidride carbonica. Attualmente, il 30%
delle emissioni di carbonio sono assorbite dagli oceani, limitando l'effetto di riscaldamento
della combustione dei combustibili fossili da parte dell'umanità.
Gli oceani coprono il 71% del pianeta e l'acqua può assorbire migliaia di volte più calore
dell'aria, per cui il 93% del riscaldamento globale è assorbito dai mari.

Poiché gli oceani sono enormi, assorbono quantità incredibili di energia. L'unità di misura
dell'energia più comune nella vita quotidiana è il joule. Ma per gli oceani, pensiamo all'energia
in termini di zettajoule.
Uno zettajoule è uguale a 1.000.000.000.000.000.000.000.000 di joule. Cioè? Bene,
nell'ultimo anno, la Terra ha assorbito circa 20 zettajoule di calore, equivalente al calore
emesso da 630 miliardi di comuni asciugacapelli domestici che soffiano tutto il giorno e la
notte, 360 giorni all'anno 2.

La Corrente del Golfo

La Corrente del Golfo ridistribuisce le acque globali, agendo come uno dei più grandi sistemi
di circolazione oceanica trasportando l’acqua calda e salata superficiale dal Golfo del Messico
fino all’Atlantico settentrionale dove si raffredda e diventa più salata, densa e pesante,
scendendo quindi verso gli strati oceanici più profondi; da qui, per il principio di conservazione
della massa, torna poi verso Sud.

La Corrente del Golfo è sempre meno intensa, e questo è un problema per l’intero Pianeta. Il
fenomeno muove oltre 20 milioni di metri cubici di acqua al secondo, ridistribuendo il calore
tra le acque oceaniche di tutto il mondo. Questa parte fondamentale dell’ampio complesso di
correnti oceaniche noto come Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) si sta
indebolendo, secondo uno studio pubblicato su Nature Geoscience 3.

Perché rallenta? A causa delle temperature più elevate sull'Artico, la Corrente del Golfo è
colpita dallo scioglimento dei ghiacci, che scaricano grandi quantità di acqua fredda a sud
della Groenlandia, per cui le correnti arrivate da sud diventano meno dense e meno pesanti,
scendendo quindi meno rapidamente verso il fondale e rallentando il meccanismo nel suo
complesso.

Il nuovo studio, pubblicato a Febbraio 2021, mostra che la corrente è ora più debole del 15%
rispetto a 1.600 anni fa e che il riscaldamento globale causato dall'uomo è responsabile di
almeno una parte significativa dell'indebolimento 4. Gli scienziati prevedono che l'AMOC si
indebolirà ulteriormente se il riscaldamento globale continua, e potrebbe ridursi di circa il 34%
- 45% entro la fine di questo secolo, il che ci porterebbe a un tipping point, in cui il sistema
potrebbe diventare irrevocabilmente instabile 5.
Quali conseguenze può avere? È molto probabile che saranno le regioni occidentali del
continente europeo a essere colpite per prime, con danni al clima e agli equilibri naturali. Un
ulteriore indebolimento dell’AMOC potrebbe portare a più tempeste che colpiscono il Regno
Unito, a inverni più intensi e a un aumento delle ondate di calore dannose e della siccità in
tutta Europa.

Una Corrente del Golfo indebolita porterebbe a un’interruzione di piogge tropicali vitali, mentre
alzerebbe il livello del mare sulla costa atlantica degli Stati Uniti, che già potrebbe aumentare
tra oltre 60cm e 1,10m entro il 2100 a causa dello scioglimento dei ghiacci polari, con
conseguenze potenzialmente disastrose.

Le ricerche attuali parlano chiaramente delle attività antropiche come delle principali
responsabili delle attuali modificazioni della Corrente del Golfo.
È necessario riconoscere che i drammatici cambiamenti negli equilibri delle correnti globali
sono da annoverarsi tra gli effetti della crisi climatica e quindi da imputarsi alle attività
inquinanti e all’incuria nei confronti del pianeta da parte dell’uomo.

Distruzione dei fondali marini

Se sulla terra ferma perdiamo 27 campi di calcio di foreste a causa della deforestazione, in
mare perdiamo 4316 campi di calcio in fondali marini (barriere coralline, foreste marine ecc)
ogni minuto. Ciò significa che stiamo distruggendo l’ecosistema marino circa 157 volte più
velocemente della terra ferma.

Le aree marine protette (AMP) sono sempre più utilizzate come strumento primario per
conservare la biodiversità. Questo è particolarmente rilevante nei punti caldi della pesca
fortemente sfruttati come l'Europa, dove le AMP ora coprono il 29% delle acque territoriali,
con effetti sconosciuti sulla pressione della pesca e sui risultati della conservazione.
Il 59% delle AMP subiscono la pesca a strascico 6, e l'intensità media della pesca a strascico
nelle AMP è almeno 1,4 volte superiore rispetto alle aree non protette.
L'abbondanza di specie sensibili (squali, razze etc.) è diminuita del 69% nelle aree fortemente
pescate a strascico. Il diffuso sfruttamento industriale delle AMP mina gli obiettivi globali di
conservazione della biodiversità, elevando le recenti preoccupazioni sulla crescente
pressione umana sulle aree protette in tutto il mondo.

Secondo un rapporto di Greenpeace 7, gli attrezzi da pesca persi e abbandonati, mortali per la
vita marina, costituiscono la maggior parte dell’inquinamento plastico negli oceani.
Più di 640.000 tonnellate di reti, lenze, nasse e trappole usate nella pesca commerciale
vengono gettate e abbandonate in mare ogni anno, lo stesso peso di 55.000 autobus a due
piani.

Il rapporto ha detto che gli attrezzi da pesca abbandonati sono particolarmente mortali. Reti e
lenze possono costituire una minaccia per la fauna selvatica per anni o decenni, intrappolando
tutto, dai piccoli pesci e crostacei alle tartarughe in pericolo, agli uccelli marini e persino alle
balene.
Diffondendosi in tutto l'oceano con le maree e le correnti, gli attrezzi da pesca persi e scartati
stanno ora andando alla deriva verso le coste artiche e su remote isole del Pacifico, rimanendo
impigliati nelle barriere coralline e sporcando i fondali marini profondi.

Greenpeace ha detto che gli attrezzi fantasma sono particolarmente diffusi dalla pesca
illegale, non regolamentata e non dichiarata, ma anche la pesca sovraffollata contribuisce al
problema. La scarsa regolamentazione e il lento progresso politico nella creazione di santuari
oceanici che sono off-limits per la pesca industriale permettono a questo problema di esistere
e persistere, ha detto il rapporto.

Greenpeace chiede che il trattato delle Nazioni Unite fornisca un quadro completo per la
protezione marina, aprendo la strada a una rete globale di santuari oceanici che copra il 30%
degli oceani del mondo entro il 2030.

Previsioni e azioni per il futuro


Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Science, i rifiuti di plastica che finiscono negli
oceani arriveranno quasi a triplicare il loro volume nei prossimi 20 anni 8.
Se le tendenze attuali continuano, la quantità di rifiuti di plastica che inquina gli oceani
crescerà fino a 29 milioni di tonnellate all'anno entro il 2040, l'equivalente di 50 kg per ogni
metro di costa del mondo.

Tutti gli sforzi fatti e annunciati finora per ridurre i rifiuti di plastica, da parte dei governi e delle
aziende, ridurranno questo volume previsto solo del 7% circa entro il 2040.
I risultati, in una delle valutazioni più approfondite fino ad oggi, rivelano l'impatto devastante
della nostra dipendenza dalla plastica, in particolare la plastica monouso e la pellicola
utilizzata per gli imballaggi. Arginare il flusso è cruciale perché una volta che la plastica è
nell'oceano, la maggior parte rimane lì per sempre, scomponendosi in microplastiche che
causano altri problemi, e gli sforzi per pulire i rifiuti dagli oceani hanno avuto finora poco
impatto.

Misure più severe produrrebbero una drastica riduzione dei rifiuti, secondo i ricercatori. Queste
includono il miglioramento della raccolta dei rifiuti, in particolare nei paesi in via di sviluppo, e
il riciclaggio di più rifiuti, così come l'investimento in materiali alternativi e una migliore
progettazione dei prodotti per ridurre la quantità di plastica utilizzata.
I governi devono anche creare incentivi per le imprese ad adottare nuovi modelli come il
riutilizzo e i sistemi di ricarica. Così il ‘’campo da gioco’’ sarebbe pareggiato ed il vantaggio di
costo della materia prima plastica vergine sui materiali riciclati quasi azzerato.

Questo livellerebbe il campo di gioco, dove attualmente la materia prima plastica vergine ha
un vantaggio di costo sui materiali riciclati.

1
Climate crisis: record ocean heat in 2020 supercharged extreme weather,
https://www.theguardian.com/environment/2021/jan/13/climate-crisis-record-ocean-heat-in-2020-
supercharged-extreme-weather
2
Why are ocean warming records so important? https://www.theguardian.com/global/climate-
consensus-97-per-cent/2021/jan/13/why-are-ocean-warming-records-being-broken-year-after-year
3
La Corrente del Golfo rallenta come mai prima con effetti devastanti sul clima. Ma non se ne parla.
https://thevision.com/habitat/rallentamento-corrente-golfo/
4
Gulf Stream current at its weakest in 1,600 years, studies show,
https://www.theguardian.com/environment/2018/apr/11/critical-gulf-stream-current-weakest-for-1600-
years-research-finds
5
Atlantic Ocean circulation at weakest in a millennium, say scientists,
https://www.theguardian.com/environment/2021/feb/25/atlantic-ocean-circulation-at-weakest-in-a-
millennium-say-scientists
6
Elevated trawling inside protected areas undermines conservation outcomes in a global fishing hot
spot , https://science.sciencemag.org/content/362/6421/1403.full
7
Dumped fishing gear is biggest plastic polluter in ocean, finds report ,
https://www.theguardian.com/environment/2019/nov/06/dumped-fishing-gear-is-biggest-plastic-
polluter-in-ocean-finds-report
8
Plastic waste entering oceans expected to triple in 20 years,
https://www.theguardian.com/environment/2020/jul/23/plastic-waste-entering-oceans-triple-20-years-
research

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