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Introduzione all'ecologia.

L'ecologia (dalla greco oikos, "casa" o "posto in cui vivere" e logos, "studio di") è lo studio di come
gli organismi interagiscono l'uno con l'altro e con il loro ambiente non vivente (inclusi i fattori quali
la luce solare, la temperatura, l'umidità e i nutrienti vitali). Gli ecologi pongono molta attenzione nel
cercare di capire le interazioni tra gli organismi, le popolazioni, le comunità, gli ecosistemi e
l’ecosfera.

Gerarchia dei livelli di organizzazione.


Il mondo migliore per inquadrare l'ecologia moderna consiste nel considerare i livelli di
organizzazione, che possono essere visualizzati come uno spettro ecologico o come una
successione gerarchica. Gerarchia significa "disposizione in serie progressiva". L'interazione che si
realizza ad ogni livello con l'ambiente fisico produce un sistema funzionale caratteristico. Un
sistema, secondo una definizione standard, consiste di "componenti interdipendenti e interattive che
formano un insieme unico". I biosistemi, che vanno dai sistemi genetici a quelli ecologici,
contengono sia componenti viventi (biotiche) sia non viventi (abiotiche).

Questo spettro può essere considerato e studiato ad ogni livello o in qualsiasi posizione intermedia
tra i livelli che risulti conveniente dal punto di vista pratico. Il sistema ospite-parassita, ad esempio,
o un sistema formato da due specie legate da una relazione di mutualismo, possono essere
considerati i livelli intermedi tra quello di popolazione e quello di comunità.
Il termine popolazione, originariamente coniato per indicare un gruppo di persone, in ecologia
viene esteso a un gruppo di individui della stessa specie. Analogamente, una comunità in senso
ecologico (comunità biologica) comprende tutte le popolazioni che occupano una determinata area.
Comunità e componenti abiotiche interagiscono formando un sistema ecologico o ecosistema. Il
livello gerarchico superiore all’ ecosistema è il paesaggio. In ecologia, il paesaggio viene, definito
come "un'area territoriale eterogenea, composta di un insieme di ecosistemi interagenti che si
ripetono in una configurazione caratteristica". Bioma è il termine ampiamente utilizzato per definire
un'unità regionali, ampie estese su scala regionale o sub-continentale caratterizzati da un certo tipo
di vegetazione o da altri aspetti identificativi del paesaggio. Una regione è una grande area
geologica o politica che può contenere vari biomi. Il sistema biologico più grande in assoluto e più
auto-sufficiente viene spesso definito ecosfera e includere tutti gli esseri viventi della terra che
interagiscono con l'ambiente fisico per formare un'unica entità che si mantiene in uno stato
"pulsante" grazie a meccanismi di auto-regolazione. La teoria dell'organizzazione gerarchica
fornisce uno strumento per affrontare lo studio di situazioni complesse a livelli di organizzazione
successivi ma è molto di più di un utile sistema di classificazione ordinata. Si tratta di un approccio
olistico (totalitaristico) alla comprensione delle situazioni complesse, di un'alternativa al
riduzionismo che cerca le risposte ai problemi abbassando il livello di analisi.
Il principio delle proprietà emergenti.
Una conseguenza importante dell'organizzazione gerarchica è che combinando le parti che
compongono livello per produrre quello più elevato e emergono nuove proprietà. Di conseguenza,
non è possibile prevedere una proprietà emergente di un livello ecologico o di una unità ecologica
studiando semplicemente le sue componenti. Lo stesso concetto può essere espresso come
proprietà irriducibile, cioè una proprietà dell’ insieme non riconducibile alla somma delle
proprietà delle sue parti. Saranno sufficienti due esempi, uno nel campo della fisica e l'altro
dell'ecologia. Quando l'idrogeno e l'ossigeno si combinano in una certa configurazione molecolare,
formano l'acqua, un liquido con proprietà completamente diverse da quelle dei suoi componenti
gassosi. Quando alcune specie algali e di celenterati coevolvono per produrre un corallo, si crea un
meccanismo molto efficiente di riciclo di nutrienti che consente di mantenere una produttività
elevata in acque a basso contenuto di nutrienti. Salt ha suggerito di distinguere tra proprietà
emergenti, così come sono state precedentemente definite, e proprietà collettive, che sono
l'insieme dei comportamenti delle componenti. In entrambi i casi si tratta di proprietà della nuova
unità ma lei proprietà collettive non implicano caratteristiche nuove e uniche derivanti dal
funzionamento dell'unità stessa. Ovviamente, alcuni attributi diventano più complessi andando
verso i livelli superiori di organizzazione gerarchica; spesso, tuttavia, altri attributi risultano meno
complessi e nemmeno variabili salendo dei livelli inferiori a quelli superiori. Poiché i meccanismi
di retro-controllo operano trasversalmente, l'ampiezza delle oscillazioni tende a ridursi quando
un'unità più piccole operano nell'ambito di unità di dimensioni maggiori. Statisticamente, la
variabilità di una proprietà di un sistema unitario è inferiore alla somma delle variabilità delle sue
parti. La velocità di fotosintesi di una foresta, ad esempio, è meno variabile di quella delle singole
foglie o delle singole piante che compongono la comunità, perché se una componente rallenta,
un'altra può accelerare per compensare.

I modelli.
Poiché nella scienza le versioni semplificate del mondo reale sono chiamate modelli, un modello è
la simulazione di un fenomeno reale mediante il quale si possono fare delle previsioni. Nella forma
più semplice, possono essere descrittivi o grafici (informali). Perché le predizioni quantitative siano
ragionevolmente buone, comunque i modelli devono essere statistici e matematici (informali). I
modelli rappresentano in modo schematico una situazione reale e possono sempre essere
implementati sia con l'introduzione di nuovi o migliori dati sia con l'inclusione di ulteriori
fenomeni. Una volta che un modello si rivela utile, le occasioni di sperimentarlo sono infinite,
perché si possono introdurre nuovi fattori o cambiamenti e vedere poi quali effetti si potrebbero
avere sull'ambiente.
Come minimo ci sono cinque ingredienti o componenti perché il modello simuli una situazione
ecologica, vale a dire, (1) una sorgente di energia o altre funzioni forzanti, E; (2) delle proprietà
chiamate variabili di stato, P1 , P2 , ... Pn ; (3) delle vie di flusso, F1 , F2 , … Fn , che mostrano dove
l'energia o la materia trasferita collegano tra loro le proprietà e le forze; (4) le funzioni di
interazione, I, dove le forze e le proprietà interagiscono per modificare, amplificare, o controllare i
flussi o creare nuove proprietà "emergenti"; e (5) gli anelli di retro-controllo,L. Gli anelli di retro-
controllo sono importanti caratteristiche dei modelli ecologici perché rappresentano i meccanismi
di regolazione. Per definire un buon modello si devono considerare: (1) lo spazio (come è delimitato
il sistema); (2) i sottosistemi (le componenti) giudicati complessivamente importanti nella funzione;
e (3) l'intervallo di tempo da considerare. Una volta che in un ecosistema, la sua situazione
ecologica o il problema è stato definito e delimitato, viene sviluppata un'ipotesi è stabile o una serie
di ipotesi che possono poi essere accettate o respinte almeno in modo provvisorio in attesa di
ulteriori esperimenti o analisi.

L'ecosistema.

Comunità di specie differenti che interagiscono tra di loro e con il loro ambiente non vivente di
materia ed energia. Un ecosistema può essere piccolo (fiume, macchia d'alberi, pozze di scogliera)
ma anche grande (foresta, deserto). L'ecosfera e i suoi ecosistemi possono essere separati in due
parti: componenti abiotici, o non viventi (acqua, aria, nutrienti, energia solare) e biotici, o viventi
(piante, animali è microorganismi, a volte chiamati biota).

Concetto di ecosistema e gestione degli ecosistemi.


Gli organismi viventi ed il loro ambiente non vivente (abiotico) sono legati ed interagiscono gli uni
con l'altro. Qualsiasi unità che comprende tutti gli organismi (la comunità biotica) di una data area
interagenti con l'ambiente fisico, in modo tale che un flusso di energia porta a strutture biotiche ben
definite e ad un riciclo della materia tra componenti viventi e non viventi, è un sistema ecologico o
ecosistema. L'ecosistema è più di un’unità geografica (o ecoregione); è una unità sistemica
funzionale, con entrate (input) ed uscite (output) e confini che possono essere naturali od arbitrari.
Un modello grafico dell'ecosistema può consistere in una scatola che noi possiamo qualificare
sistema, che rappresenta l'area alla quale siamo interessati e due ampi imbuti (alle estremità della
scatola e confluenti in essa) che possiamo qualificare ambiente di entrata e ambiente di uscita. Il
confine del sistema può essere arbitrario, delineando un'area come una parte di foresta o di spiaggia;
oppure può essere naturale come la riva di un lago, dove l'intero lago è il sistema, o la linea
spartiacque di un bacino idrografico. L'energia è un'entrata (input) necessaria. Il sole è la sorgente di
energia fondamentale per l'ecosfera e sostiene direttamente la maggior parte degli ecosistemi
naturali nella biosfera. Ma ci sono altre sorgenti di energia, per esempio, il vento, la pioggia, il
flusso d'acqua, il combustibile fossile (la principale sorgente per le città moderne).
L'ecosistema è la prima unità della gerarchia ecologica ad avere tutti i componenti (biologici fisici
necessari per la sopravvivenza. Perciò è l'unità di base in ecologia. La gestione ecosistemica appare
la sfida per il futuro. Poiché gli ecosistemi sono sistemi funzionalmente aperti, considerare sia
l'ambiente di entrata che quello di uscita è un'importante parte del concerto.

Struttura trofica dell'ecosistema.


Dal punto di vista della struttura trofica (del nutrimento), un ecosistema è diviso in due strati: uno
strato superiore, autotrofo (che si nutre da solo) o "fascia verde" di organismi vegetali contenenti
clorofilla nel quale predominano la fissazione dell'energia luminosa, l'uso di sostanze inorganiche
semplici e la costruzione di sostanze organiche complesse, e uno strato inferiore eterotrofo (nutrito
da altri) o "fascia bruna" di suolo e sedimenti, materia in decomposizione, radici, ecc., nel quale
predominano l'utilizzazione, la trasformazione e la decomposizione di sostanze complesse. È
conveniente riconoscere come e costituenti dell'ecosistema i seguenti componenti: le sostanze
inorganiche coinvolte nei cicli della materia; i composti organici che mettono in relazione i
componenti biotici e quelli abiotici; l'aria, l'acqua è l’ambiente di substrato, comprendente il
regime climatico ed altri fattori fisici; i produttori (organismi autotrofi), principalmente piante
verdi che possono sintetizzare cibo da sostanze inorganiche semplici; i fagotrofi, organismi
eterotrofi, principalmente batteri e funghi, che ottengono la loro energia demolendo tessuti morti o
assorbendo materia organica disciolta derivata dall’essudazione o estratta dalle piante o dagli
organismi. I saprofagi sono organismi che si nutrono di materia organica morta. Le attività del
compositive dei saprotrofi rilasciano nutrienti inorganici che possono essere utilizzati dai
produttori; esse forniscono anche cibo per i macroconsumatori e spesso rilasciano sostanze che
inibiscono o stimolano altri componenti biotici dell'ecosistema.

Gradienti ed ecotoni.
La biosfera è caratterizzata da una serie di gradienti, o zonazione, di fattori fisici. Esempi sono i
gradienti di temperatura dall'Artico e Antartide ai Tropici e dalle cime delle montagne alle valli; il
gradienti di umidità dall'umido all'arido lungo i principali sistemi metereologici; è i gradienti di
profondità delle coste ai fondali dei corpi d'acqua. Le condizioni ambientali, compresi gli organismi
adattati a tali condizioni, cambiano gradualmente lungo un gradiente, ma spesso ci sono punti di
brusco cambiamento, conosciuti come ecotoni. Un ecotono è creato dalla giustapposizione di
differenti habitat, o tipi di ecosistemi. Il concetto assume l'esistenza di un'interazione attiva tra due o
più ecosistemi, che fa sì che l’ecotono abbia proprietà che non esistono in alcuno degli habitat
adiacenti. Un esempio di ecotono come zona di interfaccia con proprietà e specie esclusive è una
spiaggia marina, dove l'azione della marea che determina l'alternarsi di inondazioni ed esposizioni
all'aria è una caratteristica unica e dove vivono numerosi tipi di organismi che non si trovano sulla
terra né in mare aperto. Gli estuari verso la terraferma sono altri esempi, come lo sono le zone
comprese tra la prateria e la foresta.

Esempi di ecosistemi.
Un modo di iniziare a studiare l'ecologia è quello di studiare un piccolo stagno ed un campo
abbandonato, nei quali le caratteristiche fondamentali degli ecosistemi possono essere
convenientemente esaminate, è la natura degli ecosistemi acquatici e terrestri può essere
confrontata. I componenti fondamentali di ecosistemi acquatici e terrestri sono:
Sostanze abiotiche.
Le sostanze abiotiche comprendono composti inorganici o organici, come acqua, anidride
carbonica, ossigeno, sali di calcio, azoto, zolfo è fosforo, amminoacidi, acidi umici ed altri. Una
piccola parte dei nutrienti necessari alla vita è in soluzione ed immediatamente disponibile per gli
organismi, ma una parte più grande e tenuta di scorta nella materia particolata e negli organismi
stessi.
Organismi produttori.
In uno stagno i produttori possono essere di due tipi: (1) piante radicate o grosse piante galleggianti
(macrofite) che generalmente crescono in acque poco profonde, e (2) piccoli vegetali galleggianti,
generalmente alghe, batteri o protozoi verdi, chiamati fitoplancton, distribuiti in tutto lo stagno fin
dove penetra la luce. L'abbondanza di fitoplancton conferisce all'acqua un colore verdastro;
altrimenti questi produttori non sarebbero visibili. In stagni e laghi grandi e profondi (e negli
oceani), il fitoplancton è molto più importante della vegetazione radicata nella produzione di cibo
per l'ecosistema. Nei campi abbandonati o nelle praterie, e nelle comunità terrestri in generale si
osserva il caso contrario; grosse piante radicate dominano ma si trovano anche piccoli organismi
foto sintetici come alghe, muschi e licheni su suolo, rocce e fusti di piante.
Organismi consumatori.
I macroconsumatori primari o erbivori si nutrono direttamente di piante o parti di esse. In seguito,
gli erbivori saranno anche chiamati consumatori primari. Nello stagno ci sono due tipi di
microconsumatori, zooplancton e bentos (forme del fondo), parallelamente al due tipi di
produttori. Anche nella prateria o nel campo abbandonato gli erbivori sono di due dimensioni, i
piccoli insetti o altri invertebrati erbivori e grossi mammiferi roditori o ungulati pascolatori. I
consumatori secondari o carnivori, come gli insetti o i pesci predatori (necton; cioè organismi
acquatici che nuotano liberamente e sono in grado di muoversi a loro piacimento attraverso l'acqua)
nello stagno e gli insetti, i ragni, gli uccelli e di mammiferi predatori nella prateria si nutrono di
consumatori primari o di altri consumatori secondari (diventando in questo caso consumatori
terziari). Un altro importante tipo di consumatore è il detritivoro che si nutre di detrito organico
degli strati autotrofi sovrastanti e, insieme agli erbivori, fornisce cibo per il carnivori. Molti
detritivori (come i lombrichi) ottengono molta della loro energia digerendo i microrganismi che
colonizzano le particelle di detrito.
Organismi decompositori.
I batteri non foto sintetici, i flagellati ed i funghi sono distribuiti in tutto l'ecosistema, ma sono
abbondanti soprattutto nell'interfaccia fango-acqua degli stagni e in quello suolo-lettiera della
prateria o del campo abbandonato. La maggioranza attacca solo dopo la morte dell'organismo.
Importanti gruppi di microrganismi formano anche associazioni mutualistiche con nelle piante, fino
a diventarne parte integrante. Quando le condizioni di temperatura ed umidità sono favorevoli, i
primi stadi della decomposizione avvengono rapidamente. Gli organismi viventi sono presto
demoliti dall'azione combinata di microrganismi che si nutrono di detrito e processi fisici. Alcuni
nutrienti sono rilasciati e riutilizzati. La frazione resistente del detrito come la cellulosa, la lignina,e
l’humus, perdura e conferisce una tessitura spugnosa al suolo e agli sedimenti fornendo un habitat
di qualità per le radici delle piante e molti piccoli organismi. Alcuni di questi ultimi convertono
azoto atmosferico in forme che possono essere utilizzate dalle piante o svolgono altri processi per il
proprio beneficio e dell'intero ecosistema.
Misurare il Metabolismo della Comunità.
La tecnica della “ bottiglia chiara-e-scura” può essere utilizzata per misurare il metabolismo
dell'intera comunità acquatica. Campioni d'acqua prelevati a differenti profondità sono posti in
coppie di bottiglie; una (la bottiglia scura) è ricoperta da un nastro nero o un foglio di alluminio per
impedire l'ingresso della luce. Prima che la corda della coppia di bottiglie sia calata nella colonna
d'acqua, si determina la concentrazione iniziale di ossigeno nell'acqua alla profondità scelta. Dopo
24 ore, si preleva la coppia di bottiglie, si determina la concentrazione di ossigeno e si confronta
con la concentrazione iniziale. La riduzione di ossigeno nella bottiglia scura indica la respirazione
dei produttori e dei consumatori nell'acqua, mentre la variazione di ossigeno nella bottiglia chiara è
il risultato netto dell'ossigeno consumato attraverso la respirazione è l'ossigeno prodotto attraverso
la fotosintesi. Sommando la respirazione,R, della bottiglia scura e la produzione netta,P, della
bottiglia chiara si ha una stima della fotosintesi totale o lorda nel periodo di tempo considerato, a
condizione che le due bottiglie contenessero la stessa concentrazione iniziale di ossigeno.
Utilizzando il metodo delle bottiglie Chiara scura in uno stagno fertile poco profondo in una
giornata calda soleggiata, chi si attende che la fotosintesi superi la respirazione nei primi 2 o 3
metri, come si può osservare dall'aumento della concentrazione di ossigeno nella bottiglia chiara.
Quest'area superiore dello stagno, nella quale la produzione e maggiore della respirazione è
denominata zona limnetica. Sotto i 3 m, l'intensità luminosa in uno stagno produttivo è
generalmente troppo debole per la fotosintesi, così nelle acque del profondo avviene solo la
respirazione. Quest'area inferiore di uno stagno è chiamata zona profonda. Il punto, in un gradiente
di luminosità, al quale le piante possono solo bilanciare la produzione e l'utilizzazione del cibo è
chiamata profondità di compensazione e segna un confine funzionale conveniente tra allo strato
autotrofo e quello è il eterotrofo. Una produzione giornaliera di ossigeno in eccesso rispetto alla
respirazione indica un ecosistema in salute, poiché è prodotto un eccesso di cibo disponibile. Se lo
stagno ipotetico fosse inquinato da materia organica, il consumo di O2 supererebbe notevolmente la
produzione di O2, provocando l'esaurimento dell'ossigeno stesso. Se lo squilibrio dovesse
continuare, alla fine prevarrebbe loro condizioni anaerobiche che potrebbero determinare
l'eliminazione dei pesci e di gran parte degli altri animali. Sebbene gli ecosistemi acquatici e
terrestri abbiano le stesse strutture basilari e funzioni simili, la composizione biologica e la
dimensione dei loro componenti trofici differiscono. Il più acuto contrasto, e risiede nella
dimensione delle piante verdi. Gli autotrofi terrestri devono investire una buona parte della loro
energia produttiva per fabbricare tessuti di sostegno, poiché la densità dell'aria è molto minore di
quella dell'acqua. Questo tessuto di sostegno a un elevato contenuto di cellulosa e lignina e richiede
poca energia per il mantenimento. Perciò le piante terrestri danno un contributo maggiore delle
piante acquatiche alla matrice strutturale dell'ecosistema, ed il tasso metabolico per unità di volume
o di peso delle piante terrestri è conseguentemente molto più basso; per questa ragione, il tasso di
ricambio o turnover differisce. Il turnover può essere ampiamente definito come il rapporto tra ciò
che entra ed il contenuto. Consideriamo il flusso di energia produttiva come ciò che entra e la
biomassa stabile come il contenuto. Sennò assumiamo che lo stagno ed il prato abbiano entrambi un
tasso di fotosintesi lorda di 5 g . m-2. giorno, il tasso di turnover per lo stagno sarà di 5/5, o 1, ed il
tempo di turnover sarà un giorno. Al contrario, il tasso di turnover per il prato sarà 5/500, o 0.01, ed
il tempo di turnover sarà 100 giorni. Così, i minuscoli organismi vegetali dello stagno possono
sostituire se stessi in un giorno quando il metabolismo è al massimo, mentre le piante terrestri
vivono molto più a lungo e hanno un turnover molto più lento.
Il Concetto di Bacino idrografico.
L'espressione eutrofizzazione culturale (arricchimento culturale) è utilizzata per indicare
l'inquinamento organico che deriva dalle attività umane. L'erosione del suolo e la perdita di nutrienti
da una foresta disturbata o da un campo coltivato mal gestito non solo impoverisce questi
ecosistemi, ma il deflusso avrà un impatto è eutrofizzante, o di altro tipo, “ a valle”. Quindi, per la
conoscenza della gestione delle risorse, deve essere considerato come minima unità e ecosistemica
l'intero bacino di drenaggio-non solo il corpo d'acqua o la parte di vegetazione. Per essere gestita
in pratica l'unità ecosistemica deve comprendere un'area di terreno da drenare almeno 20 volte più
ampia della superficie d'acqua. Naturalmente, il rapporto varia ampiamente in funzione della
piovosità, della struttura geologica delle rocce sottostanti e della topografia. Campi, foreste, corpi
d'acqua e città collegati da un sistema di corsi d'acqua, o in regioni calcaree da una rete di drenaggio
sotterranea, interagiscono come in un’unità integrata da studiare gestire. Questa unità integrata, o
bacino di drenaggio, chiamato bacino idrografico, è anche definito come l'aria di ambiente
terrestre drenata da un particolare corso d'acqua o fiume.
Agroecosistemi.
Gli agroecosistemi differiscono dagli ecosistemi naturali o seminaturali alimentati dall'energia
solare, come i laghi e le foreste, per tre fondamentali aspetti: (1) l'energia sussidiaria, che aumenta
o sussidi ha l'entrata di energia solare, è controllata dall'uomo e consiste di lavoro umano ed
animale, fertilizzanti, pesticidi, acqua di irrigazione, macchinari alimentati da combustibile, e così
via; (2) la diversità di organismi e coltivazioni è enormemente ridotta per massimizzare la resa delle
coltivazioni di uno specifico prodotto di uso alimentare, o di altro genere; e (3) vegetali ed animali
dominanti sono controllati dalla selezione artificiale piuttosto che dalla selezione naturale. In altre
parole, sono progettati e gestiti per incanalare quanta più energia solare e sussidiaria possibile in
prodotti commestibili o in altri prodotti di mercato attraverso un duplice processo: (1) l'impiego di
energia sussidiaria per mantenere lavoro che nei sistemi naturali sarebbe compiuto dall'energia
solare, consentendo così ad una maggiore quantità di energia solare di essere convertita
direttamente in cibo; e (2) la selezione genetica delle piante,utilizzate come fonte alimentare, e degli
animali domestici per ottimizzare la resa nell'ambiente specializzato ed energeticamente sussidiato.
Come in tutti gli usi del suolo intensivi e specializzati, ci sono costi, così come benefici.
Approssimativamente il 10% della superficie terrestre libera da ghiacci del mondo è terra coltivata.
Un altro 20% della superficie terrestre è terra a pascolo. Così circa il 30% della superficie terrestre è
dedicato all'agricoltura nel significato più ampio. Gli agroecosistemi possono essere suddivisi in tre
ampie categorie: 1. Agricoltura pre-industriale autosufficiente ed al lavoro intensivo, fornisce
cibo per il coltivatore e la sua famiglia e per la vendita o il baratto nei mercati locali, ma non
produce un grosso surplus per l'esportazione; 2. Agricoltura intensiva meccanizzata, alimentata a
combustibile, chiamata a agricoltura convenzionale o industriale, produce cibo, che supera le
necessità locali, per l'esportazione di commercio, facendo così del cibo una merce ed una principale
forza di mercato nell'economia piuttosto che fornire solo beni e servizi di sostegno alla vita; 3.
Agricoltura sostenibile a più basso input, frequentemente chiamata agricoltura alternativa, pone
l'enfasi sulle rese del raccolto e sui profitti sostenibili mentre riduce gli input di combustibili fossili,
pesticidi, sussidi di fertilizzanti. Una grande varietà di tipi di colture è stata adattata alle condizioni
del suolo, dell'acqua e del clima, ma perde gli scopi di una discussione generale, tre tipi
predominano: (1) sistemi pastorali; (2) agricoltura transitoria; e (3) sistemi irrigati per
l'allagamento ed altri sistemi non meccanizzati. La pastorizia implica il pascolo in mandria del
bestiame o di altri animali domestici in regioni aride e semi aride, con persone che vivono dei loro
prodotti come latte, carne e pellame. L'agricoltura transitoria una volta praticata in tutto il mondo,
è ancora ampiamente praticata nelle aree forestali dei Tropici. Dopo ché porzioni di foresta sono
battute e i residui bruciati le aree sono coltivate per pochi anni fino a che tutti i nutrienti sono
consumati e lisciviati dal suolo. Allora il sito viene abbandonato, per essere ringiovanito dalla
naturale ricrescita della foresta. L'agricoltura permanente non meccanizzata è persistita per secoli
nel sud-est dell'Asia ed altrove, nutrendo milioni di persone. Gli agroecosistemi più produttivi sono
sussidiati dall'irrigazione per allagamento, o naturalmente per mezzo delle inondazioni stagionali
lungo i fiumi ed i fertili delta, o artificialmente attraverso i inondazioni controllate come nelle
antiche coltivazioni di riso irrigate tramite canali. In sintesi, l'agricoltura industriale ha accresciuto
di molto la resa di cibo e fibre per unità di territorio. Questo è il lato luminoso della tecnologia, ma
ci sono anche due lati oscuri: (1) molte piccole imprese agricole escono dal commercio mondiale e
queste famiglie si spostano verso le città, dove diventano consumatori piuttosto che produttori di
cibo; e (2) l'agricoltura industriale ha enormemente aumentato l'inquinamento diffuso e la perdita di
suolo. Per contrastare questi ultimi, sta crescendo l'uso di una nuova tecnologia chiamata
agricoltura sostenibile a basso input.

Diversità degli Ecosistemi.


La diversità degli ecosistemi può essere definita come diversità genetica, diversità di specie,
diversità di habitat e diversità dei processi funzionali che mantengono i sistemi complessi. È utile
riconoscere due componenti della diversità: (1) componente della ricchezza o varietà, che può
essere espressa come numero di “tipi” di componenti per unità di spazio; e (2) componente
dell'abbondanza relativa o distribuzione delle unità individuali tra tipi differenti. Il mantenimento
di una diversità da moderata ad alta è importante non solo per garantire che tutte le nicchie
funzionali chiave siano operanti ma soprattutto per mantenere la ridondanza e la resilienza
nell'ecosistema, per proteggersi da eventi stressanti che si verificano prima o poi. Il motivo per il
quale è importante considerare l'abbondanza relativa oltre alla componente di ricchezza è che due
ecosistemi possono avere la stessa ricchezza ma essere molto differenti perché la distribuzione delle
abbondanza dei tipi è differente. La maggior parte dei paesaggi naturali a una moderata omogeneità,
con poche specie comuni (dominanti) per ogni livello trofico o gruppo tassonomico, e numerose
specie rare. In generale le attività umane direttamente o indirettamente aumentano la dominanza e
riducono l'omogeneità e la varietà.

Studio degli Ecosistemi.


Gli ecologi nel passato si sono avvicinate allo studio di grandi e ecosistemi complessi, come laghi e
foreste, utilizzando due approcci: (1) l'approccio olologico (intero), nel quale sono misurate le
entrate e le uscite, sono valutate le proprietà collettive di emergenti dell'intero, e quindi, quando
necessario sono esaminate le parti componenti; e (2) l'approccio merologico (parte), nel quale le
parti principali sono prima studiate e poi integrate in un sistema completo. Poiché nessuno dei due
approcci da solo consente di rispondere a tutte le domande un approccio multilivello che alterna
approcci dall'alto e dal basso, basati sulla teoria gerarchica, è più avanzato. Tecniche modellisti che
e dei sistemi di informazione geografica sono usati sempre di più per verificare ipotesi a vari livelli
di organizzazione.

Controllo Biologico dell'Ambiente Geochimico: l'Ipotesi Gaia.


Non sono gli organismi si adattano all'ambiente fisico, ma la loro azione combinata negli ecosistemi
fa sì che l'ambiente geochimica ossia adatti alle loro necessità biologica. Il fatto che la chimica
dell'atmosfera, l'ambiente fisico fortemente tamponato della terra e la presenza di una diversità di
vita e lo dica siano completamente differenti dalle condizioni esistenti in qualsiasi altro pianeta di
questo sistema solare, ha portato all'ipotesi Gaia. L'ipotesi Gaia afferma che gli organismi,
specialmente i microrganismi, si sono evoluti con nell'ambiente fisico producendo un sistema di
controllo complesso altro regolatore che mantiene condizioni favorevoli per la vita sulla Terra. La
natura fisica e chimica di materiali inerti è costantemente modificata dagli organismi, specialmente
batteri e funghi, che restituiscono nuovi composti e sorgenti di energia all'ambiente. Un atollo di
coralli del Pacifico meridionale è un esempio evidente di come gli organismi modifichino
l'ambiente abiotico. Intere isole sono costruite da semplici materiali di mezzi delle amare attraverso
l'attività di animali (coralli) e piante. Organismi controllano la giusta composizione della nostra
atmosfera. L'estensione del controllo biologico a livello globale è la base per l'ipotesi Gaia di James
Lovelock. L'uomo, naturalmente, più di qualsiasi altra specie, tenta di modificare l'ambiente fisico
per soddisfare le sue più immediate necessità, ma nel fare questo è sempre meno lungimirante. Si
stanno distruggendo i componenti biologici necessari per la nostra esistenza fisiologica e gli
equilibri globali cominciano ad essere perturbati e cambiati - un processo che è tipicamente
chiamato cambiamento climatico globale. Poiché noi siamo eterotrofi, coloro che crescono meglio
vicino all'apice delle complesse catene alimentari e di energia, dipendiamo dall'ambiente naturale,
non importa quanto sofisticata sia la nostra tecnologia.

Microcosmi, Mesocosmi e Macrocosmi.


La natura degli ecosistemi può essere simulata, in miniatura, da piccoli mondi autosufficienti, o
microcosmi, in bottiglie o altri contenitori come gli acquari. Questi contenitori possono essere
considerati microecosistemi. Le grosse vasche sperimentali o le recinzioni all'aperto, chiamate
mesocosmi (mondi di media grandezza), sono modelli sperimentali più realistici perché sono
soggetti a fattori ambientali naturalmente pulsanti, come la luce e la temperatura, e possono
contenere organismi più grandi con cicli vitali più complessi. Il pianeta terra, estesi bacini
idrografici o paesaggi naturali, chiamati macrocosmi (il mondo grande o naturale) sono sistemi
naturali usati per misurare la linea di base o “controllo”. Un mesocosmo autosufficiente
comprendente l'uomo, chiamato Biosphere-2, è stato un primo tentativo di costruire un’enclosure
che potrebbe un giorno essere ricostruita sulla luna o su i pianeti vicini. Grandicella e le stazioni
spaziali, come funzionano ora, non sono autosufficienti e possono rimanere nello spazio solo per
brevi periodi senza il rifornimento della terra.

Classificazione degli Ecosistemi.


Gli ecosistemi possono essere classificati attraverso caratteristiche strutturali o funzionali. La
vegetazione e le principali caratteristiche strutturali fisiche forniscono la base per la classificazione,
ampiamente utilizzata, dei biomi. Un esempio di utile schema funzionale e una classificazione
basata sulla quantità e qualità della “funzione forzante” dell'input di energia. Gli ecologi non
trovano un accordo su alcun tipo di classificazione degli ecosistemi, o perfino su quale sarebbe
un'appropriata base per farla. Tuttavia, molti approcci possono essere utili allo scopo. L'energia
fornisce un eccellente base per una classificazione funzionale, poiché è un'importante denominatore
comune per tutti gli ecosistemi, sia naturali che gestiti dall'uomo. Macrocaratteristiche strutturali
evidenti sempre presenti sono la base per la classificazione ampiamente utilizzata dei biomi. Negli
ambienti terrestri usualmente la vegetazione fornisce tale macrocaratteristica che “ integra”, per così
dire, la flora e la fauna con il clima, l'acqua e le condizioni del suolo. Negli ambienti acquatici, dove
le piante spesso non danno nell'occhio un'altra caratteristica fisica, come “ acqua stagnante”,
“acqua corrente”, “ platea continentale marina” e così via, generalmente fornisce una base per
riconoscere i principali tipi di ecosistemi.
L'energia nei sistemi ecologici.
Concetti fondamentali sull'energia: le leggi della termodinamica.
L'energia viene definita come la capacità di compiere il lavoro. Il comportamento dell'energia e
descritto dalle seguenti leggi: la prima legge della termodinamica, o legge della conservazione
dell'energia, stabilisce che l'energia può essere trasformata da un tipo all'altro mondo può essere né
creata né distrutta. La luce, per esempio, può essere trasformata in lavoro, in calore, o in energia
potenziale come quella contenuta nel cibo, ma nessuna di queste forme può essere distrutta; la
seconda legge della termodinamica, o legge dell'entropia, può essere definita in parecchi modi,
tra cui: nessun processo che implichi trasformazioni energetiche può avvenire spontaneamente
senza che ci sia una degradazione dell'energia da una forma concentrata in una dispersa. Per
esempio, il calore contenuto in un oggetto caldo tenderà spontaneamente disperdersi nel mezzo
circostante più freddo. Può anche essere definita come segue: dato che parte dell'energia sempre
dispersa come energia termica non disponibile, nessuna trasformazione spontanea dell'energia (per
esempio l'energia luminosa) in energia potenziale (per esempio quella contenuta nel protoplasma)
avviene con un'efficacia del 100%. L'entropia è una misura dell'energia non disponibile derivante
dalle trasformazioni; il tè mine viene anche usato come un indice generale del disordine associato
alla degradazione dell'energia. Quando la luce è assorbita da un certo oggetto, il quale di
conseguenza diventa più caldo, l'energia luminosa è trasformata in un altro tipo di energia: energia
termica. L'assorbimento differenziale dei raggi solari da parte della terra e dell'acqua sale calde e
fredde, che in definitiva porta dai movimenti dell'aria, i quali possono muovere mulini a vento e
compiere lavoro come ad esempio pompare acqua contro la forza di gravità. In questo caso,
l'energia luminosa passa ad energia termica sulla superficie terrestre e poi ad energia cinetica nel
movimento dell'aria che compie il lavoro di sollevare l'acqua. L'energia non è distrutta nel
sollevamento dell'acqua; essa invece si trasforma in energia potenziale, poiché l'energia latente
contenuta nell'acqua sollevata può essere trasformata in qualche altra forma energetica ad esempio
lasciando cadere nuovamente l'acqua in basso.

La radiazione solare e l'ambiente energetico.


Gli organismi che vivono sulla superficie della terra sono costantemente irradiati dalla radiazione
solare e dalla radiazione termica ad elevata lunghezza d'onda riflessa dalla superficie circostante.
Entrambe contribuiscono a formare l'ambiente climatico. La radiazione solare è composta da tre
componenti: la luce visibile e due componenti non visibili, l'ultravioletto alle lunghezze d'onda più
basse e l’infrarosso a lunghezze d'onda maggiori. A causa della sua natura diluita e dispersa, solo
una piccola parte della luce visibile è usata per la fotosintesi e trasformata in energia per i
componenti biotici dell'ecosistema. La radiazione solare è ampiamente alterata al suo passaggio
attraverso le nuvole, l'acqua e la vegetazione. La radiazione termica, altra componente
dell'energia, è emessa ad ogni superficie o d'oggetto che si trova ad una temperatura al di sopra
dello zero assoluto. Sono ovviamente compresi non solo il suolo, l'acqua e la vegetazione, ma anche
le nubi, che forniscono una quantità notevole di energia termica all'ecosistema. La componente
solare è in genere misurata per mezzo di solarimetri. Gli strumenti che misurano il flusso totale di
energia a tutte le lunghezze d'onda si chiamano radiometri. Il radiometro netto ha due superfici,
una superiore ed una inferiore, e misura la differenza fra il flusso di energia solare e di energia
termica.

Il concetto di produttività.
La produttività primaria è la velocità con cui i produttori di un ecosistema trasformano l'energia
solare in energia chimica, ossia in composti organici nei processi di produzione è importante
distinguere quattro tappe fondamentali: (1) produttività primaria lorda (PPL) esprime la quantità
totale di biomassa (quantità di materia organica presente in un ecosistema) formata, compresa
quella utilizzata dalla pianta per il suo fabbisogno; (2) produttività primaria netta (PPN) esprime
la quantità di materia organica immagazzinare in una pianta al netto di quella utilizzata per il
proprio metabolismo, in pratica, la quantità di respirazione e in genere sommata alla produttività
primaria netta come correzione per ottenere la misura della produzione lorda (PPL=PPN+R); (3)
produttività netta della comunità è la velocità di immagazzinare materia organica non utilizzata
dagli eterotrofi, cioè la produzione primaria netta meno il consumo degli eterotrofi; (4) produttività
secondaria è la velocità di immagazzinare energia a livello dei consumatori. Per vivere, crescere e
riprodursi un produttore deve usare una parte della biomassa totale per la sua respirazione quindi:
PPL – R = PPN .

La ripartizione dell'energia nelle catene trofiche e nelle reti trofiche.


Il trasferimento di energia alimentare degli autografi (piante attraverso una serie di organismi che
consumano è che sono consumati è chiamato catena alimentare. Ad ogni passaggio, una parte
dell'energia potenziale è persa come calore. Perciò, più corta è la catena alimentare o quanto è più
vicino l'organismo all'inizio della catena, tanto maggiore sarà l'energia disponibile per quella
popolazione. Le catene alimentari possono essere di due tipi: (1) catene alimentari del pascolo
partono dalle piante verdi, passano per gli erbivori pascolandoti (organismi che mangiano cellule e
tessuti vegetali vivi) e giungono ai carnivori;
PIANTE VERDI  ERBIVORI (consumatori primari)  CARNIVORI (consumatori
secondari).
(2) catene alimentari di detrito che partono dalla materia organica morta, passano per i
microrganismi da questi giungono ai consumatori di detrito (detrivori) e quindi ai loro predatori.
MATERIA ORGANICA MORTA  MICRORGANISMI  DETRIVORI  PREDATORI DI
DETRIVORI.
Le catene alimentari non sono delle sequenze isolate ma sono interconnesse. Il modello che ne
deriva è la rete alimentare. Gli organismi che ottengono il cibo dal sole con lo stesso numero di
passaggi si dice che appartengono allo stesso livello trofico. Quindi le piante verdi (=livello dei
produttori) occupano il primo livello trofico, gli organismi che si nutrono di piante (= erbivori,
livello dei consumatori primari) occupano il secondo livello, i carnivori il terzo livello trofico
(livello dei consumatori secondari). Ciò su cui una catena alimentare si basta e l'energia. Il flusso di
energia attraverso un livello trofico è uguale all'assimilazione totale (A) a quel livello, che a sua
volta è uguale alla produzione (P) di biomassa e materia organica più la respirazione (R): A=P+R

----- ----- -----


Le scatole rappresentano successivi livelli trofici e le linee che le uniscono tracciano il flusso di
energia in entrata e in uscita ad ogni livello. Il flusso in entrata bilancio quello in uscita, come vuole
la prima legge della termodinamica e ciascun trasferimento di energia è accompagnato dalla
dispersione di energia sotto forma di calore (respirazione) proprio come vuole la seconda legge
della termodinamica. Le catene alimentari di pascoli di detrito sono mostrate come due flussi
separati in una forma a Y. Questo modello è conforme alla stratificazione degli ecosistemi, il
consumo diretto delle piante verdi e l'utilizzazione della materia organica morta sono usualmente
separati nel tempo e nello spazio; i macroconsumatori e degli microconsumatori differiscono sia
nelle tecniche di studio, sia nella relazione molle-metabolismo. Alcuni organismi producono
sostanza organica in assenza di luce e questo processo prende il nome di chemiosintesi.
l'interazione tra i fenomeni delle catene alimentari (perdita e trasferimento di energia) e
l'interrelazioni metabolismo-dimensioni degli individui, danno origine a comunità aventi una
definita struttura atrofica, che caratterizza un particolare tipo di ecosistema. La struttura atrofica è
anche la funzione trofica possono essere descritte graficamente mediante le piramidi ecologiche,
nelle quali il primo livello, cioè quello di produzione, forma la base ed i livelli successivi formano i
gradini, fino alla cima. Le piramidi ecologiche possono essere di tre tipi: (1) piramidi di numeri,
nelle quali viene riportato il numero degli individui; (2) piramidi di biomassa, basate sul peso secco
totale, contenuto in calorie o su altre misure della quantità totale di materia vivente; e (3) piramidi
di energia, nelle quali viene riportato il flusso di energia e la produttività a livelli trofici successivi.
Le piramidi di numero e biomassa possono essere capovolte; cioè la base può essere più piccola di
uno o più dei gradini successivi se le dimensioni degli organismi produttori sono minori di quelle
dei consumatori. Dei tre tipi di piramide, la piramide di energia è di gran lunga quella che meglio
illustra la natura funzionale della comunità. Al controllo delle piramidi di numero e biomassa che
rappresentano situazioni fisse (cioè gli organismi presenti in un dato momento), la piramide di
energia rappresenta la velocità di passaggio della massa di cibo attraverso la catena alimentare.
Esempi di biomassa invertita sono molto frequenti nei laghi e nel mare. Nei periodi di elevata
produttività primaria, la biomassa delle piante (fitoplancton) e in genere superiore a quella dei
consumatori (zooplancton), come durante le fioriture primaverili; tuttavia in inverno può succedere
il contrario. In molti casi nei laghi nel mare consumatori secondari terziari come pesci sono di
grossa mole e pesano molto più del fitoplancton.

PIRAMIDE DI NUMERO PIRAMIDE DI BIOMASSA


P = produttori
C1 = consumatori primari
C2 = consumatori secondari
C3 = consumatori terziari
Questa anomalia è giustificata dalla legge della proporzionalità inversa tra dimensioni e
metabolismo: più un individuo è grasso, più il metabolismo è meno veloce.

Qualità dell'energia: eMergia.


L'energia una qualità così come una quantità. Non tutte le calorie (o qualunque altra unità di misura
venga usata) sono equivalenti, dato che identiche quantità di energia di differenti forme variano
ampiamente nelle loro capacità di compiere un lavoro. Forme altamente concentrate come nel caso
del petrolio hanno una qualità più elevata delle forme energetiche più diluite come la luce solare. Il
termine eMergia (scritto con la M maiuscola) è stato proposto per misurare la qualità dell'energia.

Il metabolismo e la taglia degli individui: la legge dell'esponente 3/4.


La biomassa stabile (espressa come peso secco totale o contenuto calorico totale degli organismi
presenti in un dato momento) che può essere sostenuta dal flusso stazionario di energia in una
catena alimentare dipende non solo dalla sua posizione nella catena alimentare stessa, ma anche
dalla taglia degli individui. Cioè ad un particolare livello trofico nell'ecosistema può essere
sostenuta una biomassa più bassa di organismi piccoli che di organismi grandi. Al contrario, più
grandi sono gli organismi, maggiore potrà essere la loro biomassa stabile. Perciò la biomassa di
batteri presenti in ogni dato momento dovrebbe essere molto più piccola della quantità di pesci o
mammiferi, anche se l'uso dell'energia potrebbe essere lo stesso per entrambi i gruppi. In generale il
tasso metabolico nei singoli animali varia con un esponente 3/4 del loro peso corporeo.

Concetti di capacità portante e sostenibilità.


In termini di energetica a livello di ecosistema, ciò che è nota come capacità portante è raggiunta
quando tutta l'energia disponibile in entrata è richiesta per sostenere tutte le strutture funzioni di
base. La quantità di biomassa che può essere sostenuta sotto queste condizioni è conosciuta come
massima capacità portante ed è indicata dalla lettera maiuscola K né i modelli teorici. Questo
livello non è assoluto, ma è facilmente oltrepassato quando il momento del tasso di crescita è forte.
Crescenti evidenze mostrano che la capacità portante ottimale è più bassa della capacità portante
massima. In termini di individui e popolazioni, la capacità portante dipende non solo dal numero
della biomassa ma anche dallo stile di vita.

Una classificazione energetica degli ecosistemi.


La fonte e la qualità dell'energia disponibile stabilisce a tutti i livelli il tipo il numero di organismi, i
modelli dei processi di sviluppo e funzionali, e direttamente o indirettamente, lo stile di vita del
genere umano. Dato che l'energia è un denominatore comune e la funzione forzante ultima di tutti
gli ecosistemi, sia naturali sia artificiali, essa fornisce una base logica per una classificazione di “
primo ordine”. Su queste basi è opportuno distinguere quattro classi di ecosistemi: (1) e ecosistemi
naturali alimentati dall'energia solare; (2) e ecosistemi naturali alimentati da altre fonti energetiche
oltre a quella solare; (3) ecosistemi antropizzati (alterazioni dell'ambiente naturale, da parte
dell'uomo, intese a trasformarlo al servizio dei propri interessi ) alimentati dall'energia solare; (4)
sistemi urbani industrializzati alimentati da combustibili (usando energia da combustibili fossili,
organici o nucleari). Gli ecosistemi vengono sostenuti da due distinte sorgenti energetiche: (1) il
sole; è (2) combustibili chimici o nucleari. Di conseguenza, si può fare una distinzione tra sistemi
ad energia solare e sistemi a combustibile. I sistemi naturali che dipendono per gran parte o
totalmente dei raggi solari possono essere definiti come ecosistemi ad energia solare non
sussidiati, nel senso che ci sono poche, se ci sono, risorse ausiliarie di energia che accrescono o
suppliscono la radiazione solare. L'energia sussidiaria è una risorsa di energia ausiliaria che riduce
il costo unitario di mantenimento dell'ecosistema e perciò aumenta la quantità di energia solare che
può essere trasformata in prodotto organico. In altri termini, l'energia solare e accresciuta da
un'energia non solare lasciando libera la prima per la produzione di materia organica. Tali sussidi
possono essere sia naturali che artificiali (o naturalmente una combinazione dei due). Gli ecosistemi
a combustibile, altrimenti noti come sistemi urbano-industriali sono un prodotto dello sviluppo
umano. L'energia potenziale altamente concentrata nei combustibili sostituisce, piuttosto che essere
di supplemento, l'energia solare.

Tipologia dei cicli biogeochimici.


Tipologia dei cicli biogeochimici.
Gli elementi chimici, includendo tutti gli elementi essenziali per la vita, tendono a circolare nella
biosfera seguendo percorsi caratteristici dall'ambiente agli organismi e da questi di nuovo
all'ambiente. Questi percorsi più o meno circolari sono conosciuti come cicli biogeochimici. Il
movimento di questi elementi essenziali per la vita, viene definito come ciclo dei nutrienti. Ogni
ciclo di nutrienti può essere convenientemente diviso in due compartimenti o pool: (1) il pool di
riserva, molto ampio, poco attivo e generalmente in fase non biologica; (2) il pool labile o
circolante, una porzione più piccola ma più attiva che si muove rapidamente (in avanti ed indietro)
tra organismi ed ambiente circostante. Molti elementi hanno vari pool di riserva ed alcuni
presentano invece numerosi pool circolanti. Dal punto di vista delle costiera, considerata come
un'intero, il cicli biogeochimici possono essere suddivisi in due gruppi basilari: (1) di tipo gassoso,
in cui il pool di riserva è nell'atmosfera o nell’idrosfera (oceano); (2) di tipo sedimentario, in cui la
riserva è nella crosta terrestre. Il flusso di energia, nelle sue varie forme, è sempre necessario per far
funzionare il cicli della materia. La Geochimica studia la composizione chimica della terra e lo
scambio di elementi tra differenti parti della crosta terrestre, dell'atmosfera, degli oceani, dei fiumi e
degli altri corpi idrici. La Biogeochimica è invece una scienza che comprende lo studio degli
scambi di materia tra le componenti viventi e quelle non viventi dell’ecosfera. È importante
evidenziare che l'energia nelle sue varie forme viene spesa per riciclare la materia, elemento questo
da tenere in evidenza considerando le accresciute necessità per usi umani del riciclaggio dell'acqua,
dei metalli, della carta e di altri materiali. Di conseguenza, la scienza definita ecologia umana -
studio dell'impatto umano e dell'interazione con i sistemi naturali - è diventata una componente
essenziale nella gestione dei sistemi naturali ed artificiali. L'inquinamento è stato frequentemente
definito come risorse fuori posto. Lo scopo della conservazione delle risorse naturali, nel senso più
ampio, è quello di far sì che processi aciclici diventino sempre più ciclici. Il concetto di riciclo deve
sempre più diventare uno dei principali obiettivi delle società umane. Il riciclo dell'acqua è un buon
inizio, poiché se il ciclo idrologico viene mantenuto e possibilmente ristabilito, sussiste una
maggiore possibilità di controllare il nutrienti che vengono movimentati insieme all'acqua.

Ciclo dell'azoto.
L'atmosfera è costituita da circa l'80% di azoto. Le piante possono utilizzare l'azoto solamente sotto
forma di ioni nitrato (NO3-), o gli ioni ammonio (NH4+). Questi composti si possono formare a
partire dall'azoto atmosferico grazie ai batteri del suolo. I batteri nitrificanti trasformano l’ NH 4+
nello ione NO3-, la principale fonte di azoto per le piante; l'azoto utilizzato dalle piante per produrre
amminoacidi è proteine, diviene poi disponibile per gli organismi consumatori. Batteri e funghi con
funzione detrivora decompongono i rifiuti azotati in ioni ammonio, rendendo così l'azoto di nuovo
disponibile per le piante. Un altro gruppo di batteri che vive nel terreno, i batteri denitrificanti
completano il ciclo dell'azoto trasformando i nitrati presenti nel suolo in N2 atmosferico.

Ciclo del fosforo.


Il fosforo ha il suo principale serbatoio abiotico nelle rocce. L'erosione delle rocce porta a un
graduale accumulo di fosfati nel suolo. Le piante assorbono gli ioni fosfato in soluzione nel terreno
e li trasformano in composti organici; i consumatori ricavano dalle piante il fosfato sotto forma di
molecole organiche, mentre i decompositori restituiscono il fosfati al suolo. Alcuni fosfati sotto
forma di precipitati, si depositano sul fondo dei laghi profondi e degli oceani dando origine, a nuove
rocce; se ciò avviene essi non saranno riciclati all'interno degli organismi viventi fino a quando
specifici processi geologici non riporteranno le rocce in superficie esponendole all'erosione.

Ciclo dello zolfo.


Il solfato (SO4) così come nitrato e il fosfato, è la principale forma biologicamente disponibile che
viene ridotta dagli organismi autotrofi ed incorporata nelle proteine essendo lo zolfo un costituente
essenziale di alcuni aminoacidi. Gli ecosistemi non richiedono una grande quantità di zolfo, né esso
rappresenta un fattore limitante per la crescita di piante e animali. Tuttavia il ciclo dello zolfo è un
ciclo chiave nel modello generale di produzione e di decomposizione. Ad esempio, allorquando nei
sedimenti si formano solfuri di ferro, il fosforo viene convertito da una forma insolubile ad una
solubile e pertanto può essere introdotto nel pool disponibile per gli organismi viventi. Questa è la
dimostrazione pratica di come un ciclo di nutrienti possa regolarne un altro. I batteri specializzati
nel ciclo dello zolfo funzionano come un “ team a staffetta” nelle riciclo dello zolfo nei suoli, nelle
acque dolci e nelle zone umide. I processi microbici realizzati nelle zone profonde anaerobiche nei
suoli e nei sedimenti determinano il movimento di risalita dell'idrogeno solforato gassoso (H 2S)
verso gli ecosistemi terrestri e nelle zone umide. La decomposizione delle proteine porta alla
produzione di idrogeno solforato. Raggiunta l'atmosfera, questa fase gassosa viene convertita in
altre forme, soprattutto anidride solforosa (SO2), solfato (SO4) nonché aerosol solforati (particelle
molto sottili e sospese di SO4). Gli aerosol solforati, diversamente dalla CO2, riflettono la luce del
sole verso il cielo contribuendo in tal modo alle raffreddamento globale oltre che alle piogge acide.

Ciclo del carbonio.


L'anidride carbonica presente nell'atmosfera viene trasformata, grazie alla fotosintesi, nei composti
organici delle piante, delle alghe e dei cianobatteri. Alcune di queste sostanze organiche vengono
poi mangiate dai consumatori primari, come i conigli che le utilizzano come fonte di carbonio. I
consumatori dei livelli più elevati ricavano il carbonio a loro necessario, nutrendosi dei consumatori
presenti nei livelli più bassi. Contemporaneamente i composti del carbonio presenti nei detriti
(prodotti di rifiuto animale, organismi morti) vengono utilizzati e decomposti dai detrivori. La
respirazione cellulare di piante, animali, microrganismi del suolo, degrada i composti organici a
CO2 che ritorna nell'atmosfera. La quantità di anidride carbonica che ritorna nell'atmosfera tramite
la respirazione di lance esattamente quella rimossa dalla fotosintesi.
Ciclo dell'acqua.
Il ciclo dell'acqua è un ciclo azionato dal calore del sole. I tre principali processi innescati dal calore
solare (precipitazioni, evaporazione e traspirazione) consentono continui scambi d'acqua tra la
terraferma, gli oceani e l'atmosfera. Sopra gli oceani l'evaporazione è superiore, ogni anno, alle
precipitazioni ; ne consegue un movimento del vapore acque in eccesso, sotto forma di nuvole
portate dal vento, che degli oceani si sposta verso la terraferma. Sulla terraferma, le precipitazioni
sono superiori all'evaporazione e alla traspirazione. La precipitazione è costituita da vapore acqueo
che prima si è condensato sotto forma di nuvole per poi cadere sulla superficie terrestre. Questo
avviene sotto forma di pioggia, ma anche di neve, grandine o nebbia l'eccesso di pioggia si
raccoglie in un sistema di acque superficiali (come laghi e fiumi) e di acque del sottosuolo, che
rifluiscono tutte verso il mare completando il ciclo dell'acqua.

Turnover e tempi di residenza.


Il concetto di turn-over, è molto utile per comparare i tassi di scambio fra differenti compartimenti
di un ecosistema una volta stabilita la condizione di equilibrio dinamico. La velocità di turnover è
la frazione della quantità totale di una sostanza presente in un compartimento che è rilasciata (o che
entra) in un dato periodo di tempo mentre il tempo di turnover e il suo reciproco, cioè il tempo
richiesto per sostituire una quantità di una sostanza uguale a quella presente nel compartimento. Per
esempio, se 1000 unità sono presenti nel compartimento e 10 escono non entrano ogni ora, la
velocità di turnover è 10/1000 (0,01), o 1% l'ora. Il tempo di turnover equivale a 1000/10 = 100 ore.
Il tempo di residenza, un termine molto usato nella letteratura geochimica, è un concetto simile al
tempo di turnover; esso si riferisce al tempo che è una data quantità di una sostanza rimane in un
determinato compartimento di un sistema.

Cambiamento climatico globale.


I sistemi grandi complessi tendono ad variare ampiamente in assenza di meccanismi di regolazione
e controllo. Durante gli ultimi 150.000 anni, il clima globale della terra ha fluttuato fra due
situazioni: caldo-umido e freddo-secco. Attualmente le attività umane stanno iniziando ad
influenzare le funzioni forzanti del riscaldamento globale.

Fattori invitanti e regolatori.


Concetto di fattori limitanti: La Legge del Minimo di Liebig.
La presenza e il successo di un organismo o di un gruppo di organismi dipende da un insieme di
condizioni. Qualsiasi condizione che si avvicinino superi i limiti di tolleranza si dice condizione
limitante o fattore limitante. In condizioni di equilibrio stazionario, le sostanze essenziali
disponibili in quantità vicinissime al minimo necessario tenendo a divenire limitanti, concetto noto
come legge del minimo di Liebig. Affinché il concetto sia applicabile alla realtà, devono essere
aggiunti due corollari: (1) primo corollario, la legge di Liebig è strettamente applicabile solo in
condizioni di equilibrio stazionario, cioè quando il flusso in entrata, di energia e materiali, bilancio
quello in uscita; (2) secondo corollario, l'interazione dei fattori e degli elementi può far variare la
legge del minimo, infatti un'elevata concentrazione di certe sostanze o influenza di un certo fattore
diverso da quello limitante, può modificare la velocità di utilizzazione del fattore limitante stesso.
Un esempio riguardo il primo corollario può essere quello di un lago. In questo tipo di ecosistema la
CO2 funge da fattore limitante perché influisce sullo sviluppo dei produttori primari. Se il sistema si
evolve in modo tale che la quantità di CO2 aumenti (per esempio rimettendola artificialmente),
questa non sarà più un fattore limitante. Se il sistema non avesse cambiato caratteristiche, non si
sarebbe verificato il cambio di fattore limitante. Un esempio invece riguardante il secondo
corollario è la formazione della conchiglia dei molluschi. Questi animali utilizzano CaSO 4 (solfato
di calcio) per costruire la loro conchiglia. La mancanza di CaSO4 porterebbe ad un rallentamento
della crescita dei molluschi, agendo da fattore limitante. La funzione del CaSO 4 può essere svolta
dal SrSO4 (solfato di stronzio) che dunque sopperisce alla mancanza di CaSO4, ed ecco che
l'interazione tra elementi fa sì che la funzione di un fattore limitante (CaSO 4) venga svolta da un
altro elemento (SrSO4). Correlato alla legge del minimo e anche il concetto di intervalli di
tolleranza o valenza ecologica ai fattori: un fattore è un elemento fisico o chimico che è influenza
accelerando o rallentando lo sviluppo di alcune forme di vita. O ogni specie è adatta a vivere in un
ambiente che presenta una variazione di alcuni parametri: tale intervallo di variazione è l'intervallo
di tolleranza. All'interno della valenza ecologica vi è un valore di quelle parametro che rende
massima la crescita e lo sviluppo di quella specie = optimum. L'interazione con un altro parametro
restringe l'intervallo di tolleranza di una specie verso la variazione di un parametro: a seconda
dell'ampiezza della valenza ecologica, si avrà: (1)specie euvalenti, con un ampio fascio di
tolleranza; (2)specie stenovalenti, dotate di un piccolo intervallo di tolleranza.
Concetto di limiti di tolleranza.
Un fattore limitante può essere non soltanto una sostanza presente in quantità troppo esigua, come
proposto da Liebig, ma anche presente in eccesso, come nel caso di certi fattori quali l'acqua, il
calore e la luce. Così gli organismi hanno un minimo ed un massimo ecologico; tale intervallo
rappresenta il limite di tolleranza. Il concetto di effetto limitante del fattore massimo e di quello
minimo è stato formalizzato nella legge della tolleranza di Shelford. Confrontiamo le condizioni
in cui si sviluppano e si schiudono le uova di una trota e di una rana. Le uova di trota si sviluppano
tra 0° e 12°C, con un optimum a 4°C. Le uova di rana si sviluppano tra 0° e 30°C, con un optimum
a 22°C. Quindi le uova di trota sono stenoterme e sopportano basse temperature rispetto alle uova di
rana che sono euriterme e sopportano alte temperature. Sia le uova che gli adulti di trota sono in
genere stenotermi, ma alcune specie sono più euriterme di altre. Allo stesso modo differiscono le
specie di rana.

Magnificazione biologica delle sostanze tossiche.


La distribuzione dell'energia, ovviamente, non è l'unica caratteristica influenzata dai fenomeni che
intervengono nella catena alimentare. Lungo le catene alimentari alcune sostanze piuttosto che
essere disperse vengono concentrate. La concentrazione lungo le catene alimentari, o
magnificazione biologica, è esemplificata drammaticamente dal comportamento di certi
radionuclidi persistenti, pesticidi e metalli pesanti. La tendenza di certi radionuclidi sotto prodotti
della fissione dell'attivazione atomica a concentrarsi ad ogni passaggio di livello trofico fu scoperta
per la prima volta negli anni 50. Il cesio, lo stronzio e il fosforo radioattivi rilasciati nel fiume
tendevano a concentrarsi nei tessuti di pesci e uccelli. Un fattore di concentrazione di 2 milioni è
stato riportato per il fosforo radioattivo nelle uova delle oche nidificavano sulle isole del fiume.
Così, concentrazioni considerate innocue, diventavano altamente tossiche per tutte le componenti
della catena alimentare presenti nella zona a valle.

Stress antropogenici come fattori limitanti per le società industriali.


Gli ecosistemi naturali mostrano una considerevole resistenza, resilienza (capacità di ripristinare le
condizioni precedenti allo stress), o entrambe, a perturbazioni violente periodiche o acute,
probabilmente perché, durante l'evoluzione, si sono naturalmente adattati ad essere. Molti
organismi, infatti, richiedono perturbazioni stocastiche (casuali) o periodiche, come incendi o
temporali, per persistere a lungo. Di conseguenza, gli ecosistemi possono riprendersi piuttosto bene
da molte perturbazioni periodiche antropogeniche, quali il raccolto delle messi. Perturbazioni
croniche, comunque, possono avere effetti pronunciati e prolungati, specialmente nel caso di
prodotti chimici industriali estranei all'ambiente. In questi casi, gli organismi non possono contare
su un passato evolutivo di adattamento. I rifiuti altamente tossici, costituiranno una minaccia diretta
alla salute umana ed ecosistemica e diventeranno uno dei principali fattori limitanti per l'umanità, a
meno che non vengano ridotti, o eliminati alla sorgente definitivamente. Può essere utile
suddividere lo stress ha antropogenico sugli ecosistemi in due categorie: (1) stress acuto,
caratterizzato dall'insorgere improvviso della perturbazione, crescita repentina dell'intensità e breve
durata; e (2) stress cronico, relativo a perturbazioni di lunga durata o ricorrenti frequentemente, ma
non troppo intense.
Gli orologi biologici.
Gli organismi si adattano all'ambiente fisico non solo tollerandolo, ma anche utilizzandone le
periodicità naturali per ritmare le proprie attività e “ programmare” la storia biologica in modo tale
da trarre beneficio dalle condizioni favorevoli. Essi riescono a fare ciò attraverso gli orologi
biologici, meccanismi fisiologici di misurazione del tempo. La manifestazione più comune e forse
più fondamentale è il ritmo circadiano o la capacità di ritmare ripetere determinate funzioni ad
intervalli di circa 24 ore, anche in assenza di rilevanti implicazioni ambientali quale la luce
giornaliera.

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