ECOSISTEMICI
SOSTENIBILITA
Il tema della sostenibilità non è un argomento separato da quello che riguarda le interazioni tra
elementi biotici ed elementi abiotici. In fin dei conti il tema della sostenibilità in questo caso
permea l’interesse di una specie sola, ovvero la specie uomo con il contesto con cui svolge la
propria vita. Il primo a porsi la questione sulla sostenibilità è stato l’inglese Robert Malthus, che fu
il primo a studiare il legame tra l’aumento demografico e la disponibilità delle risorse. Non a caso è
stato Malthus a porsi tali questioni, infatti, abitava in Inghilterra, paese in cui tra il VXII e il VXIII
si è manifestata la prima rivoluzione industriale, per cui cambiarono i mezzi di produzione e le
tecnologie, il che portò alla rottura tra il passato e la realtà attuale, in particolare la rottura tra la
coerenza e compatibilità tra il modo di vivere della specie umana e il mondo che l’ha generata.
Malthus stabilì un paradigma fondamentale:
“La popolazione aumenta secondo una progressione geometrica. I mezzi di sussistenza aumentano
solo in modo aritmetico. Una leggera conoscenza dei numeri mostrerà l'immensità della prima
potenza rispetto alla seconda”
Quello che vuole dire Malthus è che la possibilità dell’incremento del numero di individui di una
specie cresce in modo disproporzionato rispetto alla disponibilità dei nutrienti e dei mezzi di
sussistenza. Malthus, quindi, alla fine del XVIII secolo si prefigura questa divergenza, su cui ad un
certo punto vi sarà una forte criticità perché ad un certo punto la Terra non sarà più in grado di
supportare la numerosità della popolazione umana. Queste considerazioni di Malthus sono state poi
reinterpretate da Liebig, in particolare quando abbiamo parlato, ad esempio, della legge del fattore
limitante. È, infatti, lo stesso concetto filosofico ma trasferito in maniera scientifica. La differenza
tra una progressione geometrica e una progressione aritmetica è che, da una parte, la progressione
geometrica è una successione di numeri tali che il rapporto tra un elemento e il suo precedente sia
sempre costante, indipendente da ciò che lega questa successione. Un esempio classico è il
conteggio 1, 2, 4, 16, ecc., il numero successivo, quindi, è il doppio di quello che lo precede, il che
significa che vi è quasi un aumento esponenziale. Per progressione aritmetica, invece, si considera
un conteggio normale 1, 2, 3, 4, 5, ecc. Tutto ciò vuol dire nel pensiero di Malthus che vuol dire che
la popolazione raddoppia, mentre le risorse aumentano di una unità, provocando una grande
disproporzione tra il numero di individui e la disponibilità delle risorse. In seguito a Malthus, si
inserirono altri ricercatori:
- Robert Malthus. “An Essay on the Principle of Population” (1798); la teoria della
popolazione Malthusiana afferma che la popolazione tende a crescere più rapidamente delle
risorse, ovvero il pianeta non ha tempo per rigenerarsi.
- Henry David Thoreau. “Walden or Life in the Woods” (1854). Thoreau fa una forte
riflessione sulla vita semplice in un ambiente naturale, proprio perché gli esseri umani di
oggi hanno poca capacità di rendersi conto di cosa abbia rappresentato tra il XVIII e il XIX
secolo la prima rivoluzione industriale. Di fatto, il primo rigurgito è tornare ai tempi del
passato. Infatti, la rivoluzione industriale è preceduta da un sentimento di ritorno al passato e
alla vita agricola dei progenitori.
Dopo questi ultimi ricercatori, si arriva direttamente agli anni ’60 del secolo scorso, che è il punto
di volta per l’inizio e lo sviluppo del pensiero della sostenibilità.
- Rachel Carson. “Silent Spring” (1962) documenta gli effetti ambientali negativi causati dal
massiccio uso di pesticidi. È stato il primo atto di accusa nei confronti
dell’industrializzazione dell’agricoltura. Silent Springs spiega come l’impatto dei
fitofarmaci nella media America aveva praticamente spazzata tutta la componente
invertebrata, cioè gli insetti che vivevano negli agroecosistemi. Rachel con quest’opera
avverte sugli effetti drammatici che un iperindustrializzazione dell’agricoltura può
determinare sul funzionamento del mondo.
- Barry Commoner. “The Closing Circle” (1971), una disamina rigorosa e disincantata di
quali siano criticità ambientali generate dall’uomo e quali azioni intraprendere per farvi
fronte.
Tra il ‘62 e il ‘63, quindi, vengono elaborati i concetti fondamentali che saranno la base poi di un
documento importantissimo che risale al 1972, ovvero “I limiti alla crescita”. Il Club di Roma, che
era un circolo di studioso, ricercatori, politici, ecc., aveva chiesto all’MIT di redigere una prima
modellazione matematica per spiegare cosa sarebbe successo alle relazioni e a parametri
fondamentali che regolano l’interazione tra noi e il mondo dal 1972 fino al 2072, se il tipo di
business e modello di sviluppo dell’epoca era mantenuto durante quei cent’anni. Per parametri
fondamentali si intende la disponibilità delle risorse e di cibo, l’inquinamento, il numero di morti, la
disponibilità di cibo, ecc. Ciò che si è raggiunto come risultato è la seguente spiegazione redatta da
Donella H. Meadows e dai suoi colleghi:
Nel diagramma vediamo il risultato principale della modellazione che è stata fatta. Certamente i dati
scritti hanno delle approssimazioni molto grossolane. Ad esempio, il primo aspetto che dobbiamo
sottolineare è che le informazioni non sono associate a un dato fondamentale, ovvero l’errore.
Infatti, quando si ragiona sui modelli di previsioni si deve essere sempre informati su una misura
dell’errore associato ai valori. Di fatto, la variabilità del dato è fondamentale.
Chiaramente, le considerazioni della Meadows e dei suoi colleghi sono fondamentali, in particolar
modo in un mondo in cui l’essere umano ha deciso di attingere a fonti di energia non rinnovabili.
Possiamo dire che questo è il punto chiave del processo. Gli avanzamenti tecnologici e gli
avanzamenti della conoscenza del benessere di parte della popolazione mondiale sono
innegabilmente associato all’uso delle fonti non rinnovabili. La consapevolezza sul problema
ambientale ha portato all’elaborazione di una serie di considerazioni o di buone pratiche in modo
che lo sviluppo economico possa conservare le risorse della Terra.
Chiaramente, come si può capire, cambi paraclimatici significati, come ad esempio l’uso delle
risorse, impone che vi sia un confronto e un accordo da un punto di vista geopolitico e strategico.
Infatti, come ben sappiamo, la distribuzione delle risorse non rinnovabili non è omogenea a livello
terrestre. Infatti, vi sono aree in cui vi sono dei giacimenti specifici, per cui chi ha l’area del
giacimento ha tutto l’interesse di mantenerne l’uso per aumentare la propria capacità economica,
politica e militare. Per capire le finalità, i moti e gli effetti, guardando indietro nel passato, dei
movimenti importanti come quelli dello sviluppo e concretizzazione dell’idea della sostenibilità,
dobbiamo anche capire il contesto in cui questi concetti sono stati espressi. Altro fattore che
dobbiamo prendere in considerazione, rimanendo sempre sulla questione delle fonti non rinnovabili
e sul fatto di non essere distribuite in maniera uniforme, riguarda la loro disponibilità, la quale può
essere soggetta a ragionamenti che esulano dal mercato e che sono di tipo geopolitico. Ad esempio,
il cambiamento nei prezzi della benzina negli ultimi tempi. I costi sono aumentati non perché è
aumentato il costo di estrazione, ma perché si sono fatte delle considerazioni di tipo geopolitico.
Consideriamo, infatti, le risorse non rinnovabili che utilizziamo oggi, in realtà sono state stoccate
molto tempo fa, per cui le criticità dell’immediato non possono influenzare il costo di un qualcosa
che p stato prodotto molto tempo fa. Le fluttuazioni nel prezzo della benzina sono state fatte prima
della COP26 per mandare un messaggio a chi deve decidere sull’uso delle risorse nei prossimi anni.
In questo senso possiamo dire che è fatto per indebolire le politiche agendo su un fattore chiave,
ovvero sulla soddisfazione dei cittadini, da cui le azioni politiche dipendono. Il ruolo dei cittadini è
fondamentale, ma può essere un’arma a doppio taglio perché può anche incidere in maniera
negativa sulle strategie di sostenibilità.
Un esempio eclatante di uso politico e geopolitico della disponibilità delle risorse fondamentali per
mantenere la funzionalità del sistema a livello mondiale è stata la crisi petrolifera del ’73. A seguito
della guerra tra Israele e alcuni paesi confinanti sono arrivate le molto conosciute domeniche a
piedi. Durante questo periodo, infatti, vi è stata una certa scarsità del petrolio e dei suoi derivati, per
cui la benzina è stata razionata, non si poteva acquistare e la gente doveva muoversi a piedi o in
bicicletta. Questo è l’effetto che la disponibilità delle risorse può determinare. Inoltre, è un esempio
sulla fragilità di un sistema che si basa unicamente sulla disponibilità di risorse fossili non
rinnovabili.
Non soltanto gli ambientalisti si pongono il problema della sostenibilità e dei limiti alla crescita, ma
ad un certo punto se ne interessano anche gli economisti, in particolare per quanto riguarda
l’approvvigionamento delle risorse nei processi produttivi. In questo modo nacque la bioeconomia,
che può essere definita come un’economia basata sull’utilizzazione sostenibile di risorse naturali
rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali e intermedi. Inizia ad entrare nel
concetto e tra gli studiati dall’economia un concetto di economia stazionari. Nonostante siano
passati 50 anni dal momento in cui sono state elaborate queste teorie, ancora oggi siamo vincolati al
concetto della crescita. Se non si cresce e, ad esempio, non si ha un aumento del PIL anno dopo
anno, si parla di stagnazione e di recezione economica e, quindi, tutti descrittori negativi che
portano, ad esempio, ad un aumento dell’indebitamento dello Stato per far fronte ai costi di
funzionamento dello Stato stesso. Evidentemente, è impossibile crescere per sempre, come ci
diceva la Meadows, proprio perché ci troviamo in un mondo finito, con un numero di risorse
limitato. Non è possibile, quindi, ragionare sul fatto che la funzionalità e il buon funzionamento
dello Stato sia basato soltanto sulla crescita. Infatti, questo è un paradosso funzionale. Una delle
soluzioni o alternative è quello dell’economia stazionaria. L’economia stazionaria è un’economia
connotata dalla disponibilità costante di persone e prodotti con adeguati livelli di riferimento
ottenuti attraverso tassi poco elevati di mantenimento del flusso di produzione. In questo modo nel
movimento di crescita culturale e di sviluppo del tema della sostenibilità vi rientra anche
l’economia, che cerca di risolvere le contradizioni in termini legati allo sviluppo economico.
Vista la difficoltà di trattare un termine così complesso come quello dello sviluppo sostenibile, si è
cercato di declinarlo in diverse componenti per riuscire a capire quali sono i fattori che possono
giocare fra di loro e che sono associabili al concetto dello sviluppo e della sostenibilità.
Consideriamo che quando si cerca di legare fra di loro discipline con origini diverse, il primo
passaggio fondamentale è ricerca un lessico comune, cercare di comprendere il significato che si
associa alle parole. La prima modalità, quindi, è stata quella di scindere le principali componenti
dello sviluppo sostenibile e che sono rappresentate da queste tre sfere:
- La sfera sociale
- La sfera economica
- La sfera ambientale
L’interconnessione fra queste tre sfere dovrebbe rappresentare la sostenibilità, cioè quando in
termini postivi gli aspetti dell’economia collegano quelli sociali e ambientali. L’aspetto sociale è
stato introdotto nella catena logica del pensiero della sostenibilità, ma è fondamentale. Infatti, lo
sviluppo sostenibile deve avere come obbiettivo principale migliorare lo standard di vita dei
cittadini e delle persone. È, effettivamente, una visione antropocentrica, perché non si parte come
obbiettivo dal benessere degli ecosistemi, considerando però che questa sarebbe stata una visione
troppo progressista, anche se sarebbe stata la prospettiva corretta, proprio perché viviamo
all’interno del sistema e occupiamo un ruolo all’interno delle reti di trasferimento dell’energia e
della materia negli ecosistemi.
All’interno dell’interazione fra queste sfere di azione della sostenibilità, vi è un elenco degli
indicatori funzionali di ognuna. Come vediamo tra la sfera ambientale e la sfera sociale, ad
esempio, vi sono quelli che definiscono un range di conflitto. Tra la sfera sociale ed economica vi è
un ambiente di interdipendenza dovuta al fatto che le scelte di tipo economico hanno degli effetti
significativi. Ad esempio, tutto ciò che viene spacciato nell’ambito del mercato come sostenibile, ha
un costo maggiore di ciò che non è sostenibile. Questo è un effetto che da un punto di vista
economico si diverbera sui cittadini che ad un certo punto devono scegliere se perseguire una
modalità di vita più sostenibile. Infine, tra le sfere economico – ambientale vi sono degli effetti
amplificatori, nel senso che le scelte di finanziare certi tipi di politiche, possono amplificare o meno
degli effetti positivi a livello ambientale. Ad esempio, tutte le
politiche agrarie e comunitarie. Il piano di sviluppo rurale è
un pilastro della coesione europea, ma dagli anni ’60 ad oggi vi
è un sistema di produzione completamente supportato da un
punto di vista politico. Questo ha un peso enorme e spiega
perché certi tipi di produzioni siano presenti sul mercato e
siano sovvenzionati, mentre altre tipologie di prodotti non sono
sovvenzionati. Chiaramente, la perdita della biodiversità
agricola e zootecnica sono stati frutto anche del
sovvenzionamento delle politiche agrarie. Gli agricoltori,
infatti, non sono liberi nella loro scelta di coltivare, ma sono
vincolati da norme sovraordinate che le offrono delle risorse
aggiuntive. Gli agricoltori, infatti, non vivono del prodotto, ma
dalle sovvenzioni. Gli obbiettivi delle sostenibilità,
nell’ambito di questa triangolazione dei valori sono i seguenti:
Questi obbiettivi tutti presentano alla loro base un forte grado di conflittualità e la sostenibilità e lo
sviluppo sostenibile, di fatto, dovrebbe agire verso gli elementi di conflittualità trovando delle
soluzioni di equilibrio. In particolare, indichiamo due esempi, il primo riguarda il paradigma dello
sviluppo economico nell’ambito dei trade-offs o effetti inattesi. Un caso fra tutti è quello dello
sfruttamento delle risorse ittiche. Il consumo di pesce viene sempre suggerito come una strategia
fondamentale per il benessere perché fonte di tante sostanze importanti per uno sviluppo del nostro
corpo e delle nostre funzionalità. Inoltre, ha un certo impatto socioeconomico, ad esempio, supporta
i pescatori o le aziende che producono pescato. Evidentemente, questo ha portato ad un
sovrasfruttamento delle risorse ittiche. In passato, infatti, il pesce era mangiato soltanto chi viveva
vicino al mare. Le persone, invece, che vivevano in montagna mangiavano per lo più pesce salato o
di acqua dolce. All’epoca, infatti, vi era una forte regionalizzazione dei prodotti. L’incentivazione
nel consumo di pesce ha impattato fortemente sulla disponibilità della risorsa, infatti, gli stock ittici
a livello mondiale sono praticamente l’elemento a più forte erosione. Di fatto, si prefigura che già
fra 20/30 anni non vi sarà più l’attuale fetta del mercato. Si prevede che l’allevamento ittico, infatti,
veda un rialzo significativo dei suoi costi, proprio perché i pesci che vengono allevati sono
organismi che occupano posizioni elevate all’interno delle catene trofiche, per cui serve tanto input
di energia e materia per mantenerli nel tempo. Per produrre un kilo di biomassa di questi organismi
è necessaria molta energia rispetto agli animali erbivori. Sul tema dell’abuso delle risorse ittiche vi
sono molte esperienze. Chiaramente, se da una parte, vi sono situazioni in cui vi è una forte
denuncia delle criticità legate alla sovrapesca, dall’altra, abbiamo anche dei percorsi virtuosi che
cercano di sostenere pesche e filiere sostenibili con certificazione ad hoc in modo che il
consumatore sia informato in maniera corretta.
Altro aspetto importante è legato all’allevamento e qual è il suo impatto reale. Questo non significa
che non si debbano allevare gli animali, ma significa che bisogna essere consapevoli di tali
questioni per poi effettuare delle scelte corrette nell’acquisto e nelle modalità di consumo dei
prodotti. L’aumento nel consumo di carne è un tema centrale legato, ad
esempio, al declino degli ecosistemi, alla trasformazione degli ecosistemi,
alla perdita di biodiversità, alla perdita di funzionalità e al cambiamento
climatico. Un tema che sta diventando sempre più importante è il tema del
benessere animale. Bisogna essere consapevoli, quindi, non solo del
consumo, ma anche di come si debbano allevare questi animali. Questo
schema stabilisce il rapporto tra quando un animale viene macellato e la sua
durata di vita naturale. La mucca, le pecore, i maiali e i tacchini hanno una
vita naturale molto superiore rispetto al periodo di vita che effettivamente
hanno prima di essere macellati e trasformati. Anche in questo caso vediamo
una questione etica che è legata alle produzioni animali e al benessere
Quando il tema dello sviluppo sostenibile incontra l’agenda politica, lo fanno a seguito del rapporto
Brundtland che abbiamo citato in precedenza, in particolare lo fanno nel 1992 con la famosa
conferenza di Rio di Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo. È stata la prima volta che una conferenza
internazionale affrontava il tema del cambiamento climatico. Nel corso della conferenza di Rio si
parla di sviluppo delle nazioni in relazione alla salvaguardia dell’ambientale, alla costituzione di
una convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che sarebbe entrata in
funzione nel 1944, si ha un impegno generico nel contenere le emissioni di gas a effetto serra e,
soprattutto, ogni anno i paesi si la convenzioni si sarebbero riuniti in Conferenze delle Parti, ovvero
la COP. La riunione di Glasgow, quindi, è una delle rappresentazioni di queste riunioni annuali ed è
detta Glasgow 26 perché sono passati 26 anni da quando è stata definita questa regolarità
dell’incontro.
L’11 dicembre del ’97, nel corso della COP di Kyoto, venne approvato il primo protocollo. Di
fatto, lo scopo della riunione G26 era quello di definire un nuovo protocollo per cercare di ritrovare
soluzioni attive per ridurre l’aumento della temperatura a livello globale. Il protocollo di Kyoto
definiva degli obbiettivi precisi, quindi, delle percentuali di riduzioni associandole ai diversi paesi.
Così come le risorse fossili non sono distribuite in maniera uniforma a livello globale, così
nemmeno le responsabilità dovute all’inquinamento sono distribuiti in modo equivalente. Infatti, vi
sono paesi che inquinano più di altri, per cui gli obbiettivi di riduzione dell’inquinamento sono
stabiliti in relazione del contributo di inquinamento che ciascun paese apporta. Chiaramente, vi
sono sempre una serie di prescrizioni da seguire. Quando era stato definito il protocollo di Kyoto
erano state definite delle masse critiche definite per metterlo in atto. Questo perché ovviamente le
politiche di sostenibilità sono politiche regressive dal punto di vista economico e finanziario, per cui
potrebbero creare delle disproporzioni tra i paesi in questo senso. Un paese non virtuoso nei
confronti di un paese virtuoso perde in competitività e le aumentano tutti i costi. In effetti, già dal
protocollo di Kyoto vi era una posizione intransigente da parte
degli USA, che allora erano i maggiori contributori
nell’inquinamento mondiale, ma erano anche i leader della
produzione. Per gli USA adottare sistemi di contenimento delle emissioni significherebbe ridurre la
propria competitività economica a livello globale.
Si passa dal ’97 al 2002, quando per primi il Canada, la Cina e la Russia accettano di aderire al
protocollo di Kyoto durante il summit di Johannesburg. Questo che vediamo è uno schema che
illustra la percentuale di adesione di alcuni paesi al protocollo di Kyoto, con le diverse modalità
illustrate dai colori. Come vediamo vi sono dei Paesi chiave che ancora oggi hanno delle posizioni
titubanti rispetto al raggiungimento degli obbiettivi minimi.
Nella COP21 che cerca di riprendere e ammodernare tutto ciò che era stato stabilito dal ’97 al 2015
vediamo di seguito una comparazione di come sono variate le emissioni a livello pro capite di CO 2
tra il 2012 e il 1990. Vi sono dei cambi significativi, infatti, la Cina è diventata il più grande
contributore in emissioni. Vediamo, quindi, che è difficile suggerire delle azioni o obblighi che
corrispondano al reale contributo dei singoli. Infatti, il peso che la Cina deve affrontare da questo
punto di vista è sproporzionato, perché chiaramente è la principale nazione in emissioni, ma emette
a conto terzi per chi ha delocalizzato le produzioni in Cina. La questione, in realtà, è come poter
incorporare il costo ambientale all’interno dei prodotti. In molti prodotti che noi acquistiamo, ad
esempio, non sono inseriti i costi di dismissione del prodotto. Tendenzialmente, la COP21 aveva già
assunto degli impegni molto forti. Infatti, si parlava di mantenere una soglia al di sotto dei 2°C oltre
ai livelli preindustriale e di limitare gli incrementi a 1,5°C. Tra gli obbiettivi della COP26:
Soltanto a metà degli anni ’90, quindi, fu possibile raccogliere i primi dati verificati sull’importanza
della biodiversità basata sul concetto della “biodiversity and fuctioning” degli ecosistemi. Pochi
anni dopo, quindi vi fu l’elaborazione del concetto dei Servizi Ecosistemici. I Servizi Ecosistemici
si dividono in quattro tipologie prevalenti:
- Approvvigionamento
- Regolazione
- Culturali
- Supporto
Al concetto dei servizi ecosistemici si può associare il concetto del capitale naturale. Questo è un
concetto che diventerà sempre più in uso in prospettiva sia nelle strategie economico-finanziarie,
sia, ad esempio, legate alla produzione dei bene e servizi. La definizione stessa di servizi
ecosistemici parte dalla consapevolezza che la nostra prosperità e benessere dipendono dal nostro
capitale naturale compresi gli ecosistemi, che forniscono beni e servizi essenziali come terreni
fertili, mari produttivi, acque potabili, arie pure, impollinazione, prevenzione, ecc. La perdita,
quindi, della biodiversità mette a rischio l’erogazione di questi servizi. Per capitale naturale,
quindi, si considera lo stock mondiale di risorse naturali, che comprende aria, acqua e suolo. Di
fatto, il capitale naturale non è altro che i parametri fondamentali del nostro ecosistema inteso come
Pianeta Terra (atmosfera, litosfera, idrosfera e biosfera).
È possibile calcolare dei costi legati all’inazione, ovvero al fatto che non facciamo nulla per
conservarli. Ad esempio, a Ferrara e in tutta la zona del Delta, si beve l’acqua del fiume Po. Infatti,
si estrae l’acqua e con dei passaggi molto costosi viene potabilizzata. Mantenere e conservare
l’acqua del Po è un obbiettivo importante perché a cascata può determinare degli effetti anche in
questi termini. Più l’acqua del Po è inquinata, più i costi per renderla potabile aumentano.
L’inquinamento dell’acqua del fiume deriva da tante sorgenti legate, ad esempio, alla depurazione
delle acque ad uso civile o industriale, oppure legate alle produzioni agricole tramite gli
espandimenti, gli arricchimenti, le fertilizzazioni, l’uso di pesticidi e fitofarmaci, ecc. è possibile,
quindi, quantificare il ruolo che un ecosistema fluviale, ad esempio, offre dandoci dell’acqua
potabile a basso costo. Bisogna ricordare, quindi, che nel momento in cui si decide di trasformare le
superfici naturali per renderle produttive o si cambia l’uso del suolo per costruire qualcosa, è
importante tener conto che la perdita del suolo o della superficie naturale ha un costo in prospettiva
della mancanza dei servizi ecosistemici offerti da tale unità di territorio. Questo concetto è alla base
del concetto di servizi ecosistemici, quindi, dare al cittadino e all’amministratore o investitore, una
quantificazione economica di ciò che si perde togliendo una parte importante di ciò che ci offrono i
servizi ecosistemici. In tutto ciò, è possibile anche definire il contributo dei servizi naturali al PIL
per consapevolizzare sulla conservazione della natura. Ricordiamo, che quando si parla di
conservare la natura, non si tratta di conservare la sua “bellezza” estetica, ma si tratta di conservare
la biodiversità perché è funzionale al mantenimento di ciò che abbiamo definito come i processi
globali di trasformazione della materia e dell’energia.
- Servizi di regolazione. I servizi di regolazione sono i benefici materiali che gli esseri
umani derivano dai processi ecosistemici, ma che non vengono estratti per il proprio
sostentamento. In pratica, è il ruolo che gli ecosistemi hanno nel regolare le condizioni
ambientali. Nelle interazioni biotiche/abiotiche le qualità del contesto si possono dividere in
condizioni ambientali e risorse. Le risorse fanno riferimento ai servizi ecosistemici di
approvvigionamento, mentre le condizioni ambienta fanno riferimento al concetto di servizi
di regolazione, tra cui vi rientra la regolazione del clima, la purificazione dell’aria e
dell’acqua, protezione dalle catastrofi, controllo delle malattie, ecc. Raramente viene
assegnato a questi servizi un valore monetario, cosa che ne rappresenta un problema perché
anche se vi è una certa facilità nel riconoscere i servizi ecosistemici, poi vi sono difficoltà
nel trasferire il senso e il ruolo di tali servizi.
- Servizi culturali. I servizi culturali sono i benefici non materiali di cui gli esseri umani
godono grazie all’esistenza degli ecosistemi, tra cui di tipo ricreativo, educativo, spirituale o
estetico. A volte siamo anche disposti a pagare per poter conservarli.
- Servizi di supporto. I servizi di supporto sono servizi che non forniscono un vantaggio
diretto, ma sono essenziali per il corretto funzionamento dell’ecosistema. In questo concetto
fondamentali, quindi, rientra la definizione della biodiversità legata al funzionamento.
Questo doppio paradigma è importante perché legata all’ecologia applicata e al mondo della
gastronomia. In tali servizi vi rientrano la produzione primaria, i cicli biogeochimici e la
formazione del suolo. In genere, non sono considerati dai mercati, anche se in parte è
considerato da alcune categorie, tra cui l’agricoltura biologica, il cui obbiettivo è il
mantenimento del servizio della fertilità del suolo.
Video – Ecopay Connect. Video che riguarda il concetto e l’importanza dei servizi ecosistemici
delle zone umide.
È possibile stabilire dei legami più o meno intensi tra i servizi e le componenti del benessere
umano, tra cui sicuramente vi rientrano la sicurezza, le basi per una buona qualità di vita, la salute,
buone relazioni sociali e libertà di scelta e azione. Questo è, ad esempio, il frutto del Millennium
Ecosystem Assessment, che è stato uno dei pilastri che ha sviluppato il concetto dei servizi
ecosistemici. I servizi ecosistemici, quindi, non sono altro che una nuova forma di chiamare cose
che già si conoscevano, ma è una strategia che cerca di valorizzare il ruolo degli ecosistemi e il loro
funzionamento a vantaggio nella nostra vita. Uno degli obbiettivi fondamentali dello sviluppo e
della conoscenza dei servizi ecosistemici è stato quello di mappare i servizi ecosistemici. È
fondamentale riuscire a capire quali sono le unità ambientali che più di altre offrono servizi
ecosistemici per pianificare le azioni del futuro. È stato svolto, come in tutta Europa, un’attività di
ricerca ed è stata realizzata la valutazione dei servizi ecosistemici per una serie di ecosistemi di
riferimento. In Italia, in particolare per le faggete, le arie umide, gli uliveti, i laghi e i posidonieti. In
questo modo sono stati mappati i sistemi ed a ogni sistema è stato associato un ruolo, tra cui la
capacità di depurare l’acqua, di immagazzinare carbonio, ecc. La mappatura è utile per capire il
bilancio dei servizi nelle singole unità territoriali. Il turismo ambientale e il turismo
enogastronomico, ad esempio, sono sicuramente dei servizi fondamentali per il mantenimento degli
elementi ambientali locali. Il turismo enogastronomico è fondamentale perché incentiva alla
conservazione dei servizi ecosistemici, al miglioramento della funzionalità, all’aumento della
biodiversità e alla produzione ed erogazione di prodotti tipici locali.
In tale ottica vi sono delle strategie particolari, soprattutto nell’elaborazione di percorsi turistici
virtuosi che cerchino di supportare lo sviluppo di un turismo sostenibile. Un esempio è il CEST o
Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree Protette. In Italia è stato supportato ed è
stata elaborata la Carta di Roma alla finalità di valorizzare il capitale naturale e che ha cercato di
far interloquire gli obbiettivi di salvaguardia della natura con quelli della salvaguardia di tipo
culturale. La Carta di Roma, quindi, è stata implementata sul capitale naturale-culturale. Per
valorizzare il dialogo tra produzione e salvaguardia è necessario elaborare nuove forme di
produzione in cui l’uso della risorsa idrica, della risorsa suolo e gli effetti sulla risorsa aria possano
essere equilibrati ed analizzati contemporaneamente. Una delle criticità del passato era di
considerare questi aspetti separati fra di loro e non avere una visione complessiva dei processi.
Vi è tutto un interesse nell’elaborare delle strategie di tipo economico e finanziario che possano
essere in grado di finanziare le strategie di sviluppo. Si tratta, quindi, di un interesse attivo nella
valorizzazione, contabilità e sviluppo di strumenti economici in grado di supportare lo sviluppo di
una maggiore sostenibilità e di una stretta interdipendenza sulla valorizzazione naturale e dei servizi
ecosistemici. Gli strumenti economici per la conservazione della biodiversità sono tra gli altri:
- Efficiente utilizzo delle risorse finanziarie disponibili, prime tra tutte quelle della
programmazione comunitaria 2014-2020.
- Altri strumenti finanziari dedicati sono LIFE+, Natural Capital Finincing Facility –
NCFF, che supportano la biodiversità e la valorizzazione e implementazione del capitale
naturale.
- Sussidi
Tutti questi obbiettivi si possono arrivare soltanto se si informano le persone rispetto alla presenza
dei sistemi ecosistemici. Il primo seminario incentrato sulla Food Forest della dottoressa Riolo era
destinato proprio a questo, a sensibilizzare le persone creando un fronte di partecipazione che
ingloba poi le strategie mondiali