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LEZIONE DEL 10/12/2021

AGRICOLTURA INTEGRATA E BIOLOGICA

I sistemi frutticoli, ma in generale tutte le produzioni agrarie, possono essere di tipo convenzionale,
integrata o biologica. Le pratiche convenzionali sono la base, ma vi possono essere anche delle
variazioni rispetto a questo metodo. L’agricoltura integrata e l’agricoltura biologica sono metodi
sostenibili che diminuiscono il loro impatto sull’ambiente e garantiscono una maggiore sicurezza
dei prodotti agroalimentari. Come ben sappiamo, infatti, l’agricoltura convenzionale e gli
allevamenti sono considerati tra le prime cause di impatto sull’ambiente, in particolare derivante
dall’utilizzo di fertilizzanti, dall’utilizzo non ponderato dell’acqua e di pesticidi, dall’utilizzo di
metodi e sistemi irrigui non idonei e dal ricorso a colture che richiedono un grande apporto di input
esterni, ovvero che richiedono grandi dosi di fertilizzanti e acqua in ambiente non idonei.

L’agricoltura sostenibile comprende un’agricoltura sia gestita a livello familiare, in cui i prodotti
servono al sostentamento dell’agricoltore, sia gestita per la vendita diretta. Chiaramente,
l’agricoltura sostenibile può anche essere realizzata su grandi imprese agricole. Anche queste
pratiche hanno una loro collocazione sul mercato, infatti, oggi più di mai si trovano moltissimi
prodotti certificati col marchio biologico. Questo aumento nella disponibilità di questi prodotti è
dovuto a campagne mediatiche destinate ai consumatori, i quali si sono rivelati molto sensibili a tali
argomenti. L’Organizzazione Mondiale per lo Sviluppo Economico definisce l’agricoltura
sostenibile e sostiene che questa agricoltura deve garantire i seguenti obbiettivi:

- Reddito equo all’agricoltore.


- La tutela della salute dell’operatore agricolo e del consumatore.
- La conservazione nel tempo della fertilità del suolo.
- La conservazione nel tempo delle risorse ambientali.

Su queste premesse si fonda la produzione integrata e la produzione biologica.

1. Produzione integrata

La produzione integrata fa riferimento ad una serie di pratiche agricole che si fondano su


premesse specifiche e un’adeguata conoscenza sull’ambiente. Sottolineiamo i seguenti aspetti:

- Studio del suolo e delle condizioni climatiche.


- Scelta della varietà.
- Irrigazione e concimazione solo per soddisfare le esigenze della pianta.
- Controllo degli insetti patogeni e inserimento dei predatori.
- Monitoraggio dell’ambiente e sicurezza del prodotto.
- Solo i prodotti chimici inseriti nei regolamenti europei possono essere utilizzati.

Riguardo a quest’ultimo punto dobbiamo ricordare che un piano di concimazione viene fatto
ricorrendo alla chimica, ma cercando di ridurre al minimo il suo utilizzo. L’agricoltura integrata si
basa sui seguenti principi:

- Valorizzazione delle risorse naturali e dei meccanismi di regolazione degli ecosistemi.

- Assicurare una produzione costante di alimenti e di altri prodotti di alta qualità.


- Garantire reddito all’agricoltore.

- Ridurre le fonti di inquinamento agricolo dell’ambiente.

- Sostenere le molteplici funzioni dell’agricoltura.

I principi su cui si basa l’agricoltura integrata sono normati dall’Organizzazione Internazionale per
la Lotta Biologica e Integrata. Quest’organizzazione redige regolamenti recepiti a livello nazionale
che poi a livello regionale vengono adattati alle caratteristiche della singola regione. Esistono 21
regolamenti, uno per ognuna delle regioni d’Italia e 2 per le provincie autonome di Bolzano e
Trento. È importante studiare il Disciplinare di Produzione Integrata stabilito dall’Emilia-
Romagna. Il primo aspetto che deve essere considerato è la vocazionalità. La vocazionalità si
declina in termini dell’ambiente pedologico e dell’ambiente climatico. Per valutare una
produzione che sia meno impattante per l’ambiente è fondamentale studiare l’ambiente di
coltivazione e, quindi, per valutare la vocazionalità di un ambiente è necessario valutare i suoli
considerando le condizioni ottimali dal punto di vista climatico e dell’apporto irriguo. Si valuta,
quindi, l’ambiente pedologico e l’ambiente climatico in modo da individuare la coltura che meglio
si adatta all’ambiente.

Un aspetto importante dell’ambiente di coltivazione è tutta quella parte che abbiamo definito come
improduttiva, ovvero quella zona dell’ambiente agricola che non è produttiva, come è il caso dei
filari alberati, di siepi, scoline e capezzagne, ecc. Queste componenti sono importanti perché sono
l’habitat di predatori di parassiti delle piante, contribuiscono alla trattenuta del suolo e
contribuiscono a evitare la perdita del suolo. Secondo i criteri della produzione integrata queste
componenti dovrebbero rappresentare al meno il 5% della superficie utilizzata per la coltivazione.
La flora spontanea deve essere mantenuta per l’importanza che hanno nella costituzione di un
agroecosistema sano. In tutte queste aree non coltivate, chiaramente, vi è il divieto di utilizzare
fertilizzanti o prodotti fitosanitari per impattare il meno possibile sull’equilibrio naturale
dell’agroecosistema.

Tra le altre cose, nel Disciplinare vengono date indicazioni sulle scelte varietali. Nel corso degli
anni sono state stilate a livello regionale delle liste di orientamento varietale. Queste liste sono
elenchi che per ogni specie di interesse agricole stabiliscono quali varietà si adattano meglio ai
diversi ambienti con tutte le diverse performance vegeto-produttive, le necessità in termini di acqua
irrigua, fertilizzanti, ecc. e quali sono le rese in termini quantitativi e qualitativi. Se l’agricoltore si
riferisce a queste liste varietali può individuare quali varietà si adattano meglio al suo ambiente di
produzione e, di conseguenza, quali varietà produrranno in maniera adeguata sia in termini
qualitativi che quantitativi richiedendo meno input esterni, quindi, meno fertilizzanti, acqua irrigua,
ecc. Queste varietà, inoltre, sono meno suscettibili agli stress biotici e abiotici. Oltre a fornire
informazioni sulla varietà, il Disciplinare fornisce informazioni sull’approvvigionamento delle
varietà in termini di materiali vivaistico, il quale chiaramente deve essere virus esente in modo da
non diffondere virus che possono compromettere le produzioni. Inoltre, vengono date indicazioni
specifica anche sulle piante arboree sulle caratteristiche che esse devono avere. Chiaramente,
vengono fornite informazioni anche sulla sistemazione e preparazione del suolo in modo da
garantire e salvaguardare la fertilità del suolo. Queste indicazioni possono variare in base a:

- La tipologia del suolo


- Le colture interessate
- La giacitura
- I rischi di erosione
- Le condizioni climatiche dell’area
Queste indicazioni vengono date perché viene fatto un riferimento esplicito all’importanza della
struttura del terreno. La struttura è definita dalla disposizione spaziale delle particelle che
compongono il terreno e contribuisce alla capacità di trattenuta idrica del terreno, all’arieggiamento,
definisce il contenuto in sostanza organica, ecc. dando una misura della fertilità del terreno. Di
conseguenza, siccome lo scopo è creare e mantenere durante tutta la stagione una sana struttura,
vengono date indicazioni sulla tipologia di tecnica di lavorazione che contribuiscano a favorire la
struttura riducendo al minimo le perdite di terreno per erosione. La diversa tipologia di lavorazione
deve essere definita in base alle caratteristiche dell’ambiente, dalla quantità di sostanza organica, la
pendenza, l’incidenza delle piogge, ecc.

Altro aspetto importante delle produzioni integrate è l’avvicendamento. L’avvicendamento è


fondamentale perché garantisce la fertilità del terreno, riduce l’incidenza delle infestazioni sia dal
punto di vista delle piante che degli insetti e patogeni, ecc. Le aziende devono adottare rotazioni al
meno quadriennali, per cui devono passare al meno 4 anni perché una coltura ritorni sullo stesso
appezzamento di terreno. Questo contribuisce a preservare la fertilità del terreno e ad evitare i
fenomeni di stanchezza di cui abbiamo parlato.

Vengono date indicazioni sulla tipologia di semina e trapianto in modo da ottenere le migliori
rese in base alle diverse tipologie di produzioni. Altro aspetto importante riguarda la gestione del
suolo e le pratiche agronomiche per il controllo delle piante infestanti. Ad esempio, si fa
riferimento alle pratiche agronomiche in base alla pendenza. Se l’appezzamento ha una pendenza
superiore al 30% per le colture erbacee e annuali è consentito praticare soltanto la semina sul sodo o
la minima lavorazione. Queste sono due tecniche che evitano gli effetti negativi dell’aratura, la
quale compromette la quantità di sostanza organica di un terreno e in ambienti in cui è presente
poca acqua aumenta la quantità di acqua che viene persa per evapotraspirazione. La semina in sodo
o la minima lavorazione comportano l’utilizzo di macchine che con un unico passaggio scavano il
solco su terreni non lavorati ed effettuano la semina riducendo al minimo gli interventi sul terreno
per ridurre al minimo i problemi di erosione. Nelle colture poliennali, invece, sono consentite
lavorazioni che prevedono il taglio del terreno perché se una coltura rimane per tanto tempo in un
terreno è più facile che esso si compatti e si rischi l’asfissia e il ruscellamento perché l’acqua non
penetra nel terreno. In questi casi si ricorre a lavorazioni che prevedono dei tagli all’interno del
terreno senza il ribaltamento del terreno, come è il caso delle rippature e le scarificature in
dipendenza della profondità e tipo di coltura. Per le colture arboree per proteggere il terreno nel
caso di terreni in pendenza è previsto che si scavi una buca e si intervenga soltanto con lo scavo
della buca dove verrà impiantata la nuova pianta, mentre tutto il resto del terreno viene lasciato
inerbito.

È importante anche la sistemazione dei terreni. Deve essere garantita la presenza di fossi o solchi
acquai che servono a raccogliere l’acqua in eccesso ed evitare problemi di ruscellamento e perdite
di terreno per erosione. Negli impianti arborei per evitare questi problemi di erosione si pratica
l’inerbimento, per cui il terreno viene lasciato totalmente inerbito e in questo modo il terreno viene
trattenuto dalle radici delle piante e, quindi, si evita che possa essere perso per erosione e si
garantisce il mantenimento della struttura e penetra meglio l’acqua nel terreno aumentando la
quantità di acqua che viene stoccata nel terreno durante le stagioni piovose. Fra le altre cose,
devono essere registrati tutti gli interventi dal punto di vista degli input esterni, come è il caso, ad
esempio, dell’uso di fitoregolatori o stimolanti. In particolare, deve essere stabilito un piano di
concimazione per arricchire il terreno di elementi che realmente sono carenti e nel caso in cui la
pianta non ne abbia a sufficienza. Per impostare un piano di fertilizzazione l’agricoltore deve
all’interno della sua azienda individuare terreni uniformi che abbiano le stesse caratteristiche dal
punto di vista agronomico e pedologico e deve verificare la dotazione in elementi nutritivi dei
diversi terreni consultando il catalogo dei suoli oppure facendo delle analisi di laboratorio in modo
da verificare la quantità di azoto, fosforo e potassio che è presente nel terreno.
In base alla dotazione del terreno viene fatta la scelta della coltura e, in seguito, in base alle
necessità della coltura viene stabilito se il terreno ha bisogno di essere arricchito e di quanto in uno
o più di questi macroelementi. In questo modo si supporta la coltura nello svolgimento delle sue
funzioni senza rischiare di impattare sull’ambiente né tanto meno si rischia il consumo di lusso
delle colture che porta ad uno spreco dei fattori della produzione e un problema di sicurezza nei
confronti dei consumatori.

Per quanto riguarda i fertilizzanti che possono essere utilizzati in agricoltura integrata vi è un
Decreto Legislativo n°75 del 29 aprile 2010 che li comprende tutti e che possono essere utilizzati
anche in agricoltura biologica. L’agricoltura integrata, quindi, comprende l’utilizzo di componenti
dell’agricoltura biologica, ma permette anche l’utilizzo in maniera controllata di prodotti di sintesi,
mentre in agricoltura biologica i prodotti di sintesi non sono consentiti. Chiaramente, per quanto
riguarda la fertilizzazione vengono considerati i metodi di distribuzione in modo da garantire un
assorbimento efficiente di questi elementi senza impattare sull’ambiente. Ad esempio, la
distribuzione prima delle piogge di prodotti molto mobili come i concimi a base id azoto, che sono
molto solubili e possono essere dilavabili facilmente, possono compromettere la loro presenza
perché, infatti, vi è il rischio di perdere l’unità fertilizzante, ma anche di compromettere le risorse
idriche.

Per quanto riguarda l’irrigazione, anch’essa viene regolamentata e anche per questa pratica
l’agricoltore deve compilare registri in cui deve riportare la quantità di acqua utilizzata per ciascuna
tipologia di irrigazione.

- Irrigazione per aspersione e per scorrimenti. Data e volume di irrigazione utilizzato per
ogni intervento.

- Microirrigazione. Volume di irrigazione per l’intero ciclo prevedendo l’indicazione delle


date di inizio e fine irrigazione.

In caso di gestione consortile o collettiva dei volumi di adacquamento i dati sopra indicati possono
essere forniti a cura della struttura che gestisce la risorsa idrica. Fra le altre cose, deve essere
indicata anche la quantità di pioggia che arriva durante la stagione. In genere, questo dato è
ricavabile dalle capannine meteorologiche o dai Servizi Meteo ufficiali. Inoltre, deve essere indicato
se si fa ricorso all’irrigazione di soccorso, la quale viene praticata in ambiente non irrigui soltanto
nel caso in cui l’acqua contenuta all’interno del terreno grazie alle idrometeore non sia più
sufficiente per sostenere la coltura. I volumi di adacquamento indicati devono essere indicati. Ad
esempio, nell’irrigazione per scorrimento deve essere somministrata l’acqua finché non si ricopra i
¾ della superficie del terreno. Il restante quarto viene bagnato con l’acqua che scorre in superficie.
Chiaramente, deve anche essere indicato in tempo intercorrente tra le diverse somministrazioni.

Nel Disciplinare vengono indicati dei metodi per ridurre ulteriormente i metodi preventivi,
precisamente per evitare l’impatto delle piante infestanti e le perdite di acqua per evaporazione. È il
caso, ad esempio, della pacciamatura, consentita e raccomandata nel Disciplinare di Produzione
Integrata. Altro aspetto importante è la raccolta. Nei Disciplinari, infatti, vengono stabiliti dei
parametri per definire il momento di inizio della raccolta. Chiaramente, deve essere garantito il
mantenimento della qualità dei prodotti e deve essere garantita la rintracciabilità, cioè la possibilità
di ripercorrere a ritroso, dal momento in cui il prodotto arriva al consumatore, tutti i passaggi che il
prodotto ha subito fino alla raccolta in modo da individuare dei lotti di prodotto che magari sono
stati contaminati. Inoltre, serve per tutelare il consumatore rispetto ai prodotti che consuma. Proprio
per questo motivo in Emilia-Romagna è stato creato il marchio QC – Qualità Controllata, il quale
garantisce che tutte le produzioni che portano il marchio abbiano rispettato l’ambiente e la salute
dell’uomo e che siano prodotti rispettando i dettami della Produzione Integrata.
Un aspetto importante della Produzione Integrata è la Lotta Integrata. La lotta integrata riguarda
quei metodi che servono per proteggere le piante da organismi nocivi. Nell’agricoltura integrata
possono essere utilizzati prodotti di sintesi soltanto in specifici momenti, cioè in quei momenti in
cui l’infestazione superi i livelli di soglia stabiliti dai disciplinari. Si fa riferimento al Disciplinare
per individuare il momento, se e quando intervenire con i prodotti di sintesi per il controllo dei
patogeni e delle infestanti. Chiaramente, sia per quanto riguarda gli antiparassitari che gli erbicidi,
vengono indicati in un elenco che riporta i principi attivi che possono essere utilizzati nella
produzione integrata. Altro aspetto importante per quanto riguarda l’utilizzo di antiparassitari o di
prodotti fitosanitari riguarda la scelta delle formulazioni, di cui si trovano consigli nel Disciplinare.
Ricordiamo, infatti, che tali prodotti possono essere diversi a seconda della formulazione. Oltre a
contenere il principio attivo, i coadiuvanti e gli additivi questi prodotti possono presentarsi in una
soluzione, in sospensione, essere polverulenti, ecc. In agricoltura integrata nel Disciplinare si
stabilisce che sono da preferire le formulazioni che prevedono il prodotto già emulsionato in acqua
come granuli disperdibili o solubili o sospensioni, rispetto alle polveri bagnabili e polveri solubili o
i concentrati emulsionabili, proprio perché questi ultimi sono più difficili da gestire dall’operatore e
sono più inquinabili sia per l’ambiente sia per l’uomo che li respira. Infatti, tali prodotti possono
danneggiare la salute dell’operatore e, inoltre, i concentrati emulsionabili rendono i contenitori più
difficili da igienizzare, il che comporta un maggior utilizzo di acqua per la pulizia e una maggior
quantità di acqua da smaltire. Fra le altre cose, viene anche indicata la dose solubilizzata dei
diserbanti.

Nel Disciplinare vi sono anche delle regole nell’utilizzo delle trappole, le quali hanno una doppia
funzione, infatti, servono per il monitoraggio delle infestazioni e l’individuazione delle soglie di
intervento, ma servono anche come deterrente. Il disciplinare indica:

- I tipi di feromone da utilizzare.


- La dose di feromone da utilizzare.
- Il rapporto tra i diversi componenti.
- La forma delle trappole.

Il Disciplinare rende obbligatorio l’utilizzo di queste trappole per poter poi utilizzare anche i
prodotti chimici. Infatti, le aziende che non utilizzano queste trappole non possono utilizzare i
prodotti di sintesi, altrimenti si rischiano sanzioni. Poiché viene permesso l’utilizzo di fitofarmaci
possono essere utilizzate delle macchine per la loro distribuzione, ma viene reso obbligatorio il
controllo e la taratura delle irroratrici in modo da essere sicuri che la quantità di prodotto distribuito
è quella giusta e non una dose superiore e poi con conseguente impatto sull’ambiente. Deve essere
fatta continuamente una manutenzione delle macchine e deve essere registrata, altrimenti si
rischiano sanzioni.

Come visto per la produzione integrata ogni aspetto della tecnica agronomica, dalle lavorazioni, gli
apporti irrigui, il controllo delle infestanti, il controllo degli stress biotici e abiotici, ecc., tutto viene
regolamentato da questo Disciplinare. Tra l’agricoltura convenzionale e l’agricoltura integrata la
principale differenza è che l’agricoltura integrata ha una maggiore attenzione per la sostenibilità e
l’impatto sull’ambiente, prevede il ricorso alla chimica ma soltanto a seguito di un puntuale
monitoraggio delle infestazioni per quanto riguarda l’utilizzo dei prodotti fitosanitari e delle
dotazioni del terreno nel caso della fertilizzazione. Inoltre, prevedendo l’avvicendamento
l’agricoltura integrata sfrutta la capacità delle piante di restituire parte degli elementi nutritivi
utilizzati al terreno per mantenere la fertilità. Chiaramente, si possono utilizzare fertilizzanti chimici
di sintesi, ma si può ricorre a fertilizzanti organici come il letame in base alle disponibilità
dell’agricoltore e della disponibilità del letame stesso.

2. Produzione Biologica

Rispetto all’agricoltore integrata l’Agricoltore Biologica impedisce completamente l’utilizzo di


prodotti di sintesi, mentre si possono utilizzare soltanto sostanze di origine naturale. L’agricoltura
biologica viene regolamentata e controllata. Il penultimo regolamento a cui si fa riferimento è
l’834/2007 del Consiglio, anche se poi è stato abrogato recentemente con il regolamento 2018/848
che sarebbe dovuto entrare in vigore nel gennaio del 2021 ma che a causa della pandemia entrerà in
vigore nel gennaio del 2022. Di seguito, vediamo le caratteristiche del regolamento del 2007. Il
regolamento 834/2007 norma:

- Tutte le fasi della produzione, preparazione e distribuzione dei prodotti biologici nonché il
loro controllo.

- L'uso di indicazioni riferite alla produzione biologica nell'etichettatura e nella pubblicità.

Questo regolamento si applica ai:

- Prodotti agricoli vivi o non trasformati.


- Prodotti agricoli trasformati destinati ad essere utilizzati come alimenti.
- Mangimi.
- Materiale di propagazione vegetativa e sementi per la coltivazione.
- Lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi.

All’interno di questo regolamento non vengono considerati i prodotti della caccia o della pesca di
animali selvatici. La produzione biologica si basa sulle seguenti prescrizioni:

- Divieto di uso OGM, salvo una percentuale minima entro lo 0,1% considerata non
accidentale.

- Divieto di uso di radiazioni ionizzanti per il trattamento di alimenti o mangimi.

- Facoltà per un'azienda agricola di dedicarsi a diverse tipologie di produzione. In tal caso è
richiesta, comunque, una separazione per le unità di azienda dedite alla produzione secondo
procedimento biologico in modo che non vi sia contaminazione fra le colture.

Questo regolamento chiaramente fa riferimento sia alle produzioni animali che alle produzioni
vegetali. Per la produzione vegetale è richiesto:

- L'utilizzo di tecniche di lavorazione che implementino il contenuto di materia organica del


suolo e limitino l'inquinamento dell'ambiente.

- La rotazione pluriennale delle colture.

- La concimazione con concime naturale o con i soli concimi ed ammendanti appositamente


autorizzati per la tipo di produzione (è escluso l'uso di concimi minerali azotati).
- L'utilizzo di tecniche naturali di prevenzione per i danni provocati da parassiti e, in caso di
grave danno per la coltura, l'utilizzo dei soli fitosanitari autorizzati.

- L'utilizzo di sole sementi e materiali di propagazione vegetale biologici.

Nel momento in cui i prodotti devono essere trasformati in ambito aziendale devono essere garantite
linee diverse rispetto al trattamento delle stesse tipologie di prodotti ma ottenuti con metodo
tradizionale. Un aspetto molto importante che riguarda le produzioni biologiche è l’etichettatura.
Se un agricoltore ha impiegato energie per ottenere prodotti biologici e ha dovuto subire tanti
controlli per garantire la qualità è giusto che l’agricoltore esponga certe informazioni sull’etichetta
del proprio prodotto, anche perché l’agricoltura biologica rappresenta un valore aggiunto nei
confronti del consumatore. Per l’utilizzo del logo del biologico devono essere presenti negli
alimenti trasformati almeno il 95% in peso degli ingredienti di origine biologica. Nei prodotti
biologici in etichetta deve essere indicato il codice dell’organismo di controllo. Gli organismi di
controllo verificano che tutte le norme stabilite siano state rispettate in azienda. Viene indicato,
quindi, il logo del marchio biologico nonché l’organismo di controllo, per cui viene indicato anche
il regolamento a cui si fa riferimento. Inoltre, sull’etichetta viene riportato anche il paese in cui il
prodotto è stato ottenuto. Deve essere indicato anche se il prodotto proviene da paesi dell’UE, non
UE o entrambi se il prodotto ha ingredienti con origine diversa. Gli organismi di controllo che si
occupano di verificare il compimento delle normative è autorizzato dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali. Tutte le informazioni che vengono espresse in etichetta danno una misura di
quanto siano controllate le produzioni biologiche.

- Denominazione commerciale.
- Ingredienti e acqua aggiunta.
- Quantità.
- Termine minimo di conservazione che rimanda ad una stampigliatura sulla confezione.
- Ragione sociale del produttore e marchi commerciali.
- Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento.
- Modalità di utilizzo e conservazione.
- Lotto.
- Indicazione ecologica.
- Formato della pasta.
- Logo comunitario, codice dell’Organismo di Controllo e riferimento all’origine delle
materie.
- Logo dell’Organismo di Controllo.
- Riferimenti all’Organismo di Controllo.

Fra le altre cose, devono essere indicati in etichetta i prodotti che non derivano da agricoltura
biologica, i quali sono regolamentati dal Reg. 889/2008. L’etichettatura del biologico può essere
utilizzata da tutti gli operatori, agricoltori, distributori, importatori, ecc. se si rispettano i Reg.
834/2007 e 889/2008 e che siano autorizzati dall’Organismo di Controllo. Il logo europeo del
biologico, denominato Euro-leaf, è stato selezionato fra diversi bozzetti di design provenienti da
tutta l’UE. Il logo e le caratteristiche che deve avere in etichetta sono codificati da regolamenti
europei che dettano l’altezza, la larghezza, la proporzione, il colore, quanto esso spicca rispetto al
packaging, ecc. Una volta che il prodotto viene pregiato con il marchio del biologico il produttore lo
immette in etichetta. Il logo europeo si deve apporre ai prodotti chiusi confezionati ed etichettati
con una percentuale prodotto di origine agricola biologica di almeno il 95%. Il logo europeo è
facoltativo nei prodotti con le stesse caratteristiche ma provenienti da paesi terzi. Il logo è proibito
in tutti gli altri casi. Il logo non si può usare nei seguenti casi:
- Nelle etichette del prodotto ancora in conversione all’agricoltura biologica.

- In quei prodotti dove sia inferiore al 95% la percentuale di prodotto biologico rispetto alla
quantità totale in peso del prodotto di origine agricola.

- Nei prodotti non contemplati nel Reg.834 e Reg.889


Dal punto di vista del mercato l’Europa è la principale produttrice di prodotti biologici, anche se è
previsto un aumento delle produzioni nei paesi in via di sviluppo. Ciò è dovuto al prevedibile
sviluppo della domanda di prodotti nei paesi occidentali e per la necessità di ricercare nuovi canali
commerciali per agricolture in via di sviluppo. Inoltre, si ha la percezione da parte degli agricoltori
e dei consumatori che tali prodotti siano migliori dal punto di vista organolettico, nutrizionale e
sanitario. Inoltre, negli ultimi anni è aumentata la ricerca di nuovi mercati nelle agricolture in via di
sviluppo. Chiaramente, ciò dovrebbe avvenire a seguito di una regolamentazione maggiore delle
normative relative alle certificazioni e agli scambi internazionali. Infatti, se è vero che i prodotti
biologico si vantano di un valore aggiunto e di un prezzo maggiore, è anche vero che vi deve essere
un maggior controllo e certificazione. In Italia e in UE ciò avviene in maniera puntuale, mentre in
altri paesi non tutte le norme son fatte rispettare allo stesso modo.

Nel 2018 la normativa è variata ed è stato emanato un nuovo Decreto Legislativo recante la
“Disposizione di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di
produzione agricola e agroalimentare biologica”. Questo rende ancora più astringenti le norme per il
biologico e dà più importanza e poteri all’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione
frodi dei prodotti agroalimentari, che fa capo al MIPAF. In questo modo si aumenta il controllo
anche sui controllori, cioè su quegli organismi che si occupano di controllare le aziende. In questo
modo si garantisce al consumatore la genuinità dei prodotti che acquista. Il Regolamento 2018/848
entra in vigore il 1° gennaio del 2022 e contiene 61 articoli allegati e attesta molte delle cose che
abbiamo già trattato sul biologico. Inoltre, prevede una serie di miglioramenti rispetto ai
regolamenti precedenti.

- Rispettare i sistemi e i cicli naturali e mantenere e migliorare lo stato dei suoli, delle acque e
dell'aria, la salute dei vegetali e degli animali e l'equilibrio tra di essi.

- Preservare elementi del paesaggio naturale, come i siti del patrimonio naturale.

- Assicurare un impiego responsabile dell'energia e delle risorse naturali come l'acqua, il


suolo, la sostanza organica e l'aria.

- Produrre un'ampia varietà di alimenti e altri prodotti agricoli e dell'acquacoltura di elevata


qualità che rispondano alla domanda dei consumatori di prodotti ottenuti con procedimenti
che non danneggino l'ambiente, la salute umana, la salute dei vegetali o la salute e il
benessere degli animali.

- Garantire l'integrità della produzione biologica in tutte le fasi della produzione, della
trasformazione e della distribuzione di alimenti e mangimi.

- Progettare e gestire in modo appropriato processi biologici basati su sistemi ecologici e


impiegando risorse naturali interne al sistema di gestione con metodi che utilizzano
organismi viventi e metodi di produzione meccanici; praticano la coltura di vegetali nel
suolo e la produzione animale legata alla terra, o l'acquacoltura nel rispetto del principio
dello sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche; escludono l'uso di OGM, dei prodotti
derivati da OGM e dei prodotti ottenuti da OGM che non siano medicinali veterinari; si
basano sulla valutazione del rischio e, se del caso, si avvalgono di misure precauzionali e di
misure preventive.

Per quanto riguarda i cambiamenti rispetto al regolamento precedente possiamo, innanzitutto, fare
riferimento agli OGM. Mentre il regolamento del 2007 estendeva la soglia di tolleranza per le
contaminazioni accidentali da OGM dello 0,9% anche all’agricoltura biologica, il regolamento 2008
sancisce espressamente il divieto di utilizzo di materiale contenente OGM.
Inoltre, vengono introdotti gli aromi naturali come reali ingredienti del biologico e, di
conseguenza, anche questi devono essere di origine biologica per almeno del 95%. Fra le altre cose,
per supportare i piccoli produttori, soprattutto di quei paesi in via di sviluppo, è prevista la
possibilità di realizzare una certificazione di gruppo. Gruppi di aziende, quindi, si possono riunire
fra di loro per ottenere la certificazione del biologico e, in questo modo, anche piccoli produttori
possono pregiarsi di tale certificazione ed essere competitivi sul mercato. È previsto sempre e
comunque un Certificato emesso dall’Organismo di Controllo che non si chiamerà più “documento
giustificativo”, ma Certificato, il quale è obbligatorio per pregiarsi della dicitura del biologico. Da
questo certificato sono esentati soltanto quei produttori e operatori che vendono il prodotto sfuso,
esclusi i mangimi, venduti direttamente al consumatore finale.

Altro importante cambiamento riguarda le importazioni. Infatti, anche in questo caso devono
essere valutati i prodotti che arrivano da paesi terzi che hanno una regolamentazione simile, ma non
rientrano nella normativa dell’UE. È importante fare attenzione a tali questioni perché l’UE
stabilisce delle liste degli organismi di controllo extra-UE e degli accordi commerciali che
certifichino che i prodotti ottenuti in paesi non UE seguano le stesse regole seguite dagli agricoltori
UE.

Sono state escluse dall’agricoltura biologica tutte le coltivazioni fuori suolo. Tuttavia, questa
modificazione prevede una deroga di 10 anni per gli Stati membri che hanno già autorizzato questa
pratica senza possibilità di aggiungere nuove superfici a quelle già certificate come biologiche.
Infine, riguardo all’utilizzo del materiale di propagazione, delle sementi e delle banche dati, in
precedenza vi era la possibilità di fare riferimento a materiali di propagazioni non biologici, mentre
con il nuovo regolamento ciò non è più possibile. Anche in questo caso è stata approvata una deroga
fino al 2035. Di seguito vediamo un elenco degli organismi di controllo che sono autorizzati e
riconosciuti dal MIPAF per controllare che gli agricoltori abbiano tutti i registri, non dispongano di
prodotti non consentiti, ecc.

- ICEA – Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale


- BIOAGRICERT – Bioagricoop
- BIOS
- C.C.P.B – Consorzio Controllo Prodotti Biologici
- CODEX
- ECOCERT
- I.M.C – Istituto Mediterraneo di Certificazione
- QC&I International Services
- SUOLO E SALUTE
- BIOZERT

Nel corso degli ultimi anni è aumentata notevolmente la quantità di prodotti di origine biologico.
Oggigiorni, infatti, li ritroviamo anche nella grande distribuzione e con una grandissima varietà.
Chiaramente, il consumatore deve avere sempre la possibilità di scegliere con consapevolezza tra un
prodotto convenzionale e un prodotto biologico.
Tipologie di agricoltura biologica

1. Agricoltura biodinamica

L’agricoltore biodinamica nasce nei primi del ‘900 e si basa sulle conoscenze che l’uomo aveva
acquisito nei secoli precedenti. Dal 1700 in poi, infatti, l’agricoltura veniva praticata con una
maggiore consapevolezza rispetto al suo ruolo, alla fertilità dei suoli e alle rese produttive. Sono
migliorate le conoscenze sulla tecnica agronomica e sugli elementi che definiscono la fertilità. Ad
esempio, verso la metà dell’800 si è iniziato a utilizzare il letame. Nel corso degli ultimi secoli sono
state avanzate altre conoscenze sull’utilizzo di prodotti chimici che servivano per le infestazioni. Di
pari passo vi è stato anche un movimento che si è posto delle domande sull’influenza e l’impatto
che avrebbe avuto l’utilizzo della chimica sulla salute degli ambienti di coltivazione. Questo
movimento ha portato una maggior consapevolezza sull’agroecosistema e dell’equilibrio che vi
deve essere con gli altri organismi viventi presenti negli ambienti agrari.

Insieme a questo movimento è spiccato il lavoro di un filosofo polacco chiamato Rudolf Steiner
fondatore dell’antroposofia, cioè una serie di conoscenze di tipo olistico rispetto a tutte le altre
conoscenze che riguardavano non solo l’agricoltura ma anche il modo in cui l’uomo si rapporta con
l’ambiente agrario e come uomo e ambiente agrario si rapportano con tutto l’universo, aggiungendo
una parte spirituale alla questione della gestione delle produzioni agrarie. Questo approccio olistico
rispetto alle produzioni agrarie ha dato vita alle produzioni biodinamiche. Steiner ha teorizzato
che la Terra è strettamente legata con tutto l’ambiente circostante, ma anche con tutto il cosmo. Ciò
significa che non vi è soltanto un diretto rapporto di causa-effetto tra l’azione dell’uomo sulle
lavorazioni, sulla scelta delle colture, della raccolta, ecc., ma l’effetto che questo intervento che
l’uomo ha sulle produzioni sono direttamente influenzate dal cosmo e, quindi, dagli astri (luna,
pianeti, ecc.). L’agricoltura biodinamica si basa sugli stessi principi del biologico, ma in maniera
più integralista. Tra gli obbiettivi ricordiamo:

- Accrescere e mantenere la fertilità del terreno attraverso l’uso dell’humus.

- Produrre piante ed animali sani di alta qualità.

- Migliorare l’attività delle sementi con l’organismo aziendale e planetario in cui si trovano.

- Produrre alimenti che rafforzino il metabolismo umano in modo tale che lo sviluppo fisico e
spirituale dell’uomo avvenga in modo armonioso e sano.

L’obbiettivo dell’agricoltura biodinamica è la produzione di alimenti he abbiano la massima qualità


e vitalità in modo da poter contribuire allo sviluppo fisico e spirituale dell’uomo nel rispetto
dell’ambiente e degli esseri viventi che ne fanno parte. Per fare ciò l’agricoltura biodinamica ricorre
a:

- Rotazioni agricole.
- Al calendario lunare e planetario per le semine e per le operazioni colturali.
- Al compostaggio in cumuli o di superficie.
- Lavorazioni non distruttive del terreno.
- La concimazione di qualità attraverso sovesci particolari e concimazione con compost
trattato con i preparati biodinamici.

I preparati biodinamici sono diversi e possono essere da cumulo o da spruzzo sulle produzioni e
servono ad aumentare la fertilità in termini generali dell’ambiente coltivato. Tra i preparati
biodinamici ricordiamo:

- Preparato 500 cornoletame. Serve per stimolare e armonizzare i processi di formazione


dell’humus nel suolo. In pratica, si raccoglie il letame e si utilizza per riempire corna di
vacche che vengono interrate in buca sistemate in maniera specifica all’interno dell’azienda.
Queste corna vengono conservate all’interno delle buche per un periodo variabile. Dopo di
che, quando le corna vengono dissotterrate viene estratto il prodotto derivante che non è più
letame, ma è un prodotto che ha subito tutta una serie di trasformazioni che lo hanno reso
diverso. Tale prodotto risulta assolutamente inodore e ha una consistenza colloidale. Dopo
di che, il cornoletame viene messo all’interno di un dinamizzatore a cui viene aggiunto
dell’acqua. Il rimescolamento determina l’attivazione di questo prodotto che è utile per
aumentare la fertilità del terreno. Quando il terreno è in tempera il cornoletame viene
distribuiti durante il pomeriggio o la sera.

- Preparato 501 cornosilice. Deriva dalla polverizzazione di cristalli di quarzo bianco


polverizzato. Si ritiene che questa polvere contribuisca ad aumentare la capacità di
intercezione della radiazione luminosa da parte delle piante, le quali avranno un’efficienza
fotosintetica maggiore. In pratica, viene creata la polvere che poi viene inserita all’interno di
corna che poi vengono interrate. Anche questo prodotto viene dinamizzato, diluito con
acqua e soggetto ad un rimescolamento. Infine, viene distribuiti sulle colture, in particolare
sulle foglie delle coltivazioni.

- Preparato 502 achillea


- Preparato 503 camomilla
- Preparato 504 ortica
- Preparato 505 quercia
- Preparato 506 tarassaco
- Preparato 507 valeriana
- Preparato 508 equiseto

I più utilizzati sono il 500 cornoletame e il 501 cornosilice.

Difesa da parassiti e malerbe

L’agricoltura biodinamica prevede anche il ricorso a tecniche specifiche per il controllo di parassiti
e malerbe. Infatti, non potendo fare ricorso a nessun prodotto di sintesi l’agricoltura biodinamica
ricorre all’utilizzo delle ceneri del parassita che vuole combattere. In pratica, le ceneri del parassita
vengono distribuite sul terreno in modo da impedire la proliferazione del parassita e comprometta le
produzioni. Stessa cosa vale per le piante infestanti, tanto che Steiner riteneva che i parassiti e le
piante infestanti sono il risultato si squilibri tra le forze vitali che emanano dalla terra, per cui
devono essere controllate utilizzando l’organismo stesso. Tutte queste questioni valgono sia per i
parassiti che per le piante infestanti.

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