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L'AMAZZONIA

Si estende su seicento milioni di ettari di foreste, che rappresentavano il cinquantaquattro per


cento delle foreste vergini mondiali, ma oggi la superficie della foresta si è ridotta di oltre un terzo.
La zona verde mantiene
una temperatura costante
compresa tra 24 e 28 gradi
e oltre il 90 per cento di
umidità.
Quando la foresta viene
tagliata la temperatura
raggiunge i trentacinque
gradi e l'umidità si dimezza.
In ogni ettaro si trovano da
100 a 150 specie di alberi
diverse da quelle presenti
nell'ettaro di terreno vicino.
Le piante trasformano
l'anidride carbonica, i sali
minerali e l'acqua in massa
vegetale vivente: ogni
metro quadro di foresta amazzonica produce 80 chilogrammi di vegetazione l'anno.
Al momento della scoperta delle Americhe gli indios dell'Amazzonia erano quasi 5 milioni. Oggi ne
sopravvivono circa 750 mila.
Le comunità indie vengono contagiate da malattie portate dai coloni verso le quali non hanno
adeguate difese immunitarie. La distruzione di ampi tratti di foresta fa scomparire la selvaggina e
quindi le fonti alimentari degli indios. Gli incendi e la siccità hanno messo a rischio la vita delle
popolazioni Macuxi, Wapixiana e Yanomami. Particolarmente grave la situazione di questi ultimi:
le comunità che ora rischiano di morire di fame sono 51 per un totale di 1.611 persone.

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PERCHE’ PROTEGGERE LA FORESTA TROPICALE ?

Tanti sono già i problemi che ognuno di noi deve affrontare e può apparire strano impegnarsi su
un progetto così geograficamente e culturalmente lontano, ma vorremmo farti riflettere su alcune
cose:
1. La nostra Terra è una unica grande astronave che viaggia nell’universo e proteggere anche
un suo piccolo ingranaggio vuol dire salvaguardare tutta l’astronave.
2. Le foreste tropicali rappresentano uno degli ultimi polmoni verdi del nostro pianeta,
assorbono gran parte della anidride carbonica prodotta dalla nostra civiltà, contribuiscono
alla stabilità del clima e difendono dall’effetto serra.
3. Le foreste tropicali coprono solo il 6% della superficie terrestre ma ospitano il 50% delle
specie viventi, questa biodiversità è un patrimonio genetico unico ed è una fonte in gran
parte sconosciuta di risorse per l’umanità (il 25% dei farmaci in vendita in Italia deriva da
piante tropicali) che rischiano di sparire assieme alla distruzione della foresta ancora prima
di essere scoperte (solo il 2 % delle specie tropicali sono state analizzate, si suppone che
esistano oltre 1400 specie antitumorali ancora sconosciute). La foresta è minacciata
dall’usanza del "brucia coltiva e fuggi" che permette di sfruttare la terra solo per i pochi
anni in cui rimane fertile. La deforestazione incontrollata per l’uso industriale,
l’allevamento brado del bestiame, il prelievo eccessivo di piante ed animali rari stanno
portando danni irreparabili alla foresta tropicale.
4. Ogni giorno aree di foresta sono sacrificate ad attività economiche che arricchiscono pochi
senza dare alcuna possibilità di sviluppo alle popolazioni indigene. Salvaguardare la foresta
e crearvi possibilità di sviluppo attraverso attività sostenibili significa anche salvare gli
Indios che ancora vi abitano, evitando che cedano al miraggio della "città" dove finiscono
inesorabilmente ad ingrossare il numero dei disperati che ne sono relegati ai margini nelle
tristemente famose favelas, ove il prezzo più alto è pagato dai meninos da rua costretti fin
da piccoli a lottare da soli per la sopravvivenza ed a subire violenze di ogni genere.
5. La creazione di aree protette consente alle popolazioni locali un processo di sviluppo
sostenibile con il loro ambiente, senza distruggere il maggior patrimonio che hanno, la
foresta. La Costa Rica rappresenta un esempio di come sia possibile per paesi del terzo
mondo avere uno sviluppo sostenibile tramite la creazione di parchi e riserve dove la
popolazione locale può trovare occasioni di lavoro: questo è un valido modello da trasferire
anche in Amazzonia.
6. Le tradizioni, le conoscenze e la cultura delle popolazioni Indios sono un patrimonio
importantissimo per tutta l’umanità: non possiamo lasciarle distruggere dall’avanzata della
cultura della città.

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DEFORESTAZIONE
Esiste oggi una visione catastrofica del futuro dell'Amazzonia. Il fuoco, utilizzato per bruciare la

foresta e per far posto ai pascoli, porta con sé alberi centenari e distrugge l'habitat di centinaia di
specie animali.
Nella sua scia uno scenario di terre devastate e villaggi, eredità di una esplorazione sfrenata.
Esagerato? Sì e No.
I dati relativi al disboscamento del 1995 e 1996 sono in ritardo, ma erano già spaventosi nel 1994.
In quell'anno, 15.0000 chilometri quadrati di foresta furono distrutti, più della metà dello stato
brasiliano di Alagoas. Il comune di Una, situato a sud nello stato di Bahia è un esempio della
devastazione. Nel 1975 il 77% del territorio comunale era ricoperto di Mata Atlantica. Trent' anni
dopo quasi la metà della foresta è andata distrutta. Nel 1994 ne rimaneva solo un terzo.
Una delle principali ricerche sugli effetti della deforestazione, realizzata nel 1979 nella regione di
Manaus, conclude che la distruzione riguarda un'area molto maggiore di quanto s'immagina.
Nella foresta sopravvissuta di una regione dove è presente l'abbattimento degli alberi si osserva
una concentrazione di specie animali che stentano a vivere vicine le une alle altre.
In nessun altro luogo al mondo tanti alberi sono stati abbattuti come in Amazzonia: dati ONU
confermano che la deforestazione dell'Amazzonia brasiliana è la maggiore al mondo. Il 30% in più
rispetto all'Indonesia.

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LE SPECIE ANIMALI

La foresta tropicale è il regno incontrastato degli animali arboricoli, cioè di quegli organismi che
vivono sugli alberi. Ogni gruppo è rappresentato
da numerosissime specie che trovano il proprio
habitat nel fitto intreccio di rami, foglie, liane;
ma la foresta in ogni continente ha una sua
tipica fauna.
Gli animali che vivono nella foresta fluviale

Africana sono, per esempio, diversi da quelli che


vivono in Amazzonia (boa, pitone, scimmie, gorilla,
cappuccina). Caratteristiche comuni a tutti questi
animali sono le abilità nell'arrampicarsi e nel saltare
da un albero all'altro, entrambe prevalentemente
notturne. Numerosissime sono le specie di insetti e di ragni che raggiungono dimensioni
considerevoli, dal piumaggio variopinto come i pappagalli o i piccolissimi colibrì; diverse specie di
rane e di serpenti. Tra i mammiferi il gruppo più rappresentativo è certamente quello dei primati
che comprende, tra gli altri, lo scimpanzé, il gorilla e l'orango.

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LA VEGETAZIONE DELL'AMAZZONIA

La vegetazione della foresta equatoriale è altissima e si presenta stratificata in più piani. Il primo
strato è costituito dagli alberi di maggiori dimensioni, che
raggiungono un'altezza variabile dai 30 ai 60 metri; i più alti
spuntano isolati sopra il "mare" verde formato dalle chiome
sottostanti. Al di sotto si trovano almeno due piani di
sottobosco, formati da alberi via via più bassi e infine, a pochi
metri dal sottosuolo, da uno strato di arbusti che prospera
nella semioscurità. La luce che raggiunge il suolo è talmente
poca da non consentire la sopravvivenza di altre forme
vegetali, al contrario di ciò che avviene nelle foreste
temperate. Sui rami degli alberi e degli arbusti si sviluppano
piante rampicanti, sia parassite che epifite, quali le liane e
alcune orchidee che sfruttano il tronco degli altri alberi come
sostegno. Nelle foreste equatoriali sono ancora presenti
piante arcaiche come ad esempio le felci arboree, diffuse sulla
Terra prima della comparsa delle piante con il fiore.

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GLI UOMINI DELLA FORESTA

Gli indios dell' Amazzonia vivono a contatto diretto con la natura ed è per questo che sono rimasti
uno dei popoli più primitivi
I pericoli peggiori che incombono sull'uomo dell' Amazzonia non sono né i piranha né le anaconda
o altri mostri dell'inferno verde. I pericoli peggiori sono
la fame e le malattie; quest'ultime, soprattutto quelle
portate dall'uomo bianco sono ancora fonte di
decimazione di intere tribù.
Secondo la legge della foresta, un animale tanto più è
grande e tanto più stenta a sopravvivere e nel caso
dell'uomo il suo "metro ecologico" è grandissimo.
Nella foresta, il bianco tagliato fuori dai rifornimenti
esterni rischia ben presto la morte per inedia.
Le tribù native per contro riescono a sostentarsi, ed
anche bene, pur mantenendo un isolamento estremo.
Perché?
La risposta va ricercata nella sbalorditiva capacità del
popolo indjo di armonizzare la propria vita con quella
della foresta.
A motivo della scarsità di cibo, le tribù indje
amazzoniche sono rare. Vivono sparpagliate, come gli
altri animali superiori della foresta, quasi sempre in comunità di 200-300 individui.
Superato questo numero, spesso prima, il gruppo si scinde in sottogruppi: grossi nuclei familiari,
sempre alla ricerca di cibo, spesso in conflitto tra loro.
Gli indios non sono solidali in una "fratellanza della foresta", avendo come unico nemico l'uomo
bianco. Il peggior nemico umano di un indjo è un altro indjo.
Nelle tribù isolate quasi la metà della popolazione maschile muore di morte violenta, in genere
nelle lotte tribali, sicché l'elemento femminile tende a prevalere.
Ai nostri occhi appare un sistema selvaggio ed assurdo. Selvaggio, senz'altro, assurdo no. Lo stato
endemico di guerra e di violenza fra gli uomini amazzonici ha un effetto di controllo demografico al
fine di mantenere il necessario equilibrio fra le bocche da sfamare e le risorse alimentari della
foresta. A titolo d'esempio, nella tribù degli Jivaros le densità di popolazione è costante e si
mantiene in 0.3 unità per chilometro quadrato.

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NON CI SONO MOLTI BAMBINI

Nei villaggi Indios della foresta amazzonica non ci sono molti bambini perché ogni gruppo è
costituito in media da 150 individui e molti di questi rischiano di scomparire.
I bambini Indios vivono a contatto con la natura e sono pieni di creatività e semplicità. Mentre
nella nostra società i giocattoli sono molto sofisticati e si comprano nei negozi, in Amazzonia sono
offerti dalla natura: fin dai primi mesi di vita il bambino Indio gioca con pappagalli, tucani, farfalle,
tartarughe, scimmiette, colibrì e altri cuccioli di animali della foresta.
Quando il bambino arriva ai 4-5 anni di vita, ai giocattoli naturali si aggiungono oggetti e strumenti
fatti dal papà o dalla mamma che, oltre a divertire, hanno la funzione di insegnare al piccolo,
attraverso il gioco, quello che dovrà fare da grande. Così i maschietti riceveranno piccoli archi e
frecce che porteranno sempre con sé, da soli o in gruppo,
iniziando a esercitarsi nel tiro al bersaglio; oppure
suoneranno dei flauti imitando il suono delle cerimonie
che coinvolgono periodicamente tutta la tribù; le bambine
giocheranno con le bambole di argilla che ripropongono le
scene della vita di tutti i giorni.
Un bell' esempio di queste bambole si trova nella tribù
Karajas. Nel frattempo continuerà il gioco con la natura:
nuotare contro corrente, tuffarsi, stare sott'acqua a lungo,
arrampicarsi sugli alberi e fare brevi escursioni nella
foresta, sono attività che occupano per intero la giornata
dei bambini più grandicelli.
Nella tribù Tenetehara si gioca in questa maniera: un
piccolo indio rappresenta il daino, un altro fa il cacciatore,
mentre il resto del gruppo imita i cani che cercano e
inseguono la preda abbaiando. Quando alla fine il daino è
raggiunto, il cacciatore fa finta di ucciderlo e di scuoiarlo e prepara il fuoco per cucinarlo alla
brace. Un altro bambino viene poi scelto per fare di nuovo il daino e un altro ancora per fare il
cacciatore: così comincia un nuovo inseguimento e il gioco continua.
Tra i bambini della tribù Xavante si pratica un gioco nell'acqua che si chiama datisì wape. Un
bambino si arrampica e si siede sulle spalle dell'altro. Lo stesso fa un altro bambino con un suo
compagno. Le due "coppie" entrano in acqua e cominciano a spingersi e a strattonarsi. Vince chi fa
cadere in acqua l'avversario. Questo gioco di abilità è praticato sia dai bambini che dalle bambine.

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LEGGENDE DEL POPOLO DELLA LUNA

COME NACQUE LA LUNA

C'ERA UNA VOLTA UN GUERRIERO CHE ARDEVA D'AMORE


PER UNA MISTERIOSA FANCIULLA INDIA CHE APPARIVA
SOLO DI NOTTE, IN RIVA AL FIUME. OGNI NOTTE ERA COSÌ:
LA MISTERIOSA DONNA SBUCAVA DALLA FORESTA
ALL'IMPROVVISO E, IN MODO AGGRAZIATO, SI ADAGIAVA
SULLA SPONDA DEL FIUME ASPETTANDO IL SUO
INNAMORATO. IL GIOVANE ARDEVA D'AMORE, MA ERA
MOLTO TRISTE E INQUIETO PERCHÉ OGNI VOLTA, ALLE
PRIME LUCI DELL'ALBA, NEL SILENZIO, LA RAGAZZA SI
DILEGUAVA, E COSÌ ERA IMPOSSIBILE SAPERE CHI FOSSE E
RICONOSCERLA, QUINDI, DI GIORNO, TRA LE DONNE DEL
VILLAGGIO. FU COSÌ CHE L'INDIO ESCOGITÒ UNO
STRATAGEMMA: UNA NOTTE, INCONTRATOSI DI NUOVO
CON LA FANCIULLA, LE ACCAREZZÒ LA FRONTE CON LE
MANI INTINTE DI JENIPAPO, UN INCHIOSTRO VEGETALE
NERO, CONVINTO CHE IL GIORNO DOPO L'AVREBBE RICONOSCIUTA. COSÌ ALLE PRIME LUCI DEL
SOLE IL GIOVANE GUERRIERO SI NASCOSE DIETRO A UN CESPUGLIO E COMINCIÒ, CON GRANDE
BATTICUORE A OSSERVARE, AD UNA AD UNA, LE DONNE CHE, DOPO ESSERSI BAGNATE NEL
FIUME, FACEVANO RITORNO AL VILLAGGIO. A UN TRATTO, ECCO LE RAGAZZE PRENDERSI GIOCO E
SCHERNIRE UNA LORO GIOVANE COMPAGNA CHE AVEVA DELLE STRANE MACCHIE SCURE SULLA
FRONTE... AL COLMO DELLA CURIOSITÀ, IL GUERRIERO LA GUARDÒ E QUALE NON FU LA
SORPRESA QUANDO SI ACCORSE CHE LA FANCIULLA TANTO AMATA ERA LA... SORELLA MINORE!
DISTRUTTO DAL DOLORE, IL GIOVANE SI FECE INCONTRO ALLA SORELLA E LA INFORMÒ
DELL'ORRIBILE SITUAZIONE. LA NOTIZIA TRAFISSE IL CUORE DELLA DONNA CHE, PER LA
DISPERAZIONE, DECISE DI FUGGIRE IN CIELO. FU COSÌ CHE SI IMPOSSESSÒ DI UN ARCO E DI UNA
FARETRA PIENA DI FRECCE: LO BRANDÌ CON DECISIONE E, DOPO AVERLO TESO CON TUTTE LE SUE
FORZE, SCAGLIÒ IL PRIMO DARDO VERSO L'ALTO. LA FRECCIA SI FISSÒ COSÌ ALLA VOLTA CELESTE,
MENTRE LE ALTRE SI CONFICCARONO L'UNA DIETRO L'ALTRA, COSÌ CHE, PIAN PIANO, SI FORMÒ
UNA SPECIE DI LIANA CHE COLLEGAVA IL CIELO CON LA TERRA. FU UN ATTIMO: LA GIOVANE, IN
PREDA ALLA DISPERAZIONE, SI AVVENTÒ SUL FILO, COMINCIÒ AD ARRAMPICARSI AGILMENTE E,
ARRIVATA IN CIMA, SI FISSÒ TRA LE STELLE. ANCORA OGGI VIVE SOSPESA ALLA VOLTA CELESTE E SI
CHIAMA LUNA.
(Leggenda Tupi')

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COME NACQUE LA NINFEA

C'ERA UNA VOLTA MARAI, UNA BELLA E GIOVANE INDIA CHE ERA COSÌ AFFASCINATA DALLA LUNA,
DA DESIDERARE ARDENTEMENTE DI DIVENTARE UNA STELLA PER POTERLA ACCAREZZARE E
STARLE VICINO. OGNI VOLTA CHE IL SOLE SCOMPARIVA ALL'ORIZZONTE E IL CIELO DIVENTAVA
BLU E TRAPUNTATO DI STELLE, LA GIOVANE USCIVA DAL VILLAGGIO E SI APPARTAVA
SILENZIOSAMENTE OSSERVANDO PER ORE E ORE LA BELLEZZA DI JACY, LA LUNA. COSÌ COL
PASSARE DEL TEMPO, IL SUO DESIDERIO DIVENIVA SEMPRE PIU' GRANDE, FINCHÉ UN GIORNO
ARRIVÒ AL PUNTO DI CHIEDERE AGLI SPIRITI DI ESSERE TRASFORMATA IN UNA STELLA
SPLENDENTE. TUTTO FU INUTILE: L'INCANTESIMO NON SI REALIZZÒ, MA LA GIOVANE NON SI
PERSE D'ANIMO. UNA NOTTE IN CUI JACY RISPLENDEVA PIU' DEL SOLITO NEL MEZZO DELLA VOLTA
CELESTE, MARAI SI SPINSE NELLA PALUDE E, SALITA SU UNA CANOA, SI DIRESSE VERSO IL PUNTO
IN CUI QUESTA SI RIFLETTEVA SULL'ACQUA. SI SPORSE OLTRE IL BORDO PER ACCAREZZARE CON LE
DITA IL DISCO LUMINOSO COSÌ STUPENDENTAMENTE PROIETTATO SULL'ACQUA E, FINALMENTE,
VI RIUSCÌ. MA L'AGITAZIONE FU TALE CHE PERSE L'EQUILIBRIO E CADDE IN ACQUA. IN UN ATTIMO
LA TRAGEDIA: LA GIOVANE NON SAPEVA NUOTARE E, IN POCHI ISTANTI, FU INGHIOTTITA DALLE
ACQUE STAGNANTI DELLA PALUDE. JACY, DAL CIELO, OSSERVÒ LA DRAMMATICA SCENA E RIMASE
MOLTO TURBATA DALLA DISGRAZIA CHE AVEVA PROVOCATO LA MORTE DELLA GIOVANE. FU COSÌ
CHE PENSÒ DI TRASFORMARLA IN UN FANTASTICO FIORE A FORMA DI STELLA CHE APPARE
ANCORA OGGI NELLA PALUDE, SEMPRE VICINO A GRANDI fOGLIE ROTONDE E GALLEGGIANTI, CHE,
DI NOTTE, OSPITANO SUL LORO LETTO IL RIFLESSO INTERO DELLA LUNA.
(Leggenda Tupi')

PERCHE' IL CIELO E' LASSU'?

UN TEMPO GLI INDIOS ABITAVANO NON SOLO SULLA TERRA, MA ANCHE NEL CIELO. SOLO CHE IL
CIELO NON ERA ALTO COME È OGGI, MA ACCANTO ALLA TERRA; ERANO COSÌ VICINI L'UN L'ALTRO,
CHE OGNI INDIO ERA LIBERO DI SPOSTARSI DA UNA PARTE ALL'ALTRA SENZA ALCUN
IMPEDIMENTO. MA VENNE UN TEMPO IN CUI GLI INDIOS CHE VIVEVANO NELLA ZONA DEL CIELO,
COMINCIARONO AD AMMALARSI DI UNA TREMENDA MALATTIA CHE SI DIFFUSE IN MODO
MICIDIALE, SEMINANDO LA MORTE IN TUTTA LA REGIONE. I POCHI CHE RIUSCIRONO A
SOPRAVVIVERE, PER SALVARSI, ATTRAVERSARONO IL CONFINE E SI STABILIRONO SULLA TERRA. IL
CIELO ORMAI SENZA INDIOS, DIVENTÒ LEGGERO LEGGERO E, PIANO PIANO, COMINCIÒ A
SOLLEVARSI E A SALIRE SEMPRE PIÙ SÙ, PIÙ SÙ, FINO A RAGGIUNGERE L'ALTO, DOVE ORA LO
VEDIAMO...
(Leggenda Bakairì)

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L’ECONOMIA IN AMAZZONIA

La regione amazzonica ha un potenziale economico, stranamente disprezzato da imprese e


governi. In questa regione silvestre, la maggiore e tra le più belle del mondo gli alberghi sono
scarsi ed in rovina, il turismo è un'attività marginale, meno
importante che l'estrazione predatoria del legno e le attività
capaci di preservare la foresta e generare reddito, come la
caccia controllata e la pesca sportiva, sono inesistenti. In
quanto al turismo ecologico ... Che cos'è questa parola?
Le risorse minerarie della regione sono enormi e potrebbero
essere esplorate senza spianare la terra, con una tecnologia
moderna di estrazione mineraria. Ma è il cercatore d'oro
disorganizzato ed inquinatore che predomina.
La pesca commerciale, ovvia vocazione dell'Amazzonia,
viene pregiudicata dalla deforestazione delle pianure e non
vi è volontà per evitare questa devastazione.
Il fatto è che si può utilizzare l'Amazzonia senza devastarla,
ma solo ora questa possibilità comincia ad essere presa sul
serio. Fino ad oggi la premessa per esplorare
economicamente l'Amazzonia era l'abbattimento degli alberi. Vi sono alternative intelligenti che
possono essere provate.
L'opportunità più interessante è il turismo ecologico, modalità di viaggio particolarmente
apprezzata da americani, giapponesi ed europei, stanchi di fotografare la Torre Eiffel o la Fontana
di Trevi. Nel 1996, l'ecoturismo movimentò 260 miliardi di dollari, denaro speso in trekking
himalaiani, attraversate a dorso di cammello nel Nord Africa, visite ai vulcani dell'isola di Bali. I
viaggi ecologici sono in continua crescita e adesso si apre un'opportunità unica per tutto il bacino
amazzonico: un interesse unico per le selve tropicali da parte di persone che lasciano solo le loro
impronte e portano via solo le loro fotografie. Sempre nel 1996 i turisti stranieri spesero 2.3
miliardi di dollari in Brasile, ma solo il 3% di questa ricchezza fu spesa in passeggiate nella natura.
L'incredibile è che nelle selve del Costarica, piccolo paese dell'America centrale, l'ecoturismo rese
600 milioni di dollari. L'Amazzonia, 98 volte più grande del Costarica, ricevette nello stesso periodo
40 milioni di dollari.

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