Marco Virgili
2021-2022
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INTRODUZIONE GENERALE
La fisiologia si occupa dello studio delle funzionalità delle varie strutture degli animali.
Fisiologia: ingegneria meccanica delle macchine dirette (sir Andrew Huxley scomparso nel 2012).
Le funzioni sono il risultato di un’integrazione di più fasi dallo sviluppo embrionale alla vecchiaia. Durante la
parabola del ciclo vitale si passa necessariamente da una condizione di stato stazionario, rappresentata dallo
stadio adulto, che precede la fase di regressione.
La fisiologia si può intendere anche come lo studio delle condizioni che ci permettono di mantenerci nello
stato di salute. Queste condizioni possono allentarsi con l’allentamento delle condizioni di controllo di stato
stazionario, questo comporta il passaggio dalle condizioni fisiologiche a quelle patologiche.
La fisiopatologia quindi non è altro che uno stato fisiologico alterato in cui si sono allentate le funzioni di
controllo che permettono di mantenersi in condizioni normali.
La fisiologia è quindi anche l’insieme delle condizioni che ci permettono di rimanere in salute. L’alterazione
di queste funzioni determina la fisiopatologia.
Seguiranno alcuni importanti esempi della correlazione struttura-funzione (senza approfondire e senza un
approccio sistematico).
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Un esempio della relazione struttura-funzione è l’apparato digerente. È importante aumentare la superficie
di assorbimento dei nutrienti in uno spazio ridotto, mantenendo un macchinario di importazione di sostanze
nutritive (energia) dall’esterno.
Questo apparato è costituito da un cilindro, un tunnel che è in continuità con l’ambiente esterno: è all’interno
del nostro corpo ma è un “introdursi dell’ambiente esterno”. Sono individuabili sezioni specializzate in
funzioni diverse: funzione meccanica per spingere e trasferire il materiale alimentare verso altre stazioni (per
esempio l’esofago), funzione frammentazione, funzione di assorbimento, funzione di secrezione.
Il confine tra l’ambiente esterno e il sangue è rappresentato dalla mucosa intestinale, uno
strato di cellule epiteliali altamente specializzate nella funzione di importazione del risultato
della digestione al sangue.
La mucosa dell’intestino (consideriamo il tenue) è sollevata in piega affinchè la superfice risulti amplificata.
Le digitazioni presenti sono detti “villi intestinali”, strutture digitiformi che tappezzano la mucosa e che sono
rivestiti da epitelio assorbente. Anch’essi vanno ad estendere la superfice di assorbimento.
Vi sono quindi ben 2 livelli di aumento di superfice.
A livello dei villi vi è un ricco apparato di recupero delle sostanze assorbite: rete di capillari linfatici, cellule
nervose, cellule del sistema immunitario, cellule epiteliali e altre componenti.
A livello dell’epitelio invece vi sono enterociti, cellule epiteliali, e microvilli a livello superficiale. I microvilli
sono micro sollevamenti della membrana plasmatica che hanno la stessa funzione di aumento superficiale, ma
su scala microscopica; la struttura è anche chiamata “orletto a spazzola”.
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Un esempio simile relativo all’aumento della superfice in relazione all’assorbimento, dato uno spazio ridotto,
è il cervello, che si trova in una scatola cranica rigida.
Nei cervelli girencefali (=presenza di ripiegamenti della struttura dell’encefalo) vi sono pieghe divise da solchi
e sono molto evidenti nei cervelli umani, i più sviluppati. Nella neocorteccia sono contenute le informazioni
fondamentali per il controllo e l’integrazione di tutto l’organismo e sarebbe complicato il loro mantenimento
in uno spazio ridotto.
Anche in questo caso quindi si parla di relazione struttura-funzione.
Il sistema circolatorio (argomento che verrà approfondito più avanti) è un altro esempio, molto esteso. La
circolazione consiste di una doppia circolazione (due circoli) e completa. Un circolo è chiamato “circolo
sistemico”, l’insieme di tubature che permette la distribuzione del sangue a tutti i distretti corporei attraverso
le arterie (componente di conduzione) che accedono ai tessuti attraverso le reti capillari (specializzazioni) a
livello delle quali avvengono gli scambi coi tessuti. Vi è poi il sistema venoso con direzione opposta che si
dirige verso il cuore. L’altro circolo è detto “circolo polmonare”, il piccolo circolo, che va dai polmoni al cuore
permettendo gli scambi respiratori.
I due circoli sono serviti da una pompa che spinge il sangue; le pompe sono 2 e operano in sincronia e in
equilibrio. Le pompe sono dette “cuore destro” e “cuore sinistro” disposte nel circuito, il volume pompato è lo
stesso e rimane costante.
La forza propulsiva delle pompe consiste nel generare pressione che giustifica il fluire del sangue nei condotti.
In riferimento al ventricolo sinistro si riesce a rilevare la pressione (con uno sfigmomanometro): si ottengono
2 valori, 1 riferito alla pressione massima “sistolica” (a livello dell’arteria in prossimità del cuore e nei
ventricoli) durante la contrazione e 1 in riferimento alla pressione minima “diastolica”.
La distribuzione delle resistenze è varia.
Condizione attiva → di spinta (sistolica)
Equazioni flusso-forza:
Immaginando di fare una sezione trasversale che esponga le pareti dei due
ventricoli, si nota che la parete muscolare del destro è sottile e il lume
ampio, situazione totalmente opposta è quella del ventricolo sinistro che
presenta tanta muscolatura (che genera la tensione e i vari movimenti).
Queste differenze sono adattativamente e funzionalmente appropriate.
Il tutto è in accordo con la legge di Laplace:
Considerando una giraffa con dimensioni e lunghezze notevoli, come può avere il sangue in ogni suo distretto?
Le giraffe hanno un cuore che arriva a 12kg, 60cm. Vi è una notevole differenza tra pressione sistolica (200-
300 mmHg) e diastolica (100-170 mmHg). Vengono generate delle pressioni davvero elevate.
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FLUSSI DI ENERGIA E FLUSSI DI INFORMAZIONE
Ci sono molti tentativi di riassumere il trasferimento di energia generando dei modelli, delle simulazioni di
organismi viventi.
A metà del 1700 divenne molto comune creare automi, macchine fatte di ingranaggi e leve che permettevano
di riprodurre molte funzioni, come l'anatra meccanica di Vaucason, che poteva muoversi, e simulare le funzioni
del sistema digerente; la macchina però esauriva l'energia quasi subito.
Attualmente assistiamo all'elaborazione di modelli che vanno dai robot di vario tipo alla possibilità di costruire
macchine a guida automatica fino alla creazione di umanoidi. È necessario introdurre un centro di controllo,
come noi abbiamo bisogno di un cervello: I.A., che permette la riproduzione di attività.
Il legame tra la fisiologia e la creazione di modelli è un procedimento a doppio senso: queste macchine e
algoritmi si basano sia su elementi concettuali che su elementi presi direttamente dalle strutture biologiche
ottenute osservando quello che si sa sull'anatomia del cervello (ad esempio dall’osservazione dei neuroni e
delle loro connessioni/interazioni).
Si arriva quindi a generare reti complesse che simulano il comportamento dei neuroni e le loro connessioni.
Dall’altra parte la fisiologia può utilizzare le capacità predittive dei moduli di funzionamento di queste reti
artificiali per poi intuire o generare delle ipotesi sul funzionamento del cervello e della mente.
La fisiologia segue due direttive: flussi di energia per sostenere le funzioni e flussi di informazioni per
integrare e coordinare queste funzioni. In generale gli animali non possono essere alimentati da forme di
energia diverse da quella chimica: l'energia che noi utilizziamo per sostenere le nostre funzioni vitali è quella
che deriva dal sole.
La Terra riceve una quantità di energia del sole riconducibile a 3,8x1024 J in un anno. L'energia viene catturata
dagli organismi fotoautotrofi che la usano per legare molecole inorganiche semplici e fissare questa energia in
molecole più complesse, come il glucosio. Le molecole energetiche sono a disposizione degli organismi
chemioeterotrofi in grado di degradare le molecole estraendo energia collocata in una molecola di ATP, vettore
mobile. L'energia viene resa disponibile tramite idrolisi dei legami, producendo molecole a bassa energia.
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METABOLISMO (catabolismo + anabolismo): trasformazione dell'energia chimica dei nutrimenti in
termini di energia e costituenti cellulari.
Il catabolismo è l'insieme delle reazioni e dei processi metabolici con i quali l'organismo scinde le molecole
organiche complesse in molecole più semplici, con conseguente liberazione di energia (processo in discesa).
L’anabolismo è la fase costruttiva caratterizzata dalla sintesi di sostanze complesse che vengono in parte a
costituire la sostanza vivente dell'organismo, ha bisogno di energia (processo in salita).
TERMODINAMICA
La termodinamica, scienza dell’800 nata per studiare le macchine a vapore, si è rivelata una scienza di ampio
respiro. Un primo strumento è quello di definire l’universo termodinamico, formato da un binomio di sistema
e ambiente. Il sistema è una porzione dell'universo che può essere isolato (sistema in cui non è possibile né il
transito di energia né lo scambio di materia), chiuso (sistema più permissivo attraverso i confini sono permessi
gli scambi di energia, non si possono fare scambi di materia con l'ambiente,) o aperto (sistema più permissivo
in cui è permesso scambio di energia sia di materia).
Focus sull’entropia.
“Non più la luna è cielo a noi che noi alla luna” è una affermazione di Giordano Bruno, pensatore controverso,
che formulò alla fine del 500; il suo significato è riconducibile alla teoria copernicana, teoria soggetta
all’embargo. L’affermazione ordinata è formata da lettere poste in posizioni precise a dare significato con un
bassissimo grado di casualità. Per mantenere questa informazione in questo stato serve contrastare la tendenza
di tutti i sistemi a degradarsi, verso una condizione di casualità, disordine e di evaporazione della quantità di
informazione. Se il supporto viene tolto si può ottenere una condizione di equilibrio termodinamico: vi sono
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le stesse lettere sparpagliate e non è più possibile capire il senso della frase. Da una condizione altamente
ordinata si è passati ad una condizione altamente disordinata, da una condizione poco probabile a una di
massima probabilità; è sparita gran parte dell’informazione associata.
Consideriamo da questo punto di vista gli organismi e le strutture che danno loro forma e funzione. Negli
organismi durante il loro ciclo vitale si è in presenza di strutture altamente ordinate, poco probabili, pieni di
informazioni.
Ad esempio una parte della molecola di insulina, ormone proteico, è vettore di informazione: l’insulina è
destinata a trasferire un segnale in grado di attivare particolari tipi di cellule per mantenere i giusti livelli di
glucosio nel sangue. Le lettere in questo caso sono rappresentate dagli amminoacidi che non possono essere
collegati in maniera causale perché la sequenza degli amminoacidi determina il significato di questo messaggio
e se la proteina si degrada la sequenza cambia e si producono dei problemi; tutto ciò ha conseguenze per lo
svolgere delle funzioni.
Molto più ovvio è l’esempio degli acidi nucleici all’interno dei quali sono contenute tutte le informazioni per
costruire, coordinare, far funzionare una cellula. Da questo deriva che il contenuto delle informazioni deve
mantenersi in una condizione ordinata: l’entropia negli organismi viventi deve essere bassa.
I sistemi viventi sono quindi un’eccezione al dettato del secondo principio che vede procedere i fenomeni
naturali verso una maggiore casualità.
Questo apparente paradosso venne analizzato da un famoso fisico Schrödinger che interpretò questa
caratteristica degli organismi viventi come entropia negativa.
La vita è un processo spontaneo ma gli organismi riescono a mantenersi in una condizione ordinata a spese
dell’ambiente: l’energia viene continuamente reperita dall’ambiente. Gli animali si cibano di “negantropia”.
Gli organismi assumono dall’ambiente energia sotto forma di molecole ordinate che poi tramite il metabolismo
vengono degradate, rilasciando energia che viene utilizzata per il lavoro cellulare, per la sintesi proteica e per
l’alimentazione dei processi; rilasciano poi nell’ambiente molecole degradate, calore e materie sotto forma di
scorie.
Bisogna distinguere le variazioni di entropia (abbastanza facili da registrare) riferite all’ambiente e quelle
riferite al sistema (più difficili da registrare).
La maggior parte dei processi degli organismi avvengono in ambienti liquidi.
È possibile individuare un criterio interno di contrarietà a patto che vi siano pressione e temperatura costanti e
spesso accade anche a volume costante.
Considerando:
,
vi si può integrare un’altra formula in cui compare l’entalpia (𝛥𝐻sta ad indicare il calore dentro e rappresenta
il calore scambiato in un determinato processo):
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CINETICA
L’ossidazione completa del glucosio è un processo molto importante in cui viene prodotta tanta energia
(fortemente esoergonica: 𝛥 G=-2870 kJ/mole).
Il glucosio ha un elevato potenziale termodinamico: la sua reazione con l’ossigeno è una reazione fortemente
esoergonica ma praticamente non avviene in condizioni normali. Il glucosio contiene molta energia che viene
resa disponibile a molti processi per andare a convertire degli intermedi in alcuni processi.
In laboratorio e in condizioni ordinarie la reazione è talmente lenta che praticamente non avviene; la reazione
fondamentale procede a velocità elevatissime dato che la cellula contiene ENZIMI che abbassano l’energia
di attivazione aumentando la velocità di reazione.
La cinetica tiene conto del modo in cui avviene un processo, la termodinamica valuta solo gli stadi iniziali
e finali.
Le reazioni possono essere catalizzate in vario modo, ad esempio energizzando, scaldando un processo.
Rivedi generalmente argomentazioni già trattate in biochimica sul metabolismo del glucosio.
La glicolisi è la prima parte del processo dell’ossidazione del glucosio e avviene in assenza di ossigeno. È la
fonte principale di energia in condizione anaerobiche, mentre invece in presenza di ossigeno lo stadio
successivo si svolge nei mitocondri.
Accoppiamento diretto→ accoppiare una reazione altamente favorevole e spontanea con un alto potenziale
termodinamico ad una reazione endoergonica di sintesi ATP.
RIEPILOGO TERMODINAMICA-CINETICA
I vari compartimenti di un organismo possono essere considerati come una scatola con dei confini completata
dall’individuazione di input e output. Ogni sistema è costituito da altri sistemi (sottosistemi) di ordine inferiore,
organizzati in vario modo. Gli input e gli output permettono di stabilire i rapporti funzionali fra i sottosistemi;
le varie relazioni possono essere integrate fra di loro a costituire un organismo che può essere quindi
considerato un supersistema in cui i vari sottosistemi operano in modo integrato.
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PRINCIPALI COMPARTIMENTI DEGLI ORGANISMI
Un organismo è un sistema dotato di confini che lo separa dal mezzo in cui vive. Il mezzo esterno corrisponde
ad aria o acqua. Vi sono insenature che dipartono dalla superfice corporea e vanno in profondità mantenendo
comunque rapporti con l’ambiente esterno, alcuni esempi sono l’apparato digerente, l’apparato respiratorio e
l’apparato escretore. Spesso vi sono mucose in continuità con la cute e sono specializzate nei processi di
interazione e con l’ambiente esterno.
L’ambiente interno, tutto ciò che è delimitato da strutture di interfacciamento, è un ambiente liquido che
contiene un mezzo, una soluzione da mantenere in condizione adeguate e altamente regolate affinché le cellule
possano operare in ambiente appropriato e regolato, svolgendo le funzioni alla base di tutti i processi
fisiologici. In questo ambiente interno, a sua volta compartimentato e delimitato da varie membrane,
sopravvivono tutte le cellule.
COMPARTIMENTI LIQUIDI
Circa il 60% del peso corporeo corrisponde a liquidi di cui 1/3 è contenuto nel liquido extracellulare LEC
mentre il resto è liquido intracellulare LIC, compartimentato all’interno delle cellule.
La quantità di acqua è più elevata nei neonati, molti tessuti devono ancora essere completati; è leggermente
più alta nei maschi rispetto alle femmine, dato correlato alla massa magra/grassa.
Vi sono quindi differenze in età e sesso.
Gran parte dei mammiferi ha questo stesso tipo di compartizione.
Il LEC è ripartito per l’80% nel liquido interstiziale (tra i vari tessuti) e fa da intermedio tra l’ambiente esterno
e il plasma, costituito dal restante LEC (20% del LEC totale).
Il plasma è un mezzo extracellulare per le cellule del sangue ed è compartimentato nell’apparato circolatorio.
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Il glucosio prelevato dall’ambiente esterno giunge nel plasma che fa da vettore a tutti i distretti corporei fino a
raggiungere i tessuti; il glucosio transita tramite l’interstizio e giunge all’interno della cellula da cui poi
esce sottoforma di anidride carbonica. L’anidride carbonica viene poi liberata, sempre tramite il sangue, in
ambiente esterno.
Per capire quale sia la composizione indicativa dei principali liquidi corporei è necessario fare un prelievo che
raccolga tutti e tre i liquidi. La tabella stilata è la sottostante. I valori possono variare leggermente.
Il sodio nel plasma ha una concentrazione simile a quella del liquido interstiziale ma molto più alta rispetto al
liquido intracellulare. Situazione opposta è quella del gradiente di potassio.
Il calcio invece ha una distribuzione diversa, la sua concentrazione è tendenzialmente più bassa soprattutto nel
liquido intracellulare.
Il calcio oltre ad essere un vettore di carica, è importante come intermedio chimico con funzione di segnale
intracellulare, vettore di informazione; la condizione minimale che un segnale deve avere è quella di avere in
condizioni di riposo (non serve nessun segnale) una presenza nulla di calcio. Se vi fosse sempre calcio, è come
se ci fosse costantemente del “rumore di fondo” e non farebbe emergere il segnale al momento necessario. Per
questo motivo di norma il calcio è presente in basse concentrazioni.
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In riferimento alle proteine invece, si nota che sono poco presenti nel mezzo extracellulare e ci si aspetta che
siano presenti all’interno delle cellule. Sono presenti nel plasma e sono dette “proteine plasmatiche”, con varie
funzioni: principalmente si parla di albumina, vi sono anche le globuline (che comprendono anticorpi)
Stato stazionario→ condizione in riferimento ad un certo numero di variabili che si devono trovare in
una condizione costante (temperatura, pH, concentrazione di ioni...). Per questo tipo di mantenimento serve
energia.
Consideriamo una bacinella di sistema: il livello viene mantenuto costante se all’uscita di liquido corrisponde
un ingresso della stessa quantità.
Se però vi sono più compartimenti è possibile che ci sia una differenza di livello: i compartimenti non sono in
equilibrio.
Un esempio importante è quello relativo alla concentrazione di sodio e potassio nei vari compartimenti corporei
in quanto non sono distribuiti equivalentemente a differenza di tutto il complesso di soluti corporei.
Nel caso in cui i compartimenti sono in equilibrio e i livelli sono uguali si parla di EQUILIBRIO
OSMOTICO: la condizione equivale ad uno stato stazionario.
Il FEEDBACK è un processo di regolazione che consente di mantenere nel giusto range alcune specifiche
variabili (utile ad esempio per la termoregolazione, che consente ai mammiferi e agli uccelli di mantenere
valori stabili di temperatura corporea a fronte delle oscillazioni della temperatura esterna) e li rende in grado
di condurre una vita libera e indipendente dai vicoli e restrizioni ambientali.
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Analisi dello schema:
Feedback negativo, processo
stabilizzante.
Funziona ad ogni livello di
organizzazione, lo possiamo trovare nelle
semplici reazioni che sono alla base dei
processi vitali, nelle vie metaboliche,
nelle vie che coinvolgono cascate di
reazioni, nei processi a livello cellulare, a
livello dei tessuti, negli apparati, sistemi
e anche a livello delle popolazioni.
Due esempi importanti del feedback positivo sono quello durante il parto e quello durante l’emostasi.
- Durante il parto.
Vi è interazione tra l’utero (quando sollecitato dal feto che sta per uscire) e zone del sistema nervoso
centrale: per interagire e comunicare hanno bisogno di segnali e risposte. La parete dell’utero è
costituita da muscolo e altri settori: i sensori devono quindi captare le modificazioni tramite le
terminazioni nervose. Accade che le cellule nervose si eccitano e generano segnali elettrici che
vengono inviati verso i bersagli. Quando le cellule nervose recepiscono un aumento della pressione
sul tessuto uterino inviano l’informazione all’ipotalamo che codifica e traduce le risposte. L’ipotalamo
può comportarsi rielaborando l’informazione oppure può essere una fonte di segnali chimici (ormone,
processo di neurosecrezione). L’ormone, l’ossitocina, raggiunge la sede inducendo la contrazione.
- Durante l’emostasi.
Si innescano meccanismi a partire da una lesione. Vi sono perturbazioni però che, se superano un certo
livello, sono troppo grosse per l’organismo che non riesce a reagire in maniera appropriata e si giunge
a patologie. Di norma vi sono proteine e altri fattori che fungono da “fattori di pericolo” segnalando il
problema: spesso si tratta di piastrine, frammenti di cellule progenitrici delle cellule del sangue, sono
segnali di soccorso che emettono fattori che sono ulteriori segnali per altre piastrine che giungono ad
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ammassarsi formando un tappo piastrinico (trombo bianco). Si crea quindi un coagulo, una rete
riparativa. Si aggiungono sempre nuovi elementi: devono poi bloccarsi e autolimitarsi altrimenti viene
otturato il flusso.
Un altro esempio importante è durante l’eccitazione cellulare di membrana nel momento in cui viene prodotto
l’impulso elettrico, il potenziale d’azione.
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Vi sono poi specifici canali di comunicazione a carico del sistema circolatorio (ruolo fondamentale nel transito
del calore): il sangue conserva o disperde calore, ha un importante ruolo di controllo.
Si hanno quindi processi vasodilatatori o processi vasocostrittori/restringenti. Ovviamente questo
controllo è accompagnato dal sistema nervoso.
Termogenesi→ il calore viene generato dall’attività muscolare (brividi). Vi sono specializzazioni volte a
dirottare l’energia dalla produzione di lavoro meccanico alla conservazione di calore, i muscoli si contraggono
senza variare la loro estensione lineare.
Termoregolazione→ relativo al metabolismo basale (è anche detta “termogenesi adattativa senza brivido”)
e coinvolge muscoli, fegato.
L’organismo è quindi sempre impegnato nell produzione di calore affinché si mantenga una condizione
stazionaria.
Termodispersione→ avviene per irraggiamento, conduzione, evaporazione e convezione.
La centralina è collocata nel SNC inclusa nella regione dell’ipotalamo, in particolare nell’area anteriore
preottica ipotalamica. L’ipotalamo è il modulo centrale di integrazione degli input che derivano dai sensori
sparsi nei diversi distretti corporei. L’ipotalamo sta sotto il talamo, l’ipofisi invece fa parte del sistema
endocrino. I due sono le strutture principali del diencefalo.
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L’ipotalamo regola importanti funzioni integrative:
- Bilancio idrico salino (diuresi, sete)
- Bilancio energetico (fame)
- Termoregolazione
- Risposte emotive, immunitarie, comportamenti parentale e sessuale
TERMOREGOLAZIONE- ipotalamo
I termocettori/termorecettori sono i sensori che hanno il compito di monitorare il livello di temperatura, cellule
nervose: sono sulle superfici corporee (somatici), sugli organi (viscerali), sull’ipotalamo (ipotalamici).
Modificano il loro pattern di attività rilevando soprattutto la temperatura del sangue. Questi input vengono
integrati da altri provenienti da altre zone del cervello.
Gli output sono considerabili come feedback negativo e garantiscono l’omeostasi.
Una manifestazione di controllo termico e di modificazione del punto di regolazione (set point) del
“termostato” corporeo (situato nell’ipotalamo) che sfiora la patologia, è la febbre. La febbre consiste in una
alterazione del normale controllo termico dell’organismo. Vi sono varie ipotesi ma si pensa che sia un
meccanismo di difesa: un innalzamento della temperatura interferisce con la capacità proliferativa, invasiva di
batteri/virus ecc.
La febbre è stata riscontrata in tanti organismi, anche nelle piante.
Il set point umano è attorno ai 37°.
Pirogeni = agenti che sono in grado di generare febbre. Possono essere esogeni (batteri, virus, fungine…) o
anche endogeni.
Quando il set point cala, il calore viene disperso e, in maniera più lenta, anche la temperatura corporea cala, si
ha vasodilatazione e sudorazione.
LPS
La molecola LPS (lipopolisaccaride) è una delle tossine in grado di attivare il processo della febbre. L’ LPS è
un componente della parete della membrana esterna dei batteri gram-negativi; è costituito da una componente
lipidica (per ancoraggio) e una componente glucidica (catene polisaccaridiche).
L’LPS può quindi essere considerato un batterio ma anche utilizzato in laboratorio, purificato, per indurre la
febbre in animali da laboratorio.
CITOCHINE PIROGENICHE
In presenza di questi agenti le cellule del sistema immunitario si attivano, hanno proteine recettoriali e captano
i vari agenti generando risposte. Vengono poi emessi segnali per allarmare anche altre strutture, quelle che
controllano la temperatura.
I segnali proteici in grado di dar via ai processi infiammatori sono chiamate citochine pirogeniche. Ve ne sono
di vario tipo. I segnali sono inizialmente rilasciati nel mezzo interstiziale e poi passano nel sangue arrivando
in tutte le direzioni.
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Un problema può riguardare le pareti dei capillari sanguigni: la parete rappresenta un ostacolo, è selettiva e fa
passare finemente le sostanze che sono adeguate. Si parla di barriera emato encefalica, di interfaccia con il
sistema nervoso: stabilisce il traffico molecolare e il tessuto nervoso.
RISPOSTE
Le risposte vanno ad attivare una cascata di reazioni intracellulari che porta all’attivazione di un enzima chiave,
ciclossigenasi. L’enzima catalizza la reazione che permette di ossidare un normale componente delle
membrane cellulari (un acido grasso) ottenendo la prostaglandina. Le prostaglandine agiscono sulle cellule
nervose e modificano la loro attività e modificando anche il set point.
FARMACI CONTRASTANTI
Alcuni farmaci antinfiammatori antipiretici (ad esempio l’aspirina) inibiscono la sintesi della prostaglandina
bloccando il meccanismo che si sarebbe modificato. Anche la tachipirina è utilizzata e ha una azione più mirata
e interferisce con i meccanismi finali alla base della generazione della febbre.
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REGOLAZIONE CARDIOVASCOLARE – omeostasi della pressione arteriosa
Un’altra importante variabile fisiologica è la pressione arteriosa. È soggetta a continue variazioni che sono
misurabili. Vi sono sistemi di controllo impegnati a reagire e controllare sia le condizioni fisiologiche che
patologiche: basta una corsa e vi sono variazioni.
Un meccanismo è quello del riflesso barocettivo. Vi sono sensori, vie di segnalazione, una stazione di
controllo. I barocettori, cellule nervose, sono in siti strategici (arco aortico da cui dipartono le arterie, carotidi
che poi si biforcano) ideali alla rilevazione della variazione di pressione e traducono/codificano le info
sottoforma di schemi di segnalazione elettrica che verranno propagati lungo le fibre nervose (porzione
allungata dei nervi) finché arrivano al SNC.
Nel cervello la sede del controllo della pressione cardiovascolare è chiamato “centro di controllo
cardiovascolare” nel tronco encefalico. L’argomento verrà approfondito a seguito.
I vari stimoli meccanici prevedono la dilatazione o la costrizione (ipertensione/ipotensione) dei vasi: vengono
recepiti dalle terminazioni nervose che traducono le info in segnali elettrici codificate che vengono trasportate
fino al SNC.
La risposta è sempre a feedback negativo.
Il meccanismo è detto “riflesso (barocettivo)” ed è un meccanismo automatico: il centro nervoso lavora da
specchio, riceve le info tramite i sistemi afferenti e con un meccanismo a feedback lo riflette verso la periferia
in maniera automatico e continua.
La pressione dipende quindi dalla gittata cardiaca, dalle resistenze periferiche e dal volume del liquido
extracellulare: si considerano quindi i liquidi corporei, il volume interno. Variazioni e perturbazioni dei liquidi
corporei impattano sulla pressione.
Supponendo una condizione limite estrema, consideriamo una emorragia che comporta un decremento del
volume del sangue.
Avviene un decremento della pressione arteriosa che viene recepita da alcuni sensori localizzati nel sistema
venoso (sistema di vasi che trasportano sangue che portano alla pompa cardiaca). Il compartimento è a bassa
pressione tendenzialmente e i vasi possono dilatarsi notevolmente. I recettori sono detti “volocettori”, recettori
di volume che attuano il monitoraggio continuamente e si trovano nella parete delle vene.
Il tutto è tenuto sotto controllo dai reni.
Una riduzione della pressione arteriosa viene rilevata quindi dai barocettori che producono segnali destinati al
centro di controllo cardiovascolare nel tronco encefalico; una riduzione del volume invece è rilevata dai
volocettori.
Di conseguenza aumenta la frequenza cardiaca che determina la gittata cardiaca; inoltre viene aumentata anche
la resistenza periferica riducendo il rifornimento di sangue a organi vitali (cervello, cuore, reni…).
Tutto ciò è coerente con l’aumento della pressione arteriosa.
Come già detto una perdita di sangue impatta anche sui volocettori che trasferiscono l’informazione
all’ipotalamo (SNC) che, coi circuiti competenti, risponde contrastando la condizione: stimola la sete (l’acqua
aumenta il volume extracellulare e plasmatico aumentando anche la pressione dei vasi).
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In ultimo viene coinvolto anche il sistema endocrino, che può produrre sostanze e lasciarle nel sangue
(neurosecrezione); in questo caso i segnali non sono neurotrasmettitori ma sono ormoni rilasciati direttamente
nel sangue. Gli ormoni prodotti in questo processo neuroendocrino sono l’ossitocina e l’altro è la vasopressina
(detto anche ormone antidiuretico). Con “diuresi” si intende l’eliminazione di acqua e in condizioni di
decremento della pressione arteriosa diminuisce il processo di diuresi, il sistema è altamente controllato e
regolato.
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FLUSSO DI INFORMAZIONE E CONTROLLO
È importante il ruolo delle azioni riflesse dal sistema nervoso e del sistema endocrino. I due canali hanno
proprietà differenti ma entrambi sono importanti.
1. SISTEMA NERVOSO
Una sezione è dedicata al controllo vegetativo dell’organismo: sistema nervoso autonomo o vegetativo o
viscerale. Il controllo omeostatico sfugge al controllo volontario e le condizioni di base sono regolate in
autonomia.
Vi sono 2 sottodivisioni: parasimpatico (costituito delle fibre parasimpatiche che decorrono all’interno di nervi
cranici con la radice nel tronco encefalico) e simpatico (costituito da fibre simpatiche che hanno origine nel
midollo spinale e hanno stazioni intermedie che costituiscono strutture dette gangli, stazione di ritrasmissione
del segnale).
Un nervo importante è il nervo vago che si distribuisce in molte porzioni del sistema viscerale con varie
ramificazioni.
Nervo = struttura che contiene gli assoni delle cellule nervose; la maggior parte contiene cellule nervose che
inviano segnali in varie direzioni (si parla di nervi misti).
Cellule nervose:
- Afferenti: periferia→SNC
- Efferenti: SNC→ periferia
Il sistema nervoso controlla e determina risposte regolatorie specifiche: i neuroni raggiungono i bersagli in
maniera precisa e molto rapida (fino a 120m/s) e anche la durata di segnalazione può essere molto breve. I due
hanno funzioni opposte: il sistema simpatico media delle risposte che si possono definire di
attivazione/stimolazione, il sistema parasimpatico fa l’opposto. È un bilanciamento che si può modificare di
volte in volta in base alle segnalazioni. Il SNC provvede a modularli.
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2. SISTEMA ENDOCRINO
I segnali sono costituiti da ormoni ciascuno dei quali ha la sua fonte e le sue mete e rilasciano sostanze che poi
agiscono nei distretti locali o possono prendere la via della circolazione. Alcuni esempi:
- Tiroide
- Ipofisi (gerarchicamente la più importante, appartiene al sistema endocrino)
- Ghiandole surrenali (con più siti di produzione di ormoni)
- Pancreas (sia funzioni esocrine che endocrine)
- Gonadi
Le risposte sono diffuse (sfruttano il circolo sanguigno) e lente, fortemente condizionate dalla velocità del
sangue: le velocità sono inferiori rispetto alla velocità elettrica dei nervi (pochi cm/s). La durata della risposta
è più lunga, viene aumentata la loro concentrazione nel sangue e prima che vengano eliminati passa del tempo.
I vari ormoni hanno caratteristiche funzionali diverse correlate alle diverse strutture. Vi sono:
- Ormoni peptidici, brevi catene amminoacidiche (ad esempio l’insulina e il glucagone, con azioni
opposte). Si trovano spesso ad attraversare ambienti che risultano ostici come le membrane biologiche
o le barriere di cellule. L’insulina è un dipeptide tenuto assieme da ponti disolfuro e complessivamente
ha 51amminoacidi distribuiti nelle due catene; è l’ormone ipoglicemizzante e induce l’abbassamento
della concentrazione di glucosio nel sangue. Il glucagone è l’ormone iperglicemizzante, induce
l’aumento della concentrazione nel sangue e stimola funzioni che permettono di reclutare il glucosio
da depositi interni o da trasformazioni di altre molecole per poi aggiungerlo al sangue da dove può
essere pescato dalle cellule che ne hanno bisogno.
Tra gli ormoni peptidici vi sono pure quelli ipotalamici, tra cui vasopressina e ossitocina, due peptidi
molto corti (di 9 amminoacidi) e di struttura semplice.
- Ormoni steroidei con una struttura detta “ciclopentanoperidroferantrene”. La struttura è ottenuta dal
loro precursore, il colesterolo. Il colesterolo è una importante molecola con funzioni fondamentali
come fondamentale costituente delle membrane cellulari. Il colesterolo è un lipide quindi gli ormoni
steroidei hanno una natura lipidica. Tra gli steroidei vi è il cortisolo, l’ormone dello stress. Tra gli
steroidei vi sono quelli sessuali.
- Ormoni di derivazione amminoacidica, in particolare dalla tirosina. Ne fanno parte gli ormoni
tiroidei, le catecolamine (per esempio adrenalina, ormone prevalente, e noradrenalina). Le molecole
degli ormoni tiroidei sono iodiate.
MECCANISMO D’AZIONE
Quando le sostanze arrivano ai bersagli devono accedere all’interno delle cellule per indurre le modificazioni.
Anche in questo caso alcuni ormoni sono più affini di altri; essi devono lasciare il plasma e accedere alle cellule
oltrepassando le loro membrane plasmatiche che hanno specifiche composizioni chimiche con annesse
proprietà idrofobiche (vi sono i fosfolipidi). Gli ormoni steroidei, idrofobici, non hanno difficoltà ad accedere
in quanto affini alle membrane. Gli steroidi hanno recettori a livello della cromatina o anche nel citosol. Gli
ormoni che hanno meno affinità hanno dei trasduttori di superfice; in alternativa le membrane talvolta hanno
delle proteine transmembrana che riconoscono l’ormone. I meccanismi di trasduzione di segnale quindi sono
processi di riconoscimento dell’ormone che viene poi riprodotto all’interno delle cellule attivando vie e cascate
che portano alla produzione di un secondo messaggero intracellulare che ha le informazioni inizialmente
associate al primo messaggero: si bypassa il problema dell’attraversamento delle membrane.
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Le vie nervose e il complesso delle ghiandole endocrine e gli ormoni hanno lo stesso scopo: mantenere le
condizioni omeostatiche dell’organismo. I due canali sono COLLEGATI. I due sistemi sono altamente
coordinati tra loro.
I DUE SISTEMI
Due strutture importanti nella correlazione tra i due sistemi sono:
- Ipotalamo, centrale di regolazione generale delle funzioni omeostatiche. Fa parte del SNC, struttura di
condivisione delle info necessarie a supportare le risposte regolative,
- Ipofisi, ghiandola madre organizzatrice , fa parte del sistema endocrino.
Le interazioni tra i due canali è detto “asse ipotalamo-ipofisi”. La maggior parte degli stimoli esterni è mediato
dal sistema nervoso. Alcune cellule endocrine però possono captare direttamente un segnale senza bisogno
dell’intermediario nervoso (ad esempio l’insulina).
IPOTALAMO e IPOFISI
L’ipotalamo è in continuità con l’ipofisi tramite un peduncolo ipofisario che consente la comunicazione tra i
due grazie ad un adeguamento della arteria ipofisaria che accede ad una area del peduncolo e dà origine ad una
prima rete di capillari.
L’ipofisi non ha solo una componente anatomica, ha 2 strutture addossate:
- Ipofisi anteriore (adenoipofisi)→ porzione ghiandolare secernente. Di natura endocrina.
- Ipofisi posteriore (neuroipofisi)→ estensione della regione ipotalamica con neuroni e cellule gliali (è
costituita da strutture nervose). Di natura ipotalamica.
Le due hanno origini molto diverse. La neuroipofisi compare nelle prime fasi di sviluppo embrionale: appare
come piega, invaginazione della parete della vescica diencefalica posta in prossimità di un’altra piega che darà
origine a varie strutture orali (entrambe strutture ectodermiche ma di provenienza diversa) e anche
all’adenoipofisi.
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La struttura ghiandolare dell’adenoipofisi è costituita da tante zolle, isole di tessuto; ciascuna è popolata da
diverse popolazioni cellulari specializzate nella secrezione di diversi ormoni.
Il peduncolo presenta capillari con strutture adeguante per scambiare sostanze con l’interstizio; sono tanti per
aumentare la superfice. La rete raccoglie i segnali chimici prodotti dalle cellule ipotalamiche: comunicano in
questo modo.
Da questo sistema di capillari nell’arteria ipofisaria si giunge ad una comune rete capillare di tutti i tessuti che
consente scambi. A livello della seconda rete capillare la funzione è quella di rilasciare i segnali raccolti dalla
prima rete di capillari. Questo tipo di specializzazione viene chiamata “sistema portale” e tutti i vasi interposti
tra le due reti capillari sono detti “vasi portali”, principalmente arteriosi, in alcuni casi si tratta di vene; in
questo modo la comunicazione è molto rapida (aspetti adattativi).
SOSTANZE ORMONALI
I destinatari degli ormoni prodotti dall’ipofisi sono altre ghiandole esocrine che dovranno produrre altri
ormoni.
Le sostanze ipofisarie sono dette tropine, tra cui vi sono importanti ormoni come quello della crescita che
raggiunge il fegato che a sua volta produce fattori di crescita; in alternativa l’ormone della crescita lavora in
maniera più diretta agendo su strutture più sensibili (ad esempio per le ossa e il loro accrescimento). Un altro
ormone importante è il THS (tirotropina) diretto alla tiroide, un altro è quello che stimola la corticale del
surrene, o direzionati alle gonadi. Vi sono poi fattori di inibizione come la somatostatina, la dopamina.
Progressivamente quindi si ha un passaggio di informazioni dal sistema nervoso a quello endocrino tramite le
varie stazioni di controllo, di feedback (negativi o positivi).
Esiste il sotto asse ipotalamo-ipofisi-tiroide: l’ipotalamo, in alcune condizioni, valuta se inviare segnali
all’ipofisi per la produzione del fattore stimolante la tiroide che dovrà produrre ormoni tiroidei utili al
potenziamento del metabolismo, ad indurre la termogenesi ecc.
Un altro asse è l’asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrenale: i segnali di stress portano alla produzione di
corticotropina a feedback negativo.
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FLUSSI DI MATERIA
Negli organismi vi sono vari meccanismi di trasporto in varie direzioni per diverse sostanze. I trasferimenti di
materiali implicano delle condizioni apposite, serve una forza che li spinga verso la destinazione sorpassando
gli ostacoli.
Il flusso è proporzionale alla forza spingente, il tutto è regolato da una costante (equazione di Teorell):
→ equazione generale del flusso.
FORZA CHIMICA
Si tratta di una differenza di potenziale chimico: la differenza (o gradiente) è relativa alla concentrazione di
una specie (ignorando le cariche). In realtà si tratta di una forza virtuale risultata da un altro processo casuale,
il movimento delle molecole in continua agitazione termica che possiedono energia cinetica. La condizione
di equilibrio delle molecole è quella di massima dispersione.
Le molecole di spostano in ogni direzione, si urtano, respingono
e procedono in maniera causale; il loro moto è detto “moto
browniano”, randomico. Il gradiente di concentrazione (che non
varia nel tempo) quindi deriva da questa condizione di
agitazione. Una legge da ricordare è la prima legge di Fick:
,
che afferma a che ad ogni flusso diffusivo la variazione di una
quantità di una determinata sostanza nell’unità di tempo avviene
in presenza di una forza, indicata nel gradiente di
concentrazione. Dal punto di vista classico la definizione di
forza è: differenza di potenziale chimico in relazione alla
concentrazione di quella determinata specie.
La legge di Fick è ispirata alla legge di Fourier della conduzione del calore:
,
e considera il trasferimento di calore dovuto al gradiente termico e quantifica la diffusione in condizioni
stazionarie.
Il meno nella prima legge di Fick indica la direzione (spontanea) del processo
come ad esempio per la diffusione del calore (caldo→freddo), della
concentrazione (maggiore→minore).
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COEFFICIENTE DI DIFFUSIONE
Il coefficiente di diffusione D aiuta a capire non solo cosa può diffondere ma anche la facilità con cui una
determinata specie può rendersi disponibile per un determinato processo. Il coefficiente è calcolabile
utilizzando l’equazione:
Un'altra approssimazione è:
Ricorda:
TEMPO DI DIFFUSIONE
Ma quanto tempo impiega una sostanza per diffondere? Il fenomeno fu affrontato dal punto di vista dell’analisi
statistica e analizzando un’unica dimensione fu possibile ottenere che:
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Alcuni esempi di tempi di diffusione libera di una sostanza con un coefficiente di diffusione D di circa 1x10 -5
cm2/s sono:
Alcuni esempi di flusso di materia sono quelli di segnalazione endocrina (ormoni), che coprono lunghe
distanze in tempi fisiologicamente compatibili grazie ai sistemi circolatori, e di segnalazione paracrina (ormoni
locali e neurotrasmettitori) che coprono brevi distanze in tempi fisiologicamente compatibili per semplice
diffusione.
MEMBRANA BIOLOGICA
DISSUSIONE ATTRAVERSO UNA MEMBRANA
Il flusso è “determinato” dal gradiente di concentrazione ma anche dalla permeabilità della membrana.
Sono rappresentabili diverse condizioni:
La membrana è costituita da fosfolipidi (detti anche fosfogliceridi) con code di acidi grassi apolari (sature e
rigide oppure insature e flessibili). La testa invece è polare e ha affinità con le matrici. I fosfolipidi sono quindi
molecole polari.
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La membrana è quindi costituita da una matrice fosfolipidica e altre componenti lipidiche come il colesterolo
(fondamentale molecola nella sintesi degli ormoni steroidei e regola la fluidità della membrana). Le membrane
sono tele piuttosto oscillanti in continuo movimento e per evitare che per questo movimento si superi la loro
capacità contenitiva, il colesterolo interviene e provvede a regolare la rigidità e la tenuta delle membrane. Si
comporta come un elemento di rigidità delle membrane.
Vi sono poi molte proteine transmembrana e molte hanno la funzione di canale, altri sono enzimi, trasportatori.
Vi sono poi dei “pennacchi” sulla faccia extracellulare della membrana: si tratta di catene glucidiche e
polisaccaridiche spesso ramificate, legate all’estremità delle proteine integrali o alla testa polare dei lipidi
costituendo glicoproteine o glicolipidi; l’insieme di tutti questi accessori costituisce il glicocalice.
In laboratorio sono utilizzati i liposomi, strutture che hanno lo stesso tipo di composizione delle membrane:
vengono spesso utilizzate per la somministrazione di farmaci.
Un modello di distribuzione delle varie stratificazioni che potrebbero interessare un’ipotetica molecola che si
dovesse trovare ad attraversare la membrana è:
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PERMEABILITA’ DI MEMBRANA
Coefficiente di permeabilità
Le unità di misura sono diverse rispetto al coefficiente di diffusione: si può far riferimento ad una distanza di
diffusione costante. La distanza di diffusione si può eliminare considerandolo un parametro costante. Il
coefficiente di permeabilità si ottiene normalizzando il coefficiente di diffusione rispetto alla distanza di
diffusione.
Coefficiente di ripartizione
L’affinità chimica delle sostanze in diffusione con la matrice di diffusione si indica con il coefficiente di
ripartizione che implica l’affinità della sostanza con la fase acquosa e quella lipidica, può essere considerato
come un indice di idrofobicità.
È possibile quindi definire i flussi unidirezionali, in uscita o in entrata: le varie caratteristiche della sostanza e
della matrice determinano quantitativamente il flusso.
Accade che servano altri elementi per l’entrata di molecole utili al rifornimento delle cellule: non basta la
diffusione semplice. Alcune molecole passano facilmente, altre no: la cellula è selettivamente permeabile.
Nell’immagine sottostante sono elencati alcuni importanti esempi. Alcune sostanze è importante che restino
nelle giuste quantità, ad esempio l’etanolo. Vi sono molecole accessorie che aiutano i passaggi. Le molecole
che autonomamente non possono attraversare la membrana hanno bisogno di sistemi appositi di trasporto.
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CANALI IONICI
Vi sono proteine transmembrana con funzioni di canale associate alla membrana; essi hanno grande specificità
e sono altamente selettivi.
I canali possono essere definiti in funzione al loro gating, meccanismo di struttura. Vi sono:
1. Canali non-gated, non sottoposti al controllo da parte di agenti extra e intracellulari, sono sempre
aperti, passivi, non sottoposti ad agente che ne determini lo stato funzionale. Determinano la
condizione non perfettamente isolante. Canali di base.
2. Canali gated, sottoposti al controllo, regolati, la cui apertura è determinata da agenti in grado di
azionarli (interruttori molecolari) determinando la transizione graduale o discontinua. Sono di due tipi:
- Ligando dipendenti con un ligando (ormone, metabolita, neurotrasmettitore…) che induce la
transizione di stato nel canale stesso.
- Voltaggio dipendenti che considera la differenza di potenziale elettrico delle membrane (polo positivo
verso l’esterno e negativo verso l’interno). All’interno il potenziale di membrana è 70 mV negativo
rispetto a quello esterno. Le modificazioni del potenziale di membrana possono essere dei segnali
adeguati ad aprire/chiudere i canali.
Vi sono poi delle giunzioni comunicanti, dette gap juction, specializzazioni costituite da proteine in stretta
associazione con quelle del citoscheletro, che permettono l’interazione tra le cellule adiacenti. Le funzioni
importanti sono
- Coesione, aggancio, saldatura (funzione meccanica)
- Passaggio di sostanze (fungono da ponti)
- Condivisione citoplasma a formare una sorta di sincizio.
Sono presenti in molti tessuti e sono state scoperte utilizzando dei coloranti che si propagano con un certo
gradiente (serve una molecola non lipofila, altamente idrofilica non in grado di passare attraverso la membrana
altrimenti si diffonderebbe troppo). Il colorante così esce solo da queste aperture.
Le strutture assumono la forma di esagoni regolari, disposti in maniera regolare. Hanno diverse subunità che
formano un poro centrale. Sono spesso abbondanti ad esempio nel tessuto epatico.
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STRUTTURA DEI CANALI
Consideriamo le gap Junction come modello estensibile anche a tanti altri canali.
Vi sono 2 membrane a contatto (delle due cellule adiacenti) e ciò comporta la presenza di due canali anch’essi
a contatto: combaciano esattamente isolando un passaggio. È detto “emicanale” quello associato ad una
membrana e si chiama “connessone” il risultato dell’assemblaggio di 6 componenti che fanno da parete al
poro (costituito da 6 proteine dette connessine).
Questa disposizione può essere generalizzata per tutte le proteine transmembrana che fungono da canale.
Nei mammiferi 21 geni, distribuiti su diversi cromosomi codificano per singole connessine; queste hanno un
PM variabile da 23 a 56 Kda.
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OSMOSI – l’acqua che diffonde
“Osmosi” significa “spinta”: vi saranno quindi delle forze che spingono il flusso d’acqua. L’osmosi è un
processo diffusivo che interessa l’acqua. L’acqua può permeare poco attraverso le membrane: esistono dei
meccanismi per agevolare il passaggio. L’osmosi è un meccanismo sfruttato anche in tanti altri campi come
quello alimentare (per la conservazione dei cibi). Tramite esperimenti infatti si scoprì che l’acqua passava
attraverso i tessuti animali:
Un osmometro è un dispositivo che permette di individuare la fonte della spinta del flusso. La membrana è
detta semipermeabile ideale. La pressione osmotica è una proprietà della soluzione ed è all’origine della
spinta esercitata sull’acqua e ne determina il flusso e la direzione; si può calcolare.
In acqua pura la concentrazione è 55,5 M e la pressione osmotica è pari a 0; se consideriamo lo stesso volume
ma con molecole di soluti, la concentrazione è più elevata e la pressione osmotica è maggiore: il flusso
derivante va dalla condizione di maggiore a quella di minore concentrazione.
Venne definita una equazione per le soluzioni ideali:
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Dentro una cellula vi sono tante proteine tutte soggette al turn over. Quando una proteina viene
degradata/digerita da luogo a tutte le componenti che la costituiscono, un numero variabile di amminoacidi.
Quando gli amminoacidi sono tutti legati si ha una particella attiva e quando essa viene degradata si hanno dei
pezzetti: l’osmolarità varia, bisogna quindi modificare la concentrazione di acqua in virtù della
presenza/assenza di soluti. È stata definita una equazione:
Mantenere le varie oscillazioni in situazione discrete è importante; quando si devono fare applicazioni si usano
le soluzioni fisiologiche che hanno la stessa osmolarità delle soluzioni del corpo (del plasma) evitando le
perturbazioni. Le soluzioni fisiologiche vengono ottenute usando il cloruro di sodio al 0,9% in acqua.
Per considerare alcune situazioni fisiologiche è preferibile fare riferimento alla tonicità piuttosto che
all’osmolarità. La tonicità di una soluzione viene definita in funzione alle conseguenze che ha sul volume
cellulare e in base all’osmolarità.
Consideriamo un recipiente con una soluzione e una cellula all’interno. Se la soluzione ha la stessa pressione
osmotica della cellula, è detta soluzione isosmotica; se ad essa si aggiunge del sale questo si dissocerà e si
otterrà una soluzione più concentrata che viene detta iperosmotica e il flusso d’acqua sarà dall’interno della
cellula all’esterno di essa (si raggrinzisce). Se alla soluzione isosmotica si aggiunge dell’acqua si ottiene una
soluzione iposmotica in cui la cellula si gonfia. Queste situazioni sono quindi analoghe a quelle riferibili alla
tonicità.
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In termini di tonicità si ha una iniziale soluzione isotonica, la soluzione iperosmotica è ipertonica mentre se
viene aggiunta l’urea, piccola molecola neutra, la soluzione è isotonica. L’urea può attraversare la membrana
per diffusione semplice; la soluzione diviene iperosmotica e quindi si penserebbe essere ipertonica ma in realtà
si comporta come isotonica (nessuna variazione). Accade che nei primi istanti la soluzione è ipertonica e
determina una riduzione di volume, vi è una oscillazione che però viene subito ristabilita all’equilibrio (vedi il
grafico).
PERMEABILITA’ DI MEMBRANA
Considerando il coefficiente di permeabilità e quello di ripartizione (indice di idrofobicità) dell’urea, essi sono
correlati nel grafico:
i due coefficienti sono bassi. Cercando di aumentare il
coefficiente di ripartizione si potrebbe ottenere
l’etilurea (molecola con gruppo etilico con proprietà
apolari). Come conseguenza si ha anche l’aumento
dell’altro coefficiente. Continuando in questo modo si
hanno 2 gruppi etilici coniugati con l’urea e si ottiene la
dietilurea. Si aumenta la capacità di permeabilità, più
solubile nei lipidi.
Ricorda che acqua e urea hanno le stesse caratteristiche. Se misuriamo i flussi di acqua però, ci si accorge che
il suo coefficiente di permeabilità è più alto. Questo accade perché nelle membrane sono presenti fattori che
impattano positivamente sul passaggio dell’acqua, qualche elemento che facilita: esistono dei canali appositi
altamente selettivi per l’acqua, le acquaporine, proteine transmembrana strutturate a questo scopo, in
aggiunga alla diffusione semplice.
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Ricerca scientifica - acquaporine
L’esistenza di canali per l’acqua è stata ipotizzata molto tempo fa, non si trovava però il modo di dimostrarlo.
La ricerca terminò quando all’inizio degli anni 90 venne dimostrato: venne isolata una proteina poi chiamata
“acquaporina”.
Le ricerche venivano condotte in laboratorio sotto la guida di Peter Agre; il gruppo di ematologi si occupava
della tipizzazione antigenica delle membrane dei globuli rossi considerando in particolare le proteine che
intervengono nella determinazione del carattere RH.
I globuli rossi venivano trattati sperimentalmente (facilmente in quanto non contengono nè nucleo nè organelli,
sono come degli involucri) per estrarre dalle loro membrane le proteine di membrana poi purificate e separate
per poi studiarne la struttura e la funzione. Venne scoperta una nuova proteina inaspettata, aveva il range di
PM simile a quello di altre proteine considerate; ci si chiese se fosse tipica dei globuli rossi o se potesse
riscontrarsi anche in altre cellule e per capirlo determinarono la sua sequenza amminoacidica per creare degli
anticorpi successivamente marcati utili all’individuazione. Questa proteina incognita venne riscontrata
ovunque ma con diversa abbondanza: i tessuti in cui è più presente erano quelli coinvolti nella gestione di
flussi d’acqua, in primis nelle pareti dei tubuli renali (per il processo di filtrazione).
Si pensò quindi che la proteina incognita avesse a che fare coi livelli di permeabilità delle membrane: un
CANALE PER L’ACQUA. Servì un esperimento che rispondesse a questa ipotesi.
L’esperimento risolutivo si svolse utilizzando degli ovociti di rana Xenopus Laevis (già utilizzata
ampiamente), cellule facilmente accessibili, grosse e manipolabili che si prestano bene a funzionare da sistemi
di espressione eterologa: se viene somministrato dell’mRNA viene riconosciuto come molecole di mRNA
autoctone e vengono processate nella proteina corrispondente.
L’ovocita era poco permeabile all’acqua (si trovava di norma in acqua dolce) e vennero poste in una condizione
ideale isotonica e poi le cellule vennero divise in due gruppi in modo tale da osservarne differenze:
- Gruppo per l’esperimento→ tutti gli ovociti venivano iniettati con una soluzione acquosa contenente
l’mRNA per la proteina incognita, che sarebbe l’acquaporina (bisognava aspettare un po’ di tempo);
- Gruppo per il controllo→ stesso trattamento meccanico ma con sola acqua, nessun mRNA.
Accadde che nel gruppo sperimentale gli ovociti iniziarono a presentare dopo pochi minuti delle bolle verso
l’esterno fino ad arrivare a scoppiare, condizione che normalmente accade in soluzioni ipotoniche.
Si concluse che la proteina incognita aumentava la permeabilità di membrana delle cellule all’acqua. Non si
verificò l’aumento di volume negli ovociti di controllo.
Il nome attribuito al canale è “acquaporina” e successivamente la prima individuata, quella dei globuli rossi,
venne chiamata “acquaporina 1” (AQP1); vi è una famiglia e se ne conoscono una dozzina. Sono distribuite in
tutti gli organismi in differenti isoforme, tutte altamente selettive e specifiche per l’acqua.
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Curiosità – Sali di mercurio
Si osservò che un aumento di volume non si verificava in presenza di Sali di mercurio in soluzione. I Sali di
mercurio (detti mercuriali) erano farmaci usati come agenti diuretici (espulsione dell’urina) piuttosto tossici;
il problema era che non si sapeva bene come agissero, quale fosse il meccanismo d’azione. Si capì che i Sali
di mercurio andavano a contrastare la funzione di canale di queste proteine, erano dei bloccanti che impedivano
il transito dell’acqua all’interno delle cellule.
L’acqua è un dipolo che può essere orientato dalle interazioni con le cariche positive fisse ancorate al
canale: il motore dipende dall’agitazione termica delle molecole. Il flusso di acqua attraverso le acquaporine
è dell’ordine dei miliardi di molecole al secondo.
Il canale non è solo un filtro, è molto selettivo e specifico per l’acqua: non possono passare ioni anche se di
dimensioni adatte.
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Omeostasi acido-base
Una delle esigenze dell’organismo è anche quella di mantenere il giusto valore di pH che ha un set point da
regolare. La via di eliminazione dell’eccesso di acidi è quella che implica i reni tramite l’urina.
Se le acquaporine che si trovano sull’epitelio dei tubuli renali fossero permeabili anche ai protoni, questi, per
il gradiente di concentrazione si sposterebbero verso il plasma; ciò è impedito dato che i protoni hanno
dimensioni molecolari che differiscono minimamente dalle molecole d’acqua e, nonostante siano più piccoli,
non possono passare. Le acquaporine non agiscono quindi solo da filtro: le cariche positive si respingono.
I reni sono gli organi con maggiore densità di acquaporine.
Pur funzionando come canale, le acquaporine sono raggruppate in gruppi da 4: un complesso proteico di
permeazione all’acqua. Ricorda che le Gap Junction sono costituite da 6 subunità (poro unico).
Ogni volta che un soluto non può attraversare la membrana costituisce una fonte di gradiente osmotico;
l’osmosi si riferisce rigorosamente alle molecole d’acqua. I processi di altro tipo sono processi diffusivi
relativi alla specie. Si parla di FLUSSO DI MASSA o FLUSSO MASSIVO se si parla di processi diffusivi
che comprendono sia acqua che soluti. A questa differenza di pressione possono concorrere entrambe le
pressioni. Volendo scrivere una relazione flusso/forza per il flusso di massa:
che vale 1 per una membrana semipermeabile ideale (osmolilti con effetto osmotico massimo) e vale 0 per le
particelle ad effetto osmotico nullo (permeanti come le molecole d’acqua).
Nei casi reali, ad esempio nei capillari sanguigni, vi sono continui scambi di sostanze che avvengono per
processi diffusivi; accadono processi di traslocazione di liquido, plasma. I capillari sono sedi in cui sono
possibili scambi con l’interstizio per il rifornimento delle cellule. Il plasma viene traslocato nell’interstizio ma
poi deve essere rimosso altrimenti il liquido interstiziale aumenterebbe di volume creando delle bolle,
rigonfiamenti. Anziché essere rimosso per mantenere lo stesso volume si ha un processo che prevede che il
liquido interstiziale si riassorba.
La parete dei vasi capillari è abbastanza permeabile: alcune sostanze disciolte nel plasma non riescono a
passare, di solito delle proteine. Si genera una differenza di pressione osmotica.
Importante differenza: nella diffusione l’energia proviene dal gradiente di concentrazione di quella specie,
nel flusso di massa l’energia è generata dalla differenza di pressione tra i due compartimenti.
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TRASPORTO DI MEMBRANA
Per “trasporto di membrana si può intendere un trasporto in forma libera che prevede diverse tipologie
(processi passivi secondo gradiente equilibrati). Si parla tendenzialmente di diffusione semplice: processo che
vede il canale con dimensioni molto più grandi della molecola che deve passare, non vi sono interazioni tra la
molecola e la parete (molecole spesso idrofobiche).
In alternativa esiste il trasporto mediato (processi passivi secondo gradiente o attivi contro gradiente che
richiedono energia) con proteine specializzate:
- Diffusione facilitata, processo passivo
(con mediatore);
- Trasporto attivo primario con pompe
ioniche primarie (meccanismi che
permettono la generazione dei gradienti);
- Trasporto attivo secondario.
Canali ionici e pompe ioniche sono differenti soprattutto in meccanismi e funzioni. Le pompe servono per
andare contro una barriera di energia, un canale può essere aperto o chiuso e permette il transito.
L’accoppiamento energetico è diretto nel caso delle pompe ioniche primarie e vi sono anche altri meccanismi
che mediano un trasporto attivo secondario.
MECCANISMI DI TRASPORTO
Esistono processi di cotrasporto (“trasportare assieme”) in cui sono coinvolte specie diverse che vengono
trasferite contemporaneamente. I triangoli in figura indicano i gradienti di concentrazione; la direzione del
flusso segue l’orientamento del gradiente di concentrazione.
Tra i processi di cotrasporto vi è il:
- Simporto → processo in cui le due specie hanno la
stessa direzione;
- Antiporto (scambio)→ processi in cui le due specie
hanno direzione opposta.
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DIFFUSIONE FACILITATA del Glucosio
Consideriamo il meccanismo di Uniporto che finge da prototipo di meccanismi di trasporto anche per altre
specie. Il glucosio sfrutta un meccanismo di questo tipo, di diffusione facilitata. Il problema dell’importazione
del glucosio vede come protagonista la membrana: il glucosio trova impedimento nell’attraversarla. Le cellule
ricevono il glucosio dal sangue che provvede a mantenere un costante rifornimento di questo importante
metabolismo, fonte energetica.
Il processo è favorevole dal punto di vista termodinamico ma in generale per poter far passare il glucosio serve
un “traghettatore”, un veicolo che fa da spola tra interno/esterno.
Il trasportatore per il glucosio è chiamato GLUT e appartiene alla famiglia delle proteine facilitanti e
l’energia è fornita dal gradiente di concentrazione. Il trasportatore funziona in modo passivo. Essendo un
processo diffusivo è un processo equilibrante. La reazione è catalizzata dall’enzima esochinasi, prima tappa
del processo glicolitico. Il glucosio viene trasformato in glucosio 6-fosfato. Serve energia per fosforilare il
glucosio. Le reazioni del processo sono di norma endoergoniche. Il glucosio 6 fosfato è la forma utile per
indirizzare il glucosio verso le necessità della cellula.
Il glucosio può prendere la via glicolitica nel caso la cellula abbia bisogno di energia oppure prenderà la via
della glicogenosintesi se serve creare riserve energetiche
Nei glucidi vi è equivalenza tra numero di atomi di carbonio e numero di atomi di acqua. Vi sono zuccheri
semplici, tra cui il glucosio; questi possono reagire tra loro creando zuccheri più complessi, ad esempio il
saccarosio, ma che devono essere demoliti per essere utilizzati dalle cellule.
Il glicogeno (equivalente dell’amido nelle cellule animali) è un polimero voluminoso e ramificato del glucosio
e rappresenta la sua forma di deposito nell’organismo presente soprattutto in alcuni tessuti (come il fegato,
muscolo scheletrico).
TRASPORTATORI GLUT
Di queste proteine conosciamo bene GLUT1 che fu isolata dalla membrana degli eritrociti (come l’acquaporina
AQP1), isolando dal miscuglio di proteine quella di interesse per poi purificarla e studiarla; vengono utilizzati
i liposomi. Gli studi portano alla comprensione della struttura e della funzione (e quindi anche ciò che correla
i due aspetti).
Il processo di diffusione ha un tasso di trasferimento che varia in maniera lineare con la concentrazione del
substrato; GLUT però implica una cinetica diversa, non più lineare: va ad accelerare il trasferimento che
potrebbe avvenire per diffusione semplice. Si tratta quindi di una cinetica saturabile.
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Struttura del trasportatore
La struttura di GLUT1 corrisponde a quella di una proteina trans membrana con
12 alfa eliche unite da anse, domini proteici non organizzati; le sue estremità
sono all’interno del citosol. La proteina si dispone ad anello con un poro acquoso
centrale ma non si comporta come un canale, vi è infatti un attacco del substrato
alla proteina, c’è quindi una tappa intermedia. È molto selettivo per il glucosio
6 fosfato.
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Differenti isoforme del trasportatore
Vi sono differenti tipologie di GLUT e diverse distribuzioni di questi nelle differenti cellule. Attenzione: la
velocità di trasporto è diversa dal tasso di trasporto.
Analisi del grafico:
Il flusso di sostanza è direttamente proporzionale alla velocità massima (da mettere in relazione alla
concentrazione dell’enzima) e rappresenta la capacità massima di trasporto. L’altro parametro che interviene
è la Km: concentrazione in presenza della quale il sistema lavora al 50% della sua possibilità massima
ed è detta anche “concentrazione semisaturante” a cui corrisponde la velocità semimassimale; la km è
inversamente proporzionale al flusso di traslocazione.
La Km esprime l’affinità dell’enzima per il substrato, la capacità di legame, l’affinità e la tendenza di legame
enzima-substrato; l’affinità è tanto maggiore quanto è minore la Km.
Un aspetto che contraddistingue le differenti isoforme di GLUT è proprio la Km.
In ascissa vi sono valori con significato fisiologico: i valori della glicemia. Normalmente la concentrazione di
glucosio è 5mM. La glicemia subisce spesso variazioni: rispetto al set point vi sono variazioni fisiologiche da
3,5mM a 12mM. Il range ha a che fare con la destinazione del glucosio o con la necessità di reperirlo.
GLUT1 e GLUT 3
Il trasportatore GLUT1 è presente sulle membrane degli eritrociti, mentre GLUT3 è presente nelle cellule del
SNA. La Km in entrambi i casi è abbastanza bassa: i trasportatori possono trasportare attorno al 50% della loro
capacità massima.
Un calo o un aumento della concentrazione del glucosio determinano spostamenti minimi dell’importazione
del glucosio. È un sistema che smorza le oscillazioni del glucosio che riesce a monitorare, mantenere
condizioni stabili e adeguate.
GLUT2
Per quanto riguarda la linea arancione viene rappresentata una proteina tendenzialmente appartenente alle
cellule del fegato e pancreatiche. Il fegato ha cellule endocrine che assicurano la produzione di importanti
ormoni fondamentali per la regolazione glucidica (insulina e glucagone).
Vi è bassa affinità del trasportatore per trasportare il glucosio ameno che la sua concentrazione non raggiunga
livelli elevati (17-20mM). La funzione delle cellule epatiche infatti è relativa all’accumulo di glucosio
sottoforma di glicogeno.
Come già accennato, i sensori dei valori attuali delle variabili fisiologiche sono cellule nervose: barocettori,
volocettori, fotocettori… e anche chemiocettori che monitorano la concentrazione di sostanze chimiche in
diversi ristretti come quelli relativi al glucosio. Ci sono alcune eccezioni in cui la rilevazione bypassa le cellule
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nervose: vi è una regolazione mediata direttamente dall’effettore della risposta, ad esempio per l’incremento
dell’importazione del glucosio.
Il maggior ingresso di glucosio funge da segnale per alcune cellule del pancreas per la secrezione dell’insulina:
meccanismo diretto.
Vi sono differenti ghiandole che concorrono al mantenere sotto controllo le disponibilità energetiche: vi
sono vari ormoni tiroidei, il pancreas endocrino, ghiandole surrenali…
Il comportamento della midollare del surrene è strettamente correlato al comportamento del sistema nervoso
simpatico: quando il sistema nervoso simpatico agisce viene coinvolta la midollare del surrene.
Le varie funzioni svolte dai diversi ormoni hanno funzioni opposte: vi è un equilibrio regolato. Alcuni ormoni
sono iperglicemizzanti mentre invece altri sono ipoglicemizzanti: le funzioni sono opposte, gli ormoni
agiscono contrapposti.
In corrispondenza dell’oscillazione del glucosio ne deriva quella dell’insulina: l’aumento del glucosio durante
i pasti viene rilevato dal SNC ai fini della regolazione possibile grazie all’insulina.
Per questo motivo si sta a digiuno prima d fare le analisi del sangue.
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Il recettore viene fosforilato in presenza di insulina grazie alla tirosina chinasi (proteina di membrana); a
seguito avvengono reazioni a cascata che comprendono altre chinasi. Si arriva al bersaglio cellulare finale: la
risposta consiste nella mobilitazione di alcune vescicole contenute nelle cellule sulle cui membrane sono
incorporate proteine GLUT4 già pronte.
Tramite esocitosi le membrane si integrano con la membrana superficiale su cui poi i trasportatori vanno ad
esporsi aumentando la velocità di trasporto del glucosio verso l’interno.
Quando poi il livello di glucosio torna al set point, questa funzione di potenziamento dei GLUT4 viene
repressa: la porzione di membrana contenete i trasportatori viene riassorbita verso l’interno formando dei
vacuoli che poi vanno a fondersi con degli endosomi che poi gemmano nuove vescicole pronte ad essere
esocitate (il meccanismo è quindi riciclabile).
Per la localizzazione dei GLUT4, sono stati considerati adipociti in coltura: essi vennero trattati con anticorpi
marcati generati contro GLUT4. È possibile andare a localizzare i trasportatori in assenza e presenza di
insulina. In assenza di insulina i trasportatori sono per lo più nel citosol: la colorazione è poco presente nelle
membrane a differenza del citosol. Se si aggiunge insulina la marcatura è ampiamente distribuita in membrana:
l’insulina induce la migrazione delle vescicole con i GLUT4 verso le membrane.
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Le quattro principali classi di pompe ATP-dipendenti (ATP-asi) sono dette POMPE IONICHE coinvolte
principalmente nei processi biologici accoppiate direttamente all’idrolisi di ATP.
Classe P, in cui vi è un intermedio che si forma che consiste in una fosfoproteina. Tutte le proteine di questa
classe hanno 2 subunità, 1alfa e 1beta, dei tetrametri (1 con funzione di regolazione e l’altra con funzione
catalitica coinvolta nel processo di trasporto) e hanno siti di aggancio col nucleotide.
Nelle cellule eucariotiche ed animali una pompa di classe P importante è la pompa sodio-potassio e ha un ruolo
fondamentale soprattutto nei tessuti muscolari scheletrici e cardiaci (il calcio attiva la contrazione).
Classe V, che sta per vacuolo/vescicola. Le pompe sono protoniche associate a membrane di vescicole
(mitocondri, lisosomi) in virtù di un pH basso all’interno che determina una differenza notevole tra esterno e
interno. Sono abbastanza complesse, con varie subunità; la loro distribuzione ed organizzazione è complessa.
In alcuni casi sono sulle pareti epiteliali dei tubuli renali.
Classe F, che contiene le pompe di tipo F1 e F0 chiamate ATP-sintasi riscontrabili a livello della membrana
mitocondriale interna. Il gradiente di protoni non lo devono generare, lo trovano disponibile: funzionano come
ATP-asi.
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Concentrandosi sulla CLASSE P
Tutte hanno una stessa architettura molecolare costituita da un dominio transmembrana costituito da diversi
segmenti organizzati ad alfa elica (ve ne sono 10 che attraversano la membrana, tra cui alcune sono coinvolte
nelle vere operazioni di trasporto e presentano i siti di legame per gli ioni). Vi è poi un altro dominio,
citoplasmatico: una porzione molecolare che sporge all’interno delle cellule e vi sono vari tratti (alcuni
organizzati ad alfa eliche, alcuni planari e altri non organizzati). Di questo dominio sono riconoscibile 3 diverse
zone:
- dominio N (nucleotide) con la tasca di legame per l’ATP;
- dominio P (di fosforilazione) con il sito che viene fosforilato durante il ciclo di trasporto;
- dominio A, attuatore che fa da trasduttore delle modificazioni conformazionali attivate dalla
fosforilazione della proteina: fa da cerniera tra quello che succede a carico del dominio citosolico e
ciò che è relativo al dominio transmembrana con i siti di legame e di caricamento per gli ioni da
trasferire.
L’ATP quindi si lega al dominio N, dominio con intrinseca una funzione catalitica ATP-asica e chinasica:
idrolizza l’ATP rendendo disponibile il fosfato che viene trasferito nel dominio P formando il prodotto
fosforilato. Le modificazioni conseguenti coinvolgono il dominio A che ha funzione di rotazione e di trasporto
degli ioni.
POMPA Na+K+-ATPasi
Si tratta di una proteina di trasporto di membrana costituita dalle 2 subunità beta e alfa (moltiplicate per due,
la struttura completa è un tetramero). Compaiono i siti di legame di caricamento di sodio e potassio. Nello
schema le frecce indicano la direzione del gradiente.
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La pompa non agisce in maniera bilanciata nel trasferire ioni: ne trasferisce 3 di sodio verso l’esterno e 2
ioni potassio verso l’interno. Vengono trasferite anche cariche elettriche quindi questo sbilanciamento ha
conseguenze anche elettriche: una carica positiva in più viene aggiunta all’esterno e si ha un polo positivo
all’esterno e uno negativo all’interno. Si ha quindi la separazione di carica all’origine della generazione di
differenzia di potenziale elettrico (per questo si parla di pompe elettrogeniche). In realtà è un contributo
trascurabile alla generazione di potenziale di membrana ma è comunque importante metterlo in evidenzia. La
pompa sodio potassio è importante per la generazione del potenziale di membrana ma per ragioni indirette:
funzione di mantenimento dei gradienti di concentrazione del sodio e del potassio.
La pompa deve mantenere le giuste condizioni del potenziale di diffusione che stabilisce la differenza di
potenziale elettrico.
Il processo della pompa può arrivare a consumare fino al 70% della fonte di energia di ATP della cellula, è
molto importante.
Analisi dell’immagine:
sono evidenziati i siti per gli ioni potassio e corrispondono anche i siti in cui può essere legata l’Ouabaina.
L’Ouabaina è un potente inibitore che può anche bloccare in maniera consistente il funzionamento della
pompa. Assieme ad altre sostanze con potenzialità farmacologiche appartiene alla famiglia dei Glicosidi
Cardioattivi (o steroidi cardiotonici): essi hanno un residuo glucidico e il nucleo del colesterolo.
Le piante da cui vengono estratte queste sostanze sono l’oleandro, la digitale, l’euforbia… piante tossiche che
contengono agenti che bloccano una funzione così importante come quella della
pompa sodio potassio ATP-asi.
La tossicità viene utilizzata a scopo difensivo: farfalle monarca, tolleranti alla loro
azione tossica, si nutrono di queste piante e risultano poi tossiche per gli uccelli che
vorrebbero predarle (vi sono anche mimetismi batesiani).
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Le proteine di trasporto mediato di membrana
oscillano tra la conformazione in cui i siti sono
esposti da un lato e la conformazione in cui sono
esposti sul lato opposto: porte girevoli. I due stadi
conformazionali sono detti E1 ed E2 (“E” sta per
“enzima”). Gli stadi E1 sono siti di legame
accessibili dal citosol, mentre i siti E2 sono
accessibili dall’esterno.
L’affinità del sodio con E1 ha una Km pari a
0,6mM (valore basso), legame altamente favorito;
il sito per il potassio invece ha una bassissima
affinità dato che la sua direzione è opposta. Nella
configurazione 1 quindi è favorito il caricamento
del sodio e sfavorito quello del potassio, mentre è
favorita la dissociazione del potassio a differenza
del sodio.
Quando il sodio si lega alla proteina induce la
fosforilazione, processo di trasferimento del
gruppo fosfato sul dominio citosolico (processo
sodio-dipendente).
Si passa alla conformazione E2 e simultaneamente
la conformazione del sito per il sodio cambia e
diventa sfavorevole al sodio che si sgancia (mentre invece diventa affine per il potassio che si aggancia).
Lo ione deve essere caricato laddove è meno concentrato e deve essere rilasciato dove sono più
concentrati (processo contro gradiente).
La variazione di affinità è fondamentale all’azione di massa. In E2 la Km è 0,2mM per il potassio, il legame è
favorito. Il potassio può essere caricato proveniente da un ambiente dove il potassio è poco concentrato ed è
favorita la reazione di associazione. Il legame col sodio favorisce la fosforilazione della proteina, il legame del
potassio induce la reazione opposta (defosforilazione della proteina); in modo sodio-dipendente la proteina si
comporta da chinasi, in modo potassio-dipendente la proteina funziona da fosfatasi.
L’Ouabaina è un competitore del potassio sul sito della proteina in conformazione E2; essa compete con il
potassio e blocca il ciclo mantenendo lo stato fosforilato della proteina. Vi è correlazione tra la km del legame
del sodio e del potassio alla proteina e le concentrazioni degli ioni. Il sodio ha una concentrazione circa 3 volte
quella del potassio. Se lo ione è più concentrato l’affinità può essere minore.
POMPE CALCIO
Il calcio deve mantenersi ad una concentrazione estremamente bassa, in condizioni di riposo deve essere quasi
assente. La sua concentrazione può modificarsi in base ad alcuni segnali intracellulari e può indurre risposte:
la contrazione muscolare è un esempio importante.
La contrazione muscolare si attiva in risposta all’aumento della concentrazione di calcio che avviene a seguito
di stimoli nervosi; la contrazione poi deve terminare e avviene grazie all’eliminazione dal citosol del calcio.
Per rimuovere il calcio devono attivarsi delle pompe contro gradiente.
In molte cellule il calcio non deriva solo dal mezzo extracellulare, ma anche da cisterne intracellulari del
reticolo endoplasmico liscio, dei depositi in cui vi sono in forma concentrata gli ioni calcio.
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Nelle cellule muscolari esiste un ampio compartimento determinato
alla specializzazione del reticolo endoplasmico liscio, il reticolo
sarcoplasmatico: un fitto intreccio di canali e cisterne, un forte sviluppo
e potenziamento del reticolo endoplasmico che contiene grandi
quantità di calcio.
Quando arriva un segnale elettrico le cellule si eccitano e viene
rilasciato il calcio dal reticolo sarcoplasmatico. Esistono quindi 2
differenti tipologie di pompe:
- Pompe PMCA→ pompa del calcio della membrana
plasmatica (per espellere il calcio verso il mezzo
extracellulare).
- Pompe SERCA→ pompa del calcio associata alla membrana
del reticolo sarcoplasmatico (per riportare il calcio nel
deposito).
Per queste pompe è richiesto un lavoro maggiore rispetto alle pompe
sodio-potassio. Il lavoro viene misurato come l’energia necessaria per
stabilire il gradiente di concentrazione.
POMPA GASTRICA
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È coinvolta quindi la pompa sodio potassio che si localizza nella porzione basale delle cellule e sono coinvolti
i trasportatori GLUT.
Sono coinvolti 2 stadi conformazionali, uno rivolto verso l’esoplasma e uno rivolto verso il citoplasma. La
tasca complementare per il sodio con le cariche negative fisse facilitano il legame. Il legame col sodio inoltre
è favorito dall’azione di massa. Quando entrambi i siti sono occupati avviene la commutazione di stato tra le
2 conformazioni. L’incremento di sodio viene monitorato dalla pompa sodio potassio che lo rispedirà fuori le
cellule verso il sangue. Il meccanismo serve quindi anche per assorbire Sali (sodio). L’acqua poi può essere
trasferita e fluire per osmosi.
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e di conseguenza nemmeno l’acqua. La terapia è la somministrazione di una soluzione in cui sono presenti i
Sali (sodio) e il glucosio, di conseguenza si avrà l’assorbimento di acqua. Si è stimato che giornalmente
l’organismo possa acquisire maggior quantità di acqua (fino a 5-6 litri).
Coefficiente di accoppiamento:
Il trasportatore funziona con un coefficiente di accoppiamento differente in base all’isoforma del trasportatore.
Vi è un vantaggio energetico, in alcuni casi si parla di un guadagno, ad esempio quando il rapporto
stechiometrico è 2Sodio: 1Glucosio per il trasportatore SGLUT1.
Fino ad ora si è parlato della via trans cellulare: il glucosio deve entrare nelle cellule, diffondere e poi
uscire dall’altro versante. I trasportatori sono sulla membrana apicale in cui vi sono microvilli e vari processi
di estensione, digitazioni per aumentare la superfice di assorbimento.
Oltre a questa via ve ne sono altre che utilizzano le giunzioni strette che fungono da cintura stabilendo coesione
meccanica e sono anche una barriera di diffusione (si parla di polarizzazione degli epiteli). Le giunzioni però
mostrano permeabilità.
Analisi dell’immagine:
La distribuzione delle proteine coinvolte nel trasporto del glucosio è compartimezzata→ polarizzazione.
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Analizzando un villo intestinale (pieghe macroscopiche costituite da cellule
epiteliali a palizzata) con la microscopia a immunolocalizzazione in
fluorescenza si riesce a localizzare il GLUT2 utilizzando degli anticorpi.
Seguendo la distribuzione della fluorescenza si notano marcate le zone baso
laterali e non sulla porzione apicale (nell’orletto a spazzola). Ciò significa che
il trasportatore GLUT2 risiede nella zona basale.
In alcuni casi si può fare una co-localizzazione che mostra che la pompa sodio
potassio è la stessa delle permeasi GLUT del glucosio (e non si trova nell’orletto
striato); quindi anche la pompa sodio potassio si trova nella zona basale e la
localizzazione del trasportatore attivo del glucosio sodio-dipendente è
esclusivamente nella superfice apicale.
ALTRE STRATEGIE PER LA LOGISTICA CELLULARE che consentono importi ed esporti di sostanze
TRASPORTO VESCICOLATO
Si tratta di un trasporto che non prevede mediatori, vengono a crearsi vescicole che trasportano le sostanze
attraverso la membrana cellulare e anche in maniera trans cellulare.
- Endocitosi→ implica l’assorbimento di una parte di membrana, una evaginazione contenente la
sostanza da trasportare all’interno.
- Esocitosi→ processo opposto che porta a eliminare delle sostanze trasportandole all’esterno; si
distingue in diversi processi come quello della fagocitosi, pinocitosi.
I processi devono essere regolati, viene introdotta/eliminata anche acqua: si cerca di minimizzare i rapporti
idrici.
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Oltre alla clatrina vi è la claveolina, con funzioni simili.
La clatrina è una proteina esamerica con 6 subunità distribuite in 3 braccia leggere; è detta triskelion, è raggiata.
Quando vari triskelion polimerizzano e interagiscono tra di loro viene a formarsi come una gabbia che è adesa
alla membrana.
Un meccanismo insolito è l’endocitosi mediata da recettore. È un processo orientato grazie a recettori che
riconoscono il substrato in cui devono importare la sostanza. Il processo inizia quando l’insieme dei recettori
è pronto. Il meccanismo è importante per esempio per l’assunzione del colesterolo, componente di tutte le
membrane. Le cellule hanno recettori di membrana in grado di riconoscere una struttura coinvolta nel trasporto
del glucosio nel sangue, le lipoproteine, involucri di lipidi contenenti il colesterolo (singolo strato
fosfolipidico); le lipoproteine si trovano nell’intestino, nel fegato e, una volta legate, si attivano e viene a
crearsi la vescicola che poi perde il rivestimento di clatrina; la vescicola si fonde all’endosoma che ha basso
pH e qui la lipoproteina si distacca dal suo recettore rilasciando il materiale che conteneva.
Il recettore non si distrugge, rimane adeso all’endosoma che tramite esocitosi porta il recettore verso la
membrana superficiale in cui viene riutilizzato.
Il colesterolo viene assorbito sottoforma di LDL, lipoproteina a bassa densità, concentrati di colesterolo
associate a proteine allo scopo di facilitare la diffusine e anche per essere riconosciuto.
Il colesterolo è detto HDL se è ad alta densità.
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Colesterolo buono→ HDL
Colesterolo cattivo→ LDL
Quando la quantità di colesterolo LDL eccede, si deposita sulla parete delle arterie e provoca infiammazioni,
si creano dei rigonfiamenti che portano ad una lesione arteriosclerotica; gli organismi sono attrezzati per
controllare i livelli di colesterolo e hanno un sistema di rimozione del colesterolo in eccesso che viene poi
distribuito altrove. Il colesterolo viene quindi trasportato in direzione opposta e viene rimosso dalle cellule
infiammatorie delle pareti vascolari a opera delle HDL e giunge al fegato in cui viene demolito e rilasciato
nella bile. Le HDL sono molecole più piccole rispetto alle LDL.
Un altro esempio di endocitosi mediata da recettore è quello per l’importazione del ferro. Esso circola legato
alla proteina transferrina, che fa da veicolo per il ferro che può legarlo e successivamente lega i recettori.
Quando si lega ai recettori viene a crearsi una fossetta rivestita in cui viene internalizzato il complesso proteina-
ferro; successivamente il rivestimento di clatrina si perde e il complesso si fonde con gli endosomi all’interno
dei quali una favorevole condizione di pH acido consente il distacco del ferro dalla transferrina. Il recettore
torna esposto in membrana e la transferrina scarica torna in circolo per poter legare un'altra molecola di ferro
da trasportare.
TRANSCITOSI
È un processo che riguarda un altro tipo di materiale che trova difficoltà nell’attraversare le barriere di cellule
(quali alcuni epiteli o mucose). Il processo è tipico delle proteine, molecole ingombranti che non passano
attraverso le membrane cellulari né tra gli spazi tra le cellule endoteliali delle pareti dei vasi sanguigni.
La strategia è quella di isolarsi in vescicole e tramite esocitosi ed endocitosi attraversano i tessuti. Non si parla
di clatrina, sono proteine diverse (spesso è presente la claveolina che forma claveole). La vescicola segue i
“binari” del citoscheletro presente nella cellula.
Accade ad esempio per gli anticorpi, risultati di processi immunitari: il neonato acquisisce elementi di difesa
tramite il latte materno o la placenta e gli anticorpi attraversano la barriera sfruttando questi processi.
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FORZA ELETTRICA
La maggior parte dei soluti sono elettroliti con carica: ciò comporta la presenza di un campo elettrico e di
interazioni varie. Attraverso la membrana cellulare è presente una differenza di potenziale elettrico, detto
POTENZIALE DI MEMBRANA. La forza elettrica delle cellule non è una forza virtuale e si può considerare
una energia potenziale che è quantificata dall’equazione:
La forza a cui le cellule sono soggette è detta Forza di Coulomb e può essere di repulsione o di attrazione. La
legge di Coulomb è:
Analisi del modello: gli elettroliti sono disciolti nei mezzi fisiologici in presenza di una differenza di
potenziale.
L’elettrodo positivo (anodo) attira le sostanze con carica negativa (anioni)
che hanno elettroni in eccesso. Le specie con carica positiva (cationi) hanno
un difetto di elettroni e vengono attirati dall’elettrodo negativo (catodo).
Consideriamo:
Il campo elettrico spinge e orienta uno ione carico che nello stesso tempo dispone di energia cinetica che
lo tiene costantemente in movimento. Lo ione non sta all’equilibrio e tende ad esserlo.
Analizzando sia la condizione di gradiente chimico che gradiente elettrico si ha un modello a due
compartimenti isolati da una membrana che presenta un polo positivo e uno negativo. Le due concentrazioni
sono diverse.
Considerando la condizione nel suo complesso si parla di
FLUSSO ELETTRODIFFUSIVO ed è rappresentata da una
equazione, l’equazione di Nernst-Plank, con componente chimica
(legge di Fick) e componente elettrica (legge di Ohm):
Consideriamo che la diffusione avviene per differenza di potenziale chimico mentre la migrazione in
campo elettrico avviene per differenza di potenziale elettrico: si parla di POTENZIALE
ELETTROCHIMICO 𝝁 (Joule/mole o cal/mol). Gli ioni possiedono questo potenziale?
dove
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Per quantificare il gradiente di concentrazione è stata stilata la formula:
Per quantificare invece il gradiente elettrico è stata stilata la formula:
Le due fonti di energia potrebbero avere lo stesso segno, come nel caso del sodio, o segno opposto, come nel
caso del potassio (infatti il sodio tende ad entrare nella cellula, il potassio ad uscire). La variazione di energia
libera totale associata all’ingresso dello ione nella cellula è da calcolare considerando entrambi i fattori:
𝛥𝐺 rappresenta anche il lavoro necessario per mantenere una determinata separazione di carica.
Utilizzando:
e considerando 𝛥𝐺 = 0:
che diviene:
chiamata Equazione di Nernst, dove 𝛥𝑉 = 𝐸𝑥 = potenziale equilibrio dello ione x. L’equazione indica che in
corrispondenza di un certo valore di potenziale di membrana, il flusso dello ione è pari a 0, sarà fermo.
L’equazione di Nernst può essere resa direttamente applicabile sostituendo il valore delle costanti:
e può aiutare utilizzare i logaritmi decimali anziché quelli naturali (lnex = 2,303 log10x). Si utilizza poi una
tabella (vedi pag. 9) in cui sono elencati i valori relativi alla concentrazione degli ioni. Conoscendo quindi la
concentrazione extracellulare e la concentrazione intracellulare si è in grado di calcolare il potenziale di
equilibrio. Ad esempio (a 37°C):
Alcuni valori:
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Per capire se gli ioni sono all’equilibrio nelle condizioni fisiologiche, bisogna confrontare i valori ottenuti
con il valore di potenziale di membrana a riposo (-70mV). Il sodio, per esempio, in condizioni fisiologiche
si trova a 130mV distante dall’equilibrio (è a +60) quindi tende a migrare (all’interno della cellula). Il calcio
si trova ancora più distante dalla condizione di equilibrio; il potassio è prossimo all’equilibrio.
Nessuno ione in condizioni di riposo è all’equilibrio: tutti hanno la possibilità di migrare e passare dall’interno
all’esterno della cellula o viceversa. Il cloro è l’unico ione che ha un valore di potenziale di equilibrio (pari a
circa -80mV) che si avvicina davvero a quello del potenziale di membrana.
Le varie condizioni sono mantenute nei giusti equilibri dalle pompe primarie. Attenzione: non esiste una
pompa primaria per il cloro che dispone di meccanismi di trasporto attivo, il potenziale elettrico condiziona la
distribuzione della concentrazione del cloro.
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LO IONE SODIO
Lo ione sodio è uno ione positivo attratto a migrare verso il centro della cellula (negativo)
ed è più concentrato all’esterno. Il sodio è presente in concentrazione 15mM all’interno
delle cellule dei mammiferi, mentre 140-145mM all’esterno; come sappiamo la
membrana presenta una differenza di potenziale di -70mV.
È stato concluso che 𝛥𝐺𝐶 = -5,84 kj/mol, processo spontaneo (diffusione, processo
passivo) e che 𝛥𝐺𝐸 = -6,75 kj/mol.
Quindi:
Per sapere il dislivello del glucosio consideriamo la temperatura a 37°C e ricaviamo dalla formula sopra il
rapporto tra la concentrazione di glucosio in entrata e quella in uscita. Si ha:
[𝐺𝑙𝑢𝑐𝑜𝑠𝑖𝑜]𝑖𝑛 +6
=
[𝐺𝑙𝑢𝑐𝑜𝑠𝑖𝑜]𝑜𝑢𝑡 𝑅𝑇𝑙𝑛
che riscriviamo come differenza di concentrazione:
.
Nel caso del rapporto stechiometrico 2:1, si ha che la differenza di concentrazione è pari a 17500. Se fosse 1:1
(si parla in questo caso del trasportatore SGLT2) si ha una differenza pari a 132.
La spiegazione adattativa di questi fatti è da mettere in relazione ai diversi contesti in cui agiscono i
trasportatori SGLT. Un esempio importante è quello relativo ai tubuli renali che conducono alle vie urinarie:
qui il glucosio dovrà essere prelevato per poter essere riutilizzato e sono impiegati a questo scopo due isoforme
SGLT.
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NEI TUBULI RENALI
Accade che il plasma filtra attraverso una rete capillare che si stabilisce nelle unità funzionali dei reni (nefroni)
in comunicazione con l’esterno.
Concentrandosi sul glucosio, si ha che all’inizio, in prossimità del glomerulo, la sua concentrazione è simile a
quella del glucosio nel plasma, dato che è appena entrato del condotto; procedendo poi lungo il tragitto la sua
concentrazione diminuisce dato che a mano a mano viene recuperato per essere riutilizzato dall’organismo;
diminuendo la sua concentrazione all’interno del tubulo renale si avrà una crescente differenza di
concentrazione tra l’interno e l’esterno del tubulo (gradiente di concentrazione).
Il glucosio non deve finire nelle urine: se accade significa che il sistema di recupero è inefficiente oppure i
livelli di glucosio sono troppo alti (diabete).
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LO IONE POTASSIO
Così come il sodio, è uno ione positivo e viene attratto verso l’interno della cellula che è
negativo ma è più concentrato all’interno della cellula perciò tende ad uscire. Quando i due
gradienti, che hanno direzione opposta (a differenza del sodio), avranno come energia
risultate un valore pari a 0, lo ione potassio sarà presente all’equilibrio.
Il potassio è presente in concentrazione 150mM all’interno delle cellule dei mammiferi,
mentre 5mM all’esterno; come sappiamo la membrana presenta una differenza di
potenziale di -70mV.
Man mano che il potassio si sposta si genera una forza che tende a respingere il potassio stesso (positivo
contro positivo): questo passaggio da potenziale chimico (differenza di concentrazione) alla differenza di
potenziale elettrico porta al raggiungimento dell’equilibrio chimico.
Per generare questa differenza di potenziale che porta al potenziale di equilibrio, è necessario passino solo
pochi ioni potassio, quantità praticamente trascurabile.
Si tratta di un equilibrio termodinamico.
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Questa condizione è riscontrabile solo a ridosso della membrana, per il resto si parla di elettroneutralità
(stesso numero di cariche positive-negative).
Generalizzando la generazione di un potenziale di equilibrio, il flusso deve avvenire attraverso una membrana
che quindi deve essere permeabile selettivamente ad un qualche ione (per lo meno).
Consideriamo ora un modello con 2 compartimenti contenenti una soluzione con tanti ioni (quali sodio,
potassio, cloro) separati da una membrana con differenti concentrazioni e con un gradiente di 10V.
Se la membrana fosse totalmente impermeabile il potenziale sarebbe 0, ma è importante che questa presenti
dei canali per gli ioni di interesse.
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Per misurare sperimentalmente la condizione elettrica attraverso la membrana si utilizza un Voltmetro
con due elettrodi. Se entrambi gli elettrodi stanno nel mezzo extracellulare la differenza di potenziale è 0 ma
se uno dei due elettrodi dovesse entrare all’interno di una cellula, registrerebbe cariche negative segnalando
una differenza di potenziale di -70mV. È vero però che la membrana può presentare un potenziale di
membrana, sempre e comunque presente, variabile: il valore del potenziale di membrana non è sempre fisso
a -70mV.
I base al tipo di cellula varieranno gli elettrodi utilizzati). Le dimensioni della maggior parte delle cellule dei
mammiferi variano tra 5 e 50 𝜇𝑚.
- eritrociti = 7 micron
- cellule grandi (encefalo) = 4-5 micron
- cellule muscolari, cellule nervose = fino anche a 10-20 cm
Esistono dei microelettrodi di vetro per elementi molto piccoli che riescono a non danneggiare le cellule;
esistono poi elettrodi in metallo utilizzati per elementi più grandi.
Vi sono poi altri soluti, elettroliti, ioni. È stato concluso che ognuno di loro dia un certo contributo alla
generazione del potenziale di membrana: non c’è nessuno ione singolo che ha il ruolo di generare da sé
il potenziale di membrana. Sono state riassunte tutte le sostanze che contribuiscono maggiormente e l’elenco
è stato stilato grazie all’equazione di Goldman-Hodgkin-Katz, equazione che include varie specie ioniche
considerando che le tre principali (sodio, potassio, cloro) hanno un ruolo molto importante. Compare il
coefficiente di permeabilità P, che aiuta a quantificare l’impatto del flusso degli ioni coinvolti. Il flusso
diffusivo quindi può essere quantificato considerando il gradiente di concentrazione e il coefficiente di
permeabilità.
58
Se considerassimo che nell’equazione di Goldman-Hodgkin-Katz i vari coefficienti di permeabilità fossero
tutti uguali, otterremmo (a 37 °C):
.
Volendo semplificare l’equazione si può dividere tutto per la permeabilità del potassio in modo tale che
compaia il rapporto tra la permeabilità del sodio e quella del potassio. Il cloro può essere eliminato, manca
di un meccanismo attivo per mantenere costante la concentrazione. In realtà esso non è la causa, ma più
la conseguenza della differenza di potenziale elettrico di membrana.
Il calcio non viene considerato perché la sua concentrazione è bassissima e inoltre la membrana in
condizioni di riposo è impermeabile al calcio. In forma finale quindi l’equazione appare come:
Normalmente le membrane sono più permeabili al potassio rispetto al sodio di circa 20 volte. Il rapporto
di permeabilità è misurabile sperimentalmente, determinato in termini di velocità.
Considerando quindi questa caratteristica:
In questa equazione sono riassunti i determinanti del potenziale di membrana, delle differenti concentrazioni.
Il potenziale di membrana è il risultato della diffusione del sodio e del potassio.
Nella membrana si raggiunge una sorta di compromesso elettrico, definibile come equilibrio (non equilibrio
termodinamico di inerzia). Il sodio tende ad entrare, il potassio ad uscire (relativamente ai gradienti). Il valore
di -70mV si genera come una sorta di compromesso elettrico nel momento in cui il flusso uscente di
potassio e quello entrante di sodio sono uguali in valore assoluto (quindi gli ioni sono in movimento,
l’equilibrio non fa riferimento a condizioni stazionarie). Si parla di potenziale di riposo (corrente netta
pari a 0).
Se per qualche ragione dovesse aumentare il flusso del potassio, cambierebbe la permeabilità, cambierebbe
anche il potenziale di equilibrio del potassio e in ultimo anche il potenziale di membrana. Se il potassio avesse
maggior impatto di quello che ha già, il valore complessivo del potenziale di membrana tenderebbe
maggiormente al potenziale di equilibrio del potassio (-94mV) quindi sarebbe più negativo (fenomeno di
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iperpolarizzazione). Se accadesse con il sodio si avrebbero valori più positivi tendenti a quello del potenziale
di equilibrio del sodio.
Per far si che il potenziale di membrana sia mantenuto nei giusti valori interviene la pompa sodio-
potassio-ATPasi che impiega energia. La pompa ha anche un ruolo diretto 3:2 in quanto vengono trasportati
2 ioni potassio all’interno e 3 ioni sodio all’esterno (vedi pag. 42). La pompa è detta elettrogenica: è in grado
di generare separazione di carica, potenziale elettrico. Ha un ruolo chimico ed elettrico.
ESPERIMENTO VIRTUALE
Per valutare il ruolo della pompa, è stato fatto un esperimento in cui è stato alterato il suo funzionamento. È
stata presa una cellula funzionante e un elettrodo che inizialmente registra il normale potenziale di membrana
di -70mV. Viene aggiunta una dose di Ouabaina (sostanza che occupa i canali al posto del potassio e li inibisce)
nel mezzo extracellulare: blocca la pompa. L’elettrodo subito segnala una variazione che si riduce (di poco) e
risulta meno negativo.
L’evoluzione delle conseguenze mostra il graduale ridursi del potenziale e la membrana tende a depolarizzarsi
(diventa più positiva): in assenza della pompa il potenziale di membrana non viene mantenuto.
L’equilibrio tra sodio e potassio si approssima a valori sempre più vicini allo zero fino ad annullarsi.
60
DISTRETTI CORPOREI
RETE CIRCOLATORIA
Ha ruolo di distribuire nutrienti, gas respiratori, segnali chimici, ormoni e altri agenti chimici legati alla
funzione di distribuzione.
Il sistema cardio circolatorio ha 2 pompe cardiache:
- una genera il gradiente di pressione per far circolare il sangue nel piccolo circolo, il circolo polmonare;
- l’altra genera le differenze di pressione consistenti per far circolare il sangue in tutti i distretti.
Il microcircolo individua l’insieme dei vasi capillari e delle arteriole presenti sul versante arterioso e su quello
venoso: si tratta dei vasi di minor calibro.
I condotti respiratori sono delle introflessioni verso l’esterno a formare delle vie aeree:
- superiori: bocca, naso, faringe
- inferiori: trachea, bronchi, vari altri condotti di minor calibro (bronchioli) e alveoli sferoidali (ve ne
sono circa 300 milioni ampiamente interfacciate coi capillari sanguigni del piccolo circolo).
La rete che avvolge gli alveoli ottimizza i processi di scambio, aumenta la superfice utile mantenendo il tutto
in uno spazio relativamente ristretto.
La superfice totale degli alveoli arriva a 70 m2 e la rete capillare polmonare fino a 100m2.
Il processo alla base degli scambi attraverso la membrana alveolo-capillare è un processo diffusivo.
Vi sono 2 compartimenti: uno è quello degli alveoli in continuità con l’aria esterna e l’altro è il compartimento
vasale. Laddove la pressione è più elevata si ha la filtrazione, mentre nel versante venoso si ha un
riassorbimento: si ha un bilancio che evita l’accumulo netto del liquido a livello tessutale
Il sangue che accede tramite le vene sistemiche all’atrio destro, poi al ventricolo destro e poi
ai polmoni è povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica. La diffusione avviene in
presenza di un gradiente di concentrazione, in questo caso di pressione parziale.
Nel caso dell’ossigeno si ha un gradiente direzionato dagli alveoli ai vasi, mentre nel caso
dell’anidride carbonica il gradiente è direzionato dal vaso all’alveolo (vedi immagine a
destra). Il gradiente indica la direzione del flusso diffusivo dall’alveolo al vaso.
In immagine è rappresentato il verso di trasporto di ossigeno e quello di anidride carbonica:
hanno direzione opposta.
L’anidride carbonica è più solubile dell’ossigeno.
che può prevedere problematiche e anomalie eventuali, alterazioni che si hanno quando uno dei parametri
viene alterato.
Ad esempio: al variare del 𝛥𝑥 (dello spessore) si ha una modificazione del flusso, un aumento della distanza
di diffusione riduce il flusso. Se si riducesse l’area superficiale si potrebbe avere una diminuzione del flusso
di ossigeno.
Nel passaggio del sangue attraverso gli alveoli polmonari la capacità di acquisizione dell’ossigeno e la
capacità di eliminazione dell’anidride carbonica è massima: nel passaggio attraverso l’area di diffusione il
sistema va all’equilibrio. La struttura delle reti capillari è tale da ottimizzare i sistemi diffusivi perché
determina un rallentamento della velocità del sangue in virtù di un’ampia ramificazione. Il sangue a
contatto con gli alveoli procede più lentamente.
La funzione della pompa cardiaca è quella di creare le differenze di pressione necessarie a determinare il flusso.
La resistenza al flusso dipende dalla lunghezza del condotto e dalla sezione. Il flusso di un umano a riposo
equivale a 5 litri al minuto, di questi:
- 0,70L vanno al cervello
- 0,20L vanno al cuore
- 1,30L passano attraverso il fegato
- 1L passa attraverso i reni
- 1L passa attraverso il muscolo scheletrico
- Il resto va alla cute e alle ossa
62
I dati sono orientativi dato che i vari distretti hanno composizioni
diverse.
La situazione cambia durante l’esercizio, la gittata cardiaca varia. In
condizioni di esercizio inteso si può arrivare anche ad un incremento
di 6-7 volte, fino a 30-35L al minuto. Gli organi maggiormente
coinvolti sono il muscolo cardiaco, muscolo scheletrico.
STRUTTURE ANATOMICHE
Arterie e vene hanno tonache:
- Tonaca interna intima, costituita dall’endotelio e dalla lamina basale,
- Tonaca media costituita da muscolatura liscia,
- Tonaca esterna avventizia costituita da tessuto connettivo in cui è contenuta la componente elastica
(utili nei processi di oscillazione e di pompa passiva): quando il cuore pompa sangue, le arterie grazie
alla componente elastica di gonfiano e ritornano (processo passivo) facendo pressione e spingendo il
flusso (pressione aggiuntiva). La componente elastica è presente e importante soprattutto nelle arterie,
minore nelle vene.
Nel caso delle arteriole lo strato muscolare costituisce la componente di resistenza; le arteriole hanno una
funzione assimilabile a valvole, manicotti utilizzate per aumentare/ridurre il flusso verso la rete capillare. Le
reti capillari quindi hanno un controllo regolativo a monte.
I capillari non hanno tonache muscolari ma solo l’endotelio e la lamina basale (parete ridotta al minimo).
Le vene hanno valvole a nido di rondine con funzione di favorire il ritorno del sangue verso il cuore contro la
gravità: i muscoli scheletrici “strizzano” le vene per favorire l’avanzamento del sangue e affinché il sangue sia
impedito nel ritorno verso il basso vi sono strutture che lo spingono nel verso opposto. Per questo motivo
stando sempre in una stessa posizione si sfavorisce la circolazione.
CAPILLARI
L’organizzazione di una rete capillare sistemica (detta anche microcircolo) è
costituita da arteriole che si diramano in piccoli vasi, i capillari. Dalle arteriole
prendono origine numerosi vasi capillari che originano reti più o meno
complesse che poi confluiscono in venule.
- Capillari arteriosi→in prossimità delle arteriole,
- Capillari venosi→in prossimità delle venule.
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I capillari quindi sono vasi piccolissimi e ospitano a volte a malapena il passaggio degli
elementi figurati. Il diametro arriva anche a 5micron. La parete è costituita da cellule
endoteliali e sono talmente piccoli che a fare da parete a volte vi è una sola singola cellula
endoteliale appiattita: essa fa emergere dal suo corpo due lamine che vanno a richiudersi
in maniera anulare (come in immagine a destra), la cellula va a comporre l’intera struttura
tubolare all’interno del quale scorre il lume.
Tra le varie cellule endoteliali che costituiscono il capillare vi stanno degli spazi attraverso cui passano le
sostanze tra compartimento vascolare e compartimento interstiziale (via paracellulare).
I capillari possono essere relativamente grandi o molto piccoli: vi sono diversi tipi.
Capillari continui→ caratterizzati dalle cellule endoteliali strettamente adese le une alle altre, con spazi
paracellulari limitati. Sono tendenzialmente in tessuti che necessitano di maggior controllo (ad esempio per il
tessuto nervoso). Essi implicano dei mediatori per i trasporti di membrana: le barriere in questo modo sono
altamente selettive (aspetto importante per, ad esempio, il sistema nervoso). I capillari del cervello hanno
endotelio continuo privo di fenestrature e assieme agli astrociti formano una efficiente barriera di diffusione
per impedire il passaggio di tossine o altre sostanze in grado di interferire con le funzioni nervose. Una
eccezione si ha in corrispondenza di una regione celebrale, la regione ipotalamica: qui i capillari sono più
permeabili, meno chiusi in quanto l’ipotalamo è una centralina di controllo della regolazione e del
mantenimento dello stato vegetativo, deve ricevere e inviare informazioni, produce e rilascia ormoni che
devono essere messi in circolo.
Capillari sinusoidi→ più permissivi attraverso cui possono passare più sostanze, le grosse proteine, cellule o
porzioni di cellule. Hanno la lamina basale discontinua, le cellule che li compongono sono abbastanza
distanziate. Questi si trovano in fegato, milza.
Capillari fenestrati→ come nel rene, nel fegato o in altre ghiandole. Oltre ad avere una lamina basale continua
hanno cellule abbastanza addossate le une alle altre. Le cellule hanno fori detti “fenestre” per potenziare il
trasferimento di sostanze nel plasma o nell’interstizio.
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Processi diffusivi nei letti capillari sistemici – gradiente di concentrazione
I processi diffusivi sono aiutati da varie condizioni, come ad esempio dalla struttura, dalla distanza tra le cellule
e la membrana (pochissimi micron mediamente): si avranno variazioni nella velocità. I processi possono essere
quindi valutati con l’equazione di Fick che descrive i processi diffusivi.
FLUSSI MASSIVI
I flussi massivi consistono nella traslocazione di un liquido tra un compartimento e un altro senza cambi
netti di volume. Sono causati dalla differenza di pressione (sia pressione idrostatica tra compartimenti che
pressione osmotica). L’equazione di flusso è definita come legge di Starling dei capillari:
si consideri un capillare costituente un vaso posto tra una arteria e una vena. Il compartimento ad alta tensione
delle arterie è in condizioni di alta pressione impartita dalla pompa cardiaca; segue un tratto in cui avviene la
filtrazione e successivamente proseguendo verso il capillare si ha la pressione osmotica anche al di sotto della
pressione osmotica di 25mm di mercurio. Il processo di filtrazione è a livello dei capillari arteriosi, mentre
il riassorbimento del liquido interstiziale a livello dei capillari venosi (evitando un accumulo netto di
liquido a livello interstiziale). La pressione è maggiore nelle vicinanze dell’arteriola.
Nel plasma vi sono soluti che non riescono a passare attraverso la membrana in quanto permeabile solo
a certe sostanze: quelle che non passano rimangono nel capillare e contribuiscono alla pressione
osmotica (si tratta tendenzialmente delle proteine plasmatiche, soprattutto albumina). Questo tipo di pressione
relativa a queste sostanze si chiama “pressione oncotica” e contribuisce a quella osmotica.
65
Analisi del modello:
Dal capillare arterioso il volume di liquido
si trasferisce nell’interstizio: processo di
filtrazione.
Per eguagliare il fenomeno si ha il processo
opposto a livello dei capillari venosi:
riassorbimento.
Non viene però riassorbito uno stesso
volume dato che quello di filtrazione
netta passa a livello linfatico in cui viene
drenato.
Ricordando l’equazione di Starling si
possono prevedere cause e conseguenze di
alterazioni: per esempio siccome il
riassorbimento dipende dalla
concentrazione di proteine plasmatiche,
una variazione di questo tipo potrebbe
compromettere il processo portando, ad esempio, alla ritenzione idrica (rigonfiamenti dei tessuti). Anche la
formazione di un trombo (un restringimento) apporterebbe ad un aumento della pressione idrostatica a livello
dei capillari e questo ostacolerebbe il riassorbimento determinando una prevalenza della filtrazione
comportando problemi.
In definitiva quindi il volume filtrato è maggiore di quello riassorbito: il volume sistemico che fuoriesce
contiene sostanze che saranno utili al distretto o dovranno essere trasportate altrove.
RENE
Le principali funzioni (spesso regolative) renali sono:
- Regolazione della pressione osmotica (tonicità) del plasma mediante l’escrezione di urina ipertonica
o ipotonica.
- Regolazione della concentrazione plasmatica di molti ioni: Na+, K+, Ca2+, Mg2+, Cl-, HCO3- , PO43-,
SO42-.
- Regolazione dell’equilibrio acido-base: escrezione di ioni H+ in caso di acidosi e di HCO3- in caso di
alcalosi.
- Regolazione del volume dei liquidi corporei (volemia) tramite il controllo dell’escrezione di sodio e
acqua.
- Regolazione della pressione arteriosa tramite controllo dell’escrezione di sodio e la produzione di
renina.
- Eliminazione di scorie azotate di origine metabolica: urea (catabolismo proteico), acido urico
(catabolismo purinico) e creatinina (metabolismo muscolare).
- Rimozione di farmaci (penicillina) e tossine.
- Produzione di alcuni ormoni (eritropoietina).
- Degradazione di alcuni ormoni polipeptidici (insulina, glucagone, ormone paratiroideo).
66
Il nefrone è costituito da un glomerulo e un tubulo ed è l’unità
funzionale del rene. Vi sono delle striature chiamate “dotti
collettori” costituiti da tubi che raccolgono l’urina proveniente dai
nefroni.
Lungo il percorso nei glomeruli (groviglio di capillari) si ha
solo sangue arterioso: l’arteriola afferente origina una rete
capillare arteriosa (il glomerulo) che confluisce in una
arteriola efferente. È una situazione diversa rispetto a quella
si un qualunque microcircolo sistemico.
A livello del glomerulo avviene della filtrazione, differente però
dalle reti capillari in quanto il riassorbimento non avviene allo
stesso modo, si hanno meccanismi diversi. Il volume filtrato è
molto più consistente.
FILTRAZIONE GLOMERULARE
L’epitelio del foglietto viscerale della capsula di Bowman e l’endotelio basale del tubulo sono in intimo
contatto: grazie ai podociti del tubulo (specializzati nell’istituire il filtro) e al fatto che
l’endotelio capillare è fenestrato, si ha una buona membrana di
filtrazione che si comporta sia da filtro meccanico (setaccio) sia da
filtro elettrostatico per l’ingresso di certe sostanze all’interno
dello spazio di Bowman.
Il “setaccio molecolare” agisce in base all’ingombro delle molecole
che devono attraversarlo e il filtro elettrostatico funziona consentendo
alle sostanze con carica positiva o neutra di passare tranquillamente a
67
differenza di quelle cariche negativamente. Le proteine a pH fisiologico hanno tendenzialmente carica negativa
netta e sono di norma grosse: non riescono a passare. Il filtrato che si raccoglie quindi prende il nome di
ULTRA FILTRATO e contiene tutte le componenti del plasma tranne le grosse proteine.
Il processo di filtrazione vede responsabili delle forze nella traslocazione del plasma dai capillari al tubulo:
FORZE DI STARLING, che lavorano sfruttando le differenze di pressione.
Sono coinvolte la pressione arteriosa e quella osmotica (compresa la pressione oncotica), riassunte nella
equazione del flusso di volume:
Non si ha riassorbimento a livello glomerulare bensì lungo il tubulo per processi attivi (vedi pag. 55)
La pressione idrostatica non subisce variazioni, si ha un piccolo aumento della pressione oncotica. Vi è una
traslocazione di acqua e soluti ma non di proteine che quindi tendono a concentrarsi.
Non avviene il processo di riassorbimento: avviene se vi è un calo progressivo della pressione idrostatica a
valori inferiori a quello della pressione oncotica.
Si può concludere che durante il percorso lungo i capillari avviene la filtrazione ma non il riassorbimeto.
Il flusso ematico glomerulare equivale a circa 1L/min di cui 600mL è plasma che viene filtrato nel tubulo
(125mL/min) che confluisce nei dotti conduttori, poi nella pelvi fino alle vie urinarie.
68
Nel flusso di sangue di 600ml, un volumetto trasloca
dal compartimento capillare allo spazio di Bowman
formando l’ultrafiltrato. Il resto del flusso prosegue
verso il percorso. Durante l’avanzamento
dell’ultrafiltrato si ha l’assorbimento (da non
confondere con quello che avviene nelle reti capillari,
processo diffusivo); è un processo attivo di soluti a
cui fa seguito per osmosi il riassorbimento
diffusivo di acqua.
PROCESSI
I principali processi di riassorbimento isosmotico nel tubulo
prossimale vedono come protagonista il sale, sfruttando il
gradiente di sodio: sul lato basale della cellula (verso
l’interstizio e verso il sangue) sono presenti le pompe deputate.
Un meccanismo di trasporto attivo secondario importante, per
esempio, è quello che permette l’acidificazione delle urine per
evitare condizioni interne di acidosi: viene riassorbito il sodio e
vengono espulsi i protoni attraverso l’urina.
Anche il bicarbonato e il glucosio vengono riassorbiti con efficienza, il 90% del glucosio (e anche di più di
bicarbonato) vengono recuperati. In condizioni normali i due non si riscontrano nelle urine, non vengono
eliminati (salvo patologie).
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Nel caso dell’urea, prodotto del catabolismo proteico, essa rappresenta la
principale molecola di escrezione dell’azoto, prodotto di scarto. Non
completamente va eliminata: solo una metà di quella filtrata viene eliminata,
il resto viene riassorbita. Il riciclo è funzionale al processo di concentrazione
di urina: riciclare urea serve a recuperare acqua. Anche il cloruro di sodio
è importante in quanto genera un gradiente.
OSMOLARITA’
A livello dello spazio del Bowman si avrà una situazione
isosmotica: l’osmolarità del plasma è uguale a quella
dell’ultrafiltrato (300mOsm/L).
Andando più in profondità verso l’ansa di Henle, nella zona apicale
si ha del liquido interno altamente iperosmotico rispetto al plasma
(1200mOsm/L).
In uscita dall’ansa di Henle, nel tubulo distale, si ha il liquido
iposmotico: all’interno del tubulo la preurina è più diluita rispetto
al plasma dato che durante il percorso avviene il processo di
separazione tra acqua e soluti.
Lungo il dotto collettore invece si ha l’urina più o meno concentrata
(di solito è molto concentrata)
RELAZIONE STRUTTURA-FUNZIONE
La particolare conformazione ad U, la struttura dell’ansa di Henle, ha un importante
ruolo funzionale ed è importante al mantenimento del gradiente e alla continua
rimozione di acqua. I processi di trasporto lungo l’ansa di Henle sono all’origine della
concentrazione di soluti nell’interstizio della midollare. Vi è un importante processo
attivo di riassorbimento a livello dell’ansa, ma non segue quello dell’acqua in quanto
la parete del tratto ascendente è impermeabile all’acqua, a differenza del tratto
discendente.
La disposizione ad U è alla base del processo detto “moltiplicazione contro corrente”:
consente di amplificare le conseguenze di afflusso di soluti nei livelli successivi
portando all’accumulo di soluti nella parte più profonda della midollare (per
questo l’osmolarità cresce proseguendo).
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TRASPORTO NELLA BRANCA ASCENDENTE DELL’ANSA DI HENLE
Vi è un trasportatore importante che gestisce il trasporto di vari soluti: sistema NKCC (sodio, potassio, cloro)
che per ogni ciclo trasferisce dal lume verso il plasma 2 clori, un potassio e un sodio. Il meccanismo è di
trasporto attivo secondario: il gradiente di sodio è la fonte di energia che rimanda alla pompa sodio potassio
ATP-asi. La parete del tubulo è impermeabile all’acqua: il trasporto di soluti non è seguito dall’acqua e vi
sono poche AQP. In uscita dalla branca ascendente la preurina è iposmotica rispetto al plasma (anche a
100mOsm). Se l’urina in uscita fosse ancora isosmotica il sistema di regolazione finale della concentrazione
dell’urina potrebbe operare solo incrementando la concentrazione, ma grazie al meccanismo presente il sistema
di regolazione è in grado di produrre urina definitiva sia iperosmotica che iposmotica a seconda delle
condizioni dell’organismo.
Il nefrone si distribuisce nella midollare e nella corticale. Il gradiente osmotico si istituisce sull’asse midollare
corticale; si ha correlazione tra la lunghezza dell’ansa di Henle e la concentrazione dell’urina.
Il valore di osmolarità arriva fino a 1200mOsm (circa 3 volte il normale).
Mentre nella zona corticale le condizioni sono isosmotiche, nel tratto distale la preurina è diluita. Il liquido
ipotonico viene riversato nel dotto collettore e l’urina scende verso la pelvi.
71
Il dotto collettore contiene un liquido ipotonico che attraversa la midollare che è ipertonica: si crea un gradiente
osmotico notevole che è chiamato “orizzontale”.
L’acqua passa dall’interno del dotto collettore all’interstizio e viene definitivamente riassorbita. L’urina
viene eliminata più o meno concentrata in base alle condizioni e alle necessità. Giornalmente i reni umani
filtrano 180L di acqua (circa 1,5L vengono espulsi).
Urina umana
- 95% acqua;
- 2,5% urea (acido urico),
- creatinina,
- sali
- altri composti endogeni ed esogeni
PERMEABILITA’ DELL’ACQUA
La presenza di AQP è in parte regolata da segnali ormonali: la permeabilità dell’acqua può variare e accade
in primis in base all’ormone antidiuretico ADH. I mercuriali invece sono agenti diuretici e bloccano le AQP
impedendo il passaggio di acqua.
Il meccanismo d’azione dell’ADH segue un circuito di regolazione: l’ipotalamo riceve informazioni
sull’osmolarità del plasma e gli osmocettori dell’ipotalamo valutano la tonicità del plasma; il set point è pari a
300 mOsm perciò se viene registrato un altro valore si va a rimediare.
L’ADH diffonderà assieme al sangue in tutti i distretti corporei ma solo a livello della parete della membrana
vaso laterale delle cellule epiteliali della parete del dotto collettore (a livello
renale) vi sono i recettori molecolari in grado di riconoscere e legare l’ormone
antidiuretico: proteine di superfice accoppiate a proteine G.
72
La reazione è facilitata dal fatto che la produzione di AMP ciclico è accompagnata dal distacco di una unità di
pirofosfato (che può essere ulteriormente idrolizzato grazie alla pirofosfatasi in una reazione altamente
esoergonica).
Aumentare la presenza di AQP significa aumentare la permeabilità e quindi aumentare il flusso osmotico che
è rivolto nella direzione che segue il percorso: preurina → liquido interstiziale→circolazione (capillari venosi
attorno al tubulo, dotto collettore).
La possibilità di modulazione può svolgersi in entrambe le direzioni: riducendo la permeabilità di
membrana è possibile eliminare urina più diluita.
I reni hanno quindi la capacità di regolare l’osmolarità plasmatica eliminando urina
ipotonica/ipertonica/isotonica in base al bisogno (di solito è più concentrata del plasma di circa 3 volte)
A seguito del processo di filtrazione si ha il liquido filtrato che viene avviato lungo il
percorso attraverso il tubulo renale in cui avvengono processi di riassorbimento di soluti
e acqua; possono essere anche processi di secrezione che aumentano l’immissione di
soluti all’interno dell’urina in formazione. Per ogni sostanza si può risalire alla quantità
escreta seguendo l’operazione:
73
Il destino di varie sostanze è riassunto in tabella. Un deficit della produzione di ormone antidiuretico può
portare ad una alterazione della gestione dell’equilibrio idrico salino: diabete insipido (“diabete” non identifica
solo un problema a livello del glucosio).
74
FLUSSI CHIMICO ELETTRICI
In natura i trasferimenti di carica sono associati ai trasferimenti di materia, le cariche viaggiano con gli
ioni: bisogna considerare la quantità di carica trasferita per mole di sostanza carica (sodio, potassio, cloro che
sia).
I, il flusso di corrente, dipende dal flusso di ioni J per la quantità di carica F ad essi associata per mole di
sostanza:
Alcuni dati:
Bisogna cercare di costruire un modello di circuito elettrico che sia adattabile alle membrane biologiche.
PROPRIETA’ DI MEMBRANA
1. RESISTENZA – CONDUTTANZA, variabili riconducibili alla stessa proprietà passiva di membrana.
CIRCUITO RESISTIVO
Per costruire un modellino di questo tipo bisogna considerare la presenza di una fonte elettromotrice, dei
conduttori, e un elemento di resistenza inserito nel circuito. Con un interruttore si decide quando avviare:
quando si accende si attiva un flusso di corrente I attraverso il circuito e passa attraverso l’elemento di
𝑉
resistenza. L’equazione che descrive il tutto è la legge di Ohm (𝐼 = 𝑅 ). La resistenza dissipa la corrente
trasformandola in calore.
- I conduttori sono rappresentati dalle soluzioni elettrolitiche (liquidi intra ed extra cellulari)
- Gli elementi di resistenza sono rappresentati dai canali ionici
75
Alcune formule da ricordare sono:
È conveniente utilizzare per lo studio biologico la conduttanza perché è più intuitiva (la resistenza, al contrario,
si oppone al flusso).
Nelle membrane gli elementi di conduttanza sono disposti in parallelo e contribuiscono ad aumentare la
capacità di membrana di condurre carica elettrica da un versante all’altro.
La permeabilità corrisponde alla situazione che giustifica l’aumento di conduttanza grazie alla
disposizione in parallelo. Più numerosi sono i canali per gli ioni maggiore sarà l’intensità del flusso di corrente
(flusso di ioni) attraverso la membrana.
La conduttanza dipende anche dal voltaggio, la permeabilità è solo una situazione della membrana e non ha a
che fare con la differenza di potenziale elettrico.
CONDENSATORE
Consideriamo un condensatore che ha una certa capacità. Quando viene fatta circolare corrente nel circuito il
condensatore si carica: la corrente è detta capacitiva ed è presente quando varia il voltaggio, quando vi è
differenza di potenziale. La corrente capacitiva quindi è proporzionale al tasso di variazione del voltaggio ed
è regolata dalla capacità del condensatore.
76
Le formule da ricordare sono:
, quantità di carica
.
Si può poi introdurre un’altra grandezza:
È detta capacità di membrana biologica la capacità specifica che si aggira intorno ad 1𝜇F/cm2.
Si ottiene la corrente capacitiva, direttamente proporzionale al tasso di variazione del potenziale e alla
capacità del condensatore.
Questa corrente è diversa da quella ionica. Non avviene un passaggio fisico, la corrente fluisce per
induzione di carica.
77
MODELLO ELETTRICO: elementi di resistenza e capacità
Considerando le due componenti (resistenza/conduttanza e capacità) si ha un CIRCUITO RC,
equivalente della membrana cellulare. La resistenza e la capacità sono in parallelo.
Come prima cosa si ha solo corrente capacitiva e a mano a mano che il condensatore si carica la corrente
capacitiva diminuisce mentre incrementa quella resistiva. Quando il condensatore sarà carico la capacità
sarà saturata e la corrente sarà esclusivamente resistiva e fluirà tramite le resistenze.
Al potenziale di membrana contribuiscono principalmente gli ioni sodio e potassio (soprattutto) e un po’ anche
il cloro. Vi è poi un altro importante fattore che contribuisce: la pompa sodio potassio ATP-asi (mediatore di
trasporto di membrana di tipo elettrogenico, in grado di generare una separazione di carica).
Gli elementi di resistenza del circuito del potassio sono rappresentati dalla popolazione di canali passivi del
potassio presenti nella membrana, il potassio ha una propria batteria: il potenziale di equilibrio del potassio
che dipende dalla differenza di concentrazione dello ione.
Anche il sodio ha una batteria e corrisponde alla differenza di potenziale di equilibrio del sodio e la resistenza
è determinata dal numero di canali specifici per gli ioni sodio disponibili sulla membrana (meno rispetto al
potassio).
La distribuzione degli ioni cloro invece varia in base al potenziale di membrana (è più una conseguenza che
altro): se rimane stazionario e costante non vi è flusso di ioni cloro.
Sodio e potassio hanno direzioni opposte.
e sono rappresentate le leggi di Ohm adattate alle correnti ioniche. La corrente è proporzionale alla forza
motrice degli ioni. Le correnti sono proporzionali alla conduttanza.
78
ESPERIMENTI: Current-clamp
A seguito sono trattati esperimenti che applicano impulsi di corrente e vanno a registrare le variazioni di
potenziale di membrana.
Si utilizzano cellule vive di utile dimensione e andranno poi equipaggiate con dispositivi. Per registrare il
valore di potenziale si usa un micro elettrodo collegato ad un voltmetro e si misura il potenziale di membrana
in condizioni di riposo e poi si registrano le eventuali variazioni. Un altro micro elettrodo serve per iniettare e
somministrare una determinata dose di corrente alla cellula. Questo secondo micro elettrodo è collegato ad una
fonte di corrente della quale si può decidere il valore e il tempo di permanenza. Si può decidere se
somministrare una corrente entrante oppure una corrente uscente.
79
Se invece la corrente fosse entrante si avrebbero delle variazioni del potenziale di membrana analoghe ma nel
verso opposto.
Quando viene somministrato uno stimolo esso fa circolare una corrente entrante nella cellula e in natura gli
stimoli (sollecitazioni di vario tipo) consistono nella depolarizzazione delle cellule. Se lo stimolo non
raggiunge la soglia (punto instabile) avvengono delle piccole depolarizzazioni che non hanno molto
significato. Quando la soglia viene raggiunta la situazione cambia in quanto vengono aperti i canali (con un
meccanismo di feed back positivo) e si ha un incremento progressivo della conduttanza di membrana e si
assiste ad una rapida depolarizzazione fino a valori invertiti (l’interno diventa positivo rispetto
all’esterno). L’apice del potenziale di azione si colloca prima del valore di potenziale di equilibrio del sodio.
Segue poi una fase di discesa verso il potenziale di riposo.
In contemporanea si ha l’aumento della corrente di potassio, una corrente uscente che ripolarizza la membrana.
80
Il potassio transitoriamente dà luogo ad una
iperpolarizzazione verso valori più negativi: questa
fase di iperpolarizzazione transitoria è dovuta al tempo
necessario affinché i canali del potassio possano
richiudersi e tornare nella loro condizione di partenza. In
questo tempo il potassio riesce a spostare il potenziale di
membrana verso il valore del potenziale di equilibrio del
potassio, più negativo rispetto a quello di riposo (il
potenziale di equilibrio del potassio è circa -94mV).
Quando poi tutti i canali si sono chiusi la membrana si
ritrova con soltanto i canali passivi: si ristabilisce l'equilibrio tra la corrente entrante di sodio e quella uscente
di potassio. La corrente netta torna ad essere 0.
I canali del sodio hanno una cinetica più rapida del potassio.
C’è un momento in cui il potassio sembra portare il potenziale verso la sua posizione: potenziale postumo,
una iperpolarizzazione rispetto alla posizione di riposo della membrana. In questo lasso di tempo vi sono
ancora tanti canali del potassio aperti quindi la sua corrente prevale su quella del sodio.
Vi possono essere delle deviazioni del potenziale d’azione a seconda dei tipi cellulari che lo generano.
Soprattutto per le cellule nervose e muscolari questo processo propagabile è utilizzato per trasferire
comunicazioni ma ha un limite: funziona bene qualitativamente ma non quantitativamente. Il segnale non è
modificabile in ampiezza. I neuroni risolvono il problema variando e modulando la frequenza di scarica
del neurone.
ESPERIMENTO: Voltage-Clamp
A.L. Hodgkin e A.F. Huxley nel secondo scorso ipotizzarono una teoria riguardo questo processo (nobel nel
1963). I due fisiologi e biofisici scrissero articoli in cui esplicavano le loro teorie che sono tutt’ora valide: si
basavano sul comportamento elettrico delle membrane e fecero misurazioni (poco ne sapevano sulle membrane
e non sapevano dei canali).
Partirono dal calamaro (Loligo pealeii) per ottenere un modello di neurone da studiare. L’animale ha gangli in
cui affluiscono informazioni dall’ambiente esterno; i gangli hanno pochi neuroni ma sono molto grossi (gli
assoni sono circa 1 migliaio di volte più grandi rispetto a quelli dei mammiferi).
La condizioni create erano quelle riconducibili a quelle dei mammiferi (ad esempio le concentrazioni ioniche).
Anche in questo caso il potenziale d’azione ha le caratteristiche sopra descritte: fase di ascesa, fase di
ripolarizzazione, potenziale postumo poi ritorno alle condizioni di riposo.
Già da prima dall’esperimento con il calamaro si poteva registrare un incremento di conduttanza di membrana:
si aveva già concluso che il potenziale d’azione era prodotto da una variazione di conduttanza di membrana.
I due scienziati applicarono una particolare tecnica detta “voltage-clmap” (blocco del voltaggio) per studiare
le variazioni di conduttanza della membrana durante il PA per chiarire le basi ioniche del fenomeno. Il loro
intento fu quello di misurare le correnti ioniche in funzione del potenziale di membrana e del tempo.
Lo scopo era quindi quello di scegliere dei precisi valori di potenziale e studiarne la corrente relativa.
La tecnica si rivelò utile e si concluse che il circuito migliore a rappresentare al meglio la membrana è, come
già detto, un circuito RC (resistenza-capacità).
Problemi affrontati
1. Ogni volta che il potenziale varia si ha a che fare con la corrente capacitiva e se il potenziale di azione è
una variazione del potenziale di membrana la componente capacitiva sovrasterà in ogni punto quella
resistiva. Il blocco del voltaggio impedisce la variazione del voltaggio e il potenziale non varia perciò non
si ha corrente capacitiva. Con questo approcciò fu possibile registrare i valori della corrente.
2. Interessava individuare quali ioni fossero coinvolti: era necessario isolare le componenti ioniche. Con il
metodo del blocco del voltaggio era possibile eliminare la componente capacitiva studiando quella
ionica e fu possibile studiare anche singolarmente le componenti dei singoli ioni (soprattutto sodio e
potassio).
L’approccio minimo è quello di impostare il potenziale di membrana in corrispondenza del potenziale di
equilibrio dello ione in questione, vedendo isolata la corrente relativa.
81
FUNZIONAMENTO del blocco di voltaggio
È possibile trasferire in vitro un segmento del grande assone nel neurone del calamaro. In vitro devono esserci
le condizioni dell’acqua marina, habitat del calamaro. L’acqua marina ha una concentrazione dei principali
ioni che equivale all’incirca al mezzo interno dell’animale. Bisogna conoscere il potenziale di membrana: basta
inserire un elettrodo metallico all’interno dell’assone affinché lo registri. L’obiettivo però è quello di imporre
un valore, detto potenziale di comando: serve un secondo dispositivo. I due poi vengono collegati ad un
amplificatore potenziale, un generatore di corrente che verrà attivato solo quando i due valori sono diversi, se
sono uguali il generatore di corrente non agirà (come un termostato). Tutto ciò è riconducibile al meccanismo
del feedback negativo.
L’operazione prosegue poi con il registrare la corrente che ne consegue.
L’esperimento più banale è quello di depolarizzare e osservare le conseguenze; correnti iperpolarizzanti
hanno conseguenze Ohmiche, lineari. Interessa invece l’eccitabilità andando a superare la soglia di
depolarizzazione, non iperpolarizzando.
Un valore di depolarizzazione poi può essere mantenuto costante grazie al macchinario e in tal caso si vede il
profilo della corrente che vi circola.
Per convenzione gli scienziati decisero di rappresentare le correnti uscenti nel quadrante positivo mentre quelle
entranti del quadrante negativo: ciò ha a che vedere col fatto che nel sistema a feedback negativo quello che si
registra sono le correnti di segno opposto rispetto alle correnti effettivamente coinvolte nel sostenere il
potenziale di membrana. La corrente in condizioni di riposo (cioè -65mV nel calamaro) ha valore 0.
Iniziando l’esperimento e passando da -65mV a -10mV (depolarizzazione di 55mV) si ha un rapido
impulso di corrente uscente transitoria estremamente rapida meglio rappresentabile in una scala di
microsecondi: si tratta della corrente capacitiva.
Successivamente la corrente è resistiva ionica e fluisce attraverso i resistori: si ha una corrente entrante
iniziale transitoria, rapida che poi successivamente torna a 0 e poi compare una corrente uscente con
decorso più lento. Nel grafico sottostante è rappresentata questa situazione.
La corrente ionica entrante è attribuibile al sodio che entra nelle cellule, responsabile della fase di ascesa; la
corrente uscente è attribuibile al potassio, è tardiva e non transitoria, si verifica quando quella entrante è
esaurita e intanto i canali per il potassio si sono aperti.
82
Analisi del grafico: le curve rappresentano le registrazioni delle correnti a diversi valori di potenziale.
Impostando per esempio un valore di
potenziale di membrana pari a -85mV
si ha una iperpolarizzazione e ci si
aspetta una ridistribuzione delle
correnti su base passiva. Se si imposta
a -35mV compare una componente
entrante (sodio) e poi una tardiva
uscente (potassio) e la cosa è sempre
più evidente a valori vicini ad una
depolarizzazione, soprattutto se il
potenziale di membrana assume valori
positivi e la corrente del sodio inizierà
a ridursi e i canali del sodio saranno
tutti aperti. Aumentando la depolarizzazione infatti ci si avvicina al potenziale di equilibrio del sodio e si
riduce la forza motrice e vale il contrario per il potassio.
A +52mV si ha il potenziale di equilibrio del sodio, compare la corrente precoce: il flusso del sodio è pari a 0
e si avrà solo il flusso del potassio. Se il potenziale viene portato ad un valore oltre i +52mV la corrente del
sodio si inverte, la forza elettrica ha il sopravvento sulla forza spingente diffusiva e si ha una corrente precoce
uscente, non è transitoria e ci si allontana ancora di più dal valore di equilibrio del potassio e la sua ampiezza
di corrente aumenta.
Come fecero a capire a quale ione attribuire quale tipo di corrente entrante precoce transitoria?
La corrente di sodio è basata sul flusso di sodio che è orientato dal gradiente di sodio. Siccome si poteva
accedere alla soluzione extracellulare, questa venne manipolata.
Le condizioni normali del liquido extracellulare consistevano in una concentrazione del sodio pari a 460mM
con una corrente entrante di sodio e una uscente di potassio.
Le condizioni manipolate del liquido extracellulare consistevano in sodio assente rimpiazzato con colina a
460mM (non basta rimuovere il sodio, bisogna rimpiazzarlo con una sostanza che non vada a scompensare il
sistema osmotico) che, date le sue dimensioni maggiori, non poteva attraversare la membrana, quindi lo
sostituiva dal punto di vista osmotico ma non elettrico.
A questo punto non si ebbe la componente entrante precoce bensì solo una piccola uscente (come previsto). È
per questo che gli scienziati riuscirono a capire a quale ione attribuire la fase transitoria entrante precoce della
corrente di membrana.
83
Come già detto le cellule non eccitabili si comportano come circuiti a resistenza costante, non accade nulla che
porti a modificazioni di conduttanza di membrana.
Per mettere in pratica un modello matematico per simulare un PA come quello di membrana a seguito degli
esperimenti Voltaggio-clamp, vennero utilizzate le equazioni:
e venne anche stilato un grafico riguardante la dipendenza della conduttanza dal potenziale. La pendenza dei
due è simile: la conduttanza è bassa a valori bassi di potenziale, quando poi la depolarizzazione inizia a crescere
anche la conduttanza cresce e poi si appiattisce a valori di potenziale positivi. Si ha un grafico a S. L’attivazione
della conduttanza dei due ioni è simile.
Gli effetti però e la sequenza degli eventi derivanti dai due ioni sono diversi. Venne stilato lo stesso tipo di
grafico anche in relazione al tempo. Anche in questo caso le risposte si riscontravano in grafici a S. Nel caso
del sodio però che ha una corrente più rapida del potassio bisogna ampliare la scala. La corrente del sodio si
produce più precocemente e ripidamente. In presenza del blocco voltaggio la conduttanza del sodio
raggiunge rapidamente un massimo poi torna a 0 (decadimento esponenziale); la conduttanza del
potassio aumenta poi si stabilisce fin quando il potenziale non cambia.
84
MODELLO CINETICO PER LE VARIAZIONI DI CONDUTTANZA DEGLI IONI
Immaginando una membrana contenente i due tipi di canali, consideriamola a riposo e in tempi diversi. Per
descrivere la fase di attivazione e quella di inattivazione dei canali per il sodio vengono coinvolti dei gate,
strutture che possono aprirsi o chiudersi, consentendo o impedendo il flusso di ioni (0=chiuso, 1=aperto).
Il sodio deve avere 2 particelle in quanto ha una conduttanza che prima cresce poi decresce, mentre
invece il potassio necessita di solo 1 particella dato che la corrente rimane costante attorno ad un valore
e non decresce (quindi il suo canale non si chiude, rimane aperto) fin quando il potenziale non varia.
m→ gate di attivazione del sodio
h→ gate di inattivazione del sodio
n→ gate del potassio
A RIPOSO
Si ha solo corrente scaturita dai canali passivi degli ioni, i canali voltaggio dipendenti sono chiusi.
IN DEPOLARIZZAZIONE
In un primo momento si apre m, n invece è ancora chiusa: la corrente che circola è solo quella del sodio. Dopo
qualche secondo interviene h e contemporaneamente n: i due si attivano, la corrente di sodio è bloccata e si
avvia quella del potassio.
Le varie modificazioni delle porte di questo modello erano concepite come modificazioni di primo ordine (che
avvenivano in un solo step). Un processo di primo ordine è descritto da una legge esponenziale. In realtà non
è così dato che (vedi grafico a pag84) il grafico è a S, non esponenziale.
Quindi le variazioni di conduttanza sono descritte da equazioni di potenza: bisognava elevare ad un certo
esponente le equazioni relative a modificazioni di primo ordine. Per il sodio fu trovato necessario elevare
all’esponente 3, per il potassio 4.
85
CARATTERISTICHE DEI CANALI DEL POTASSIO
La situazione per i canali del potassio è semplice. Si hanno:
- Canali chiusi che rimangono tali con un potenziale d’azione tra -70mV e +30mV.
- Canali aperti con un potenziale d’azione tra +30mV e -80mV.
Condizioni possibili:
- canale chiuso in condizione di riposo → palla che pende nell'interno della cellula;
- canale aperto dopo la depolarizzazione→ rende disponibile il suo interno per alloggiare la palla che
può causare l'inattivazione.
86
Analisi dei grafici:
Per quanto riguarda il sodio se la particella m avesse portato
all’attivazione del canale in un solo step (modificazione di primo
ordine) avrebbe avuto un andamento esponenziale (linea
tratteggiata chiara). Considerando però l’elevazione
all’esponente 3, si ottiene un grafico a S corretto (linea
tratteggiata scura). Per la particella h di inattivazione invece si
può utilizzare un modello di primo ordine.
Per quanto riguarda il potassio invece il discorso è analogo.
Immaginandosi 3 gate per il sodio e 4 per il potassio, i canali
saranno fruibili quando tutte le gate sono aperte.
CONCLUSIONI DELL’ESPERIMENTO
87
PROSEGUO DELL’ESPERIMENTO: Patch-clamp
Una trentina di anni dopo la tecnica di Voltage-clamp subì un miglioramento. Prima vennero misurate le
correnti specifiche che fluivano in una ampia superfice della membrana del calamaro, ma volendolo fare ad
una singola cellula del sistema nervoso risultava difficile.
Successivamente ci si chiese se fosse possibile misurare le correnti generate attraverso un qualsiasi altro
singolo canale. Venne introdotta una nuova tecnica chiamata “Patch clamp” che applicava il blocco voltaggio
in una piccola porzione della membrana cellulare. Vennero costruiti elettrodi, pipette di vetro (capillari),
poi appoggiate alla membrana della cellula isolando all’interno del foro di apertura un piccolo tratto di
membrana; ciò che si ottenne furono due condizioni:
- Isolare un settore ristretto (fino a 1 micron) con pochi canali di un certo tipo,
- Saldare i capillari alla membrana in modo tale da generare una resistenza al punto di contatto
impedendo fughe di correnti verso l’esterno.
Fu possibile quindi isolare anche singoli canali. Le correnti di singoli canali hanno forma diversa rispetto
alla corrente macroscopica solitamente considerata.
Le correnti singole hanno proprietà tutte o nulla che rispecchiano le due condizioni che interessano un
canale chiuso/aperto (che lascia passare una quantità nulla/massima di corrente).
La corrente quindi varia da 0 alla corrente massima, non c’è una modificazione continua della corrente.
Facendo una media di tutte le registrazioni si otterrebbero valori paragonabili a quelli delle correnti
macroscopiche considerate dai due scienziati che utilizzavano il blocco voltaggio su una popolazione di canali.
Si cercò di scoprire la distribuzione di probabilità di apertura dei canali e si associò alla variazione di potenziale
di membrana.
88
STRUTTURA SECONDARIA DEI CANALI VOLTAGGIO DIPENDENTI
I canali hanno moduli, domini di proteine
altamente conservati.
I canali del sodio e del calcio sono proteine
monomeriche costituite da una singola
proteina con 4 domini simili, ciascuno con 6
tratti ad alfa elica uniti da anse; vi sono in
particolare alcune porzioni molto importanti come
l’alfa elica S4, responsabile della voltaggio-
dipendenza, sensore del canale che determina
le variazioni nel canale (transizione tra stato
chiuso e aperto) grazie alla percezione del
voltaggio.
Il canale del potassio è una proteina tetramerica
costituita da 4 domini ciascuno dei quali
corrisponde ad un singolo dominio del canale del
sodio o del calcio.
La proteina si dispone a formare un poro centrale: i
componenti proteici si dispongono attorno ad un
poro acquoso centrale.
Per essere funzionanti nel caso del sodio e del calcio basta una proteina, per il potassio si devono assemblare
le 4 proteine; questo fa pensare che quello del potassio sia il capostipite e gli altri si siano formati per fusione
delle singole subunità.
L’elica S4 è presente in ogni dominio ed è una struttura altamente conservata ricca di cariche positive fisse
esposte dagli amminoacidi che costituiscono la sequenza proteica. Ciò la porta a spostarsi in base al campo
elettrico.
89
Meccanismi ipotetici di risposta dei sensori di voltaggio
1. Modello dell’elica scorrevole.
In condizioni di riposo il canale è chiuso e l’elica tende ad essere
all’interno della cellula in cui c’è un eccesso di carica negativa;
risente dell'attrazione elettrostatica. L’eccesso di carica negativa
diminuisce con la depolarizzazione, diventa più positivo e provoca
repulsione su questa elica, che si orienterà verso l’esterno. Lo
spostamento indotto dal campo elettrico genera tensioni e stiramento
su altre porzioni della proteina determinando l’apertura.
90
Venne poi svolto un altro importante esperimento che confermò l’ipotesi palla e catena per l’inattivazione.
Analisi del grafico:
Per il canale di Drosophila normale non mutato
(viola) si vede che quando la membrana viene
depolarizzata vi è una corrente uscente positiva
di potassio che raggiunge un massimo e poi
torna ad inattivarsi: comportamento del tutto
sovrapponibile a quello che vediamo nelle
cellule del calamaro e nei mammiferi per il
sodio.
Per il canale K-V mutato dei moscerini
“agitati” (verde) è mostrata solo la componente
di attivazione, la corrente rimane al suo
massimo valore e non c’è inattivazione.
L’esperimento consiste nell’andare a riprodurre artificialmente il segmento palla e catena nel gene mutato di
Drosophila: lo si mette semplicemente nel mezzo in cui è immersa la cellula che si sta studiando e, studiando
il comportamento della membrana sottoposta a depolarizzazione, si nota che quei moscerini con un canale
mutante, recuperano in parte la componente di inattivazione.
L’inattivazione del canale perdura fintanto che il potenziale di membrana non torna alle condizioni di
riposo assumendo valori negativi all’interno. Quando ciò avviene la conformazione della proteina canale
cambia nuovamente in modo tale da determinare l’esclusione della particella di inattivazione, il canale torna
nella posizione chiusa suscettibile in grado di aprirsi nuovamente.
Questo intervallo di tempo che coincide con lo stato di inattivazione dei canali del sodio e con la condizione
dei canali del potassio non ancora completamente aperti, individua il così detto periodo di refrattarietà
assoluta in cui la membrana non risponde a stimoli di questo tipo.
A questo periodo di refrattarietà assoluta segue un periodo di refrattarietà relativa: la membrana diventa
nuovamente eccitabile ma in condizione ridotte rispetto alle condizioni iniziali a riposo.
Durante la fase di eccitamento vi è un ripido incremento della conduttanza di sodio che si blocca quando i
canali si inattivano. Bisogna aspettare che la conduttanza del sodio diventi sostanzialmente 0 e il potenziale di
membrana torni in prossimità di – 70mV. In questa fase la conduttanza del potassio (corrente uscente) è ancora
molto sostenuta e ciò limita le condizioni di eccitabilità della membrana perché in questo periodo di tempo la
soglia di eccitabilità aumenta (il potenziale di membrana diventa più negativo di -70mV), pertanto per
raggiungere la soglia bisogna dare una depolarizzazione maggiore per poterla indurre ad eccitazione.
91
SISTEMA NERVOSO
Prendiamo ora come esempio un MOTONEURONE: cellula nervosa con corpo cellulare nel midollo spinale
e che percorrere distanze considerevoli, fino a raggiungere i muscoli. Le sue dimensioni arrivano fino a decine
di centimetri.
Un tipico motoneurone è costituito da differenti compartimentazioni funzionali.
• AREA DI RECEZIONE: il corpo cellulare e i dendriti costituiscono l’area di recezione del segnale
da altri neuroni. Qui vengono generate le risposte elettriche. Viene recepita la soglia di eccitazione per
generare PA.
• AREA DI INTEGRAZIONE: i vari input devono essere confrontati nel cono di emergenza
dell’assone che dispone di una membrana particolarmente suscettibile all'eccitazione. A livello di
questa zona la soglia di eccitazione è più bassa. È una zona trigger di integrazione dei segnali
confrontati poi con la soglia di eccitazione. Qui si forma il PA come risposta del neurone.
• AREA DI CONDUZIONE DEL SEGNALE: la mielina riveste l’assone e il PA si propaga per la
fibra nervosa.
• AREA DI TRASMISSIONE DEL SEGNALE: la parte terminale di contatto con altre cellule, ad
esempio cellule muscolari.
92
Circuiti dei comportamenti riflessi – situazione di pericolo
In questi circuiti compaiono le 3 categorie appena descritte.
I neuroni sensoriali hanno un riflesso di retrazione in presenza di un oggetto
pericoloso: lo stimolo viene trasdotto nella generazione di segnali elettrici. In
questo modo il sistema nervoso affronta il problema con le giuste risposte.
Le terminazioni del neurone sensoriale trasferiscono informazioni ai neuroni
residenti nel SNC, gli interneuroni, che si trovano nell’SNC per intero.
Quest’ultimi ricevono sinapticamente delle informazioni che traducono in segnali
elettrici poi condotti lungo i loro corti assoni. La risposta viene poi condotta ai
motoneuroni che la portano agli organi.
Il PA nel motoneurone viene generato e prosegue fino agli effettori che mettono in
atto la risposta: retrazione dell’arto dalla fonte dello stimolo pericoloso.
Si parla di riflessi dato che la porzione del SNC in questione funziona come uno
specchio e riflette il segnale.
Un altro esempio rappresentativo è un cavo sottomarino, cavo comune fatto da un conduttore metallico avvolto
da una guaina isolante immersa nell’acqua marina. Per determinare lo schema elettrico inizialmente
consideriamo principalmente gli elementi di resistenza (che identificano la bontà dell’isolante). In un cavo
utilizzato in tecnologia l’elemento passivo più importante da considerare è la resistenza di membrana.
93
Invece se consideriamo l’assone, oltre a considerare la resistenza di membrana opposta al flusso di corrente
dalla membrana plasmatica, bisogna anche considerare la resistenza interna: infatti le correnti elettrotoniche
che si spostano all’interno dell’assone non possono essere trascurate.
Quindi nel caso degli assoni dovremmo considerare la resistenza transmembrana e anche la resistenza
dell’assoplasma (opposta al flusso di corrente di ioni).
Per essere completi, sapendo che il circuito che meglio descrive la membrana dal punto di vista elettrico è un
circuito RC in cui abbiamo in parallelo gli elementi resistivi e la capacità, dovremmo aggiungere le varie
componenti (ma nel caso della capacità volendo possiamo evitarlo in quanto è trascurabile).
94
A DISTANZA CRESCENTE
Nel punto di iniezione la depolarizzazione ha l’ampiezza massima, la piegatura nella fase di sviluppo del
potenziale è dovuta alla capacità di membrana, non si ha subito corrente massima perché la corrente va subito
a far parte della capacità.
Si ha quindi una differenza di potenziale massima e poi, allontanandosi, l'elettrodo mostra un potenziale di
ampiezza minore perché la corrente ha incontrato le resistenze del circuito equivalente e diminuisce sempre
più. Ad una certa distanza si trova un limite oltre il quale la corrente è del tutto annullata e non c’è alcuna
depolarizzazione.
La propagazione del segnale avviene a distanza limitata e inoltre si modifica l'ampiezza quindi
l'informazione associata a questo segnale.
Questo comportamento elettronico potrebbe andare bene per la propagazione di tipo passivo utilizzato da
alcune cellule con assoni estremamente ridotti, assoni di neuroni centrali di pochi micron: in questo caso il
potenziale elettrotonico può essere efficace. La maggior parte dei neuroni che si sviluppano su distanze elevate
invece non possono usare segnali elettronici di questo tipo. Ogni fibra ha una distanza di conduzione, una
capacità, in funzione di questi limiti spaziali.
Ogni membrana ha una costante di spazio (distanza) alla quale questi segnali possono arrivare senza essere
completamente indeboliti.
La distanza di conduzione è inversamente proporzionale alla resistenza interna e proporzionale alla resistenza
di membrana perché limita la dissipazione.
La resistenza interna è riferibile alla seconda legge di Ohm → Resistenza proporzionale alla lunghezza
(maggiore è la distanza, maggiore sarà la resistenza) e inversamente proporzionale all’area di superficie della
sezione trasversa del conduttore. Rho è la costante di resistività che dipende dal conduttore: ρ=Resistività del
conduttore misurata in Ω・m (il suo inverso è la conducibilità e si misura in S/m). Per l’assoplasma: circa 30
Ω・cm, circa 3,3μS/μm).
95
decrementale. I canali V-dipendenti del sodio permettono di generare un fenomeno tutto/nulla lungo tutta la
lunghezza dell’elemento di conduzione.
Le caratteristiche della propagazione del potenziale d’azione (conduzione delle fibre nervose e muscolari) sono
riguardanti il meccanismo di propagazione, l’unidirezionalità (dal cono di emergenza dell’assone verso
la terminazione sinaptica), e la velocità (se la velocità non fosse abbastanza elevata potrebbe risultare in un
comportamento inefficace).
MECCANISMO DI PROPAGAZIONE
Visualizziamo un PA registrato in maniera dinamica con un elettrodo intracellulare che registra da un assone
le variazioni del potenziale di membrana durante il fenomeno (fotogramma per fotogramma) trascrivendone il
tracciato. Il PA si sposta verso destra dal cono di emergenza verso la terminazione sinaptica, l’avanzamento è
dovuto all’onda di depolarizzazione che si propaga lungo l'assone.
Una porzione di membrana a valle è in condizione di riposo a -70mV. All’apice del PA c’è l'inversione del
potenziale, da 0 arriva anche a +30, +40 mV: in questo lasso di tempo la membrana è negativa all’esterno (al
contrario della condizione a riposo). Quando il PA è nella fase di discesa la membrana è refrattaria: non è
ancora a riposo, è a valori di potenziale più elevati di -70 mV e si ha una coda di depolarizzazione con canali
voltaggio dipendenti refrattari perché c’è la gate di inattivazione che ostruisce i canali per il sodio.
Se confronto la zona attiva e quelle limitrofe, vedo che si generano delle batterie. Consideriamo una batteria
con due poli (uno positivo e uno negativo) che sono i mezzi intra ed extracellulare, collegati da un conduttore:
si genera una corrente. In un segmento di membrana esterno in cui sono presenti in eccesso le cariche positive,
si ha un loro spostamento verso l’interno e neutralizzano le cariche negative sul versante interno del tratto
successivo di membrana: questo
equivale ad una depolarizzazione. Sono
delle correnti elettrotoniche locali che si
generano punto dopo punto e provocano
depolarizzazione.
Se la depolarizzazione riprodotta nel
tratto successivo di membrana è
piccola, allora la risposta è ohmica, se
invece supera la soglia di eccitazione i
canali V-dipendenti si aprono,
responsabili della fase di ascesa del
PA, e la zona gialla (vedi immagine)
invade la zona successiva ancora a
riposo.
96
UNIDIREZIONALITA’ DI PROPAGAZIONE
Perché non avviene l’accensione del tratto di membrana appena attraversato?
Perché la soglia di attivazione è molto più alta, dato che una larga parte dei canali è inattivata. La membrana
è refrattaria, non è in grado di eccitarsi nuovamente.
Si sono evolute strategie per mantenere elevata la resistenza di membrana e mantenere bassa la
resistenza interna. Per far fronte a questa esigenza, si sono evoluti due principali meccanismi adattativi:
1. L’aumento del diametro delle fibre, che consente di diminuire la resistenza longitudinale interna (ri).
2. La deposizione di una guaina di mielina attorno alle fibre (fibre mieliniche), che consente di aumentare
la resistenza della membrana (rm) e ridurre la capacità della membrana (Cm), impedendo alle correnti
di disperdersi verso l’esterno.
La prima strategia è adattata dal calamaro perché il suo sistema nervoso consta di pochi neuroni e non è
possibile l’avvolgimento mielinico come nei vertebrati. Anche nei vertebrati abbiamo neuroni più grandi, come
i motoneuroni, e interneuroni invece con una dimensione molto piccola. La velocità è direttamente
proporzionale al diametro dell’assone.
A parità di ogni altro fattore, la velocità di conduzione (θ) del potenziale d’azione varia in modo direttamente
proporzionale alla radice quadrata del diametro d dell’assoplasma.
𝜃 = √𝑑
Nel SNP, all'interno dei nervi periferici, le cellule specializzate nella deposizione di questa guaina sono le
cellule di Schwann che appiattiscono i lembi delle loro membrane a formare dei manicotti intorno
all’assone. Ogni cellula forma un singolo manicotto. Questi tratti avvolti dalla mielina non sono continui:
vi sono tratti di membrana nudi, chiamati nodi di Ranvier, tra un manicotto e l'altro (tratti estremamente
importanti perché è qui che è possibile generare il PA).
La formazione della guaina consiste nel sovrapporre due strati di membrana e avvolgere queste lamelle intorno
all’assone, con strati concentrici. In certi casi arrivano a 150 giri, che sono 300 strati di membrana, con un
elevato incremento di spessore e anche di resistenza di membrana.
97
L'equivalente delle cellule di Schwann del SNP,
nel SNC sono gli oligodendrociti, la popolazione
gliale della oligodendroglia. Svolgono la stessa
funzione con la differenza che se ogni cellula di
Schwann forma mielina ad un singolo
avvolgimento, un oligodendrocita in prossimità di
fasci di fibre può avvolgere parecchi assoni con
queste strutture lamellari, e ciascuna forma dei
manicotti di mielina.
Patologie demielinizzanti, come la sclerosi multipla, sono causate da problemi nella deposizione
della mielina intorno agli assoni: sono gravi e progressive, portano ad una diminuzione delle prestazioni dei
neuroni.
La glia è molto numerosa, la proporzione è di circa 1:1 con le cellule nervose. Comprende astrociti,
oligodendrociti e microglia e servono a supportare le cellule nervose. Hanno attività trofica e mantengono
l'ambiente in cui vivono i neuroni (microglia: sistema immunitario). Gli astrociti determinano la barriera
ematoencefalica con processi che si dispongono radialmente, è la porzione più numerosa della glia. Le cellule
gliali comunicano con i neuroni tramite sostanze chimiche, gliotrasmettitori: c’è un intenso scambio di
messaggi.
Sono state individuate proteine di membrana che svolgono ruoli di riconoscimento tra le membrane
dei gliociti e membrana assonale che deve avviare e completare la formazione della guaina mielinica: vi è
intenso dialogo molecolare.
98
CONDUZIONE SALTATORIA DEL PA
Si chiama conduzione saltatoria perché il PA salta da un nodo a
quello successivo.
La differenza di potenziale longitudinale genera correnti
elettrotoniche.
Le correnti depolarizzano un tratto di membrana e se superano
la soglia anche in quel punto si genera il PA e così via
proseguendo nei tratti successivi.
In tabella si può confrontare la presenza di specializzazioni strutturali e la dimensione delle fibre con le relative
velocità di conduzione:
Per quanto riguarda le fibre mieliniche si va da grossi assoni dei motoneuroni, che hanno un diametro 20
micron, ad un diametro più piccolo in altre cellule.
Vi sono vari neuroni amielinici: neuroni sensoriali che percepiscono stimoli termici sulla superficie del corpo,
altre cellule nervose e gli interneuroni che percepiscono stimoli dolorifici. L’assone gigante del calamaro ha
un diametro medio di 500 micron ma può anche arrivare al millimetro. Le fibre muscolari scheletriche sono
piuttosto grosse, 50 micron. Quelle cardiache sono più piccole e corte, e ancora più piccole quelle lisce.
Quelli più performanti per propagare a distanza i segnali ad alta velocità sono i motoneuroni e i neuroni
sensoriali fino 120 m/s, e il diametro incide in maniera consistente. Il diametro però di per sé non può fare
molto: l’assone gigante del calamaro infatti ha un grande diametro ma le sue prestazioni sono ridotte (al
massimo 25 m/s). Per alcuni sistemi nervosi anche assoni nudi possono svolgere efficacemente il loro ruolo. La
velocità è meno importante per le fibre muscolari.
Eliminando il parametro del diametro e confrontando gli assoni, si ha che quelli mielinici sono avantaggiati:
la mielina comporta vantaggi evolutivi notevoli.
In fibre muscolari e assone del calamaro la velocità di conduzione è molto scarsa.
SINAPSI
Le sinapsi caratterizzano le giunzioni nel SNC, e consentono la trasmissione dei segnali da un elemento
all’altro della rete e sono anche elementi cruciali nella modulazione dell'informazione.
SNP raccoglie delle informazioni che poi saranno trasferite al SNC e anche nervi attraverso cui vengono inviate
le risposte. Il sistema di ingresso sono i sensori, cellule nervose sensoriali in grado di trasformare gli stimoli
in segnali elettrici; i segnali poi verranno codificati sotto forma di potenziali tutto/nulla e codificati in frequenza
specifica per avere informazioni quantitative.
Lungo gli assoni sono convogliate le informazioni verso il midollo spinale o al cervello in cui le
informazioni vengono interpretate grazie a tantissimi neuroni resistenti nel SNC che raccolgono info da SNP
e si passano informazioni nei centri nervosi per integrarli e produrre risposte che poi vengono affidate ai
neuroni afferenti, i motoneuroni.
Ogni neurone è bersagliato da una moltitudine di segnali provenienti da molti neuroni.
99
Percorso: ingresso con input→ centrale di elaborazione→output
Facendo riferimento al circuito elettrico equivalente studiamo la trasmissione elettrica nel punto di contatto tra
un neurone presinaptico e postsinaptico.
Ci sono due situazioni possibili:
• SINAPSI ELETTRICA. Le membrane delle due cellule sono direttamente a contatto, l’onda di
depolarizzazione avviene grazie al flusso di carica degli ioni. Il problema è la resistenza interna
longitudinale nell'assone: le correnti che avanzano dal neurone presinaptico nel neurone postsinaptico
devono fare i conti con una doppia resistenza data dalle due membrane posizionate in serie: se le
correnti si affievoliscono non avremo un PA. Viene chiamata Rc, resistenza di contatto.
• SINAPSI CHIMICA. Un’altra condizione è quella in cui le due cellule non sono a contatto ma
separate dalla discontinuità chiamata “spazio sinaptico”, riempito di soluzione extracellulare (spazio
interstiziale). Le correnti che arrivano e fluiscono lungo l'assone possono anche oltrepassare la
resistenza di membrana e arrivare alla membrana postsinaptica ma quando arrivano al liquido
extracellulare si trovano in una condizione con una bassissima resistenza: è un conduttore con una
100
sezione trasversa enorme, quindi ha bassa resistenza, le correnti tendono a prendere la strada più
semplice e a disperdersi in questo conduttore invece che oltrepassare la membrana postsinaptica. Si
forma un cortocircuito.
Le correnti elettrotoniche continuano a fluire per semplice accoppiamento elettrico. Le sinapsi elettriche non
rappresentano una proporzione elevata nel sistema nervoso centrale e periferico degli animali superiori ma
sono modalità di trasmissione che si trovano nei sistemi più semplici degli invertebrati. Anche nell’uomo ci
sono regioni ricche di queste sinapsi elettriche: centri nervosi i cui i circuiti si comportano come oscillatori e
sostengono funzioni ritmiche e sincronizzate.
• Nel tronco cerebrale in una regione che controlla l'attività respiratoria sono molto rappresentate le
sinapsi elettriche.
• L’ipotalamo con funzione neurosecretoria per produrre in maniera rapida ed efficace gli ormoni ha
molte cellule che devono attivarsi simultaneamente: questa sincronizzazione necessita di una rapida
intercomunicazione tra il pool di neuroni ipotalamici e viene utilizzato l’accoppiamento elettrico.
• Le cellule muscolari cardiache hanno una funzione integrata e sincrona, per permettere il rapido flusso
di eccitazione le cellule sono legate elettricamente.
SINAPSI CHIMICA
Per quanto riguarda le sinapsi chimiche, impedire il cortocircuito risulta più complesso. Servono segnali
chimici che fanno da mediatori a livello sinaptico presenti nella maggior parte del sistema nervoso. Si ha
l’emissione di segnali chimici, neurotrasmettitori, che diffondono nella fessura sinaptica e intercettano
un recettore postsinaptico, modificando la condizione elettrica del neurone. La trasmissione elettrica è
accoppiata ad una trasmissione chimica.
101
L’esperimento prevedeva l’isolamento in vitro di un preparato cuore-nervo vago. Il cuore ha un pacemaker
che gli permette di contrarsi spontaneamente: lo attiva ed eccita con una certa frequenza, ma è
comunque innervato. Per regolare l’attività cardiaca il sistema nervoso può regolare la frequenza di scarica.
Il sistema nervoso autonomo è diviso in sistema simpatico (conflitto e fuga) e parasimpatico. Le fibre che
fanno parte del sistema parasimpatico arrivano al cuore mediante il decimo nervo cranico, il nervo vago, e
rallentano il ritmo cardiaco. Loewi isolò da una rana il cuore e la terminazione del nervo vago. Il cuore in vitro
batteva con la sua frequenza intrinseca ma stimolando il nervo vago con elettrodi si osservava un rallentamento
del ritmo cardiaco.
Un secondo cuore separato dal nervo vago, in soluzione, batteva alla stessa frequenza intrinseca e se il
ricercatore aggiungeva un’aliquota del liquido extracellulare del primo cuore stimolato dal nervo, si produceva
lo stesso effetto anche senza alcuna segnalazione elettrica.
La conclusione era semplice: se il liquido condizionato dal primo esperimento riproduceva l’effetto della prima
stimolazione, significava che era stato rilasciato qualcosa di chimico nel liquido extracellulare. Venne concluso
che era coinvolta una sostanza nel processo di trasferimento del segnale da nervo a cuore: la chiamò
“vagusstoff”, che poi fu identificata nell'acetilcolina. Uno stesso neurotrasmettitore può svolgere più
funzioni a seconda del decoder che va a sollecitare.
SINAPSI CHIMICA-MECCANISMO
Vescicole sinaptiche con pacchetti di neurotrasmettitori sono pronte a essere condotte all’esterno grazie
alla depolarizzazione che a livello della terminazione induce la scarica di queste vescicole verso lo spazio
sinaptico. L’accoppiamento tra il PA presinaptico e l’esocitosi è dovuto ad un meccanismo sostenuto da
ioni calcio che induce l’apertura e lo svuotamento delle vescicole. L’ingresso di calcio è accoppiato alla
depolarizzazione grazie a canali voltaggio-dipendenti del calcio nella terminazione. Il calcio interagisce
con proteine della membrana delle vescicole. Una volta rilasciato il neurotrasmettitore si attivano
delle correnti dato che il recettore nella membrana postsinaptica è accoppiato ad un canale ionico, direttamente
o meno, che modifica il potenziale di riposo. Se sono tali da generare un potenziale da superare la soglia, il
PA presinaptico genera un PA postsinaptico grazie all'intermediazione di segnali chimici.
Tutto quello che sappiamo sul processo di trasmissione sinaptica è stato imparato studiando sinapsi più
semplici di quelle del nostro SNC (che possono essere sia di tipo eccitatorio che con neurotrasmettitori inibitori
che inducono iperpolarizzazioni), ovvero le giunzioni neuromuscolari, specializzazioni strutturali che
presiedono alla trasmissione del segnale elettrico dal motoneurone alle cellule muscolari scheletriche grazie
all'interposizione dell’acetilcolina. Sono strutture voluminose e i rapporti sono 1:1, una cellula muscolare è
coinvolta in una singola sinapsi. Il rapporto elettrofisiologico è utile per lo studio, è più facile inserire
102
elettrodi, applicare tecniche e rilevare risposte: per questo sono state il modello di studio della trasmissione
sinaptica. Le fibre muscolari sono allungate e disposte parallelamente le une alle altre.
Unità motoria o rapporto di innervazione: ogni singolo motoneurone contatta un certo numero di fibre
muscolari con le sue terminazioni, il contatto rappresenta la giunzione neuromuscolare (placche scure). A
destra si vede la fluorescenza verde nel motoneurone e le fibre muscolari rosse.
È necessario amplificare gli effetti dei neurotrasmettitori per assicurare che ogni eccitazione presinaptica che
deriva dai motoneuroni si possa tradurre in risposta eccitatoria da parte delle cellule muscolari. Mentre
nel SNC gli stimoli vengono elaborati, in queste giunzioni ogni volta che arriva il comando nervoso si deve
tradurre in contrazione del muscolo.
Per consentire la risposta obbligata il sistema possiede delle specializzazioni strutturali: presenza di pieghe
giunzionali della membrana postsinaptica in modo da amplificare la superficie e generare uno spazio
ristretto con molte molecole segnale. Nella membrana postsinaptica sono contenuti i recettori per produrre
la risposta attraverso il legame con neurotrasmettitori, se la superficie è maggiore lo sarà anche la presenza di
recettori. La membrana muscolare viene chiamata placca motrice.
Un singolo motoneurone si suddivide in tante terminazioni che stabiliscono giunzioni neuromuscolari con una
singola fibra muscolare. Alcuni motoneuroni possono stimolare pochissime fibre (muscoli extraoculari o delle
dita, incrementi di tensione non molto elevati che però conferiscono precisione), altri, come quelli per i grossi
muscoli delle articolazioni, stabiliscono giunzioni con centinaia o migliaia di fibre (muscoli di potenza che
generano un elevato lavoro). Le unità motorie possono essere più o meno grandi.
103
sono recettori colinergici in grado di legare acetilcolina (anche detti nicotinici perché legano con elevata
affinità la nicotina. Anche nel nervo vago viene impiegata l’acetilcolina ma produce un effetto inibitorio: a
intercettare l'acetilcolina è un recettore di altro tipo, colinergico muscarinico).
Per comprendere la presenza di modificazioni elettriche in corrispondenza della sinapsi, e perchè la risposta
sinaptica non sia mai un PA, dobbiamo riferirci al meccanismo di trasduzione.
Il neurotrasmettitore si lega al recettore postsinaptico (in questo caso un canale ionico ligando-
dipendente in grado di condurre la corrente di ioni sodio e potassio, permeabile per entrambe le specie).
Per avere il PA invece serve un canale Na-V: si genera poi un potenziale graduale, elettrotonico locale,
come risposta sinaptica, proporzionale alla concentrazione di neurotrasmettitore.
Il PA presinaptico genera sempre una modificazione del potenziale di membrana superiore alla soglia. Se
vogliamo misurare la depolarizzazione questo rappresenta un problema: si misura sempre il PA e non
il potenziale elettrotonico locale.
Per misurare il potenziale di placca devo fare in modo che il potenziale sia sotto la soglia, avvelenando la
membrana postsinaptica (con tetrodotossina, ma avvelena anche il neurone presinaptico) oppure modulando il
meccanismo sinaptico dal punto di vista quantitativo.
Utilizzo tossine, inibitori che diminuiscono la trasmissione del segnale, per il recettore colinergico nicotinico.
104
La corrente che attraversa i canali è sempre tale da generare una risposta eccitatoria superiore alla soglia; se
riduco la quantità di corrente che attraversa la placca motrice diminuisco il potenziale. Nel recettore vi sono
più subunità con un poro centrale, in questo poro fluiscono ioni sodio e potassio sospinti dai loro gradienti
elettrochimici (entrati sono gli ioni sodio, uscenti gli ioni potassio). Perché prevale il sodio?
La cellula muscolare si trova in condizione di riposo a -80 mV circa, il flusso di sodio entrante e di potassio
uscente sono perfettamente in equilibrio, ma quando si aprono dei canali il potenziale si modifica.
La conduttanza è uguale per il sodio e il potassio, la forza motrice (differenza tra potenziale di membrana e
potenziale di equilibrio) per il potassio è: -80 - (-90)= 10 mV, per il sodio invece: -80 - (+60)= 140 mV di
differenza di potenziale. Questo garantisce che nelle fasi iniziali prevalga il flusso di sodio, alla base della
generazione del PA.
ORGANI ELETTRICI
Gli organi elettrici generano tensioni fino a centinaia
di volt. I recettori non hanno funzione motoria ma
generano elevate differenze di potenziale. La
maggior parte del corpo di questi pesci è composta
da muscolatura, di cui in immagine in celeste è
rappresentata quella che appartiene all’organo
elettrico. La muscolatura dell'organo elettrico è
composta da elettrociti, cellule muscolari che
formano colonne e che sono eccitabili solo su un
lato. Ognuna di queste cellule ha più giunzioni
neuromuscolari.
105
Nell’immagine sottostante sono rappresentati a sinistra dei canali voltaggio-dipendenti e recettori colinergici
nicotinici nella zona sinaptica di una membra a riposo. La membrana in risposta alla stimolazione si eccita e
genera un PA; se l'altro versante non è eccitabile, allora è una cellula polarizzata.
In una cellula polarizzata gli impulsi dei motoneuroni causano inversione del potenziale di riposo, da -85 mV
a + 65 mV su un lato; sull’altro lato della membrana invece ciò non accade e attraverso la cellula si genera una
differenza di potenziale data dalla somma di questi due valori. La batteria tra i due lati registra: +65 e -85
mV= 150 mV.
Le cellule di questo tipo (polarizzate) impilate le une sulle altre sono tante batterie in serie: ad esempio 3
elettrociti in serie generano una differenza di potenziale di 450 mV (150mVx3). Le cellule impilate sono
migliaia e generano varie centinaia di V.
Per dimostrare che la corrente presinaptica è di calcio occorre mettere fuori gioco i canali voltaggio dipendenti
di sodio e potassio aggiungendo all’ambiente sperimentale tetradotossina e tetraetilammonio. Quando la
membrana presinaptica si depolarizza si vede una ampia corrente entrante (dopo una rapida corrente uscente
capacitiva iniziale) che si arresta quando l’operatore riporta la membrana al potenziale di riposo, non può
essere né di sodio né di potassio perchè i canali sono bloccati: si ipotizza sia il calcio. A livello postsinaptico si
genera una depolarizzazione, un potenziale eccitatorio dato che viene rilasciato il neurotrasmettitore.
106
Appurato che la corrente non è di sodio o di potassio, come si dimostra che è una corrente di calcio?
Si utilizza una tossina per i canali del calcio o molti cationi bivalenti (magnesio, cadmio) che competono con
il calcio per accedere. Fu usato il cadmio in concentrazione elevata in modo da occludere i canali del calcio. Se
la corrente di calcio viene bloccata si ha solo corrente capacitiva, scompare la corrente entrante e anche la
risposta del neurone postsinaptico, a dimostrazione che senza calcio non viene rilasciato il neurotrasmettitore
e non viene indotta la risposta. Fu quindi dimostrato che il calcio è il mediatore dell’accoppiamento
eccitazione-esocitosi.
Kiss and run: meccanismo con una serie di tappe che vedono
la mobilitazione delle vescicole, l'ancoraggio alla membrana
presinaptica, la fusione e il recupero per endocitosi delle vescicole.
L’interazione con la membrana avviene per contatto proteina-
proteina, tra proteine associate alla membrana vescicolare e alla
faccia interna della membrana presinaptica; queste hanno affinità le une
per le altre e ciò permette loro di avvicinarsi e legarsi. Vengono
chiamate SNARE, SNAP’s receptor.
107
Le SNARE sono bersaglio di alcune tossine, tra cui quelle clostridiali, di
batteri anaerobici del genere Clostridium (botulinum). Sono proteine con
funzione proteasica che digeriscono le proteine SNARE coinvolte nei
meccanismi sinaptici. Ci sono tanti sottotipi che digeriscono una specifica
proteina, sia SNARE V che T. Queste tossine alterano il meccanismo di
trasmissione del segnale.
Un esempio è la tossina botulinica, spesso assunta a causa di intossicazioni
alimentari con conserve preparate con condizioni igieniche inappropriate, può
dar luogo a paralisi (anche respiratoria) e ha come target le giunzioni
neuromuscolari. Impedisce il rilascio di acetilcolina a livello periferico,
generando una paralisi flaccida perché impedisce la contrazione muscolare.
Un altro esempio è la tossina tetanica che agisce a livello delle sinapsi
centrali del midollo spinale e il bersaglio sono le sinapsi inibitorie del
SNC, GABAergiche. Quando la tossina mette fuori uso una porzione di
sinapsi inibitorie si ha un eccesso di eccitazione e
di attivazione dei motoneuroni che vanno a scaricare sui muscoli scheletrici;
di conseguenza si ha una contrazione tetanica (attività convulsive). Viene
chiamata “paralisi spastica”.
Si ha nella fessura sinaptica una bassa concentrazione di neurotrasmettitore soggetta a picchi di rilascio
transitori. In alcune sinapsi gli enzimi degradano il neurotrasmettitore man mano che viene
rilasciato. L’acetilcolinesterasi catalizza una reazione di idrolisi di acetilcolina in acetato e colina.
Vi sono anche altre sinapsi che funzionano in modo diverso: agiscono con sistemi di trasporto ad alta affinità
chiamati re-uptake e ripescano dei neurotrasmettitori per poi riportarli all'interno della cellula presinaptica (o
in astrociti della glia).
L’importante è che i neurotrasmettitori vengano rimossi dalla fessura sinaptica.
Nella giunzione neuromuscolare una cellula muscolare ha una singola giunzione e riceve input sinaptico da un
singolo motoneurone 1:1 mentre invece un motoneurone stabilisce contatti con più cellule muscolari.
Unità motoria: un neurone innerva varie cellule muscolari.
Nei neuroni centrali vige la polinnervazione: un neurone riceve anche migliaia di input sinaptici. È necessario
gestire in ogni momento l'insieme degli input ricevuti.
Ogni neurone postsinaptico fa parte della popolazione che scarica sul neurone successivo. Nel meccanismo
sinaptico del SNC vigono gli stessi criteri della giunzione neuromuscolare.
Nella zona di recezione del segnale, composta da corpo cellulare e dendriti, sono presenti strutture specializzate
per ricevere gli input chiamate spine sinaptiche: rilievi della superficie dendritica. Le spine emergono dal
corpo dei dendriti e sono il bersaglio delle terminazioni di altri neuroni. Questo era stato dimostrato a fine
108
800 da Ramon Cajal, che con microscopio e matita aveva fatto dei disegni molto simili a ciò che è stato
osservato con i moderni metodi.
Le terminazioni sinaptiche hanno molti mitocondri e vescicole sinaptiche (fungono da marker identificativi).
Le sinapsi possono avere morfologia eterogenea e coinvolgere parti diverse dei neuroni. Per esempio:
- Sinapsi asso-dendritiche
- Sinapsi asso-assoniche
- Sinapsi assosomatiche
- Sinapsi somato-somatiche
SINAPSI TRIPARTITA
Gli astrociti (glia) prendono parte ai processi di elaborazione e controllo
dell’informazione sinaptica nel SNC. Neurone presinaptico, postsinaptico e
un astrocita intorno formano una sinapsi tripartita. Gli astrociti hanno
funzioni di supporto per i neuroni: interagiscono con le strutture neuronali
nella gestione e modulazione della trasmissione sinaptica, hanno anche la
funzione di rimozione del neurotrasmettitore dalla fessura
sinaptica. La sinapsi tripartita è comune nelle sinapsi glutammatergiche che
utilizzano come neurotrasmettitore il glutammato. Una delle funzioni è
allontanare il glutammato e riciclarlo.
Il tipo di risposta dipende dal neurotrasmettitore coinvolto nella sinapsi. Il tipo di recettore coinvolto, se
attiva canali che fanno passare correnti entranti, è eccitatorio; se invece i canali fanno passare una
corrente uscente di potassio o cloro allora generano una iperpolarizzazione (recettore inibitorio).
Distribuzione spaziale:
• Le sinapsi eccitatorie sono numerose e tendono a distribuirsi nelle porzioni più distali dei neuroni, più
lontane dalla zona di integrazione (cono di emergenza dell’assone), rami più sottili dell’albero
dendritico.
• Le sinapsi inibitorie invece si trovano sui rami più spessi, in prossimità del corpo cellulare.
Si genera un'ondata prevalente di stimolazione eccitatoria che poi incontra resistenze.
109
INTEGRAZIONE NEURONALE
Un neurone centrale riceve un’elevata quantità di input da terminazioni sinaptiche che non sono però sempre
tutte attive. La maggior parte di quelle attive sono eccitatorie, alcune sono inibitorie, con la funzione di
modulare e frenare la segnalazione eccitatoria prevalente.
I potenziali postsinaptici, sia eccitatori che inibitori, hanno un’ampiezza molto ridotta, il neurone
integrale li integra secondo il circuito elettrico RC di membrana. La membrana si comporta da condensatore e
serve tempo per caricarla al nuovo valore di potenziale.
L’integrazione tiene conto di due criteri:
1. Sommazione spaziale: collocazione delle sinapsi, distanza rispetto alla zona di integrazione.
2. Sommazione temporale: tempistiche con cui gli eventi sinaptici si susseguono.
Sommazione spaziale
Nella giunzione neuromuscolare un PA presinaptico
produce sempre un PA postsinaptico perché ci sono tanti
recettori per acetilcolina e quindi tante correnti entranti che
si sommano e depolarizzano la membrana sempre ad un
valore superiore alla soglia. I motoneuroni determinano la
contrazione dei muscoli.
Nel SNC invece i segnali vengono continuamente
integrati, le connessioni sinaptiche sono tantissime ma le
risposte sinaptiche sono piccole: ognuna contribuisce con
un segnale di pochi millivolt alle decisioni che il neurone
deve prendere a seguito dell’integrazione. Non tutti i
neuroni presinaptici sono attivi nello stesso momento.
Immaginiamo due sinapsi: una inibitoria ed una eccitatoria alla stessa distanza dalla zona di integrazione.
Ciascuna produce lo stesso effetto: un potenziale postsinaptico della stessa ampiezza (depolarizzazione e
iperpolarizzazione di 20 mV), da -70 a -50 e da -70 a -90 mV. Il neurone computa questi due eventi che
seguono lo stesso percorso e nella zona di integrazione non succede nulla: +20-20=0.
ESERCIZIO:
Immaginiamo di avere 13 input eccitatori,
ognuno di 2 mV. Nel cono di emergenza
dell'assone serve una depolarizzazione
minima di 20 mV per generare il PA (da -
70 a -50 mV).
Se sono tutte attive nello stesso momento:
13x2 =26mV, ma dobbiamo considerare
l’effetto della distanza, non posso sapere
a priori se si genererà un PA. I potenziali
graduali locali nel percorso dal sito di
generazione sono soggetti
a decadimento in funzione delle resistenze
che incontrano lungo il percorso.
110
Sommazione temporale
La generazione del PA dipende da quanto sono ravvicinati gli input, la frequenza di scarica delle
terminazioni dei neuroni presinaptici. Il neurone presinaptico scarica impulsi sul neurone postsinaptico e un
elettrodo registra la depolarizzazione.
Il primo input interviene un secondo dall’inizio della registrazione, genera una depolarizzazione locale che poi
decade se lo stimolo non viene ripetuto. Se dopo 3 ms interviene un altro stimolo quando il primo è già finito
le due depolarizzazioni rimangono eventi isolati.
Se il primo input si protrae per 1 ms e mezzo e dopo un solo millisecondo ne interviene un altro, la seconda
stimolazione sinaptica interviene quando la prima è ancora in atto e si aggiunge un nuovo elemento di
depolarizzazione che si somma al precedente. Questo influenza la depolarizzazione finale e il
raggiungimento del valore soglia perciò aumenta la probabilità di innesco del PA, quando si accumulano effetti
temporali (e spaziali).
Un neurone centrale riceve un’elevata quantità di input da terminazioni sinaptiche che non sono però sempre
tutte attive. La maggior parte di quelle attive sono eccitatorie, alcune sono inibitorie, con la funzione di
modulare e frenare la segnalazione eccitatoria prevalente.
I potenziali postsinaptici, sia eccitatori che inibitori, hanno un’ampiezza molto ridotta, il neurone
integrale li integra secondo il circuito elettrico RC di membrana. La membrana si comporta da condensatore e
serve tempo per caricarla al nuovo valore di potenziale.
Integrazione spaziale-temporale
Sussiste un vincolo di tipo spaziale dato da resistenza di membrana e
resistenza interna; una grandezza, la costante di spazio, riassume queste
due caratteristiche.
111
Per ogni variazione del potenziale serve inoltre un certo tempo in cui la
corrente fluisce in forma capacitiva: è il ritardo che si nota nelle risposte
elettrotoniche all'inizio e alla fine (quando torna nelle condizioni di
riposo). Maggiore è questo tempo, maggiore è la probabilità che due eventi si
sommino e che i potenziali eccitatori possano generare il PA.
Si parla quindi di una costante di tempo della membrana, direttamente
proporzionale alla resistenza di membrana e alla capacità di membrana.
I potenziali postsinaptici eccitatori (PPE) che si generano in ogni singola sinapsi sono di ampiezza inferiore
alla soglia. La sommazione spaziale dipende dalla costante di spazio (λm), dalla posizione e dal numero di
sinapsi attive. La sommazione temporale dipende dalla costante di tempo (τm) e dalla frequenza di scarica del
neurone presinaptico.
Ogni neurone è bersagliato da un certo numero di sinapsi eccitatorie (+) e inibitorie (-). In figura il neurone ha
prodotto una risposta che è una depolarizzazione inferiore alla soglia e non scarica nulla, in un momento
successivo si ha una risposta iperpolarizzante. Un attimo dopo, con input eccitatori, si ha il raggiungimento
della soglia e il neurone genera il PA e torna silente. Ogni neurone processa sempre segnali graduati. Nella
rappresentazione matematica, con 3 ingressi, una funzione di integrazione somma questi contributi attivi
attimo per attimo e in uscita deve fare i conti con una funzione discontinua (proprietà dell’eccitabilità della
membrana, in grado di generare risposte tutto o nulla).
112
NEUROTRASMETTITORI
Divisi in due categorie: classici e peptidici
1. Neurotrasmettitori classici
A partire dall'acetilcolina (primo individuato), i neurotrasmettitori classici sono quelli scoperti per primi e che
rispondono ai criteri definiti per riconoscere la funzione di neurotrasmettitori in una sostanza chimica. Sono
infatti prodotti da un neurone e rilasciati in modo controllato, l'applicazione di queste sostanze in vitro è in
grado di produrre le risposte tipiche di quella via di trasmissione e possono
essere allontanati dall’area sinaptica. Sono caratterizzati anche dal fatto di essere molecole semplici e a basso
peso molecolare.
Alcuni esempi
Acetilcolina: responsabile della trasmissione neuromuscolare, ma
anche di molte sinapsi del SNC (corteccia).
113
Tra i neurotrasmettitori c’è anche l’istamina, prodotta sia nei distretti in cui sono presenti reazioni
infiammatorie sia nel SN, e la serotonina.
In quasi la totalità dei casi è una sinapsi glutammatergica tripartita: connessioni che vedono il contributo
di cellule gliali, gli astrociti. Il glutammato è rilasciato in modo calcio-dipendente e agisce sui recettori
per il glutammato (recettori di vario tipo) e questo consente un'ulteriore differenziazione della risposta.
La funzione di rimozione del neurotrasmettitore è coadiuvata dalle cellule gliali che lo allontanano e
riciclano: sulle loro membrane ci sono trasportatori ad alta efficienza che funzionano come sistemi per
trasporto attivo secondario, sistemi di re-uptake che trasferiscono contro gradiente di concentrazione il
glutammato e al loro interno viene trasformato in glutammina grazie alla glutammina sintetasi; poi la
glutammina viene esportata e può entrare nella terminazione ed essere trasformata in glutammato con
la glutamminasi.
In oltre la metà di tutte le sinapsi del SNC è utilizzato glutammato come neurotrasmettitore.
114
TIPI DI VESCICOLE SINAPTICHE
I neurotrasmettitori possono essere riconosciuti morfologicamente perché esistono diversi tipi di vescicole
sinaptiche correlate a ciò che contengono.
Si utilizza una colorazione per identificare le componenti pre e post-sinaptiche: si trovano mitocondri nella
terminazione e una collezione di vescicole sinaptiche.
Una tipologia di piccole vescicole è quella a centro chiaro con diametro tra 40 e 60
nm, mostrano una bassa densità degli elettroni.
Contengono acetilcolina, glutammato, GABA e altri neurotrasmettitori a basso PM.
In alcune terminazioni ci sono sia vescicole grosse a centro denso che piccole a centro chiaro: un ulteriore
elemento di flessibilità della connessione sinaptica è il fenomeno della cotrasmissione (il rilascio insieme di
più trasmettitori, di solito uno classico e uno peptidico). Il neurotrasmettitore classico ha la funzione
principale di far continuare il flusso di informazione lungo la rete. In presenza di una stimolazione
presinaptica particolarmente intensa può essere rilasciato anche un neurotrasmettitore peptidico che
può potenziare il rilascio di trasmettitore classico, oppure inibirne il rilascio. È una strategia per regolare
sia in senso positivo che negativo il rilascio in base al livello di stimolazione.
La flessibilità è alla base delle funzioni cognitive come l’apprendimento o la capacità di registrare le
informazioni, i moduli di apprendimento devono impattare sulla base materiale, le reti nervose. Le
informazioni possono essere transitorie o permanenti e devono comportare delle alterazioni a breve o lungo
termine dei circuiti sinaptici, ad esempio aumentare o diminuire il numero di connessioni, renderle più o meno
efficaci.
Può essere un trasporto anterogrado, verso le parti distali, ma anche retrogrado, che trasferisce materiale (come
vescicole vuote) dalle zone periferiche verso le zone centrali.
Famiglie di proteine che mediano il trasporto in queste due direzioni opposte sono:
• Kinesine per il trasporto assonale anterogrado,
• Dineine per il trasporto assonale retrogrado.
115
Si parla di trasporto assonico rapido se va da 50 a 400 mm/giorno (≅ 1-5 μm/s) e riguarda il trasporto di
vescicole a nucleo denso e altri organelli di membrana.
Si parla invece di trasporto assonico lento se va da 0,5 a 5 mm/giorno e riguarda il trasporto di proteine
strutturali, enzimi (tra cui quelli coinvolti nella sintesi di neurotrasmettitori, complessi ed enzimi che
sintetizzano i neurotrasmettitori classici nella terminazione).
Gli anfibi cambiano colore della loro pelle a scopo sessuale o per rispondere
a modificazioni ambientali grazie a granuli di melanina. Questo è possibile
grazie al trasporto di melanosomi, vescicole contenenti melanina. Le vescicole
vengono distribuite per generare la pigmentazione necessaria. Le strutture
disposte a raggio visibili con anticorpi sono i microtubuli. I pallini rossi sono
i melanosomi, in risposta a segnali le cellule sono in grado di distribuirli verso
il centro o alla periferia. La distribuzione dei melanosomi a formare una
pigmentazione diffusa conferisce un colore più scuro alla pelle, se i
melanosomi sono concentrati in un punto della cellula, si ha una minor densità
superficiale, la pelle si schiarisce.
116
Tutti i principali neurotrasmettitori hanno a disposizione recettori ionotropici ma possono disporre anche di
recettori metabotropici, per avere un ulteriore flessibilità della risposta.
Un chiaro esempio è l’acetilcolina, che nelle giunzioni muscolari ha ruolo eccitatorio (per far contrarre i
muscoli il recettore colinergico nicotinico di tipo ionotropico fa passare il sodio), ma nell'esperimento
di Loewi, invece, il nervo vago determina al livello del cuore un effetto inibitorio con l’acetilcolina, ovvero la
riduzione della frequenza cardiaca utilizzando un recettore colinergico muscarinico di tipo metabotropico; a
fare da agonista il ligando che riproduce la funzione dell'acetilcolina è la muscarina, ricavata dal fungo amanita
muscaria. La proteina G va da interagire con il canale per il potassio generando una corrente uscente
iperpolarizzante (effetto inibitorio).
Alcuni neurotrasmettitori dispongono di più tipi di recettori postsinaptici. Quando si lega a un tipo o all’altro
di questi recettori, un dato neurotrasmettitore può dare risposte analoghe o opposte (eccitatorie o inibitorie).
Questo vale anche per il glutammato in alcuni casi, invece il GABA genera sempre un potenziale inibitorio.
Autocettori o autorecettori
Nelle terminazioni sinaptiche a volte sono presenti i recettori per i neurotrasmettitori: i neurotrasmettitori che
vengono rilasciati servono per il controllo del funzionamento sinaptico, possono modulare la liberazione di
loro stessi agendo sui recettori presinaptici. Sono detti autocettori o autorecettori. Agiscono in particolari
situazioni e hanno ruoli di regolazione per aumentare o frenare la produzione di un neurotrasmettitore.
117
RECETTORI METABOTROPICI-SECONDI MESSAGGERI
L’informazione associata al neurotrasmettitore intercetta i recettori (che non attivano direttamente le correnti)
che inducono delle reazioni intracellulari attivando intanto una proteina G con funzione di trasduzione.
Vengono attivati degli effettori, enzimi che catalizzano reazioni nelle quali viene prodotto un secondo
messaggero, un mediatore: nella molecola è mantenuta l’informazione legata al messaggero extracellulare.
I secondi messaggeri sono spesso sono coinvolti in reazioni di fosforilazione e le proteine chinasi modificano
gli effettori finali dando luogo a processi all’origine della risposta cellulare definitiva.
L’effettore finale dovrà essere un canale in grado di attivare correnti all’origine delle modificazioni
postsinaptiche.
L’inositolo trifosfato che va nel citosol attiva recettori per la rianodina, canali del calcio che si trovano sulla
membrana del reticolo endoplasmico liscio. Queste strutture hanno funzione di depositi intracellulari di calcio.
Nelle cellule muscolari il calcio attiva la contrazione: il comando nervoso deve essere trasmesso tramite la
giunzione neuromuscolare e a seguito viene rilasciato il calcio che agisce sui recettori per la rianodina.
La rianodina è una sostanza estranea all’organismo, prodotta da una pianta: è utile per marcare alcune proteine
con funzione fisiologica. La rianodina si lega al recettore e può inibirlo o aprirlo. Il nome “recettore per la
rianodina” non ha quindi un significato fisiologico, è solo una tossina marker esterno utilizzata per studiare il
fenomeno.
Il canale-recettore è sensibile a parecchi stimoli, tra cui l’inositolo trifosfato che può indurne l’apertura quindi
il calcio esce e avviene la contrazione.
Le proteine G legano il GTP e il loro ciclo di attivazione è a fasi. La proteina è costituita da 3 subunità: una
alfa catalitica, le altre 2 (beta e gamma) sono di regolazione della subunità alfa. Alfa può essere legata a GDP
(in questo caso la proteina è inattiva) o a GTP (in questo caso è attiva). Si avvia quindi una funzione di idrolisi
che dura un certo tempo in cui il GTP viene demolito. Quindi attiva il segnale, il GTP si lega, la proteina si
attiva e poi si spegne automaticamente: la funzione è intrinseca.
In immagine sono rappresentate le diverse tappe delle vie di trasduzione del segnale in riferimento a 3 recettori
per una catecolammina, glutammato e dopamina (un’altra catecolammina):
118
CONCLUSIONI
L’informazione deve arrivare al bersaglio attraverso numerose tappe: impiega tempo. Come già detto,
l’informazione può essere trasmessa grazie a recettori ionotropici (che impiegano poco tempo) o grazie a
recettori metabotropici (impiegano più tempo): dipende dalla distribuzione locale dei recettori, dal tipo di
informazione ecc.
Gli ionotropici sono per il flusso di base dell’informazione all’interno delle reti nervose, i metabotropici si
prestano meglio a funzioni di regolazione sinaptica.
Tutti i neuropeptidi agiscono tramite i recettori metabotropici.
Vi sono alcuni casi in cui la risposta tramite recettori metabotropici è molto lunga: il meccanismo è più
complicato e vi sono tappe aggiuntive. La tappa più lunga è quella che prevede la formazione di alcune
importanti proteine e componenti proteiche associate alla risposta finale. Un esempio importante è relativo alla
formazione di fattori di trascrizione.
119
TRASDUZIONE SENSORIALE
Quale è l’origine dei segnali elettrici nell’organismo?
Vi saranno condizioni che attivano i flussi di informazione: PORTE SENSORIALI, l’insieme dei sensori e
delle vie nervose che permettono di monitorare i vari processi.
Il criterio alla base del captare le informazioni deve essere sempre il PA, difficilmente catalogabile in
base all’origine: c’è un problema di codificazione e di trasferimento delle informazioni di partenza (luce,
suono, temperatura…) in quanto si tratta di flussi di corrente che, per essere distinti, vanno semplicemente su
canali separati per non creare confusioni e sovrapposizioni di significato.
SNC
Il midollo spinale è suddiviso in tratti: cervicale, toracico, lombare e
sacrale/terminale. Vi sono tratti di rigonfiamento in cui il materiale è in
quantità maggiori e serve per far alloggiare un maggior numero di
elementi. L’encefalo ha 2 regioni, il cervelletto (per il coordinamento
motorio) e il cervello propriamente detto: sono entrambi ricoperti da
un mantello di tessuto nervoso, la corteccia cerebellare e la
neocorteccia.
All’interno dei nervi si possono trovare fibre efferenti e afferenti (nervi misti): i nervi spinali sono tutti di
questo tipo.
120
Riflesso spinale: la porzione del SNC coinvolta nel riflesso si comporta da specchio in quanto le informazioni
dalla periferia arrivano al SNC, vengono elaborate e rinviate in periferia. Ciò può coinvolgere gli interneuroni
che inviano le informazioni alla corteccia che poi deve rispondere, oppure può avvenire una reazione
immediata che è affidata direttamente ai motoneuroni che si depolarizzano: feedback immediato che
risponde subito.
- Riflesso monosinaptico: include una sola reazione sinaptica. Un esempio è la reazione della gamba al
colpo del martelletto sotto la rotula.
- Riflesso polisinatpico: include più neuroni e sinapsi.
Il nervo al suo interno ha fascicolazioni di fibre nervose afferenti o efferenti e la maggior parte sono mielinici;
vi sono alcune fibre amieliniche (nel caso dei sistemi che richiedono meno velocità).
Vi sono sistemi ascendenti che da ogni livello del midollo spinale generano fibre che si dispongono nella
periferia a costituire la sostanza bianca; i tratti ascendenti si portano in varie regioni dell’encefalo e anche nella
corteccia. I tratti di ascesa sono detti spinotalamici (si chiamano così perché partono dal midollo spinale
e giungono al talamo, stazione di trasmissione della corteccia).
Esistono anche sistemi di fibre in discesa che provengono dall’encefalo.
121
ENCEFALO
Vi è il tronco encefalico che stabilisce continuità tra il midollo spinale e il cervello ed è suddiviso in:
- Bulbo o midollo allungato, regione conica tra l’encefalo e il midollo spinale,
- Ponte, regione centrale
- Mesencefalo, regione alta in continuità con il diencefalo.
Telencefalo e diencefalo formano il prosencefalo. Il diencefalo comprende l’ipotalamo, in prossimità
dell’ipofisi, e il talamo, stazione intermedia di ritrasmissione in cui transitano le informazioni verso la
corteccia.
Dorsalmente al tronco encefalico vi è il cervelletto.
Un’ulteriore suddivisione individuabile importante è relativa alla superfice della corteccia cerebrale:
- Lobo frontale
- Lobo parietale
- Lobo occipitale
- Lobo temporale
All’interno dei quali vi sono aree a cui sono associate informazioni, hanno differenti competenze.
Un encefalo umano è molto diverso da quello di un topo, per esempio. Quello di un topo ha una superficie
liscia mentre quello umano è pieno di invaginazioni e incurvature (per aumentare la superfice di assorbimento).
La struttura della corteccia in sezione trasversale appare suddivisa in sostanza grigia e bianca a livello del
telencefalo, vi sono nuclei della base (regioni con sostanza grigia).
La comunicazione tra i due emisferi avviene grazie a fasci di fibre che permettono il rapido scambio; alcune
funzioni vengono gestite maggiormente a livello di un emisfero piuttosto che dell’altro. Vi sono connessure
che stabiliscono collegamenti (il corpo calloso al di sopra del diencefalo è un esempio, a forma di falce).
CORTECCIA CEREBRALE
Il talamo fa da stazione di
ritrasmissione di informazioni che
poi giungono alla corteccia: prima di
arrivarci stabilisce contatti sinaptici
con neuroni nell’area ipotalamica.
Un importante tipo di cellule corticali
è quello dei grossi neuroni piramidali:
vi sono fibre provenienti dal talamo
che giungono in prossimità di queste
per trasferirgli le informazioni che
poi verranno passate ad altre cellule
corticali.
122
AREE FUNZIONALI DELLA CORTECCIA CEREBRALE
Vi sono compartimentazioni della superfice corticale: ogni settore è coinvolto in una specifica funzione (di
ricevimento, di produzione della risposta); vi sono poi anche aree associative in cui le informazioni vengono
confrontate affinché le risposte risultino adatte.
Vi sono quindi (solo alcuni esempi):
- Corteccia somatosensoriale primaria → arrivano le info trasdotte provenienti livello della cute, dei
muscoli, articolazioni;
- Corteccia motoria primaria→ vengono generati gli schemi motori per produrre la risposta;
- Corteccia visiva→ nel lobo occipitale, i neuroni proiettano alle aree visive;
- Corteccia uditiva primaria→ arrivano le informazioni uditive dal talamo;
- Corteccia olfattiva primaria→ riceve dai bulbi olfattori e in questo caso le informazioni non passano
attraverso il talamo (caso eccezionale)
- Area di Broca → per il linguaggio, comprensione ed interpretazione
Nel corso dell’800 vigeva la teoria il cervello fosse suddivisibile in settori a cui attribuire funzioni psichiche
diverse e potevano essere sviluppate diversamente in base alle caratteristiche del soggetto: una porzione ridotta
comportava un qualche tipo di deficit nella personalità. Era possibile quindi abbozzare il tipo di personalità
dell’individuo conoscendo le caratteristiche, forme e proporzioni del suo cervello.
Questa teoria ha una sorta di base vera: la corteccia è davvero suddivisibile a zone funzionali e una zona più
ridotta comporta un deficit.
123
NERVI CRANICI
I nervi cranici hanno le loro radici nel tronco encefalico, alcuni sono misti, altri hanno fibre solo motorie e
altri solo sensoriali.
Sono in tutto 12 di cui 2 in realtà sono sistemi di proiezione che mettono in comunicazione sistemi all’interno
del SNC, ad esempio il nervo ottico è un sistema di fibre che collega la retina al talamo e non è propriamente
un nervo dato che la retina non è una struttura periferica ma appartiene al SNC.
In immagine sono indicati tutti i nervi:
Da ricordare il nervo vago (10° nervo cranico), un nervo misto molto importante che arriva in tutto il corpo e
serve la maggior parte dei visceri. Anche il nervo ottico (2° nervo cranico), che accede direttamente al
diencefalo, è molto importante.
124
CODIFICAZIONE QUALITATIVA
La codificazione deve essere qualitativa: le informazioni devono essere relative al tipo diverso di stimolo (luce,
stimoli chimici, gustativi, olfattivi ecc). Questa qualificazione inoltre permette anche di distinguere differenti
categorie all’interno di uno stesso tipo di informazione: ad esempio il gusto ha tante sfumature (dolce,
salato…), la luce ha differenti lunghezze d’onda (e quindi colori).
È possibile quindi delineare una mappa topografica.
Il sistema nervoso risolve l’esigenza di distinguere le informazioni utilizzando canali diversi e il processo
è possibile grazie a sensori, ai centri intermedi, alla corteccia… Il segnale che transita è sempre lo stesso
(una scarica del PA): dovrebbe essere indistinguibile ma incanalando l’informazione lungo canali diversi
le diverse informazioni sono distinguibili.
La sensibilità olfattiva non passa per il talamo (a differenza delle altre) ma va direttamente nella corteccia
olfattiva: le informazioni accedono direttamente dal target corticale.
Le informazioni vengono parzialmente elaborate al talamo e poi vengono decodificate completamente nella
corteccia.
Gli stimoli sono di varia natura (luminosi, meccanici, termici, chimici) e sono captati tramite trasduzione a
livello delle terminazioni sensoriali. Le informazioni vengono trasformate in segnali elettrici
indipendentemente dalla loro natura: viene modificato il potenziale di riposo e gli stimoli quindi sono in grado
di produrre correnti attraverso le membrane (risultante dalle sollecitazioni di recettori). Le correnti generano
una risposta elettrica che poi si propaga verso il SNC.
A livello del SNC avvengono eventi sinaptici e vengono ideate le risposte adeguate (integrazione centrale
neuronale e di circuito) poi affidate a motoneuroni somatici o viscerali sempre sottoforma di scariche elettriche.
RECETTORI SENSORIALI
Tendenzialmente si parla di cellule nervose (con gli assoni direttamente a contatto con lo stimolo) ma in
alternativa si hanno cellule neuroepiteliali specializzate che trasducono gli stimoli in potenziale detto
“potenziale di recettore” (modificazioni, depolarizzazioni graduali locali di membrana). Queste cellule
devono avere delle interfacce di tipo molecolare, elementi di conduttanza, proteine che possono attivare le
correnti. Questi recettori sensoriali hanno quindi recettori molecolari, proteine di membrana che
attivano direttamente o non direttamente canali ionici che trasducono i differenti stimoli in correnti
elettriche di membrana responsabili del cosiddetto potenziale di recettore.
125
Tra i recettori sensoriali vi sono varie categorie:
- Esterocettori→ a contatto con l’ambiente esterno, sono per la sensibilità visiva, uditiva, cutanea, per
i sensi chimici…
- Propriocettori→ raccolgono informazioni dalle articolazioni e dai muscoli, dal sistema
somatomotorio, per la postura/equilibrio… sono assimilabili ai recettori della sensibilità cutanea
esterocettiva (tattile, termica, chimica).
Infatti la sensibilità cutanea esterocettiva + sensibilità propriocettiva = sensibilità somatica o somestesia.
- Enterocettori→ raccolgono informazioni sullo stato corporeo interno come pressione arteriosa,
temperatura, concentrazione di glucosio…
I recettori molecolari, strutture proteiche all’origine delle variazioni di conduttanza della membrana, hanno
meccanismi appropriati per il tipo di stimolo:
- per i meccanorecettori si hanno canali sensibili che commutano la loro conformazione in presenza di
uno stimolo meccanico,
- per i chemiorecettori si hanno proteine recettoriali con le caratteristiche degli ormoni con meccanismi
diretti o accoppiati a vie con secondi messaggeri,
- per i fotorecettori il meccanismo è più complesso dato che la risposta avviene a seguito di una
stimolazione costituita da una onda elettromagnetica, vi sono proteine che funzionano da antenne per
l’assorbimento della radiazione luminosa.
126
CODIFICAZIONE QUANTITATIVA degli stimoli sensoriali
Come già detto, qualunque sia il tipo di stimolo la risposta sarà sempre la stessa: perturbazioni elettriche non
distinguibili in base all’origine (per questo si mantengono distinte le linee). Un altro problema è quantitativo:
come si fa a comunicare il quanto?
In presenza di un potenziale di recettore (risposta continua in proporzione all’intensità dello stimolo) e di un
potenziale di azione (fenomeno tutto/nulla di ampiezza costante), il problema della quantità è risolto con un
codice di frequenza, modulando in frequenza la scarica dei potenziali d’azione. Il numero degli eventi
sarà proporzionale all’intensità dello stimolo.
L’intensità dello stimolo è codificata dalla frequenza di scarica di un neurone sensitivo. A livello centrale,
l’intensità dello stimolo è anche codificata dalla popolazione neuronale attivata (numero di recettori e fibre
afferenti reclutati): più lo stimolo è importante più saranno i recettori coinvolti.
Recezione fasica→vi sono recettori che si adattano molto rapidamente allo stimolo,
in cui la risposta viene soppressa anche se lo stimolo continua ad insistere.
Analisi dei grafici:
i recettori danno origine ad un solo potenziale di recettore in corrispondenza
all’avvento dello stimolo (accensione) poi la risposta decade rapidamente anche se lo
stimolo continua. Il neurone tornerà a rispondere nel momento in cui lo stimolo si
allontana. Vi sono situazioni infatti che percepiamo solo quando iniziano e quando
finiscono (ad esempio quando indossiamo un indumento, un orologio…).
127
Vi sono anche recettori accessoriati: recettori con strutture accessorie che condizionano la capacità di
risposta ammortizzando, smorzando lo stimolo per modificazioni meccaniche. Un esempio è il Corpuscolo
di Pacini.
Nell’esperimento degli anni 60 fu possibile accedere al recettore, isolarlo e studiarlo: è stata misurata la risposta
con un elettrodo a seguito di sollecitazioni. È un recettore fasico on/off. Con delle pinzette sgusciarono le
lamelle dal recettore lasciandolo scoperto e rifecero l’esperimento direttamente sulla membrana della cellula
nervosa: in questo caso il potenziale di recettore ha una risposta tonica, o, per meglio dire, fasico-tonica. La
natura del recettore quindi cambia completamente in assenza delle strutture accessorie.
Tra le lamelle è presente un liquido viscoso: le lamelle si comportano da ammortizzatore.
1.
Si parla di discriminazione spaziale in riferimento al livello di precisione, prestazione, sensibilità di alcuni
recettori (consideriamo il sistema somatosensoriale).
2.
La rete ha un primo fronte recettivo: i neuroni di primo
ordine che rilevano direttamente lo stimolo; i loro
assoni contattano un interneurone, neurone di
secondo ordine nel SNC. A questo puto poi si parla di
convergenza o di divergenza: si hanno nodi in cui
l’assone si biforca contattando altri neuroni per formare
sinapsi (divergenza) o afflussi di vari neuroni presinaptici
che formano sinapsi sullo stesso neurone (convergenza).
128
3.
Con “campo recettivo” si intende l’area del distretto periferico (cute, retina) la cui stimolazione influenza
la scarica di un certo neurone.
Se si inserisse un elettrodo intracellulare nel neurone sensoriale di periferia di cui si vuole registrare il campo
recettivo al momento dello stimolo si avrebbe una recezione locale, un campo di competenza delimitato in cui
i recettori recepiscono. Se invece volessimo registrare il campo recettivo di un interneurone che riceve le
informazioni dal neurone sensoriale, si avrebbe che è dato dalla somma del campo recettivo dei neuroni di
ordine precedente (considerando le ramificazioni, le convergenze e le divergenze). Stesso discorso è relativo
ai neuroni di ordine superiore: bisogna considerare le reti che stanno a monte del neurone che si vuole studiare
in quanto esso riceve le informazioni a rete.
Si può dire concludendo che man mano che ci si allontana dalla periferia i campi recettivi dei neuroni
centrali sono più ampi e complessi con forme e strutture articolate. I campi recettivi dei neuroni talamici,
per esempio, sono molto complicati così come quelli della corteccia.
I campi recettivi possono anche essere sovrapposti.
Quindi rifacendosi all’esempio del compasso si hanno zone più sensibili rispetto ad altre perché queste hanno
più neuroni sensitivi e quindi tanti campi recettivi piccoli in modo tale da recepire lo stimolo puntiforme.
Inoltre è importante il basso livello di convergenza: le linee rimangono segregate e distinte fino all’area
della percezione cosciente. Se le linee convergessero in un punto che precede un unico canale, non è più
possibile distinguere le due stimolazioni puntiformi, la discriminazione è ridotta.
L’esempio si può riportare anche in campo visivo.
4.
Un’altra proprietà è l’inibizione laterale che facilita la localizzazione del sito di stimolazione. Prende origine
dal fenomeno di antagonismo centro-periferia del campo recettivo: uno stimolo che cade al centro del campo
recettivo cercherà di deprimere le informazioni che partono dalla periferia del campo recettivo. Vi sono
aree differenti che attuano competizioni.
Per rendere nitida la risoluzione il sistema privilegia le informazioni che partono dall’esatta
localizzazione centrale dello stimolo (al centro del campo) e poi i neuroni avviano i PA a frequenze
proporzionali all’intensità dello stimolo: al centro si avrà una frequenza maggiore rispetto alle periferie.
La rete può amplificare la risposta verso la periferia tramite gli assoni: emettono ramificazioni che
129
interagiscono con interneuroni con funzioni inibitorie. Il flusso di informazioni eccitatorie agita i neuroni
inibitori che rilasciano un neurotrasmettitore inibitorio che genera iperpolarizzazione sui neuroni
postsinaptici periferici: vengono depressi e riducono la loro frequenza di scarica. In questo modo si ha la
percezione dello stimolo principalmente al centro del campo recettivo.
La discriminazione spaziale e l’inibizione laterale hanno come scopo il contrasto: tendenza a marcare le
differenze tra il campo di interesse e la periferia.
130
Sia per i processi relativi ai termocettori che per i recettori tattili, è essenziale la presenza di recettori molecolari
nelle membrane, canali TRP (a potenziale transitorio), famiglia che risponde a vari stimoli, possono anche
funzionare da canali ligando-dipendenti. Alcuni sono associati a canali per il freddo, altri per il caldo, altri per
i nocicettori e altri ancora per i meccanocettori. Vari tipi di recettori hanno associati questi canali.
La struttura molecolare dei canali TRP è simile a quella dei canali voltaggio dipendenti del potassio: 4 subunità
ciascuna costituita da 6 alfa eliche. Tutti questi canali hanno una bassa specificità per gli ioni, spesso fanno
passare cariche positive (indipendentemente dal tipo di ione).
Sono complessi tetramerici coinvolti in molti meccanismi di trasduzione sensoriale: si parla di
meccanotrasduzione, termotrasduzione, chemiotrasduzione…
Una caratteristica interessante è quella relativa ai canali per la recezione della temperatura: i canali sono
sensibili alla temperatura (termotrasduzione) ma vengono anche aperti/chiusi da alcune sostanze chimiche
(chemiotrasduzione). I recettori per il caldo infatti a volte sono sensibili ad alcune sostanze (un esempio è il
peperoncino).
ESPERIMENTO – nocicettori
Applicando un laser su un punto cutaneo e utilizzando un elettrodo all’interno di un nervo per valutare le
variazioni, si nota che in alcuni casi la punta dell’elettrodo penetra all’interno di una fibra o in altri casi
nell’assone di un nocicettore, in altri casi ancora potrebbe penetrare in un corpuscolo… vi sono tanti assoni
diversi. Quando si penetra un assone di natura termica si può valutare la risposta al variare della temperatura;
si ha un progressivo aumento della scarica in relazione alla variazione della temperatura e in base all’intensità
varia la frequenza. Questo però ha un limite oltre il quale i termocettori non rispondono più, smettono di
funzionare in quanto saturi e lasciano il posto ai nocicettori (come detto sopra).
I recettori molecolari che permettono di trasdurre gli stimoli nocivi sono recettori TRP e il più studiato è il
recettore TRPV1. (V= vanilloide). Questi recettori sono attivati oltre che dal calore anche da una sostanza che
appartiene chimicamente ad una classe chiamata vanilloide.
Un esempio è la capsaicina, sostanza responsabile della sensazione di piccante. Se somministriamo capsaicina
a concentrazioni elevate abbiamo sensazioni dolorifiche. La capsaicina agisce su un sito intramolecolare
perché è una sostanza molto apolare e facilmente può attraversare per diffusione semplice la membrana e
portarsi nel mezzo intracellulare andandosi a collocare sul relativo sito, capace di attivare il canale. A
giustificare questa funzione attivatoria della capsaicina c’è una recente scoperta per cui i tessuti danneggiati,
lesionati da un taglio/abrasione, producono e rilasciano delle sostanze che hanno delle strutture tali da potere
essere classificati come vanillodi; sono quindi state chiamate “vanilloidi endogeni”.
Questi tipi di recettori sono solo nei mammiferi.
131
SISTEMA SOMATOSENSORIALE
Le vie somatosensoriali sono delle vie nervose afferenti sensitive che trasmettono impulsi della sensibilità
tattile, propriocettiva, termica e dolorifica. Tratteremo, oltre alle caratteristiche dei recettori e alle vie attraverso
cui transitano le informazioni, le correlazioni con il sistema muscoloso.
Quindi le informazioni raggiungono il territorio corticale che ha direttamente a che fare con la decodificazione
dell’elaborazione dell’informazioni di tipo somato-sensoriale. Possiamo tracciare il percorso dei segnali,
dell’informazione somato-sensoriale fino a raggiungere l’area definitiva in cui si arriva a livello della
percezione, che ci permette di ricostruire le caratteristiche dello stimolo esterno che ha generato i segnali.
talamo
132
Mappa topografica
A seguito si può andare a ricostruire una mappa topografica in
grado di stabilire una relazione fra la superficie sensoriale
esterna e la superficie corticale di elaborazione dei segnali in
ingresso. Questa mappa è una mappa topografica molto
dettagliata, ma non è una ricostituzione fedele della superficie
sensoriale esterna. È una mappa un po’ deformata: la
deformazione non è un difetto di costruzione ma riguarda la
capacità di estrazione delle informazioni sensoriali della
superficie sensoriale. Ogni specie avrà una mappa
somatotopica per le sue specifiche caratteristiche.
Propriocettori
Altri importanti recettori per la percezione somatica sono i propriocettori. La propriocezione permette di
rilevare la posizione e le variazioni della posizione del corpo o di parti di esso nello spazio. I due principali
propriocettori sono il fuso neuromuscolare e l’organo tendineo di Golgi (approfonditi tra poco); si trovano nei
muscoli, tendini e nelle articolazioni: le informazioni sono utilizzate nella regolazione del tono muscolare,
nella produzione di reazioni motorie automatiche, come i riflessi muscolari, e nella generazione e controllo
degli schemi motori complessi. Si hanno sensori di lunghezza e di tensione muscolare.
Il riflesso più semplice possibile monosinaptico è quello dello stiramento.
Organizzazione strutturale
Il bicipite per esempio ricalca bene il modello generico
muscolare: il muscolo è organizzato al suo interno in fasci o,
per meglio dire, in fascicoli. Ogni fascicolo contiene a sua
volta varie fibre muscolari (che spesso hanno la lunghezza pari
al muscolo intero). Tra i vari livelli di organizzazione vi è del
tessuto connettivo. All’interno di ogni fibra vi sono miofibrille,
strutture contrattili, che contengono a loro volta dei
miofilamenti, strutture polisaccaridiche.
All’interno del nervo che raggiunge il muscolo vi sono fibre muscolari afferenti ed efferenti. Vi sono fibre
muscolari extrafusali, fuori dal fuso neuromuscolare, e fibre muscolari intrafusali vere e proprie,
responsabili della contrazione.
Tra le fibre muscolari vi sono delle guaine connettivali che avvolgono delle fibre intrafusali con una parte
centrale che contiene molti nuclei e mancano di componenti contrattili striate (ve n’è solo un po’ alle
estremità). Le intrafusali sono il bersaglio dei motoneuroni gamma che assumono una funzione fusimotoria
e sintonizzano, regolano le fibre intrafusali per tradurre le informazioni.
Attenzione: non sono le fibre muscolari gli elementi sensoriali bensì quelli nervosi.
Lo stimolo appropriato è uno stiramento passivo esercitato da una forza esterna sul muscolo e, a seguito, il
fuso comunica al cervello che vi è una forza dall’esterno da contrastare: serve a mantenere il tono muscolare.
I muscoli sono continuamente impegnati nel generare tensione anche quando non facciamo esercizi particolari.
133
Trattiamo ora il fuso neuromuscolare e il muscolo tendineo del Golgi.
1. FUSO NEUROMUSCOLARE
È il sensore di lunghezza: i fusi devono essere disposti
parallelamente al muscolo. Lo stimolo che interessa il muscolo
si ripropone all’interno del fuso che rileva le lunghezze del
muscolo.
Il sistema è complesso perché a differenza di altri recettori vi è
già un motoneurone in una struttura sensoriale e non è
presente un singolo tipo di fibra sensoriale, bensì 2: sono
entrambi diretti verso il SNC ma si differenziano per la velocità
di conduzione.
- Fibra nervose con velocità elevate, fino a 70-120m/s
(gruppo 1),
- Fibre nervose con velocità più bassa 30-70 m/s
(gruppo 2).
134
Quando avviene lo stiramento del muscolo
Considerando un muscolo che viene stirato da una forza esterna che genera quindi una distensione passiva e
la sua lunghezza aumenta:
Serve poi una risposta di contrazione in cui i motoneuroni si oppongano all’applicazione dello stimolo
(feedback negativo).
Vi sono i motoneuroni alfa che vanno a contrarre la fibra muscolare che, essendo posta in parallelo al fuso,
necessita di un altro motoneurone che contragga il fuso muscolare che altrimenti si distorcerebbe. Per questo
oltre al motoneurone alfa vi è anche il motoneurone gamma che controlla il fuso ai suoi poli in cui vi sono le
cellule miocontrattili. Se non vi fosse il motoneurone gamma l’informazione sulla lunghezza non potrebbe
essere inviata al SNC.
135
CIRCUITO ARCO RIFLESSO
I riflessi possono essere somatici o viscerali (con, ad esempio, un barocettore)
Il circuito riflesso è costituito da:
- un neurone sensoriale, elemento di input, diretto al centro riflesso (porzione del SNC nella sostanza
grigia) tramite interneuroni o motoneuroni.
- Elemento d’ingresso
- Elemento d’uscita
Si contano gli interneuroni tra il poro d’entrata e quello d’uscita. I riflessi possono essere polisinaptici o
monosinaptici in base al numero delle stazioni sinaptiche (la terminazione finale del neurone afferente
scarica le informazioni sul motoneurone).
Gli ingressi sensoriali danno origine ai sistemi ascendenti fino anche al tronco encefalico.
Vi è però una caratteristica: i muscoli sono presenti in coppie antagoniste. Vi sono infatti 2 classi di muscoli:
- Estensori→ una volta attivati si accorciano
- Flessori→ quando si accorciano determinano la flessione del braccio
Non possono contrarsi contemporaneamente; se il processo di “contrazione isometrica” venisse indotto la
forza non potrebbe essere trasformata in lavoro quindi l’energia sarà sotto forma di calore.
Il principio dell’innervazione reciproca dei muscoli antagonisti corrisponde al neurone sensoriale (eccitatorio)
che attiva un interneurone e un motoneurone che attiva il muscolo flessore.
L’interneurone intercetta i motoneuroni del muscolo antagonista (muscolo estensore) con effetto inibitorio.
RIFLESSO PATELLARE
Un tipico esempio è il riflesso del ginocchio al
colpetto col martelletto: il martelletto colpisce il
tendine del quadricipite della coscia e l’informazione
transita tramite un neurone sensoriale fino al midollo
spinale e successivamente si attivano i fusi
neuromuscolari. In risposta all’allungamento del
quadricipite si ha l’attivazione del motoneurone del
muscolo estensore (che si accorcia) e in
contemporanea deve essere inibito il motoneurone del
muscolo flessore.
136
NERVI SPECIALI - olfatto
Confinati nell’area della testa vi sono i nervi relativi all’olfatto, all’udito, alla
vista, all’equilibrio, al gusto; i sensi chimici sono l’olfatto e il gusto.
Focalizziamoci sull’olfatto.
L’epitelio olfattivo è costituito da neuroni, cellule di sostegno e ghiandole mucose. I neuroni hanno forma
clava con ciglia apicali in cui sono presenti i recettori molecolari; le ciglia sono immerse nello strato di muco
in cui le sostanze olfattive sono intrappolate. Le ciglia vanno incontro ad usura e devono essere rimpiazzate:
vi sono delle cellule staminali alla base dell’epitelio in grado di differenziarsi in neuroni (una cosa molto rara,
nel SNC le cellule staminali sono “pigre”).
I fasci olfattivi vanno direttamente alla corteccia olfattiva.
137
SISTEMA MUSCOLARE
I muscoli sono specializzati in tantissime funzioni: per muoverci, parlare, respirare, muovere gli occhi… Il
modello meccanico è quello riferibile alla composizione in fibre in parallelo. L’organizzazione porta a
scaricare la contrazione dai capi del muscolo alle ossa per determinare lo spostamento.
Le cellule muscolari sono molto lunghe, anche diversi centimetri, con diametro consistente (la lunghezza
spesso corrisponde a quella di tutto il muscolo). Sono polinucleate e derivano da cellule satelliti (staminali).
Vi sono i muscoli striati (scheletrico e cardiaco) e lisci.
138
Analisi dell’immagine:
La distribuzione dei vari elementi del sarcomero vede le Strie Z con filamenti sottili che si interpongono a
quelli spessi nelle Strie M. I filamenti spessi sono fatti di miosina e hanno propaggini (ponti trasversi)
che emergono e interagiscono con l’actina che costituisce i filamenti sottili: stabiliscono contatti
elementari all’origine della generazione di tensione.
PROTEINE COINVOLTE
Vi sono proteine contrattili (actina e miosina) e proteine strutturali (alcune concorrono a formare impalcature
e altre mantengono la conformazione dei filamenti). Bisogna puntualizzare però che le proteine contrattili non
si contraggono: è il sarcomero a contrarsi grazie all’interazione tra queste specifiche proteine.
Tra le proteine strutturali ve n’è una, chiamata Titina, che è gigante e molto abbondante: ha 2 porzioni, una
lineare (con ruolo nell’organizzazione dei filamenti spessi) e una porzione a molla (con ruolo meccanico per
mantenere in condizioni di risposo e alle giuste dimensioni dopo una contrazione).
Vi sono anche altre proteine: la distrofina per esempio mantiene il collegamento tra le miofibrille e la matrice
extracellulare ed è nota in quanto in sua assenza si sviluppano importanti patologie (distrofie muscolari) dato
che la sua assenza non consente il mantenimento strutturale delle cellule muscolari.
I filamenti spessi (lunghezza di circa 1,8micron e spessore di 12nm) sono costituiti da tanti miofilamenti di
miosina che si organizzano a formare propaggini, ponti trasversi.
La miosina è costituita da un dimero, 2 catene pesanti che formano una coda ad elica: è costituita quindi
da una zona lineare, un collo e una testa in cui vi è il sito di legame per i filamenti sottili (la sede del legame)
e un sito di legame per l’ATP. La miosina “cammina” sul binario dell’actina dei filamenti sottili.
I filamenti sottili invece sono costituiti semplicemente dall’actina ed è presente anche troponina (si presenta
ad intervalli regolari) e tropomiosina (allungata, formata da 2 filamenti avvolti ad elica). L’actina è costituita
dalla G-actina (glomerulare) su cui è presente il sito per la testa di miosina del filamento spesso. Le G-actine
formano collane di perle che si intrecciano formando la F-actina. In condizioni di riposo il filamento di
tropomiosina occupa una posizione che copre il sito di legame per la miosina: ciò significa che al momento
dell’interazione si deve spostare e si sposta grazie alla troponina (le due sono unite).
Le proporzioni sono: 7 G-actine, 1 tropomiosina, 1 troponina.
139
I rapporti tra il filamento spesso e il filamento sottile sono rappresentati nell’immagine sottostante. Troponina
C sta ad indicare la presenza di calcio: il calcio ha come bersaglio quel tratto di troponina. Quando il calcio
diminuisce di concentrazione la tropomiosina può riportarsi sul sito di legame della miosina
comportando la rottura del legame tra i filamenti di actina e miosina e si torna alla condizione di riposo.
Le conseguenze dell’interazione sono di tipo meccanico: l’accorciamento del sarcomero è spiegato dal
modello dello scorrimento dei filamenti, i due filamenti slittano l’uno sull’altro. I filamenti sottili vengono
modificati verso il centro del sarcomero che riduce la sua lunghezza. Cambiano le dimensioni della Banda I
e non della Banda M.
La miosina è come una molla carica che deve essere legata all’actina e deve essere presente il calcio. Durante
un ciclo la miosina si commuta in 2 conformazioni:
- Ad alta energia → Quando avviene il rilascio dei prodotti di idrolisi dell’ATP (processo che apporta
una liberazione di energia chimica immagazzinata come energia meccanica), si ha ADP legato alla
miosina e l’evento viene chiamato “colpo di forza”: la molla scatta. È una fase di movimento che genera
tensione meccanica, contrazione.
- A bassa energia→ a seguito quindi il muscolo rimane in forma di contrazione, la miosina è ancora
attaccata all’actina e si stacca in presenza di ATP che occupa il sito di legame e la miosina si stacca. Il
processo non si verifica se ATP non è presente (ecco il perché della rigidità dei morti).
Perciò:
- Presenza ADP → miosina e actina sono legate→ contrazione
- Presenza ATP→miosina e actina si slegano.
140
ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE-CONTRAZIONE
Il ruolo del calcio funziona grazie alla presenza dei tubuli T attorno ad ogni miofibrilla e della rete di canali
del reticolo sarcoplasmatico.
Deve esserci un commutatore che permetta di trasformare l’eccitazione in una apertura dei depositi di calcio:
vi sono varie proteine e vi sono differenze tra il muscolo cardiaco, scheletrico…
Nel muscolo scheletrico si individuano ponti di collegamento detti “piedi giunzionali”, ispessimenti che
stabiliscono un collegamento meccanico tra le membrane delle cisterne terminali per aprire i canali per
la fuoriuscita del calcio e per l’avvio della contrazione. Le proteine che interagiscono sono su entrambe le
membrane (del tubulo T e delle cisterne terminali del reticolo sarcoplasmatico).
Le proteine che costituiscono i ponti, organizzate in struttura tetramerica, sono recettori sensibili alla
rianodina (alcaloide che proviene da un salice, non ha nessun ruolo fisiologico, è solo un marcatore). Quindi
i canali per il calcio sono calcio-dipendenti e dipendenti anche da fattori meccanici e chimici. Per questo vi è
un feedback positivo. Nel muscolo scheletrico il calcio non viene dal mezzo extracellulare ma solo dalle
cisterne del reticolo sarcoplasmatico; i canali sulle membrane quindi che utilità hanno? Funzionano da
sensore di voltaggio, sono una componente sensibile al voltaggio e non sono utilizzati per l’ingresso del calcio.
I recettori per la rianodina (RYR1) fanno sporgere nel citoplasma, all’esterno del reticolo, grosse strutture
che formano il piede funzionale. Sono proteine tetrameriche, 4 piedi formano i piedi funzionali.
L’accoppiamento è elettromeccanico: le modificazioni conformazionali sul sensore di voltaggio presente
sulla membrana dei tubuli T determina una sollecitazione meccanica su RYR1 determinando l’apertura.
Il modello fisico mostra la logica del tipo di accoppiamento, il modello molecolare ricalca meglio il fenomeno:
La sollecitazione avviene solo nei punti contatto tra le 2 membrane ma dato che RYR1 è sensibile anche al
calcio, appena esce attiva altri canali e innesca la fase a feedback positivo.
Quando l’eccitazione scompare il calcio deve essere rapidamente espulso o riportato all’interno delle cisterne.
Vi sono delle pompe primarie a meccanismo attivo: pompa SERCA e pompa PMCA.
CHIMOGRAFO → strumento introdotto nella metà dell’800 da un medico fisiologo che permetteva di
registrare l’andamento di fenomeni in funzione del tempo (contrazione dei muscoli, respirazione, andamento
della pressione…). È costituito da un sistema di leve e molle e meccanismi di trasduzione: vi erano pennini
che lasciavano tracce su un tamburo in movimento affumicato sulla superfice cosicchè la traccia fosse visibile.
Nel caso dei muscoli si parla di un tipo di chimografo detto “miografo” e tramite varie procedure vennero
applicate le tecniche anche ai singoli sarcomeri. Il muscolo poteva essere eccitato direttamente con uno stimolo
elettrico oppure generando un PA a livello dei nervi associati.
141
MODELLO MECCANICO DEL MUSCOLO SCHELETRICO
Consideriamo un elemento contrattile attivo e uno passivo rappresentato dalle componenti elastiche (strutture
connettivali, proteine elastiche come la titina): i due possono essere disposti in parallelo o in serie. Vi è poi da
considerare la forza esterna da contrastare.
Se la componente elastica è in serie la tensione generata attivamente non si trasmette subito al carico ma prima
va a distendere la componente elastica.
CONTRAZIONE ISOMETRICA
In laboratorio per riprodurre la situazione si usa un apparato simile al chimografo per certi aspetti.
Si montano muscoli isolati con estremità tendinee agganciati a supporti rigidi: il muscolo non può accorciarsi.
Si ha ad un capo del supporto rigido un trasduttore di forza che trasduce la variazione di forza ad un
oscillografo.
Avviato lo stimolo elettrico il registratore registra la variazione della forza in funzione del tempo: la tensione
aumenta, raggiunge un massimo poi torna a zero, il muscolo si contrare durante tutto il tempo della
stimolazione poi torna alla condizione iniziale.
142
Analisi dei grafici:
Nel grafico sopra è rappresentato l’evento elettrico:
la variazione del potenziale di membrana in funzione
del tempo. Nel grafico sotto è rappresentato l’evento
meccanico: la variazione della tensione in funzione
del tempo. La scala è la stessa. Il sistema dei tubuli
trasversi prolunga il potenziale d’azione delle
cellule.
Il vantaggio di questo tipo di comportamento è che la frequenza di stimolazione determina un incremento della
tensione muscolare.
La sommazione è consentita dall’accumulo del calcio: normalmente deve essere rimosso appena finito lo
stimolo ma quando la frequenza di stimolazione è alta le pompe di calcio non riescono a lavorare bene e
quindi il calcio rimane nel citosol e si accumula.
Più calcio è presente nel citosol più vi saranno ponti actina-miosina.
Relazione tensione-lunghezza
La tensione sviluppata attivamente dal muscolo dipende dallo
stiramento passivo iniziale del muscolo?
È possibile stirare il muscolo e, a pari lunghezze, applicare lo
stimolo. Si misura la tensione iniziale del muscolo e poi, a
seguito, il muscolo viene allungato a mano a mano e viene
registrata la relativa tensione.
143
La tensione attiva si ricava da quella totale meno quella passiva:
Tutti i muscoli scheletrici vincolati dalle ossa si trovano in lunghezze prossime a quelle ottimali, come se
fossero già predisposti a produrre la massima tensione di cui sono capaci. La loro lunghezza ottimale
corrisponde all’incirca alla lunghezza di risposo.
La relazione tensione-lunghezza riguarda tutti i muscoli, variano i livelli di tensione totale dato che cambiano
quelli di tensione passiva: cambiano gli elementi elastici di ogni singolo muscolo.
Consideriamo ad esempio 3 tipi di muscoli: il muscolo gastrocnemio nel polpaccio ha tanto tessuto connettivo
ed è molto elastico, il muscolo sartorio della cosca ne ha meno mentre il muscolo semitendinoso ha pochissimo
connettivo.
Sarcomero
Quando il sarcomero ha una lunghezza inferiore a quella ottimale del 60% o quando è superiore del 175% la
sua tensione è pari a zero. La tensione attiva sviluppata nel sarcomero è direttamente proporzionale al
numero di ponti trasversi (miosina-actina) attivi; la modificazione meccanica del sarcomero favorisce o
sfavorisce il processo. Se le strie Z sono lontane le distanze tra i ponti trasversi e i siti sull’actina sono troppo
elevate per l’approccio. Se le strie Z sono vicine i ponti trasversi si formano ma può non avvenire lo
scorrimento, i dischi Z non possono avvicinarsi oltre la lunghezza dei filamenti spessi e il sarcomero non può
accorciarsi.
144
CONTRAZIONE ISOTONICA
Un apparato di contrazione isotonica presenta capi a cui vincolare il muscolo: ad un lato è vincolato ad un
gancio mentre dalla parte opposta da un carico, non da un gancio. Ad una estremità vi è un trasduttore di
tensione mentre al capo opposto un trasduttore di lunghezza. Bisogna fare in modo che il carico non ecceda la
tensione massima del muscolo.
Il muscolo viene elettricamente eccitato e si vedrà una prima risposta isometrica: la tensione aumenterà fino
ad eguagliare il carico. Successivamente però la tensione rimane costante, non vi è un incremento della
variabile; il carico viene sollevato, il muscolo si accorcia poi torna a riportarsi alla lunghezza iniziale.
L’accorciamento avviene con una velocità che varia in funzione del carico.
Analisi de grafico:
Il muscolo raggiunge il massimo valore di potenza in corrispondenza di un carico che è 1/3 del carico
isometrico con una velocità pari ad 1/3 della velocità massima. Il processo è sfruttato anche per azioni
pratiche (ad esempio per il cambio della bici).
Si ha quindi una lunghezza ottimale alla quale il muscolo sviluppa la massima tensione e un carico ottimale al
quale il muscolo sviluppa la massima potenza.
145
BIOENERGETICA MUSCOLARE
La fonte di energia è sempre l’ATP,
presente in concentrazioni basse: serve
mantenere un rifornimento costante. I
muscoli sono in grado di attingere a
diverse risorse per ricavare ATP. La
fonte a cui le cellule muscolari fanno
ricorso è diretta, servono poche reazioni
che portano ad ATP. La riserva delle
cellule muscolari è limitata e corrisponde
ad un composto ad alta energia, la
fosfocreatina, che consta di un legame
che può essere idrolizzato dalla
fosfocreatina chinasi che catalizza una
reazione reversibile.
La fonte successiva implica più reazioni:
glicolisi, prima fase di scissione del
glucosio.
Rivedi argomenti di biochimica.
Per gli esercizi brevi e intensi si fa riscorso alla glicolisi anaerobica (senza ossigeno), mentre invece per un
esercizio lungo e di resistenza si parla di glicolisi aerobica (con ossigeno).
Le fibre poi possono essere classificate anche in base alla velocità di contrazione: si hanno fibre lente e fibre
rapide. Le ossidative sono lente, le glicolitiche sono rapide.
146
Le fibre ossidative vengono chiamate anche “rosse” così come i muscoli: sono riccamente vascolarizzate e
contengono la mioglobila che contiene il gruppo Eme come gruppo prostetico. Le fibre glicolitiche invece
vengono chiamate “bianche”.
La velocità di contrazione e di accorciamento si basa sulla velocità della composizione dei ponti trasversi
e dipende dal tipo di miosina. Le isoforme di questa proteina motrice sono caratterizzate da differenti velocità
di idrolisi dell’ATP. Le fibre rapide hanno isoforme di miosina in grado di essere associate a elevate attività
catalitiche.
Vi sono muscoli con caratteristiche intermedie con metà delle fibre lente e l’altra metà veloci.
FATICA MUSCOLARE→ riduzione della tensione in funzione del tempo. Il livello di affaticamento
dipende dalle fibre più o meno resistenti presenti. All’origine della fatica muscolare vi sono vari motivi: vi
sono ostacoli a carico dell’attività elettrica.
I fenomeni di affaticamento comportano ostacoli che devono essere rimossi, vi sono le fibre rapide che si
affaticano velocemente e recuperano velocemente. I muscoli di resistenza si affaticano più lentamente e
anche la loro ripresa è lenta.
Considerando un esercizio sportivo, vengono coinvolti i muscoli bianchi che devono sostenere sforzi brevi e
intensi e avranno bisogno di una breve ripresa; la tensione richiesta è alta ma è bassa la resistenza. Condizione
opposta è quella di una maratona in cui è richiesto uno sforzo a lungo termine.
I muscoli si trovano di fronte a livelli diversi di esercizio e dovranno produrre tensioni diverse; i muscoli sono
gestiti dal SNC che impone la modulazione della produzione della tensione. I muscoli di per sé hanno
comunque delle caratteristiche intrinseche che consentono un’autogestione.
Unità motorie
Un muscolo intero è innervato da un nervo che contiene assoni di vari motoneuroni. Ogni motoneurone
controlla una determinata popolazione di fibre muscolari. Le unità motorie possono essere classificate (come
le fibre muscolari): vi sono unità motorie glicolitiche o ossidative o con caratteristiche intermedie.
Ogni unità motoria è costituita da fibre dello stesso tipo. È possibile da parte del SNC dosare la tensione in
base all’esercizio tramite un reclutamento delle unità motorie.
Il SNC alterna le unità motorie cosicché i muscoli non si affatichino. A seconda delle dimensioni delle unità
motorie variano le dimensioni degli assoni dei motoneuroni. Di solito rispondono prima gli assoni piccoli,
spesso associati a fibre ossidative, e poi quelli più grandi, associati alle fibre glicolitiche.
Un esempio interessante è quello del cavallo che ha 3 andature diverse: quando è richiesto un certo andamento
si avrà l’utilizzo solo di un certo tipo di fibre innervate da un certo tipo di neuroni. Se l’andatura aumenta
incrementerà l’utilizzo delle fibre rapide con motoneuroni con maggiori dimensioni (inizialmente si utilizzano
solo le fibre lente resistenti).
Il comportamento delle fibre muscolari cardiache è analogo a quello delle fibre muscolari scheletriche.
L’attività intrinseca del cuore dal punto di vista elettrico è diverso: si attiva per attività miogena, il PA insorge
spontaneamente e regolarmente e quindi batte indipendentemente dal SNC.
147
MUSCOLO CARDIACO
Il cuore si distingue in cuore dx e cuore sx, le pompe sono disposte in serie nel circuito. La circolazione dei
mammiferi e degli uccelli è doppia.
Il sangue arriva dalla periferia povero di ossigeno fino all’atrio destro, propulsore del sangue nel piccolo
circolo (dei polmoni). Riguarda pag. 61-62
Le due pompe sono sincrone e simultanee.
Il cuore è un organo muscolare costituito da 4 cavità: 2 atrii e 2 ventricoli. La dimensione equivale a quella di
un pugno e pesa 300gr nel maschio (un po’ meno nella femmina). È collocato in posizione centrale nel
mediastino, cavità toracica composta da vari tessuti. Il cuore è situato al centro ma sporge dalla linea mediana
più il lato sinistro. Il mediastino è presente nello spazio tra i due polmoni.
Il circolo polmonare ha una dimensione estremamente ridotta: le condutture hanno una ridotta estensione. Il
lavoro richiesto al cuore destro è molto meno rispetto a quello del cuore sinistro.
Il cuore è contenuto nel pericardio (sacco) costituito da:
- foglietto esterno fibroso,
- un foglietto intermedio chiamato pericardio parietale,
- un foglietto adeso alla superfice dell’organo chiamato pericardio viscerale o epicardio.
Le funzioni sono di lubrificante (per ridurre al minimo le resistenze e l’attrito) e di protezione.
Consideriamo il miocardio: la componente muscolare del cuore, la parte di tessuto più cospicua. A limitare
la superfice interna vi è uno strato di tessuto endoteliale (endocardio) equivalente a quello che riveste la
superfice interna di tutti i vasi sanguigni.
I vasi sanguigni di dividono in vene e arterie: le arterie sono i vasi che accolgono il sangue pompato dal cuore
e le vene sono i vasi che conducono il sangue al cuore. Le cavità cardiache sono in comunicazione tra loro
tramite delle valvole, strutture fibrose. Sono presenti anche tra i ventricoli e le arterie e non tra le vene e gli
atrii: l’afflusso di sangue tra le vene e gli atrii non è regolato da valvole. L’argomento riguardante le valvole
verrà ripreso più avanti (pag 155-156).
Scheletro fibroso
Non vi sono ossa a fare da supporto come per i muscoli scheletrici: in questo
caso vi è uno scheletro fibroso costituito da una placca connettiva spessa che
si dispone a formare anelli che costituiscono i punti di origine e di inserzione
dei terminali delle fasce muscolari.
148
Un’altra funzione dello scheletro fibroso è rappresentata dall’inserzione dei lembi valvolari connettivi che
costituiscono le valvole cardiache semilunari (approfondite a seguito). Un’altra funzione è di isolante
elettrico impedendo la conduzione della depolarizzazione dagli atri ai ventricoli.
Il cuore si eccita ritmicamente indipendentemente da stimoli esterni: le cellule deputate sono muscolari e
sono chiamate cellule “pacemaker”. Il meccanismo è di tipo miogeno (deriva dal muscolo stesso) e non
neurogeno.
Generazione e propagazione dell’eccitazione precedono la generazione della forza. Vi è una porzione del
miocardio deputato ed è detto “di conduzione” o “miocardio specifico”; è una porzione limitata, le altre zone
sono dedicate a funzioni meccaniche ed è chiamato “miocardio comune” o “di lavoro” soprattutto a livello
ventricolare.
Nel miocardio specifico vi è il pacemaker primario, una sorta di nodulo, tessuto muscolare specializzato
all’origine del PA. Si trova nella regione detta Nodo senoatriale, una fetta del tessuto cardiaco di pochi mm ed
è annesso alla parete dell’atrio destro in corrispondenza dello sbocco della vena cava superiore che raccoglie
il sangue che arriva dalla parte alta del corpo.
149
Il PA viene distribuito in primis alla muscolatura degli atri (grazie a delle vie di conduzione che accelerano
la propagazione). La depolarizzazione non può passare dall’atrio direttamente ai ventricoli dato che vi è una
placca connettivale: se potesse passare atri e ventricoli si depolarizzerebbero e contrarrebbero
contemporaneamente e non deve accadere.
La funzione di contrazione degli atri è quella di pompare il sangue verso i ventricoli: la contrazione deve
precedere quella dei ventricoli. I ventricoli poi spingono il sangue nelle arterie ma lo devono fare in ritardo
rispetto agli atrii.
La placca connettivale è presente per comportare proprio questo importante ritardo di contrazione dei ventricoli
rispetto a quello degli atrii. Data la sua presenza il sangue deve passare in una strettoia detta nodo
atrioventricolare, costituita da piccole cellule non deputate alla contrazione: devono depolarizzarsi e trasferire
la depolarizzazione con bassa velocità ad un fascio di fibre detto fascio di His che poi si biforca nella branca
destra (per il ventricolo destro) e nella branca sinistra (per il ventricolo sinistro). Seguono poi delle fibre a
velocità elevata dette “fibre di Purkinje” ad alta velocità.
Posizionando elettrodi in varie zone del miocardio si registrano differenze. Lo scarto compare tra il nodo atrio
ventricolare e il fascio di His.
Le cellule del nodo senoatriale e del nodo atrioventrcolare sono lente, la muscolatura dell’atrio, del fascio di
His è più veloce.
PERCORSO
All’inizio si accendono poche cellule del nodo seno atriale che poi propagano generando la depolarizzazione.
A seguito si accende il nodo atrioventricolare che, attraverso il fascio di His, contatta il setto interventricolare
(che separa i due ventricoli), si propaga verso l’apice del cuore poi risale. Da qui, grazie alle fibre del Purkinje,
il sangue risale verso la base del cuore e dall’interno del ventricolo depolarizza tutta la parete ventricolare.
Dopo la depolarizzazione vi è la ripolarizzazione e ricomincia il ciclo.
150
La depolarizzazione invade porzioni del miocardio ancora a riposo e il fronte avanza seguendo un percorso
(cambia continuamente di intensità e di direzione). Viene a crearsi un vettore dipolo elettrico che fa il percorso
nel miocardio generando correnti elettrotoniche. Le correnti sono deboli ma sono molte le cellule che le
generano, quindi si sommano e si propagano verso la superfice del corpo. È possibile generare una traccia
delle modificazioni grazie ad elettrodi: si parla dell’elettrocardiogramma (registrazione delle variazioni del
potenziale in funzione del tempo in concomitanza con l’attività elettrica del cuore).
Le registrazioni sono il risultato delle proiezioni del vettore dipolo elettrico.
Le correnti sono tanto più intense tanto maggiore è la massa di tessuto coinvolta: vedi immagine sottostante.
Il primo segnale è detto “onda P” in coincidenza con la depolarizzazione degli atri. Si hanno a seguito delle
deflessioni positive o negative (quindi depolarizzazioni o iperpolarizzazioni) chiamate “complesso QRS” a
livello dei ventricoli. Verso la fine vi è una “onda T” in corrispondenza della ripolarizzazione dei ventricoli.
Come mai nel complesso QRST si vede la depolarizzazione e la polarizzazione ventricolare mentre nell’onda
P si vede sono la depolarizzazione atriale?
La ripolarizzazione atriale è coperta dalla depolarizzazione simultanea, non è un fattore molto consistente.
La fase di mantenimento della depolarizzazione non è registrata dall’elettrocardiogramma.
All’inizio del 900 venne introdotta una tecnica per questo tipo di studio per la quale il paziente aveva i polsi e
le caviglie immerse in bacinelle con una soluzione salina che permettesse continuità tra la superfice del corpo
e gli elettrodi; veniva svolta la pratica dell’elettrocardiogramma in queste condizioni.
151
Consideriamo nello specifico una cellula del miocardio ventricolare. Il potenziale di risposo corrisponde
all’incirca a -90mV (valore maggiore rispetto a quello solito, sono molto polarizzate). Per eccitarsi hanno
bisogno di uno stimolo importante come quello nodale. Il potenziale di riposo nelle cellule cardiache è detto
“diastolico” perché la diastole è la condizione di rilasciamento. Il PA cardiaco vede:
- fase 0→ fase d’ascesa,
- fase 1→ fase di ripolarizzazione transitoria,
- fase 2→ fase di plateau di depolarizzazione prolungata,
- fase 3→fase di ripolarizzazione,
- fase 4→ fase di riposo.
Analisi dello schema: sono messi a confronto 3 PA: cellule atriali, cellule ventricolari e cellule nodali.
152
Il PA nodale è lento (fase 0 lenta) dato che non c’è la fase rapida del sodio,
si fa riferimento solo al calcio. Le cellule si polarizzano poco (fase 3) e
alla fine della fase si arriva ad un massimo di -60mv; non stabiliscono una
condizione costante, arrivati a -60mV inizia la fase 4 instabile di
depolarizzazione spontanea (fase di potenziale instabile pacemaker). La
ripolarizzazione è a opera del potassio e poi il potenziale torna ad
assumere valori negativi fino a -60mV.
Da ricordare che per il PA nodale non si hanno fase 1 e 2; la fase 4 è detta
di potenziale pacemaker.
PA RAPIDO VENTRICOLARE
Nel caso del PA rapido si hanno principalmente 2 caratteristiche:
1. Le cellule sono molto polarizzate (in prossimità del potenziale di equilibrio del potassio) con valori di
potenziale attorno a -90mV. Sono molto intense le correnti di potassio.
2. Fase di plateau (fase 2), prolungamento della durata della fase di azione, di refrattarietà della
membrana.
Vi sono i canali K1, canali particolari per il potassio (non come i K-V) che conducono al meglio in condizioni
di iperpolarizzazione la corrente che dipende dalla conduttanza. Inizialmente questi canali K1vennero chiamati
a “rettificazione anomala” dato che hanno un comportamento diverso dai v-dipendenti che si aprono in
condizioni di depolarizzazione.
Vi sono poi anche i soliti canali per il sodio: la corrente dipende dall’apertura dei canali Na-V ed è entrante e
transitoria.
Vi è poi la corrente di calcio, una corrente duratura dovuta dall’attivazione piuttosto lenta; sostiene la fase di
plateau ed è in contrasto con la corrente del potassio.
La corrente successiva è una corrente di potassio che transita attraverso dei canali delayed rectifiers: danno
luogo alla corrente tardiva che rimane contrastata per un certo periodo dalla corrente entrante di calcio. Una
volta che la corrente di potassio prende il sopravvento, il potenziale può tornare alla condizione di riposo.
In ultimo vi sono i canali K-V che danno origine ad una corrente transitoria a rapida cinetica e sono i
responsabili della fase 1.
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PA LENTO NODALE
Queste cellule non si polarizzano mai troppo, al massimo arrivano a -60/65 mV e non sono mai a riposo, la
soglia da superare è bassa: questo PA è all’origine dell’automatismo del muscolo cardiaco. Il potenziale
pacemaker si può riferire alla fase 4, critica per l’autoeccitabilità delle cellule nodali, non è un potenziale di
riposo.
Durante il potenziale d’azione la corrente responsabile entrante è la corrente di calcio a cinetica lenta: vengono
utilizzati dei canali L ad alta soglia che si aprono ad un livello di depolarizzazione maggiore rispetto ai canali
T. Ai canali L subentra poi la corrente tardiva di potassio che riporta il potenziale verso valori negativi, qui
scatta l’automatismo poiché appena ci approssimiamo ai valori di -60/65 mV entra nuovamente in funzione la
corrente f del sodio che ricomincia la depolarizzazione.
Alla radice della mancanza di una corrente rapida di sodio esistono due ipotesi:
1. Le cellule nodali non hanno i canali responsabili sensibili alla tetrodotossina che inducono la corrente
rapida del sodio;
2. (più verosimile) questi canali sono effettivamente espressi ma non sono funzionanti. I canali Na-V si
attivano a potenziali depolarizzanti e poi si inattivano dopo un tempo limitato: l’inattivazione è
anch’essa una componente depolarizzazione-dipendente. La condizione quindi di relativa bassa
depolarizzazione in cui si trovano le cellule nodali potrebbe essere condizione inattivante permanente
di questi canali.
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ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE - CONTRAZIONE, ruolo del calcio
Le proteine coinvolte e i sensori di voltaggio sono gli stessi del muscolo scheletrico (in cui sono importanti i
piedi giunzionali); cambia l’accoppiamento. Nel muscolo scheletrico si ha una trasduzione di tipo
elettromeccanica mentre invece nel cardiaco non vi è contatto meccanico: i canali L si attivano mantenendo
la depolarizzazione poi viene attivato il meccanismo molecolare della contrazione (doppia funzione:
vettore di corrente e messaggero chimico intracellulare). Il calcio entra dal mezzo extracellulare tramite i
canali L e attiva i recettori per la rianodina. Il fenomeno si chiama “rilascio del calcio indotto dal calcio”.
La membrana si depolarizza facilmente grazie al passaggio di calcio.
Finito il PA il calcio viene riportato nel reticolo sarcoplasmatico grazie alle pompe di calcio oppure viene
espulso (anche grazie ad un sistema di antiporto dovuto al gradiente di sodio, meccanismo di trasporto attivo
secondario).
Valvole cardiache
Come già accennato in precedenza, le valvole sono elementi passivi che si orientano unicamente a seconda
dei cambiamenti di pressione. Sono assenti tra il compartimento venoso ed atriale.
Il ventricolo sinistro ha maggiore tessuto muscolare a causa della maggiore richiesta di lavoro: la pressione
che deve generare per tutto il circolo sistemico (con resistenze maggiori) è più alta.
155
Vi sono varie tipologie di valvole.
- Sono presenti fra atri e ventricoli →valvole atrioventricolari, dx e sx. Le valvole atrioventricolari si
differenziano per il numero di cuspidi (a destra sono 3 e a sinistra 2): si chiamano infatti “valvola
atrioventricolare destra tricuspide” e “valvola atrioventricolare sinistra bicuspide”.
- Esistono poi delle valvole semilunari: la valvola tra il ventricolo sx e l’aorta→ valvola semilunare
aortica e quella tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare→ valvola semilunare polmonare.
I muscoli papillari sono collegati tramite le corde tendinee alle valvole atrio-ventricolari e quando il ventricolo
si contrae si crea una differenza di pressione evitando il capovolgimento delle valvole durante la sistole.
SISTOLE
1. si chiude la valvola atrioventricolare, fase di attiva contrazione del ventricolo; la pressione ventricolare
aumenta in maniera brusca senza modificazione del volume, il ventricolo si trova completamente
isolato dagli altri compartimenti (valvola Atrioventricolare chiusa ed anche la valvola aortica). È una
fase di contrazione isovolumetrica equivalente alla fase di contrazione isometrica dei muscoli
scheletrici.
156
2. raggiunto il valore di pressione minima (pressione arteriosa diastolica) di 80mmHg, su cui il ventricolo
opera, si ha l’apertura della valvola semilunare aortica con espulsione del sangue con un ulteriore
aumento della pressione. Inizia la fase di eiezione. Inizialmente si ha un’eiezione massima poiché la
pressione continua a crescere fino ad un massimo (pressione registrata massima nelle grosse arterie,
corrispondente a circa 120mmHg) dopodiché il ventricolo continua a contrarsi ma abbiamo sia un calo
di volume che un calo di pressione. Il tutto continua fintanto che non interviene il rilasciamento
muscolare col termine della fase della sistole e ricomincia la diastole. Il rilasciamento avviene in
condizioni isovolumetriche perché si chiude la valvola aortica ma la pressione presente nel ventricolo
è ancora più alta di quella atriale quindi non si è ancora aperta la valvola Atrioventricolare. Il ventricolo
anche qui è isolato (fase di rilasciamento isovolumetrico).
Nel periodo che va dall’inizio dell’eiezione alla fine della sistole, il cuore compie un lavoro che equivale a:
Nella fase di espulsione il sangue è spinto ed accelerato nell’aorta. Siccome pressione e volume cambiano
continuamente durante questa fase il lavoro statico (PV) è meglio rappresentato dalla funzione integrale.
Graficamente il lavoro statico è equivalente all’area quadrangolare nel grafico, escludendo la fase di
riempimento diastolico (anche qui c’è un lavoro, la variazione di volume non è nulla, solo che non è fatto dal
cuore ma sul cuore a spese della pressione venosa).
Analisi del grafico: differenze tra le oscillazioni di pressione nel ventricolo e nelle arterie.
Mentre la pressione intraventricolare oscilla ampiamente fra il
massimo ed un valore prossimo a zero, nelle arterie
quest’oscillazione è molto più contenuta con un massimo di 120
mmHg ad un minimo di 80 mmHg (pressione differenziale): si
parla di pressione arteriosa media PAM. Il mantenimento di
una pressione minima anche durante la fase di diastole
ventricolare consente di mantenere in modo continuo un flusso
attraverso tutti i tessuti del corpo in ogni distretto. È dovuto alle
proprietà delle pareti delle arterie che possiedono un’elevata
elasticità per cui entra in funzione durante la fase di diastole una
sorta di seconda pompa, puramente elastica, che consente,
sfruttando il ritorno elastico, di continuare a mantenere una
pressione tale da mantenere il flusso in avanzamento.
157
GITTATA CARDIACA (GC)
Un altro aspetto fondamentale è che le necessità di rifornimento dei tessuti e degli organi sono variabili. A
seconda delle circostanze in cui si trova l’organismo, soprattutto per alcuni organi, è necessario un
adeguamento del rifornimento di nutrienti e gas tramite il sangue. Ciò significa che il risultato della funzione
di pompa del cuore e dei vasi deve essere adeguata ad esse. L’attività cardiaca all’origine della gittata cardiaca
(prodotto dell’attività del cuore) deve essere soggetta a regolazione.
La gittata cardiaca è definita come il volume di sangue pompato dal cuore nell’unità di tempo, normalmente
quantificata con L/minuto, nell’uomo normalmente corrisponde a 5 L/min. Da cosa dipende?
- dalla gittata sistolica→volume di sangue espulso ad ogni ciclo dal ventricolo per ogni sistole,
differenza fra il volume telediastolico (volume presente alla fine della diastole) ed il volume
telesistolico (che rimane a fine sistole). Equivalente a 70 mL/battito, indicata in L/battiti al minuto.
- dalla frequenza cardiaca→numero di battiti contenuti in un minuto. Equivalente a 72 battiti/min,
indicata in battiti/minuto, circa 5L/minuto = 0.07 L/battito x 72 battiti/minuto.
La gittata cardiaca può variare di molto, passando da 5L/min a 30L/min. Per regolare la GC si possono andare
a modificare queste due variabili intervenendo su meccanismi che a loro volta influenzano queste ultime.
I relativi meccanismi di regolazione possono essere:
1. meccanismi di regolazione di tipo estrinseco o omeometrici (non implicano una variazione delle
fibre muscolari). Sono dovuti ad agenti (di natura chimica) esterni al cuore che provengono dal sistema
nervoso autonomo sottoforma di neurotrasmettitori o dal sangue sottoforma di ormoni. Ricordiamo
che il cuore è innervato, il SN non è necessario per l’attività cardiaca ma per la sua regolazione.
2. meccanismi di regolazione di tipo intrinseco o etereometrici. Implica una variazione della
lunghezza iniziale delle fibre che concorrono a generare la pressione per determinare la gittata
sistolica. È un meccanismo riconducibile alla relazione tensione-lunghezza del muscolo striato
scheletrico (meccanismo di Frank-Starling). È possibile verificare che un grado di riempimento
durante la fase di diastole dovuto ad un aumento del ritorno venoso determina un incremento della
forza di contrazione e quindi della gittata sistolica.
Le fibre pregangliari sia del sistema simpatico che del sistema parasimpatico sono fibre colinergiche (rilasciano
acetilcolina come neurotrasmettitore): ciò che cambia sono i neuroni postgangliari. Nel parasimpatico sono
ancora colinergiche, nel simpatico sono noradrenergiche (il neurotrasmettitore è una catecolammina, la
noradrenalina). Il cuore è innervato da entrambi i sistemi.
I nodi sono la sede della generazione del ritmo cardiaco, quindi l’impatto principale del sistema
parasimpatico è sulla regolazione del ritmo con effetto inibitorio (lo riduce).
Si nota l’origine delle fibre pregangliari parasimpatiche nel tronco encefalico che viaggiano lungo il nervo
vago e l’origine delle fibre postgangliari parasimpatiche destinate principalmente agli atrii ed ai nodi
senoatriale e atrioventricolare.
L’origine delle fibre pregangliari simpatiche è confinata nei primi 4 neuromeri del midollo spinale toracico,
poi si distribuiscono nella colonna gangliare paravertebrale ove le sinapsi danno origine alle fibre postgangliari
158
che si distribuiscono nei vari nervi ortosimpatici del cuore ed una parte di questa va anch’essa a contattare i
nodi ed una parte va ad innervare la muscolatura ventricolare.
Si ha una regolazione sia della frequenza che della gittata sistolica.
Le modificazioni della frequenza cardiaca vengono indicati come effetti cronotropici, quelli cioè indotti
dagli agenti estrinseci in grado di effettuare questo controllo, in particolare quelli dovuti alle due suddivisioni
tra sistema simpatico e parasimpatico.
159
EFFETTI CRONOTROPICI
Analisi del grafico:
- in verde è rappresentato il PA in condizioni normali,
- in giallo è rappresentato l’effetto del sistema
simpatico destinato ad effettuare un
cronotropismo positivo, cioè ad aumentare la
frequenza cardiaca.
Come avviene? Viene accelerata la
depolarizzazione per raggiungere la soglia
(pacemaker), la fase di pre-potenziale è più ripida.
- in viola è rappresentato il parasimpatico che ha
associato un effetto cronotropico negativo,
quindi rallentamento della frequenza cardiaca.
Può agire in modo opposto rallentando la
depolarizzazione pre-sogliare (pacemaker) o
potrebbe anche allontanare il potenziale massimo
raggiunto dalle cellule dalla soglia, cioè
determinare una iperpolarizzazione iniziale (avvicinandosi a valori più negativi). Quello che si ottiene
è un distanziamento del PA da quello successivo. Queste regolazioni da parte del SNA avvengono
quindi a livello della fase 4 del potenziale pacemaker dei PA nodali, responsabili della contrazione
cardiaca.
È possibile notare nette differenze nella frequenza a riposo in varie specie: di solito la regola è che animali
piccoli con metabolismo accelerato hanno anche una frequenza molto elevata e per animali più grandi
frequenza più basse. Nell’uomo può chiaramente cambiare durante le varie condizioni di attività, nei bambini
è più alta.
Come si esercita dal punto di vista del meccanismo cellulare un effetto cronotropico positivo?
(simpatico)
Viene rilasciata noradrenalina dalle terminazioni simpatiche che intercetta un recettore a livello delle cellule
nodali; si parla del recettore beta1 metabotropico (accoppiato ad una proteina G) ed è anche in grado di legare
l’adrenalina.
Il recettore andrà ad indurre l’adenilato Ciclasi con produzione del secondo messaggero cAMP (AMP ciclico)
che delineerà le risposte cellulari definitive. La via principale della risposta è rappresentata dai canali
all’origine della corrente f del sodio e di quella transitoria del calcio; aumentando la conduttanza
aumenta la depolarizzazione e le cellule raggiungono prima la soglia di eccitazione aumentando la
frequenza.
160
L’cAMP è mediato dall’attivazione di proteine chinasi cAMP dipendenti che agiranno tramite fosforilazione
(un canale fosforilato conduce meglio).
In assenza di cAMP si riscontra un calo nel coinvolgimento dei canali per il sodio e quindi della corrente f. I
bersagli del cAMP sono le conduttanze coinvolte direttamente nella generazione della corrente pacemaker: in
primo luogo andrà a potenziare la probabilità di apertura dei canali f ed anche i canali per il calcio di tipo T.
Come si esercita dal punto di vista del meccanismo cellulare un effetto cronotropico negativo?
(parasimpatico)
Viene rilasciata acetilcolina che attiva un recettore muscarinico (metabotropico, diverso da quello che si trova
sulle cellule muscolari scheletriche che è ionotropico); esso attiva 2 proteine G, una inibitoria per i canali del
calcio di tipo T e l’altra stimolatoria sulle conduttanze dei canali per il potassio.
La corrente uscente generata dal potassio porta a iperpolarizzazione; inoltre la depolarizzazione è frenata
dato che dei canali di tipo T del calcio vengono inibiti. Depotenziando la corrente entrante e potenziando quella
uscente si ottiene una iperpolarizzazione, il potenziale scende a valori più negativi di -60 mV aumentando la
distanza dalla soglia e conseguentemente ritardando il suo raggiungimento; allo stesso tempo si riduce la
pendenza del potenziale pacemaker e quindi la velocità con cui verrà raggiunta la soglia.
EFFETTO INOTROPICO
Le fibre postgangliari simpatiche non esauriscono il loro effetto innervando esclusivamente i nodi dove
possono modulare la frequenza, ma vanno ad innervare anche la muscolatura di lavoro dei ventricoli. Ci
si aspetta che abbiano anche qui un effetto visibile nella forza di contrazione: questi effetti che si esercitano
sulla forza di contrazione delle fibre contrattili sono detti inotropici (non confondere con “ionotropici” che
riguarda i recettori). Le catecolamine, adrenalina (non è un neurotrasmettitore ma funziona come un ormone e
proviene dalla midollare del surrene) e noradrenalina possono esercitare effetto inotropico.
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Analisi del grafico:
Analisi dell’immagine: Si vede riprodotta la relazione tensione-lunghezza; nel caso del cuore, essendo un
organo cavo, a confronto abbiamo
volume precario (volume che riempie
il ventricolo prima della contrazione) e
gittata sistolica. La curva ha una fase
ascendente ed una discendente, la
pressione aumenta fino ad un volume
ottimale e poi va a scendere; la
differenza dai muscoli scheletrici è che
nel caso del muscolo cardiaco la
lunghezza normale, quindi il volume
di riempimento normale (130ml), è
ben al di sotto del volume ottimale,
volume al quale otterremmo la
massima gittata sistolica.
Infatti, la gittata sistolica oscilla in un intervallo molto al di sotto della gittata sistolica massima e
variazioni del volume telediastolico possono andare a determinare intrinsecamente un adeguamento
della gittata sistolica.
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Il volume in ingresso deve equivalere a quello in uscita: le fibre sono in grado di modulare la tensione
prodotta in virtù del grado di allungamento iniziale. La lunghezza ottimale si raggiunge a 130ml, condizione
ottimale e non fisiologica.
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REFRATTARIETA’ DI MEMBRANA:
muscoli scheletrico e cardiaco a confronto
Analisi dei grafici:
Confronto fra alcune delle differenze esistenti tra lo stesso fenomeno di accoppiamento eccitazione-
contrazione nelle cellule muscolari scheletriche e nelle cellule muscolari cardiache.
- Muscolo scheletrico→ netta differenza fra la durata del fenomeno elettrico e della scossa muscolare, la
refrattarietà della membrana è di breve durata. Il muscolo è tetanizzabile: posso avere scariche di
potenziale d’azione a diverse frequenze con conseguente aumento progressivo della tensione fino al tetano
muscolare (sommazione delle risposte muscolari e livello di tensione maggiore).
- Muscolo cardiaco→ generazione tensione sufficiente a svolgere la sua funzione propria, ossia di pompa.
Il muscolo non è tetanizzabile, non deve verificarsi una fusione ma il cuore deve andare incontro ad
un’attività ritmica alternando fasi di contrazione a fasi di rilasciamento. Per fare ciò è prolungato il periodo
di refrattarietà della membrana.
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