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COINQUILINO ANIMALE

La fauna selvatica

Non sono solo gli alberi a fare una foresta, ma le molte specie diverse di piante e animali che
risiedono nel suolo, nel sottobosco e nel baldacchino. Secondo la FAO, le stime del numero
totale di specie sulla Terra vanno da 3 milioni a 100 milioni.
Anche se è ampiamente riportato che le foreste ospitano l'80% delle piante e degli animali
terrestri, è improbabile che una stima precisa sia accurata, dato lo stato mutevole della
conoscenza della biodiversità planetaria.
Mentre gli alberi sono la componente che definisce le foreste e la loro diversità può dare
un'indicazione della diversità complessiva, ci sono molti altri modi per determinare
l'importanza della biodiversità delle foreste.

La fauna selvatica si riferisce a tutti gli organismi viventi e non addomesticati che abitano gli
ambienti naturali1. Essa è estremamente importante sia per le persone che per l'ambiente in
quanto è una risorsa naturale essenziale e contribuisce al mantenimento dei servizi ecologici
forestali e della salute dell'ecosistema.
Svolge un ruolo chiave nella regolazione dei processi naturali a tutti i livelli della catena
alimentare, compresa la dispersione dei semi, il ciclo dei nutrienti e la struttura del paesaggio,
e fornisce servizi di approvvigionamento (come quelli che producono cibo e reddito) a una
parte sostanziale delle persone più povere del mondo, comprese le comunità dipendenti dalla
foresta e le popolazioni urbane. La fauna selvatica contribuisce anche alle economie nazionali,
per esempio attraverso il turismo e il commercio di prodotti animali selvatici.

La fauna selvatica offre all’uomo molti usi, e sono generalmente organizzati in due categorie:
1) l'uso estrattivo (o consumistico) si riferisce alla rimozione della fauna selvatica dal suo
habitat e spesso comporta la riduzione delle popolazioni di animali selvatici attraverso, ad
esempio la caccia; e 2) l'uso non estrattivo (o non consumistico) implica un'azione non
intrusiva sulle popolazioni di animali selvatici (ad esempio la fotografia della fauna selvatica e
il bird-watching), ma anche usi non tradizionali come la raccolta di un prodotto specifico (ad
esempio la piuma di edredone, la fibra di vicuña). La fauna selvatica può essere utilizzata per
la sussistenza, il commercio o le attività ricreative.

Diversità della fauna forestale

Specie di vertebrati: Sono note e descritte quasi 70.000 specie di vertebrati. Di queste, le
foreste forniscono habitat per quasi 5.000 specie di anfibi (80% di tutte le specie conosciute),
quasi 7 500 specie di uccelli (75% di tutti gli uccelli) e più di 3.700 mammiferi diversi (68% di
tutte le specie).

Specie di invertebrati: Sono state descritte circa 1,3 milioni di specie di invertebrati. Tuttavia,
ne esistono molte di più, con alcune stime che vanno da 5 milioni a 10 milioni di specie. La
maggior parte sono insetti e la grande maggioranza vive nelle foreste.
I microbi del suolo, gli impollinatori dipendenti dalla foresta (insetti, pipistrelli, uccelli e alcuni
mammiferi), e i coleotteri saproxilici giocano parti molto importanti nel mantenere la
biodiversità e le funzioni dell'ecosistema delle foreste.
Attraverso i loro ruoli diretti nella dispersione e predazione dei semi, e indirettamente
attraverso il passaggio e la predazione in tali ambienti, i mammiferi, gli uccelli e altri organismi
possono giocare ruoli importanti nella struttura dell'ecosistema forestale, compresi i modelli
di distribuzione degli alberi.

Focus sugli insetti impollinatori

Gli insetti impollinatori sono parte della ricchezza della foresta e non solo, sono responsabili
diretti di gran parte della vita sulla terra. Quasi il 90% delle piante da fiore ha bisogno degli
impollinatori per riprodursi. Dice la FAO che due terzi delle piante che sfamano il mondo
dipendono dagli insetti. Nella sola Unione Europea, una quota di produzione agricola annuale
pari a 15 miliardi di euro dipende direttamente dagli impollinatori.
Per questo gli impollinatori sono detti anche pronubi. I pronubi erano coloro che assistevano
gli sposi nei matrimoni dell’antica roma. Quindi pronubo è qualcosa o qualcuno che favorisce
un’unione amorosa.

Chi sono questi insetti? Ci sono certamente le api, poi i bombi, le farfalle, certe mosche e poi
coleotteri come le coccinelle. Tutto ciò che ronza e svolazza sopra una siepe fiorita sta
impollinando.
Questi insetti hanno un ruolo fondamentale nella propagazione della vita sul pianeta e
un’importanza cruciale in agricoltura.
Scrive l’entomologa norvegese Anne Svendrup-Thygeson che gli insetti sono “il minuscolo
ingranaggio che fa girare il mondo.” (L’entomologia è la scienza che studia gli insetti.
L’entomologo è la persona che studia gli insetti.)

Ad oggi gli impollinatori sono in crisi. Secondo l’European Red List, la lista delle specie a
rischio redatta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, il 9% degli
imenotteri europei è minacciato di estinzione e 150 altre specie sono in declino. Chi sono gli
imenotteri? Sono le api e i bombi, cioè i protagonisti dell’impollinazione.

Gli insetti sono minacciati da molti fattori, tutti legati alle attività umane.
C’è l’uso dei pesticidi in agricoltura, veleni che non fanno distinzione tra gli insetti nocivi e gli
impollinatori. I cambiamenti climatici che modificano le condizioni ottimali per la vita degli
insetti che sono costretti ad andarsene o a scomparire. Poi ci sono gli incendi e la siccità e
anche la scomparsa di prati e ambienti naturali per far posto all’agricoltura intensiva e alle
città. Un altro problema è l’introduzione di specie alloctone invasive; si tratta di predatori e
parassiti sconosciuti che attaccano gli insetti inermi.

Nel 2018 la Commissione Europea ha emesso una comunicazione che illustra le azioni per
salvare gli insetti impollinatori suggerendo agli amministratori locali di prendersi cura dei luoghi
pubblici perché siano ospitali per gli insetti. Parchi e giardini possono diventare una casa
temporanea per gli impollinatori, una passerella che consente agli insetti di attraversare una
città per raggiungere le campagne.
L’Accademia Nazionale delle scienze degli stati uniti ha compilato una lista di otto buone
azioni che ognuno di noi può fare per aiutare gli insetti.
- Ripristinare un po’ di vegetazione naturale nei giardini delle case, delle scuole, delle
biblioteche. Dove c’è un po’ di verde lasciamo crescere anche le piante spontanee.
- Coltivare piante tipiche del territorio. Gli insetti preferiscono i fiori conosciuti a quelli
ornamentali che vengono da paesi lontani.
- Spruzzare meno insetticidi
- Ridurre l’illuminazione esterna. Le lampade attirano e spesso ammazzano gli insetti
notturni, come le falene.
- Evitare di lavare l’auto in giardino. Il sapone è nocivo.
- Informiamoci per conoscere gli insetti e imparare ad apprezzarli.
- Insegniamo ai bambini a non averne paura.
- Sosteniamo le politiche ambientali

Accogliamo gli insetti perché sono importanti non solo per l’economia ma anche perché hanno
un valore estetico e culturale. Fanno parte della storia di un territorio, hanno contribuito a
costruirlo, a costruirne il valore.

Perdita di fauna selvatica

L'umanità ha cancellato il 60% dei mammiferi, uccelli, pesci e rettili dal 1970, portando i
maggiori esperti del mondo ad avvertire che l'annientamento della fauna selvatica è ormai
un'emergenza che minaccia la civiltà 2.

La nuova stima del massacro della fauna selvatica è fatta in un importante rapporto prodotto
dal WWF e che coinvolge 59 scienziati di tutto il mondo. Il vasto e crescente consumo di cibo
e risorse da parte della popolazione globale sta distruggendo la rete della vita, creata in
miliardi di anni, da cui la società umana dipende in definitiva per l'aria pulita, l'acqua e tutto il
resto.
"Se ci fosse un calo del 60% della popolazione umana, sarebbe equivalente a svuotare il Nord
America, il Sud America, l'Africa, l'Europa, la Cina e l'Oceania. Questa è la scala di ciò che
abbiamo fatto", ha detto Mike Barrett, direttore esecutivo di scienza e conservazione al WWF.

La più grande causa di perdita di fauna selvatica è la distruzione degli habitat naturali, molti
dei quali per creare terreni agricoli. Tre quarti di tutta la terra sul pianeta è ora
significativamente colpita dalle attività umane. L'uccisione per il cibo è la seconda grande
causa - 300 specie di mammiferi sono state mangiate fino all'estinzione - mentre gli oceani
sono massicciamente sovrasfruttati, con più della metà ora pescati industrialmente.

La regione più colpita è il Centro-Sud America, che ha visto un calo dell'89% nelle popolazioni
di vertebrati, in gran parte guidato dall'abbattimento di vaste aree di foresta ricca di fauna
selvatica. Nella savana tropicale chiamata Cerrado, un'area delle dimensioni della Grande
Londra viene abbattuta ogni due mesi. È un classico esempio di dove la scomparsa è il
risultato del nostro consumo, perché la deforestazione è guidata da un'agricoltura in continua
espansione.

Gli habitat che subiscono i danni maggiori sono fiumi e laghi, dove le popolazioni di fauna
selvatica sono diminuite dell'83%, a causa dell'enorme sete dell'agricoltura e del gran numero
di dighe. Ancora una volta c'è questo legame diretto tra il sistema alimentare e l'impoverimento
della fauna selvatica.

L’Antropocene

Molti scienziati credono che il mondo abbia iniziato una sesta estinzione di massa, la prima
ad essere causata da una specie - l'Homo sapiens. Analisi recenti hanno rivelato che l'umanità
ha distrutto l'83% di tutti i mammiferi e la metà delle piante dall'alba della civiltà e che, anche
se la distruzione dovesse finire ora, ci vorrebbero 5-7 milioni di anni perché il mondo naturale
si riprenda.

Tutto ciò ci conduce al concetto di Antropocene, parola coniata negli anni ottanta dal biologo
Eugene Stoermer e adottata nel 2000 dal Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen 3. Dal
greco antico anthropos, con essa si indica “l’era dell’uomo”, ovvero una fase caratterizzata
dall’impronta dell’essere umano sull’ecosistema globale.
L’uomo ha sempre influenzato l'ambiente in cui vive, ciò che differenzia la nostra era è che
anziché limitarsi agli ambienti locali, l'umanità ha ormai impatti su tutto il pianeta 4.

L’alba dell’Antropocene segnerebbe la fine dell’Olocene, epoca nota per i suoi climi
relativamente stabili e temperati che si stima essere iniziata 11.700 anni fa, al termine dell’era
glaciale.

Riguardo al suo inizio ci sono diverse teorie 5. Alcuni scienziati dicono che risalga
all'esplosione delle prime bombe atomiche, eventi che hanno innescato una rivoluzione
tecnologica lasciando tracce radioattive nelle rocce della Terra. Altri dicono essere di origine
più recente e come indicatore si riferiscono alla plastica che copre il pianeta e che, mescolata
alle rocce, sta formando i propri strati geologici distinti.
Altri ancora puntano a un evento molto precedente: la colonizzazione del Nuovo Mondo nel
XVI secolo, dove per la prima volta, il mondo è stato legato in un unico sistema economico
globale. Uno dei risultati è stata l'omogeneizzazione della vita sulla Terra. Parassiti, piante e
animali trasportati sulle navi hanno invaso gli habitat di specie isolate, mentre sempre più terra
è stata destinata all'agricoltura.

Tornando ai giorno nostri, il cambiamento globale più noto è l'aumento dell'anidride carbonica
atmosferica, con i conseguenti effetti sul clima.
Gli esseri umani hanno poi introdotto cambiamenti del tutto nuovi, geologicamente parlando,
come i circa 300 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno. Il cemento è diventato
così prevalente nelle costruzioni che più della metà di tutto il cemento mai usato è stato
prodotto negli ultimi 20 anni 6.
La fauna selvatica, nel frattempo, viene spinta in un'area sempre più piccola della Terra, con
appena il 25% delle terre libere dai ghiacci considerate selvagge oggi, rispetto al 50% di tre
secoli fa. Come risultato, i tassi di estinzione delle specie sono molto al di sopra delle medie
a lungo termine.
Il vasto e crescente consumo di cibo e risorse da parte della popolazione globale sta
distruggendo la rete della vita, creata in miliardi di anni, da cui la società umana dipende in
ultima analisi per l'aria pulita, l'acqua e tutto il resto.
Le foreste in aree protette

Ci sono modi di gestire gli ecosistemi forestali del mondo che garantiscano la conservazione
e l'uso sostenibile della loro biodiversità, riporta la FAO.
La creazione di aree protette è stata storicamente lo strumento di governance forestale più
spesso adottato per perseguire obiettivi di biodiversità. Questo approccio ha ottenuto risultati
positivi in termini di conservazione delle specie e di creazione di barriere al progresso della
deforestazione.

Le riserve naturali da sole non sono sufficienti a conservare la biodiversità. Di solito sono
troppo piccole, creano barriere alla migrazione delle specie e sono vulnerabili a fattori come il
cambiamento climatico. Inoltre, le aree protette contengono solo una frazione della
biodiversità forestale esistente.
Questo significa che c'è bisogno di guardare oltre le aree protette e di integrare la
conservazione della biodiversità nelle pratiche di gestione delle foreste.

A livello globale, il 18% della superficie forestale mondiale, o più di 700 milioni di ettari, rientra
in aree protette legalmente stabilite come parchi nazionali, aree di conservazione e riserve di
caccia. La quota maggiore di foreste in aree protette si trova in Sud America (31%) e la più
bassa in Europa (5%).
L'obiettivo 11 della biodiversità di Aichi (proteggere almeno il 17% della superficie terrestre
entro il 2020) è stato quindi superato per gli ecosistemi forestali nel loro insieme. Tuttavia,
queste aree non sono ancora pienamente rappresentative della diversità degli ecosistemi
forestali.

Uno studio condotto dal Centro di monitoraggio della conservazione mondiale dell'ambiente
delle Nazioni Unite sulle tendenze delle aree forestali protette per zone ecologiche globali tra
il 1992 e il 2015 ha rilevato che più del 30% delle foreste pluviali tropicali, delle foreste secche
subtropicali e delle foreste oceaniche temperate si trovavano all'interno di aree legalmente
protette nel 2015.

La foresta umida subtropicale, la steppa temperata e la foresta boreale di conifere dovrebbero


avere la priorità nelle future decisioni di stabilire nuove aree protette, dato che meno del 10%
di queste foreste sono attualmente protette.
Aree con alti valori sia per l'importanza della biodiversità che per l'integrità, per esempio le
Ande settentrionali e l'America centrale, il Brasile sud-orientale, parti del bacino del Congo, il
Giappone meridionale, l'Himalaya e varie parti del sud-est asiatico e della Nuova Guinea,
dovrebbero avere la stessa priorità.
Finora sono stati fatti progressi limitati sulla classificazione di aree forestali specifiche come
altre misure di conservazione efficaci basate sull'area, ma si stanno sviluppando orientamenti
su questa categoria, che ha un potenziale significativo per le foreste.

Conservazione e gestione sostenibile

Le attuali tendenze negative nella biodiversità e negli ecosistemi minano il progresso verso
l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile. È necessario un cambiamento nel modo in cui gestiamo le
nostre foreste e la loro biodiversità, produciamo e consumiamo il nostro cibo e interagiamo
con la natura.
È imperativo disaccoppiare il degrado ambientale e l'uso insostenibile delle risorse dalla
crescita economica e dai modelli di produzione e consumo associati.

La conservazione e la gestione sostenibile delle foreste all'interno di un approccio


paesaggistico integrato è fondamentale per la conservazione della biodiversità del mondo e
per la sicurezza alimentare e il benessere della popolazione mondiale.
È necessario trovare un equilibrio realistico tra gli obiettivi di conservazione e le esigenze
locali e le richieste di risorse che sostengono i mezzi di sussistenza e il benessere.

Ciò richiede una governance efficace, politiche integrate per questioni interconnesse,
sicurezza dei regimi fondiari, rispetto per i diritti e le conoscenze delle comunità locali e delle
popolazioni indigene e una maggiore capacità di monitorare i risultati della biodiversità.
Richiede anche modalità di finanziamento innovative.

A livello internazionale alcune iniziative sono state messe in moto per proteggere la fauna e
la flora selvatiche e promuovere l'uso sostenibile e la conservazione delle risorse naturali.

Due esempi sono il Sustainable Wildlife Management Programme 7 dell'Organizzazione degli


Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (OACPS), che sviluppa approcci innovativi e
collaborativi per proteggere gli ecosistemi e migliorare i mezzi di sussistenza delle popolazioni
indigene e delle comunità rurali; e la Collaborative Partnership on Sustainable Wildlife
Management (CPW) 8, una partnership volontaria di 14 organizzazioni internazionali, che
fornisce una piattaforma per affrontare le questioni di gestione di fauna e flora selvatiche che
richiedono risposte nazionali e sovranazionali.

Una proposta di Simon Lewis e Mark Maslin e riportata sul Guardian è Half-Earth 9, idea
semplice ma profonda che la riparazione ambientale potrebbe venire dall allocare metà della
superficie della Terra principalmente a beneficio di altre specie. Half-Earth è meno utopica di
quanto sembri all'inizio, affermano gli autori, dato che siamo diventati una specie urbana. Il
ripristino delle foreste su larga scala è già in corso, con impegni in 43 paesi per ripristinare
292 milioni di ettari di terra degradata alla foresta, 10 volte la superficie del Regno Unito. E i
progetti di rewilding, dove grandi aree sono gestite per permettere ai processi naturali di
funzionare, sono sempre più popolari.

Restituire le terre alla loro natura selvatica darebbe alle altre specie il diritto di soddisfare i
propri bisogni. Questa sarebbe l'eredità di un nuovo capitolo della storia della Terra di cui
potremmo essere orgogliosi.
1
Wildlife Management, http://www.fao.org/sustainable-forest-management/toolbox/modules/wildlife-
management/basic-knowledge/en/
2
Humanity has wiped out 60% of animal populations since 1970, report finds ,
https://www.theguardian.com/environment/2018/oct/30/humanity-wiped-out-animals-since-1970-
major-report-finds
3
Cos’è l’Antropocene e quando la Terra è entrata in questa nuova era, https://www.lifegate.it/terra-
antropocene
4
A force of nature: our influential Anthropocene period,
https://www.theguardian.com/commentisfree/cif-green/2009/jul/23/climate-change-humanity-change
5
How our colonial past altered the ecobalance of an entire planet,
https://www.theguardian.com/science/2018/jun/10/colonialism-changed-earth-geology-claim-scientists
6
Human impact has pushed Earth into the Anthropocene, scientists say,
https://www.theguardian.com/environment/2016/jan/07/human-impact-has-pushed-earth-into-the-
anthropocene-scientists-say
7
New project to boost sustainable wildlife management and food security in southern Africa,
http://www.fao.org/news/story/en/item/1372487/icode/
8
Collaborative Partnership on Sustainable Wildlife Management, http://www.fao.org/forestry/wildlife-
partnership/en/
9
Universal basic income and rewilding can meet Anthropocene demands,
https://www.theguardian.com/environment/2018/jun/12/universal-basic-income-and-rewilding-can-
meet-anthropocene-demands

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