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Sistema Terra

La Terra è un sistema complesso, costituito da «involucri concentrici» a stretto contatto


tra loro: le sfere geochimiche.
- Atmosfera: l’involucro gassoso che avvolge il pianeta,
- Idrosfera: l’insieme delle acque che ricopre gran parte della Terra,
- Litosfera: l’insieme delle rocce che formano i continenti e i fondali oceanici.
Queste tre sfere vengono raggruppate nella geosfera: la parte non vivente della Terra.
Biosfera: la Terra è popolata da esseri viventi.
Atmosfera
Atmosfera: miscela di gas unica nel Sistema Solare che permette la vita di animali, vegetali
e i tutti gli altri organismi aerobici (vivono in presenza di ossigeno).
Mercurio ha un’atmosfera molto rarefatta, quasi assente; su Venere e Marte predomina il
diossido di carbonio.
Negli strati bassi dell’atmosfera della Terra è presente l’ossigeno; ma al crescere della
quota l’aria diventa sempre più rarefatta e irrespirabile per mancanza di ossigeno.
Inoltre, l’atmosfera ci protegge dalla caduta delle meteoriti; regola la temperatura del
pianeta riscaldando la superficie (effetto serra) e impedisce eccessive variazioni di
temperatura tra notte e dì; infine, il vapore contenuto nell’aria è un componente essenziale
del ciclo dell’acqua.
Idrosfera
È l’insieme di tutte le acque presenti sul nostro pianeta.
La Terra è l’unico pianeta del Sistema Solare a possedere
una grande abbondanza d’acqua allo stato liquido. Grazie
alla sua distanza dal Sole, inoltre, la Terra ha una
temperatura media che permette all’acqua di esistere nei
stati fisici che conosciamo: liquido, solido (ghiaccio) e
aeriforme (vapor acqueo).
L’idrosfera ha un volume complessivo di circa 1,4 miliardi
di km3. Il 97,4% di essa è formato dall’acqua salata degli
oceani (idrosfera marina), il rimanente 2,6% si trova sui
continenti (idrosfera continentale) ed è costituito per circa
il 70% dall’acqua allo stato solido dei ghiacciai e per circa
il 30% delle acque dei fiumi, laghi, stagni, paludi e falde
acquifere sotterranee (le uniche risorse idriche accessibili
all’uomo).
L’acqua è presente ovunque: fluisce da un ambiente
all’altro creando il ciclo dell’acqua che coinvolge
atmosfera, oceani e continenti.
Litosfera
È il rigido involucro roccioso che ricopre il globo terrestre.
La litosfera è composta da due parti distinte:
- La crosta terrestre: è la parte più superficiale e sottile della litosfera. Si distingue la
crosta continentale, che forma i continenti, e la crosta oceanica, che forma i
fondali oceanici.
- La parte superiore del mantello: mantello litosferico.

Le rocce hanno una loro genesi e subiscono, in tempi lunghissimi, processi di


trasformazione che ne modificano il loro aspetto originario → ciclo litogenetico (ciclo
naturale di trasformazione delle rocce) si compie in milioni di anni.
Biosfera:

È la parte del pianeta in cui esistono i viventi: ha


uno spessore di una ventina di km e comprende
tutti gli ambienti dove le condizioni sono compatibili
con la vita, grazie alla presenza di acqua liquida e
ossigeno (acque dolci e salate, fondali marini, terre
emerse i primi chilometri di atmosfera).
I viventi sono insediati in territori e ambienti di tipo
differente, quindi possiamo affermare che la
biosfera è suddivisa in una serie di ecosistemi.
Biosfera:

Ecosistema: è l’insieme dell’ambiente fisico (acqua, aria, suolo) e delle forme di vita
presenti in un certo luogo (grande come una foresta o piccolo come una pozza d’acqua).
Ciclo idrologico o Ciclo dell’acqua
Ciclo idrologico o Ciclo dell’acqua
Ciclo idrologico o Ciclo dell’acqua
Il Sole fornisce l’energia necessaria per i processi di evaporazione, che sono
molto intensi negli oceani (circa 425000 km 3 di acqua all’anno) e che permettono
il passaggio dell’acqua dagli oceani all’atmosfera. L’umidità atmosferica in breve
tempo condensa in nubi e queste producono precipitazioni che si scaricano
direttamente sul mare (restituendo circa 385000 km 3) e una parte sui continenti.
L’acqua caduta sulle terre emerse deve percorrere un lungo tragitto per tornare
negli oceani: una parte raggiunge i fiumi e scorre sino al mare (deflusso
superficiale); una parte invece penetra nel sottosuolo e si muove in profondità
sino a che riaffiora nel letto dei fiumi, nelle sorgenti o direttamente nel mare in
prossimità delle coste (deflusso profondo).
Sui continenti, quindi, le precipitazioni apportano circa 111000 km 3 di acqua,
mentre l’evaporazione superficiale in laghi, fiumi, suoli e la traspirazione dei
vegetali (chiamata nell’insieme evapotraspirazione) ne rimandano nell’atmosfera
71000 km3.
In alcuni casi il ciclo idrologico richiede tempi molto più lunghi per completarsi: le
falde idriche a volte trattengono l’acqua per centinaia di anni, mentre nei ghiacciai
l’acqua può rimanere imprigionata allo stato solido per migliaia di anni.
Il bilancio idrologico (o idrico) globale della Terra vede un equilibrio perfetto tra la quantità
d’acqua che precipita, o condensa, su mari e continenti e quella che da essi torna
nell’atmosfera: il ciclo dell’acqua infatti è un circuito chiuso, in cui non vi sono variazioni della
quantità totale.
Acque continentali
Acque continentali = derivano dalle precipitazioni atmosferiche e sono formate da:
acque superficiali + acque sotterranee.
Le acque superficiali rappresentano solo lo 0,3% delle acque continentali, ma sono
le principali artefici del modellamento del territorio, a causa del loro perenne
movimento.
Si trovano infatti a quote più elevate rispetto al livello del mare e per questo motivo
scorrono verso di esso sospinte dalla forza di gravità, svolgendo un’intensa azione
morfogenetica attraverso l’erosione delle rocce, il trasporto dei detriti, il deposito dei
medesimi.
L’attività erosiva dell’acqua inizia con le precipitazioni atmosferiche: le piogge, se
intense, esercitano sui terreni un’azione battente di tipo meccanico, più efficace se
questi sono poveri di vegetazione e disposti lungo pendii.
Successivamente, l’acqua caduta con le piogge inizia a scorrere disordinatamente
sul terreno formando rivoli che scavano piccoli solchi intrecciati tra di loro,
diventando sempre più profondi e durevoli → Ruscellamento: è responsabile della
rimozione di notevoli quantità di sedimenti dai suoli.
L’efficacia dell’azione erosiva della
pioggia battente e dell’acqua di
ruscellamento dipende da fari fattori:
l’intensità delle precipitazioni (piogge
violente esercitano un’azione
meccanica maggiore), la permeabilità
del terreno (se è bassa, aumenta lo
scorrimento superficiale), la pendenza
del versante (se è forte, aumenta la
velocità dello scorrimento e quindi
l’azione erosiva), la copertura
vegetale del suolo (se presente,
attutisce l’azione battente della
pioggia e rallenta lo scorrimento
superficiale).
Il ruscellamento può produrre
caratteristiche forme di erosione: i
calanchi, tipici dell’Appennino, e le
piramidi di terra.
Video:
Atmosfera:
https://www.youtube.com/watch?v=ftwxhpMu3FI

Idrosfera:
https://www.youtube.com/watch?v=Do_nZSmSOWU

Ecosistema:
https://www.youtube.com/watch?v=X9_Vwm-mNiU

Ciclo dell’acqua:
https://www.youtube.com/watch?v=D_a4ahU0OeU

Acque continentali:
https://www.youtube.com/watch?v=oH-ht5bedZU
Corsi d’acqua: fiumi e torrenti
I corsi d’acqua sono elementi paesaggistici tipici delle zone temperate. Forniscono
acqua per uso agricolo, civile e industriale, risorse alimentari e sono utilizzati come
vie di comunicazione.
Le acque fluviali scorrono in un alveo (o letto o impluvio), che loro stesse hanno
scavato, delimitato da argini (o sponde) naturali.
Un corso d’acqua può essere alimentato dalle piogge, dallo scioglimento dei
ghiacciai e dalle sorgenti, oltre che da altri corsi d’acqua.
Il bacino idrografico (o imbrifero) di un fiume è il territorio che raccoglie tutte le
acque di precipitazione che confluiscono, direttamente e per mezzo di affluenti, nel
suo alveo. Ogni bacino imbrifero è delimitato da linee spartiacque (o di displuvio),
che lo separano dai bacini adiacenti.
Il bacino idrogeologico: tiene conto anche delle acque e degli spartiacque
sotterranei, e può non coincidere con quello idrografico.
Ogni bacino imbrifero è percorso da un reticolo fluviale (o idrografico), costituito dal
fiume principale e dai suoi affluenti, diretti e indiretti.
Corsi d’acqua: fiumi e torrenti
I territori le cui acque superficiali sfociano direttamente in mare si definiscono zone
esoreiche; se i fiumi invece confluiscono in un lago interno si parla di zone
endoreiche.
Caratteristiche dei corsi d’acqua
- Lunghezza di un corso d’acqua: dipende
dalle caratteristiche del territorio; in Italia i
fiumi sono brevi poiché le catene montuose
da cui si originano sono vicine alle coste
verso cui si dirigono.
Caratteristiche dei corsi d’acqua

- Forma dell’alveo: dipende dalla larghezza e


dalla profondità del fiume.
- Pendenza: si calcola sottraendo, al valore
della quota a cui si trova la sorgente, il valore
della quota a cui si trova la sua foce e
dividendo poi per la sua lunghezza. Varia
lungo per percorso e si individuano 3 zone
successive: il corso superiore, con massima
pendenza, nel tratto montano; il corso medio,
con pendenza inferiore, nel tratto di pianura; il
corso inferiore, con pendenza minima o nulla,
in prossimità della foce.
Caratteristiche dei corsi d’acqua

- Velocità di un corso d’acqua: dipende prevalentemente dalla pendenza, ma


anche dalle caratteristiche dell’alveo. La velocità è massima se un fiume ha un
alveo arrotondato (meno attrito), è minima se l’alveo è stretto e profondo.
Inoltre, la velocità è minore in prossimità delle sponde e del fondo dell’alveo a
causa dell’attrito; mentre è massima al centro e sulla superficie del corso
d’acqua.
- Portata: è la quantità di acqua che passa attraverso una sezione trasversale
del corso d’acqua in un’unità di tempo e si misura in m 3/s. La portata varia, nel
medesimo fiume, a seconda della stagione e in base all’intensità delle
precipitazioni: portata massima o piena e portata minima o di magra.
La variazione della portata nell’arco dell’anno si definisce regime del corso
d’acqua. I torrenti di montagna hanno regime irregolare, i fiumi di pianura hanno
un regime più regolare e non sono mai in secca.
L’azione di modellamento delle acque fluviali
I corsi d’acqua operano un’incessante azione di modellamento sul territorio, su
cui agiscono erodendo, trasportando e depositando materiali.
Azione erosiva
Le caratteristiche dell’azione erosiva dipendono dalla velocità e dalla portata delle
acque del fiume, inoltre, dal tipo di rocce, più o meno dure, che incontrano lungo
il loro percorso.
I fiumi esercitano sull’alveo, con le loro acque, un’azione chimica e meccanica,
potenziata da un’azione abrasiva operata dai materiali solidi che trasportano.
Caratteristiche dell’erosione fluviale: è lineare (si esplica sull’alveo) ed è
regressiva (opera da valle verso monte).
Erosione lineare (o verticale): quando un torrente, che scorre impetuoso su
pendii ripidi, scavando nella dura roccia forma una profonda gola (o forra) con
pareti a strapiombo. Nelle gole spesso si creano moti vorticosi delle acque che
possono trascinare grossi ciottoli, questi roteando scavano le rocce del fondo
formando le marmitte dei giganti.
Azione erosiva
Azione erosiva
In territori caratterizzati da rocce tenere (argille), all’azione erosiva del fiume nell’alveo
si aggiunge quella sui versanti delle acque di ruscellamento, delle frane e degli
affluenti. Le acque e i materiali che da quote più alte scendono verso il corso
dell’acqua principale, allargano il solco che quest’ultimo sta scavando: si forma così
una valle a V (o fluviale), caratterizzata da un fondo stretto compreso tra due versanti
inclinati. Quando il fiume scorre più lentamente, può attuare anche un’azione erosiva
trasversale (o laterale), allargando il fondovalle.
Azione erosiva
Erosione regressiva: cascate: i forti dislivelli che le caratterizzano si possono
originare a opera dei ghiacciai oppure dei fiumi stessi. Nel secondo caso, si formano
quando il fiume scorre su rocce di diversa durezza disposte in sequenza, erodendo
maggiormente i tratti costituiti da rocce tenere e creando così un dislivello che può
essere di centinaia di metri. Una volta che si è formata, una cascata regredisce
verso monte, poiché la forte turbolenza delle acque in caduta erode la base della
parete rocciosa, che finisce per franare, provocando l’arretramento della cascata.
Azione erosiva
Altro esempio di erosione regressiva è il fenomeno
della cattura fluviale. Avviene quando la testata di
un corso d’acqua (il punto di origine) arretra verso
monte a causa dell’intensa azione erosiva del
primo tratto del fiume (spesso impetuoso per la
forte pendenza). Continuando ad arretrare, la
testata di questo fiume raggiunge l’alveo di un
altro, distruggendone gli argini, e ne «cattura» le
acque, convogliandole nel suo letto.
A valle del punto di cattura il fiume decapitato,
privo di acqua, cessa la sua attività erosiva e dà
origine a una valle morta, paludosa o asciutta.
Azione di trasporto
I sedimenti erosi dai rilievi (il carico del fiume) vengono trasportati dalla corrente in
diversi modi:
- per galleggiamento: i materiali di bassa densità o di piccola massa, come tronchi,
rami e foglie.
- in soluzione: i sali erosi dalle rocce, gas e sostanze organiche.
- in sospensione: i detriti fini come limo e argille (trasporto torbido); nel caso di
piene impetuose vi compaiono anche sedimenti più grossolani.
- tramite trasporto di fondo: sabbie e ciottoli sono trasportati per rotolamento
(ciottoli di medie dimensioni, che assumono una forma arrotondata), trascinamento
o saltazione (sabbie e ciottoli di piccole dimensioni)

La capacità di trasporto di un fiume aumenta con la portata e la velocità.


Azione di trasporto
Azione di deposito: pianure alluvionali
I sedimenti erosi vengono trasportati dal fiume sino a quando esso raggiunge la zona
pedemontana (alla base delle montagne). Al brusco ridursi della pendenza,
diminuisce la velocità delle acque e di conseguenza si riduce anche la capacità di
trasporto del fiume: i sedimenti più grossolani vengono depositati in forma simile a un
ventaglio, il conoide di deiezione.
Le pianure alluvionali derivano da processi di deposizione di materiali, ma hanno
origine più complessa: l’alta pianura forma una fascia continua ai piedi della
montagna ed è costituita da sedimenti grossolani depositati dai fiumi (i conoidi di
deiezione) o dai ghiacciai; la bassa pianura si forma invece quando il fiume,
avvicinandosi al mare, o al lago, rallenta ulteriormente la sua velocità e deposita
anche i sedimenti fini.
Forme miste di erosione e deposito
Meandri: quando la potenza delle acque è scarsa, è sufficiente un piccolo ostacolo
per costringere il fiume a deviare, effettuando curve più o meno strette dette anse. A
questo punto si crea una differente velocità di scorrimento sulle due sponde
dell’ansa: su quella esterna, dove la velocità è maggiore, prevale un’azione erosiva,
mentre su quella interna, dove la velocità è minore, si verifica un’azione di deposito.
Questa azione combinata di erosione e deposito produce un meandro libero. I
meandri sono destinati ad accentuare sempre di più la loro sinuosità sino ad
assumere forma quasi circolare. I meandri incassati sono incisi profondamente nella
roccia e sono tipici dei canyon: si formano quando l’erosione lineare fa sprofondare il
fiume che rimane imprigionato nel suo percorso. Sono tipici di ambienti semiaridi.
Forme miste di erosione e deposito
Terrazzi fluviali: sono terreni pianeggianti delimitati da un ripido pendio o
scarpata, disposti spesso a gradinata ai lati di un fiume.
Possono avere diversa origine, ma i più comuni sono i terrazzi alluvionali, che si
formano quando una fase di deposizione segue una nuova fase di erosione.
Terrazzi inscatolati: sono i terrazzi presenti nell’alta Pianura Padana e si sono
originati in seguito all’alternanza di fasi glaciali e interglaciali: nei periodi di
espansione dei ghiacciai i fiumi (ricchi di materiali prodotti dall’erosione glaciale)
hanno depositato ingenti quantità di sedimenti; nei periodi interglaciali i fiumi
(meno ricchi di sedimenti, ma gonfi di acque di scioglimento dei ghiacciai) hanno
esercitato un’azione erosiva sui materiali depositati in precedenza.
Forme miste di erosione e deposito
Foci fluviali: quando le acque di un fiume arrivano al mare, abbandonano in
prossimità della costa tutti i sedimenti trasportati, che si accumulano sul fondale
marino fino a emergere in superficie: si formano nuovi territori, che si protendono
verso il mare, attraverso i quali il fiume si fa strada formando numerose
diramazioni. In questo caso si forma una foce a delta (foci del Nilo, del Danubio,
del Mississippi, del Gange, del Po).
Nel caso in cui le acque marine dove sfocia il fiume siano turbolente e
impediscano una regolare deposizione, oppure sono interessate da intense
maree o da forti correnti che asportano e ridistribuiscono i sedimenti in tutto il
litorale, si forma una foce a estuario: povera di sedimenti e dalla tipica forma ad
imbuto (foci del Rio delle Amazzoni, del Congo, del Tamigi).
Laghi
I laghi sono accumuli di acqua dolce, salmastra (poco salata) o salata che si
formano in depressioni o conche della superficie terrestre e non si prosciugano
nemmeno in periodi di magra.
Esistono laghi privi di comunicazione con le acque marine (sistemi endoreici) e
laghi che sono collegati al mare per mezzo di fiumi (sistemi esoreici).
Per i sistemi endoreici l’acqua in entrata, afflusso, è garantita da precipitazioni,
fiumi, falde acquifere, sorgenti sotterranee, mentre la principale causa della
fuoriuscita dell’acque dal lago, deflusso, è l’evaporazione (laghi che occupano
crateri di vulcani spenti come lago di Bolsena e Bracciano).
Per i sistemi esoreici l’afflusso e il deflusso sono garantiti dalla presenza di fiumi in
entrata, immissari, e fiumi in uscita, emissari (laghi prealpini dell’Italia
settentrionale: Maggiore, Garda, Como).
Trasformazione dei laghi nel tempo
Ogni lago subisce nel tempo una serie di
trasformazioni che lo porteranno a
estinguersi. Una modificazione delle
condizioni climatiche (siccità) e il
continuo deposito di sedimenti da parte
degli immissari, che riempie
progressivamente la conca, possono
provocare la diminuzione della profondità
del fondale → il lago si trasforma in
stagno, poi palude e infine in torbiera.
Stagni e paludi possono formarsi anche
da acque che ristagnano dopo
l’esondazione (fuoriuscita dall’alveo) di
un fiume, da meandri abbandonati, da
acquitrini originati da acque piovane.
Diverse origini dei laghi
Diverse origini dei laghi
Diverse origini dei laghi
Ghiacciai
Ghiacciai: sono grandi masse di ghiaccio in movimento, sotto la spinta del proprio
peso, lungo pendii di inclinazione più o meno elevata. Si formano in seguito
all’accumulo progressivo di neve in luoghi dove la temperatura estiva non raggiunge
valori tali da causare la fusione totale del manto nevoso depositatosi durante
l’inverno: nelle regioni polari e nelle località situate a elevate altitudini.
La neve che si deposita nei nevai, inizialmente formata da fiocchi soffici e leggeri, si
converte lentamente in ghiaccio attraverso il processo di metamorfismo glaciale:
progressiva compattazione del manto nevoso provocata dalla pressione esercitata
dai successivi accumuli di neve e accompagnata da processi di fusione e
ricristallizzazione.
Ghiacciai
Il limite delle nevi permanenti (o persistenti) è la quota al di sopra della quale
neve e ghiaccio non fondono mai completamente: dipende dalla latitudine,
dall’altitudine e dalla quantità di precipitazioni (nelle zone tropicali oltre 6000 m,
all’equatore intorno ai 4500m, sulle Alpi tra 2500 e 3200 m, mentre nell’Antartide è al
livello del mare).
Sulla Terra esistono circa 100 000 ghiacciai, per un volume complessivo di 30-35
milioni di km3 di ghiaccio, occupano circa il 10% delle terre emerse.
La massa dei ghiacciai varia stagionalmente in funzione degli apporti di neve (da
precipitazioni e dalle valanghe che cadono da quote superiori) e delle perdite che
avvengono per fusione (nei climi temperati), per sublimazione (nelle zone polari),
erosione eolica, formazione di valanghe che scendono verso quote inferiori, distacco
di iceberg (nei ghiacciai che raggiungono il mare).
Bilancio di massa di un ghiacciaio: è la differenza tra accumulo (quantità di ghiaccio
che si accumula ogni anno) e ablazione (quantità che viene persa); se per un
periodo di tempo è nullo, è in equilibrio; se è positivo o negativo, il ghiacciaio si
espande o si ritira.
In un ghiacciaio è possibile distinguere: una zona di alimentazione in cui prevale
l’accumulo (bacino collettore), e una zona in cui predomina la fusione (bacino
ablatore): interposta tra le due zone si trova una zona di equilibrio in cui i due
processi si eguagliano.
In base alla forma e alle dimensioni si distinguono 2 tipi principali di ghiacciai: i
ghiacciai continentali e quelli di montagna.
- Ghiacciai continentali: detti anche calotte glaciali costituiscono il 99% in volume
di tutti i ghiacciai e formano le immense coltri superficiali che ricoprono quasi
totalmente l’Antartide, la Groenlandia e in misura minore il Canada e l’Islanda.
Hanno una forma a lente: al centro si trova la zona di alimentazione (bacino
collettore) e ai margini masse di ghiaccio che fluiscono verso il mare a velocità
relativamente elevate (sino a 1 km/anno). Quando i ghiacci entrano in acqua,
ricevono una spinta verso l’alto che li frantuma e così si formano gli iceberg:
enormi blocchi di ghiaccio che si distaccano dal ghiacciaio e vanno alla deriva
verso latitudini più basse, fondendo lentamente. Nelle zone polari, il ghiaccio può
originare anche dal congelamento delle acque marine che avviene a -3°C (quando
l’aria è tra -5 e -10°C) e viene chiamato banchisa polare che in estate si frantuma
in lastre che vanno alla deriva (pack).
- Ghiacciai di montagna: caratterizzati dal fatto che sono posizionati lungo un
pendio o alla sua base e possono essere di vario tipo.
I ghiacciai vallivi si originano da nevai situati all’interno di depressioni a forma di
anfiteatro (circhi), che fungono da bacino collettore perché sono situati al di sopra
del limite delle neve permanenti. Dal circo il ghiacciaio si estende verso il basso,
di solito lungo la valle, per mezzo della lingua glaciale, che scende al di sotto del
limite delle nevi permanenti fungendo da bacino ablatore. La parte terminale della
lingua glaciale prende il nome di fronte del ghiacciaio e da esso si originano
piccoli torrenti che raccolgono l’acqua di fusione. Il fronte arretra, di norma, nella
stagione estiva e avanza in quella invernale (ghiacciai delle Ande e delle
Montagne Rocciose).
Se più lingue glaciali si uniscono in un unico bacino ablatore (lungo 70-80 km, si
forma un ghiacciaio composto (o himalayano).
I ghiacciai di circo sono di piccole dimensioni, privi di lingua glaciale e si adattano
come forma al loro contenitore (tipo prevalente nelle Alpi).
Movimento dei ghiacciai
I ghiacciai scorrono lentamente verso il basso, sospinti dalla forza di gravità: si
comportano come un fluido a elevata viscosità e non come un unico blocco rigido.
La velocità di avanzamento di un ghiacciaio dipende dalla pendenza del piano su
cui scorre, dal suo spessore, dalla spinta generata dal peso delle masse nevose
che si raccolgono nel bacino collettore, dalle caratteristiche morfologiche del
fondovalle (più o meno sconnesso) e dalla temperatura.
Nei climi temperati, il ghiaccio si muove scivolando sulle rocce del fondo, grazie
all’azione lubrificante svolta dall’acqua di fusione, di solito abbondante. La
fusione, infatti, è favorita dall’insolazione e dal riscaldamento dovuto all’attrito con
le rocce e dal calore che fuoriesce dall’interno della Terra → ghiaccia temperati
sono i più veloci.
Nei ghiacciai polari è assente l’acqua di fusione e quindi il movimento è prodotto
dalla deformazione della massa gelata.
Movimento dei ghiacciai
In una sezione trasversale del ghiacciaio, la zona
centrale è quella che si muove più rapidamente,
per il minore attrito con le pareti rocciose.
In una sezione verticale-longitudinale la velocità
aumenta dal basso verso l’alto, poiché la parte
basale possiede solo la velocità di scorrimento sul
fondo, mentre la parte superficiale anche quella di
deformazione interna.
Movimento dei ghiacciai
L’interno del ghiacciaio, sottoposto a notevoli pressioni, si deforma plasticamente;
mentre gli strati superficiali (zona di fratturazione), non sottoposti alla medesima
pressione di carico, sono più fragili e tendono a fratturarsi, sia per l’attrito contro le
rocce dei versanti della valle, sia nel caso in cui il ghiacciaio incontri dei dislivelli.
Si formano allora i crepacci: fratture profonde fino a 50 metri, che possono essere:
trasversali (nel caso di brusche variazioni di pendenza); longitudinali (quando il
ghiaccio si allarga in uno spazio più ampio); obliqui (per l’attrito con le pareti rocciose
laterali).
Possono anche richiudersi, quando la pendenza si riduce, e lasciare cicatrici (vene
di ghiaccio blu) che favoriscono sovrascorrimenti tra le parti superficiali del
ghiacciaio.
Se il fondo valle è molto sconnesso, i vari tipi di crepacci coesistono e dal loro
intersecarsi si possono formare i seracchi: blocchi irregolari di ghiaccio a forma di
torre.
La velocità di scorrimento dei ghiacciai varia da 1 a 300 m all’anno ed è massima in
estate.
Azione di modellamento dei ghiacciai
I ghiacciai modellano il territorio attraverso: erosione,
trasporto e deposito.
Esarazione glaciale: azione erosiva di tipo meccanico
dovuta al movimento dei ghiacciai, in particolare derivante
dall’attrito tra la massa di ghiaccio e le rocce. È potenziata
dall’intensa opera di abrasione che i ciottoli e i frammenti
rocciosi trasportati dal ghiaccio esercitano contro le pareti
rocciose (striature glaciali).
Il processo erosivo viene completato dall’estrazione:
sradicamento di blocchi di roccia dalla loro sede: più
intensa sui lati e al fronte dei ghiacciai ed è opera del
ghiaccio che, grazie alla sua plasticità, si insinua nelle
fessurazioni delle rocce, esercitando una pressione
notevole che allarga le fratture; nei climi temperati è
favorita dall’alternarsi del gelo e del disgelo.
I ghiacciai esercitano un’azione erosiva diversa da quella
dei fiumi: tendono ad accentuare le irregolarità del terreno
preesistenti e non ad appianarle.
Azione di modellamento dei ghiacciai
Effetti dell’erosione:
Le valli glaciali a U sono diverse dalle valli fluviali a V: hanno fondo piatto e pareti
ripide: poiché i ghiacciai esercitano pressioni su tutto il fondovalle, anche
lateralmente, poiché non si adattano alla morfologia preesistente.
Spesso accade che, nella valle principale percorsa da un ghiacciaio, confluiscano
lingue glaciali minori: queste, dotate di potenza erosiva minore, scavano in misura
inferiore le valli che le ospitano, che risultano perciò sopraelevate rispetto alla valle
principale (valli sospese o pensili). Successivamente, al ritiro dei ghiacciai, i torrenti
e i fiumi che vi scorrono superano il dislivello che si è creato formando delle cascate.
Azione di modellamento dei ghiacciai
Effetti dell’erosione:
Circhi: sono depressioni di forma circolare che si
allargano per l’azione erosiva esercitata dal
bacino collettore di un ghiacciaio. In seguito al
ritiro dei ghiacciai, molti circhi si sono trasformati
in laghetti (laghi di circo).
Fiordi: sono valli glaciali che si sono formate in
fase di regressione marina e che,
successivamente, sono state invase dal mare.
Azione di modellamento dei ghiacciai
Forme di deposito glaciale:
I ghiacciai trasportano i prodotti della loro azione
erosiva e quelli derivanti dalla degradazione
meteorica: detriti di varia dimensione: farina di roccia
(sedimento finissimo prodotto dall’esarazione), ciottoli
e grossi blocchi rocciosi (chiamati massi erratici).
Tutto il materiale inglobato nel ghiacciaio, quando il
ghiaccio fonde, viene abbandonato: si formano
depositi glaciali detti morene, costituiti da sedimenti
(till) di dimensione molto varia. Possiamo distinguere
morene laterali(lungo i lati del ghiacciaio), di fondo
(ricoprono il fondo della valle e sono costituite da
materiali fini, limo, prodotti dall’azione erosiva del
ghiacciaio sulle rocce del fondo), mediane (formate
dall’unione di due morene laterali) e frontali (sono
depositate dal fronte del ghiacciaio e assumono una
forma arcuata). PAGINA 211
Permafrost
In prossimità dei ghiacciai vi sono regioni in cui la temperatura estiva non
raggiunge valori tali da causare la fusione del ghiaccio del terreno. Il suolo quindi
rimane perennemente gelato e prende il nome di permafrost: zone caratterizzate
dalla sua presenza sono dette ambienti periglaciali.
In zone in cui la temperatura supera in alcuni periodi dell’anno gli 0°C il permafrost
è sottile e alternato con suolo non gelato (permafrost discontinuo).
Lo strato più superficiale di terreno risente maggiormente delle variazioni termiche
stagionali: in inverno è gelato (spessore da 50 cm ad alcuni metri), mentre nel
periodo estivo è molle e acquitrinoso: imbevuto di acqua proveniente dalla fusione
del ghiaccio superficiale, che non può infiltrarsi nel terreno sottostante ghiacciato.
Acque sotterranee
Le acque del sottosuolo rappresentano il 30% delle acque continentali e sono la
principale fonte di acqua dolce esistente sul pianeta.
La quasi totalità delle acque sotterranee deriva dalle precipitazioni.
La capacità di un suolo di assorbire acqua e di permetterne il percolamento (flusso
verso il basso) dipende da diversi fattori: permeabilità dei sedimenti o delle rocce
che lo costituiscono, presenza di acqua sotterranea e copertura vegetale.
- Permeabilità: è la capacità di un sedimento o di una roccia di farsi attraversare
dall’acqua: dipende dalla porosità e dal grado di fratturazione della roccia. La
porosità è dovuta alla presenza di spazi vuoti tra i granuli di un sedimento o
all’interno di una roccia; è definita come il rapporto esistente tra il volume
complessivo dei pori e quello totale della roccia. Un aumento di porosità accresce
la permeabilità di una roccia, che però dipende anche dalle dimensioni dei granuli
che la costituiscono: rocce con granuli grossolani (ciottoli e ghiaie) presentano
ampi spazi vuoti in cui l’acqua scorre facilmente. Rocce con granuli molto fini,
invece, hanno pori piccolissimi che trattengono l’acqua (es. argille che sono
impermeabili). Anche nel caso in cui i pori non sono comunicanti la roccia risulta
impermeabile.
Permeabilità
La permeabilità di una roccia è influenzata anche dalla sua fratturazione: fratture e
fessure, spesso presenti nelle rocce superficiali per l’azione degli agenti esogeni,
permettono all’acqua di penetrare all’interno.
- L’infiltrazione dell’acqua nel suolo dipende molto dal grado di
saturazione del sottosuolo: nei terreni argillosi diminuisce molto
dopo che la pioggia ha riempito i pori; mentre, nei terreni sabbiosi,
grazie al rapido percolamento dell’acqua verso gli strati profondi, si
mantiene abbastanza elevata anche dopo intense piogge.

- La presenza di copertura vegetale boschiva favorisce


l’assorbimento di acqua da parte del terreno (perché a loro volta le
piante assorbono acqua dal sottosuolo) e riduce il ruscellamento.
Falde acquifere
L’acqua piovana si infiltra nel terreno e
discende per gravità attraverso gli strati
rocciosi permeabili fino a quando non incontra
uno strato impermeabile, al di sopra del quale
comincia ad accumularsi formando una falda
freatica: una riserva di acqua dolce non
soggetta a evaporazione.
L’acqua occupa tutti gli spazi vuoti all’interno
delle rocce permeabili, che sono perciò sature
di acqua. Uno strato di roccia porosa e
permeabile che può contenere acqua viene
chiamato acquifero.
Una falda è delimitata superiormente dalla
superficie freatica, attraverso la quale la falda
si alimenta e che si comporta come la
superficie di un lago: si innalza nei periodi di
forte piovosità e si abbassa nei periodi di
siccità.
Falde acquifere
Falda artesiana: falde che sono delimitate anche
superiormente da uno strato impermeabile e in cui
l’acqua risulta perciò compressa tra due strati
impermeabili. In questo caso l’acquifero viene
detto confinato. Una falda artesiana si alimenta in
una zona circoscritta, la zona di alimentazione,
che si trova sempre a monte rispetto ad essa (a
quota più elevata). Molte oasi del Sahara sono
localizzate su falde artesiane.
Se si scava un pozzo fino a perforare totalmente lo
strato impermeabile superiore l’acqua risale
spontaneamente (per la forte pressione esercitata
dall’acqua nell’acquifero) sino a raggiungere il livello
piezometrico (corrisponde al livello della falda nella
zona di alimentazione).
Pozzi artesiani: sono pozzi che attingono a un
acquifero confinato ed è zampillante se si trova la di
sotto del livello piezometrico, per cui l’acqua arriva in
superficie a forte pressione, formando un getto.
Sorgenti
Quando le acque sotterranee tornano spontaneamente in superficie formano le sorgenti.
Questo può accadere per vari motivi:
- quando la falda interseca un pendio: sorgente di deflusso;
- Quando trabocca da uno strato impermeabile concavo verso l’alto: sorgente di trabocco;
- Quando fuoriesce da cavità sotterranee: sorgente carsica.
Se dalla sorgente sgorga acqua con una temperatura superiore ai 20°C si parla di sorgenti
termali. Le caratteristiche di un’acqua di sorgente dipendono dalla quantità totale di Sali disciolti,
indicata sull’etichetta dell’acqua imbottigliata come residuo fisso a 180°C (mg/l).
Unità C2: da pagina 190 a 214
Video:
Fiumi:
https://www.youtube.com/watch?v=9bSaXK_gxjk
Velocità di un fiume:
https://www.youtube.com/watch?v=Rk6nsFAkuUY
Come si formano i meandri:
https://www.youtube.com/watch?v=4Oolz45IWRA
Profilo longitudinale di un ghiacciaio
https://www.youtube.com/watch?v=HbxB1-uLSr0
Falde idriche:
https://www.youtube.com/watch?v=6fUetJlQmxg
Fiumi e Laghi:
https://www.youtube.com/watch?v=VQ3Fqu5UWbU
Ghiacciai e Acque sotterranee:
https://www.youtube.com/watch?v=2RAnYKydbGs

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