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LEZIONE 08/10/2021

IDROSFERA ED ECOLOGIA FLUVIALE

La lezione sarà finalizzata ad introdurre i concetti di base della struttura dell’idrosfera per poi
studiare gli aspetti di tipo funzionali. L’acqua, come ben sappiamo, è fondamentale per svolgere
processi biochimici di tipo cellulare, ma anche perché la disponibilità dell’acqua dolce è limitata. I
fiumi contengono lo 0,0001% della quantità totale di acqua e sono trasportatori di acqua e nutrienti.
I fiumi possono essere identificati come le proprietà emergenti degli ambiti territoriali che drenano.
Spesso abbiamo la distinzione tra la litosfera, ambito delle rocce minerali e componenti solidi degli
habitat, e l’idrosfera, ma in realtà questa visione deve essere superata con una visione olistica e,
quindi, deve essere visto tutto come un insieme che interagisce con il contesto territoriale in cui si
originano. I fiumi, quindi, possono essere definiti come le proprietà emergenti di unità territoriali e
non possono essere considerati come qualcosa di diverso. L’importanza centrale dei fiumi si rifà
anche alla storia e l’evoluzione delle comunità umane. L’interazione con i sistemi fluviali, infatti,
segna il passaggio dai cacciatori/raccoglitori alle prime civiltà basate sull’addomesticamento degli
animali e le prime pratiche di agricoltura. La Mesopotamia, ad esempio, si trova tra il fiume Eufrate
e il fiume Tigri. I sistemi fluviali forniscono una serie di servizi essenziali, tra cui:

- Fornire acqua e sostanze nutritive per l’agricoltura e gli ecosistemi.


- Fornire habitat a flora e fauna diversificate.
- Fornire percorsi per il commercio.
- Fornire aree di svago e benessere.
- Fornire elettricità (transizione ecologica per sostituire il consumo di risorse fossili).

I fiumi vengono definiti come corsi d’acqua naturale che scorrono sulla superficie terrestre in estese
formazioni vallive, cioè all’interno di strutture a forma di canali che drenano aree discrete della
terra ferma con un gradiente naturale. L’esistenza di un fiume dipende da:

- La disponibilità di acqua superficiale.


- Un canale nel terreno.
- Una superficie inclinata.

In presenza di queste condizioni si può avere la presenza di un sistema fluviale, in particolare in


presenza di un eccesso di risorsa idrica. Il fiume rappresenta l’eccesso di precipitazione
sull’evaporazione per una certa area terrestre. L’unità di riferimento è quella di un bacino
idrografico. Quest’eccesso di precipitazione, legata ai cicli di deposizione associati al ruolo
fondamentale dell’atmosfera (ciclo del vapore acqueo legato alle celle di Hadley), si compara
rispetto ad altro fattore chiave, ovvero l’evapotraspirazione. Il tasso di evaporazione può variare in
base all’altitudine, la latitudine e la longitudine e se all’evaporazione aggiungiamo gli elementi
biologici all’interno del sistema si parla di evapotraspirazione. Quando l’evaporazione dell’acqua
non consuma tutta la risorsa idrica all’interno di una determinata unità di superficie, vuol dire che vi
è un eccesso di acqua in forma liquida sulla superficie stessa e che può andare a facilitare la
formazione di un fiume o un corpo idrico. Le condizioni minime che permettono la presenza di
acqua sulla superficie terrestre di un sistema fluviale riguardano delle dimensioni multipli, in
particolare quattro:

- Dimensione longitudinale. Un fiume ha una sorgente e una foce. Il fiume, quindi, è il


corpo idrico che ricollega la sua sorgente con la foce.
- Dimensione laterale. L’alveo fluviale e, quindi, il corpo idrico propriamente detto
contenente la massa acqua, è in grado di modulare la propria estensione e dimensione.
Infatti, quando piove molto i fiume aumentano la propria portata andando fuori dal loro
alveo. I fiumi, quindi, possono aumentare il loro volume, la loro massa e la loro portata.

- Dimensione verticale. I sistemi fluviali possono essere considerati come delle proprietà
emergenti del territorio. Il fiume non è solo costituito dall’acqua che si vede all’interno
dell’alveo, ma è costituito anche dall’acqua che si trova e che imbibisce il letto fluviale.
Abbiamo, quindi, un contatto diretto tra l’acqua superficiale e quella definita come l’acqua
del corpo idrico di falda o sottostante. Non vi è una netta separazione tra l’acqua libera che
fluisce nella superficie e quella contenuta negli strati del suolo. L’acqua utilizzata ai fini
dell’agricoltura, infatti, viene ottenuta da pozzi e pompe che ottengono l’acqua che si trova
negli spazi che si trovano nelle superfici più profonde della superficie terrestre. In questo
senso, diventa fondamentale anche conoscere l’origine geologica del terreno. In
conclusione, i fiumi in qualche modo interagiscono con l’acqua all’interno della matrice,
fattore che costituisce questa terza dimensione.

- Dimensione temporale. Integra le tre dimensioni precedenti. I fiumi possono essere


soggetti ad un cambiamento nella loro portata lungo il corso dell’anno visto la presenza
delle diverse stagioni. La stagionalità dei flussi nei contesti temperati descrive e caratterizza
la dimensione temporale

Queste quattro dimensioni interagiscono fra di loro e influenza il funzionamento di questi sistemi.
La disciplina che si occupa di studiare i sistemi idrico è la l’idrologia. In relazione a questa
disciplina si possono studiare i corpi idrici statici, come i laghi, e i corpi idrici dinamici, come i
fiumi. Si parla di sistemi lentici, da lente, e sistemi lotici, da Lot. I sistemi statici sono più
facilmente studiabili rispetto a quelli dinamici data la variabile della dinamicità. Infatti, quando è
nata questa disciplina furono studiati principalmente i laghi, mentre recentemente sono state
sviluppate le tecnologie adatte per studiare i fiumi. La forma, le dimensioni e il contenuto di un
fiume possono cambiare costantemente, innescando una stretta interdipendenza tra il fiume e il
bacino. Il bacino ci dà informazioni sulla quantità di risorse a disposizione che transita all’interno
dei fiumi, che sono il sistema di connessione del distretto di tipo idrologico. Una delle principali
problematiche legate al tema della sostenibilità nella produzione agricola e zootecnica è la quantità
di acqua necessaria per ottenere un’unità di produzione, ma anche per mantenere i nostri fabbisogni
di base. Il sistema fluviale, quindi, non si può vedere come un corpo che esiste di per sé, che ha una
sua autonomia funzionale, infatti, non possiamo scollegare il fiume dal concetto del bacino.

Come abbiamo detto, un fiume esiste quando l’evapotraspirazione o l’evaporazione è inferiore alla
disponibilità della risorsa idrica. I fiumi, infatti, dipendono dal macroclima e le loro caratteristiche
sono strettamente legate ai regimi di precipitazioni e all’evaporazione. Possiamo distinguere tre
tipologie di sistemi fluviali:

- Fiumi perenni o permanenti. Sono la tipologia più affine perché caratterizzati da un


costante flusso di acqua durante tutto l’anno, indipendentemente dalla stagione. Questi fiumi
si ritrovano in territori in cui le precipitazioni superano le evaporazioni. Nel bilancio dello
scambio d’acqua tra l’atmosfera e la Terra le deposizioni superano i contributi terrestri.

- Fiume periodici. Per alcuni flussi temporali il fiume e l’alveo si può seccare durante alcune
fasi stagionale. Questi eventi si trovano in regioni in cui l’evaporazione supera le
precipitazioni medie annue, ma periodicamente le precipitazioni sono maggiori. Anche
questo è un dato non marginale perché si lega all’ipotesi di avere a disposizione o meno
d’acqua per fini multipli, tra cui l’agricoltura. Sicuramente per un bisogno agricolo è più
conveniente avere dell’acqua che scorre continuamente e che è ottenuta da una qualsiasi
opera di presa, come una diga o una pompa dal sottosuolo. La disponibilità di risorse idriche
è uno dei primi fattori che spiegano il PIL o la capacità produttiva di un Paese, per cui la
risorsa idrica sicuramente è un fattore centrale per lo sviluppo, perciò è necessario averla
presente in superficie e in forma liquida.

- Fiumi episodici o effimeri. Presenti, ad esempio, nelle zone appenniniche, in particolare nel
nostro caso nell’appennino parmense. I torrenti appenninici sono caratterizzati, anche se
praticamente secchi durante l’estate, di alvei molto più grandi rispetto a quelli alpini, anche
in presenza di portate o deflussi di ordine di grandezza inferiori. Questo perché sono
associati da eventi pulsati che in poche ore possono portare a portate significative molto più
grandi con valori di picco superiori rispetto a quelli che si possono avere sul lato sinistro
della pianura padana e, quindi, di tipo alpino. La dimensione dell’alveo è legata alla quantità
di energia che il sistema è in grado istantaneamente di esprimere. Quindi, la dimensione non
è data dalla sommatoria dell’energia, ma dalla fluttuazione dell’energia e dai picchi massimi
che quest’energia, come energia dinamica, può esprimere in un determinato sistema.

Anche questo è un fattore importante perché suggerisce come analizzare i fenomeni naturali.
Siamo abituati a utilizzare come fattore descrittivo dei fenomeni il valore, ma molto spesso
questo valore medio non ha una corrispondenza reale, ma semplicemente è un valore di
riferimento. In realtà, si devono utilizzare altri descrittori più significativi nell’indicare certe
peculiarità. Alcuni metodi, quindi, sono la mediana, che distribuisce la variabilità dei dati in
due metà; o la deviazione standard. In questo caso, il funzionamento dei sistemi avviene per
i valori massimi, cioè le portate che hanno la maggiore energia sono quelle che definiscono
la struttura del sistema e non la portata media.

Bacino idrografico o distretto idrografico

Il bacino idrografico è un concetto cardine del sistema fluviale e lo possiamo definire come tutte le
superfici di terra e acqua che concorrono ad alimentare un fiume o un lago, chiamato anche bacino
di drenaggio o sparti acque. Quando si osserva un fiume, si deve osservare anche il bacino
idrografico da cui si origina. Quando si studiano i fiumi diventa fondamentale caratterizzarli alla
corretta scala spaziale. La scala spaziale si associa alle quattro dimensioni fluviale, diventando uno
strumento importante per poterli caratterizzarli. Questo ci permette di poter ragionare, caratterizzare
e qualificare i sistemi fluviali a diverse scale spaziali che vanno dai segmenti di bruscello, quindi,
sistemi piccoli dal punto di vista dimensionale, fino ai livelli ancora più ridotti come i microhabitat.
Dobbiamo essere consapevoli che a livello di ciascuna di queste diverse scale di indagine dei
sistemi fluviali avvengono processi e interazioni biotiche/abiotiche fondamentali e differenziate. In
poche parole, si può passare dall’unità fondamentale, che è quella del bacino idrografico, al
segmento fluviale fino all’unità di base, che può riguardare lo studio delle macromolecole, dei
microrganismi, oppure lo studio dei detriti fogliari, piccole rocce o la ghiaia appressata sul letto
fluviale. Tutte questi componenti spiegano come funziona il fiume in termini generali.

Per aiutare, data l’importanza del livello scalare nello studio dei sistemi fluviali, sono stati addottati
diversi modelli di tipo descrittivo. Quello più fondamentale è lo studio delle reti di deflusso
attraverso l’identificazione dell’ordine fluviale. L’ordine fluviale identifica le unità di base della
struttura del bacino a partire dalle sorgenti dei fiumi, quindi, in presenza di una sorgente si
identificano i corsi di acqua di ordine 1°.
Nel momento in cui questo segmento fluviale intercetta un altro corso idrico e vi è la
confluenza, a valle di questa confluenza il sistema aumenta l’ordine e passa ad
essere di ordine 2°. Così via dicendo fino agli ordini superiore tra 8° e 12°.
Ricordiamo che per fare il salto d’ordine si devono incontrare due corsi fluviali dello
stesso ordine. L’ordine fluviale da un’informazione sulla complessità del bacino a
monte e un’informazione sulla dimensione fluviale. Più l’ordine è elevato più il
sistema fluviale è complesso e di grandi dimensioni, perché è stato generato da una
serie importanti di confluenze fluviali.

Corridoi fluviali e morfologia del canale

Da un punto di vista strutturale e paesaggistico di un sistema fluviale possiamo identificare tre


componenti di un corridoio fluviale:

- Alveo attivo o canale di deflusso. La parte più dinamica del sistema in cui abbiamo l’acqua
fluente.

- Piana alluvionale. Vi sono delle fasce in cui il fiume è libero di fluire.

- Zona di transizione o terrazzi fluviali. Sono ambiti territoriali non interessati dal deflusso
delle acque ma che storicamente sono legati alla presenza del corpo idrico.

È possibile in termini di sezione laterale identificare gli elementi essenziali del corpo idrico, in cui
si ha il corpo idrico propriamente detto, quello che riconosciamo come sistema fluviale, e i contesti
laterali su cui cresce e si sviluppa la vegetazione offrendo habitat per il mantenimento della
biodiversità. Di fatto, gli ecosistemi fluviali sono tra i sistemi a maggiore biodiversità a livello
mondiale, nonostante la ridotta rappresentatività spaziale (il fatto che rappresentano una quota
irrisoria della totalità di acqua disponibile a livello mondiale) ospitano circa il 10% della
biodiversità complessivamente presente a livello mondiale. Sono gli ecosistemi che hanno il
maggior rapporto tra superficie occupata e specie ospitate. È per questo che diventa centrale trovare
un equilibrio tra l’utilizzo della risorsa idrica e il mantenimento degli ecosistemi. Per altro, il tasso
di estensione associato alla biodiversità acquatica di acqua dolce è un ordine di grandezza superiore
rispetto a tutte le altre componenti della biodiversità a livello globale.

Piana/Pianura inondabile

Il fiume interagisce in modo significativo con il contesto che attraversa, in particolare quando il
fiume entra nelle piane alluvionali, in cui perde pendenza ma acquista energia dovuta alle
dimensioni, si determinano con il contesto che sono comuni a livello di tutti i sistemi di pianura a
livello globale. Il sistema fluviale crea interazioni morfologiche caratteristiche e assume un
andamento meandriforme (serpeggiante), in cui la convoluzione e, quindi, l’ampiezza delle spire e
la modalità con cui interagisce nelle piane, è legata all’energia, alla dimensione e alla natura
geologica della piana che viene attraversata dal sistema fluviale. Sono tutta una serie di fattori
esogeni che insieme alla quantità di acqua ed energia associati al sistema fluviale può portare alla
creazione dei meandri e di ambienti laterali marginali che sono di particolare importanza ambientale
naturalistica. Questi sistemi vengono chiamati lanche, che sono ciò che rimane degli antichi alvei
fluviali nel movimento meandriforme del sistema fluviale nella piana.
Sono molte le forze e le modalità che interagiscono fra di loro per associare i fiumi nei contesti di
pianura. Questo è importante perché, a seconda della pendenza e del substrato i fiumi possono
cambiare la loro conformazione dando origine a sistemi complessi rappresentati dalle forme che i
fiumi stessi possono prendere per la trasformazione massiccia dei contesti di pianura. In origine i
fiume, soprattutto di pianura ad alta energia, erano caratterizzati da avere un comportamento detto
brided, ovvero a canali incrociati fra di loro, creando una moltitudine di habitat estremamente
importanti per mantenere la biodiversità. Quindi, quando parliamo di dinamiche fluviali, sono
processi significativi perché possono modificare gli ecosistemi e gli habitat.

Es. L’immagine si riferisce al tratto centrale di Po. Anche la pianura padana era caratterizzata da
questa tipologia di tipo fluviale che a poco a poco è scomparsa a seguito della restrizione degli alvei
fluviali dopo la trasformazione del territorio di pianura da quello che era una pianura occupata da
boschi prima della romanizzazione alla bonificazione dei territori con il conseguente cambiamento
della conformazione e la dimensione del fiume Po. Il Po è stato uno dei primi fiumi ad essere stato
oggetto di manomissione strutturale. Il tratto terminale di Po è stato rettificato a partire dal XIV –
VX secolo da parte degli Estensi e la sua gestione è stata una delle principali cause di conflitto tra lo
Stato pontificio e la Repubblica di Venezia. Quando parliamo di dinamiche fluviali, parliamo di
processi significativi che possono modificare in maniera importante gli habitat. Di questi sistemi
rimane poco, soltanto, vi sono solamente alcuni in buono stato di conservazione, tra cui il tratto
terminale del fiume Trebbia, di cui rimane una certa dinamicità fluviale, caratterizzata da isole, rami
primarie e secondarie e pozzi isolati all’interno dell’alveo attivo.

Raschi, pozze e salti

Vi sono tutta una serie di elementi importanti da un punto di vista strutturale che caratterizzano la
complessità fluviale. Abbiamo visto le dimensioni, le modalità d’interazione del fiume con la piana
alluvionale, ma all’interno del fiume abbiamo una diversità strutturale dovuta a come si distribuisce
l’energia associata alla massa d’acqua. La massa d’acqua è la componente fondamentale di un
corpo idrico e a cui si associa la massa solida. Infatti, i fiume non trasportano soltanto acqua, ma
anche tutto il particellato associato alla massa d’acqua. Si parla, quindi, di bilancio liquido e di
bilancio solido di un sistema fluviale. Il bilancio solido è legato alla sabbia, alla ghiaia e ai sassi che
a seconda del tratto fluviale e dell’energia associata il fiume è in grado di trasportare. Le grandi
isole del Po, prima delle rettificazioni attuate negli anni ’30 del secolo scorso, migravano ogni anno
una decina di metri verso la foce. Attualmente tutti i grandi sistemi di costa hanno il problema
dell’erosione delle sponde e coste e, quindi, la perdita delle spiagge. Si perdono le spiagge perché i
fiumi non portano più materiali solidi verso il mare. La sostenibilità è un obbiettivo difficile da
conseguire ma si può ottenere analizzando tutti gli effetti negativi e positivi di un determinato tipo
di processo. La realizzazione di centrali idroelettriche tende ad annullare molti degli elementi
fondamentali di un sistema fluviale, tra cui le pool o pozze. Queste pozze sono dei meso abitat di un
sistema fluviale in cui si accumula l’acqua e apre molteplici modalità di sfruttamento, anche dal
nostro punto di vista, quella determinata unità. Poi ovviamente vi sono le altre parti del fiume che
sono meno profonde e scorrono più velocemente rispetto alle pozze. Inoltre, vi sono anche i riffle o
raschi, in cui l’acqua scorre velocemente perché si ha un aumento della pendenza. Vi sono anche i
glide, tratti in cui vi è uno scorrimento laminare dell’acqua. Questa complessità di habitat rende
unico il sistema fluviale, per cui tutte le infrastrutture che tendono a rompere queste unità hanno un
effetto notevole sul funzionamento del sistema. Ognuno di questi elementi è essenziale per il
mantenimento di determinati gruppi biologici che vivono nel sistema fluviale.
Paradigmi ecologici

Introduciamo quali sono i principali paradigmi ecologici per capire il funzionamento degli
ecosistemi fluviali. Si basano sull’analisi strutturale che abbiamo già accennato, cioè le dimensioni
fluviali e le modalità con cui i fiumi interagiscono con il bacino da cui sono alimentati. Sono tre i
paradigmi fino ad adesso elaborati per comprendere il funzionamento dei fiumi.

1. River continuum concept

Conosciuto anche come il concetto della continuità fluviale. È stato pubblicato nel 1980. Un
gruppo di ricercatori lavora sui fiumi perché gli ultimi dati sui sistemi fluviali sono drammatici,
infatti, più del 90% dei sistemi fluviali ha dei periodi di secca nel corso del periodo stagionale.
Anche nel contesto temperato dell’Italia settentrionale vi sono fiumi che vanno incontro a
prosciugamento estivo. Secondo questo paradigma la successione delle unità biologiche
fondamentali di un sistema fluviale cambia in modo caratteristico e ripetuto passando dalla sorgente
fino alla foce, quindi, lungo un aumento dell’ordine fluviale. In poche parole, segmenti fluviali di
basso ordine, conosciuti anche come head waters, sono caratterizzati da processi peculiari che
cambiano passando a ordini fluviale fra 3° e 6°, per poi successivamente arrivare a ordini fluviali
maggiori di 6° che sono quelli tipici delle pianure. Durante questo aumento dell’ordine fluviale
cambia una cosa fondamentale, ovvero la sorgente dell’energia che mette in moto i meccanismi
biologici di questi sistemi. In montagna, negli ordini fluviali bassi di un corso d’acqua vi sembra
che vi sia meno acqua rispetto alle componenti solide che caratterizzano l’alveo. Questo perché in
alta montagna le alte pendenze e l’intensità dei corpi idrici tutti gli elementi piccoli vengono
trasportati a valle. Anche quando vi è alta intensità di trasporto ed erosione il movimento dei detriti
più piccoli non si vede. In alta quota, quindi, nei sistemi fluviali di basso ordine l’acqua ha molta
energia e si sposta velocemente.

Tutti questi sono fattori che aiutano a organismi a vivere in quei ambienti; molto probabilmente gli
organismi che si ritrovano a quelle condizioni sono molto piccoli, tra cui micro o macroinvertebrati
di piccole dimensioni, adattati alle condizioni ambientali e dipendenti dalla quantità di energia in
gioco nel sistema. Inoltre, i torrenti attraversano foreste, di conseguenza vi è una minor radiazione
luminosa perché presa dagli alberi, per cui l’energia che raggiunge questi sistemi è indiretta e,
quindi, si avranno delle comunità ridotte, in cui l’unica principale sorgente di energia è data
elementi esogeni del sistema, tra cui le foglie rilasciate dagli alberi delle foreste. La sorgente, la
forma e la qualità di energia è importante perché è l’input di un determinato sistema. Tra le altre
cose che bisogna ricordare è che progressivamente muovendoci nei sistemi intermedi e di basso
livello cambia completamente la sorgente di energia che dall’esterno diventa interno. Si parla,
quindi, di tratti o ecosistemi eterotrofi, in cui la sorgente di energia è esterna ed è il caso, ad
esempio, di tratti fluviali di basso ordine. Progressivamente lungo il gradiente longitudinale si passa
ai sistemi autotrofi, in cui le disponibilità di nutrienti all’interno dell’acqua è sufficiente per
stimolare la produzione primaria e, quindi, per avere organismi acquatici autotrofi, come alghe o
piante acquatiche.

Il RCC ci dice che dalla sorgente alla foce progressivamente cambiano le comunità e le comunità
cambiano in funzione delle sorgenti di energia dominanti, ma sempre si riconosce una progressività
di trasformazione, cioè un continuo fluviale legato al progressivo cambio di stato. Non vi sono salti
discreti all’interno del sistema, ma vi è un continuo, perché ciò che sta a monte indirizza e modula i
processi che avvengono a valle. Quando si studia un tratto di alto livello, la sua funzionalità è
dipendente di ciò che succede a monte. Abbiamo, quindi, che a struttura delle comunità cambia e un
esempio classico del RCC è come varia la struttura dei macroinvertebrati, che sono una componente
animale di piccole dimensioni che vive nell’acqua, tra cui i tricotteri, gli odonati, i tafani, ecc.
Come vediamo, quindi, a seconda delle disponibilità di energia cambiano le specie dominanti e, ad
esempio, la comunità ittica che rappresenta la punta della catena della piramide trofica, la troviamo
a partire da un certo ordine fluviale in poi, perché è necessario che vi sia una certa struttura e
complessità della rete per poterli supportare. Questo concetto è molto importante, cioè un livello
trofico è supportato dal livello trofico sottostante. La grande impronta ecologica della nostra specie
è dovuta al fatto che ci serve una quantità molto alta di energia per svolgere la nostra vita, ma ciò è
possibile per livelli trofici sottostanti che sostengono la nostra produttività.

Tra gli invertebrati che rappresentano l’unità di riferimento per descrivere il passaggio funzionale
dalle acque di sorgente e quelli planiziali. Ciò che cambia fra queste specie è il ruolo che hanno
all’interno del sistema. All’origine vi sono i trituratori perché l’unica forma di energia all’interno
del sistema è dato dalle foglie, per cui gli organismi di questo tipo per sopravvivere al contesto
hanno sviluppato degli apparati boccali tali da triturare il materiale vegetale che viene dall’esterno.
Progressivamente con la complicazione della comunità più vi saranno trituratori sviluppato fino ad
arrivare ai predatori, che si servono dei trituratori. Inoltre, più si scende di quota e ampliando la
dimensione del sistema fluviale vi saranno anche alghe che crescono nel sistema e compariranno i
pascolatori, organismi che gli mangiano le alghe che crescono sulle rocce. In conclusione, andando
dalle sorgenti fino alla foce si ha una complicazione dei livelli tropici e delle comunità, ma
cambiano anche le dominanze funzionali. Se quando vi è poca energia vi sono i trituratori,
progressivamente scendendo lungo il fiume aumenterà l’importanza dei filtratori di acqua, che
assimilano le particelle trasportate dall’acqua, tra cui i molluschi, che utilizzano il materiale
particellato, algale o morto e lo trasformano in energia. I molluschi, quindi, presentano anche una
carica batterica elevata, infatti, i delta fluviali sono caratterizzati dal rischio batteriologico.
Consideriamo che nell’alto adriatico vi era il più alto tasso di crescita in Europa, tuttavia, da quando
hanno costruiti i depuratori a Milano i tassi di crescita si sono diminuiti perché l’acqua è di maggior
qualità. In alto adriatico si parla anche della rioligotrifizzazione, cioè abbassamento dei nutrienti a
seguito del miglioramento delle tecniche di depuramento dell’acqua, che però ha causato una
riduzione del pescato. In realtà, in origine i sistemi acquatici di acqua dolce erano tuti in condizioni
di povertà di risorse con bassi tassi di produzione, ma la perturbazione umana ha aumentato
notevolmente la produttività dei sistemi. Nella maggior parte dei casi questo è negativo, ma per
alcuni effetti collaterali può essere un effetto positivo perché gli organismi rispondono in modo
attivo alla disponibilità dei nutrienti. Ovviamente tali organismi non si pongo la questione se tali
nutrienti sono di origine antropica o di origine naturale, ma riconoscono semplicemente la maggior
o la minor quantità dei nutrienti.
LEZIONE 13/10/2021

Seguiamo la spiegazione sui tre paradigmi sul funzionamento dei sistemi fluviali elaborati e
pubblicati a partire dagli anni ’80 del secolo scorso.

1. River continuum concept (continuazione e riepilogo)

Il RCC è stato successivamente ampliato con il concetto del Flood – Pulse concept, conosciuto
anche come il Concetto della Piena Pulsata. Nei tre paradigmi che stiamo prendendo in
considerazione, gioca un ruolo fondamentale il concetto dell’ordine fluviale e della complessità del
sistema fluviale analizzato. Vediamo, quindi, che vi è una continuità tra l’approccio descrittivo dal
punto di vista strutturale idrogeomorfologico, fondamentale per comprendere il funzionamento
degli ecosistemi. La stessa cosa è stata fatta nei sistemi acquatici, in particolare nelle cosiddette
fresh water o acque dolci, nel senso che prima sono state approcciate da un punto di vista strutturale
per poi studiare l’insieme dei processi che sottostanno a quella complessità strutturale di tipo
abiotica e biotica. Questo concetto è essenziale anche quando si applica nel contesto del cibo,
infatti, è fondamentale conoscere gli elementi che costituiscono il sistema per andare a capire quali
sono i ruoli che i singoli elementi svolgono. Il concetto, quindi, può essere applicato sia ad un
ecosistema che ad una filiera produttiva, come ad esempio la molto nota “Farm to fork”, ovvero la
direttiva dal campo al piatto.

Il primo paradigma è un tentativo che, sulla base delle conoscenze che abbiamo, ci permette di
comprendere e descrivere le funzioni dei sistemi lotici dalla loro sorgente fino alla foce, cercando di
spiegare la variazione dei tratti che li costituiscono in relazione alle diversità del loro ambiente e del
contesto territoriale in cui si inseriscono. Con questo introduciamo il concetto secondo il quale i
sistemi fluviali non sono altro che le proprietà emergenti del bacino idrografico. Infatti, non si può
utilizzare la risorsa idrica senza conoscere l’origine di quel corpo idrico. Il RCC ci permette di
capire perché dalla sorgente alla foce di qualsiasi corso idrico si possono osservare dei cambiamenti
strutturali e funzionali fondamentali. Passando dagli ordini fluviali inferiori, quelli associati ai
piccoli corsi di montagna, fino a quelli di ordine superiori, associati ai grandi corsi di pianura (Po),
cambiano le comunità biologiche che vivono e che svolgono funzioni fondamentali all’interno del
sistema fluviale. Consideriamo che il nuovo approccio selezionato per ricostruire il legame tra i
cittadini e la natura è l’escamotage dei servizi ecosistemici, cioè tutti quei beni che l’ecosistema è in
grado di offrire a noi come specie umana per permetterci di svolgere la nostra vita. Uno dei servizi
ecosistemici fondamentali è la fornitura di acqua potabile, un servizio fondamentale perché l’acqua
viene continuamente autodepurata dai sistemi acquatici e dagli organismi che sono presenti nei
sistemi acquatici, in particolar modo le piante. Capire il cambiamento delle comunità biologiche è
essenziale perché ci offre la possibilità di comprendere i servizi ecologici fondamentali.

Le differenze tra i diversi ordini fluviali nell’ambito del paradigma del RCC è quello di manifestarsi
sotto forma di geomorfologia, quindi, struttura e dimensione; percorsi energetici; diversità e
abbondanza relativa di gruppi funzionali, cioè di microrganismi biologici che vivono in un
determinato ambiente. Essi possono essere classificati classicamente sulla base del riconoscimento
sistematico tassonomico. Tuttavia, gli individui e le specie di un sistema riconosciuto possono
anche essere riconosciuti da un punto di vista funzionale e non evolutivo, nel senso che si
attribuisce all’individuo un ruolo all’interno della comunità. Questo approccio è utile per
comprende gli ecosistemi perché ci permette di confrontare contesti geografici e temporali distanti
fra di loro.
Nell’ambito del RCC emerge l’importanza dell’analisi di tipo funzionali, come ad esempio le
relazioni trofiche. Di queste si parlerà più in dettaglio con le relazioni biotiche – abiotiche. A
seconda di qual è la fonte energetico prevalente all’interno di un tratto fluviale, ecosistema o habitat
si determineranno i gruppi che risponderanno e che si stabiliranno in quel segmento. La
classificazione fondamentale tra i diversi gruppi funzionali riguarda, ad esempio, il tipo di
alimentazione. La specie umana, ad esempio, è considerata omnivora. Gruppi di specie e
popolazioni di individui possono essere granivore, vegetariane, carnivore, ecc., ma a differenza
della specie umana, che sceglie la propria alimentazione secondo la propria scelta, nelle specie
animali l’alimentazione si determina per fattori storici. La divisione delle specie in gruppi
funzionali a seconda dell’alimentazione si è fatta anche, ad esempio, per la componente
amacroventos, che sono quegli organismi di piccole dimensioni che vivono o che svolgono una
parte della loro vita all’interno del corpo idrico fluviale.

Per comprendere la successione delle comunità lungo il gradiente sorgente – valle si parte dai primi
tratti, conosciuti come tratti montani. I primi ordini fluviali sono caratterizzati, quindi, dalla scarsa
presenza di produttori primari, ovvero di organismi vegetali in grado di svolgere la fotosintesi
clorofilliana. Questo ci dice che la quasi totalità dell’energia all’interno del sistema non è prodotta
al suo interno, ma all’esterno di quell’unità che stiamo analizzando. In queste condizioni il sistema
è conosciuto come un sistema eterotrofo. Tendenzialmente, la categoria eterotrofo o autotrofo la
applichiamo a livello degli individui e delle specie; tuttavia, può anche essere applicata ai sistemi e
agli ecosistemi. Un tratto fluviale è eterotrofo quando la produzione interna di energia è inferiore
alla quantità di energia che viene consumata all’interno di quel tratto. I tratti fluviali di basso ordine,
quindi, sono caratterizzati da essere eterotrofi e avere una bassa produzione energetica interna.
Questo si traduce in un ridotto numero di individui che possono vivere in quelle condizioni. I
sistemi di questo tipo esistono e funzionano perché la maggior parte della sorgente organica ed
energetica è esogena, rappresentata principalmente da materiale vegetale che andrà in
decomposizione. Ciò accade, ad esempio, tramite la caduta delle foglie. Le foglie degli alberi sono e
svolgono una funzione fondamentale negli ecosistemi, infatti, è per questo che il sistema biologico
tende ad essere in equilibrio tra gli input e gli output di energia. Le foglie rappresenta una
importante forma di energia perché rapidamente vengono decomposte e ricostituiscono il pool di
sostanze e composti minerali che vengono utilizzati e consumati durante le fasi di crescita della
pianta. Questo significa che gli organismi che vivono nei sistemi fluviali di basso ordine sono
caratterizzati da essere costituiti principalmente di organismi che saranno in grado di utilizzare
questa fonte energetica. Non si avranno, infatti, dei predatori perché la quantità di energia è molto
bassa, ma si avranno dei trituratori in grado di triturare la sostanza organica sotto forma di foglie e
trasformarla in energia.

Passando dai primi ordini agli ordini intermedi e, quindi ai tratti di collina, cambia
completamente la prospettiva, in particolare la dimensione e la porta fluviale perché il fiume drena
superfici di bacino idrografico superiori. Inoltre, siccome vi sono una certa quantità di deposizioni
umide e precipitazioni, che vengono definite su unità di superficie, è importante conoscere qual è la
superficie del bacino. Più il bacino è montano e più vi è una discrasia con la superficie piana. In
montagna, infatti, si hanno maggiori deposizioni rispetto ad un bacino che è piatto. L’aumento della
portata del sistema fluviale determina una maggior complessità delle comunità biotiche dato che
aumenta l’energia presente all’interno del tratto fluviale analizzato. Ad esempio, compaiono i pesci,
che tendenzialmente li ritroviamo in tratti intermedi in cui il numero degli organismi di cui si
nutrono aumentano e riescono a sostenere la biomassa dei pesci. Infatti, aumenta anche la presenza
di altri organismi funzionali come i pascolatori, che mangiano dei produttori primari, in particolare
le alghe che crescono all’interno del corpo idrico. Osservare le comunità biologiche che vivono in
un sistema offre una chiave di lettura sul funzionamento del sistema stesso. Il RCC mette a sistema
le conoscenze sulle comunità che si ritrovano in un determinato tratto fluviale e ricostruisce un
contesto organico logico per descrivere il perché passando dai tratti di sorgenti ai tratti di pianura
osserviamo un progressivo ricambio delle comunità. Il ricambio delle comunità dipende dalla
sostituzione delle fonti di energia, infatti, cambia la sorgente di energia e cambia la comunità che
risponde ad essa.

Passando agli ultimi segmenti e, quindi, arrivando a quelli di pianura, cambiano completamente le
comunità biologiche. Data la maggior presenza di energia abbiamo comunità molto più complesse,
in particolare di macro e microrganismi che interagiscono fra di loro. La comunità superiore è
principalmente caratterizzata dalle specie ittiche, anche se sono presenti molte piante strutturate che
vivono all’interno del sistema fluviale. La presenza delle piante nel corpo acquatico è dovuta al
fatto che vi è una progressiva riduzione dell’ombreggiamento. In generale, i corsi d’acqua dalla
sorgente alla foce tendono ad aumentare la propria stabilità fisica cambiando completamente la
tipologia del trasporto sia di acqua che di solidi e subiscono dei cambiamenti significativi nella
struttura e nelle funzioni di tipo biologiche. I flussi più grandi, come nelle realtà potamali, sono
caratterizzati da una maggiore dipendenza dalla produzione primaria interna. Nei grandi fiumi, ad
esempio, è possibile osservare delle fioriture di microalghe come se fossero dei corpi idrici lentici,
cioè di laghi, cosa che non è possibile osservare nei tratti intermedi e montani. Inoltre, spostandoci
verso le zone di pianura dai trituratori e predatori si passa ai filtratori. Lo zooplancton, ad esempio,
avrà tanto materiale da filtrare e di cui nutrirsi, per cui sarà dominante la sua presenza.

2. Flood – Pulse Concept

La forza di questo paradigma è quello di aver spiegato la successione delle diverse tipologie di unità
biologiche lungo il gradiente monte – valle, mettendo in relazione e in continuità tutto il sistema
fluviale che prima era considerato e analizzato in maniera discreta. Questo modello è un modello
costituito lungo l’asse longitudinale del fiume (monte – valle). Tuttavia, quando abbiamo
caratterizzato le dimensioni di un sistema fluviale che le dimensioni da considerare sono tre fisiche
più quella temporale. La dimensione laterale è altrettanto importante, la quale diventa più rilevante
muovendosi dal monte alla valle, quindi, nei tratti di pianura rispetto a quelli montani o collinari. Il
RCC è stato, infatti, integrato con un secondo modello fondamentale, che è quello che valuta
l’importanza ecologica degli Impulsi di Alluvione. Questo modello ci dice che le caratteristiche
biologiche e funzionali dei tratti di maggiore dimensione dei sistemi fluviali sono regolate
profondamente dalla capacità dei sistemi fluviali di interagire con la piana inondabile, quindi, con il
primo segmento di bacino che può essere ricollegato al corpo idrico in presenza di eventi
significativi di precipitazione. Nel nostro contesto temperato abbiamo una certa percezione di come
possono variare i deflussi fluviali, ma se ci spostiamo verso le zone tropicali i sistemi fluviali sono
caratterizzati da una regolazione idrologica completamente diversa e molto più intensa. Il fiume
delle Amazoni è in grado di ampliare la propria portata di decina di metri, che vuol dire che è in
grado di ampliare la propria superficie come fiume di centinaia di migliaia di ettari. La regolazione
pulsata degli eventi di piena, cioè il fatto che per particolari periodi il fiume non si limiti al suo
alveo attivo, ma sia in grado di espandersi inondando i contesti laterali, ha un ruolo fondamentale di
regolazione biologica e funzionale. Possiamo riconoscere diverse fasi di questo processo:

- Fase di allagamento. Quando le acque del fiume inondano le zone di transizione, cioè i
contesti laterali.
- Fase di immersione. Una fase in cui si stabilizzano gli alti livelli di portata. Il fiume
interagisce e scambia organismi viventi e sostanze con i sistemi e contesti che sono stati
allagati.

- Fase di restringimento. Si ritorna alle condizioni normali. Il fiume tende a ritirarsi


stimolando il deflusso di nutrienti e l’insediamento di nuova vegetazione nei contesti laterali
che sono stati sommersi.

Questo paradigma, quindi, sottolinea il ruolo delle fluttuazioni dell’acqua nel guidare il carattere e il
metabolismo del fiume. La durata della sommersione dipende da tanti fattori. Nel nostro contesto
nostro l’evento di sommersione è legato a eventi catastrofici, quindi, a durate ridotte nel tempo.
Tuttavia, prima che i sistemi di difesa fossero costruiti anche nel contesto della pianura padana vi
era la possibilità di osservare questi fenomeni di respiro del sistema fluviale. Questi eventi sono
fondamentali per sostenere la funzionalità dei sistemi fluviali, infatti, la sommersione di un
qualsiasi suolo determina dei fenomeni nella disponibilità di uno dei gas più essenziali per la vita,
cioè l’ossigeno. Si determina una shift funzionale tra il suolo e un sedimento. Il sedimento, che è il
suolo di un corpo idrico, ha la peculiarità di non essere caratterizzato dalla presenza di un’atmosfera
e, quindi, di aria a livello delle microporosità che la caratterizzano, ma rapidamente la
microporosità del suolo viene riempita progressivamente di acqua, la quale porta in tempi rapidi al
consumo completo dell’ossigeno disponibile. La sommersione determina questo shift di tipo
biogeochimico da un mezzo ossidato ad un mezzo ridotto. L’assenza di ossigeno innesca a cascata
una serie di processi fermentativi, cioè processi che utilizzano accettori elettroni per i processi di
riduzione, non dall’ossigeno, ma da altri elementi. Quando si parla di fermentazione, non solo si
parla dei processi produttivi di prodotti alimentari, ma nell’ambito ecologico determina spesso
l’impossibilità di poter permettere la presenza di microrganismi che respirano. L’assenza di
ossigeno porta alla scomparsa o morte della componente eterotrofa, ma in larga misura anche della
componente autotrofa. Gli unici organismi che sono in grado di mantenersi a quelle condizioni sono
le comunità batteri o microrganismi fermentativi come funghi o lieviti. Ricordiamo che la capacità
di penetrazione dell’ossigeno in un sedimento non è mai superiore a 1 mm.

La sommersione o espansione pulsata dei sistemi fluviali cambia completamente l’immagine e le


caratteristiche fondamentali degli habitat associati ai sistemi fluviali e questo a cascata può avere
degli impatti importanti, ad esempio, sui processi di trasformazione dell’energia e della materia.
Tuttavia, il fatto che in Occidente i sistemi fluviali siano completamente arginati e bloccati ha
determinato la scomparsa di questi ambiti laterali, i quali erano caratterizzati dalla fluttuazione delle
condizioni. La maggior parte della comunità ittica legata ai sistemi fluviali sfruttava questi eventi
per i processi di riproduzione ed alimentazione. Il fatto di aver bloccato le interazioni laterali ha
determinato la scomparsa di questi eventi importanti.

3. River spiralling

Questo paradigma è noto anche come la Spirale dei Nutrienti. Questo paradigma cerca di
comprendere come avviene la trasformazione dei nutrienti all’interno dei sistemi fluviali e, quindi,
di capire l’importanza del deflusso dell’acqua nel determinare la trasformazione degli stessi. In un
sistema fluviale abbiamo come caratteristica principale un movimento d’acqua unidirezionale,
quindi, dalla sorgente alla foce. La capacità o il processo di traslocazione dei nutrienti dal monte a
valle è dipendente dalla direzione e dall’intensità del deflusso. La velocità di trasporto è
determinata, innanzitutto, dalla distanza dei due punti, che si presenta lineare e altitudinale, e
dall’intensità e, quindi, dalla quantità di acqua che transita tra questi due punti. Maggiore è la
velocità di trasferimento, minore è la capacità del sistema di poterla intercettare e trasformare.
Concludiamo che l’intensità di trasformazione del sistema dipende dalla velocità con cui gli
elementi vengono traslocati. A seconda dell’intensità fluviale, delle dimensioni fluviali e dell’ordine
fluviale cambia la capacità del sistema di metabolizzare. Il ciclo di riciclaggio dei nutrienti tende a
cambiare lungo il gradiente monte – valle. Con l’aumento del flusso si prevede una riduzione una
riduzione dell’intensità della ritenzione dell’attività biologica. Più il fiume è veloce, come nei
contesti montani, più la capacità di metabolizzazione del sistema è bassa. Questo fattore spiega
perché i tratti montani hanno un tasso di individui basso e hanno una bassa produttività, perché il
trasferimento dei nutrienti è molto rapido.

Prima di passare alle interazioni biotiche – abiotiche dobbiamo fare alcuni esempi di integrazione
dei concetti e dei tre paradigmi che abbiamo presentato nel contesto del nostro territorio.

Letto fluviale e zona iporreica

Dobbiamo riconoscere l’importanza di tutti i processi e funzioni mediate dalle caratteristiche


strutturali dei fiumi. Il primo ruolo fondamentale è svolto dalla struttura dell’alveo, ovvero delle
porzioni del bacino idrografico in cui ci si aspetta il passaggio dell’acqua presente in superficie. La
presenza dell’acqua in forma libera nei nostri habitat e range vitali è frutto di un equilibrio tra la
massa terrestre, l’atmosfera e la pressione adeguata. Questo è anche determinato dalla temperatura,
che è anche frutto dell’equilibrio tra la massa terrestre (litosfera) e l’atmosfera. Il fatto di avere
acqua in forma liquida si associa all’equilibrio tra le precipitazioni e l’evapotraspirazione. Quando
abbiamo un eccesso di precipitazioni abbiamo acqua che si incanala dei bacini e dei corpi idrici
fluviali. L’acqua, quindi, drena i bacini identificando degli ambiti territori chiamiamo sistemi
fluviali e hanno la capacità di costruire e regolare i letti fluviali, che è appunto l’asse strutturale dei
sistemi idrologici. Il letto fluviale è fondamentale per descrivere le interazioni tra l’acqua
superficiale e l’acqua sotterranea. La struttura dei letti fluviali dipende dalla natura geologica dei
contesti che vengono drenati. Il concetto fondamentale è che uno dei ruoli più importanti svolti dai
sistemi fluviali è quello rappresentato dai letti fluviali, cioè dall’origine geologica dei letti fluviali,
che permettono di essere in interazioni con l’acqua sottostante, ovvero con quello che viene definito
come iporreico. L’iporreico è la regione sottostante, un letto fluviale, e rappresenta un ambito che
mette in relazione l’acqua superficiale e l’acqua sotterranea. È un habitat specifico che, quando
abbiamo studiato la struttura fondamentale di un sistema fluviale, avevano associato con la
dimensione verticale. I sistemi fluviale, come abbiamo visto dai paradigmi, hanno una dimensione
longitudinale, laterale, ma anche una dimensione verticale che è funzione dell’origine geologica e,
quindi, della complessità morfologica degli alvei fluviali che permettono ai sistemi fluviali id
interagire con le acque di falda. Quest’interazione può essere indirizzata in due modi:

- Il fiume può alimentare la falda con un flusso dall’alto verso il basso. In questo modo si ha
una perdita netta di acqua superficiale.

- La falda può alimentare il fiume. In questo caso il fiume drena la falda, processo che
dipende dall’origine geologica del bacino e dalla posizione del tratto fluviale all’interno del
distretto idrografico.

Il primo concetto fondamentale quando dobbiamo integrare i concetti dei paradigmi con gli
elementi strutturali di un sistema fluviale e i processi ecologici è che il primo ambito fondamentale
è rappresentato dall’iporreico e dalla capacità delle acque superficiali di interagire con le acque di
falda.
Piano inondabile: I contesti laterali fluviali

Il secondo esempio riguarda il fatto che le interazioni laterali dei sistemi fluviali con la sua piana
che era un tempo allagabile o inondabile, permette o è associata alla presenza di zone umide, piccoli
ambienti acquatici che possono essere regolarmente alimentati dalle acque del fiume, ma che non
sono propriamente il fiume in sé. Abbiamo visto la formazione di una lanca. Le lanche, ad esempio,
sono ambienti che vengono alimentati periodicamente dalle acque del fiume, ma non sono parte in
sé del sistema fluviale. Il fatto di avere tutta una serie di ambienti laterali associati al sistema del
fiume alimenta biologicamente la biodiversità del fiume, ma contemporaneamente hanno
caratteristiche strutturali e funzionali completamente diverse. Il fiume ha come caratteristica
fondamentale quella di avere delle acque in movimento, mentre gli ambienti marginali sono
ambienti lentici, ovvero sono ambienti statici, ma in continuità funzionale in modo pulsato con il
sistema fluviale. Il modello dell’inondazioni pulsate spiega la presenza di questi ambienti
tutt’attorno del sistema fluviale. Quando prima abbiamo parlato degli impatti o conseguenze
associabili alla regimazione dei sistemi fluviali, quindi, quando si costruiscono degli argini per
proteggerci dagli eventi di piena, non otteniamo solo l’effetto protettivo dagli eventi, ma la
realizzazione di argini ha come effetto quello di semplificare il contesto territoriale perché
impediamo al fiume di fuoriuscire dal suo alveo e di creare o vivificare gli ambienti umidi laterali.
Il sistema fluviale del Po prima che arrivassero i romani era rappresentato da un sistema fluviale
con una foresta caratterizzata da un continuo scambio. Con la creazione di barriere per ridurre
l’attività litorale del fiume si sono alterate le interazioni laterali e si sono cancellati quasi la maggior
parte degli ambienti laterali.

Uno dei primi effetti rilevanti è quello della semplificazione strutturale. Nel tratto mediano di fiume
Po tra Cremona e Piacenza è stata creata una centrale elettrica dell’isola Serafini caratterizzata da
uno sbarramento che chiude il fiume per sfruttarlo nella produzione di energia elettrica. La
costruzione della centrale determina e riduce il trasporto solido, mentre si regola il trasporto liquido.
Operare in questo modo determina un cambiamento totale nelle interazioni tra il corpo idrico
fluviale e tutto l’ambiente che lo circonda.

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