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I Ghiacciai della Lombardia Una risorsa da conoscere

della Lombardia
I Ghiacciai
Una risorsa da conoscere

Premessa

I cambiamenti climatici globali e i processi di deglaciazione


alpina sono di estrema attualit. Tali fenomeni stanno
infatti determinando conseguenze rilevanti in primo luogo
sul territorio alpino, sulla sua stabilit idrogeologica, sul
paesaggio e sulla fruibilit in sicurezza di aree a notevole
vocazione turistica. Ma i ghiacciai alpini rappresentano
una risorsa produttiva importantissima per tutta la nostra
Regione, sia nel settore idrico, che nel settore energetico,
per la produzione idroelettrica.
La necessit di aggiornare con continuit lo stato delle
conoscenze in questo campo quindi di grande importanza,
anche al fine di impostare adeguate azioni e politiche di
adattamento ai cambiamenti in atto.
Negli ultimi anni Regione Lombardia - Direzione Territorio
e Urbanistica ha promosso lo sviluppo delle conoscenze
nel campo della ricerca glaciologica applicata al territorio
lombardo in collaborazione con diversi soggetti, quali
il Comitato Glaciologico Italiano, il Servizio Glaciologico
Lombardo, lUniversit degli Studi di Milano - Dipartimento
di Scienze della Terra, il Consiglio Nazionale delle Ricerche
(CNR), lAgenzia Regionale per la Protezione Ambientale
della Lombardia (ARPA) e lIstituto di Ricerca per lEcologia
e lEconomia applicate alle Aree Alpine (IREALP).
Tali Enti e le analisi da essi condotte, hanno contribuito
alla costruzione della banca dati Ghiacciai di Lombardia,
uno dei livelli informativi presenti nellInfrastruttura per
lInformazione Territoriale Lombarda (IIT) fruibile attraverso
il Geoportale di Regione Lombardia
(www.cartografia.regione.lombardia.it).
La banca dati Ghiacciai di Lombardia contiene oggi i
tre catasti regionali relativi agli anni 1991, 1999 e 2003 e,
periodicamente ed accuratamente aggiornata, rappresenta
un valido strumento per il monitoraggio dellevoluzione
del glacialismo lombardo e un utile supporto ai processi
pianificatori a varia scala. Inoltre, grazie alle funzionalit
del Geoportale, i dati in essa contenuti sono facilmente
raggiungibili ed accessibili da parte delle molteplici
categorie di utenti interessati (comunit scientifica, pubblica
amministrazione, insegnanti, studenti, escursionisti,
alpinisti).
Con le informazioni ad oggi disponibili, coerenti con i
dati raccolti a livello internazionale, possibile elaborare
alcune significative analisi sullevoluzione in atto di questa
risorsa, che vengono presentate sinteticamente in questa
pubblicazione e che ci possono aiutare a prefigurare gli
scenari futuri.
Le analisi dimostrano ormai senza alcun dubbio che, da circa
150 anni, con una sensibile accelerazione del fenomeno
negli ultimi 20, in atto un intenso regresso glaciale su
tutta la catena alpina, che sta portando ad una vera e propria
disintegrazione dei ghiacciai, con la fortissima riduzione
o addirittura lestinzione di quelli di minore dimensioni,
con la frammentazione di quelli maggiori e con una rapida
trasformazione del paesaggio dellalta montagna.

LAssessore regionale al Territorio e Urbanistica

Gran parte del territorio lombardo (circa il 41%)


montuoso ed ospita alcuni dei massicci pi elevati
delle Alpi ad est del Gottardo, come il Cevedale
(3779 m), lAdamello (3539 m) e il Bernina, che con
i suoi 4049 m rappresenta il tetto di questo settore
della catena (seppure per pochi metri in territorio
elvetico). Queste montagne, ospitano le pi vaste
masse glaciali delle Alpi Italiane, poca cosa di
fronte alle gigantesche calotte della Groenlandia
e soprattutto dellAntartide, che raccolgono la
quasi totalit del ghiaccio terrestre, ma di notevole
importanza a livello regionale.
I ghiacciai lombardi sono apparati montani,
localizzati cio su una catena montuosa, in valli,
conche, circhi, valloni, versanti, canaloni, che ne
condizionano morfologia ed evoluzione. Diversi
quindi dai ghiacciai di calotta delle regioni polari
che con i loro giganteschi spessori (anche 4 km)
coprono e nascondono completamente le morfologie
sottostanti. Diversi anche nella loro evoluzione e nelle
caratteristiche fisiche. Mentre i ghiacciai polari sono
formati da ghiaccio che costantemente lontano
dalla pressione di fusione e il loro movimento,
molto lento, dovuto quasi esclusivamente alla
deformazione interna, i ghiacciai lombardi, come
tutti i ghiacciai delle catene montuose al di fuori
delle aree polari, sono formati da ghiaccio che
destate prossimo al punto di fusione (processo
che quindi in alcuni mesi pu avvenire comportando
la riduzione della loro massa) e il loro movimento,
che pu arrivare a decine di metri allanno, dovuto
sostanzialmente allo scivolamento sul letto
roccioso e solo in piccola parte alla deformazione
interna del ghiaccio ed alla deformazione del letto.
La nascita, levoluzione e lestinzione di un
ghiacciaio alpino sono fortemente influenzate
dalle temperature estive (che determinano le

perdite di massa) e dalle nevicate invernali (che


costituiscono lalimentazione dei ghiacciai). E un
sistema delicato che per mantenersi vitale deve avere
un equilibrio fra perdite ed accumuli di massa; le
prime sono causate soprattutto dalla fusione e sono
concentrate nei settori inferiori (bacino ablatore)
mentre i secondi sono costituiti da nevicate e
valanghe che avvengono nelle aree superiori (bacino
collettore). Se il sistema in equilibrio, il ghiacciaio
attraverso il proprio flusso verso valle trasporta
massa che ripristina il materiale perso per fusione
nei settori inferiori; il suo limite inferiore (chiamato
fronte glaciale), quindi, resta stabile. Se la massa
persa per fusione maggiore di quanto accumulato
(bilancio di massa negativo), il flusso glaciale non
riesce a trasportare a valle sufficiente materiale per
pareggiare le perdite e la lunghezza del ghiacciaio,
a testimonianza del prevalere delle perdite, si riduce
portando ad una retrocessione della fronte che si
attesta a quote pi elevate.
Il ghiacciaio dunque un sistema naturale fortemente
condizionato dallevoluzione della temperatura e
delle precipitazioni; ci lo rende un indicatore molto
attendibile delle variazioni climatiche locali e globali.
Lo studio delle variazioni glaciali in atto si colloca
oggi fra i maggiori e pi attuali temi di ricerca in
campo ambientale e il ruolo della criosfera (ghiacciai,
ghiaccio marino, permafrost) considerato ormai
unanimemente quello di fornire preziosi e rapidi
segnali sulla dinamica del clima.
I ghiacciai tuttavia offrono altri tipi di interesse
applicativo anche economico; si tratta infatti
di una risorsa preziosa a livello idrologico
con importanti ricadute per quanto riguarda
lirrigazione e la produzione di energia. I ghiacciai
inoltre rappresentano un importante fattore di
polarizzazione nellambito del turismo alpino, sono
sicuramente il simbolo pi riconosciuto dellalta
montagna, loggetto pi ricercato del paesaggio

alpino da parte di turisti, escursionisti ed alpinisti.


La loro riduzione areale, in atto da circa 150 anni,
ma con una sensibile accelerazione negli ultimi due
decenni, divenuta anche presso il grande pubblico
la manifestazione pi concreta e pi evidente del
cosiddetto global change.
I dati raccolti a livello internazionale dimostrano
ormai senza alcun dubbio che vi in atto un intenso
regresso glaciale su tutta la catena alpina (e anche
sulle altre catene montuose) che sta portando ad una
vera e propria disintegrazione dei ghiacciai, con
la fortissima riduzione o addirittura lestinzione
di quelli di minori dimensioni (con superficie
inferiore a 1 km2), con la frammentazione di quelli

maggiori e con una rapida trasformazione del


paesaggio dellalta montagna.
Anche i ghiacciai lombardi non sfuggono
naturalmente a questa evoluzione e ben si prestano
ad esemplificare questo fenomeno. Essi infatti
formano unimportante subregione glacializzata
che pu veramente considerarsi rappresentativa di
tutto il glacialismo italiano. Le Alpi Lombarde infatti
non solo comprendono i due pi vasti ghiacciai
italiani (quello dellAdamello con circa 18 km2 di
superficie e quello dei Forni con circa 12 km2), ma
raccolgono anche un numero elevato di ghiacciai
piccoli e di medie dimensioni con unampia casistica
di tipologie, esposizioni, morfologie, altitudini e
inclinazioni.

Distribuzione dei ghiacciai nel territorio


lombardo

Per determinare le caratteristiche dei ghiacciai


lombardi e individuarne la fase evolutiva sono state
utilizzate nellarco di oltre un secolo tecniche di
rilievo di vario tipo. Fra le pi antiche (a partire dal
1895) vi sono le misure di variazione frontale. Si
tratta della variazione della distanza fra un caposaldo
esterno al ghiacciaio e il limite del ghiacciaio stesso,
misurata ogni anno a fine estate mantenendo
costante la direzione o azimut del rilievo. Se la
distanza aumenta il ghiacciaio si sta allontanando
dal caposaldo di misura (ovvero sta arretrando), se
la distanza diminuisce il ghiacciaio si sta avvicinando
al caposaldo (ovvero sta avanzando). La successione

di queste misure fornisce oggi curve cumulate


anche ultrasecolari (quelle dei Forni o del Ventina
ad esempio), dalle quali possibile ricavare lentit
totale degli arretramenti e degli avanzamenti delle
fronti. I dati, che riguardano un campione variabile
fra qualche decina e un centinaio di ghiacciai, sono
stati pubblicati sulle riviste del Comitato Glaciologico
Italiano (Bollettino del Comitato Glaciologico
Italiano dal 1914 al 1977, divenuto dal 1978 ad oggi
Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria) e a partire
dal 1998 anche sulla rivista del Servizio Glaciologico
Lombardo, Terra Glacialis.

Variazioni frontali cumulate del


Ghiacciaio dei Forni (alta Valtellina,
Lombardia) rilevate tra il 1925 ed
il 2003.

Quanti sono i ghiacciai in


Lombardia ?
Lo studio del glacialismo lombardo, che allinizio
si configur come una vera e propria esplorazione,
prese avvio fra la fine del XIX secolo e linizio del
XX secolo con le prime osservazioni e le prime
misurazioni alle fronti dei ghiacciai della Valfurva,
del Bernina, dellAdamello. Numerosi studiosi se ne
occuparono, prima nellambito della Commissione
per lo Studio dei Ghiacciai istituita dal Club Alpino
Italiano (attiva dal 1895 al 1912) e poi nellambito del
Comitato Glaciologico Italiano; a questo proposito
non si pu non ricordare la lunga attivit di ricerca di
Giuseppe Nangeroni e Ardito Desio che si svilupp
per buona parte del XX secolo. Allopera del Comitato
Glaciologico Italiano si unir poi negli anni ottanta
quella intensa e capillare del Servizio Glaciologico
Lombardo, integrata, negli ultimi decenni, da
numerosi altri enti che hanno sperimentato nuove
metodologie per lanalisi dellevoluzione (Universit
di Milano Dipartimento di Scienze della Terra,
Politecnico di Milano, Universit di Brescia, CNR,
ARPA-Lombardia, FLA, CESI).

Nel 1987 sono iniziati anche i bilanci di massa, cio


le misure di variazione di spessore e di volume da
un anno idrologico al successivo, sul Ghiacciaio della

Levoluzione del Ghiacciaio dei Forni in alta Valtellina


(gruppo del Cevedale):
a) 1890; b) 1941; c) 1997; d) 2007

Sforzellina e successivamente su unaltra decina di


ghiacciai.

I bilanci di massa
annui del Ghiacciaio
della Sforzellina (alta
Valtellina Lombardia)
calcolati tra lanno
idrologico 1986/87
e lanno idrologico
2006/2007. La
linea rappresenta
la quota della Linea
di Equilibrio o ELA
(Equilibrium Line
Altitude), altitudine
alla quale accumulo
ed ablazione si
equivalgono ed il
bilancio di massa
pertanto pari a zero.

Per avere informazioni sul numero dei ghiacciai


lombardi e sulla superficie complessiva da essi
ricoperta, necessario realizzare dei catasti o
inventari, che identificano i vari apparati glaciali e
ne misurano le caratteristiche geometriche (area,
lunghezza, quota minima e massima, etc.).
Il primo catasto dei ghiacciai lombardi fu realizzato
dal Comitato Glaciologico Italiano nel 1961 a cura
di Giuseppe Nangeroni nellambito del catasto
nazionale con lutilizzo di cartografia e rilievi di
terreno. In quelloccasione vennero individuati
271 ghiacciai (dei quali 186 esistenti e 86 estinti o
trasformati in glacionevati, termine questultimo con
il quale si indica la fase finale di evoluzione di un
ghiacciaio) con una superficie complessiva di circa
117 km2. Nellambito della partecipazione italiana al
World Glacier Inventory (Catasto Internazionale dei
Ghiacciai) fu poi realizzato un nuovo catasto a cura
di Claudio Smiraglia e Guido Catasta con lutilizzo
di foto aeree del 1981-1983. In questo vennero
individuati 305 apparati (fra ghiacciai in senso
stretto e glacionevati) per una superficie di circa

113 km2. Nel 1992 venne pubblicato dal Servizio


Glaciologico Lombardo (a cura di Antonio Galluccio
e Guido Catasta) un pregevole catasto regionale
con lutilizzo di cartografia, foto da terra e rilievi di
terreno del 1991; vi figurano 334 apparati per una
superficie di 119,4 km2. Dati pi recenti (19982001) del Servizio Glaciologico Lombardo indicano
una superficie complessiva di 110 km2.
I confronti fra i vari catasti non sono agevoli a
causa delle diverse metodologie utilizzate. Si
constata comunque che dalla met del XX secolo il
glacialismo lombardo avrebbe subito una riduzione
areale di circa il 6%. Lincremento nel numero
degli apparati fra il 1961 e il 1981, cos come
lincremento di superficie del catasto 1992 rispetto
a quelli precedenti, pu essere attribuito sia ad una
maggiore precisione nellindividuazione dei singoli
ghiacciai, sia (almeno per il confronto 1961-1981)
ad un reale incremento del glacialismo ( la piccola
fase di espansione che ha caratterizzato i ghiacciai
alpini fra il 1965 e il 1985).

Per effettuare confronti attendibili sono quindi


stati utilizzati solo i dati dei ghiacciai presenti
contemporaneamente in tutte e tre le serie, che
sono risultati 249. Dal confronto sono stati esclusi i
ghiacciai presenti nel catasto 1992 ma estinti o non
ritrovati nel 1999 e/o nel 2003 (a causa ad esempio
della copertura nevosa) e quelli presenti nel catasto
del 1999 e/o in quello del 2003, ma non in quello
precedente (ad esempio a causa del frazionamento
di un ghiacciaio in pi parti). Il confronto apparso
in ogni caso significativo se si tiene conto che per
quanto riguarda ad esempio il 2003 i 249 ghiacciai
utilizzati coprono il 98% dellintera superficie
glaciale individuata sulle ortofoto.
Suddividendo i 249 ghiacciai in 7 classi dimensionali
omogenee, evidente laumento del numero
di ghiacciai della classe dimensionale inferiore,
sottolineando la riduzione dimensionale del
glacialismo lombardo (Fig. sotto).

Le variazioni recenti del glacialismo lombardo


Per ottenere informazioni pi precise sullevoluzione
in corso dei ghiacciai lombardi, nellambito di
un progetto di ricerca sostenuto dalla Regione
Lombardia si proceduto alla realizzazione di due
nuovi inventari che hanno utilizzato elaborazioni
di ortofoto e supportate da rilievi di terreno con
tecnica GPS differenziale (DGPS) in modalit faststatica rispetto a basi master locali.
I dati geometrici di base (aree-lunghezzelarghezze) sono stati rilevati per il primo nuovo
inventario da ortofoto in bianco e nero (AIMA 1997)
e a colori (Terra Italy 89-99) e per il secondo nuovo
inventario da ortofoto a colori (Terra Italy 2003).
I nuovi dati sono poi stati confrontati con quelli del
catasto 1992. Le ortofoto impiegate per la ricerca
hanno costituito il livello di riferimento di un
Sistema Geografico Informativo (GIS) allestito per
delimitare manualmente i limiti glaciali ed archiviare
in un database relazionale i caratteri morfometrici
rilevati (area, perimetro, lunghezza, larghezza e
dislivello altimetrico degli apparati). Le ortofoto
utilizzate sono prodotti commerciali restituiti dalla
Compagnia Generale Riprese Aeree CGR- con
risoluzione planimetrica di un pixel avente lato di
1 m per le immagini 1999 e 0,5 m per le immagini
2003. Laccuratezza delle immagini garantita dal
produttore pari a 2 m per le immagini 1999
e 1 m per quelle 2003. Lintegrazione tra
dati telerilevati (da ortofoto) e dati di terreno (da
rilievi DGPS) si resa necessaria per ottimizzare
le informazioni morfometriche relative al 1999;

diversamente le ortofoto 2003 sono risultate di


eccezionale qualit e nitidezza grazie anche alle
particolari condizioni meteorologiche dominanti
lestate 2003 (quasi totale assenza di neve anche nei
settori superiori degli apparati glaciali) e non hanno
richiesto verifiche di terreno dei limiti glaciali.

Le variazioni areali
I ghiacciai lombardi sono risultati 340 nel 1999
e 348 nel 2003, con un lieve aumento numerico
rispetto al 1991 dovuto a diverse cause fra le quali
la frammentazione di ghiacciai preesistenti.

Evoluzione dei ghiacciai lombardi


per classe dimensionale

Utilizzando sempre le tre serie di dati riguardanti


lo stesso campione di ghiacciai si osserva che la
superficie complessiva che assommava a 117,4
km2 nel 1991 si ridotta a 104,7 km2 nel 1999
e a 92,4 km2 nel 2003. La contrazione areale per
lintero periodo stata quindi di 25 km2 (-21%),
ma avvenuta con ritmi diversi; infatti fra il 1991
e il 1999 si registrata una riduzione di 12,7 km2
(1,6 km2 per anno), mentre dal 1999 al 2003 il
glacialismo lombardo si ridotto di altri 12,3 km2,
quasi raddoppiando il tasso di regresso annuale (3,1
km2 per anno).
Le variazioni areali, pur interessando i ghiacciai
di tutte le dimensioni, sono state particolarmente
evidenti e intense per i ghiacciai di minori
dimensioni, in particolare per quelli appartenenti
alla classe 0,1-0,5 km2 .(Fig. 6) Su una perdita
totale di 25 km2 il maggior contributo (-7.2 km2

pari a -29%) alla contrazione, infatti, stato fornito


dai ghiacciai che nel catasto 1992 erano stati
classificati nella classe dimensionale sopra indicata
e che rappresentavano nel 2003 circa l11% della
superficie glacializzata totale.
Se si considerano poi tutti i ghiacciai di superficie
inferiore ad 1 km2 (ovvero i 233 ghiacciai che nel
1991 afferivano alle prime tre classi dimensionali), si
osserva che questi, pur ricoprendo nel 1991 meno
del 30% della superficie glacializzata lombarda,
nel periodo 1991-2003 hanno contribuito ad oltre
il 50% delle perdite areali regionali. I ghiacciai
di dimensioni maggiori, invece, ovvero gli
apparati di area superiore ai 5 km2, che nel 1991
rappresentavano oltre il 50% della superficie glaciale
regionale, hanno contribuito alla riduzione glaciale
lombarda per meno del 20%.

Evoluzione
dellestensione dei
ghiacciai per classe
dimensionale

Si confrontino a questo proposito le variazioni areali


presentate nella Tab. 1, che sono state calcolate
confrontando le aree dei ghiacciai di ciascuna classe
dimensionale con quella degli stessi ghiacciai in
periodi successivi (ovvero, allo scopo di calcolare le
variazioni di superficie si sono tenute fisse le classi
dimensionali del 1991 per evitare errori quali falsi

aumenti areali delle classi inferiori conseguenti


allaumento numerico degli apparati glaciali a queste
afferenti). In questo modo le variazioni di superficie
calcolate non sono affette dalle conseguenze dello
slittamento dei ghiacciai dalle classi maggiori a
quelle inferiori.

TABELLA. 1 - Estensione areale e variazioni dei ghiacciai lombardi per classe dimensionale.

Classe

Dimensionale

(km2)

<0.1
0.1-0.5
0.5-1
1-2
2-5
5-10
>10
totale

Area
(km2)

1991

Area
(km2)

Area
(km2)

Area
(km2)

Area
(km2)

Area
%

Area
%

1999

2003

5.3
17.6
11.7
11.2
19.0
21.6
31.0
117.4

4.1
13.1
10.0
10.0
16.9
20.9
29.7
104.7

3.2
10.4
7.9
8.7
14.3
19.6
28.3
92.4

19912003
- 2.1
- 7.2
- 3.8
- 2.5
- 4.7
- 2.0
- 2.7
- 25.0

19992003
- 0.9
- 2.7
- 2.1
- 1.3
- 2.6
- 1.3
- 1.4
- 12.3

19912003
- 8.3
- 28.9
- 15.3
- 9.8
- 18.9
- 7.9
- 10.8
- 100.0

19992003
- 7.2
- 22.2
- 17.3
- 10.2
- 21.3
- 10.3
- 11.5
- 100.0

A titolo di esempio nella Tab. 2 si riportano le variazioni areali di alcuni dei maggiori ghiacciai lombardi
partendo dai dati del World Glacier Inventory del 1981.
TABELLA 2: aree dei maggiori ghiacciai lombardi negli ultimi 20 anni. I valori areali sono espressi in km2.

Ghiacciaio
Adamello
Forni
Scerscen Sup.
Fellaria W
Fellaria Est
Doseg

Area (km2)
1981
18,8
13,2
5,3
5,1
5,0
3,4

Area (km2)
1991
18,1
12,9
5,5
5,0
5,2
2,7

Attraverso le analisi delle ortofoto si sono valutate


anche le variazioni di estensione altitudinale
dei ghiacciai lombardi attraverso il confronto
delle quote minime (frontali) e massime (limite
superiore del bacino glaciale) dei 249 ghiacciai
considerati. E risultato che la media delle quote
minime aumentata da 2690 m nel 1991 a 2745
m nel 2003, mentre la media delle quote massime
diminuita dai 3043 m nel 1991 ai 2985 m del
2003. Si quindi messa in evidenza, ad ulteriore
dimostrazione dellintensa fase di regresso dei
ghiacciai lombardi, non solo linnalzamento delle
quote frontali, che il primo sintomo di una rottura
dellequilibrio del sistema glaciale con levoluzione
climatica, ma anche labbassamento dei settori
superiori, fenomeno che indica una fase avanzata

Area (km2)
1999
17,4
12.7
5.4
4.8
5.0
2.3

Area (km2)
2003
16,7
12,0
5,0
4,7
4,9
2,2

di crisi glaciale.
Come si gi sottolineato, la fase di degradazione
del glacialismo lombardo si sta acuendo, come
evidenziato anche dalla Tab. 3, dove sono indicate
le variazioni areali medie annue per tutte la classi
dimensionali. Come si pu constatare, i ghiacciai di
tutte le classi dimensionali mostrano un incremento
della riduzione areale media annua dal primo
periodo al secondo. Lunica eccezione sembra quella
della classe minore che mostra riduzioni uguali, ma
in realt se non si arrotonda ad un solo decimale si
passa da una media annua di -0,15 km2 a -0,23
km2.

TABELLA 3 - Variazioni areali medie annue (valori in km2/anno) negli intervalli di tempo considerato
(1991-1999, 1999-2003, 1992-2003).

Classe
dimensionale
(km2)
<0.1
0.1-0.5
0.5-1
1-2
2-5
5-10
>10
totale

INTERVALLO TEMPORALE

1991-1999
- 0.2
- 0.6
- 0.2
- 0.2
- 0.3
- 0.1
- 0.2
- 1.6

1999-2003
- 0.2
- 0.7
- 0.5
- 0.3
- 0.6
- 0.3
- 0.4
- 3.1

1991-2003
- 0.2
- 0.7
- 0.3
- 0.2
- 0.4
- 0.2
- 0.2
- 2.3

Le variazioni volumetriche
I soli dati areali e le loro variazioni non rendono
compiutamente lidea dellimportanza del glacialismo
lombardo come risorsa idrica e dellintensit della
degradazione in atto. Si quindi proceduto ad una
valutazione di spessori e volumi nei tre intervalli
di tempo, parametri questi molto meno semplici da
valutare rispetto a quelli areali. Per il calcolo degli
spessori e dei relativi volumi si pu procedere con
metodi di prospezione indiretta come quella
geofisica (sondaggi sismici, elettrici, o radar che si
basano sulla diversa velocit di propagazione nel
ghiaccio e nella roccia rispettivamente di vibrazioni
o impulsi sonori, elettrici, elettromagnetici) su
apparati campione, tecniche che sono state utilizzate
su alcuni ghiacciai come quelli dei Forni (sulla lingua
di confluenza stato trovato uno spessore massimo,
appena a valle della seraccata centrale, di circa 90
m), dellAdamello, della Sforzellina (spessore medio
30 m), del Dosd Orientale (spessore medio 40 m,
spessore massimo poco pi di 60 m).
La prospezione geofisica non pu, per motivi
logistici ed economici, venire applicata a scala
regionale, ma pu venire utilmente impiegata per
calibrare le valutazioni di spessore e volume glaciale
ottenute attraverso lapplicazione di metodi analitici
che si basano sulle relazioni non lineari esistenti
tra alcuni parametri morfometrici glaciali (come
il dislivello altimetrico, ovvero la differenza tra la
quota minima e la quota massima di un apparato)
e la componente parallela al pendio dello sforzo
conseguente alla massa glaciale stessa, ovvero
lo sforzo di taglio basale (indicato in fisica con la
lettera greca ). Pi precisamente gli spessori medi
glaciali possono venire stimati sulla base degli sforzi
di taglio basale () calcolati in modo non lineare
a partire dai dislivelli altimetrici degli apparati
seguendo il metodo proposto da alcuni ricercatori
svizzeri (Haeberli & Holzle, 1995). Conoscendo
quindi possibile stimare lo spessore medio glaciale,
infatti per un ghiacciaio medio cos definita:
= g h sen

con pari alla densit del ghiaccio (917 kg/m3), g


accelerazione di gravit, h spessore della colonna
di ghiaccio e sen seno dellinclinazione media del
letto glaciale.
Ottenuto lo spessore medio glaciale questo pu
venire esteso allarea dellapparato misurata nei
diversi periodi permettendo di stimare i volumi e le
loro variazioni.
Il confronto fra i dati di spessore medio stimati
attraverso il metodo analitico e quelli ricavati dai
metodi di terreno indiretti (elettrici, sismici e radar)
ha evidenziato un buon accordo ed ha quindi
suggerito di estendere lapplicazione del metodo
analitico allintero campione lombardo, almeno per
quanto riguarda i ghiacciai di area superiore a 0,1
km2.
La variazione media di spessore dei ghiacciai
lombardi nel periodo 1991-2003 (calcolata
rispetto alla superficie reale ricoperta nel 1991
dai 116 ghiacciai considerati, pari a 112.1 km2)
risultata di circa - 6.84 m pari ad un valore medio
annuo di -0.57 m. Nel periodo 1991-1999 la
variazione di spessore glaciale medio stata di
-3,4 m (pari a - 0.43 m/anno), mentre tra il 1999
ed il 2003 lo spessore di ghiaccio perso in media
dai ghiacciai lombardi (riferito alla copertura areale
1999 dei ghiacciai con area maggiore di 0.1 km2,
pari a 100.6 km2), risultato di circa -3,9 m pari ad
un valore medio di - 0.98 m/ anno. Questi dati, che
confermano unaccelerazione della contrazione
dei ghiacciai lombardi, risultano molto simili ai
valori medi annui di variazione dello spessore dei
ghiacciai alpini (italiani e non) raccolti nei data base
internazionali a cura del World Glacier Monitoring
Service di Zurigo (IAHS (ICSI) - UNEP UNESCO,
1988-2005).
Per quanto riguarda i volumi, utilizzando i dati
di spessore e di superficie, si arrivati alla
quantificazione di un volume totale di ghiaccio per
lintero campione considerato di 5.15 km3 nel 1991
(corrispondenti ad una riserva idrica di 4.72 km3),
di 4.72 km3 nel 1999 (riserva idrica di 4.33 km3)

11

e di 4.26 km3 nel 2003 (riserva idrica di 3.91 km3).


Per avere un termine di paragone si pu ricordare
che lafflusso meteorico medio annuo sulla Regione
viene valutato in circa 27 km3 (dati ARPA Lombardia).
Tra il 1991 ed il 1999 il glacialismo lombardo ha
dunque subito una riduzione volumetrica di circa
0.379 km3 di ghiaccio, nel periodo successivo (1999
-2003) la quantit di ghiaccio persa aumentata
ed ha raggiunto 0.388 km3, portando la perdita
complessiva sullintero periodo a 0.766 km3 di
ghiaccio, pari ad un volume di acqua di circa 0.697
km3. Un simile valore confrontabile con il volume
di acqua contenuto in circa 7 grandi invasi artificiali

presenti sul territorio lombardo per la produzione


di energia idroelettrica (ricordiamo a titolo di
esempio che il bacino di S. Giacomo in alta Valtellina
raggiunge un volume di 64 milioni di m3 dacqua,
mentre quello di Cancano, uno delle pi grandi
della Lombardia, racchiude oltre 120 milioni di m3
di acqua). La perdita media volumetrica stata
stimata pari a circa - 0.05 km3/anno di ghiaccio
nel periodo 1991-1999, aumentata raggiungendo
i - 0.10 km3/anno nellintervallo 1999-2003 ed
in media risultata pari a - 0.07 km3/anno tra il
1991 ed il 2003.

Il monitoraggio dei ghiacciai con tecniche ditelerilevamento


Il Settore Sistemi Informativi Ambientali di ARPA
Lombardia ha sviluppato metodologie operative
di monitoraggio dei ghiacciai con lutilizzo di
immagini satellitari stereoscopiche IKONOS.
Le principali applicazioni di questo tipo di attivit
sono la valutazione degli impatti a scala locale
del cambiamento climatico sui ghiacciai lombardi,
e la stima del contributo della fusione glaciale
al ciclo idrologico, con un approccio parallelo e
complementare rispetto alle tradizionali metodologie
di analisi glaciologica di campo.
Le immagini satellitari IKONOS hanno permesso,
grazie allelevata risoluzione geometrica, unaccurata
valutazione delle variazioni planimetriche dei corpi
glaciali investigati. Inoltre, sfruttando le riprese
stereoscopiche, e quindi la possibilit di ricostruire
i modelli digitali del terreno, possibile valutare
le variazioni di spessore e stimare le variazioni
volumetriche, sia tramite confronto con cartografia
storica che con riprese satellitari ripetute.
Le aree investigate, con riprese estive effettuate nel
2003, 2004, 2006 e 2007, sono state i principali
comprensori glaciali glaciali lombardi, raggiungendo
la copertura di circa il 70% dellestensione dei

ghiacciai regionali. I principali ghiacciai analizzati


sono situati in alta Valtellina (in particolare il
ghiacciaio dei Forni, il comprensorio del M. Confinale
e del M. Sobretta), sul gruppo del Bernina (es., i
ghiacciai Scerscen Sup. e Inf., Fellaria Est e Ovest) e
sul gruppo dellAdamello (es. i ghiacciai AdamelloMandrone, Venerocolo, Pisgana Est e Ovest).
Dai casi in cui le analisi sono state ripetute su pi
annualit, emerge che i trend stimati di perdita di
spessore e di conseguenza di volume mostrano una
decisa accelerazione negli anni recenti.

lombarda glacializzata.
I dati delle stazioni di Bormio e dei Forni (temperatura
dellaria e precipitazioni liquide o equivalenti)
sono rilevati a cadenza oraria e registrati nel
database generale di ARPA Lombardia; i dati di
Avio Diga (temperatura dellaria, precipitazioni
liquide, spessore della neve al suolo) sono rilevati
giornalmente e registrati a cura di Enel che gestisce
i vicini impianti idroelettrici.
Per quanto riguarda le temperature medie
annue, se per Bormio si prende in considerazione
lintervallo temporale 1966-2006 si ottiene un
valore sullintero periodo di +7.5 C. Limitando
lelaborazione al periodo 1992-2003, la temperatura
media pari a +8C, evidenziando pertanto un
aumento di circa 0.5C rispetto alla temperatura
media del quarantennio. Ad Avio Diga il valore
termico medio nel periodo 1966-2006 risulta pari
a +4.2 C; se si considera lintervallo 1992-2003, la
media annua risulta di +4.6C, portando a valutare
lincremento medio in circa 0.4C.

Se si riduce il periodo di analisi allintervello 19921998 la temperatura media annua a Diga Avio
risulta di 4.3C, suggerendo un incremento di 0.1 C
rispetto al quarantennio di riferimento; se invece si
prende in esame il periodo 1999-2003, i dati medi di
Avio (+5.0 C) permettono di quantificare laumento
di temperatura in circa 0.8C. Questultimo elevato
valore in accordo con quanto ritrovato da altri
autori analizzando le variazioni termiche alpine
degli ultimi anni che risultano molto amplificate
rispetto alle aree collinari o di pianura.
Prendendo in esame la stazione Forni nel periodo
1988-2005, i risultati sono lievemente diversi; non
emerge, infatti, un chiaro segnale dai dati annui
che sembrano abbastanza stabili e senza alcuna
tendenza evidente; sono invece i dati medi estivi
(Giugno-Agosto) a fornire le informazioni pi
interessanti, evidenziando un incremento di 0.2C
nel periodo 1992-2003 rispetto al 1988-2005 ed
un aumento di 0.6C nellintervallo 1999-2003.

La metodologia sviluppata complementare e


integrata con le tecniche tradizionali di campo
(misure frontali, bilanci di massa, bilanci energetici)
ed i due approcci potranno coesistere in unottica
di monitoraggio integrato e multi-scala dei corpi
glaciali.

Per una trattazione pi esaustiva dei risultati su


tutti i comprensori glaciali investigati, si rimanda
allarticolo disponibile nel CD allegato.

Ghiacciai e clima
Se, come sottolineato pi sopra, i ghiacciai
sopravvivono finch persiste il delicato equilibrio
fra fusione nivo glaciale ed accumulo nevoso,
i dati delle stazioni meteorologiche dovrebbero
evidenziare una recente variazione dei fenomeni
meteoclimatici che modulano distribuzione ed entit
di questi due parametri. Considerando, seppur
in modo semplicistico, come forzanti climatiche
principali le temperature e le precipitazioni, si

sono elaborati i dati rilevati presso alcune stazioni


meteorologiche lombarde, calcolando le anomalie o
scarti rispetto ad un periodo di riferimento. Si tratta
delle stazioni di Bormio (1225 m) e dei Forni (2180
m), in alta Valtellina (Gruppo dellOrtles-Cevedale),
e di quella di Diga Avio (1860 m), nel Gruppo
dellAdamello, che per distribuzione e altimetria
possono venire considerate ben rappresentative
delle condizioni meteoclimatiche dellalta montagna

Anomalie termiche annue


(in C) calcolate per le
stazioni di Bormio (1225
m) e di Diga Avio (1860
m) rispetto alla media del
periodo 1966-2006. Le
due rette rappresentano
le interpolanti lineari alle
due serie di dati

13

Le rette interpolanti le anomalie termiche calcolate


per Bormio e per Diga Avio rispetto al valore medio
del periodo 1966-2006 indicano una comune
tendenza allaumento che avviene a partire dagli
anni 80 del secolo scorso, nonostante le differenze
puntuali che riflettono le diverse condizioni stazionali
(quota, esposizione, localizzazione geografica,
ecc.). Questo periodo caldo, sincrono con quanto
avvenuto anche a scala emisferica e globale, presenta
maggior intensit a Diga Avio dove laumento supera
gli 0.8C nel periodo 1999-2003, valore pari a circa
tre volte lintensit delle variazioni termiche globali.
Risultati simili sono riportati da diversi autori che
hanno analizzato dati termici rilevati presso stazioni
alpine e/o montane (Beniston, 2006).
Per quanto concerne le precipitazioni, i dati
pi importanti sono sicuramente quelli delle

precipitazioni solide che costituiscono la principale


fonte di alimentazione dei ghiacciai alpini. I dati della
stazione di Bormio e dei Forni si riferiscono ai valori
in acqua equivalenti e permettono di quantificare un
decremento medio dal 1988 ad oggi di circa il
10%.
I dati raccolti alla stazione Diga Avio sono invece
riferiti agli spessori nivali misurati quotidianamente
dal 1966 al 2006. Lanalisi delle anomalie annue
(calcolate rispetto alla media 1966-2006) dello
spessore nivale riportato in equivalenti in acqua
(m water equivalent o w.e.) evidenzia un netto
decremento (circa 11.4%) nel periodo 1999-2003
rispetto alle media 1966-2006. Se si considera
lintervallo temporale 1999-2006, il decremento
pi intenso e pari a 16%.

nellarea alpina si verificano quindi precipitazioni di


minore intensit rispetto alla media con temperature
invernali superiori ai valori medi stagionali.
Linfluenza sullaccumulo nevoso della variabilit
della NAO pu essere apprezzata se si confrontano
le anomalie dei dati di spessore nivale di Avio Diga

nel periodo 1966-2006 con i valori dellindice NAO


calcolati sempre nellintervallo 1966-2006 per i mesi
dellanno invernali-primaverili (Gennaio-Marzo); si
osserva infatti che a valori positivi dellindice NAO
corrispondono anomalie negative dello spessore
nivale e viceversa.

Anomalie annue (in m w.e.) dello spessore nevoso calcolate per la stazione di Diga Avio (1860 m) rispetto alla
media del periodo 1966-2006 a confronto con lindice NAO dei mesi di Gennaio-Marzo

Un paesaggio che cambia


Anomalie annue (in m w.e.) dello spessore nevoso calcolate per la stazione di Diga Avio (1860 m) rispetto alla
media del periodo 1966-2006. La retta rappresenta l interpolante lineare

Questa riduzione potrebbe essere attribuita


alle variazioni dellintensit della circolazione
atmosferica generale sullarea Nord Atlantica,
in
particolare
alla
variabilit
interannuale
dellOscillazione Nord Atlantica (NAO, North Atlantic
Oscillation), che secondo alcuni studiosi potrebbe
giustificare la maggior parte delle oscillazioni
climatiche dellAmerica Settentrionale e dellEuropa
Centrale ed Occidentale. Durante lultimo decennio

del XX secolo si sono spesso registrati valori


positivi dellindice barico tra Islanda ed Azzorre,
indice che appunto indicato come Oscillazione
Nord Atlantica o NAO. Negli anni nei quali si registra
un valore dellindice NAO elevato, cio un sensibile
scarto barico fra lanticlone delle Azzorre e il ciclone
dellIslanda, le perturbazioni invernali provenienti
dallAtlantico cariche di umidit tendono solamente
a sfiorare le Alpi e a dirigersi pi a nord-est;

Il confronto dei dati geometrici dei ghiacciai lombardi


fra il 1991 e il 2003 indica in sintesi una notevole
riduzione areale di circa 25 km2 (da 117.4 km2 nel
1992 a 92.4 km2 nel 2003, -21%). E un fenomeno
che mostra tuttavia unaccelerazione negli anni pi
recenti; tra il 1991 ed il 1999 sono infatti andati
persi 1.6 km2/anno, mentre negli ultimi 4 anni il
glacialismo lombardo si ridotto di 3,1 km2/ anno
(i valori sono calcolati tralasciando i ghiacciai minori
di 10 ettari).
Il maggior contributo (-7.2 km2, pari a -29%) alla
contrazione stato fornito dai ghiacciai che nel 1991
erano stati classificati nella classe dimensionale 0.10.5 km2.

Per quanto riguarda spessori e volumi, la variazione


media di spessore stimata per il periodo 19912003 risultata di -6.84 m (-0,57 m/anno), anche
in questo caso con unaccelerazione; fra il 1991 e il
1999 la riduzione di spessore glaciale media annua
stata infatti di -0.43 m, salita fra il 1999 ed il
2003 a 0.98 m/ anno. Lo stesso si pu dire per le
perdite volumetriche totali, risultanti di 0.766 km3
di ghiaccio, pari ad un volume di acqua di circa
0.697 km3 (-0.05 km3/anno tra il 1991 ed il 1999 e
-0.10 km3/anno fra il 1999 e il 2003).
A fronte di questa intensa riduzione segnata
da unaccelerazione negli anni pi recenti, si
sono misurati incrementi della temperatura media

15

annua fra il 1991 e il 2003 compresi fra 0.4C e


0.5 C, che fra il 1999 e il 2003 salgono a 0.8C;
contemporaneamente si registra un decremento
medio delle precipitazioni di circa il 10% con un
decremento dello spessore nivale (circa -11.4%)
nel periodo 1999-2003 rispetto alle media 19662006.
I dati sopra presentati, nella loro freddezza
statistica, non danno tuttavia unidea se non molto
indiretta delle rapide e intense trasformazioni del
paesaggio glaciale dellalta montagna lombarda,
dove negli anni pi recenti a partire dal 2003 ogni
estate ha visto la perdita per fusione di spessori
medi di ghiaccio superiori ai 2 m. Nel 2006, ad
esempio, i bilanci di massa hanno fatto registrare
una riduzione di spessore medio di circa 2 m di
equivalente in acqua, corrispondente ad un volume
complessivo di poco meno di 200 milioni di m3 ( il
caso di ricordare che lafflusso totale estivo 2006 da
giugno a settembre nel bacino dellAdda prelacuale
stato, secondo i dati di ARPA-Lombardia, di circa
920 milioni di m3).
Il quadro di intensa deglaciazione assume i suoi
connotati pi drammatici quando si percorrono
le zone pi elevate delle montagne lombarde e si
assiste ad una serie di rapidissime trasformazioni
morfologiche. Dove fino a pochi anni fa si
estendevano le fronti e le lingue dei ghiacciai,
oggi si trovano ammassi di detriti grossolani e fini
rimaneggiati in modo selvaggio dalle acque di
fusione. Le superfici glaciali che ancora negli anni
80 apparivano anche a fine stagione in gran parte
ricoperte di neve residua e quindi con un limite
delle nevi piuttosto basso, oggi si presentano quasi
totalmente prive di alimentazione, con un limite
delle nevi molto elevato o addirittura inesistente,
come avvenuto per tutti i ghiacciai lombardi
durante lestate 2003, con la superficie solcata da
torrenti superficiali.

-emersione di finestre rocciose in rapido


ampliamento che interrompono la continuit delle
colate glaciali e ne predispongono la frammentazione
in pi apparati distinti (ad esempio sul Porola e sullo
Scais nelle Orobie, sul Pisgana Ovest, sullAvio Est e
sul Pian di Neve in Adamello, sui Forni, sullo Scalino,
sullo Scerscen Inferiore, sul Pizzo Ferr, sul Sissone,
sul Caspoggio);
- frammentazione di interi corpi glaciali, che talora
generano lingue separate (ad esempio il Fellaria Est
sul Bernina e il Sivigia Nord-Est nel settore CoderaMasino);

-estinzione o pre-estinzione di numerosi


ghiacciai di piccole dimensioni (ad esempio il
Sasso Torto nel settore Dosd-Piazzi, il Gemelli, il
Pizzo del Ferro Ovest e il Passo di Bondo Inferiore
nel settore Codera-Masino, il Pizzo Zembrasca nel
Livignasco, il Monte Torena nelle Orobie, il Cima del
Duca sul Monte Disgrazia).
E uno scenario che richiama un collasso della
criosfera piuttosto che una risposta dinamica ai
cambiamenti climatici, una situazione che rende

quindi improbabile che lattuale tendenza possa


concludersi o invertirsi in un prossimo futuro.

Effetti della deglaciazione sul settore destro idrografico della lingua del Ghiacciaio dei Forni (alta Valtellina,
Lombardia): si osservano il crollo di un settore del ghiacciaio a seguito dellazione erosiva termica e meccanica
operata dal torrente subglaciale, lemersione di finestre rocciose, fenomeni di flussi detritici presso la morena
laterale che ne rivelano il nucleo centrale in ghiaccio di ghiacciaio anchesso sottoposto ad intensa fusione.

Fra le principali variazioni morfologiche si


osservano:
-aumenti della copertura detritica superficiale,
anche a causa di grandi frane (questo fenomeno
riguarda praticamente tutti i ghiacciai lombardi, ad
esempio il Porola e il Marovin nelle Orobie, il Gavia,
la Sforzellina e lo Zebr nel Cevedale, il Bompi in
Adamello, il Campo Nord nel Livignasco, i Cassandra
Ovest e Centrale nel gruppo del Monte Disgrazia, il
Venerocolo, sempre in Adamello, che il maggiore
ghiacciaio lombardo tipo debris covered, con la
lingua cio completamente ricoperta di detrito);
-formazione presso le fronti di laghi di contatto
glaciale, spesso effimeri (solo per citarne alcuni fra i
numerosissimi, al Ghiacciaio dei Forni nel gruppo del
Cevedale, al Pisgana Ovest sullAdamello, al Fellaria
Ovest e al Fellaria Est sul Bernina, al Ponciagna nel
settore Spluga-Lei);

17

Ghiacciaio Fellaria Est (Gruppo Bernina). la foto


testimonia la frammentazione della lingua glaciale
avvenuta nellestate

E interessante a questo punto riportare quanto


scritto recentemente dai colleghi svizzeri coordinati
da Wilfried Haeberli, noto scienziato esperto nello
studio dei ghiacciai alpini: Dopo un modesto e
temporaneo incremento a partire dagli anni 60, dopo
linizio degli anni 80 i bilanci di massa glaciale sono
diventati fortemente negativi. Molte lingue glaciali
hanno cominciato a rispondere a questo segnale, ma
sono ancora ben lontane dallaver raggiunto una fase
di equilibrio. Oggi le lingue dei ghiacciai di medie
dimensioni riflettono ancora le condizioni climatiche
della fine del secolo scorso. Nello stesso tempo la
perdita media di volume dei ghiacciai alpini cresciuta
del 2-3% ogni anno. Per un completo adeguamento
alle condizioni climatiche degli anni successivi al
2000, molte lingue e fronti glaciali dovrebbero
arretrare ulteriormente per un chilometro o pi ed
chiaro che se si ripetesse la situazione dellestate
2003, molti ghiacciai sparirebbero completamente.
La riduzione di spessore divenuta cos veloce
che la maggior parte dei ghiacciai ha cominciato a
modificare la propria evoluzione, passando da un
regresso attivo per rimettersi gradualmente in
equilibrio con le condizioni climatiche ad un vero e
proprio collasso.
Sono parole che sembrano riecheggiare quanto scritto
da Antonio Stoppani nel Bel Paese, edizione 1876:
Il regresso continua; continuano inesorabilmente
limpicciolimento e la scomparsa totale o parziale
delle nevi persistenti, delle vedrette e dei ghiacciai.
Allocchio di chi li ha visti appunto circa 40 anni fa,
quando i ghiacciai erano nella massima piena, uno
spettacolo di desolazione: lo spettacolo che pu
presentare un campo dopo la grandine, una citt
dopo un terremoto, o per trovare una similitudine
pi a proposito, un corpo, gi florido e ben nutrito,
poi ridotto pelle e ossa dalla tisi.
Ma Stoppani dipingeva un paesaggio che riguardava
la prima grande fase di regresso seguita alla Piccola
Et Glaciale, quando i ghiacciai lombardi nei primi
decenni del XIX secolo avevano raggiunto la loro
massima espansione storica. Espansione che nel
1825 faceva scrivere alla guida di Chamonix JosephMarie Couttet: Questanno fortunatamente i ghiacciai
non hanno raggiunto i nostri pascoli. Temevamo che
avrebbero distrutto le nostre case come accadde 100
anni fa I ghiacciai avanzano e si ritirano senza che
si riesca a capire il perch. Forse fra 200 anni questi
ghiacciai saranno completamente spariti dalle nostre
montagne: chiss!.
Oggi veniamo da un secolo e mezzo di regresso e le
condizioni dei nostri ghiacciai sono ben pi misere
rispetto a quanto descritto da Stoppani. Che JosephMarie Couttet sia stato un buon profeta sta ormai
divenendo ben pi che unipotesi

19

I sentieri glaciologici della Lombardia

I sentieri glaciologici
della Lombardia

I sentieri glaciologici sono nati verso la fine degli anni 90


del XX secolo in Lombardia e costituiscono una variante
tipologica dei pi noti e diffusi sentieri naturalistici che
guidano allosservazione diretta e alla conoscenza di
vari aspetti del mondo naturale abiologico e biologico.
Pur rientrando in un unico quadro generale di turismo
culturale, i sentieri glaciologici, a differenza di quelli
naturalistici, si sviluppano in un ambiente di alta montagna
con lobiettivo di fare partecipe lescursionista delle varie
forme del paesaggio glaciale e periglaciale e di favorire una
fruizione turistica di limitato impatto ambientale, anche
perch utilizzano in massima parte sentieri o tracce di
sentiero preesistenti.
Il primo sentiero glaciologico stato realizzato nel 1992
in alta Valmalenco ad opera del Servizio Glaciologico
Lombardo ed stato denominato Sentiero Glaciologico
Vittorio Sella al Ghiacciaio del Ventina. Dedicato a
Vittorio Sella, il grande fotografo dellalta montagna che
pi volte ritrasse il Ghiacciaio del Ventina, un itinerario
che si dirama dal rifugio Gerli-Porro a monte di Chiareggio
e che porta a conoscere il paesaggio glaciale della Valle
Ventina, dove il ghiacciaio omonimo ha lasciato alcune
delle pi belle tracce delle sue fasi di regresso e di avanzata
osservabili sulle Alpi Lombarde, in particolare le imponenti
morene laterali della Piccola Et Glaciale (circa 15501850). Osservabili sono anche i vari segnali utilizzati dai
glaciologici dallinizio del 900 ad oggi per misurare le
variazioni della lingua glaciale.
Adatto al normale escursionista, il sentiero percorre la Valle
Ventina, raggiunge la fronte del ghiacciaio e scende sul lato
opposto in poco meno di 2 ore.
Nel 1995 ad opera del Comitato Glaciologico Italiano
stato realizzato in alta Valfurva il Sentiero Glaciologico
del Centenario al Ghiacciaio dei Forni. La denominazione
deriva dal fatto che in quellanno si celebrava un secolo
di osservazioni glaciologiche in Italia, iniziate nel 1895
proprio sul Ghiacciaio dei Forni. Fra gli itinerari lombardi
sicuramente il pi spettacolare e il pi impegnativo
e deve essere affrontato nella sua versione integrale da
escursionisti esperti, equipaggiati con attrezzatura da
ghiacciaio ed eventualmente accompagnati da una guida
alpina. Litinerario, partendo dal rifugio dei Forni, pu
essere iniziato sul versante destro o su quello sinistro della
valle e comporta lattraversamento del Ghiacciaio dei Forni
a circa 2800 m di quota, che deve essere ovviamente evitato
nel caso di tempo instabile o di copertura di neve recente.
Punto di appoggio lungo il percorso il Rifugio Branca.
Litinerario in circa 6 ore permette di osservare un ambiente
glaciale di enorme fascino e interesse paesaggistico, dalle

morene pi antiche di 12.000 anni fa fino alle morfologie


effimere che si formano sulla superficie del ghiacciaio.
Recentemente sono state segnalate varianti (Sentiero
Glaciologico Basso) che evitano lattraversamento del
ghiacciaio.

e in ogni caso suggeriscono una riflessione sul delicato


equilibrio sul quale si basa lambiente naturale e sulla
facilit con cui questo equilibrio pu essere modificato
anche ad opera delle attivit umane.

Sempre il Servizio Glaciologico Lombardo ha realizzato


successivamente il Sentiero Glaciologico Luigi
Marson al Ghiacciaio di Fellaria. Si localizza sempre
in Valmalenco nel gruppo del Bernina ed dedicato a
Luigi Marson, primo studioso del Ghiacciaio di Fellaria
e di numerosi altri ghiacciai delle Alpi Lombarde.
Litinerario, partendo dal rifugio Bignami, diviso in due
varianti, entrambe adatte a normali escursionisti, ed
oltre ad interessi strettamente glaciologici suggerisce
una lettura del paesaggio anche dal punto di vista
geomorfologico e botanico. La prima variante porta
ad un punto panoramico che consente losservazione
generale del Ghiaccio di Fellaria Occidentale e permette
di osservare le tracce dellintenso regresso a partire
dalla Piccola Et Glaciale e soprattutto dellaccelerazione
di questo regresso negli ultimi ventanni. La seconda
variante porta al pianoro antistante la fronte attuale,
passando attraverso le testimonianze morfologiche
delle varie fasi antiche e recenti del regresso (ma anche
della piccola espansione 1970-1985).
Un quarto Sentiero Glaciologico stato realizzato
sempre in alta Valfurva in Valle Cedech. Partendo dal
rifugio dei Forni si percorre la valle dapprima su un
versante, poi sullaltro, avendo come base di appoggio il
rifugio Pizzini. Adatto a normali escursionisti, litinerario
porta a contatto con le varie tappe dellevoluzione della
valle dalle ultime pulsazioni dellultima era glaciale agli
attuali fenomeni di intenso regresso.
Un elemento comune di altissimo interesse scientifico
e didattico dei sentieri glaciologici la possibilit di
osservare le rapide trasformazioni in atto del paesaggio
glaciale, ad esempio la formazione di piccoli laghi
davanti ai ghiacciai con iceberg galleggianti, lapertura
di finestre rocciose sulle loro superfici, la creazione
di caverne di ghiaccio, lo smantellamento di cordoni
morenici, la caduta di frane sulla loro superficie, la
fusione di lenti di ghiaccio sepolto dal detrito con la
formazione di colate di fango e di detrito, la riduzione
della loro lunghezza (misurabile in decine di metri
allanno) e labbassamento del loro spessore che portano
allo scoperto un nuovo paesaggio di rocce e detriti.
Sono fenomeni che talora, come nel caso del Sentiero
dei Forni, costringono a modificare litinerario originale

21

CD Rom

CD-Rom

I libri e gli articoli pubblicati


sui ghiacciai lombardi a partire
dalla fine del XIX secolo sono
naturalmente
numerosissimi.
Nel CD allegato se riporta una
selezione.
I rilievi sui ghiacciai lombardi
sono pubblicati sul Bollettino
del Club Alpino Italiano e sulla
Rivista del Club Alpino Italiano
fino al 1913, poi sul Bollettino del
Comitato Glaciologico Italiano
fino al 1976, successivamente
su Geografia Fisica e Dinamica
Quaternaria e a partire dal 1998
anche su Terra Glacialis, dove
sono pubblicate anche numerose
monografie.

Suggerimenti bibliografici

Suggerimenti biblografici

Finto testo sul cd Finto testo sul


cd Finto testo sul cd Finto testo
sul cd Finto testo sul cd Finto
testo sul cd Finto testo sul cd
Finto testo sul cd Finto testo sul
cd

23

Coordinamento generale:
Regione Lombardia Direzione Generale Territorio
ed Urbanistica
Ing. Mario Nova
Dr. Roberto Laffi
Contributi scientifici:
Universit degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze della
Terra Comitato Glaciologico
Italiano:
Dr. Claudio Smiraglia
Dr.ssa Guglielmina Diolaiuti
Servizio Glaciologico
Lombardo:
Andrea Tamburini
ARPA Lombardia:
Dr. Enrico Zini
Dr. Dario Bellingeri
Coordinamento editoriale:
Regione Lombardia - Direzione
Generale Territorio ed
Urbanistica
Dr.ssa Marina Credali
Dr.ssa Donata Dal Puppo
Dr. Andrea Piccin
Arch. Grazia Aldovini
Dr.ssa Valentina Bacchi
Realizzazione CD:
Gruppo Lombardia Informatica
S.p.A:
Dr. Marco Panebianco
Dr. Stefano Gelmi
Dr.ssa Carmela Marion

M. Butti: Prima di Copertina


A. Desio: Figura 2 b)
G. Diolaiuti: Figura 8
G. Kappenberger: Figura 9
S. Paoletti: Figura 12
V. Sella: Figura 2 a)
R. Scotti: Quarta di copertina
C. Smiraglia: Figura 2 c), d)

crediti

Referenze Fotografiche :

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