Sei sulla pagina 1di 9

LA CRIOSFERA

Con il termine “criosfera” intendiamo l’insieme dei ghiacciai della terra, che ricoprono circa il 10%
della massa terrestre, e il 90% di questi sono concentrati nella regione Antartica.

Possiamo distinguere due tipologie di ghiacciai: continentali e montani.


I ghiacciai delle calotte polari, detti anche continentali o regionali, sono enormi masse glaciali con
spessore decrescente verso la periferia dalle quali si possono formare gli iceberg.
Il ghiacciaio antartico ha la superficie di
ghiacciaio antartico
circa 13 milioni di Km2 ed il suo
spessore supera spesso i 4 chilometri;
talvolta spunta dallo strato di ghiaccio il
substrato continentale che quindi si
presume essere molto accidentato e
irregolare.
La calotta polare antartica è costituita da
due calotte glaciali generatesi
separatamente: la grande calotta
orientale, insediata sul continente
emerso, e quella occidentale, più ridotta, che poggia su un fondo irregolare in cui prevalgono le
depressioni sottomarine. Le fronti delle due calotte si congiungono ai piedi della Catena
Transantartica. I due sistemi glaciali si trovano in condizioni di stabilità differenti: la calotta
orientale, che contiene otto decimi dei ghiacci antartici, è spessa e stabile mentre quella
occidentale, che copre depressioni profonde, è più instabile (e rischia l'estinzione precoce).
L’altro importante ghiacciaio è quello della Groenlandia che ha una superficie di 1.740.000 Km2 e
occupa circa 7/8 dell’intera regione.
La seconda tipologia di ghiacciai sono quelli montani, che presentano un'estensione limitata e si
trovano principalmente sulle catene montuose più alte.
I ghiacciai montani si possono sommariamente distinguere in:

 pireanici: di forma circolare o semicircolare senza una lingua glaciale evidente;

 alpini: formati da un solo bacino collettore (zona di accumulo) e da una sola lingua glaciale;

 himalayani: formati da due o più bacini collettori che danno luogo a lingue glaciali distinte
che confluiscono in una sola lingua generalmente di notevole estensione.

Formazione di un ghiacciaio:

La dinamica di un ghiacciaio è governata essenzialmente dai processi seguenti:


 accumulo di neve e ghiaccio nelle parti più alte del ghiacciaio
 spostamento del ghiaccio verso le parti più basse del ghiacciaio,
 ablazione del ghiaccio e
 deflusso del ghiaccio disciolto o trasporto atmosferico del ghiaccio o dell'acqua dopo
l'evaporazione.
Le variazioni di lunghezza e superficie di un ghiacciaio dipendono da cambiamenti che si verificano
in uno o più dei processi descritti.
L'accumulo comprende tutti i processi che determinano un aumento locale di massa glaciale. La
neve accumulata si trasforma in firn (neve vecchia compatta) e quindi in ghiaccio. L'ablazione
comprende tutti i processi che determinano una perdita locale di massa glaciale. Poiché un
ghiacciaio tende a bilanciare l'accumulo e l'ablazione della massa in condizioni stabili, la massa
glaciale fluisce lentamente dall'area di accumulo verso l'area di ablazione.

Le variazioni di lunghezza e superficie di un ghiacciaio possono dipendere da alterazioni


dell'accumulo e dell'ablazione. Ad esempio, se l'ablazione aumenta (generalmente a causa di uno
scioglimento più intenso del ghiaccio dovuto al riscaldamento atmosferico) e l'accumulo si
mantiene stabile, il flusso glaciale diminuisce e la lunghezza e la superficie del ghiacciaio si
riducono. Al contrario, se l'accumulo aumenta e l'ablazione si mantiene stabile, il flusso glaciale si
intensifica producendo un aumento di lunghezza e superficie del ghiacciaio. Il deflusso è lo
scorrimento verso il basso dell'acqua prodotta dallo scioglimento del ghiaccio e della neve di un
ghiacciaio. Il risultato è una perdita di massa glaciale.
Il flusso glaciale è dato da due componenti principali: la deformazione del ghiaccio e lo scorrimento
del ghiacciaio.
Le due
componenti
concorrono a
determinare
l'intero processo
di trasporto del
ghiaccio
all'interno di un
ghiacciaio.

Le Vedrette di Fosse e di Cima Fiammante (1880-2018)

Catasto ghiacciai in Italia:


Sul territorio italiano sono presenti circa 903 ghiacciai, per un’area di 369,90 km2. A livello
regionale, è la Valle d’Aosta che ospita più ghiacciai in Italia (132,90 km2), circa il 36% del totale.
Segue la Lombardia (87,67 km2, 24% del totale) e l'Alto Adige (84,58 km2, 23% sul complessivo).

Cause dello scioglimento dei ghiacciai:


Grave problematica degli ultimi decenni è lo scioglimento dei ghiacciai causato principalmente dal
riscaldamento globale.
Riscaldamento globale significa immettere energia in eccessi nel sistema Terra, causando
repentini cambiamenti del clima ed eventi meteorologici estremi.

Dalla fine del diciannovesimo secolo la temperatura media del pianeta ha subito un incremento di
circa 1°C. Il clima terrestre è cambiato spesso, ma quasi mai lo ha fatto con questa rapidità:
episodi di brusco riscaldamento corrispondono quasi sempre a estinzioni di massa.
Gli scienziati sono certi che tale riscaldamento sia originato dall'attività umana e dall'emissione in
atmosfera dei cosiddetti gas serra, in particolare il diossido di carbonio (CO2) ed il metano (CH4).
Altri gas con ruolo importante sono gli idrofluorocarburi, usati nei condizionatori e nei frigoriferi, e
l'ossido nitroso(N2O) prodotto dall'attività agricola.
Questi gas impediscono all'energia solare che viene assorbita e riemessa dalla Terra di ritornare
nello spazio. Questo processo è utile di per sé: senza gas serra la temperatura media del pianeta
sarebbe molto più bassa(-18°C). Esempio estremo dell'effetto serra è il pianeta Venere, molto
simile alla Terra per dimensioni e distanza dal Sole, che, a causa dell'atmosfera densa e ricca di
CO2, supera i 460°C di temperatura.
Molti sono gli effetti del riscaldamento globale: le variazioni nelle precipitazioni, ondate di calore,
maggiore frequenza di incendi, la diminuzione della disponibilità d'acqua potabile e molti altri. Una
delle conseguenze più importanti è lo scioglimento dei ghiacciai, il quale causa a sua volta un
innalzamento del livello dei mari.
Importante è tenere a mente che la quantità di energia termica non è distribuita uniformemente sul
globo: nell'Artico numerose regioni si sono scaldate con ritmo doppio rispetto al resto del globo. Si
prevede che nei prossimi decenni l'Artico sarà libero dai ghiacci d'estate portando a due importanti
conseguenze:
● la perdita dei ghiacci, bianchi e riflettenti, a favore della superficie oceanica, più scura, fa sì
che la Terra assorba ancora più calore;
● lo scioglimento del permafrost, cioè il terreno permanentemente gelato, rilascia i gas in esso
contenuti, tra cui il metano, contribuendo ulteriormente all'effetto serra.
Conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai:
Lo scioglimento dei ghiacciai comporta una serie di conseguenze. Esse riguardano principalmente:

 Aumento del livello degli oceani, con conseguente possibilità che alcune aree continentali
vengano sommerse.
La causa principale di tale fenomeno è lo scioglimento del ghiaccio terrestre.
Con il termine “ghiaccio terrestre” intendiamo il ghiaccio formato da acqua dolce, cioè
qualsiasi forma di ghiaccio che si forma sulla terra e dura più di un anno. Le categorie di
ghiaccio terrestre includono calotte glaciali, ghiacciai di montagna, campi di ghiaccio, lastre
di ghiaccio, permafrost e campi di ghiaccio.
Tale ghiaccio sciogliendosi si riversa nei bacini marini facendo variare il loro livello e la sua
concentrazione salina, andando ad intaccare la biodiversità.

 Stravolgimento del clima e delle condizioni meteo: l'aumento dei livelli del mare e degli
oceani può comportare cambiamenti repentini delle temperature e l'avvento di fenomeni
atmosferici estremi come alluvioni e tornado.
 Riduzione della biodiversità dovuta al cambiamento dell’habitat di molte specie marine e
terrestri. Se cambiano le caratteristiche del luogo che ospita alcune specie animali,
quest’ultime non potendo adattarsi rischiano di scomparire.

Prevenzione:

Un rituale che si ripete ogni anno in varie località alpine è quello dei teli geotessili: a fine
primavera, dei teli bianchi vengono stesi sul ghiacciaio allo scopo di ridurne lo scioglimento
durante i mesi più caldi dell'anno. La copertura è poi rimossa all'inizio dell'autunno.

Composti solitamente di
poliestere e fibre di
polipropilene, i teli
geotessili hanno uno
spessore di 3-4 millimetri.
Stesi sul ghiacciaio,
riflettono la luce solare e
proteggono lo strato di
neve e il ghiaccio
sottostanti dal calore e dai
raggi ultravioletti. In
alternativa ai teli sono usati
materiali quali segatura e
trucioli di legno.
Vari studi hanno mostrato che i teli geotessili possono ridurre lo scioglimento di neve e ghiaccio del
50-70%, scrivono i ricercatori svizzeri. Tuttavia, puntualizzano, si tratta di una quantità
"insignificante" (0,03%) rispetto al ghiaccio che si scioglie ogni anno in Svizzera.
Lo sfruttamento delle acque
Lo sfruttamento delle acque da parte dell'uomo non è meno rilevante dello sfruttamento del suolo:
entrambi questi fenomeni sono testimonianza dell'enorme impatto dell'umanità sul pianeta.

Gli effetti su mari e oceani


Il ruolo climatico degli oceani:
Gli oceani coprono oltre il 70% della superficie terrestre e, assorbendo calore e CO2, hanno un
ruolo climatico fondamentale. Il plancton vegetale oceanico produce metà dell'ossigeno che
respiriamo.

L'impronta umana sugli oceani si manifesta in modo diretto, con lo sfruttamento di risorse
biologiche e minerarie, e indiretto, con il riscaldamento globale.

Il problema della pesca industriale:

Il 55% degli oceani è sottoposto a pesca industriale, che intacca gli ecosistemi marini e incide sulla
sostenibilità stessa della pesca come fonte di cibo.
Il ritmo attuale di pesca è insostenibile: le riserve ittiche naturali si stanno riducendo e la biomassa
di pesci predatori è diminuita del 90% dal 1880.

L'impatto umano sulle coste e sui fondali:


L'impatto umano sugli ecosistemi marini è maggiore vicino alle coste, a causa dello sviluppo
industriale, della pesca e dell'acquacoltura costiere, e dell'inquinamento riversato in mare dai
fiumi.
I fondali oceanici sono sfruttati dall'uomo in diversi modi:
 come discarica di rifiuti organici e inorganici, e addirittura rifiuti nucleari o farmaceutici
(questo accadeva soprattutto in passato, ma in parte si verifica ancora oggi);
 per l'estrazione di petrolio e gas naturale tramite piattaforme offshore;
 per miniere sottomarine, dato che i fondali oceanici sono ricchi di metalli preziosi dal punto
di vista industriale come rame, nichel e cobalto. Si calcola che ogni anno una singola
attività estrattiva oceanica può distruggere oltre 3000 km quadrati di ecosistema, il doppio
dell’area di Londra.
L’attuale alterazione atmosferica e climatica dovuta all’accumulo di CO e altri gas serra sta
2

intaccando fortemente gli oceani, causando i fenomeni dell’acidificazione delle acque e


dell’attenuazione delle correnti oceaniche.

L’acidificazione delle acque:

L'acidificazione avviene quando l'acqua marina reagisce con la CO2 assorbita dall'atmosfera,
producendo più sostanze chimiche acidificanti e riducendo minerali importanti, come il carbonato di
calcio, che assicurano la sopravvivenza degli organismi marini. All'aumentare della CO2
nell'atmosfera, corrisponde anche un innalzamento di quella disciolta nell'acqua marina; per cui
l'incremento delle emissioni di CO2 determina effetti devastanti sugli ecosistemi marini.
Il pH delle acque è calato di 0,1 punti dal 1900, e scenderà di altri 0,4-0,5 punti entro il 2100.
Questo cambiamento è insostenibile per molti animali marini come i molluschi, gli echinodermi e
molti organismi planctonici dotati di conchiglie o esoscheletri calcarei, che tenderebbero a
sciogliersi in condizioni di eccessiva acidità delle acque.

L’alterazione delle correnti:


Un effetto della crisi climatica è il rallentamento o addirittura l’interruzione della cosiddetta
circolazione termoclina, ovvero il rimescolamento globale delle acque di superficie e profonde.
Questa sorta di “sistema circolatorio” oceanico è necessario per il mantenimento dei climi terrestri
come li conosciamo e per la distribuzione di ossigeno nelle acque di tutto il mondo: una sua
alterazione rischia di interrompere l’afflusso di ossigeno nelle profondità oceaniche e di alterare
gravemente i climi di molte regioni abitate.
Il riscaldamento delle acque le rende progressivamente più povere di ossigeno, dato che la
solubilità dei gas nei liquidi diminuisce all’aumentare della temperatura.
Per confronto, il riscaldamento delle acque e la conseguente interruzione dell’apporto di ossigeno
ai fondali oceanici è considerato il principale fattore dell’estinzione di massa di fine Permiano, 252
milioni di anni fa, durante la quale è scomparso oltre il 90% delle specie marine.
Secondo lo studio
“Current atlantic
meridional overturning
circulation weakest in
last millennium”
pubblicato il 25
febbraio 2021 da
Nature Geoscience, la
Corrente del Golfo, la
corrente atlantica che
mitiga il clima
dell’Europa
settentrionale, non è
mai stata così debole in
1.600 anni e potrebbe
ulteriormente affievolirsi: i ricercatori individuano la causa più probabile di questo fenomeno nei
cambiamenti climatici innescati dall'uomo.
Uno studio del 2018 aveva già evidenziato un indebolimento del 15% della corrente dalla metà del
20esimo secolo, ma il nuovo lavoro del Potsdam Institute for Climate Impact Research (Germania)
ha messo insieme altre prove provenienti da sedimenti oceanici, carote di ghiaccio, coralli e anelli
degli alberi per ricostruire l'impeto della circolazione AMOC dal 400 d.C. ad oggi. Scoprendo così
che mai da allora era stata così debole.
Secondo i ricercatori, con gli attuali livelli di crescita del riscaldamento globale la corrente potrebbe
ridurre la sua forza anche del 45% entro fine secolo.

Il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (Atlantic meridional overturning


circulation, AMOC) è un grande sistema di correnti oceaniche di cui fa parte anche la Corrente del
Golfo. Queste correnti trasportano l'acqua calda dei Tropici verso il nord Atlantico, regolando il
sistema climatico in Europa, in America, e in Africa.

Il funzionamento di questo sistema di correnti dipende dalla densità dell'acqua, una combinazione
tra la temperatura e la salinità. L'AMOC trasporta le acque calde e superficiali delle zone tropicali
verso nord. Lungo la strada, queste acque in parte evaporano, mitigando il clima dei Paesi che
incontrano, si raffreddano e guadagnano più sale: diventano, quindi, più dense e iniziano a
sprofondare fino al livello delle correnti oceaniche profonde, a diversi chilometri dalla superficie.
Lentamente, queste correnti muovono di nuovo verso sud, dove ritornano nuovamente in
superficie.
Nel nord dell’oceano Atlantico gli scienziati hanno scoperto una “cold blob”, una sorta di bolla
fredda. Questa porzione settentrionale della corrente si sta raffreddando troppo, rallentando così la
sua corsa e, di conseguenza, facendo venire meno una “forza” che regola il complesso sistema
climatico nel quale viviamo.
Si pensa che il raffreddamento e il rallentamento dell’Amoc siano dovuti all’acqua fredda
proveniente dalla fusione dei ghiacciai della Groenlandia, che avviene per via dell’aumento della
temperatura globale. Le correnti atlantiche, ricorda lo studio, sono alimentate da tre fattori: vento,
salinità e calore. Se viene meno una parte fondamentale su cui si basa l’azione della corrente del
Golfo, e cioè il calore, tutto rischia di modificarsi pesantemente.
In più, l'acqua dolce delle piogge in eccesso e dei ghiacci che fondono per le elevate temperature
disturba le correnti perché altera la salinità dei mari.

La corrente del Golfo dell’oceano Atlantico regola il sistema meteorologico mondiale, ed è capace
di incidere tanto sul clima europeo quanto su quello americano. Oltre a causare un raffreddamento
repentino dell'Europa, un blocco dell'AMOC farebbe accelerare l'aumento del livello del mare lungo
la costa atlantica americana: l'acqua in eccesso che attualmente viene trasportata a nord si
accumulerebbe infatti sulla East coast.
Il lago d'Aral:
Immagini 2000-2018: https://earthobservatory.nasa.gov/world-of-change/AralSea

Il lago d'Aral, chiamato


anche mare d’Aral, era un
lago salato di origine
oceanica, situato alla
frontiera tra il Kazakistan
e l'Uzbekistan.
Fino agli anni Sessanta
del ventesimo secolo è
stato il quarto lago più
grande del mondo, con una superficie di circa 67.000 km : 2

l'equivalente di Piemonte, Lombardia e Veneto.


A partire dagli anni Sessanta, il governo dell'Unione Sovietica
decise di deviare per mezzo di canali l'acqua dei due
immissari principali del lago, Amu Darya e Syr Darya, nel
tentativo di irrigare il deserto per coltivare riso, meloni, cereali,
e cotone. Il progetto faceva parte del piano di coltura intensiva
per il cotone voluto dal regime sovietico, che aveva il fine di
far diventare la Russia una delle maggiori esportatrici.
Sin dai primi anni si poterono osservare vistosi abbassamenti del livello delle acque del lago. Dal
1961 al 1970 il livello del lago scese a una media di 20 cm all'anno, e negli anni settanta la media
triplicò arrivando a 50-60 cm all'anno, mentre negli anni ottanta la media era compresa fra gli 80 e i
90 cm annui. Il tasso di utilizzo d'acqua per scopi irrigui continuò a crescere: l'acqua deviata dai
fiumi duplicò tra il 1960 e il 2000, così come la produzione di cotone.
La progressiva scomparsa del lago non sorprese i sovietici, che avevano previsto l'evento all'inizio
dei lavori e ritenevano che l'Aral, una volta ridotto a una grande palude acquitrinosa, sarebbe stato
facilmente utilizzabile per la coltivazione del riso.
Dal 1960 al 1998 la superficie del lago si era ridotta di circa il 60% e il suo volume dell'80%. Nel
1960 il lago d'Aral era il quarto lago più grande del mondo con una superficie di 67.000 km²,
mentre dal 1998 la superficie si è ridotta a 28 687 km², scivolando all'ottava posizione. Nello
stesso periodo la salinità è aumentata da 10 a 45 g/l.
Dal 1987 il continuo ritiro delle acque ha causato la divisione del lago in un bacino più piccolo a
nord e uno di maggiore estensione a sud.
In aggiunta, nei campi coltivati non si effettuava la rotazione delle colture e il suolo impoverito
richiedeva enormi quantità di fertilizzanti: il deflusso dell'acqua dai campi portò queste sostanze
chimiche nel lago in contrazione, creando un grave inquinamento e problemi di salute.
Nel 2003 l'Aral Sud si suddivise ulteriormente in due bacini: uno orientale e uno occidentale.
Nel 2004 la superficie del lago d'Aral era di soli 17.160 km², il 25% della sua estensione originale,
mentre la salinità era aumentata di quasi cinque volte uccidendo la maggior parte della flora e della
fauna. Nel 2007 la superficie del lago si era ulteriormente ridotta fino al 10% della sua dimensione
originale e la salinità di ciò che restava dell'Aral Sud era aumentata a livelli superiori a 100 g/l (per
un confronto, la salinità ordinaria dell'acqua marina è di circa 35 g/l, mentre nel Mar Morto la
salinità varia tra 300 e 350 g/l).
Il resto di quello che fu l'Aral è oggi una pianura inabitabile, deserta e salata, nota come deserto di
Aralkum, inquinata dalle sostanze chimiche che erano state versate per decenni nel lago e che
oggi sono concentrate sul terreno dell'antico fondale.
Il suolo deserto e salato viene sollevato dal vento che provoca tempeste di polvere ricche di
composti tossici responsabili di gravi problemi di salute nella popolazione locale.
La prospera industria della pesca basata sul lago è stata dismessa, provocando disoccupazione e
difficoltà economiche. Il ritiro del lago ha causato anche il cambiamento del clima locale
(microclima), con estati diventate più calde e secche mentre gli inverni sono diventati più freddi e
più lunghi.
Gli effetti sulle acque dolci
Il ruolo delle acque dolci:
Le acque dolci sono fondamentali come fonte di acqua potabile e per l’irrigazione delle colture,
oltre che per l’industria e per la produzione di energia. Le acque dolci sono tra gli ecosistemi più
densi per biodiversità: occupano solo il 2% della superficie del pianeta, ma contengono il 12%
delle specie conosciute. Un terzo dei flussi di acqua dolce della Terra oggi passa attraverso
infrastrutture agricole, industriali o urbane.
Le acque dolci sono una risorsa rinnovabile ma finita; le riserve si rinnovano con le precipitazioni,
ma possono essere alterate irrimediabilmente, fino a diventare inutilizzabili.

La frammentazione dei corsi d’acqua superficiali:


La frammentazione dei corsi d’acqua superficiali, per esempio da parte delle dighe per l’energia
idroelettrica, è tra i principali fattori di rischio per la biodiversità. Nelle zone urbane dell’Eurasia,
oltre il 50% delle acque dolci è prelevata per uso umano, con conseguente crollo di biodiversità.
Gli impianti idroelettrici frammentano i fiumi e impediscono le migrazioni di pesci che devono
risalire o riscendere i corsi d’acqua per riprodursi.
La frammentazione dei fiumi può portare all’estinzione locale di alcune specie, come il pesce
spatola cinese (Psephurus gladius).

Le zone umide:
Oltre ai corsi d’acqua anche le zone umide (paludi, torbiere, estuari e lagune in cui vivono
numerose specie di anfibi) hanno subito un notevole declino e oggi ne rimane solo il 13% di quelle
che esistevano nel Settecento.

I rischi per gli esseri umani:


Anche gli esseri umani sono a rischio a causa dello sfruttamento delle acque. La disponibilità di
acqua è in pericolo a causa del cambiamento climatico, dell’aumento della popolazione,
dell’urbanizzazione e dello sfruttamento, che da un lato ne riducono la quantità e dall’altro ne
aumentano la domanda. La scarsità di acqua mette a rischio anche la stabilità politica e militare di
varie regioni del pianeta, come l’India, il bacino del Nilo e la Mesopotamia, dove si ritiene che
l’acqua possa diventare oggetto di conflitto e tensioni internazionali.

Fonti:
Lago d’Aral:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Lago_d%27Aral
https://earthobservatory.nasa.gov/world-of-change/AralSea
Correnti:
https://www.focus.it/scienza/scienze/corrente-del-golfo-amoc-debole-global-warming
https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/asvis/2021/03/17/la-corrente-del-golfo-rallenta-le-
conseguenze-potrebbero-essere-drammatiche_2cf2cf6a-4bbc-4ebf-847f-e9c7bf44ddd7.html
https://www.theguardian.com/environment/2021/aug/05/climate-crisis-scientists-spot-warning-
signs-of-gulf-stream-collapse
Acidificazione degli oceani:
https://it.wikipedia.org/wiki/Acidificazione_degli_oceani
https://it.euronews.com/green/2020/02/14/l-acidificazione-degli-oceani-sta-trasformando-gli-
ecosistemi-in-modo-imprevedibile#:~:text=L'acidificazione%20avviene%20quando%20l,la
%20sopravvivenza%20degli%20organismi%20marini.
Formazione di un ghiacciaio:
https://www.esa.int/SPECIALS/Eduspace_Global_IT/SEMC90024CH_0.html
Prevenzione:
Una coperta per tenere al fresco i ghiacciai - SWI swissinfo.ch

Potrebbero piacerti anche