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CORSO DI PRODUZIONI ANIMALI 29/09/2021

- TECNICHE DI PRODUZIONE ANIMALE – BITTANTE G., ANDRIGHETTO L.,


RAMANZINI, LIVIANA ED., TORINO, 1993.

- Materiali su Elly.

- Esame in presenza, una parte scritta e una parte orale.

LEZIONE INTRODUTTIVA

Categorie bovini I

- Vitello. Bovino maschio dalla nascita fino a 6 mesi se considerato secondo le norme del
benessere animale, mentre se lo consideriamo dal punto di vista normativo delle carcasse è
un animale che può arrivare fino agli 8 mesi di età.

- Vitella. Bovino femmina dalla nascita fino a 6 mesi.

- Torello. Bovino maschio destinato alla riproduzione, dallo svezzamento al primo salto (fino
ai 12-24 mesi circa). Il primo salto sta a indicare il primo atto riproduttivo dell’animale.

- Manzetta. Bovino femmina destinato alla riproduzione dallo svezzamento all’età di 1 anno.

- Manza. Bovino femmina destinato alla riproduzione, dall’età di 1 anno all’inizio della 1
gravidanza (fino a 18-24 mesi circa).

- Manza gravida. Bovino femmina durante la prima gravidanza. La manza è considerata


gravida fino al momento che partorisce, dopo di che è nota come vacca.

- Toro. Bovino maschio adibito alla riproduzione.

- Vacca. Bovino femmina che ha partorito almeno una volta. L’evento del parto segna la
distinzione fra la manza gravida e la vacca. Se prendiamo in considerazione la produzione di
latte, si parla di una vacca, per cui il momento del parto diventa un momento fondamentale
per la produzione del latte.

Categoria bovino II

Gli animali possono essere destinati anche alla produzione e non alla riproduzione, come ad
esempio alla produzione di latte o carne.

- Vitello e vitella da latte. Bovino maschio o femmina macellato a pochi mesi e alimentato
con solo latte (naturale o artificiale) fino a 8 mesi di età. Dopo gli 8 mesi diventa un vitello
da ristallo.

- Vitello da ristallo. Bovino maschio o femmina già svezzato e destinato all’ingrasso per la
produzione del vitellone o del manzo. Il vitello da ristallo cambia la sua alimentazione da
essere lattea ad una alimentazione più solida.
- Vitellone. Bovino maschio o femmina, di età variabile e peso vivo superiori al vitello da
latte, macellato con ancora tutti i denti da latte (età massima 20 mesi circa). Sono animali
con un’alimentazione variabile, da pascolo, fieno, mangime, ecc.

- Manzo. Bovino maschio o femmina macellato dopo la prima mossa (sostituzione della 1°
coppia di incisivi da latte con quelli da adulto). Spesso risulta essere non castrato.

- Bue. Bovino maschio castrato, cioè privato dei testicoli per renderlo più docile e adibito al
lavoro. Una produzione di nicchia oggigiorno è quella del bue, per il suo costo. La pratica
della castratura era realizzata perché in passato i bovini erano utili per il lavoro dei campi e
come forza meccanica.

Categoria Suini I

- Lattone o lattonzolo. Suino maschio o femmina dalla nascita allo svezzamento (fino a 30-
60 giorni).

- Verrino. Suino maschio destinato alla riproduzione, dallo svezzamento al primo salto (fino
a 8-10 mesi). Dopo una certa età passa ad essere verro.

- Scrofetta. Suino femmina destinato alla riproduzione, dallo svezzamento alla prima
gravidanza (fino a 8-10 mesi circa). Dal momento che smette di essere sotto la scrofa,
svezzato con mangimi e in gravidanza, passa ad essere una scrofa.

- Verro. Suino maschio adibito alla riproduzione.

- Scrofa. Suino femmina adibito alla riproduzione, dopo il primo parto.

- Suino leggero o suino magro. Suino maschio o femmina, castrato o intero, destinato alla
macellazione per la produzione di carne da consumo diretto e macellato ad un peso vivo di
90-100 kg.

Categoria Suini II

- Magroncello. Suino maschio o femmina castrato per predisporlo meglio all’ingrasso,


destinato alla macellazione per la produzione del maiale pesante da insaccati e prosciutti,
dallo svezzamento fino a 40-50 kg di peso vivo.

- Magrone. Suino maschio o femmina castrato, destinato alla macellazione per la produzione
del maiale pesante da insaccati e prosciutti, dai 40-50 kg fino ai 100 kg di peso vivo.

- Maiale grasso. Suino maschio o femmina castrato, destinato alla macellazione per la
produzione del maiale pesante da insaccati e prosciutti e macellato oltre 100 kg di peso vivo.
Principalmente prodotto in Italia e adibito alla produzione di salumi e insaccati, solitamente
il prosciutto.
Categoria Ovini

- Agnello e agnella. Ovino maschio o femmina dalla nascita all’inizio dell’attività


riproduttiva (fino a 12-18 mesi).

- Montone o ariete. Ovino maschio adibito alla riproduzione.

- Pecora. Ovino femmina che ha partorito almeno una volta.

- Agnello da latte (abbacchio, inforchiato). Ovino maschio o femmina destinato alla


macellazione, alimentato con solo latte e macellato a 3-4 settimane di età. Sono solitamente
animali non portati per la riproduzione.

- Agnellone. Ovino maschio o femmina destinato alla macellazione dopo lo svezzamento e


macellato a 3-4 mesi di età o anche più tardi (6-8 mesi).

- Castrato. Ovino maschio privato di testicoli e destinato alla macellazione a 15-18 mesi.

Nota: il discorso del castrato è importante perché l’animale intero ha una produzione di ormoni
particolare che influenzano aspetti organolettici della carne, a partire da sapori, note e profumi
particolari.

Categorie caprini

- Capretto o capretta. Caprino maschio e femmina dalla nascita all’inizio dell’attività


riproduttiva (fino a 8-15 mesi).

- Becco e caprone. Caprino maschio adibito alla riproduzione.

- Capra. Caprino femmina che ha partorito almeno una volta.

- Capretto da latte. Caprino maschio o femmina destinato alla macellazione, alimentato con
solo latte e macellato a 20 - 40 giorni di età.

- Caprettone. Caprino maschio o femmina destinato alla macellazione dopo lo svezzamento e


macellato a 3 – 4 mesi di età.
BOVINO

Caratteristiche

- Ossa frontali sviluppate.


- Vertebre cervicali, in totale 7.
- Vertebre toraciche, in totale 13.
- Vertebre lombari, in totale 6.
- Vertebre coccigee, in totale 15-18.
- Non hanno degli incisivi superiori.
- Hanno 8 incisivi inferiori. Sono importanti perché in base al loro consumo si può datare
l’età dell’animale. Inoltre, indicano che il bovino mangia l’erba semplicemente strappandola
con la lingua. Questo vuol dire che il modo di pascolare questo animale cambia rispetto ad
altri.
- 12 molari nella mascella e 12 molari nella mandibola.
- Hanno un rumine, un reticolo, un omaso e un abomaso. La vacca ha un rumine che le
permette di essere efficiente nell’utilizzo delle risorse vegetali. Il rumine costituito da una
flora batterica che aiuta a smontare le risorse nutrizionali alimentari vegetali (cellulosa) che
servono per l’animale per costituire molte delle sostanze che poi ritroviamo nel latte. La
vacca è un ruminante così come la capra, la pecora, il capriolo e la bufala. Questi aspetti
sono importanti perché la composizione del latte dei ruminanti è decisamente diversa
rispetto agli animali monogastrici.
- I bovini camminano sulle punte di due dita con unghioni cornei.

Classificazione

I bovini sono mammiferi dell’ordine degli artiodattili perché hanno i due unghioni e appartenenti al
sottordine dei ruminanti. I bovini poi appartengono alla famiglia dei bovidi o cavicorni perché
hanno le corna e della sottofamiglia dei bovini. La classificazione seguente dimostra che la
produzione animale è diversa in tutte le parti del mondo.

- Taurini. Bos taurus (bovini domestici - vacche), Bos indicus (Zebù indiano e africano –
Zona tropicale).

- Bibovini. Bibos gaurus (Gaur-Birmania e Malesia), Bibos frontalis (Gayal-Birmania), Bibos


sondaicus (Banteng-Giava e Borneo).

- Bisontini. Bison bison (americano – allevato per la produzione di carne), Bison bonasus
(europeo), Bison grunniens (Yack-Tibet e Mongolia – Molto vicino al bisonte, allevato per
la produzione di carne essiccata, latte e candele fatte con il grasso del latte scremato).

- Bufalini. Bubalus bubalis (indiano – quello che ci interessa di più per la produzione di latte
e altri prodotti derivanti), Bubalus caffer (africano), Bubalus mindorensis (Carabao -
Filippine), Bubalus depressicornis (Anoa-Asia).
Origine dei bovini domestici

Di fatto il bovino è stato addomesticato circa 11.000 anni fa. Per quale motivo le tigri non tirano
gli aratri o non alleviamo rinoceronti come fonte di cibo e forza lavoro? E come mai i
ghepardi non fanno la guardia alle nostre case?

Ancora oggi si studia se è effettivamente beneficiario addomesticare degli animali trofici, ovvero
animali che si alimentano del nostro stesso alimento. L’esempio classico è quello degli animali
carnivori, ai quale dovremmo alimentare con carne per poi alimentarci noi stessi della loro carne.
Allevare animali carnivori per la produzione di carnivori diventa un non senso. Di fatto, occorre
distinguere tra la possibilità di ammaestrare (un orso al quale, ad esempio, insegno come stare
sulle due zampe per farlo ballare), di domare (un leone, ad esempio, che si trova su un circo
realizzando dei comportamenti innaturali a comando. La questione riguarda soltanto quell’animale)
e domesticare (una mucca, una gallina, un cane. Un animale che vive e si rapporta con l’uomo in
maniera radicale). L’addomesticazione agisce sull’intera popolazione e non sul singolo individuo,
per cui le caratteristiche scelte si trasmettono anche nelle generazioni successive. È un processo
lungo nel tempo in cui si sottopone l’animale ad una selezione artificiale degli aspetti ereditari,
tenendo conto, ad esempio, della sua anatomia, conformazione fisiologica e riproduzione,
comportamento, ecc. Spesso le pratiche di addomesticamento rendono l’animale dipendente
dall’allevamento e, quindi, dall’uomo.

Tra i principali requisiti per la domesticazione degli animali vi rientrano le abitudini alimentari e,
quindi, si devono cercare animali che si alimentino di prodotti che gli esseri umani non possono
mangiare, come ad esempio l’erba. Nell’addomesticamento è importante il carattere dell’animale,
spesso scelto mansueto. Inoltre, si ricerca l’eterogeneità perché in natura il “differente” è
favorevole per l’adattamento all’ambiente. Altro aspetto fondamentale di cui si tiene conto per
l’allevamento dell’animale è la fornitura del suo servizio, molto spesso un servizio alimentare,
proprio perché otteniamo dei prodotti dall’animale. Il bovino lo possiamo definire un animale
trasformatore perché trasforma l’erba che mangia in prodotti che effettivamente possono essere
mangiati dagli umani. Altro aspetto importante è la possibilità dell’animale di riprodursi in
cattività, in età giovanile e di crescere velocemente. È chiaro che se l’animale non è veloce a
crescere il suo fabbisogno alimentare per crescere e per arrivare alla sua maturità sessuale è molto
lungo e, quindi, l’investimento energetico diventa molto elevato. La riproduzione in cattività è
fondamentale per il trasferimento dei caratteri ereditari. È importante tenere conto anche della
tendenza al panico dell’animale, una caratteristica che è meglio non selezionare (capriolo, daino,
cervo). Infine, è fondamentale la struttura sociale, discorso che si collega anche a quello del
carattere, proprio perché è importante tenere conto del suo modo di rapportarsi con la popolazione,
ovvero la capacità dell’animale di stare insieme ad altri animali della stessa specie e di riconoscere
le gerarchie, riconoscendo all’interno della stessa anche l’uomo. In genere, gli animali solitari non
sono adatti per l’allevamento, mentre se vivono in branco sono facilmente addomesticabili.

È proprio per i motivi precedenti che dalle 148 specie di mammiferi, soltanto 14 sono stati
domesticati, di cui 13 specie in Eurasia e 1 sola in America latina, un antenato del lama. Se poi
guardiamo ai luoghi originari, vediamo che tra queste alcune sono originarie dell’Africa sub-
sahariana, dell’Oceania o delle Americhe. Ricordiamo che lo stesso processo di cui stiamo
discutendo per gli animali addomesticati è stato applicato anche per l’addomesticazione delle piante
per la produzione agricola. Il potenziale che vi è dietro l’addomesticamento delle piante e degli
animali si esprime in un aumento della popolazione date le migliori condizioni alimentari e di
crescita. Questo concetto fa riferimento alle popolazioni di 10.000/15.000 anni fa, che si sono
sviluppate con l’arrivo dell’agricoltura e dell’allevamento. È importante sottolineare l’importanza
della mezzaluna fertile.
Nota: tutto ciò che siamo oggi non è stato mai dipendente dalla nostra capacità di addomesticare
piante o animali selvatici, ma dalla disponibilità di tali animali e vegetali selvatici in determinati
luoghi della Terra.

La domesticazione sarebbe stato un processo molto più lungo e complesso di quanto finora ritenuto
che ha seguito due percorsi leggermente differenti nel caso delle piante e degli animali. Per questi
ultimi in particolare, la selezione naturale ha avuto un ruolo di primo piano - e per molto tempo
addirittura predominante - rispetto alla selezione artificiale. Sicuramente in passato non vi è stato
per molte specie un allevamento del tutto intenzionale o un isolamento degli animali dagli animali
selvatici, ma probabilmente vi sono stati dei contatti continui tra l’animale selvatico e l’animale in
cattività e, quindi, un flusso genetico continuo che nei millenni ha portato alle specie domestiche
che oggi conosciamo. Recenti ricerche sulla domesticazione di asini, camelidi, suini, bovini, ovini e
caprini hanno, infatti, suggerito che né l'allevamento intenzionale né l'isolamento genetico sono stati
fattori così significativi. “I nostri risultati – ha detto Fiona Marshall della Washington University a
St. Louis - mostrano che c'era uno scarso controllo dell'allevamento, in particolare per quanto
riguarda gli esemplari femmina, e indicano la presenza di un flusso genetico a lungo termine, ossia
di incroci, tra le popolazioni di animali selvatici e non selvatici." Nella cartina vediamo una
distribuzione particolare sull’origine di una gran parte degli animali che oggi alleviamo, in
particolare nella zona dell’Eurasia. Fondamentale è riconoscere l’importanza della mezzaluna
fertile, che prende i territori dell’Iran, dell’Iraq, della Syria e della Giordania. Il più antico animale
allevato è il cane, il cui inizio del rapporto con l’uomo è iniziato a partire da un doppio vantaggio,
ovvero il cane otteneva del cibo e allarmava l’uomo nel caso in cui ci fossero state delle presenze
non gradite attorno ai villaggi. Lo sviluppo delle civiltà segue di pari passo l’addomesticamento
degli animali e, quindi, la possibilità di ottenere degli alimenti.
LEZIONE 30/09/2021

Specie

La specie è costituita da una popolazione di individui, animali o vegetali, uguali dal punto di vista
fenotipico e tra loro interfecondi. Il concetto di specie è alla base della classificazione degli
organismi viventi, trattandosi del livello tassonomico obbligatorio gerarchicamente più basso. La
scelta di un criterio univoco ed universale per identificare le specie è però difficile. Tuttavia, si può
ovviare la difficoltà quando si considera attualmente la specie come l’unità tassonomica
fondamentale. Esistono, perciò, vari concetti utilizzati, cioè la specie può essere tipologica,
morfologica, biologica e cronologica. La definizione attualmente più utilizzata è quella del russo
Dobzhanky e del tedesco Mayr basata sulla capacità di organismi cospecifici di incrociarsi e dare
prole fertile. Benché funzioni nella maggior parte dei casi, questo criterio non si applica o lascia
dubbi nei casi di:

- Riproduzione asessuale, ermafroditismo sufficiente o partenogenesi esclusive.

- Subfertilità di vario grado degli ibridi.

- Presenza di gruppi morfologicamente identici al resto della specie ma riproduttivamente


separati a causa di rimaneggiamenti cromosomici, per cui risultano essere specie non
compatibili (criptospecie).

Razza

All’interno di una specie si possono creare delle sottopopolazioni, ovvero gruppi differenti fra di
loro. Col termine razza viene inteso un gruppo di individui, animali o vegetali, appartenenti ad una
stessa specie ed accumunati da caratteri che si differenziano in modo più o meno marcato da altri
gruppi di individui appartenenti alla stessa specie, in modo da poterne essere distinti. La specie,
considerata come insieme, si divide in sottoinsiemi (sottospecie, razze) distinguibili da elementi
fisici caratterizzati dall’ereditarietà.

In natura, quindi, vi sono delle popolazioni che ad un certo punto possono anche frantumarsi. Vi
sono specie, quindi, che magari per questioni geografiche e l’isolamento riproduttivo, non si
accoppiano con altre. Le razze primitive solitamente subiscono l’azione dell’ambiente. La selezione
naturale tende, innanzitutto, a massimizzare il valore di adattamento (fitness) degli individui, che
nel caso della popolazione domestica può tradursi come “qualità d’allevamento”. Da una parte, la
natura tende ad essere eterogenea (Es. farfallina bianca e nera), mentre dall’altra parte, con l’effetto
dell’uomo si va a editare l’eterogeneità prendendo una certa popolazione e facendola riprodurre per
conservare caratteristiche fenotipiche specifiche. La razza è un confine labile, perché esiste in
natura per motivi geografici e ambientali che tengono separati gli individui; oppure esiste nella
zootecnia perché è l’uomo che tiene separate le popolazioni fra di loro, ottenendo dei riferimenti di
razza andando a perseguire una specifica selezione in base agli obbiettivi che l’uomo ha per quella
determinata razza.
Elementi di Zoognostica

- Mantello. Colore dei peli e dei crini sono un aspetto importante perché contraddistinguono i
diversi animali. In genere nei bovini, suini e ovini il colore del mantello è un carattere che
distingue le razze, mentre negli equini ciò non sempre è così.

- Pigmentazione. Colorazione dei peli, della pelle e delle mucose apparenti.

Il colore del mantello e della pelle è un fattore importante di difesa per le radiazioni solari, tuttavia,
fondamentalmente l’aspetto del marketing è quello dominante.

- Peli. Filamenti diritti ed ondulati. Costituito da un solo follicolo composto a tre strati:
cuticola, corteccia e midollo.

- Setole. Simili ai peli.

- Crini. Simili ai peli.

- Vello. Formato da lana. Definita come una copertura lanosa più o meno pura che riveste il
corpo degli ovini.

- Lana. La lana è più o meno increspata ed è più fina dei peli, non presenta la midollatura, ma
presenta più follicoli secondari ed è costituito di cheratina.

Esistono molte razze di bovini in base ai mantelli:

- Razza bruna.
- Razza Simmenthal.
- Razza bianca Valpadana o bianca modenese.
- Razza valdostana.
- Razza marchigiana.
- Razza maremmana. La maremma era una zona di paludi fino all’inizio del secolo scorso,
per cui l’acqua era paludosa e favoriva la proliferazione di zanzare e, quindi, di malaria. La
caratteristica di questo animale è proprio la sua pelle spessa, che le permette di sopravvivere
all’interno di questo territorio. Con l’arrivo dei secoli fascisti la composizione del territorio è
stata cambiata, facendo sparire così la palude e permettendo la coltivazione di molti altri
vegetali e, di conseguenza, anche l’allevamento di altre razze. La maremmana infine perse
un po’ della sua presenza in quel territorio. Il concetto di fondo è il fatto che non vi è una
razza migliore in assoluto, ma vi è una razza migliore su un determinato territorio. In questo
modo questa razza diventa particolare anche dal punto di vista gastronomico, infatti, la carne
di questa razza deve essere cucinata in un certo modo.
- Razza bianca belga. La sua caratteristica è la sua rotondicità e muscolosità. La sua
composizione è dovuta alla regolazione di un determinato gene che permette la crescita
maggiore di massa muscolare. Questa è una razza con una anomalia genetica che oltre a far
crescere molto la sua massa muscolare, presenta molto meno grasso cutaneo rispetto ad
altre.
- Razza da latte.
- Razza francese da carne.
- Razza austriaca.
- Razza griagialpina.
- Razza piemontese. Anche in questo caso è presente l’ipertrofia muscolare con la doppia
groppa, inoltre presenta poca quantità di grasso. Tale caratteristica è dovuta ad una
mutazione. Fino a poco tempo fa era una razza a duplice attitudine, ovvero che veniva anche
munta.
- Razza chianina. Caratterizzata dal suo mantello bianco e dal suo fiocco di coda nero, così
come le ciglia, la lingua e le unghie. Danno origine ad una carne molto apprezzata e di
qualità. La fiorentina vera e propria è fatta con la razza chianina.

Anche nei suini vi sono razze diverse con il colore del loro mantello diverso. In genere, il colore
degli animali selvatici e dei mantelli derivano da mutazioni, mentre nel caso di popolazioni
addomesticate, il mantello non è un carattere di selezione naturale ma diventa un carattere per
identificare le razze. Tra i mantelli più semplici dei suini vi possono essere quelli bianchi, rossi, neri
o ardesia. Vi possono essere anche mantelli composti, ovvero formati da mescolanze di setole rosse
e nere. Vi sono anche i mantelli pezzati di color nero su cute ardesia mentre il resto è di corpo
bianco. Alcune particolarità possono essere la faccia bianca, una cintura bianca (garrese e spalla,
arti anteriori) o le balzane (macchie bianche fino a metà stinco). Altra caratteristica di alcune razze
si vede nelle orecchie, infatti, alcune possono disporsi verso l’alto, mentre altre verso il basso. Tra
le razze:

- Large white
- Nero di Parma. Esempio di come è stata recuperata una razza del passato.
- Nero calabrese
- Duroc
- Cinta senese. Razza italiana conosciuta da molto tempo, presente in un affresco di
Ambrogio Lorenzetti del 1339-39 come analogia del buon governo.
- Hampshire

I mantelli ovini possono essere vari. Le pecore non sono soltanto bianche, senza corno e con il pelo
lungo, ma vi possono essere pecore bianche, nere, con le corna, a colore spezzato, ecc. Allo stesso
modo le capre si possono confondere con le pecore per la loro somiglianza. Anche nelle capre vi
possono essere razze senza corna o con le corna. Le capre le possiamo distinguere in capre alpine e
capre mediterranee, più legate a paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Ritornando al discorso dei bovini, ci rendiamo conto che non solo le razze possono essere differenti,
ma anche l’attitudine produttiva dell’animale. In questo senso anche dal punto di vista fisico gli
animali possono essere differenti. L’attitudine produttiva in passato era legata anche alla forza
lavoro, infatti, trainare i carri, l’aratro, ecc. erano delle attività realizzate dai bovini. Una volta
superato quel periodo si sono andate a realizzare delle selezioni per altre tipologie produttive, in
particolare per quanto riguarda la produzione del latte e la produzione della carne. In un certo senso
è meglio riferirsi all’aspiccata attitudine produttiva, proprio perché non vuol dire che un bovino che
produce latte non possa poi produrre carne o viceversa. Possiamo distinguere due conformazioni
fisiche che distinguono il profilo del bovino del tipo da carne e il profilo del bovino del tipo da latte.
Sono differenti fra di loro proprio dal punto di vista fisico, a partire dalla gabbia toracica. Nel caso
del tipo da carne la forma della gabbia toracica fa riferimento ad un rettangolo con le costole che si
orientano a 90° rispetto alla colonna vertebrale. Dall’altra parte, nel bovino del tipo da latte, la
gabbia toracica si rifà ad una forma a tronco di cono, quindi, una forma affusolata con una parte più
ampia nella parte posteriore andandosi poi a restringere verso la testa. In questo caso le costole sono
orientate a 45° rispetto alla colonna vertebrale. Questo aspetto, quindi, segnale che le costole si
orientano verso la parte caudale dell’animale.

Inoltre, nella dimensione delle costole esse si presentano più larghe, appiattite e separate fra di loro.
Questa caratteristica permette all’animale da latte di avere una miglior capacità respiratoria, infatti,
il bovino di questo tipo è conosciuto per essere un animale iperossidativo il cui diaframma è più
spostato nella parte caudale con una capacità di inspirazione più elevata, oltre ad avere una capacità
di aspirare l’aria in maniera più forte. Dall’altra parte, l’animale da carne è conosciuto per essere un
animale ipossidativo. Questo segnala due tipologie di metabolismi diversi, come già detto
iperossidativo ed ipossidativo. Con la selezione, quindi, siamo andati a scegliere, partendo dallo
stesso antenato selvatico, animali con un metabolismo particolare per avere una vocazione
produttiva differente. Le produzioni di tipo iperossidativo sono animali che bruciano e producono
più energia. Per produrre tale energia hanno bisogno di ossigeno e, quindi, di una maggior capacità
respiratoria. Inoltre, sicuramente anche il naso, le narici e i canali nasali saranno più sviluppati,
presentando un muso allungato e una gabbia toracica più sviluppata. Questi animali, inoltre, hanno
degli occhi più sporgenti con uno sguardo più vivace. Per quanto riguarda, invece, le produzioni di
tipo ipossidativo si fa riferimento ad animali che avranno bisogno di meno aria, ma che producono
più materia plastica al posto dell’energia, nel senso che producono più massa muscolare e grasso,
quindi, carne. Gli animali di tipo iperossidativo producono una gran quantità di latte, mentre la
produzione di carne è così esaltata che si hanno delle masse muscolari che sono superiori al
fabbisogno per il mantenimento dell’animale. Da questo punto di vista possiamo dividere gli
animale in base al loro “tipo morfologico”, cioè l’insieme dei caratteri morfologici evidenti:

- Tipo brachimorfo o brevilineo. Generalmente fa riferimento agli animali di tipo da carne,


conosciuti come ipossidativi. Con grande sviluppo delle dimensioni trasversali, tronco
cilindrico, addome ampio, arti brevi e grande sviluppo muscolare. Inoltre, l'apparato
digerente è molto sviluppato, mentre un po’ meno quello respiratorio. Il metabolismo di
questi animali ha la forte tendenza all'accumulo di tessuti muscolari e adiposi.

- Tipo mesomorfo o normolineo. Con caratteristiche intermedie e armonia di sviluppo tra


tronco ed arti ed equilibrio tra addome e torace; il metabolismo è più attivo del precedente.

- Tipo dolicomorfo o longilineo. Fa riferimento agli animali del tipo da latte, detti
iperossidativi. Tali animali presentano arti e tronco allungati, scheletro leggero e sottile,
muscolatura allungata e poco sviluppata trasversalmente, un torace ampio e un tronco a
forma conica compressa lateralmente, un apparato digerente poco sviluppato rispetto al
respiratorio, un metabolismo più accelerato e tendente al consumo, un temperamento vivace
e molto attivo.

La frisona italiana è normalmente una razza da latte, così come anche la razza bruna e alcune razze
inglesi come la Jersey, la Guernsey e la Ayshire. La frisona italiana è la principale razza bovina più
presente in Italia e il carattere che la distingue è la pezzatura del suo mantello bianco e nero. Spesso
si dice che il toro può avere una gran capacità produttiva di latte. In realtà, un’affermazione del
genere fa solo riferimento al fatto che il toro porta geneticamente le caratteristiche ereditabili che
determineranno la nascita di buoni produttori di latte. La frisona è una delle migliori razze nella
produzione di latte. Inoltre, ha una storia particolare che nasce intorno al 1700 in Olanda, dove dopo
vari incroci è nata la Frisona. In seguito, è arrivata anche in Italia e, infine, è stata esportata in tutto
il mondo. La frisona italiana è il tipico esempio di animale iperossidativo. Nell’arco di circa 40 anni
la produzione di latte da frisona è aumentata di più del 70%. Questi andamenti sicuramente sono
dovuti in un certo senso dalla selezione degli animali, i quali sono stati selezionati per produrre
sempre più latte. Inoltre, visto che si necessitano meno vacche per produrre maggiori quantità di
latte, vi è un certo rispetto per l’ambiente e si segue la sostenibilità.

Oltre alla Frisona, vi sono razze come la Bruna, che è la seconda razza più presente nella
produzione di latte. La morfologia di queste vacche è molto particolare, infatti, si cerca la bellezza
funzionale e una morfologia adatta alla produzione di latte. In genere, quando si selezionano gli
animale per la produzione del latte, vengono prescelti i caratteri del padre, ovvero del toro. Questo
si fa perché è l’animale che ha una fitness maggiore. Una vacca, infatti, arriva a generare 4/5
vitelli, mentre un toro può riprodursi molto di più, in particolare perché viene aiutato dalla
fecondazione artificiale. In questo caso, quindi, visto che si vogliono generare tanti bovini femmine
in grado di produrre latte, esse vengono direttamente scelti dal toro. Il vantaggio dell’inseminazione
artificiale va oltre a questa caratteristica riproduttiva, infatti, ha anche un vantaggio conservativo,
nel senso che il seme di un toro può essere congelato con azoto liquido e conservato in provette che
durano per molto tempo. Questo consente di distribuire per il mondo le caratteristiche genetiche di
un determinato bovino. Per farci un’idea numerica, un toro potrebbe fare circa 1 milione di dosi
durante la sua carriera riproduttiva e, quindi, potrebbe avere decine di migliaia di figli. Sono state
messe appunto delle macchine in grado di separare gli spermatozoi e dividere fra spermatozoi
femminili e maschili.

Altra razza interessante è la Jersey, che nei confronti della frisona sono fisicamente più piccole.
Raggiungono circa i 450/500 kg ed è considerata una razza molto comoda da allevare, anche se
sicuramente produce meno latte rispetto alla frisona, ma è più ricco, in particolare di proteine (4%+)
e grassi (5/6%+). In passato questa razza era comoda per essere trasportata anche in mare, date le
sue dimensioni. La Jersey è una razza che nasce durante alcune guerre della Francia, durante le
quali si sono insidiati dei monaci che iniziarono a realizzare delle selezioni, ottenendo così questa
razza. Tra le altre cose, la Jersey è una razza che si adatta molto bene a vivere in condizioni di
temperatura maggiori rispetto alla Frisona.

Fino ad adesso abbiamo parlato dell’aspetto fisico degli animali, in particolare della loro gabbia
toracica. Per quanto riguarda le diverse razze, vi possono essere delle differenze tra quelle di tipo di
carne e di latte anche nella testa, nel muso e nelle narici. Spesso gli animali di tipo da latte
presentano degli occhi sporgenti, con uno sguardo vivace, narici ampie e una testa allungata. Per
quanto riguarda, invece, gli animali di tipo da carne, presentano una testa più rotonda. Rispetto ai
bovini maschi, le femmine presentano uno sguardo più rilassato. Tra maschio e femmina vi possono
essere differenze anche nelle corna, come ad esempio nella razza maremmana, dove la femmina
presenta una testa gentile, uno sguardo vivace e le corna che spunto al di fuori, mentre nel maschio
le corna spunto verso l’alto e la testa è più massiccia.
LEZIONE DEL 06/10/2021

I ragionamenti precedentemente menzionati si possono realizzare anche per i cavalli. I cavalli di


tipo brachimorfo si presentano brevilinei, caratterizzati da un grande sviluppo del tronco con arti
brevi e tozzi. Il metabolismo basale è, in rapporto al peso, basso e poco soggetto a variazioni.
Questa morfologia è classica degli animali di tiro pesante che, ad esempio, venivano utilizzati per
spostare i carri. Altro tipo può essere quello mesomorfo, con un giusto equilibrio tra la massa del
tronco e gli arti. Il loro metabolismo energetico è attivo e, in genere, si rifà a quelli che sono i
classici cavalli da sella, quando si fa tracking, equitazione, ecc. Infine, abbiamo anche gli animali di
tipo dolicomorfo, con una notevole lunghezza degli arti, del tronco e del costato. Il loro
metabolismo basale riferito al peso vivo è elevato e molto labile, cioè soggetto a grandi variazioni.
Il tipico esempio è il cavallo da corsa.

Questo è uno schema esemplificativo della produzione del latte.

Il punto centrale dello schema può essere la lattazione, che indica la produzione di latte.
Chiaramente, per arrivare alla produzione del latte l’animale deve prima partorire, per cui l’animale
deve passare da vitella a manzetta e poi a manza per entrare nella fase di gravidanza, diventare una
manza gravida e, infine, partorire. Dopo aver partorito l’animale arriva alla lattazione e poi al
periodo di asciutta, che dura circa 60 giorni per poi partorire nuovamente e ricominciare il ciclo di
lattazione. Ad un certo punto questo meccanismo si interrompe e, quindi, l’animale viene eliminato
dall’allevamento e viene inviato al macello. Altro aspetto importante è la differenza tra maschio e
femmina. Le femmine vengono inviate a fare la rimonta, animali che crescono e diventano vacche,
mentre i maschi in genere vengono eliminati dall’allevamento perché non servono. Infatti, il
maschio serve molto poco nell’allevamento da latte visto che la fecondazione viene fatta in maniera
artificiale.

Le razze sono differenti, tra cui possiamo indicare alcune delle razze da carne.
Una produzione, ricordiamo, può essere fatta da una razza piuttosto che da
un’altra, aspetto importante dal punto di vista del prodotto finale. Alcuni di
questi nomi sono conosciuti. L’Aberdeen Angus è una di quelle razze
straniere più prodotte in Italia, di colore nero, di bassa statura, senza corna,
molto adatta per la produzione della carne, in genere molto magra ma più
grassa rispetto quelle italiane ed è adatta per il pascolo.
L’utilizzo e la qualità della carcassa di un animale vanno di pari passo con la modalità di cucina e
cottura delle carni. L’Angus non viene allevato soltanto in Europa, ma anche in America Latina.
Spesso l’Angus è stato incrociato con la Chianina. Tra le razze da carne, troviamo anche il bovino
marchigiano, con un colore bianco del pelo con qualche marca grigiastra. Troviamo anche il
chianino, con un mantello bianco. Tra le razze francesi va ricordato la razza Limousin, che si presta
bene per l’allevamento e il pascolo, adatta per il territorio francese.
Quest’ultima è una razza parecchio presente in Italia ed è un animale che nasce per essere allevato
al pascolo e con buoni indici di accrescimento. Non era presente in Italia se non fino all’inizio del
secolo scorso. Altra razza è la Charolais, di origine francese e che viene considerata la razza bovina
da carne più diffusa nel mondo. In Italia ha preso meno piede rispetto alla razza Limousin, ma viene
incrociata con razze locali, anche se non sempre con buoni risultati. Esistono tante razze di bovino,
uno dei motivi è la frammentazione degli stati nel nostro territorio.

In questo schema vediamo molte razze, in particolare quelle a spiccata attitudine produzione lattea e
carnea, così come anche le razze minori. Mantenere la biodiversità all’interno della produzione
zootecnica è importante, in particolare per la presenza della variabilità genetica, aspetto che aiuta
alla popolazione ad avere al suo interno individui con caratteristiche diverse che si adattano meglio
alle condizioni ambientali. Animali che hanno questa capacità adattativa possono essere
avvantaggiati rispetto ad altri animali che non la hanno. Molto importante negli allevamenti è il
pascolo. Tuttavia, non tutte le razze sono adatte per il pascolo o per l’alpeggio. Questa pratica può
avere anche delle ricadute nella qualità del latte e suoi derivati.

La morfologia degli animali è un aspetto fondamentale. In genere, si scelgono gli animali per la
produzione di una specifica tipologia di prodotto. Il concetto di bellezza dell’animale non fa
riferimento all’estetica, ma è una valutazione legata alla funzionalità, infatti, si devono selezionare
gli animali per la funzione anatomica che meglio si adatta alla sua finalità. Alcuni aspetti
fondamentali sono la dimensione della mammella e la forma della groppa, dove abbiamo il canale
del parto e gli arti, che devono essere funzionali al movimento dell’animale e al parto del vitello,
cercando di ridurre lo stress dell’animale. Altro aspetto fondamentale sono le zampe, che sono
legate alla funzionalità motoria dell’animale. Oggi si prediligono delle mammelle “quadrate”,
ampie, lontane dal terreno e vicine al corpo dell’animale, in modo da non andare in contro a traumi
o infezioni.
Per la produzione della carne la valutazione degli animali sarà completamente differente,
caratterizzata sicuramente dal prediligere una funzionalità maggiore nella produzione di carne,
premiando quelle parti dell’animale che producono grandi quantità di carne, in particolare di quei
tagli richiesti nel mercato. Tutto ciò che selezioniamo dal punto di vista morfologico è funzionale
alla produzione e tali caratteristiche devono essere ereditabili. La selezione viene realizzate non
soltanto perché un animale produca di più, ma selezioniamo anche perché il prodotto risulti essere
più qualitativo, perché l’animale sia in salute e perché abbia un minor impatto sull’ambiente.
Altro aspetto che si valuta è l’emissione di metano di questi animali. Infatti, si realizzano delle
selezioni genetiche per abbassare tali emissioni. La zoognostica realizza una selezione basandoci
sulla morfologia fenotipica dell’animale, tendendo al miglioramento dell’animale in funzione della
produzione. Si parla, infatti, di caratteri morfofunzionali, cioè caratteri morfologici funzionali alla
produzione. Questi devono essere correlati con le caratteristiche produttive sia nella produzione
della carne che del latte. Ovviamente i caratteri che andremmo a considerare devono essere caratteri
ereditabili, cioè trasmissibili alle prossime generazioni. La valutazione morfo-funzionale degli
animali si basa sulla correlazione esistente tra i caratteri morfologici e la funzionalità dei vari organi
ai fini della produttività dei soggetti. Questi caratteri sono facilmente dimostrabili quando si
possono “misurare le produzioni”. Si intende per “bellezza” in senso zoognostico o funzionale
l’adattamento delle caratteristiche morfologiche dell’animale all’attitudine produttiva mostrata e
all’ambiente in cui essa si esplica. La bellezza utilitaria è sinonimo di armonia e utilità. La
bellezza di adattamento fa riferimento alla qualità morfologiche e fisiologiche che rendono un
animale particolarmente adatto a vivere in un determinato ambiente.

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