INTRODUZIONE
L’obiettivo 14 mira a ridurre in modo significativo entro il 2025 tutti i tipi di inquinamento marittimo e a
portare a un livello minimo l’acidificazione degli oceani. Già entro il 2020 gli ecosistemi marini e costieri
dovranno essere gestiti e protetti in modo sostenibile.
Per inquinamento del mare intendiamo l’immissione di rifiuti da parte degli esseri umani che danneggiano
le risorse biologiche, mettono in pericolo la salute umana e ostacolano l’attività marina e la qualità
dell’acqua è molto ridotta. Il mare viene considerato come uno scarico naturale, fino a cinquant’anni fa
finivano nel mare le acque residenziali urbane e quelle provenienti dalle lavorazioni industriali, la situazione
al giorno d’oggi è molto cambiata, la popolazione mondiale è più elevata e ci sono più industrie . L’idrosfera
marina è danneggiata da diverse forme di inquinamento
l’inquinamento organico: dell’inquinamento organico sono responsabili le acque provenienti dalle reti
fognarie cariche di batteri fecali e di numerosi germi patogeni. la presenza di microrganismi patogeni è
indirettamente dannosa per la salute umana quando vengono utilizzati come alimenti prodotti della pesca
contaminati da tali germi
l’inquinamento chimico: è geograficamente più esteso, e quindi più preoccupante. Le acque degli scarichi
industriali inquinano le zone marine nelle quali riversano in elevate concentrazioni i residui dei loro
prodotti, che contengono anche elementi metallici molto tossici. anche le acque utilizzate in agricoltura si
caricano di sostanze nocive laddove viene praticata la fertilizzazione minerale, per mezzo di fosfati e nitrati
e soprattutto se vengono utilizzati massicciamente gli insetticidi e pesticidi
negli ultimi anni molte quantità di oggetti di plastica sono finiti in mare, buttati da terra e dalle navi Poichè i
movimenti del mare trasportano gli inquinanti anche molto lontano, risultano inquinate dai rifiuti anche
zone che penseremmo incontaminate. in particolare nell’oceano pacifico si sono accumulate tonnellate di
rifiuti galleggianti, soprattutto di plastica, raggruppate in enormi vortici di spazzatura. questo fenomeno
scoperto per la prima volta alla fine degli anni settanta, sta raggiungendo dimensioni più che preoccupati:
mette in pericolo la fauna marina e rappresenta una minaccia per le isole che possono essere raggiunte
delle correnti che trasportano quantità di rifiuti.
rappresenta una tra le forme più gravi di contaminazione dell’ambiente marino. Questo liquido oleoso è
formato da una miscela di idrocarburi, sostanze chimiche organiche le cui molecole sono composte
prevalentemente da atomi di carbonio e idrogeno. Quando viene riversato in mare il petrolio si estende
sulla superficie dell’acqua dando origine a una patina oleosa omogenea e continua che causa la morte di
numerosi organismi. inoltre, le sostanze tossiche contenute nel petrolio vengono assimilate dagli organismi
marini e, attraverso la catena alimentare, possono provocare seri danni a molte specie di uccelli, rettili e
mammiferi, tra cui naturalmente agli esseri umani.
Le microplastiche sono delle piccole particelle di plastica che inquinano i mari e gli oceani. Ci sono anche
particelle più piccole, che si chiamano nano plastiche, ma essendo molto piccole sono impossibili da
campionare con le attrezzature oggi a disposizione, quindi delle nano plastiche sappiamo ancora poco . le
microplastiche nascono da frammenti che sono come delle “briciole” di polimeri più grandi, che si
chiamano “plastiche prime“. La pericolosità delle microplastiche per la salute dell’ambiente e dell’uomo è
dimostrata da molti studi scientifici, i danni maggiori si registrano soprattutto negli habitat marini e in
quelli acquatici. Questo avviene perché la plastica si discioglie in diversi anni. in media 63.320 particelle di
microplastica secondo l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Ad
esempio nel Sudest asiatico il livello è 27 volte maggiore rispetto ad altre zone. Il Mediterraneo è uno dei
mari più inquinati al mondo: qui si concentra il 7 per cento delle microplastiche a livello globale. Inoltre ci
sono cinque regioni oceaniche (dette gyres) dove, per via delle correnti, si accumulano le più grandi
quantità di detriti.L’Unep ha collocato il problema della plastica nei mari e negli oceani tra le sei emergenze
ambientali più gravi. Se non interveniamo subito, entro il 2050 ci sarà più plastica che pesce nei nostri mari.
I fiumi, i laghi, le falde idriche e persino i ghiacciai vengono sempre più spesso contaminati dalla immissione
da parte delle comunità umane di sostanze inquinanti, talora molto tossiche. I fiumi, grazie al continuo
rimescolamento dell’acqua, smaltiscono in tempi non molto lunghi gli inquinanti. Nei laghi, dove il ricambio
delle acque è estremamente lento, le sostanze nocive impiegano invece moltissimo tempo a degradarsi.
Nelle acque sotterranee la diluizione (e quindi la degradazione) delle sostanze nocive avviene condifficoltà,
poiché il movimento delle acque è lento e privo di turbolenza. Perciò non c’è rimedio ad un inquinamento
delle falde idriche: l’unico modo per salvaguardarle è non inquinarle. Quando le riserve idriche sono
contaminate divengono immediatamente inutilizzabili, con gravi conseguenze per la comunità umana.
• le acque residuali urbane, che nelle metropoli raggiungono valori altissimi di contaminazione;
• le acque di scarico delle industrie, che portano con loro residui anche tossici, o possono essere versate a
temperature troppo elevate per le forme di vita;
• le acque utilizzate nell’agricoltura, cariche di rifiuti di origine animale, insetticidi, pesticidi, fertilizzanti ecc.
Le acque dolci accumulano così centinaia di sostanze chimiche, inorganiche e organiche, e i prodotti delle
loro reazioni. Con l’aiuto dei batteri, queste acque possono rigenerarsi solo se sono inquinate entro certi
limiti; limiti che però in molte zone del mondo vengono ampiamente superati. Le falde idriche, essendo in
rapporto più o meno diretto con le acque correnti superficiali, possono venire facilmente inquinate.
Una forma di inquinamento molto diffusa nei laghi e nei fiumi è l’eutrofizzazione. L’eutrofizzazione è un
fenomeno connesso alla eccessiva proliferazione di alghe che vengono «concimate» da sostanze inquinanti
che per i vegetali sono però dei nutrienti ( fosfati e nitrati), questi provengono soprattutto dagli scarichi
delle nostre abitazioni e da quelli agricoli. Alla loro morte le alghe si accumulano sul fondo del lago, dove i
microrganismi le decompongono. Il processo di decomposizione richiede ossigeno. L’ossigeno, però, si
discioglie nell’acqua soltanto in piccole quantità, però le acque di un lago non ne contengono molto.
Quando l’accumulo di alghe è eccessivo, gli organismi decompositori utilizzano una quantità di ossigeno
tale da ridurne il contenuto disciolto nell’acqua fino al punto che gli altri organismi come i pesci non
riescono più a sopravvivere.