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Capitolo 7 – Geografia dell’agricoltura

L’agricoltura è l’attività economica puntata sulla produzione di vegetali e l’allevamento di animali


destinati al consumo umano. Prima della nascita dell’agricoltura, il sostentamento degli esseri
umani proveniva dalla caccia, dalla pesca e dalla raccolta, oggi praticati ancora da poche
popolazioni. Mentre la maggior parte dei gruppi dei cacciatori e raccoglitori conducevano una vita
nomade, i gruppi che si dedicavano alla pesca avevano maggiori possibilità di insediarsi
permanentemente in un luogo. In ogni caso la società non può essere considerata agricola poiché
sfruttavano le piante e gli animali a disposizione in natura senza addomesticarne alcune specie.
Nel corso della storia si sono verificate 3 rivoluzioni agricole che hanno trasformato la geografia
umana, comprese le dinamiche sociali e ambientali.
La prima rivoluzione agricola corrisponde alla nascita dell’agricoltura, che ebbe inizio con i primi
episodi di selezione di piante e addomesticamento di animali, a partire da circa 11.000 anni fa in
medio oriente. Questo fu il più antico, ma non l’unico, caso di invenzione dell’agricoltura, poiché la
sua scomparsa avvenne nei tempi diversi e in diversi luoghi del mondo senza alcuna relazione
l’uno con l’altro.
La seconda rivoluzione agricola risale invece alle nuove pratiche agricole, probabilmente di
origine cinese, aumentando notevolmente la produttività del lavoro agricolo in tutta Europa durante
il Medioevo. Nel 17° secolo vi fu un’ulteriore innovazione, si tratta della rotazione delle colture:
invece di coltivare sempre lo stesso prodotto, impoverendo il suolo, si cominciò ad alternare le
colture, inizialmente lasciando i campi incolti, pratia sostituita in una fase successiva da una
rotazione cioè un’alternanza di diverse coltivazioni che consentì di utilizzare i campi senza
interruzioni, rinnovandone la fertilità.
La terza rivoluzione agricola, tutto ora in corso è il frutto delle innovazioni tecnologiche.
L’invenzione del motore a combustione interna aprì la strada alla grande meccanizzazione
dell’agricoltura. I trattori facilitarono poi il passaggio dalla policoltura alla monocoltura,
determinando grandi trasformazioni del paesaggio dell’ambiente. Monocoltura: coltivazione di
un’unica specie vegetale su vaste estensioni di terreno. È il contrario della policoltura, che consiste
nel suddividere il terreno tra coltivazioni differenti. Ci fu un miglioramento anche nelle tecniche di
irrigazione, consentendo di coltivare terre considerate un tempo troppo aride. Ulteriore aspetto di
questa rivoluzione è rappresentato dalle biotecnologie agrarie.
Occorre fare una distinzione tra “Rivoluzione verde” e “Ingegneria Genetica”:
La Rivoluzione verde non si riferisce all’adozione di tecniche sostenibili dal punto di vista
ambientale, ma alla diffusione di un’agricoltura più produttiva. Si riferisce all’aumento della
produzione agricola verificatosi tra il 1965 e il 1985 in Asia e America Latina, grazie alla diffusione
di varietà di grano, riso e l’uso di fertilizzanti e dell’irrigazione.
L’ingegneria genetica consiste nell’applicare genetiche all’agricoltura, a partire dagli anni 80’
coinvolgendo grandi imprese private nel controllo nello sviluppo di organismi geneticamente
modificati (OGM) e sottoposti alla protezione di brevetti internazionali. Su questo ultimo è ancora in
corso un dibattito molto acceso, concentrato soprattutto sulle cause e le conseguenze di questa
rivoluzione.
La differenza tra i due è che le innovazioni della 1 furono condivise dal governo (creazione di
varietà vegetali particolarmente produttive) invece la specie geneticamente modificate della 2
(OGM) sono protette da brevetti internazionali ma sfruttati da imprese multinazionali.
I sistemi agricoli (Differenza tra Agricoltura di sussistenza e agricoltura commerciale?
Agricoltura di sussistenza è un sistema agricolo indipendente dalle richieste del mercato
globale, i cui prodotti vengono in gran parte consumati dai produttori e dalle loro famiglie e in
piccola parte scambiati o venduti sui mercati locali; mentre agricoltura commerciale è un sistema
agricolo fondato sulle richieste del mercato, i cui prodotti vengono venduti per un consumo che
spesso avviene lontano dai luoghi di coltivazione. L’agricoltura itinerante è invece un sistema
agricolo che usa il fuoco per ripulire i terreni dalla vegetazione spontanea, rendendoli adatti ad
essere coltivati per un certo periodo, al termine del quale si passa a fare lo stesso con un altro
terreno. Essa può essere considerata sostenibile dal punto di vista ambientale. La coltivazione
del riso costituisce il primo prodotto agricolo ed una delle principali fonti di amido, questo cereale
viene coltivato con tecniche di coltivazione irrigua, che rappresentano uno dei primi esempi di
agricoltura intensiva. Coltivazione irrigua è una coltivazione basata su sistemi di acque
superficiali o sotterranee, distinguendosi così dalla coltivazione asciutta, basata unicamente sugli
apporti idrici atmosferici; Agricoltura intensiva è un sistema agricolo caratterizzato da un’elevata
quantità di forza lavoro, capitali e attrezzature in relazione alla superficie coltivata. La pratica della
pastorizia, diffusa nelle regioni aride e nelle zone montagne, è l’allevamento di bestiame
all’aperto. La mobilità è un aspetto fondamentale della pastorizia, dal momento che i pascoli non
sono in grado di nutrire gli animali per tutto l’anno, costringendo gli allevatori alla transumanza,
ovvero a spostamenti stagionali in cerca di nuovi pascoli e fonti d’acqua. Agricoltura di mercato
(Agribusiness) è un sistema di interconnessione tra i contadini che producono, le industrie di
lavorazione dei prodotti agricoli, la loro distribuzione commerciale. La piantagione è una grande
coltivazione, tipica nell’area tropicale o subtropicale, specializzata in produzioni destinate
all’esportazione sui mercati internazionali. L’orticoltura commerciale è la produzione intensiva di
frutta non tropicale, ortaggi e fiori destinati alla vendita sul mercato. L’allevamento commerciale
di animali da latte è l’allevamento di bestiame per la produzione di latte, burro e formaggi,
destinati ad essere venduti sul mercato. Esso, oltre all’altro livello di meccanizzazione, prevede un
lavoro costante da parte della manodopera umana, a cui spetta il compito di mungere 2 volte al
giorno e controllare che gli animali si nutrono in maniera giusta. La factory farm (fattoria-fabbrica)
è un’azienda agricola intensiva, caratterizzata da un’altissima concentrazione di bovini, suini o
pollame, in strutture realizzate per ottimizzare il processo di alimentazione del bestiame. La
cerealicoltura commerciale è un sistema agricolo che prevede una monocoltura di cereali
altamente meccanizzata e su vasta scala. L’allevamento estensivo di bestiame è una forma di
agricoltura che prevede l’allevamento brado di grandi mandrie di bestiame o greggi di pecore,
destinate al macello. L’agricoltura estensiva, invece, è un sistema agricolo caratterizzato da uno
scarso uso di forza lavoro, capitali e macchinari per unità di terreno coltivato.
La desertificazione è un grave isterilimento dei terreni in zone non naturalmente desertiche, a
causa delle attività umane o per motivi naturali. La salinizzazione è l’accumulo di sali sulla
superficie del terreno o nel suolo. L’agricoltura sostenibile è l’insieme delle tecniche agricole che
permettono un’accurata gestione delle risorse e riducono al minimo gli impatti negativi
dell’agricoltura sull’ambiente, senza compromettere la sua redditività. L’agricoltura sostenibile
ricorre a metodi e tecniche che consentono di conservare le risorse idriche ed il suolo, tra le quali:
l’aratura secondo le curve di livello, la coltivazione a strisce, alternando colture a filare (cotone) con
colture erbacee (soia) o la creazione di fasce tampone di vegetazione frangivento. Essa
comprende anche le pratiche agricole che evitano la lavorazione del terreno con mezzi che
favoriscono l’erosione dei suoli. Un segnale della sempre più diffusa preoccupazione per gli impatti
ambientali dell’agricoltura è rappresentato dalla crescente richiesta di prodotti provenienti
dall’agricoltura biologica, ovvero un tipo di agricoltura sostenibile che si basa su cicli e processi
naturali, compatibili con la conservazione degli ecosistemi locali e costruisce il settore agricolo con
i maggiori tassi di crescita. La nuova Politica agraria comunitaria (PAC) è una politica dell’UE che
si propone di conciliare un’adeguata produzione alimentare con la salvaguardia economica delle
comunità rurali e la risposta alle sfide ambientali come i cambiamenti climatici, la gestione delle
risorse idriche, le bioenergie e la biodiversità.
Capitolo 8 - CAMBIAMENTI GEOGRAFICI PER L’INDUSTRA E I SERVIZI
Il settore primario raggruppa tutte le attività che producono i beni tratti direttamente da risorse
naturali e destinati poi al consumo alimentare e alla trasformazione industriale: comprende
l’agricoltura, la silvicoltura, l’allevamento, la pesca e le attività estrattive. La produzione di materie
prime può avere diverse conseguenze economiche e sociali. Secondo alcuni autori lo sviluppo di
un’economia basata sulle materie prima genererebbe ulteriore sviluppo industriale, mentre altri
ritengono che fare affidamento sulle materie prime inibisca la crescita economica e contribuisca
alla dipendenza dell’economia locale da pochi beni. Il settore secondario è l’insieme delle attività
che trattano, assemblano, convertono le materie prime in semilavorati e in beni finiti. Per
manifattura pesante si intende la produzione di prodotti come acciaio, combustibili, prodotti chimici
grezzi o anche beni durevoli di grandi dimensioni come grandi motori, navi e armamenti. Per
manifattura leggere include invece attività che producono beni rivolti al consumo finale (abiti,
elettrodomestici, automobili, alimenti) o prodotti sofisticati come apparecchi per ospedali, strumenti
di precisione, ecc. La geografia del settore secondario è stata influenzata dalle innovazioni
tecnologiche ed in particolare dalla Rivoluzione Industriale. L’espressione modo di produzione si
riferisce al metodo dominante con cui viene organizzata e coordinata la produzione di beni. Con la
Rivoluzione industriale, i sistemi di produzione vennero sostituiti da quelli dell’impresa capitalistica,
che introdusse innovazioni straordinarie nell’organizzazione del lavoro: cominciò con la mano
d’opera salariata, concentrata in grandi stabilimenti, capaci di produrre grandi quantità di uno
stesso bene con costi unitari molto minori di quelle delle imprese artigianali. Il settore terziario è,
invece, l’insieme delle attività che forniscono per altre attività economiche e/o per i bisogni degli
individui e delle collettività. Comprende anche le attività di comando e di direzione, dette
quaternarie. Per capire le regole generali di questa distribuzione occorre adottare una
classificazione funzionale in servizi per le famiglie, per la collettività, per le imprese e attività
quaternarie. I servizi per la collettività sono gestiti e distribuiti spazialmente con criteri diversi: sono
rivolti ad assicurare ai cittadini, alla società e all’economia certe condizioni minime necessarie,
questi servizi sono serviti dallo stato o da privati sotto il controllo dello stato (difesa, giustizia,
sicurezza, sanità, istruzione) e la comunicazione (tv, radio). Fa infine parte del terziario anche il
terzo settore, ovvero no-profit che comprende una serie di attività di servizio svolti da privati, che
perseguono scopi sociali nel campo dell’assistenza, della cultura, ecc.
Le economie di agglomerazione sono i vantaggi che le imprese ricavano collocandosi vicine a
numerose altre, con cui hanno scambi di informazioni, materiali e servizi. A volte, tuttavia, la
crescita urbana può determinare un aumento delle tasse, del costo del lavoro o dei costi di
trasporto, creando al contrario diseconomie di agglomerazione. Il termine fordismo si riferisce a un
sistema di produzione industriale progettato per la produzione di massa e influenzato dai principi di
una gestione scientifica dell’organizzazione del lavoro. Il fordismo ha portato a 3 conseguenze
principali: ha contribuito alla dequalificazione del lavoro, ovvero prima la ditta assumeva artigiani
qualificati, adesso che vi è la frammentazione della produzione in una serie di mansioni
concatenate nella catena di montaggio ha ridotto la necessità di impiegati specializzati; rafforzò la
rigida gerarchia e la netta separazione tra lavorati e dirigenti (sindacalizzazione); i gusti dei
consumatori che non s’accontentavano più di una gamma ristretta di modelli (automobili, vestiti) e
soprattutto i miglioramenti nel campo dell’elettronica e dell’informatica, che cambiavano il modo di
organizzare la produzione industriale e la distribuzione dei prodotti. Una prima risposta alla crisi del
fordismo venne dal Giappone, all’interno dell’azienda automobilistica Toyota, fu sperimentata la
cosiddetta produzione flessibile, che utilizza le tecnologie informatiche, come i computer di rete e
l’automazione per rendere la produzione dei beni più varia. Due strategie cruciali per il successo
della produzione flessibile: sono la pronta consegna e l’esternalizzazione. La prima si riferisce al
modo in cui un’impresa gestisce il suo inventario e ottiene i materiali, i componenti e le forniture di
cui ha bisogno. La seconda viene subappaltata un’attività che prima veniva realizzata
internamente ad un’altra azienda. La delocalizzazione consiste nel trasferimento di un’attività
d’impresa, interna o esternalizzata, dal territorio dello stato in cui ha sede l’impresa, ad un paese
straniero.
Il successo industriale del Giappone, Hong kong, Singapore determinò una rapida crescita
economica, migliori condizioni di vita e la riduzione della povertà. La trasformazione economica di
queste nuove potenze economiche deriva da tre fattori: - iniziative promosse dai governi per
incrementare la produttività industriale e migliorare il commercio; - passaggio graduale da una
produzione caratterizzata da lavoro intensivo e ripetitivo ad una a più alto valore aggiuntivo
economico (es. realizzazione computer e strumenti scientifici); - presenza forza lavoro scolarizzata
e qualificata a basso. Le zone economiche sociali ZES cinesi furono le prime a essere realizzate
nel 1979.

Capitolo 9 - LA CIRCOLAZIONE: FLUSSI, RETI E NODI


Grazie alla telematica (applicazione dell’informatica alle telecomunicazioni) la circolazione delle
persone, notizie e idee si è semplificata, ovvero ha ridotto le distanze, non quelle fisiche ma
funzionali, misurate sui tempi e i costi di trasmissione delle informazioni, infatti ha reso possibile
trasmettere dati, notizie, immagini in tempo reale a scala planetaria e svolgere operazioni
finanziarie, commerciali e produttive in sedi molto lontane tra loro. Nel secondo dopoguerra si ebbe
una rivoluzione dei trasporti: grande cambiamento nei trasporti verificatosi nella seconda metà del
secolo scorso, legato ai miglioramenti tecnologici dei mezzi e delle vie di comunicazione, che ha
portato a una forte riduzione dei costi e ad un enorme aumento dei flussi (costruzione di strade).
Le ferrovie di penetrazione servivano a portare fino ai porti della costa i prodotti delle miniere e
delle piantagioni, che venivano esportati. I trafori detti anche tunnel sono le gallerie costruite
forando le montagne per farci passare strade, ferrovie e autostrade. I porti sono nodi di traffico in
cui convergono rotte marittime, strade e ferrovie, canali e vie fluviali. Sono quindi un’infrastruttura
fondamentale per i collegamenti tra mare e terraferma. Nascono i porti polivalenti, ovvero in grado
di caricare e scaricare oltre ai passeggeri, qualunque tipo di merce. Vi sono i terminali offshore,
ovvero impianti portuali costruiti in mare aperto, molto spesso per lo sbarco-imbarco del petrolio e
la sua lavorazione. Porti di trasbordo, invece, sono porti che hanno il compito di smistare i
container dalle navi transoceaniche a navi di stazza minore. Funge anche da nodo l’aeroporto
intercontinentale per lo sviluppo dell’economia di una regione e per il suo collegamento con il resto
del mondo. Le telecomunicazioni sono il nodo per trasmettere informazioni su nuovi medicinali,
libri, insegnamento a distanza, ecc..

Il commercio internazionale fin dalla metà del secolo scorso si è organizzato attorno a tre poli
principali: l'Europa occidentale, gli Stati Uniti e i principali paesi dell'Asia orientale, ovvero
Giappone, Cina, Hong Kong, Singapore, Taiwan e Corea. Il polo più importante è rappresentato
dall’Europa, seguita dagli Stati Uniti, entrambi con valore di importazione che prevalgono
nettamente sulle esportazioni. Ben diversa è la situazione del terzo polo, quello dell'Asia orientale
che presenta flussi in uscita maggiori di quelli in entrata. L’area commercialmente più attiva è oggi
quella del Pacifico che ha sostituito l'Atlantico, per secoli il tramite tra il vecchio e nuovo
continente.

Il turismo, cioè lo spostamento dal luogo di residenza in altre località per un periodo di almeno
una notte ma non superiore a un anno per motivi di svago, interessi culturali, salute, riposo o
desiderio di conoscere nuovi luoghi, è esistito fin dall'antichità. In forma moderna il turismo iniziò
nel XVIII secolo, quando in Europa si diffuse l'usanza del Grand Tour, il viaggio ritenuto
indispensabile per il completamento dell'Istruzione dei giovani aristocratici. Con la rivoluzione
industriale il turismo ebbe un forte sviluppo. Si diffuse il “turismo d'elite”, riservato a persone con
un reddito elevato che frequenta località rinomate lussuose, ma fu soprattutto nel secondo
dopoguerra, a partire dagli anni ’50, che si sviluppò quello che viene definito “turismo di massa”,
praticato da strati di popolazione con servizi diversificati a prezzi convenienti. In Italia, nonostante
la crisi, continua a registrarsi un aumento di presenze turistiche, soprattutto quelli provenienti dai
Paesi emergenti come Cina e India. Il continente privilegiato al turismo internazionale è sempre
l'Europa, il cui richiamo è legato soprattutto alle sue città ricche di storia e di monumenti del
passato. In Europa, l’Italia si situa tra i primi paesi per il numero di visitatori stranieri, soprattutto
grazie alle spiagge, al suo patrimonio artistico e alle sue città d'arte. Il turismo, se da un lato
rappresenta una fonte di reddito notevole, d'altro canto ha un impatto non sempre positivo sul
territorio, provocando profonde trasformazioni funzionali e paesaggistiche.

Di notevole interesse è il turismo culturale, che ricerca tutto ciò che riguarda l'identità di luoghi e
paesi che comprende testimonianze, stile di vita, cucina e folklore. Per questo il turista
culturalmente motivato non si limita solo alla visita dei monumenti, ma ricerca anche altri tipi di
manifestazioni culturali che riguardino più propriamente gli usi, i costumi e le tradizioni, ad esempio
l’italian style of life (con un’attenzione particolare alle tradizioni e al patrimonio enogastronomico
italiano). Grazie a questo interesse, secondo i dati dell'organizzazione mondiale del turismo, l'Italia
è la quinta destinazione del mondo per arrivi da turismo internazionale, in gran parte di tipo
culturale.

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