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GOAL 14: VITA SOTT’ACQUA

L’agenda 2030 si pone l’impegno di conservare e utilizzare in modo durevole


gli oceani e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile.
L’Earth Overshoot day è la data che segna la “bancarotta” naturale del pianeta
Terra; ossia la data in cui vengono esaurite le risorse naturali disponibili.
Dal 1969 vengono consumate ogni anno le risorse che la Terra è in grado di
rigenerare nell’arco di 12 mesi. Lo sfruttamento delle risorse è in costante
aumento e questo continua ad anticipare l’Earth Overshoot Day che, per il 2021,
è stato il 29 luglio mentre per il 2018 è stato l’ 1 agosto.

Ad oggi stiamo utilizzando 1,7 pianeti Terra e, se tutta la popolazione mondiale


dovesse adottare lo stile di vita occidentale, avremmo bisogno di 3,5 pianeti
Terra e 20 miliardi di ettari di terreno fertile, di cui solo 12 sono disponibili.
A questo proposito si può parlare della problematica degli oceani di plastica
che, a differenza di quanto si può credere, non riguarda solo la fauna e la flora
marina, ma anche noi direttamente.
Si stima che il 40% dei rifiuti sia plastica proveniente dai beni di consumo
prodotti ogni giorno in grande quantità.
Uno dei principali effetti che la plastica ha tra gli organismi acquatici è
l’intrappolamento delle specie marine che possono venire incontro alla morte
per strangolamento, inedia e lesioni date dal rifiuto. Capita spesso che
tartarughe e uccelli scambino per cibo oggetti di plastica e di conseguenza
sfamino i propri piccoli i quali incorrono all’avvelenamento.
Un altro fenomeno è quello delle cosiddette “reti fantasma”, reti dimenticate in
mare che giorno dopo giorno continuano a catturare pesci riducendo lo stock
ittico e causando, oltre ai danni ambientali, danni economici.
Il fattore che più dovrebbe preoccuparci parlando di plastica è l’effetto che le
microparticelle possono avere anche sul nostro organismo. Le particelle di
plastica inferiori a 1 micron infatti compromettono i sistemi e gli apparati degli
organismi che non riescono ad espellerle per via naturale e tendono ad
accumularsi all’interno dell’apparato digerente di molti pesci; pesci che
vengono ogni giorno pescati e venduti per arrivare infine sulle nostre tavole.
Un fattore rischio per la biodiversità marina è sicuramente dato dal fenomeno
del riscaldamento globale e dal conseguente aumento della temperatura.
Il Mar Mediterraneo ad esempio potrebbe perdere il 30% della propria
biodiversità anche mantenendo il limite di 2 gradi imposto con gli accordi di
Parigi. Le specie più a rischio sarebbero: tartarughe marine, cetacei, tonni,
squali, stornioni e razze.
Un altro esempio è quello dato dallo scioglimento dei ghiacci nel circolo polare
artico, le cui aree potrebbero diventare zona di navigazione o di estrazioni
petrolifere qualora non vengano proclamate patrimonio dell’UNESCO.

Nel rapporto del 2016 dell’Unep, tra le varie proposte, si suggerisce un’attenta
educazione ed informazione della popolazione riguardo i rischi derivanti
dall’inquinamento delle sostanze rilasciate dalle plastiche e sull’importanza del
corretto smaltimento di queste.
In un articolo sul sito di informazione scientifica Futurism si parla di
associazioni come quella di Plastic Change, le quali volgono queste parole in
fatti utilizzando tecnologie avanzate, come una rete a forma di manta capace di
collezionare dati circa la percentuale di microplastiche presenti in una data area.
Una risposta univoca a tutte queste problematiche ancora non è stata trovata, ma
la tutela degli oceani dai rifiuti è il primo target del Goal 14.

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